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TERZA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, ottavo della serie III, inizia il 3 novembre 1903 con la nascita del Ministero presieduto da Giovanni Giolitti e giunge fino al 28 marzo 1905 con la fine del Ministero stesso, alla cui presidenza è succeduto il 16 marzo Tommaso Tittoni, che già ricopriva la carica di ministro degli esteri. Il volume coincide dunque con l'inizio della attività di Tittoni alla direzione della politica estera, attività destinata a durare fino al dicembre 1909, con una interruzione di alcuni mesi tra la fine del 1905 e il maggio del 1906.

Anche per questo volume vale l'osservazione fatta a proposito del volume precedente circa le numerose lacune presenti nella documentazione che è stato possibile raccogliere. Le lacune sono dovute principalmente al carattere quanto mai frammentario delle Carte di Gabinetto di questo periodo e alla impossibilità di trovare la sezione relativa alla politica estera dell'archivio privato di Tittoni. È probabile che lo stesso Tittoni abbia fatto conoscere a Tommasini, l'autore della tuttora fondamentale opera sulla storia della sua politica estera, qualche raro documento che risulta mancante nell' Archivio storico del Ministero. Un archivio privato nel quale la dottoressa Tomaselli ha eseguito fruttuose ricerche, ma i cui risultati non si sono potuti pubblicare per sopraggiunte difficoltà pratiche, è quello di Luigi Luzzatti conservato a Venezia presso l'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti. Non è stato possibile consultare, perché in corso di riordinamento, l'archivio della Associazione Nazionale per soccorrere i missionari italiani, importante soprattutto per la protezione degli interessi religiosi in Levante. Né va infine dimenticato che una parte delle lacune è dovuta al fatto che anche questo volume risente di un difetto esistente in gran parte dei documenti diplomatici italiani dell'età liberale: la scarsissima presenza di verbali dei colloqui con i diplomatici e gli uomini di Stato stranieri. La diffidenza per i verbali, che era stata manifestata esplicitamente da Robilant, era in parte dovuta, e giustificata, dalla scarsa fiducia nella necessaria riservatezza degli uffici. Effettivamente sembra che, proprio in questo periodo, svariati nostri documenti finissero sotto gli occhi di Barrère.

In conseguenza di tutti questi diversi limiti presenti nella nostra documentazione, lo studioso deve continuare a fare ricorso alle collane documentarie francese e tedesca per conoscere molti aspetti della nostra politica estera. In particolare il carteggio diplomatico con Parigi dice poco sui rapporti con la Francia perché questi venivano trattati molto più a Roma con Barrère da Luzzatti e da Giolitti che non a Parigi con Tornielli. Bisogna ricorrere ai documenti francesi per sapere qualcosa sulle idee di Giolitti e di Luzzatti, molto importanti soprattutto in questi mesi nei quali Tittoni è considerato ancora un apprendista, nuovo alla attività diplomatica. Lo stesso riferimento ai documenti francesi va fatto per quanto riguarda lo scambio di opinioni fra Delcassé e Tittoni a Napoli sul quale abbiamo solo un succinto telegramma di Tittoni (si veda più avanti, n. 378), fra Delcassé e Luzzatti a Nizza (si veda più avanti, n. 119, nota 2) sul quale i nostri documenti tacciono. Per sapere in modo esauriente che cosa si sono detti ad Abbazia Tittoni e Goluchowski bisogna ricorrere ai ùocumentì tedeschi, che completano le scarse notizie conservate nella nostra documentazione. Le sole eccezioni sono costituite dal verbale redatto da Pansa dei colloqui avuti a Windsor da Tittoni con Lansdowne, e dal verbale redatto da Lanza dell'incontro a Homburg fra Giolitti e Biilow.

La prima preoccupazione di Tittoni debuttante in politica estera è quella di cancellare la diffidenza verso l'Italia dei Governi tedesco e austriaco in seguito alla svolta in senso francofilo impressa da Prinetti. Come risulta dai documenti francesi (ma non dai nostri), le calorose disposizioni ostentate verso Berlino e Vienna provocano il malumore di Barrère, che Luzzatti e Giolitti si sforzano di rassicurare, addossandone la responsabilità all'inesperienza di Tittoni. Dalla nostra documentazione risulta che la diffidenza provocata a Berlino dalla visita in Italia di Loubet è forse più forte e persistente di quanto non risultasse a Tommasini. Molto calma è invece la reazione di Vienna.

Un'altra grave questione che Tittoni si trova a dover fronteggiare è quella macedone. Egli segue correttamente l'indirizzo inteso a stemperare l'accordo austro-russo di Miirzsteg nella più vasta intesa delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Ma le preoccupazioni nei confronti dell'Austria restano sempre forti, perfino eccessive, anche se sembrano giustificate dalla opposizione di Goluchowski ad assegnare il vilayet di Monastir alla gendarmeria italiana. È una opposizione morbida ma tenace, che solo alla fine si adatta ad accettare l'assegnazione di Monastir all'Italia e che risulta ben illuminata dalla nostra documentazione. Poiché inoltre la politica di Miirzsteg continua ad incontrare difficoltà, Tittoni, fiancheggiato dagli ambasciatori a Costantinopoli e Pietroburgo, Imperiali e Morra, non esclude ipotesi diverse da quella basata sull'intesa fra le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, ipotesi nelle quali l'Italia possa avere un ruolo particolare accanto alla Russia o all'Austria. Tali ipotesi sono però quanto mai !abili e passeggere. La sola dotata di reale consistenza è quella basata su una intesa anglo-franco-italiana, anche se la nostra documentazione ridimensiona l'importanza che ha in quella francese.

Una terza questione che occupa largo spazio del volume, e che è già stata illustrata dal lavoro di Monzali, è il progetto di accordo con la Gran Bretagna per l'Etiopia, progetto che Tittoni ambisce perfezionare tenendone fuori la Francia, da chiamare a parteciparvi solo in un secondo tempo. Ma, come vede lucidamente Pansa, le ambizioni di Tittoni sono destinate a fallire di fronte alla decisione inglese di trasformare il negoziato a due con l'Italia in un negoziato a tre, facendovi partecipare a pari titolo anche la Francia.

2. -Il volume si basa in gran parte sulla documentazione conservata nei fondi seguenti del!' Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri: Archivio segreto di Gabinetto 1869-1914; telegrammi in arrivo e in partenza; Serie politica 1891-1916; Carte Pansa; Archivi delle ambasciate a Berlino, Londra, Vienna; Archivio del Ministero dell'Africa italiana, che contiene anche il Fondo Ortona. Qualche contributo è venuto dalle ricerche condotte nel!' Archivio centrale dello Stato fra le Carte Giolitti, quelle Martini e quelle Luzzatti e nell'archivio della Società Dante Alighieri. 3. -Alcuni dei documenti pubblicati erano già editi, integralmente o in parte, nelle opere seguenti (fra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Libro Verde l 03, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (di San Giuliano), Somalia itali<ma .;:ettPntrionale, seduta del 30 gennaio 1906, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1906 (LV 103);

Libro Verde l 04, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (di San Giuliano), Macedonia, seduta del30 gennaio 1906, ibid., 1906 (LV 104);

Africa Italiana. Programma massimo e programma minimo di sistemazione dei possedimenti italiani nel! 'Africa orientale e settentrionale, Roma, Tipografia del Senato, 1917-1920;

F. ToMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, Bologna, 1934;

F. MARTIN!, Il Diario Eritreo, vol. Ili, Firenze, 1946;

G. NATALE, Giolitti e gli italiani, Milano, 1949; Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, Dieci anni al potere, 1901-1909, a

cura di G. CAROCCI, Milano, 1962; Storia e Politica, Ili (1963), pp. 357-359;

G. SALVEMINI, La politica estera italiana dal 1871 al 1915, Milano, 1970;

L. MONZALI, L 'Etiopia nella politica estera italiana, 1896-1915, Parma, 1996.

Abbiamo ritenuto superfluo segnalare la citazione parziale di molti documenti fatta da Monzali.

4. Nel licenziare le bozze sento il bisogno di ricordare con un caldo ringraziamento la dott.ssa Marina Tomaselli, autrice della maggior parte della ricerca e di una parte dell'Indice sommario. Ma soprattutto desidero ringraziare le dottoresse Maria Laura Piano Mortari e Patrizia Di Gianfelice che hanno integrato e rivisto con grande attenzione l'intera ricerca e hanno redatto l 'apparato critico. In particolare, la dott.ssa Piano Mortari è l'autrice della Tavola metodica e ha redatto, insieme alla dott.ssa Rita Luisa De Palma, le Appendici; la dott.ssa Di Gianfelice ha completato e rivisto l'intero Indice sommario. Ringrazio inoltre il dottor Gian Luca Borghese, che ha redatto l'Indice dei nomi e compiuto alcune ricerche integrative e le signore Andreina Marcocci e Daniela Velia, che hanno trascritto numerosi documenti, anche in lingua straniera e di difficile decifrazione.

Il mio grato pensiero va infine alla dott.ssa Emma Moscati che fino al! 'ultimo, prima di andare in pensione, ha voluto lavorare col consueto rigore morale e scientifico, dandomi i suoi preziosi suggerimenti ed eseguendo la ricerca completa nelle Carte di Gabinetto, nella Serie dei telegrammi e in alcuni pacchi degli Archivi delle ambasciate.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN 1

T. 2111/148. Berlino, 3 novembre 1903, ore 19,28 (2) .

Ho letto a questo signor ministro degli affari esteri contenuto dispaccio di V.E.

n. 5303 . Nel prenderne atto, S.E. mi ha informato avere avute già, per mezzo Monts, anche le dichiarazioni fattegli posteriormente dalla E.V. e proposta cominciare subito trattative commerciali Roma. Questo Governo si è riservato di rispondere. Ad una risposta ed accettazione immediata, osta soltanto difficoltà avere disponibili appositi delegati, essendo ora in corso trattative anche con Russia e Svizzera4 .

2

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2120/120. Therapia, 4 novembre 1903, ore 3,50.

Ambasciatore di Francia ha appoggiato ieri l'altro presso la Sublime Porta proposte austro-russe2• Ambasciatore di Inghilterra ha ricevuto istruzioni dal suo Governo di appoggiarle del pari, ma non lo ha fatto ancora. Collega di Germania ha consigliato Governo imperiale di applicare riforme, mettendosi d'accordo con ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia. Mi asterrò,

Per il seguito cfr. n. 5.

2 Le proposte austro-russe sono il cosidetto programma di Miirzsteg del 2 ottobre 1903. Testo ed. in British Documents on the Origins ofthe War 1898-1914 (d'ora in poi ED), vol. V. London, 1928, pp. 65-66.

per parte mia, dal fare qualsiasi comunicazione in proposito alla Sublime Porta, in attesa delle istruzioni definitive di V.E. 3

l 1 Sebbene il Gabinetto Giolitti abbia inizio col 3 novembre, per il giorno 3 i documenti in arrivo e quelli in partenza sono ancora indirizzati e firmati da Morin. 2 Nei registri dei telegrammi di questo periodo non è riportata l'ora di arrivo. Quando essa è indicata nel presente volume è tratta da copie dei telegrammi conservate nella Serie politica o in ASMA!. 3 Non pubblicato nel vol. VII della serie Il l.

2 1 Ed. in LV 104, p. 95.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. CONFIDENZIALE 170l. Roma, 4 novembre 1903, ore 12.

Essendosi ora costituito il Ministero ungherese, la prego di informarsi se siano designati i due delegati tecnici e quando potranno trovarsi a Roma per studiare con noi la nuova formula relativa al trattamento del vino 1 .

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. 1702. Roma, 4 novembre 1903, ore 18,30.

Desidero, nell'assumere il mio ufficio, che ella manifesti a codesto Governo il mio fermo proposito, non solo di perseverare nella politica di pace che ha base e guarentigia nel Trattato di Triplice Alleanza, ma di adoperarmi altresì, con ogni mio sforzo, acciocché la più sicura ed intima fiducia presieda ai rapporti fra i tre Governi alleati 1•

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1703. Roma, 4 novembre 1903, ore 18,45.

Ricevo il telegramma 148 1 , e mi compiaccio che codesto Governo non sia in massima alieno dall'accettare la nostra proposta di negoziare immediatamente il nuovo trattato di commercio. Il negoziato dovendo, secondo le intelligenze ben note

a V.E., svolgersi sopra basi abbastanza semplici, confido che non mancherà a codesto Governo malgrado il simultaneo negoziato con la Russia e con la Svizzera, il modo di designare ed inviare senza soverchio indugio a Roma i suoi delegati, e prego V.E. di continuare ad interessarsi vivamente in questo senso.

2 3 Per la risposta cfr. n. 8.

3 1 l delegati ungheresi giunsero a Roma il 26 novembre, ma il negoziato poco dopo fu interrotto e ripreso il 7 marzo.

4 1 Analoghe dichiarazioni fecero a Monts e al collega austriaco Tittoni e Giolitti: Die Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914 (d'ora in poi GP), Berlin, 1922-1926, vol. XVlll/2, n. 5785.

5 1 Cfr. n. l.

6

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA 1

L. Asmara, 4 novembre 1903.

Ho la sua lettera del l o ottobre. Ella ha ragione di domandare che si provveda e scriverò al nuovo ministro Tittoni dimostrandogli come sia giusto e necessario di provvedere. Non subito bensì: ché il momento non sarebbe opportuno, quand'egli, nuovo a tutte le questioni che s'attengono all'ufficio suo, deve prima di tutto orientarsi. E non è da sperare che volga all'Africa le prime sue cure.

Penserò all'archivista e le ne scriverò quanto prima. La ringrazio di quant'ella ha fatto per la strada di Go n dar a cui farò metter mano il mese venturo.

Ora mi stia a sentire: sono da un pezzo convinto che la politica migliore delle Potenze europee in Etiopia, la più feconda di utili effetti, e per esse e per l 'Etiopia medesima è la politica degli accordi reciproci. Mi sono naturalmente astenuto dall'esprimere questa opinione fin ora perché ella m'insegna che nella politica è fanciullesco lo accennare al bene quando al conseguimento di questo bene contrastano le particolari condizioni del momento. Può dunque pensare con quanto compiacimento ho appreso le confidenze fattele dal signor Clerk e le parole dettele più recentemente dal signor Chefneux.

Sono persuaso le une e le altre essere effetto delle correlate relazioni tra l'Italia e la Francia fra loro Francia e l'Inghilterra (sic), ed oggi fortificandosi in me il convincimento che ho manifestato, vagheggio un disegno che non ho il coraggio di esporre ufficialmente, senza aver prima interrogato lei che in ciò può confortarmi di molto esperto consiglio.

Gran parte delle difficoltà che ci si oppongono in Etiopia derivano dalle rivalità nostre e dalle nostre discordie. Parlo dei tre Stati che hanno in Etiopia interessi reali.

In uno dei suoi più recenti importantissimi dispacci ella insiste per una entente con l'Inghilterra, e avverte come a conchiuderla sarebbe forse opportuno il lasciar supporre che, ove quella mancasse, noi potremmo intenderei con la Francia. Or io mi domando: ma è egli propriamente impossibile che tutte tre Italia, Francia, Inghilterra s'intendano? Finora questa domanda non avrebbe neanche meritato risposta: ma oggi! Se nuove relazioni di cordialità si poterono stringere fra Londra e Parigi, fra

Parigi e Roma è da credere che le più gravi cagioni degli antichi dissidi -prima la permanenza inglese in Egitto -siano in qualche modo remosse -quelle escluse, non mi pare addirittura utopia il pensare che anche nella Etiopia il dissidio sia conciliabile-: e a me piacerebbe che della conciliazione, se possibile, degli interessi l'Italia si facesse iniziatrice.

Ho detto: non mi pare utopia: per esser sincero debbo aggiungere che, mentre le scrivo, ancora mi domando se io non persegua un fantasma; e nondimeno il fantasma è così lucente ch'io non mi so resolver ad abbandonarlo.

Difficoltà ve ne sono: non occorre io le enumeri, pensa che siano addirittura insuperabili? Ecco il punto. Inoltre: se accordi si stabiliscano, non si stabiliranno certamente né ad Addis Abeba né ad Asmara: ma e da Asmara e da Addis Abeba dovranno partire notizie opinioni suggerimenti. In politica non è soltanto da tener conto delle cose ma altrettanto e forse più delle persone: e però, dato il capo: le persone costà entrerebbero in questo ordine di idee?

Se questo le paia-come è probabile-un sogno, non si penti (sic), caro Ciccodicola a rispondermi che ho sognato. Ma intenderà ad ogni modo, come a questa maniera di fantasie, se tali sieno, possa essere condotto chi considera la condizione stranissima nella quale noi ci troviamo: non possiamo in Etiopia aver nemici gli inglesi e troppo ci costa l'averli unici amici.

Intanto per tenersi al concreto, porrò mano sollecitamente -come ho già detto-alla strada di Gondar; e subito che [ ... Fabbia studiato i particolari della questione vi instituirò l'agenzia ove Menelik lo consenta. Circa la linea telegrafica per l'Aussa siamo perfettamente d'accordo; e anche questa, quando se ne abbia esplicita facoltà, sarà fatta senza indugio. Soltanto desidero ella rifletta e m'informi se non convenga piuttosto che a Borumedia condurla a Cobbi6 o a Ualdià: Cobbiò forse è troppo lontano: ma Ualdià, secondo informazioni che mi sono dato cuore di raccogliere sarebbe oggi mercato più ricco di Borumedia che negli ultimi tempi avrebbe alquanto perduto dell'antica importanza.

6 1 Da ACS, Carte Martin i.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1712. Roma, 5 novembre 1903, ore 20.

Trattato di commercio. L'ambasciatore di Germania mi comunica la seguente risposta del suo Governo. Il Governo imperiale accetta che il negoziato, beninteso sulla base del trattato attuale, si apra quanto prima in Roma mediante l'invio dei suoi delegati tecnici. Però esso stima opportuno, per la maggiore speditezza del negoziato, che anzitutto i due Governi si scambino per iscritto le proposte di modificazioni

all'attuale statu-quo convenzionale che ciascuno di essi creda di presentare in guisa che dall'una e dall'altra parte se ne possa fin dal primo momento utilmente discutere. Prego VE. di voler notificare a codesto Governo che noi accettiamo ben volentieri questo modus procedendi e che in breve gli faremo conoscere il nostro pensiero circa le modificazioni da noi desiderate 1•

6 2 Parola illeggibile.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

Roma, 5 novembre 1903, ore 20.

Le attuali proposte austro-russe3 , quali che ne siano i particolari, mirano sostanzialmente a dare pratico e più sicuro svolgimento all'opera delle riforme e della pacificazione in Macedonia. Da questo punto di vista non può mancare ad esse il nostro appoggio, essendo, d'altra parte, essenziale lo evitare che anche la sola apparenza di discorde atteggiamento fra le Potenze possa incoraggiare la Porta alla resistenza. VE. vorrà quindi consigliare la Sublime Porta ad accordarsi con le due Potenze proponenti per la migliore attuazione dei suggeriti provvedimenti.

9

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3551/1346. Parigi, 6 novembre 1903.

Gli ultimi mesi dell'anno in corso sembrano destinati a segnare un'epoca che forse lascierà traccia nella storia poiché noi vediamo prodursi variazioni importanti nelle grandi correnti d'opinione le quali determinano i maggiori avvenimenti politici.

Sfidando, con atteggiamento di singolare imponenza, le declamazioni anglofobe dei francesi nazionalisti e dei bigotti dell'alleanza russa, né curando l'eccitamento ai fischi con cui una parte chiassosa della stampa parigina accoglieva l'annunzio della venuta a Parigi del re d'Inghilterra, questi, con la possente impronta dell'atto personale compiuto, ha dominato l'opinione avversaria, incoraggiato le timide simpatie dei francesi, le quali, avendo base larga ed indiscutibile nei due miliardi e 114 del commercio annuale dei due Paesi, domandavano soltanto l'occasione di ridestarsi e di affermarsi.

La pronta restituzione della visita da parte del presidente della Repubblica, gli inviti, viaggi, ricevimenti di un'imponente associazione di francesi a Londra, di una notevole rappresentanza del commercio britannico a Parigi, i discorsi pronunciati in tutte le occasioni, la conclusione del trattato di arbitraggio fra i due Paesi sono segni visibili del mutamento avvenuto il quale non si limita alle relazioni ufficiali dei Governi rispettivi già da parecchio tempo ridivenute corrette ed amichevoli, ma abbraccia dalle due parti della Manica il pensiero comune di una porzione considerevole della pubblica opinione.

Conviene forse qui aggiungere che la comparsa del pericolo che l 'Inghilterra possa, a non lontana scadenza, abbandonare il presente sistema dei suoi rapporti commerciali internazionali, ha contribuito a scuotere dal torpore tutti coloro -e sono molti-che comprendono il bisogno per la Francia di mettersi in situazione di fruire dei trattamenti convenzionali che il Governo britannico riserverà probabilmente a chi non si atteggia a suo minaccioso concorrente.

È nel momento in cui si svolgevano queste immediate conseguenze del ravvicinamento anglo-francese che si produsse un altro evento il quale, pur avendo caratteri propri e diversi, non è di minore importanza. La visita degli augusti nostri sovrani a Parigi non fu preceduta da dissensi di popolari impressioni. Essa fu decisa ed eseguita quando non occorrevano sforzi per preparare l'ambiente di simpatie a formare il quale il concorso della popolazione parigina non poteva ormai più mancare. Questo però oltrepassò sensibilmente la misura della generale aspettazione indicando così che il sentimento pubblico francese si è negli ultimi tempi trasformato a nostro riguardo assai più profondamente che finora non apparisse. Se nell'effetto conseguito si vuoi vedere il risveglio di antiche simpatie che rimanevano latenti, bisogna riconoscere che il viaggio di S.M. in Francia le ha ridestate e fu per esse l'occasione di una gagliarda riaffermazione.

È notevole che siano in gran parte gli stessi elementi i quali sostennero il movimento di ravvicinamento con l'Inghilterra, quelli che più agirono per mettere in evidenza la rinnovata cordialità dell'amicizia franco-italiana.

Or, checché se ne dica, correnti siffatte non poterono prodursi nell'opinione francese senza che in essa si rallentasse l'altra la quale, durante vari anni, parve travolgere impetuosamente la Francia intiera nei vortici dell'alleanza russa. Questa necessariamente dovea diminuire di credito quando le masse popolari si sarebbero avvedute che in essa trovavano soltanto una parte di ciò che se ne attendevano. La progressiva influenza di idee nuove è pur essa un elemento non trascurabile da chi voglia rendersi conto della prevalenza di disposizioni pacifiche nella attuale politica estera della Francia. Non vorrei dire con ciò che il temperamento del Paese sia cambiato. Continuano e continueranno a manifestarsi in esso le qualità ed i difetti inerenti all'indole della Nazione. Ma presentemente le cose suesposte tracciano, a mio credere, fedelmente il quadro della condizione in cui trovasi l'opinione pubblica francese.

Non sarebbe savio il supporre che dei mutamenti avvenuti non si siano dato conto i Gabinetti degli Stati che, per la forma delle loro istituzioni di Governo e per le tradizioni che ne conseguono, non possono essere predisposti ad osservare senza inquietudini oscillazioni dell'opinione dominante in Francia.

La coincidenza dell'unione a due formatasi fra l'Austria-Ungheria e la Russia in vista di interessi che, in verità, nulla dovrebbero avere di speciale per esse, il contegno e forse i maneggi dell'imperatore tedesco, le visite già scambiate fra i tre imperatori fecero luccicare per un momento l'ipotesi di una non lontana ricostituzione della lega dei tre Imperi. Ipotesi che non sembra avere finora commosso visibilmente la Francia forse perché qui di due cose si è persuasi: la prima, che l'alleanza francese sia indispensabile allo sviluppo economico ed alla politica espansionista asiatica della Russia; la seconda, che l'unione austro-russa non minaccia nessun interesse sostanziale della Francia perché tale unione non resisterebbe al cimento di un'intesa che risolva fondamentalmente le questioni della Turchia europea.

Non è il momento di ricercare se la quietudine che deriva al Governo francese da questi due suoi convincimenti, sia per entrambi ugualmente ben fondata. Certo è che di qui non si scorgono sintomi, nella suprema direzione dell'Impero russo, di tendenze ad abbandonare le linee direttive che non potrebbero essere con continuità seguite, se fallisse il concorso finanziario e politico della Francia. Né all'invio del conte Lamsdorff a Parigi potrebbesi logicamente attribuire altro significato e scopo fuor di quello di confermare il Governo della Repubblica nell'opinione in cui già egli era, che cioè nei convegni di Darmstadt e di Wiesbaden la Russia nulla accetterebbe di ciò che potrebbe affievolire i vincoli reciproci che nascono dalla sua alleanza con la Francia. Se nel sentimento pubblico francese si fossero palesati indizi di diffidenza e di inquietudine, che invece non si scorsero, maggiore, pubblico pegno non avrebbe potuto dare la Russia dell'inalterabile sua politica verso la Francia che coll'inviare a Parigi la parola scritta dello zar portata dal suo ministro degli affari esteri.

Vero è che, a questo punto, alla mente di molti potrebbe affacciarsi il ricordo del detto antico: «excusatio non petita, accusatio manifesta». Ma è cosa singolare che un tale episodio nelle relazioni dei due alleati abbia prodotto in Francia un'impressione che non esito a dire limitatissima. Finora l'opinione se ne dimostrò quasi indifferente e qualche tentativo dei giornali, particolarmente devoti alla causa della Russia, per dare alla recente venuta del conte Lamsdorff il carattere e l'importanza di un avvertimento al signor Delcassé, non sembra dovere riuscire a modificare sensibilmente la prima impressione che qui si produsse. La ricerca e l'analisi delle cause molteplici che possono avere predisposto in tal senso l'opinione in Francia, non avrebbero scopo di pratica utilità. Me ne astengo dunque. Osservo ed attesto il fatto perché da esso pure è lumeggiata una situazione resa molto complessa dal contrasto delle tendenze che si muovono intorno ad interessi vari né fra di loro sempre conciliabili di questo Paese.

Mi parve che, all'indomani della venuta di S.M. il re a Parigi, potesse essere opportuno lo esporre al R. Governo ciò che, a parer mio, è da osservarsi nella presente situazione politica internazionale della Francia ed a tal fine indirizzo a V.E. questo rapporto.

7 1 Il successivo T. 1722 del 6 novembre di Tittoni a Lanza, dedicato allo stesso argomento, così concludeva: «V.E. avrà cura di fare risaltare la equità e la moderazione delle nostre domande, le quali non toccano le grandi industrie tedesche del ferro, degli acciaj, delle lanerie, alle quali grandi industrie, come pure alla industria marittima germanica, noi siamo disposti a mantenere il beneficio dello statu quo quante volte questo sia del pari mantenuto alle nostre esportazioni, specialmente agrarie».

8 1 Ed. in LV 104, p. 95 e in F. TOMMASlNl, L'Italia alla vigilia della guerra, vol. l, Bologna, Zanichelli, 1934, p. 260. 2 Inviato anche alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo, Vienna e all'agenzia a Sofia, con T. 1714 del 9 novembre. 3 Cfr. n. 2, nota 2.

10

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2140/154. Berlino, 7 novembre 1903, ore 11,20.

Ho ripetuto stasera personalmente a Blilow, di ritorno da Wiesbaden, dichiarazioni che V.E. mi aveva incaricato di fare a questo Governo col telegramma n. 1702 1• Bulow mi esprime il suo grande compiacimento per i propositi dalla E.V. manifestati nell'assumere sue funzioni, e mi ha incaricato di esprimerle vivi ringraziamenti per la comunicazione fattagli. Cancelliere dell'Impero soggiunse aver visto con viva soddistazione entrare nei consiglieri della Corona uomini del valore di Giolitti, Luzzatti, Tittoni a lui personalmente noti, persuaso che ad essi non isfuggirà mai il valore che ha per l 'Italia la Triplice Alleanza, ed i pericoli cui si andrebbe incontro se si ripetessero i tàtti avvenuti la scorsa estate in Italia contro l'Austria. Colla Germania non esiste diversità di vedute e d'interessi, con Austria soltanto, una politica saggia, prudente oculata può impedire attriti le cui conseguenze sono incalcolabili per la solidità della Triplice Alleanza e l'avvenire dell'Italia. Circa le relazioni con la Francia, Bulow mi ripetè solide assicurazioni, che la Germania non vede di mal occhio ristabilimento dei buoni rapporti italo-francesi, ma non crede che sia conveniente all'Italia mostrare cercare di più, mostrare, cioè, intimità di relazioni che, del resto, non saranno mai sinceramente possibili fino a che l'Italia fa parte della Triplice Alleanza. D'altra parte, nessuno vorrà mai augurare ali' Italia di trovarsi sola, in balì a di se stessa di fronte alla Francia.

Queste, in sunto, le parole ufficiali del mio interlocutore di questa sera. Da queste, e dalla conversazione tàmiliare che ne seguì, mi confermo nella opinione che il nuovo Ministero italiano ha fatto qui buona impressione, e si spera saprà superare le difficoltà che, all'opera, lo attendono. Le idee di governo di Giolitti all'interno sono approvate dal Blilow che, in queste sfere governative, è forse il solo a ben conoscere le condizioni dell'Italia. Dell'abilità del presidente del Consiglio e del Luzzatti, che Blilow chiama volentieri suo amico, egli e, del resto, nessuno dubita. Nella saggezza di lui Blilow ha piena fiducia, e le offre, per mio mezzo, tutto il suo appoggio nell'esplicare le idee espresse nelle dichiarazioni da me tàttegli in nome suo.

11

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3560/1351. Parigi, 7 novembre 1903 (perv. il 12).

Contrariamente a ciò che era altre volte avvenuto, la stampa francese non dimostrò quest'anno di ammettere grande importanza ai viaggi dello czar in Austria prima c poscia in Germania. Non saprei dire quando giungesse qui la prima da notizia (sic)

IO 1 C'ti". n. 4.

lO

che il conte Lamsdorff verrebbe da Darmstadt a Parigi quasi in speciale missione ufficiale. Appena ne fui informato, segnalai il fatto telegraficamente col dispaccio del 27 ottobre 1• Per certo il linguaggio della maggior parte dei giornali di qui non avea in alcun modo palesato un 'inquietudine qualsiasi per i progettati convegni degli imperatori di Austria e di Germania e, credo, che fossero ben pochi coloro che si aspettavano che il ministro imperiale degli affari esteri avesse, nella sua venuta in Francia, lo scopo principale di calmare apprensioni che qui non si erano manifestate.

Fu ritenuto però, ed era infatti, un atto di alta cortesia fra gli alleati, quello per cui, alla vigilia dell'incontro di Wiesbaden, lo czar volle, con sua lettera al presidente della Repubblica, dichiarare la sua soddisfazione per il recente accomodamento (arrangement) avvenuto fra la Francia e l 'Inghilterra ed il ravvicinamento felicemente effettuato fra la Francia e l'Italia e la sua sicurezza che la Russia e la Francia, amiche ed alleate, continuerebbero a manifestare in ogni occasione la loro perfetta conformità di viste e la loro solidarietà fondata sovra le loro mutue simpatie ed i loro rispettivi interessi.

In questi termini è riassunta la lettera dello czar al presidente Loubet, nella nota ufficiosa che il Ministero comunicò ai giornali per dar conto di ciò che avvenne nel Consiglio dei ministri qui tenuto il 30 ottobre nel quale la lettera stessa venne dal capo dello Stato comunicata al Governo.

Si sa che il presidente Loubet consegnò al conte LamsdorfT una risposta per lo czar. Di essa finora non furono qui divulgati i termini. La pubblicazione invece della lettera imperiale non poté avvenire senza il consenso del!' imperiale messaggero.

Questi, durante il breve soggiorno qui fatto, si trovò quasi costantemente con il signor Delcassé con il quale pare abbia avuto lunghi e particolari colloqui. Alla parte che si potrebbe chiamare pubblica della sua missione, è dunque probabile che il ministro russo abbia unito un'altra relativa agli intenti immediati della professata alleanza.

Si disse, dopo uno degli ultimi incontri del signor Delcassé con i ministri dello czar, che l'alleanza franco-russa si fosse precisata in ordine agli interessi comuni della Francia e della Russia nello Estremo Oriente. Dippoi e sovratutto negli ultimi tempi, la politica di espansione della Russia in Cina sembra essersi fatta sempre maggionnente attiva e non è fuori di proposito il credere che, in presenza dell'atteggiamento del Giappone e dell'eventuale appoggio che in speciali casi preveduti l'Inghilterra dovrebbe dare a quest'ultimo, il Gabinetto di Pietroburgo abbia sentito il bisogno di accertarsi di ciò che tàrebbe la Francia in caso di guetTa russo-giapponese.

Se veramente i colloqui dei due ministri degli aftàri esteri si aggirarono sovra questo soggetto, vi è ragione di supporre che da parte del signor Delcassé non sarà stato dato alcun incitamento ai progetti che potrebbero avere per conseguenza una guerra.

Il linguaggio del ministro degli affari esteri francese lascia supporre che, anche ne Il 'intimità dei suoi colloqui con l 'alleato, avrà cercato di tàr prevalere concetti e risoluzioni pacifiche. Non pare d'altronde che gli impegni presi in passato dalla Francia e che forse all'ora presente questa più non piglierebbe, possano avere per effetto che il suo materiale concorso alla Russia debba spiegarsi finché questa si trova in

Il 1 Non pubblicato nel vol. VII della serie III.

presenza di una sola Potenza belligerante. Il patto esistente fra la Francia e la Russia equilibrerebbe quello stipulato fra l'Inghilterra ed il Giappone, ed avrebbero entrambi per effetto di isolare il conflitto se questo divenisse inevitabile.

È infine verosimile che il conte Lamsdorff abbia insistito per ottenere che il concorso della Francia all'azione russo-austriaca a Costantinopoli sia più esplicito e più attivo. Mi pare probabile che questo ministro degli affari esteri non avrà mercanteggiata la sua adesione in proposito. Il 27 ottobre, io lo trovai, ancorché egli non avesse ancora ricevuto la comunicazione ufficiale dell'ultima nota presentata a Costantinopoli dai due Governi imperiali, favorevolmente disposto a dare a quella nota l'incondizionato appoggio diplomatico del Governo della Repubblica. Egli prevedeva che gli sforzi della politica del sultano si rivolgerebbero a sostituire il controllo delle Potenze garanti a quello di due sole di esse. Ma se questa previsione si fosse verificata, egli non era disposto ad assecondarla perché egli si ritiene sicurissimo che la divergenza fondamentale di interessi tutt'ora esistente fra l'Austria-Ungheria e la Russia nella questione dell'Oriente vicino, basta ad impedire che i due Imperi possano formare una separata intesa per risolvere da sole la questione stessa. Non ebbi opportunità di conversare di nuovo con il signor Delcassé sovra questo tema dopo la partenza da Parigi del conte Lamsdorff. Sarei però molto sorpreso se egli avesse modificato a questo riguardo le sue idee2 •

12

AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO 1

L. CONFIDENZIALE2 . Milano, 7 novembre 1903.

Mi permetto compiegarle, per di lei norma, il rapporto confidenziale testé ricevuto dall'ingegnere del signor Weld Blundell, signor Lang3 il quale nella scorsa primavera visitò la concessione di Wallaga.

Il 2 Il 6 novembre il direttore del Secolo, Romussi, scriveva a Giolitti una lettera ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, a cura di G. CAROCCI, vol. Il, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 337-340 (e parzialmente in G. NATALE, Giolitti e gli italiani, Milano, 1949, pp. 572-574): di questa lettera si pubblica qui il passo seguente: «Ci si dice che il Luzzatti sia una imposizione straniera. Il Barrère, ambasciatore di Francia ci aveva già fatto parlare del Luzzatti del quale, come del Prinetti, era ed è grande amico: e noi, per il decoro nazionale, abbiamo respinto il suo messo. Il signor Sonzogno, che informai di questo, fece sapere a Parigi a qualche ministro, il passo sconveniente di Barrère che fu biasimato e mi pare di avervelo raccontato a Roma nello scorso aprile. Ora evidentemente il re a Parigi fu suggestionato dal Barrère (che si fa bello del sol di luglio perché l'unione franco-italiana è opera della democrazia) a favore del Luzzatti: e questi, come scrivono i giornali, è diventato oggi il vostro padrone.

E poiché parliamo di Parigi, !asciatemi anche aggiungere che il nostro Paese è molto mal rappresentato colà; perché il Tomielli, uscito dalle schiere reazionarie, fa quanto può per rendere antipatica l'Italia e gli italiani coi suoi modi, colla neghittosità che lo rese d'umore atrabiliare nella recente visita del Reali».

2 Il testo che si pubblica, una copia dattiloscritta, è privo di firma.

3 L'allegato non si pubblica.

Come ella rileverà il signor Lang parla in termini favorevoli della nostra concessione e del nostro direttore.

Onde assicurarsi che l'ingegner Riboni non possa incorrere in isbagli nell'impianto elettrico e minerario che la società Mines d'or du Wallaga ha l'intenzione d'installare in Etiopia, l'ho mandato in America ove egli ora, dietro le raccomandazioni ottenute per mezzo di don Gelasio Gaetani, il quale si trova attualmente nell'Idaho in qualità d'assistente ingegnere minerario, sta visitando le più importanti miniere aurifere americane; ciò gli darà l'occasione di fare dei confronti riguardo alla rendibilità delle miniere aurifere e di studiare gli ultimi perfezionamenti introdotti nei vari metodi di trattamento del minerale.

Visto che l'ingegner Riboni ha dimostrato l'assoluta convinzione che la concessione del Wallaga darà dei risultati soddisfacenti, ormai l'unico nostro pericolo consiste in eventuali complicazioni politiche e nella possibile diminuzione di prestigio del signor Ilg presso il negus. Le sarà noto che la concessione del Wallaga fu a suo tempo dall'imperatore Menelik data al signor Ilg, il quale a sua volta la trasmise alla società Wallaga dopo avermi incaricato di costituire tale società sotto forma internazionale. Il signor Ilg ben sa ed è d'accordo, che sotto tale forma internazionale si nasconde il capitale italiano che a quest'ora ha assorbito 4/5 delle azioni. Tali azioni sono state nella maggior parte assunte dalla piazza di Milano, ma vi hanno pure partecipato le piazze di Genova, Torino e Roma in minore misura. Perciò sembrami molto importante per lo sviluppo commerciale italo-abissino che questo primo tentativo dia dei buoni risultati, i quali poi incoraggerebbero il capitale nostro di prender parte ad altri affari in Etiopia; e per render possibile tale sviluppo ci occorre che il signor Ilg rimanga in grado di procurarci anche per l'avvenire le facilitazioni finora ottenuteci dal negus. Il signor Ilg avendo chiaramente dimostrato la sua simpatia verso l'Italia tanto nel modo di costituzione della società Wallaga, come per aver ordinato i ponti di ferro per l'Abissinia ad una ditta italiana e per aver consigliato l'imperatore di depositare i suoi denari presso una banca italiana, sembrami dovrebbe meritare l'appoggio occulto del Governo italiano. Purtroppo invece mi risulta da diverse informazioni che concordano presso a poco col contenuto dell'articolo della Finanz-Chronik di Londra, che mi permisi trasmetterle, che il Governo italiano lavora d'accordo con quello inglese per menomare l'influenza francese in Abissinia, collegata per mezzo della concessione ferroviaria al signor Ilg.

Naturalmente non posso entrare in merito ad apprezzamenti delle questioni politiche non essendo al corrente delle cose, ma mi preme metterle sott'occhio che l'interesse commerciale italiano nell'Etiopia è collegato in prima linea alla esplorazione mineraria ed ai rapporti finanziari e commerciali e che la questione ferroviaria esistente fra la Francia e l'Inghilterra pel momento per noi passa in seconda linea. Essendomi a suo tempo occupato dietro richiesta del ministro Prinetti di formare un gruppo per l'assunzione di un lotto di azioni della Société impériale des Chemins de fer éthiopiens, non mi fu possibile trovare in Italia un solo aderente. Io considero che la politica inglese in Abissinia esclude qualsiasi combinazione conveniente per gli interessi commerciali italiani. L'Inghilterra, come fece dopo aver ottenuto Cassala, tenderà in Etiopia a monopolizzare gli affari restringendoli nei propri confini del Nilo e costruendo poi la linea ferroviaria transafricana, precluderà ogni via alla nostra iniziativa. Perciò concludo che in Etiopia per il nostro interesse commerciale ci convenga maggior

mente andare d'accordo colla Francia, col Belgio e se occorresse anche colla Gennania, piuttosto che fare causa comune coll'Inghilterra, aiutandola ad ottenere i suoi scopi, sicuri che più tardi essa renderà impossibile lo sviluppo dell'iniziativa italiana.

Spiacemi come antico anglomano di dovere arrivare per l'Etiopia a queste conclusioni, mentre d'altra parte l'Inghilterra tàcilita nelle proprie colonie il lavoro della Società Coloniale italiana ed in altre regioni certamente offre occasioni di combinazioni favorevoli, a meno che non trionfi il nuovo programma protezionista di Chamberlain.

Scusi se mi sono permesso abusare della sua ben nota cortesia e pazienza.

12 1 DaACS, Carte Luzzati.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE 65419/427. Roma, 10 novembre 1903.

Col molto interessante rapporto del l Oluglio n. 143 1 che, in via del tutto confidenziale, invio alla E.V., il maggiore Ciccodicola espone, con molta lucidità, il suo avviso in merito al contegno che potrebbe essere conveniente di adottare di fronte al problema della successione etiopica ed ai criteri da tenere presenti per concordare con altro Governo europeo il partito pretendente da appoggiare eventualmente.

La questione della successione del trono etiopico ha per l'Italia grande importanza non solo per la continuità degli accordi conchiusi da noi con Menelik, ma per i turbamenti dello statu quo che in quell'Impero potrebbero avvenire.

È necessario che l'Italia non si trovi impreparata a questa eventualità ed è naturale che vi si prepari, mostrandosi in grado di conoscere quali siano gli intendimenti e i propositi dell'Inghilterra e della Francia a questo riguardo, sopratutto della prima delle due Potenze allo scopo di guarentirsi da mutamenti a suo danno, o di assicurarsi i vantaggi a cui la sua posizione in Eritrea e in Somalia le danno diritto.

Interesserebbe pertanto moltissimo conoscere se e quale programma ha l' Inghilterra sulla questione della successione e se ha di mira compensi territoriali per il suo appoggio ad essa e se vi sia possibilità di accordi anglo-francesi al riguardo.

Credo che prendendo occasione dal recente scambio di memorandum del 20 giugno scorso, 29 agosto scorso con questa ambasciata britannica e in particolare dal primo dei punti toccati nella nota di risposta. la E. V. potrebbe trovare propizia occasione di intrattenere codesto ministro degli affari esteri in confidenziale colloquio per sentirne il pensiero e gli intendimenti.

A questo proposito credo opportuno ricordare che, quando ras Makonen fu a Londra, corse la voce che accordi segreti fossero stati conchiusi fra il rase l'Inghilterra in vista soprattutto della successione di Menelik.

Anche su questo punto ci giungerebbe molto utile conoscere quale fondamento quella voce abbia.

13 1 Non pubblicato nel vol. VII della serie III.

14

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1760. Roma, 13 novembre 1903, ore 16,45.

Dal capitano Alberti ricevo il seguente telegramma: «Generale informa ministro della guerra, interrogato telegraficamente, ha risposto non avere preso impegno verso Governo italiano, riguardo impiego truppe abissine, in vista impedire Mad Mullah invadere Benadim 1• A prescindere dalla promessa fin da principio tàttaci, quando fu richiesta la nostra cooperazione, di fare tutto il possibile per evitare ai nostri possedimenti il pericolo d'una invasione madista osservo che, quando, nel luglio scorso, ci tù chiesto di acconsentire il passaggio degli abissini attraverso il territorio di nostra influenza, dal Governo britannico ci fu detto che si sarebbe così scongiurato tale pericolo. Dipoi, rispondendo alle condizioni da noi poste per il nostro consenso, sir Rennell Rodd, in un memorandum del 17 luglio, faceva rilevare, in nome del Governo britannico, «il pericolo che senza l'avanzata abissina il Mullah sia spinto verso i possedimenti italiani». Infine nel piano di campagna, comunicatoci dal Governo inglese, è espressamente detto «che il gererale Egerton dovrà tentare di spingere il Mullah verso il Nord onde allontanarlo dai territori di nostro protettorato». Di fronte a tali precedenti, debbo credere che nelle comunicazioni scambiate tra il generale Egerton e codesto Ministero della guerra sia occorso un qualche malinteso, che importa chiarire senza indugio mercé precise istruzioni al generale. Prego V.E. adoperarsi opportunamente a tal tìne, facendomi tosto conoscere, per telegrafo, il risultato, acciocché io possa comunicarlo al capitano Alberti 2 .

15

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1765. Roma, 13 novembre 1903, ore 23,50.

Trattati di commercio. Ricevo il telegramma n. 163 1•

Mentre constato con soddistàzione essere rimosso ogni dubbio circa il mantenimento della intesa dello scorso anno, non comprendo che si debba ritardare il negoziato per questione, la quale in quanto concerne le nostre domande, è ormai di pura forma. Posto infatti in principio, per le nostre importazioni in Germania, la continuazione dello statu quo salvo le poche moditìcazioni già sommariamente accennate, la procedura del negoziato, a tale riguardo, riducesi ad un coordinamento della tariftà A con riferimento alla nuova tariftà germanica; lavoro, questo, che qui si è compiuto e

Per il seguito cfr. n. 21. 15 1 T. 2170/163 del 12 novembre. non pubblicato.

per cui basta un facile riscontro per opera del negoziatore. VE. deve dunque adoperare tutta la sua efficace influenza affinché codesto Governo si affretti a mandare i suoi negoziatori con le opportune istruzioni per concludere essendo nostro vivo desiderio che ciò avvenga sollecitamente2 .

14 1 T. 2169/859 del 9 novembre, trasmesso da Aden il 12.

16

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 66062/1332. Roma, 15 novembre 1903.

Ho letto con speciale interesse l'importante rapporto dell'E.V in data 7 novembre, n. 1351 1 , relativo alle attuali relazioni politiche tra la Francia e la Russia.

Premesse alcune considerazioni circa le ipotesi più attendibili sugli argomenti eventualmente trattati costì dal conte di Lamsdorff, VE. mi ha riferito le previsioni ed i propositi recentemente manifestati dal signor Delcassé in ordine alla azione austro-russa a Costantinopoli ed all'atteggiamento della Turchia. Il signor Delcassé opina, a tale riguardo, che il contrasto di interessi fra la Russia e l'Austria-Ungheria fornisca sufficiente guarentigia contro il pericolo di una intesa tra le due Potenze per risolvere da sole la questione d'Oriente. Senza voler qui ricercare il maggiore o minore fondamento di tale convincimento, non posso tralasciare di osservare che sarebbe pur sempre procedimento più cauto ed anche più conforme al diritto pubblico europeo, che la definizione della questione stessa fosse affidata all'opera concorde di tutte le Potenze firmatarie del trattato di Berlino2 .

17

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 3668/1387. Parigi, 15 novembre 1903 (perv. il 26).

Al mio rapporto del 19 agosto ultimo (n. 2739/1047) 1 relativo alla convenienza per l'Italia di precisare gli interessi che essa ha da difendere in Etiopia e di stabilire un'eventuale intesa con gli altri Governi europei, aventi interessi propri in quel Paese, sulla base di conciliare i reciproci interessi, codesto R. Ministero ha risposto

2 Il documento è firmato da Fusinato perché Tittoni stava accompagnando il re nel suo viaggio a Londra (14-21 novembre). Passando da Parigi, Tittoni disse a Tomielli di avvertire il collega russo destinato a Roma della necessità di riprendere le pratiche per il viaggio a Roma dello zar: cfr. ToMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., p. 477.

con le interessanti, confidenziali comunicazioni contenute nei suoi dispacci del 132 , 143 e 302 ottobre, per le quali molto la ringrazio.

Risulta dalle comunicazioni stesse che il Governo etiopico ha negato in modo assoluto, nei suoi rapporti con l'Inghilterra, di aver alienato in favore di chicchessia la facoltà di concedere sovra il suo territorio la costruzione di ferrovie e l'allacciamento di quelle che venissero costrutte sui territori stranieri finitimi per penetrare in Etiopia. È un punto essenziale sovra il quale sarebbe certamente cosa utile il conoscere se il Governo francese concordi con l'abissino nella interpretazione delle concessioni precedentemente ottenute dalla ben nota compagnia che si è sostituita allo svizzero signor Ilg. Io esito però assai a portare il discorso sovra questo soggetto con il ministro degli affari esteri di Francia dopo che dai precitati dispacci ministeriali emerge che il R. Governo non ha approvato il suggerimento mio di avere, circa i diritti e gli interessi che intendiamo tutelare in Etiopia, una esplicita spiegazione con il Governo francese. A me sembra che non possa giovare il serbare sovra di essi il segreto verso chicchessia e tanto più verso la Francia la quale potrebbe più tardi opporre di non averle fatto conoscere il pensiero nostro prima che essa s'impegnasse a sostenere per sé ragioni in opposizione agli interessi italiani.

I dispacci ministeriali mi hanno informato di trattative d'indole segreta che sarebbero in corso con l'Inghilterra e delle quali converrebbe aspettare l'esito prima di fare altre mosse. A questo riguardo mi debbo astenere da ogni apprezzamento poiché non mi sono noti né l'indole né gli scopi delle trattative stesse. Il R. Governo d'altronde non aspetta certamente da me l'avviso che, per quanto possano sembrare importanti gli interessi inglesi nel suo possedimento limitrofo all'Etiopia e nella regione niliaca, tali interessi fanno parte di quel complesso vastissimo di rapporti che nascono dai contatti che nelle varie parti del globo esistono fra la Francia e l' Inghilterra. Né sarebbe cosa nuova quella che io ricordassi qui che, appunto perché sono tanto numerosi, tali contatti si prestano alle transazioni dell'avvenire che in Francia come in Inghilterra da molti sono vagheggiate per mettere sovra basi più sicure la costante amicizia dei due Paesi4 .

15 2 Per la risposta cfr. n. 18.

16 1 Cfr. n. Il.

17 1 Cfr. serie III, vol. VII, n. 679.

18

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2196/165. Berlino, 16 novembre 1903, ore 5.

Rispondo telegramma di V.E., n. 17651• Come ho riferito col mio rapporto 925 2 , oggi cominciano qui, in seconda lettura, trattative commerciali con la Russia, per le quali giunsero da Pietroburgo ben tre

3 Cfr. serie lll, vol. VII, n. 773.

4 Per la risposta cfr. n. 109.

2 Non rinvenuto.

dici delegati. Governo imperiale, pur essendo disposto a secondare desideri dell'E.V., espressi nel telegramma al quale rispondo, si trova nell'impossibilità materiale di disporre di appositi delegati da inviare subito Roma, essendo tutti occupati, presentemente, nel negoziato con la Russia. Il capo di questi delegati, signor von Koerner, mi disse che spera in tre o quattro settimane aver terminato con la Russia, e, in ogni caso, egli non dubita che ancora entro il venturo dicembre gli sarà possibile venire costì con gli altri delegati. Intanto, per sollecitare negoziato, Governo imperiale crede sia necessario seguire modus procedendi, indicato nella nota del barone Richthofen, da me telegrafata e trasmessa il 13 corrente3 .

17 2 Non pubblicato nel vol. VII della serie III.

18 1 Cfr. n. 15.

19

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. l017/421. Belgrado, 16 novembre 1903 (perv. il 19).

Ebbi già l'onore di accennare a V.E., nel mio rapporto del 7 corrente mese n. 4141 , come la situazione politica internazionale e il maggior interessamento mostrato negli ultimi anni dal Governo di Sua Maestà al mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica portassero la Serbia a volgere lo sguardo all'Italia come ad una possibile amica.

Questa impressione che io riportai al mio giungere a Belgrado si è andata sempre più rafforzando. L'articolo del Samouprava, di cui accludo un estratto2 , deve considerarsi come una notevole manifestazione di questo sentimento, poiché esso è l'organo ufficioso di tutte e due le frazioni del partito radicale riunite, partito che detiene il potere col consenso di almeno i sette decimi della popolazione.

Questa tendenza credo rappresenti un fatto nuovo nella politica serba, e, senza esagerarne la portata, mi permetto di richiamare su di essa l'attenzione di V.E. per il caso che il R. Governo, in armonia cogli impegni internazionali assunti, creda opportuno di coltivarla anche per scopi puramente economici.

«Ma qualunque tentativo, a meno che non si rivolga contro la persona stessa del re, e ciò non è probabile, è destinato, secondo il mio parere, a fallire, per il consenso della popolazione al presente Governo.

Per cui non sarebbe inutile se la stampa italiana ufficiosa fosse indotta a dare alle proprie corrispondenze un'intonazione più benevola verso il presente stato di cose in Serbia; sia perché conforme al vero, sia perché in questi momenti di delusione e di inacerbimento degli animi verso l'Austria e la Russia gli sguardi del Paese cercano spesso l'Italia come una possibile amica».

2 L'allegato non si pubblica.

18 3 11 22 novembre Biilow scrisse a Wedel, ambasciatore a Vienna, in merito al negoziato commerciale dell'Italia con la Germania e con l'Austria (GP, vol. XVIII/2, n. 5787).

19 1 Si tratta del R. 998/414 del 6 novembre, non pubblicato, relativo all'atteggiamento da tenere nei confronti del monarca serbo, giunto al trono in seguito ad una sanguinosa congiura militare, di cui si riporta il seguente passo conclusivo:

20

IL CONSOLE A ZARA, CAMICIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1359/195. Zara, 16 novembre 1903 (perv. il 20).

La sessione della Dieta dalmata, che si è chiusa il 12 corrente, riuscì oltremodo notevole e degna di osservazione perché in essa si manifestarono due correnti egualmente nuove ed importanti: l) d'avversione verso l'amministrazione politica austriaca; 2) d'inclinazione ad una pacificazione tra italiani e serbo-croati.

Due fatti concorsero a dare questa particolare intonazione alle discussioni dietali: l'uno d'ordine politico, l'altro nazionale: l) il rifiuto opposto dall'imperatore di ricevere la deputazione croata della Dalmazia, recatasi a Vienna qualche mese fa, per implorare clemenza a favore dei condannati nei torbidi della Croazia; 2) il progetto di regolazione linguistica presentato dal Governo provinciale nel corso della sessione relativamente all'uso del serbo-croato, dell'italiano e del tedesco negli uffici dello Stato.

II primo dei citati fatti provocò nei differenti partiti croati, cioè tanto nel nazionale opportunista, quanto in quello del diritto e dei radicali una reazione gravissima e tale da trovar eco in seno alla Dieta in un senso marcatamente anti-austriaco. Il secondo offese la suscettibilità di tutti i partiti pel tentativo d'introdurre ufficialmente il tedesco, lingua affatto estranea alla provincia, quale lingua d'uso obbligatoria negli affari interni e più importanti della pubblica amministrazione.

I croati, che costituiscono la grande maggioranza della Dieta, trassero dal primo fatto il proposito di emanciparsi da quelle manifestazioni di tradizionale sottomissione verso il Governo che si convertivano sovente in accuse ed odiose insinuazioni verso le minoranze italiana e serba a loro sempre e costantemente avverse. Vivissimo sentono ora il bisogno di accattivarsi le simpatie delle due minoranze specialmente dell'italiana, non certo pel desiderio di ottenere in questa provincia aiuti e concessioni, ben magre essendo le forze degli italiani di Dalmazia e molto esiguo il loro numero, ma bensì e principalmente per togliere la prima ragione d'antipatia che la causa loro trova in Italia e per conciliarsi la condiscendenza della stampa e della pubblica opinione nel Regno in vista delle future desiderate rivendicazioni. E sperano raggiungere tale intento proponendo, come hanno già fatto, di regolare amichevolmente i loro rapporti con questa minoranza italiana e facendo a questa intravedere il miraggio di ogni sorta di future concessioni. A favorire l'opportunità d'un accordo con gl'italiani giunse a proposito il progetto governativo della regolazione delle lingue negli uffici, progetto, che nella sua parte essenziale, quella che riguarda l'introduzione del tedesco, pregiudica così gli interessi slavi come quelli italiani.

D'altra parte conciliandosi anche coi serbi i croati cercano di sopprimere i danni della lotta fratricida non solo in Dalmazia ma eziandio in Croazia e nella Bosnia Erzegovina.

Per il Governo il più sintomatico e grave degli avvenimenti fu la generale intonazione degli oratori che non risparmiarono all'Austria le più crude censure e la più

esplicita avversione. Contro la stessa Corona furonvi allusioni irriverenti. Sono caratteristiche alcune frasi di oratori croati, come le seguenti: «pare giunto il tempo che a somiglianza del nobile popolo italiano anche noi dobbiamo gridare "Va fuori d'Italia va fuori stranier"» -e l'altra «È vergognoso esser trattati in tal modo dali' Austria per la quale noi croati ci disonorammo versando il nostro sangue sulle pianure Iombarde» etc. etc., e l'onorevole Cingrija inneggiò alle qualità costituzionali ed alle doti intellettuali di S.M. il re d'Italia, mettendole in evidente antitesi con quelle del sovrano d'Austria.

Però è del pari certo che il Governo locale, cioè il luogotenente imperiale cercherà di dissimulare o almeno attenuare sensibilmente a Vienna la gravità di siffatte dimostrazioni e ciò allo scopo di non scemarsi autorità; sarà sua cura di coprire l'insuccesso della sua politica amministrativa in Dalmazia e, date le particolari condizioni di queste provincie di fronte allo Stato, ciò potrà in gran parte riuscirgli. Forse appunto per ciò, il barone de Handel non ha opposto protesta efficace alcuna contro l'andamento delle discussioni affinché nella stampa tedesca, ispirata esclusivamente dai circoli governativi, l'eco non richiamasse attenzione sulle cause del suo interloquire.

D'altra parte poi non solo le autorità locali ma lo stesso Governo centrale ha tutto l'interesse di dare a siffatte tendenze di conciliazione la minore importanza possibile e ciò allo scopo di non svegliare troppo l'opinione pubblica non solo in Italia ma benanco in Serbia ed in Montenegro; ed è perciò che tanto nella cerchia degli alti funzionari di questa luogotenenza quanto in qualche giornale ufficioso di Vienna l' attuale tendenza è stata definita «un passeggero idillio italo-croato».

Col progetto sulle lingue, fatta astensione da quello che riguarda l'uso del tedesco, alla lingua croata viniva data una estensione assai maggiore della attuale nel servizio interno degli uffici governativi e ciò a pregiudizio della lingua italiana. Il progetto, come si sa, è stato respinto da tutti i partiti, ma consta che il luogotenente imperiale non vi rinuncia ritenendolo come utile a doppio scopo. Ed ecco come: la parte che riguarda il tedesco verrebbe abbandonata; fu già troppo ingenuità l'averla introdotta, poiché nel fatto pratico il tedesco abusivamente è da molto tempo usato nel disbrigo degli affari presso tutte le autorità centrali di Dalmazia. Tale abuso non otterrà mai la sanzione della rappresentanza dietale; ma d'altro canto resterà e si estenderà egualmente poiché di fronte alla onnipotente burocrazia austriaca la dieta non ha autorità di sorta. Col togliere dal testo del progetto la parte che riguarda il tedesco si darà una soddisfazione formale ai partiti. Ed il Governo poi, per riconquistarsi l'appoggio dei croati, si mostrerebbe disposto a concessioni ancor più larghe di quelle già progettate alla lingua croata in ulterior danno della italiana.

Così lusingando ed accontentando oltre le speranze i croati, si creerebbe anche un ostacolo all'amichevole regolazione dei rapporti linguistici fra le parti e quindi alla pacificazione degli animi.

Di tale pacificazione, sin ad ora non c'è che una ideale tendenza, la quale però sembra seria e concreta così nei croati-radicali come negl'italiani. I croati-nazionali o opportunisti, più influenzabili per un passato prettamente governativo, sono più esitanti; ma finirebbero per seguire i radicali, più forti e più autorevoli sulle masse, non appena si entrasse nel campo d'attuazione.

21

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1805. Roma, 19 novembre 1903, ore 20.

In relazione con gli offici che furono commessi a V.E. col telegramma del 13 di questo mese, n. 1769 1 , il marchese di Lansdowne ci ha fatto fare da questo incaricato d'affari britannico la comunicazione2 che qui sotto riproduco e che io telegrafo senza indugio al capitano Alberti. Per tal modo se la stessa comunicazione, come ritengo e come V.E. dovrebbe eventualmente suggerire, è stata fatta al generale Egerton, si troverà eliminata ogni possibilità di malinteso. Ecco la comunicazione: «Il Governo britannico ha appreso, da una comunicazione fatta al marchese di Lansdowne dall'ambasciatore d'Italia in Londra, che sembra si siano verificati alcuni malintesi in Somalia, a causa di una affermazione d eli 'ufficiale italiano addetto al quartier generale, che cioè il Governo britannico abbia lo speciale impegno che la condotta delle operazioni debba avere tale carattere da impedire al Mullah l'invasione dell'hinterland del Benadir.

Sarebbe impossibile pel Governo britannico il dare tale garanzia, né lo ho fatto, ma il piano delle operazioni è stato interamente tracciato coll'obbiettivo di tagliare al Mullah la ritirata verso il sud, e di spingerlo in direzione nord. A maggior garanzia di ciò una colonna è stata diretta a Galadi coll'obbiettivo di tenere quella posizione fino a che il contingente abissino avrà avuto il tempo di giungervi.

Il Governo italiano può essere sicuro che il piano delle operazioni è stato concepito e calcolato nel modo migliore per proteggere il territorio del Benadir.

22

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2086/186. Innsbruck, 21 novembre 1903 (perv. il 24).

Durante il tempo che sono rimasto in congedo la questione della università libera in Innsbruck ha peggiorato di assai, causa in parte, se si vuole, l'intolleranza degli studenti tedeschi e del partito che li sostiene; ma ancora più dei promotori di essa i quali sia per ragioni personali, sia per ragioni di partito non vogliono arrendersi e riconoscerne l 'inopportunità.

21 1 Si tratta in realtà del T. 1760, cfr. n. 14. 2 La comunicazione era stata sollecitata da Pansa con un biglietto a Lansdowne del 14 novembre.

L'influenza dei professori italiani sugli studenti (quasi esclusivamente socialisti) è pur troppo assolutamente nulla; tanto più che manca ora anche il professore Pacchioni il quale, decano dei professori italiani, solo avrebbe potuto forse esercitare una certa azione benefica, inducendoli se non altro a ritardare la cosa almeno fino a momento più opportuno ed adatto, epperò nulla rimane ora a sperare da essi benché recisamente contrari.

Promotori sono il dottor Cesare Battisti, capo del partito socialista trentino e direttore del giornale il Popolo di Trento; ed il professore Scipio Sighele, il quale, dimentico già dello sfratto, da lui solo a stento evitato per l'intervento di S.E. l'ambasciatore d'Austria-Ungheria in Roma, dopo il discorso tenuto a Nago, si occupa ora nuovamente di agitazioni politiche: scopo sicuro del primo è di fare un'affermazione di partito non solamente ma di tenere agitata la provincia per esercitare tanto più facilmente la propaganda fra gli studenti, per quanto concerne l'interno; e per quanto concerne l'Italia di ottenere, in caso di disordini, una nuova serie di dimostrazioni anti-austriache, le quali possano creare, od aumentare se esistenti, mali-umori fra l'Italia e l'Austria e preparare così la fine della Triplice Alleanza tanto in vi sa ai socialisti e sopra tutto ai socialisti trentini.

Notizie esatte circa l'apertura dei corsi dell'università libera non mi venne fatto di raccogliere, perché gli studenti operano segretamente e nemmeno i professori sanno quanto è deciso in proposito; si dice però che sarà inaugurata fra breve: il locale non si conosce; ma pare sarà dato alla cosa il carattere di riunione privata, fatta con inviti personali. Anche in questo caso però sono sempre prevedibili disordini; ché, saputa la cosa, se non un assalto del locale come alcuni affermano, si avrà da parte dei tedeschi almeno almeno una violenta dimostrazione contraria, che certo finirà con disordini gravi e colluttazioni fra gli studenti.

Non credo che il comitato pensi di invitarmi; ma se ciò avvenisse io accetterei solamente di intervenire alla inaugurazione quando ciò facessero anche le autorità politiche locali (luogotenenza od almeno capitanato distrettuale) e ciò per non aggravare colla mia presenza la situazione, nel caso di probabili ed anzi certi disordini. Credo che anche i professori italiani si asterranno dall'intervenire.

Certo non evvi rimedio di sorta per evitare la cosa, però mi permetto di osservare alla E. V. che, giacché i giornali del Regno (salvo a mia conoscenza un articolo pubblicato sul Corriere della Sera) hanno fino ad ora parlato della questione considerandola esclusivamente sotto i lati geniali della propagazione della nostra coltura ecc. senza tener conto ed accennare alle speciali condizioni che sono create dalla lotta tra le due nazionalità della provincia tirolese; sarebbe forse opportuno che qualche giornale serio accennasse anche alla assoluta inopportunità del momento la quale dovrebbe sconsigliare da una cosa che per quanto nobile e bella, per quanto simpatica e patriottica, non può avere altre conseguenze che di produrre nuove lotte e disordini e nuocere agli interessi generali del Trentino, arenando per lungo tempo se non sopprimendo totalmente le questioni vitali dell'autonomia amministrativa e della tramvia di Fiume.

Tali articoli non impedirebbero è ben certo che si aprisse l 'università libera; ma però preparerebbero in Italia una opinione pubblica meno favorevole ed entusiastica alle dimostrazioni studentesche che avverranno di certo, non appena siasi avverato il più piccolo disordine ad lnnsbruck.

23

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2248. Innsbruck, 23 novembre 1903, ore 23.

Stanotte avvenne piccola dimostrazione contro il consolato d'Italia conseguenza chiusura università libera cosa di poca importanza. Segue rapporto 1 .

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE A ZARA, CAMICIA

D. 67382/96. Roma, 24 novembre 1903.

Ringrazio in particolare modo la S.V. per l'interessante rapporto 16 corrente

n. 1951 contenente osservazioni sulla sessione ora chiusasi della Dieta dalmata e sul nuovo orientamento di codesti partiti politici.

Le confermo a tal proposito le istruzioni già impartitele di tenersi nel massimo riserbo di fronte al movimento di opinione costà manifestatosi.

25

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 2282/305. Budapest, 24 novembre 1903.

Col mio telegramma di ieri sera, n. 321 , ho avuto l'onore di informare l'E.V. del progetto di legge presentato ieri alla Camera ungherese circa l'autorizzazione ad entrare in trattative per un accordo commerciale provvisorio con l'Italia.

Per avere maggiori notizie in proposito, mi sono affrettato a domandare un 'udienza a S.E. l'onorevole Hieronymi, ministro del commercio, dal quale fui ricevuto stamattina con molta cortesia.

S.E., nel ripetermi le gravi difficoltà parlamentari, che incespicano tuttora il regolare funzionamento politico in Ungheria, mi ha detto ritenere che l'approvazione del progetto di legge suaccennato non incontrerà difficoltà, ma che non è possibile precisare l'epoca in cui tale progetto potrà essere discusso, dovendosi prima chiudere la discussione sul contingente delle reclute, sulla quale l'ostruzione non accenna a

24 1 Cfr. n. 20. 25 1 Non pubblicato.

diminuire. In ogni modo, prima ancora dell'autorizzazione formale, il Governo ungherese, conscio dell'urgenza e dell'importanza della questione, si assume la responsabilità di iniziare le trattative, d'accordo col Governo austriaco. E a tal uopo ha delegato il signor Ivan de Ottlik, consigliere rninisteriale al Ministero ungherese dell'agricoltura, persona capace e competente, il quale partirà stasera alla volta di Roma. Non sono stati nominati per ora altri delegati, a rappresentare il Ministero del commercio e quello delle finanze, per non creare troppo rumore intorno alla cosa che, sebbene non del tutto segreta, si mantiene in certo modo riservata. Il signor de Ottlik ha però l'incarico di richiedere telegraficamente, in caso di bisogno, l'invio di altri delegati tecnici ausiliari. L'onorevole Hieronymi si è mostrato fiducioso che le trattative conducano ad un risultato favorevole per ambo le parti e non siano per nulla intralciate dallo stato della legislazione ungherese e dalle condizioni anormali del Parlamento di Budapest.

Ho avuto occasione di conoscere stamane anche il testo della motivazione che segue al progetto di legge ieri telegrafato.

In essa, constatato che il trattato di commercio scade alla fine dell'anno corrente, si riconosce che la denunzia fu determinata dal fatto che il favore accordato allo sdaziamento dei vini italiani pregiudicava seriamente la viticoltura ungherese ricostituita con sì gravi sacrificii, e si confida che nella rinnovazione del trattato la clausola venga tolta. Esaminando il commercio di esportazione e importazione tra l'Italia e la Monarchia austro-ungarica negli ultimi anni, la relazione rileva come, dal 1892 al 1900, l'esportazione sia aumentata del 57 per cento, mentre l'importazione dall'Italia non è aumentata che del 44 per cento e la stessa vantaggiosa situazione si è avverata nei rapporti tra la sola Ungheria e l'Italia. Da ciò la necessità che il trattato venga in ogni modo rinnovato. Giustificando poi la richiesta autorizzazione anche di fronte al disposto della legge XXX: 1899 (la nota formula di Széll), la relazione così conchiude: «Poiché in tal modo la regolazione provvisoria dei nostri rapporti commerciali con l'Italia non impedisce in modo alcuno di avere le mani libere sotto tutti i riguardi all'epoca della scadenza del trattato, e poiché il modus vivendi così divisato sembra il solo adatto a garantire insieme al mantenimento dei nostri rapporti commerciali, anche gli interessi della vinicultura, l'approvazione del presente progetto si raccomanda da sè».

Ho l'onore di trasmettere in pari tempo all'E.V. un articolo di commento pubblicato dal P ester Lloyd di stamane1 , nella sua parte commerciale, intorno alle trattative di cui sopra.

23 1 Non rinvenuto.

26

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2256/124. Therapia, 25 novembre 1903, ore 0,10.

Sublime Porta ha fatto oggi rimettere agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia risposta al memorandum del IO novembre. In questa risposta la Sublime Porta prende atto delle assicurazioni datele circa salvaguardia dei diritti sovrani del sultano,

mantenimento dello statu quo rispetto dell'autorità e del prestigio dell'Impero, nonché delle susseguenti dichiarazioni dei due ambasciatori relative al carattere provvisorio ed al limite di due anni delle disposizioni supplementari proposte allo scopo di assicurare applicazione delle riforme che Governo imperiale ha adottato lo scorso febbraio, dietro proposta dei due Governi, misure delle quali curò lealmente esecuzione.

Sublime Porta dichiara poscia accettare i 9 punti enumerati nel memorandum austro-russo del 22 ottobre, riservandosi di enunciarsi a riguardo di essi per intendersi sui dettagli della loro applicazione, conformando il primo e secondo punto all'indipendenza diritti sovrani, prestigio del Governo imperiale ed allo statu quo1•

27

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA

D. 674751114. Roma, 25 novembre 1903.

Mi è regolarmente pervenuto il rapporto in data del 16 corrente n. 421 1 , con il quale la S.V. mi ha trasmesso un estratto dell'articolo pubblicato dal Samouprava sulla politica dell'Italia per quanto concerne la Penisola balcanica.

Per tale comunicazione in particolar modo la ringrazio.

È concetto perfettamente corrispondente alla realtà quello espresso dal giornale: che, cioè, l'Italia desidera adoperarsi, per quanto sta in lei, per il mantenimento dello statu quo nei Balcani e per il pacifico progresso delle varie nazionalità che abitano la regwne.

In questo senso, la S.V. dovrà costantemente esprimersi, in ogni proficua occasione.

28

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 37581142. Parigi, 25 novembre 1903 (perv. il 30).

Nella tornata del 23 corrente alla Camera dei deputati, il signor Delcassé, interrogato dali' onorevole Marcel Sembat se, quando il presidente della Repubblica andrà a Roma, visiterà soltanto il rappresentante della Potenza italiana, oppure, sotto una forma qualsiasi, riconoscerà anche il potere papale, ha risposto in questi termini che trascrivo dal resoconto ufficiale (Journal officiel, pag. 2834). «Le voyage que Mon

sieur le président de la République sera amené à faire à Rome est un voyage dont la signification politique n'échappe à personne, mais le Conseil des ministres n'a pas été appelé à en délibérer et la question ne se pose pas à cette heure, mais, le moment venu, la Chambre peut-ètre certaine qu'elle sera appelée à faire connaltre son sentiment».

La dichiarazione ministeriale fu accolta dali' Assemblea con movimenti diversi. Ed infatti siccome essa si produceva alla fine di un lungo discorso del ministro e così a notevole distanza dalla interrogazione che la aveva motivata, si comprende che in molti abbia potuto suscitare l'idea che nulla ancora sia stato deciso da parte del Governo francese relativamente alla restituzione della visita al re in Roma da parte del presidente della Repubblica. Questa impressione è erronea e, se veramente si produsse al primo momento, essa non fu durevole. Non ne ho infatti trovato cenno nella stampa autorevole di questi due ultimi giorni. Ciò che non fu deliberato ancora è quanto riguarda la visita del signor Loubet al Vaticano. Il fatto della andata a Roma per visitare S.M. il re è messo oggi fuori di dubbio ed il signor Delcassé stima di aver ciò sufficientemente spiegato quando disse che il viaggio presidenziale sarà appunto fatto a Roma. L'altra indicazione contenuta nella sua dichiarazione si riferisce alla domanda di credito speciale che per ogni viaggio del presidente della Repubblica all'estero deve essere presentata al Parlamento. Questo pensiero del ministro apparisce poi in modo ancor più chiaro nelle parole che, in forma d'interrogazioni, egli ebbe a pronunciare quando venne in discussione l'articolo del bilancio relativo alla spesa dell'ambasciata francese presso il Vaticano. Egli stesso, in un colloquio che ebbi con lui poc'anzi, mi fece notare che mentre la previsione della visita al re d'Italia in Roma non suscitò obbiezione alcuna, tutto il dibattimento si è esclusivamente aggirato tanto nella tornata del 23 novembre, quanto in quella d'ieri (resoconto ufficiale pag. 2856-57) sovra la visita del Vaticano.

26 1 Questo telegramma fu comunicato con T. 1844 del 26 novembre alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo, Vienna e all'agenzia diplomatica a Sofia.

27 1 Cfr. n. 19.

29

IL CONSOLE A INNSBRUK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2259. Innsbruck, 26 novembre 1903, ore 9,10.

Martedì notte all'una, partendo professore De Gubernatis, studenti tedeschi andarono per fischiare; italiani affine di accomiatarsi. Polizia tenneli separati. Cordoni di guardie di Pubblica Sicurezza respinsero italiani a Welten, tedeschi Innsbruck. Questi ultimi percorsero città gridando, ed alle due passarono fischiando dinanzi consolato d'Italia.

30

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI

T. 1859. Roma, 27 novembre 1903, ore 18,45.

In una lettera pubblicata nel Giornale d'Italia il Sighele scrive che il commissario De Gischer avrebbe presentato al professor De Gubernatis a nome del luogotenente le scuse per gli atti violenti cui era stato fatto segno. Pregola opportunamente cautamente informarsi se notizia è vera 1•

31

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1361/526. Londra, 27 novembre 1903 (perv. il 12 dicembre).

Conformemente alle istruzioni di V.E. approfitto della partenza del corriere per mandarle con questo rapporto un breve sommario sulla conversazione da lei avuta col marchese di Lansdowne ed alla quale ebbi l'onore di assistere durante il nostro recente soggiorno a Windsor: esso si riferì in primo luogo alla presente quistione di Macedonia e quindi agli affari dell'Abissinia, Somalia e Benadir, laddove gli interessi italiani si trovano in contatto con quelli dell'Inghilterra 1 .

Riguardo alla Macedonia, lo scambio di idee di V.E. con questo ministro degli affari esteri ha confermato le identità dell'attitudine e degli intendimenti dei nostri due Governi in presenza dell'attuale situazione. Nel giorno in cui avvenne quella conversazione (20 novembre) si attendeva ancora la risposta della Sublime Porta al nuovo progetto di riforme presentato a Costantinopoli il 22 ottobre u. s. dagli ambasciatori di Russia e Austria-Ungheria. Fu convenuto che i rappresentanti britannico e italiano presso il sultano i quali già avevano generalmente consigliato l'accettazione di quel progetto, avrebbero continuato ad agire in tal senso per promuovere una completa applicazione delle riforme stesse, considerata come il minimum delle concessioni necessarie per la sperata pacificazione delle province europee della Turchia. Nel corso della conversazione V.E. accennò che questo leale appoggio, dettato da considerazioni di ordine superiore, non doveva essere pregiudicato dalla circostanza del non essere il progetto stato comunicato alle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino se non dopo la sua effettuata consegna alla Sublime Porta: non era però da

perdersi di vista come la questione della Macedonia fosse questione eminentemente europea e conveniva che codesto suo carattere venisse in momento ed in modo opportuno, debitamente affermato.

Il marchese di Lansdowne osservò che se l'accennato modo di procedere poteva forse prestarsi, per la sua forma, a qualche osservazione, esso offriva d'altra parte il vantaggio di dispensare le dette Potenze da una troppo precisa responsabilità circa il contenuto del progetto medesimo e circa il successo che lo attendeva. La Russia e l'Austria-Ungheria, soggiunse Sua Signoria, per effetto della loro posizione geografica e di noti precedenti si erano trovate investite di una specie di mandato europeo per una azione diplomatica che il precipitare della insurrezione macedone aveva resa urgente; una previa discussione fra sei Gabinetti su ciascun particolare delle riforme da formulare, avrebbe condotto alla perdita inevitabile di un tempo prezioso; un progetto era ora presentato, né esisteva ragionevole motivo per mettere in dubbio la buona fede degli intendimenti che lo avevano inspirato; il Governo britannico aveva del resto espresso ogni debita riserva delle proprie facoltà di proporvi, secondo i casi, aggiunte o modificazioni; esso anzi si proponeva di raccomandare il pronto invio di ufficiali di tutte le Potenze e invigilare le operazioni ottomane in Macedonia; non essendo probabile che la cosa proceda con troppa facilità di fronte alla resistenza ed alle tergiversazioni del sultano, non mancherà certamente occasione per affermare il carattere europeo della questione che il Governo inglese al pari dell'italiano desidera le sia conservato e che nulla indica, del resto, essere disconosciuto dai Gabinetti di Vienna o di Pietroburgo; non rimaneva per ora quindi che attendere gli eventi salvo ad intendersi, a tempo debito, circa la condotta che ci converrebbe adottare.

In conferma di codesti concetti V.E. constatava, se ben rammento, che rassicuranti comunicazioni erano giunte a Roma da quei due Gabinetti, i quali non avevano mancato di tenere il R. Governo informato delle successive fasi della loro azione.

A questo punto stimai poter accennare ad una privata informazione pervenutami la vigilia secondo la quale gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia avrebbero dichiarato al loro collega britannico che qualora i loro Governi venissero ad un dato momento a trovarsi di fronte ad una resistenza della Sublime Porta tale da rendere necessario un atto di pressione, essi avrebbero deferito la questione alla decisione di tutte le Potenze e mi parve che Sua Signoria ciò confermasse.

Rimando ad un successivo rapporto il resoconto della seconda parte del colloquio di V.E.2

30 1 Baroli probabilmente rispose con il n. 34.

31 1 Né in questo né nel successivo rapporto, pari data, Pansa menziona la proposta fatta da Tittoni a Lansdowne di un trattato di arbitrato. Vi accenna TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., p. 285.

31 2 Cfr. n. 32.

32

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1366/527. Londra, 27 novembre 1903 (perv. il 15 dicembre).

Faccio seguito al mio precedente rapporto 1 per riassumere quella parte del colloquio di V.E. col marchese di Lansdowne che si riferì agli affari di Abissinia, Somalia e Benadir2 .

Dopo di aver alluso alla comunanza d'intenti che l'Italia ha sempre mantenuta colla Gran Bretagna nella sua condotta politica in quei Paesi ed al reciproco interesse che hanno i due Stati di conservare quella intima unione anche in avvenire, V.E. disse che l'occasione sembrava opportuna per sottoporre a Sua Signoria certi voti e desideri del Governo italiano rispetto ad alcune delle questioni che colà si presentavano.

Quanto all'Etiopia sebbene gli agenti italiano ed inglese già procedano generalmente d'accordo, sarebbe utile che questo accordo venisse ancora meglio assicurato. La questione principale concernente oggi l'Etiopia è quella della delimitazione dei suoi confini al sud verso il protettorato inglese de li 'East Africa ed al sud-est verso la Somalia ed il Benadir italiano. V.E. nutriva fiducia che conformemente alle disposizioni già in precedenza manifestate dal Governo britannico, questo procederebbe a tale delimitazione partecipe il Governo italiano e combinandola con la nostra per modo da stabilire una linea di frontiere che pure tenesse conto dei legittimi interessi italiani.

Su questo punto la risposta del marchese di Lansdowne fu esplicita e soddisfacente. Sua Signoria ricordò che una commissione inglese si era recata ad esplorare le regioni all'est del lago Rodolfo ove è rimasta arrestata la delimitazione anglo-abissina; la commissione da poco ritornata in Inghilterra, aveva presentato un esteso rapporto dal quale risultavano schiariti diversi dati geografici e topografici che servirebbero di utile criterio pella contemplata delimitazione; il rapporto trovandosi ora sottoposto in Londra all'esame delle competenti autorità, quando queste saranno giunte ad una positiva conclusione il maggiore Harrington (il quale sta ora in licenza in Inghilterra) riceverà le debite indicazioni per l'apertura dei negoziati coli' Abissinia, e l'istruzione di concertarsi col suo collega d'Italia ad Addis Abeba in vista di una azione comune da combinarsi con esso.

Indipendentemente dalle frontiere che si tratta ora di tracciare, soggiunse V.E., vi sono poi da tener presenti le possibilità di futuri eventi, come il caso di complicazioni che fossero un giorno per sorgere all'interno dell'Abissinia o per la morte di Menelik

o per altre circostanze difficili a determinarsi, le quali avessero per conseguenza una

2 Per la versione inglese di questa parte del colloquio di Windsor cfr. il dispaccio di Lansdowne a Bertie del 27 novembre, in Confidential Correspondence respecting the Affairs ofNorth East Africa and Sudan, cit. in L. ORTONA, L 'accordo itala-britannico del 19 dicembre 1903 sul! 'Etiopia, tesi di laurea in Storia dei Trattati e Politica Internazionale discussa con il prof. Mario Toscano, Università «La Sapienza», Roma, 1965.

disgregazione dell'Impero e rendessero necessaria una nuova distribuzione dei suoi territori: qualora una tale eventualità si presentasse, il desideratum del Governo italiano sarebbe che quella nuova distribuzione potesse farsi in modo da procurare una comunicazione senza soluzione di continuità fra i possessi dell'Eritrea e quelli della Somalia. Il marchese di Lansdowne, senza pronunciarsi su codesta eventualità, cui

V.E. -stessa accennò, del resto, come a cosa incerta e remota, prese nota delle idee da lei espresse dicendo che esse potrebbero venire a suo tempo considerate. V.E. -accennò poi eziandio al caso di una qualsiasi intesa della Inghilterra con la Francia su altra materia connessa all'influenza straniera in Abissinia, come per esempio le ferrovie. Anche di queste, ella disse, il Governo italiano vorrebbe esser eventualmente informato per evitare ogni possibile sorpresa od equivoco: e Sua Signoria rispose non avere difficoltà a tener conto di questo desiderio.

Venendo a parlare del Benadir, V.E. disse che il Governo italiano amerebbe vedere risoluta la questione del riscatto dei territori della costa che esso tiene ora in affitto dal sultano dello Zanzibar: da parte nostra si era offerto per quel riscatto una somma tonda di centomila lire sterline che da noi si riteneva rappresentare a un dipresso il valore effettivo della concessione ed ella sperava che il Governo britannico vorrebbe prestare il suo appoggio a codesta offerta. A questo il marchese di Lansdowne rispose esprimendo la fiducia che sovra tale vertenza d'ordine pecuniario non dovrebbe essere difficile il giungere ad un'equa transazione3 .

Ed infine V.E. avanzò la sua ultima domanda: cioè che il Governo britannico consentisse a prendere in benevola considerazione il voto dell'Italia di possedere un proprio punto di approdo alle foci del Giuba per procurarsi un accesso ai suoi possedimenti del Benadir i quali ne sono ora quasi del tutto privi. Ella riconosceva la difficoltà di una cessione del porto di Kisimaio; ma a quanto pare esisterebbe non lontano da esso un'altra località ove, mediante la rinuncia, per parte del protettorato inglese, ad una piccola lingua di terra che non ha per esso importanza, riuscirebbe facile il procurare all'Italia il desiderato punto di approdo. Anche di questa domanda il ministro si limitò a prendere nota riservandosi di fame oggetto di speciale esame.

Questo mi sembra essere il colloquio da lei avuto col marchese di Lansdowne di cui l'E.V. potrà giudicare se io abbia esattamente riprodotto la sostanza.

32 1 Cfr. n. 31.

32 3 Su questa questione si pubblica qui di seguito la parte finale del D. 68316/448 del 30 novembre, indirizzato a Pansa: «Ed a proposito delle trattative per il riscatto del canone, le comunico in via del tutto confidenziale e per sua esclusiva personale conoscenza, che con un recente telegramma il cavaliere Mercatelli mi informava avergli sir Eliot confidato, raccomandandogli però la massima riserva, che il lento procedere delle trattative stesse dipende dalla credenza, invalsa a Londra, che l'Italia non sia premurosa di definire; ma che, se il R. Governo farà passi insistenti, otterrà quanto desidera, poiché le esigenze ed esitazioni del sultano cesseranno su un semplice desiderio espresso da Londra, dove soltanto è necessario agire con energia. È pertanto di sommo interesse che V.E. si adoperi a persuadere codesto Governo dell'importanza che il R. Governo annette alla questione del riscatto e del suo vivo desiderio di giungere ad una pronta soluzione».

33

I VICE PRESIDENTI DELLA SOCIETÀ DANTE ALIGHIERI, TOMMASINI E STRINGHER, AL DOTTOR RANZI1

L. Roma, 27 novembre 1903.

Il Consiglio centrale a nome di tutta la Dante Alighieri desidera di esprimere la sua simpatia e la sua ammirazione agli studenti italiani dell'università d'Innsbruck per la fermezza con la quale tengono alto il diritto della cultura e del carattere nazionale.

Ma nell'intendimento di far ciò in quella forma che non contribuisca ad esagerare maggiormente le difficoltà per il conseguimento del fine a cui legittimamente aspiriamo, prego lei di esaminare (d'accordo anche coll'on. Tambosi, in particolare per la valutazione dei riguardi alla deputazione politica), se e in qual modo la manifestazione del sentimento di questa Società verso i valorosi giovani sia opportuno che pervenga.

Al loro giudizio il Consiglio centrale si rimette completamente, penetrato dalla necessità che alcuno sappia che tutta la famiglia italiana è stretta con loro da un medesimo affetto e da uno stesso pensiero.

34

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2270. Innsbruck, 28 novembre 1903, ore 12,40.

Giornali locali smentiscono notizia commissario fu presso il professore De Gubernatis per assicurare che sicurezza personale sarebbe garantita e domandare ora partenza per provvedimenti opportuni 1• Segue rapporto2 •

33 1 Dall'archivio della Società Dante Alighieri. 34 1 Risponde probabilmente al n. 30. 2 Non rinvenuto, ma per il seguito della questione cfr. n. 39.

35

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. 1369/528. Londra, 28 novembre 1903 (perv. il 7 dicembre).

Essendomi recato mercoledì da lord Lansdowne pel suo consueto ricevimento ebdomadario, Sua Signoria ritornò sul suo progetto dell'invio di ufficiali esteri in Macedonia, che come è noto sta molto a cuore di questo Governo il quale già ripetutamente ne fece la proposta. Nel momento in cui il ministro mi parlava, egli non aveva ancora la notizia-pervenuta poi l'indomani-dell'accettazione del progetto di riforme austro-russo quale fu dichiarata in principio dalla Sublime Porta. Ma questo poco muta al fondo della situazione, in quanto che le riserve dalle quali fu circondata quell'adesione di massima, sono tali da lasciar prevedere un periodo di negoziati che probabilmente si protrarrà per tempo non breve. In previsione appunto di questo, il marchese di Lansdowne mi disse che sarebbe urgente di preparare fin d'ora un accordo circa le modalità e le condizioni della missione di quegli ufficiali che, se nominati in ragione di 6 o 7 per ciascuna grande Potenza, verrebbero ad essere circa una quarantina. La loro presenza sul teatro dell'insurrezione, oltre ad offrire una guarentigia morale atta forse a contenere quelle popolazioni, avrebbe anche il vantaggio di affermare con un primo passo l'interesse di tutte le Potenze all'applicazione del progetto delle riforme, il quale infatti prevede l 'invio di quegli ufficiali non soltanto per l'organizzazione della gendarmeria ma eziandio per sorvegliare la condotta delle truppe verso la popolazione.

Il marchese di Lansdowne aveva telegrafato nel giorno stesso all'ambasciatore britannico a Costantinopoli invitandolo a promuovere un'intesa coi suoi colleghi per stabilir fin d'ora i termini della proposta missione militare e Sua Signoria (che mi disse averne poco prima parlato anche a M. Cambon) mi pregava di suggerire a V.E. che il nostro ambasciatore fosse autorizzato a conferire in proposito con Sir Nicholas O'Conor. *Avendo io tosto comunicato a V. E. codesta proposizione col mio telegramma del 26 novembre2 corrente ho ricevuto oggi la favorevole risposta di lei3 che mi sono affrettato di trasmettere al marchese di Lansdowne*.

Altro rapporto al quale il presente fa seguito, è qui trattenuto in attesa del prossimo corriere di Gabinetto al quale verrà consegnato.

35 1 Ed. in data 26 novembre e con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 103. 2 T. 2262/130 del26 novembre, non pubblicato. 3 Con T. 1856 del 27 novembre, non pubblicato.

36

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI

T. 1871. Roma, 29 novembre 1903, ore 12,37.

Mi consta che De Gubernatis parlando al ministro Orlando ha confermato che il luogotenente gli ha fatto esprimere, per mezzo di un funzionario espressamente a lui mandato, il suo rincrescimento 1• Prego cercare, possibilmente, modo cauto verificare questa circostanza e telegrafarmi2 .

37

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1484/729. Vienna, 29 novembre 1903 (perv. il 1° dicembre).

La Neue Freie Presse nel suo numero di ieri ha pubblicato un articolo molto assennato sulla questione della istituzione di una scuola superiore italiana in Austria e sui recenti fatti di Innsbruck.

L'articolo, dopo aver constatato che le dimostrazioni anti-austriache che hanno ora luogo in Italia sono, specialmente in questo momento, di nocumento agli interessi dei due Paesi ed alla causa dell'Alleanza, dice che tanto i tedeschi spregiudicati, quanto gli italiani sono d'accordo circa l'impossibilità di tenere dei corsi paralleli ali 'università di Innsbruck, che la maggioranza del Paese ed il Governo, consci delle tradizioni e dei meriti della cultura italiana, riconoscono la legittimità delle aspirazioni degli italiani e non si oppongono alla creazione d'un istituto superiore italiano in altro sito, ma che ciò non può aver luogo da un giorno all'altro.

Questo articolo, di cui accludo il testo 1 , conchiude col dire che il mezzo migliore di far cessare l'attuale agitazione sarebbe una dichiarazione netta e precisa del Governo su questo argomento, la quale troverebbe un'eco simpatica in Italia e che, come le dimostrazioni le quali hanno luogo in Italia non debbono esercitare una pressione sul Governo austriaco, così non debbono nemmeno ritenerlo dal mettere sollecitamente in attuazione i suoi propositi circa le aspirazioni degli italiani.

Il Neues Wiener Tagblatt di oggi pubblica un articolo improntato presso a poco agli stessi sentimenti e nel quale loda il contegno del Governo italiano in questa circostanza. Unisco anche questo articolo 1 .

2 Per la risposta cfr. n. 39.

La Volkszeitung dice che l'agitazione contro l'Austria è all'ordine del giorno in Italia e che gli uomini di Stato italiani vorrebbero mostrare al popolo la necessità di tenersi in buoni rapporti coll'Austria.

Il Deutsche Volksblatt riconosce l'attitudine corretta del Governo italiano e la Deutsche Zeitung condanna l'agitazione degli studenti italiani, ma riconosce anche il torto degli esaltati del partito tedesco, che coi loro atti la provocarono. Questo giornale si pronuncia, però, contro l'istituzione d'un'università italiana.

Altri giornali si astengono dal fare commenti.

Alla Camera dei deputati non sono stati pronunciati altri discorsi su questo argomento all'infuori di quelli già inviati all'E.Y. del dottor von Koerber e della breve richiesta, di cui nel mio rapporto di ieri n. 1482/7281 , fatta dal deputato Mazorana per sollecitare una risposta all'interpellanza che fu presentata dal barone Malfatti ed altri il 24 corrente, ed inserita, dopo essere stata tradotta in tedesco, nel protocollo della seduta del 27 corrente.

Provocata dai fatti di Innsbruck, ieri ebbe luogo qui una dimostrazione di studenti czechi, sloveni ed anche italiani, che finì con vie di fatto tra essi ed i tedeschi e dette luogo all'intervento della polizia.

Posso poi assicurare, in via, però, riservata, all'E.V. che gli uomini più autorevoli del partito italiano ritengono che l'agitazione che ha luogo attualmente in Italia, nuoce alla loro causa, ed essi avrebbero volentieri differita la dimostrazione fatta coll'apertura dell'università libera italiana in Innsbruck se colà non si fosse già agglomerato un certo numero di studenti dell'Istria e della Dalmazia, dei quali non era più facile frenare l' impazienza2 .

36 1 Cfr. nn. 29 e 34.

37 1 Non si pubblica.

38

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2284/125. Pera, 30 novembre 1903, ore 2,10.

In conformità del telegramma di V.E. del29 novembre2 , mi sono posto immediatamente in comunicazione coll'ambasciatore d'Inghilterra circa questione invio in Macedonia di ufficiali stranieri. O'Conor mi ha detto non essere riuscito ancora ad entrare in un vero e proprio scambio d'idee sull'argomento cogli altri colleghi e si è riservato di farmi conoscere risultato dei nuovi passi che egli si proponeva di fare. In un colloquio poi avuto iersera col mio collega d'Austria-Ungheria, *questi mi ha comunicato, in via amichevole e strettamente confidenziale, essere stato, in questi giorni, ventilato, fra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, questione* di affidare la

carica di generale in capo per la riorganizzazione della gendarmeria nei vilayet macedoni, in base alle disposizioni del secondo punto delle proposte austro-russe, ad un ufficiale italiano. *Calice ha aggiunto che idea aveva incontrato simpatica accoglienza presso i due Gabinetti, ma che, allo stato delle cose, egli non poteva rendersi garante che una proposta, a tale riguardo, sarebbe ufficialmente presentata al Governo del re. Sopra questo punto collega di Austria-Ungheria desidera sia mantenuto il più assoluto riserbo, anche di fronte alle altre Potenze, nell'interesse stesso della riuscita della idea, e non essendo, d'altra parte, stata finora alcuna comunicazione alla Sublime Porta.* Circa invio in Macedonia di ufficiali stranieri, Calice ha espresso meco confidenzialmente avviso che, anzitutto, è mestieri procedere alla designazione del generale istruttore in capo, e che questi, coadiuvato da pochi altri ufficiali, di cui uno austriaco ed uno russo, cui potrebbe eventualmente essere aggiunto un ufficiale per ogni altra grande Potenza che fosse disposta a parteciparvi, compia il lavoro preliminare esecuzione, stabilisca le modalità per l'applicazione del punto secondo delle proposte austro-russe, dopo di che, soltanto, si potrebbe provvedere all'invio degli ufficiali istruttori.

37 2 Sulle relazioni italo-austriache cfr. le considerazioni di Monts del 15 dicembre in GP, vol. XVIIII2, doc. 5780. 38 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 104. 2 T. 1857, non pubblicato.

39

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2277. Innsbruck, 30 novembre 1903, ore 11,10.

Al colloquio 1 non erano presenti testimoni, solamente luogotenente e funzionario delegato potrebbero informare in proposito ed ogni passo sarebbe inutile perché rimetterebbero a smentita ufficiosa. Non è escluso che o De Gubematis avesse interpretato male parole od il fatto della visita, ricavan.done convincimento di scusa, o funzionario nel corso della conversazione abbia espresso una sua propria idea soggettiva allontanandosi così dal mandato avuto. Supposizioni ovvie.

40

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1037/424. Belgrado, 30 novembre 1903 (perv. il 5 dicembre).

Ebbi ieri occasione di vedere questo ministro degli affari esteri, il quale m 'intrattenne a lungo degli affari balcanici e della politica serba in Macedonia. Ho l'onore pertanto di riferire a V.E. il contenuto del suo discorso.

Il signor Nikolitch mi disse, che gravi e profonde erano sempre state le divergenze esistenti fra la Bulgaria e la Serbia derivate dal conflitto etnico che ha luogo in Macedonia fra le due nazionalità; ma che lo stato attuale delle cose, che minaccia di sterminio in quella provincia l 'una e l'altra razza, avevano prodotto fra i due Paesi una temporanea intesa nel senso di rinunzia completa da una parte e dall'altra a qualsiasi aspirazione territoriale, e di limitarsi ad accettare il mantenimento dello statu quo modificato da riforme che garantiscano la vita e gli averi degli abitanti, l'amministrazione della giustizia e il libero e pacifico sviluppo delle varie nazionalità.

Per questi motivi il Governo serbo continuava nell'atteggiamento di fiducia nell' opera delle Potenze serbato finora.

Riguardo alla fase attuale di quest'opera esplicatasi con lo speciale intervento della Russia e dell'Austria, egli non nascondeva che le mire espansioniste attribuite a quest'ultima Potenza avevano destato non lieve preoccupazione negli Stati slavi balcanici, timorosi di veder troncata per sempre l'esplicazione, sia pur pacifica, dei propri ideali politici. Egli mi accennò (in via tuttaffatto confidenziale) al continuo fermento della popolazione albanese, per la maggior parte mussulmana, nella Vecchia Serbia ed ai confini del sangiaccato di Novi Bazar, fermento che si pretende mantenuto da agenti segreti di una Potenza straniera. Quelle tribù eccitabili e sanguinarie, mantenute in ebollizione, formavano una terribile e sicura arma per la distruzione della popolazione serba in quella regione. Essa, grazie ai continui massacri, andava rapidamente riducendosi, così da far prevedere, perdurando le condizioni attuali, la sua completa scomparsa in un decennio; e formavano pure, quegli albanesi, un terreno propizio dove far nascere in qualsiasi momento torbidi tali da giustificare ampiamente un intervento.

Se la Serbia dovesse credere all'apparente assentimento della Russia a quella che si pretende essere la politica della Casa d'Austria, l'ora sarebbe assai grave. Lo sorreggeva tuttavia la speranza che la Russia non abbia rinunziato alla sua missione verso i fratelli slavi del Sud, ma che, impegnata ora in altri e gravi problemi in regioni lontane, abbia voluto con l'azione spiegata in comune coll'Austria non già aiutarne i disegni, ma controllarli ed al momento opportuno contenerli.

Per questo motivo egli non vedeva con soverchia sfiducia il progetto di affidare ai due Imperi il controllo delle riforme in Macedonia.

Aggiunse che molte speranze così i serbi che i bulgari ripongono nell'azione dell'Italia e della Francia perché i progettati controlli non denaturino in egemonia politica. Il ravvicinamento accentuatosi fra la Russia e l'Italia, che la mancata visita di S.M. lo tzar ha parso per un momento interrompere, era stato seguito col più grande interesse a Belgrado e Sofia per gli effetti che se ne speravano nei Balcani. Una maggiore e più diretta ingerenza dell'Italia nelle quistioni della Penisola avrebbe il concorso volonteroso e cordiale dei due popoli slavi i quali limitano ora il loro programma al libero svolgimento delle rispettive nazionalità, principio che l'Italia impersona, poiché ne è l'espressione diretta.

Parlando poi della recente visita di S.M. il re di Grecia a Vienna, mi disse che nulla era ancora trapelato di quanto si era colà discusso e deciso. Ma che egli non aveva alcun dubbio che la quistione macedone era stata l'oggetto di quel colloquio. Né, aggiunse il signor Nikolitch, trattasi di cosa recente, poiché è antica politica dell' Austria di fare entrare nel proprio giuoco, contro le aspirazioni degli Stati slavi, la Rumania e la Grecia, i cui interessi possono venire ad una transazione con quelli austriaci a detrimento della Serbia e della Bulgaria.

Per parte mia mi limitai a dire che le sue parole, riguardo alla politica della Serbia, si concordavano in tutto con la politica che, per quanto a me constava, perseguiva il Governo di Sua Maestà nei Balcani, e cioè, mantenimento dello statu quo in Macedonia colle riforme atte a garantire il pacifico progresso delle nazionalità che vi risiedono. Che in questo senso io credevo di potere interpretare il pensiero del mio Governo esprimendo le vive simpatie che i legittimi ideali della Serbia trovavano in Italia. Dissi pure che così l'Austria che la Russia compivano un mandato affidato loro da tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino e che nulla autorizzava il sospetto che esse volessero esorbitare dal compito propostosi nel comune interesse di assicurare il mantenimento della pace. Ebbi cura di aggiungere ch'io parlavo a mio nome non avendo ricevuto nessuna istruzione di modificare le dichiarazioni fatte in proposito dal conte Magliano, le quali peraltro concordavano col mio linguaggio.

Tre punti mi sono parsi, dal tuono del discorso, specialmente degni di nota nelle parole del ministro: l) la preoccupazione che desta in questo Governo la condizione della popolazione slava della Vecchia Serbia oggetto del feroce odio degli albanesi; 2) la speranza che queste popolazioni siano attratte nell'orbita dell'influenza italiana e da questa influenza spinte a più miti sentimenti;

3) il punto di vista dal quale è considerata l'azione russa nei Balcani in comunità coli' Austria, punto di vista, per quanto mi risulta, diverso da quello dal quale questo doppio intervento è considerato in Bulgaria e che potrebbe far credere ad affidamenti ricevuti.

39 1 Risponde al n. 36.

41

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. CONFIDENZIALE 1874. Roma, 1° dicembre 1903, ore 16, 15.

Per suggerimento del r. ambasciatore in Parigi 1 mi dispongo ad intavolare trattative col Governo francese per la stipulazione di una convenzione di arbitrato analoga a quella anglo-francese, ne farò del pari la proposta al Governo britannico, avendone già fatto cenno in occasione del mio recente soggiorno in Londra. Questi accordi non hanno, naturalmente, che il carattere di omaggio ad un principio di procedura diplomatica al quale da gran tempo il R. Governo si dichiarò propenso. Standomi a cuore di evitare che se ne possa costì supporre un diverso carattere e quantunque l'intimità dei reciproci rapporti non rendono necessaria fra i due alleati una simile stipulazione

ben volentieri rivolgerei identica proposta ai due Governi alleati se potessi confidare in un favorevole accoglimento. La prego di parlarne costì a titolo officioso e confidenziale e di farmi conoscere quali sarebbero di fronte ad una nostra eventuale iniziativa le disposizioni di codesto Governo2 .

41 1 Il suggerimento di Tornielli, certamente anteriore al 21 novembre, non è stato rinvenuto.

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 68407/567. Roma, 1° dicembre 1903.

Trasmetto, qui unito in copia, un rapporto in data 24 novembre n. 4231 della r. legazione in Belgrado relativo ad una dimostrazione che quei ministri d'AustriaUngheria e di Russia avrebbero ricevuto l'ordine di fare in occasione del prossimo ricevimento di Corte per indurre re Pietro ad allontanare da sé gli ufficiali che presero parte alla congiura contro gli Obrenovitch.

Dal rapporto risulta pure che il ministro di Germania ha chiesto istruzioni al suo Governo sul modo di condursi in tale occasione.

Siccome preme al R. Governo di procedere d'accordo coi due Governi alleati prego V.E. di farmi conoscere quali siano le intenzioni di codesto Gabinetto su tale argomento e quali istruzioni saranno impartite al rappresentante imperiale in Belgrado2.

43

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA

D. 684121117. Roma, 1° dicembre 1903.

Ricevo il rapporto 24 corrente n. 423 1 relativo alle pressioni che i Governi dell'Austria-Ungheria e Russia stanno facendo per ottenere l'allontanamento da codesta Corte degli ufficiali che presero parte alla congiura contro gli Obrenovitch od alla progettata manifestazione dei ministri di quelle due Potenze in occasione di un ricevimento a Corte.

Importa che la S.V. mantenga grande riserbo su questo delicato argomento in attesa delle istruzioni che il R. Ministero le impartirà in tempo utile.

2 Con R. 955 del 2 dicembre Lanza comunicava che erano state date al rappresentante tedesco a Belgrado istruzioni «di evitare di partecipare a quelle feste della Corte serba, nelle quali esso potrebbe venire a trovarsi in contatto con i regicidi».

Intanto la prego di continuare a tenermi informato delle ulteriori notizie che ella potesse ottenere2 .

41 2 Per la risposta da Berlino cfr. n. 46.

42 1 Non pubblicato.

43 1 Non pubblicato.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATO 1885. Roma, 2 dicembre 1903, ore 11,45.

Ringrazio per importante notizia contenuta nel suo telegramma di ieri 1• Sarà tenuta scrupolosamente segreta. Intanto mi affido al tatto ed alla abilità di lei accioché l'idea non tardi a tradursi in proposta favorevole. L'impressione ne sarebbe ottima in Italia, e l'attuazione gioverebbe indubbiamente alla causa della pacificazione in Macedonia. V.E. sa, ed all'uopo potrebbe, se crede, anche rammentare con quanta pienezza di successo i nostri ufficiali hanno riordinato e fatto funzionare la gendarmeria indigena in Creta, dove, ad uno stato di permanente disordine, è ora subentrata perfetta tranquillità2•

45

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 2315/170. Berlino, 3 dicembre 1903, ore 5, 18.

Constato con piacere che questo Governo si accinge per infondere a Vienna fiducia che attuale Governo italiano saprà mettere freno manifestazioni irredentiste che di nuovo agitano nostro Paese. Ancora ieri questo segretario di Stato agli esteri parlava in questo senso al mio collega di Austria-Ungheria e lo assicurava che imperatore e Biilow sono convinti della buone intenzioni e non dubitano dell'energia dell'E.V. e del presidente del Consiglio, di cui conoscono i sentimenti verso la Triplice Alleanza. Malgrado ciò, il linguaggio di certi giornali nostri lascia pure sempre in queste sfere governative una qualche inquietudine per il futuro svolgimento delle nostre relazioni colla vicina Monarchia e non devo nascondere che da taluni si vuole vedere nell'atteggiamento di certa stampa italiana, specialmente milanese, l'opera del denaro francese 1 .

2 Per il seguito della questione cfr. nn. 47 e 53.

43 2 Con successivo R. riservato l 043/426 del 7 dicembre, non pubblicato, Romano Avezzana dava notizia del malcontento presente fra esponenti del Governo serbo per la resistenza mostrata dal re ad allontanare gli ufficiali responsabili del regicidio e delle istruzioni ricevute dal rappresentante tedesco di adesione alla posizione assunta dai Governi russo e austro-ungarico.

44 1 Cfr. n. 38.

45 1 Per la risposta cfr. n. 50.

46

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 2316/171. Berlino, 3 dicembre 1903, ore 5, 18.

Risposta al telegramma 1874 1•

Ho notificato a questo Governo intenzioni di V.E. di entrare in negoziati colla Francia e coll'Inghilterra per una convenzione d'arbitraggio, spiegandone la portata, come è stata indicata da V.E. Ho, inoltre, insinuata l'idea di un negoziato simile, quantunque non necessario, colla Germania e coli' Austria-Ungheria, qualora esso potesse trovare favorevole accoglienza per parte Governi alleati. Barone Richthofen, circa il primo punto, mi ha incaricato ringraziare vivamente V.E. per la comunicazione fattagli. Per parte sua Governo imperiale non ha finora riconosciuto il bisogno di entrare in quella via, esso sta, però, studiando questione d'arbitrato sotto l 'aspetto speciale delle controversie puramente commerciali di interpretazione ed applicazione, cioè, delle disposizioni del trattato; ma su di ciò le sue idee non hanno ancora preso alcuna forma concreta.

47

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 2319/127. Pera, 3 dicembre 1903, ore 8,55.

Ambasciatore di Inghilterra mi ha confidenzialmente comunicato oggi aver saputo dal suo collega di Vienna che Governo germanico non era disposto ad autorizzare ufficiale tedesco ad assumere compito riorganizzare gendarmeria in Macedonia e che Governo austro-ungarico intendeva proporre fosse designato ufficiale italiano 1• Senza dimostrare che già ero a conoscenza delle disposizioni del Gabinetto austriaco, ho accennato con O'Conor agli ottimi risultati ottenuti dai nostri ufficiali in Creta e gli ho manifestato personale convincimento che, ove la proposta venisse fatta al Governo del re, esso l'accoglierebbe favorevolmente e saprebbe designare ufficiale adatto all'importante compito. Collega di Inghilterra si è mostrato meco favorevole alla designazione di un ufficiale italiano. Ritengo Foreign Office deve essere informato, a quest'ora, di quanto precede.

47 1 Su tale eventualità cfr. nn. 38, 44 e 53.

46 1 Cfr. n. 41.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

D. 68633/123. Roma, 3 dicembre 1903.

Ringrazio la S.V. per il rapporto 4 novembre u.s. n. 158 1 col quale ella mi informa che il prof. Schiaparelli, recatosi a Tayuenfu per conferire con monsignor Agapito Fiorentini, è riuscito a felicemente comporre la vertenza colla missione dello Shansi, la quale si è impegnata a chiedere i passaporti alla r. legazione, invece che a quella di Francia riconoscendosi così sotto la protezione del R. Governo. Per quanto concerne la parte finanziaria degli accordi presi a noi materialmente non spetta di immischiar

ci. Importa, invece, che la S. V. invigili, con assidua, ma benevola attenzione, sui procedimenti della missione in guisa che nulla in avvenire abbia a turbare lo stato di cose ora concordato e tanto più conviene vigilare in quanto che non sarebbe malagevole provvedere a fatti compiuti [ ... ]2 è da aversi ben presente, come già risulta dal precedente carteggio, che a noi mancherebbe il modo di reagire sul terreno diplomatico quante volte la missione nuovamente si rivolgesse alla Francia per protezione.

49

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA1

T. CONFIDENZIALE 1899. Roma, 4 dicembre 1903, ore 21,45.

Macedonia. Per via indiretta, ma sicura, ci risulta che, tra il Gabinetto di Vienna ed il Gabinetto di Pietroburgo, si sta ventilando l'idea di affidare ad un ufficiale italiano la riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia. Desidero che ella faccia opportunamente comprendere a codesto ministro degli affari esteri che il R. Governo accetterebbe di buon grado l'invito e che l'ottima riuscita di analoga missione in Creta non lascerebbe dubitare di eguale successo in Macedonia. Aggiungo, per lei, che la cosa farebbe ottima impressione in Italia e che ci sarebbe quindi assai gradito se il progetto si traducesse in atto.

*Per Londra, Berlino e Pietroburgo. AI qual fine facciamo anche assegnamento sulle amichevoli disposizioni di codesto Governo* 2 .

48 1 R. riservato 531/158 del 4 novembre, non pubblicato. 2 Parola illeggibile. 49 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, pp. 105-106. Il telegramma è indirizzato anche ali' ambasciata a Parigi. 2 Per la risposta da Londra cfr. n. 57.

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO 190 l. Roma, 4 dicembre 1903, ore 22,30.

Mi compiaccio assai di quanto V.E. mi riferisce col telegramma n. 1701 , e la prego di ringraziare codesto Governo per gli amichevoli suoi uffici presso il Gabinetto di Vienna. Non solo siamo ben decisi a perseverare, come opera di Governo, nella linea di condotta che ci siamo fermamente prefissa di fronte ad agitazioni che potrebbero nuocere ai buoni rapporti tra alleati, ma ci adopereremo altresì, per quanto sta in noi, acciocchè anche la stampa amica si tenga sulla giusta via, confidando che il Governo austro-ungarico voglia, dal canto suo, contribuire a rendere più agevole e più efficace il nostro compito.

51

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 443/215. Lisbona, 4 dicembre 1903 (perv. l' 11).

A nunzio presso la Corte Fedelissima fu scelto dal Governo del re di Portogallo, e nominato dal papa, monsignor Macchi. Questa nomina è fatta da parecchio tempo e non avevo creduto di annunziarla all'E.V. perché pubblicata fin d'allora da tutte le agenzie telegrafiche. Ma comprendo possa interessare all'E.V. di sapere come essa è avvenuta, tanto più poi perché la cosa è sicura avendola imparata da questo ministro degli aftàri esteri. In una conversazione amichevole avuta con S.E. Wenceslau de Lima nel tragitto in ferrovia -eravamo soli in un compartimento riservato -tra Lisbona e Cascais, residenza autunnale della Corte, e fortunatamente non in quel treno che si capovolse lasciando morti e feriti e poco mancò precipitasse nel Tago; egli per convincermi che questo Governo, come la maggioranza del Paese, non è clericale mi citò il fatto delle trattative per la surrogazione del nunzio. La Corte Fedelissima ha il privilegio di poter scegliere fra tre candidati proposti, questo privilegio fu lasciato andare in disusanza e fu l'attuale Ministero rigeneratore, o conservatore, che s'impuntò per rimetterlo in vigore. Ecco la ragione, mi diceva il ministro, per la quale ci passò del tempo tra il richiamo del cardinale Ajuti e la nomina di monsignor Macchi, e se la Santa Sede non avesse ceduto il Governo del re di Portogallo era deciso di rimanere senza nunzio.

Ed in ciò, non c'è che dire, il Ministero Hintze Ribeiro ha dato prova di fermezza e di carattere, ma, a parer mio, non distrugge l'opinione che il Portogallo sia ora in una fase di clericalismo. Basti il vedere con quanta devozione S.E. de Lima ed altri ministri baciano in pubblico la mano ai prelati. Non sarà neppure fuori di proposito che io accenni all'E.V. una frase, non so se intenzionata o buttata là tanto per discorrere, rivoltami dal re Carlo l 'ultima volta che ebbi l'onore di vederlo. Sua Maestà dopo essersi rallegrato con me delle amichevoli e festose accoglienze fatte a Parigi ed a Londra al nostro augusto sovrano, mi domandò se S.M. il re avesse l'intenzione di fare altre visite a Corti estere, risposi non sapeme assolutamente nulla e cambiai discorso. Avrà voluto re Carlo con quella domanda continuare con me il discorso avuto col mio predecessore conte di Sonnaz, e riferito da lui all'E.V. col rapporto del 22 ottobre u.s. n. 390/1921 circa il mancato viaggio a Roma, oppure fu la domanda diretta senza alcuna intenzione? Questo non so, e neppure ho tentato di scoprire giacché ho tolta la conversazione su quel tema cui non fu mai finora fatta con me allusione neppure dagli uomini di Governo. E non potevo fare altrimenti perché non ne ebbi istruzioni da codesto Ministero, né S.E. l'ammiraglio Morin, allorquando passai da lui a Roma per ricevere gli ordini ministeriali prima di recarmi al mio nuovo posto, me ne fece il ben che minimo cenno, mentre che al mio predecessore era stato detto di parlame dopo d'aver presentato le lettere di richiamo2 .

50 1 Cfr. n. 45.

52

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1119/341. Sofia, 4 dicembre 1903 (perv. l'11).

All'udienza ebdomadaria di sabato scorso, trovai il presidente del Consiglio nuovamente turbato per rapporti pervenutigli relativi a nuovi e crudeli maltrattamenti di cui sono state vittime per opera delle autorità turche alcuni bulgari in Macedonia e nel vilayetto di Adrianopoli.

Riservandosi di comunicarmi quanto prima un promemoria particolareggiato, il generale Petroff lamentava amaramente che la Turchia oggi ancora malgrado l 'intervento delle Potenze, in attesa della introduzione delle note riforme austro-russe, persevera sulla linea di condotta tracciatasi fin dal principio col proposito manifesto di sterminare puramente e semplicemente l'elemento bulgaro. Il presidente del Consiglio aggiungeva poi non riescire egli a rendersi conto del motivo che ha indotto le due Potenze ad escludere dal beneficio il vilayetto di Adrianopoli, dove la necessità delle riforme medesime si fa sentire imperiosa al pari che nella Macedonia.

51 1 Cfr. serie III, vol. Vll, n. 787. 2 Per la risposta cfr. n. 77.

S.E. non disconosceva certo l'utilità dell'invio degli ufficiali esteri, la sola tra le proposte che a lui sembra veramente pratica ed efficace, ma nel complesso, era costretto più che mai ad insistere nelle precedenti dichiarazioni che cioè ben poco e e ben scarso affidamento vi sia da fare su riforme che non comprendono un'amnistia generale e l 'applicazione delle quali, ad onta degli assessori e degli ufficiali esteri, è in pratica lasciata sempre nelle mani dei turchi.

Lo scetticismo dimostrato dal Governo sui risultati finali dell'opera delle Potenze rispecchia fedelmente il sentimento universale dei bulgari e dei macedoni. Non parlo poi della diffidenza che ispirano le due Potenze direttrici e delle intenzioni tutt'altro che disinteressate che vengono loro attribuite.

Su questo punto i personaggi ufficiali si esprimono -e si comprende bene con reticenze, sott'intesi, mezze parole; i Comitati macedoni, invece, non hanno peli sulla lingua, e dicono apertamente che le riforme austro-russe, dato pure che si riesca a tradurle in atto nella loro integrità-ciò che ancora è problematico -non li soddisfano né punto né poco, altro non essendo in realtà che la consacrazione ufficiale del condominio stabilito dai due Imperi. Non è certo per raggiungere tale scopo che essi hanno fatto tanti sacrifizì, versato tanto sangue, corso tanti pericoli. Le loro aspirazioni rimangono immutate: l) nomina di un governatore cristiano; 2) controllo esercitato da tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Realizzate queste aspirazioni deporranno immediatamente le armi, in caso contrario, l'insurrezione scoppierà nuovamente e con maggiore intensità nella prossima primavera.

Queste dichiarazioni categoriche sono state fatte di recente da Boris Sarafov e da altri capi del Comitato centrale al corrispondente del Times.

Il signor Bourchier persona eminente, e specialmente competente negli affari balcanici per la grande esperienza acquistata nei quindici anni di soggiorno nella penisola, è anche lui di avviso che, se si vuole sul serio giungere alla desiderata pacificazione ed evitare a primavera una grande perturbazione della pace e dello status quo, converrà, senza indugiare ulteriormente, fare ancora un passo ed esigere dalla Sublime Porta questa novella concessione.

Quanto alle difficoltà da superare per ottenere l'acquiescenza della Porta, tutto induce a ritenere che esse sarebbero eventualmente minori di quello che si crede, in quanto è più che probabile che il controllo di tutte le grandi Potenze riescirebbe meno ostico al sultano, di quello esercitato dalla sole due Potenze di cui sono note a tutti le aspirazioni e le cupidigie, per un avvenire più o meno lontano.

Checché ne sia di tutto ciò, quello che sembra certo per il momento almeno, è che ad onta delle riforme austro-russe vi ha ogni ragione di aspettarsi ad una ripresa della insurrezione in Macedonia per la prossima primavera.

Il Governo bulgaro lo sa benissimo e sa pure che non è oramai più in suo potere di impedirne l'organizzazione a meno di non mettere a repentaglio il mantenimento dell'ordine a casa sua. Esso lascia quindi andare le cose per il loro verso, e spinge con la massima alacrità i suoi armamenti.

Nessuno crede che la Bulgaria dichiarerà la guerra per la prima, tutti concordano però nel ritenere che, se attaccato o seriamente minacciato, il principato sarà pronto a difendersi e si difenderà valorosamente.

A giudizio dei tecnici, i turchi si ingannano di molto se credono come a volte atTetta di dichiararlo il commissario ottomano e come, pare, si pensi a Costantino

poli, che i soldati e gli ufficiali bulgari fuggiranno come fuggirono i greci nell'ultima campagna1•

53

L'AMBASCIATORE A CONSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2327/128. Pera, 5 dicembre 1903, ore 0,51.

In un colloquio, che oggi mi sono procurato coll'ambasciatore d'Austria-Ungheria, *gli ho fatto conoscere che avevo comunicato, in via riservata, ali'E.V. quanto egli mi aveva detto circa idea ventilata fra i Gabinetti Vienna e Pietroburgo che fosse affidata ad un ufficiale superiore italiano la carica di generale in capo per la riorganizzazione della gendarmeria nelle provincie macedoni, e che questa idea aveva incontrato presso V.S. favorevole accoglienza* 2• Ho fatto osservare a Calice che designazione ufficiale italiano sarebbe tanto più giustificata in presenza d eli'opera compiuta dai nostri ufficiali in Creta ed ho soggiunto, a titolo personale, che, ove proposta fosse fatta al Governo del re e tradotta in atto, essa produrrebbe ottima impressione in Italia, dappoiché vi si scorgerebbe la prova che le due Potenze tengono conto della sua situazione e del sincero suo desiderio di contribuire all'opera di pacificazione in Macedonia. *Ho altresì informato confidenzialmente collega d'Austria-Ungheria della comunicazione fattami eri dall'ambasciatore d'Inghilterra, oggetto del mio telegramma

n. 127*3 . Calice mi ha risposto che non era per ora in grado di nulla aggiungere a quanto mi aveva detto nel precedente colloquio, che le cose avevano ultimamente proceduto con lentezza, stante l'assenza da Vienna del conte Goluchowski, e che non sapeva in qual modo i due Gabinetti avrebbero, eventualmente, proceduto circa questo argomento, bensì conveniva tenere presente, giusta proposta austro-russa, nomina del generale istruttore in capo era riservata alla Sublime Porta.

All'Albania, al pari che alle nostre relazioni con l'Austria-Ungheria, Sua Eccellenza Reale accennò anche nel colloquio dello scorso settembre. La delicatezza estrema sull'argomento, ed il non essere la questione di mia competenza, mi consigliarono allora, e mi hanno consigliato anche questa volta, a serbare la massima prudenza. Mi sono pertanto limitato, come me lo imponeva la cortesia, ad ascoltare semplicemente, astenendomi dallo esprimere al riguardo qualsiasi opinione. Dalle parole del principe mi parve di capire il suo proposito di ritornare sull'argomento».

2 Cfr. n. 44.

3 Cfr. n. 47.

52 1 Del precedente R. Il 08/338 del 3 dicembre di Imperiali, che riferiva in merito a dichiarazioni resegli dal principe di Bulgaria, si pubblica il passo seguente: «"Bien qu'alliée de l'Autriche, l'Italie aussi doit se tenir sur ses gardes pour éviter d'ètre la dupe de sa duplicité et de sa mauvaise foi. Ayez les yeux bien ouverts sur l'Albani e, sans cela un de ces jours on va vous jouer là un bien mauvais tour. Pour ce qui me concerne, tout ce que je désire, c'est de voir l'Albanie devenir une 'sécondogeniture' de cette illustre Maison de Savoie, pour laquelle mon admiration égale mon inaltérable et affectueux dévouement. Lors de mon séjour à Rome, feu Sa Majesté le Roi Humbert m'a dit des choses si flatteuses, si cordiales et si intéressantes, que je ne pourrai jamais oublier. Je me plais vivement à espérer que le roi Victor Emmanuel, mon cousin, voudra bien me garder la précieuse bienveillance dont son auguste père à toujours témoigné à mon égard".

53 1 Ed., con l'omissione dei brani tra asterischi, in LV 104, p. 106.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 1913. Roma, 6 dicembre 1903, ore 21,50.

Il r. incaricato d'affari in Belgrado riferisce che i rappresentanti di AustriaUngheria e di Russia non interverranno al ricevimento di Capo d'anno se il re non avrà allontanato dalla Corte i complici del regicidio. Prego informarsi e telegrafarmi gli intendimenti di codesto Governo a tale riguardo.

55

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2346/129. Pera, 7 dicembre 1903, ore 12,45.

Cogliendo occasione di una visita fatta ieri per altri affari al primo segretario del sultano e valendosi di istruzioni di cui lo avevo munito, primo interprete della ambasciata condusse discorso sulle proposte austro-russe e gli chiese a quale punto si trovassero negoziati per la loro applicazione, specialmente in quanto concerne nomina degli agenti civili e riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia. Tahsin pascià dichiarò che le due Potenze non avevano ancora risposto all'ultima comunicazione della Sublime Porta che, a parer suo, modo di vedere in essa esposto sarebbe mantenuto, che quindi riteneva che agenti civili dovrebbero essere nominati in condizioni tali da non ledere l'autorità e prestigio del Governo imperiale, e che, quanto alla gendarmeria, pensava che il Consiglio dei ministri era poco disposto ad affidarne riorganizzazione ad ufficiali di grandi Potenze nei termini previsti dal secondo punto delle proposte. Cangià osservò che per la questione degli agenti civili potrebbesi trovare il modo di conciliare suscettibilità della Sublime Porta colle esigenze della situazione. Quanto poi alla gendarmeria, *Cangià fece notare che Governo imperiale non poteva disconoscere urgenza di affidare a mani esperte riorganizzazione di un servizio chiamato a contribuire in larga misura alla pacificazione della Macedonia; che in quest'ordine di idee s'imponeva anzitutto questione della scelta del generale istruttore in capo; che l'Italia possedeva un corpo sceltissimo di gendarmeria superiore a quello delle altre Potenze e la cui opera in Creta era stata universalmente lodata e apprezzata del pari dalle popolazioni cristiane e musulmane dell'isola e che, pertanto, il Governo imperiale agirebbe saggiamente risolvendo senza indugio, di affidare riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia ad un ufficiale superiore italiano scelto

dal Governo del re e da questo autorizzato ad entrare al servizio della Turchia. Cangià soggiunse che questa nomina non potrebbe sollevare obbiezioni per parte delle Potenze, data incontestabile superiorità della nostra gendarmeria che, da un punto di vista di politica generale, converrebbe al Governo imperiale di affidare delicato incarico ad un ufficiale appartenente ali' esercito di una Potenza amica della Turchia ed altamente interessata al mantenimento dello statu quo, e che, infine, tale scelta eserciterebbe una benefica influenza sull'opinione pubblica bulgara, la quale, siccome appariva dalle manifestazioni della stampa, si mostrava diffidente di fronte all'esclusiva azione austro-russa. Cangià concluse consigliando Tahsin pascià a sottoporre al sultano questa considerazione che disse sapeva rispondere alle idee dell'ambasciatore di S.M. e raccomandando il massimo riserbo di fronte ai ministri ottomani ed alle altre ambasciate. La grande attenzione con cui primo segretario del sultano seguì concetti svolti da Cangià, e importanza dell'argomento, fanno ritenere che Tahsin pascià non mancherà di riferire fedelmente colloquio a S.M. imperiale*. Confido che

V.E. sarà per approvare il passo che, inspirandomi alle vedute esposte nel suo telegramma del 2 corrente2 , ho stimato opportuno di fare acciocché, ove una proposta per la nomina di un ufficiale italiano a generale istruttore in capo della gendarmeria macedone venga sottoposta al sultano, trovi l'animo di S.M. imperiale preparato e soprattutto meno diffidente3 .

55 1 Ed. con l'omissione dei brani fra asterischi e con alcune varianti in LV 104, pp. 106-107.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1914. Roma, 7 dicembre 1903, ore 13.

Per suggerimento comandante «Perseus» il comandante del «Volturno» recatosi Bosaso poté far venire bordo Abdullah Sheri agente del Mad Mullah sotto parola d'onore aver salva la vita e non essere consegnato inglesi 1• Avendo Abdullah Sheri otTerto trattare pace per mezzo nostro, comandante «Volturno» lo mandò dal generale Egerton sotto scorta di un ufficiale italiano e con espressa istruzione riportarlo a bordo dopo abboccamento. Ritengo certamente da Aden già segnalato Londra avvenimento colà giudicato importantissimo. Nondimeno prego comunicare quanto precede Iord Lansdowne, al quale sarà così offerta occasione manifestare suo pensiero2 .

55 2 Cfr. n. 44. 3 Per la risposta cfr. n. 63. 56 1 Queste notizie erano state trasmesse a Roma da Aden con T. 2336 del 6 dicembre, dove era aggiunto: «Fatta la pace, Mad Mullah domanderà protezione Italia, accettando bandiera nazionale». 2 Per la risposta cfr. n. 72.

57

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 23441134. Londra, 7 dicembre 1903, ore 13,10.

Il marchese di Lansdowne, *al quale ho parlato nel senso del telegramma di

V.E. n. 1899*2 , mi ha assicurato che il Governo britannico sarebbe ben lieto di vedere affidato ad un ufficiale italiano organizzazione della gendarmeria in Macedonia.

58

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 2359/138. Londra, 8 dicembre 1903, ore 5,30.

Marchese Lansdowne mi ha confidenzialmente mostrato un telegramma dell'ambasciatore di Inghilterra a Costantinopoli, il quale riferisce che, avendo egli cercato di concertarsi con il collega di Russia circa la missione degli ufficiali esteri in Macedonia circa le misure finanziarie da adottarsi in ispecie per assicurare gli stipendi della futura gendarmeria, O'Conor ricevette risposte ambigue, le quali gli lasciano l'impressione essere intendimento dei Gabinetti di Vienna e Pietroburgo di riservarsi tutta la preparazione delle riforme, salvo ad invitare le altre Potenze concorrervi in misura assai limitata. Marchese Lansdowne osservandomi che questo modo di procedere non gli sembrava guari conforme allo spirito del mandato affidato alle due Potenze, soggiunse che egli si riservava di considerare se non vi fosse luogo a fame oggetto di una protesta. Sua Signoria mi promise di tenermi informato di quanto Gabinetto di Londra fosse per risolvere in questo senso.

59

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2360/176. Berlino, 8 dicembre 1903, ore 8,17.

Questo ambasciatore di Austria-Ungheria ha annunziato oggi in via confidenziale al barone Richthofen avere il conte Goluchowski proposto, e Gabinetto Pietroburga accettato, che riordinamento gendarmeria Macedonia sia affidato all'Italia. Istruzioni per passi occorrenti da farsi presso la Sublime Porta sarebbero già state

2 Cfr. n. 49. 59 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 104, p. l 07.

date agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia in Costantinopoli. Questo progetto è naturalmente visto di buon occhio per parte di questo Governo poiché a noi gradito. *Governo imperiale temeva quell'incarico fosse proposto alla Germania, mentre che sua intenzione è tenersi al di fuori*.

57 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 106.

60

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2356/137. Londra, 8 dicembre 1903, ore 17,20.

In una conversazione col marchese di Lansdowne mi sono assicurato delle favorevoli disposizioni di Sua Signoria per la stipulazione coll'Italia di una convenzione d'arbitrato analoga quella conclusa colla Francia.

61

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2367/140. Londra, 9 dicembre 1903, ore 9.

*Mi riferisco al mio telegramma di ieri n. 1382 .

Dietro qualche ulteriore interrogazione da qui fatta*, questi ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia hanno fatto sapere al marchese Lansdowne essere intenzione dei loro Governi che subito dopo designato il generale per la gendarmeria, ciascuna Potenza mandi un ufficiale superiore ad assisterlo, in qualità di aggiunto. Le istruzioni sarebbero preparate dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia a Costantinopoli, con partecipazione degli altri ambasciatori.

Marchese Lansdowne ha ricevuto favorevole impressione da codesta comunicazione che egli considera conforme al programma di Mtirzsteg. Sua Signoria da me interpellato, mi disse nulla risultargli, fino ad ora, circa candidatura del generale da designarsi.

61 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, pp. 108. 2 Cfr. n. 58.

62

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2364/139. Londra, 9 dicembre 1903, ore 13, 08.

Sir John Harrington promosso ministro plenipotenziario, riparte oggi per l'Abissinia passando per Roma, ove egli arriverà posdomani, con missione di conferire circa nostri affari. Egli mi assicura di avere istruzioni di accogliere colle più favorevoli disposizioni le proposte che gli saranno fatte dal R. Governo'.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA1

T. 1926. Roma, 9 dicembre 1903, ore 14,25.

Approvo passi che V.E. farà tàre da Cangià presso il segretario del sultano2 . Intanto sono in grado di informarla che già ci constano favorevoli, per la designazione di un generale italiano, i Gabinetti di Londra3 e di Berlino4 . Oltre, ben inteso, i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo. L'ambasciatore di Austria-Ungheria in Berlino ha anzi detto al segretario di Stato che le istruzioni per passi occorrenti da farsi presso la Porta sarebbero già state date ai due ambasciatori imperiali a Costantinopoli.

64

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. CONFIDENZIALE 1934. Roma, 9 dicembre 1903, ore 20.

Prego ringraziare lord Lansdowne per la amichevole sua comunicazione da V. E. riferitami col telegramma n. 1381• Non è dubbio che l'azione dell'Austria-Ungheria in Macedonia altrimenti non può considerarsi che come per mandato di tutte le

2 Cfr. n. 55. 3 Cfr. n. 57. 4 Cfr. n. 59.

Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Lo avere i due Governi imperiali compresa la convenienza di lasciare ad altra Potenza la designazione del generale incaricato di organizzare la gendarmeria in Macedonia, ci sembra indizio che a Vienna ed a Pietroburga si riconosce ormai la convenienza che l'intero concerto europeo prende parte diretta all'opera delle riforme. Ad ogni modo essendo noi pienamente concordi col Governo britannico che ogni nostro sforzo debba essere diretto a mantenere all'azione da spiegarsi in Macedonia un carattere europeo ci sarà sempre gradito di conoscere a tale riguardo il pensiero e gli eventuali intendimenti di codesto Gabinetto.

62 1 Le istruzioni di Lansdowne per Harrington del 7 dicembre, in Confìdential Correspondence, cit.

63 1 Ed.inLV/04,pp.I07-108.

64 1 Cfr. n. 58.

65

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2385/62. Pietroburgo, 10 dicembre 1903, ore 5,20.

Conte Lamsdorff mi ha detto non sapere ancora chi sarebbe il generale straniero al servizio della Turchia che sarebbe preposto alla gendarmeria. Non avrebbe obbiezioni e sarebbe disposto a che sia un italiano2 .

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1943. Roma, 10 dicembre 1903, ore 20.

Ricevo il telegramma di jeri n. 1401•

La comunicazione costì fatta dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia conferma l'impressione da me enunciata nel telegramma di ieri2 , che, cioè, i due Governi accennano, nella esecuzione del programma di Mtirzsteg, a riconoscere il carattere europeo della azione da esercitarsi in Macedonia. Del che, al pari di lord Lansdowne, non possiamo non compiacerci.

2 Con successivo T. 2451 del 17 dicembre Del Vaglio comunicava: «Conte Lamsdorff mi ha detto, senza che gliene avessi domandato, che egli aveva dichiarato niente avere in contrario alla nomina di un generale italiano a capo della gendarmeria».

2 Cfr. n. 64.

65 1 Ed. in LV 104, p. 108.

66 1 Cfr. n. 61.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1952. Roma, 12 dicembre 1903, ore 21.

Mi riferisco al telegramma a lei diretto dal viceconsole di Valona 1 circa scomunica greca alle nostre scuole e prego V. E. appoggiare energicamente presso patriarcato la richiesta del vice console2 .

68

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2402/133. Pera, 12 dicembre 1903, ore 22,30.

In un colloquio avuto iersera coll'ambasciatore d'Austria-Ungheria, questi mi fece sapere, in via amichevole e confidenziale, che nel corso di una recente visita fattagli dal ministro degli affari esteri, egli aveva segnalato a S.E. la necessità che la Sublime Porta provvedesse sollecitamente alla nomina del generale di nazionalità straniera per la riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia, e che *avendo Tewfik pascià risposto che la Sublime Porta aveva pensato ad un generale tedesco, ma che ambasciatore di Germania vi si era dimostrato contrario*, egli, Calice, aveva allora accennato con S.E. alla opportunità di designare a quel posto un ufficiale superiore italiano, facendo valere eccellente organizzazione della gendarmeria in Creta. Calice mi disse altresì di avere istruzioni di fare una proposta in tale senso alla Sublime Porta, ma che attendeva a ciò fare, che analoga istruzione avesse ricevuto collega di Russia, il quale lo aveva identicamente richiesto.

*Calice desidera sia mantenuto il più assoluto riserbo su quanto precede*. Circa situazione del generale istruttore, collega di Austria-Ungheria espresse meco personale avviso che, in via generale, essa non dovrebbe essere dissimile da quella degli altri ufficiali stranieri, ed in ispecie, dei tedeschi entrati in servizio della Turchia. Ma circa questo punto, come circa attribuzioni del generale, nulla v'ha finora di ben determinato, molto dipendendo dai negoziati dei due ambasciatori colla Sublime Porta circa applicazione delle proposte austro-russe.

Ufficiali tedeschi al servizio ottomano hanno uno speciale contratto colla Sublime Porta per un periodo determinato. Secondo quanto mi fu dato di sapere, essi rice

vono col grado di generale, uno stipendio dai 20 ai 25 mila franchi all'anno. Vestono uniforme turco2•

67 1 Si tratta del T. 2396 del 12 dicembre, non pubblicato, con il quale Ancarano informava di aver telegrafato alla r. ambasciata per sollecitare l'intervento del patriarcato. 2 Per il seguito cfr. n. 71, nota l. 68 1 Ed. con l'omissione dei brani tra asterischi in LV 104, p. 109-110.

69

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2477/49. Addis Abeba, 13 dicembre 1903 1.

Ho ricevuto il telegramma del 24 novembre2 . Mio rapporto 25 settembre accenna desiderio Menelik voler trattare direttamente con persona qui inviata da capitalisti. Ciò corrisponderebbe pienamente desiderio

V.E. non accollare Governo responsabilità, mentre se per mezzo mio si vuole preposto progetto, Menelik dovrà ritenerci per lo meno moralmente responsabili, cosa che crederei doversi evitare.

70

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 908/250. Il Cairo, 15 dicembre 1903 (perv. il 23).

Durante la prima conversazione ch'ebbi con lord Cromer dopo il mio arrivo in Cairo, il rappresentante inglese mi accennò ai negoziati fra il R. Governo e il Governo inglese circa alcune questioni di politica coloniale alle quali si riferisce il dispaccio ministeriale n. 216 del 22 novembre1 .

È essenziale, a parer mio, che scelta cada sovra persona adatta sotto ogni rapporto al difficile e delicato compito e dotata di capacità e competenza così elevate, e che sovra di essa possa, in verun caso, farsi ricadere responsabilità di un eventuale insuccesso».

2 Il telegramma e il rapporto menzionato nel testo non si pubblicano. Per il seguito cfr. n. l00.

Cominciando a parlarmi del desiderio espresso dal R. Governo d'intendersi per il collegamento presso Cassala delle ferrovie eritree con quelle sudanesi, lord Cromer sembrò credere non avessi riferito al R. Ministero quanto egli mi disse a questo proposito nella scorsa primavera ed insistette a dimostrami quanto fosse prematuro il parlare di collegare ferrovie «alle quali né il Governo sudanese né l'italiano intendono mettere mano, per qualche tempo almeno». Naturalmente non mancai di osservargli che un'intesa col Governo sudanese avrebbe potuto determinare la costruzione di una ferrovia fra Massaua e Cassala; ma non credo di averlo convinto della pratica utilità di accordi per una nostra ferrovia alla cui costruzione mi pare ch'egli non creda. Però, onde evitare di ripetere quanto già ci eravamo detti l'anno scorso, lord Cromer concluse che era inutile dilungarci su ciò giacché il R. Governo preferiva tali negoziati abbiano luogo in Roma, e che siccome si desiderava andar d'accordo sulla questione della ferrovia, «l'ambasciata britannica in Roma avrebbe forse trovato una frase per dimostrare in principio la buona volontà che il Governo inglese realmente ha di far cosa gradita al Governo italiano».

Lord Cromer passò poi a parlarmi del primo punto del memorandum 29 agosto2 che egli indicò come un progetto d'accordo pel caso di morte di Menelik. Anche a questo proposito dichiarò che si giungerebbe facilmente ad una conclusione accontentandosi da una parte e dall'altra di una intesa molto generica; giacché certamente il Governo britannico ha la migliore buona volontà di continuare a procedere concordemente coll'Italia in Abissinia, ma non crede si possa fin d'ora nulla precisare sulla linea di condotta da seguire.

Per dimostrarmi la verità di quanto diceva, mi citò l'esempio di errori commessi dall'Inghilterra in Afganistan per aver voluto seguire una linea di condotta prestabilita, mentre conviene, in tali casi, farsi guidare dalle circostanze. Come esempio, lord Cromer accennò all'eventualità di due competitori alla successione di Menelik e mi diceva cha se noi vogliamo sostenere quello che dichiarerà di mantenere gli impegni coll'Italia e l'Inghilterra, sosterremmo certamente il meno popolare fra i due contendenti, perché il semplice fatto di quella dichiarazione lo avrà reso odioso alla generalità degli abissini, come persona venduta allo straniero. Avendo invece maggior libertà di azione, si potrebbe agire secondo le circostanze lo indicassero.

Con ciò lord Cromer non escluderà che le trattative iniziate a Roma potessero arrivare ad un risultato, purché ci si accontentasse di non precisare troppo.

Siccome l'agente diplomatico inglese non accennava agli altri punti del memorandum, gli osservai che parevami si fosse anche parlato della sistemazione del confine e di eventuali accordi circa la valle del Giuba. Per la prima, egli non fece alcuna abbiezione, osservando solo che avrebbe preferito non parlarne più per qualche tempo, ma che, però, vista l'iniziativa del R. Governo, bisognava intendersi ed era convinto vi si arriverebbe. Quanto alla valle del Giuba, egli si mostrò esserne poco al corrente e mi disse che tutto si limitava a discutere circa «una città, Lugh, che fu in passato occupata anche dagli italiani». Non ho mancato di rettificare quello che v'era d'incerto e di inesatto in tale frase circa a Lugh e lord Cromer per concludere mi osservò che «visto che, per nostra fortuna le trattative si svolgevano a Roma, fosse inutile scendere fra di noi a particolari ed aveva desiderato parlarmene soltanto per

assicurarmi che, secondo lui, si sarebbe potuto arrivare ad un'intesa pur di rimanere molto sulle generali». Ho capito anzi ch'egli desiderava io riferissi in tal senso onde ne apparisse tutta la sua buona volontà.

Dall'insieme della conversazione ho avuto l'impressione che lord Cromer, per considerazioni di politica generale, trova conveniente contentare il R. Governo venendo all'accordo da questi desiderato e non mi meraviglierebbe che, in tal senso, gli sia stato scritto con una certa insistenza dal Foreign Office.

Credo però lord Cromer non desideri che il suo Governo assuma troppo precisi impegni; né si può a priori affermare che egli dimostri così di avere qualche secondo fine, giacché è possibilissimo che non veda la situazione abbastanza netta per poter fin d'ora tracciarsi un programma ben definito.

Per quanto gl'inglesi abbiano avuto cura di far studiare delle regioni da esploratori e da funzionari civili e militari, dubito, che ne abbiano una conoscenza tanto perfetta da potersi impegnare in questo momento a seguire una data linea di condotta.

Non giudico che lord Cromer intenda ritornare meco su questo soggetto, ma qualora ciò avvenisse, non mancherò di riferire minutamente all'E. V. quanto mi dirà, onde ella possa fame il caso che crederà per le trattative con codesta ambasciata britannica3 .

68 2 A proposito del generale italiano da designare, Malaspina precisava con T. 2411 del 15 dicembre: «È evidente ... che questo ufficiale dovrebbe appartenere all'Arma dei RR. Carabinieri o possedere una riconosciuta competenza d eli' Arma, conoscere perfettamente la lingua francese, ed essere dotato di un complesso di qualità personali tali da potere esercitare un ascendente sugli altri ufficiali esteri che forse apparterranno al Corpo di Stato Maggiore, mantenere con essi buoni rapporti, ed, occorrendo, far prevalere propria influenza sulle decisioni che saranno prese da quella Commissione.

69 1 Il telegramma fu trasmesso da Asmara il 20 dicembre alle ore l O.

70 1 Non pubblicato.

70 2 Cfr. serie III, vol. VII, n. 698.

71

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2421/136. Pera, 16 dicembre 1903, ore 1,25.

Mi riferisco telegramma n. 1341•

R. vice console a Valona mi ha telegrafato che, malgrado assicurazioni patriarcato ecumenico, domenica scorsa fu letta lettera vescovile, la quale, richiamando proibizione già fatta ai fedeli di mandare tigli alle scuole italiane con minaccia di scomunica, perché scuole di propaganda religiosa, accenna al fatto che consigli dati non sono stati ascoltati, e conclude: che, se genitori continueranno ad inviare i figli in simili scuole, saranno esclusi da tutti i bisogni religiosi. Ancarano e Millelire segnalano entrambi ostilità clero ortodosso essere suscitata dal reggente il consolato di Grecia a Valona, che dicono persona di cattiva riputazione e che rinnoverebbe colà intrighi già fatti a Janina. Pericolo preveduto da Ancarano era che gruppo italiano penetrasse chiesa e strappasse dalle mani [ ...F enciclica minacciante scomunica, ciò che avrebbe determinato conflitto. Ancarano aggiunge che pericolo scongiurato domenica, potrà ripresentarsi prima occasione, e che per far cessare agitazione colonia è

necessario far leggere o pubblicare contro-enciclica e far dare sacramenti, fin qui negati, famiglia nostro maestro di greco. Millelire da me interpellato, mi ha telegrafato in data del 13 corrente, conoscere bene colonia Valona, ritenere allarme assolutamente infondato, e che probabilmente Ancarano erasi lasciato sopraffare dalle prime impressioni. In presenza delle notizie telegrafate da Ancarano, ho stimato opportuno di fame dare comunicazione, in via ufficiosa, a questa legazione di Grecia, la quale si è riservata di fare opportune comunicazioni al patriarcato, ed assumere informazioni circa contegno reggente consolato ellenico a Valona. Nel tempo stesso ho fatto recare ufficiosamente a conoscenza patriarcato sostanza telegramma ricevuta da Ancarano, esprimere mia sorpresa e rammarico che istruzioni promesse non siano state inviate, o non abbiano prodotto desiderato effetto, e dichiarare che clero di Valona assumeva col suo contegno una ben grave responsabilità. Patriarca mi fece rispondere che le istruzioni generali possedute dal clero miravano semplicemente ad ammonire gli ortodossi di non inviare figli a scuole dove si fa propaganda religiosa, e senza specificare che, però, giusta quanto aveva promesso, aveva inviato istruzioni affinché fosse evitata ogni dimostrazione ostile alle scuole italiane, che non sapeva spiegarsi ciò che era accaduto, ma che farebbe tutto ciò che è possibile perché incidente, se grave come si asseriva, non avesse alcun seguito. Quanto all'incidente del maestro di greco delle nostre scuole, aveva già dato ordini di amministrare sacramenti alla famiglia.

Dei passi fatti presso il patriarca e delle sue risposte, ho dato avviso telegrafico a Millelire ed Ancarano, invitando quest'ultimo ad adoperarsi in ogni miglior modo perché incidente non assuma maggiori proporzioni. Mi sono astenuto, fino ad ora, dal far passi presso la Sublime Porta, ritenendo miglior partito, nell'interesse delle nostre scuole, che incidente sia, se possibile, amichevolmente appianato col patriarcato e la legazione greca; intervento Governo ottomano, già ben poco disposto verso scuole estere, non potrebbe che inasprire le cose, ed indurre clero ortodosso ad intralciare scuole italiane, se non apertamente, con mezzi segreti.

70 1 Allegato il seguente appunto che è la traccia per la risposta: «Dire in via confidenziale che le trattative sono state qui condotte dal capo dell'ufficio coloniale e da sir Rennell Rodd e Harrington e si è giunti ad una conclusione in forma di proposta. Non si è parlato. però. dell'Eritrea. Fra poco informanni».

71 1 Con T. 24051134 del 13 dicembre, non pubblicato, Malaspina informava sui passi effettuati presso il patriarcato. 2 Gruppo indecifrato: forse «celebrante».

72

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2432/143. Londra, 16 dicembre 1903, ore 9,25.

Informazioni di cui è questione telegramma di V.E. n. 19141, trovasi ora sottoposta qua all'esame dello Stato Maggiore ed il Foreign Office si è riservato di farmi conoscere parere che sarà adottato circa l'opportunità di tentare proposta trattative. Dopo molto tempo oggi ebbi occasione di parlare al marchese Lansdowne nel senso del telegramma di V.E. 19502 . Sua Signoria mi disse che, sebbene vi sia luogo a met

2 T. 1950 del 12 dicembre, non pubblicato, con il quale Tittoni sottolineava l'opportunità che nel colloquio con Lansdowne si attirasse l'attenzione sulla convenienza a raggiungere soluzioni pacifiche in Somalia.

tere in dubbio serietà di simile offerta, egli però non trascurerà alcuna occasione che presentando (sic) ragionevoli probabilità di successo per fare, se non altro, un tentativo in senso pacifico.

72 1 Cfr. n. 56.

73

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1991. Roma, 16 dicembre 1903, ore 20.

Ora che i due ambasciatori hanno già ufficialmente invitato la Sublime Porta a chiederci un generale per la gendarmeria in Macedonia, mi sembra che V.E. potrebbe conferirne apertamente coi ministri del sultano od in altro luogo opportuno, confermando che il R. Governo è disposto ad accogliere la richiesta, che la scelta cadrà sopra persona avente ogni desiderabile dote di capacità di fermezza e di prudenza, e che il nostro generale entrando al servizio della Sublime Porta, saprà efficacemente contribuire alla causa dell'ordine e dello statu quo, che al R. Governo sta a cuore non meno che al Governo ottomano. Una sollecita decisione ormai si impone, la presente incertezza non essendo scevra di inconvenienti e potendo anche prestarsi ad intrighi notevoli tanto a noi quanto a codesto Governo.

74

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2443/63. Belgrado, 17 dicembre 1903, ore 2,50.

Mi risulta positivamente che S.M. il re, sostenuto dal Governo e dai capi gruppo della Camera, abbia deciso di non cedere alle pressioni austro-russe, per le più gravi conseguenze che ne potrebbero derivare nel Paese. Mi consta, però, anche che, se il Corpo diplomatico si recasse al ricevimento di capo d'anno, Sua Maestà, di sua iniziativa, sostituirebbe, prima quella data, sei ufficiali complicati, involti nella cospirazione con altri non compromessi ed allontanerebbe, per qualche giorno, dalla Corte il primo aiutante di campo, così che al ricevimento assisterebbero solo ufficiali non sospetti.

Ne informo V.E. per il caso che ella credesse fare presentire Gabinetti di Pietroburgo e Vienna per domandare se, tenendo conto delle difficoltà interne della Serbia, essi sarebbero soddisfatti di questo segno di deferenza verso i due imperatori ed il nostro augusto sovrano.

So che questo ministro d'Austria-Ungheria, interrogato dal suo Governo, appoggerebbe tale soluzione, e credo che incaricato d'affari di Russia non l'ostacolerebbe.

75

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TTTTONI

T. 24461182. Berlino, 17 dicembre 1903, ore 5,10.

Mi consta che, penetrato alta importanza politica del felice successo delle attuali nostre trattative commerciali con la Austria-Ungheria, questo Governo ha fatto pervenire a Vienna consigli di arrendevolezza domande.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1995. Roma, 17 dicembre 1903, ore 15.

Il telegramma di Y.E. 1 fa manifesto il sistematico malvolere del vescovo greco di Valona. Prego l'E.Y. di voler considerare se avrebbero probabilità di successo offici di lei presso il patriarca per attenerne l'allontanamento dalla attuale sua sede. Nel caso affermativo, ella è autorizzata ad adoperarsi in tal senso, non essendo dubbio, anche dal punto di vista politico, il vantaggio che se [ne] otterrebbe.

77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A LISBONA, DI BISIO

D. 70951/126. Roma, 17 dicembre 1903.

Segno ricevuta e ringrazio la S.Y. per il rapporto in data delli 4 corrente n. 215 1 , relativo alle relazioni attuali tra il Portogallo e la Santa Sede.

Approvo che la S.V. si sia mantenuto in riserbo circa il delicato argomento a cui si riferisce la seconda parte del rapporto stesso. Tale linea di condotta dovrà ella seguire anche per l'avvenire; però importa, d'altronde, che neppure si contenga in guisa da escludere, da parte del sovrano e del Governo di Portogallo, ogni possibilità di manifestare il loro pensiero. Ciò avvenendo, ascolti e riferisca, avvertendo solo di evitare che, anche col solo silenzio, ella possa lasciar credere ammissibile una visita del sovrano portoghese altrove che nella capitale del Regno.

77 1 Cfr. n. 51.

76 1 Cfr. n. 71.

78

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1561/772. Vienna, 17 dicembre 1903 (perv. il 20).

Ho l'onore d'informare l'E.V. che jeri ebbe luogo in questa città la solenne apertura della sessione delle Delegazioni austro-ungariche.

In tale occasione S.M. l'imperatore pronunciò il discorso del quale trasmetto il testo nella traduzione francese pubblicata dalla Correspondance Politique 1• In esso sono specialmente notevoli le dichiarazioni fatte dal sovrano circa lo scopo disinteressato dell'Austria-Ungheria nella sua politica balcanica e circa gli avvenimenti di Serbia le quali ultime si collegano a quelle già fatte all'epoca dell'assunzione al trono di re Pietro.

S.E. il conte Goluchowski tenne poi anche jeri dinanzi alla Delegazione ungherese il suo consueto discorso sulla politica estera dell'Austria-Ungheria del quale trasmetto parimenti il testo in tedesco1 . Il discorso può dirsi un ampliamento ed una più particolareggiata delucidazione del messaggio sovrano. Esso annuncia il rinnovamento della Triplice Alleanza di cui enumera i vantaggi e constata la debolezza dei detrattori di essa e passando dai detrattori, che esso chiama irresponsabili nell'interno della Monarchia, a quelli altrettanto irresponsabili che sono all'estero, deplora vivamente le dimostrazioni avvenute da qualche tempo in Italia in un Paese cioè col quale l 'Impero è in stretti rapporti di pace e di alleanza.

«Le dimostrazioni irredentiste» dice il conte Goluchowski «che hanno luogo colà da un certo tempo in misura crescente sono certo manifestazioni altamente deplorevoli che non possono respingersi e condannarsi abbastanza recisamente, ma io penso però che sarebbe erroneo di attribuire loro un peso maggiore di quello dovuto a vuote dimostrazioni destinate sopratutte a proporre al proprio Governo penosi imbarazzi». Egli loda quindi la calma serbata nell'Austria-Ungheria dagli organi più seri della stampa e dai circoli politici ben pensanti di fronte a simili agitazioni il che insieme all'agire corretto mostrato dal R. Governo italiano varrà a ricondurre la calma ed a preservare da perturbamenti i buoni rapporti che sono a cuore così de li'AustriaUngheria come del Regno limitrofo. La più lunga parte del discorso è dedicata alla questione macedone della quale il conte Goluchowski fa la storia dall'anno scorso fino ad adesso dando le più ampie assicurazioni di disinteresse per quanto riguarda la politica dell'Austria-Ungheria e della Russia e conchiudendo con un monito molto severo alla Turchia ed alla Bulgaria. L'oratore rileva il pieno accordo con la Russia e la ferma volontà da ambe le parti di perseverare sul piano di riforme adottato.

Per la Serbia esprime la speranza che il nuovo re giunga a sedare le fazioni interne e ricondurre nel Paese normali condizioni e che l'Austria-Ungheria non sia costretta a tenere verso il vicino Stato un contegno meno benevolo a causa degli

attacchi che alcuni partiti muovono frequentemente contro di essa. Loda poi il contegno corretto della Rumania e della Grecia nella questione macedone.

Il discorso si chiude con una disamina della questione del veto interposto alla candidatura del cardinale Rampolla al pontificato e colla dichiarazione che il veto non fu originato da influenze politiche esercitate dagli Stati alleati, ma per iniziativa propria, per libera determinazione del Governo austro-ungarico.

I giornali di oggi della capitale commentano favorevolmente il discorso del conte Goluchowski.

78 1 L'allegato manca.

79

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. CONFIDENZIALE 2463/137. Pera, 18 dicembre 1903, ore 5,40.

Macedonia. Mi riferisco telegramma di V.E. n. 1991 2 .

Collega d'Austria-Ungheria mi ha informato jeri, in via strettamente confidenziale, che Sublime Porta non avendo ancora dato seguito soddisfacente alle comunicazioni da lui fattele, in unione al collega di Russia, circa primi due punti delle proposte austro-russe, primi dragomanni delle due ambasciate sarebbero incaricati di fare oggi a questo ministro degli affari esteri nuove comunicazioni della sostanza seguente: l) che, in merito ad osservazioni mosse in una precedente conferenza da Tewfik pascià, circa primo punto delle proposte, due ambasciatori dichiaravano che denominazione di «agente civile» costituiva per essi questione di principio e che, perciò, tale denominazione non poteva essere mutata; 2) che due ambasciatori segnalavano alla Sublime Porta urgenza di provvedere alla nomina del generale straniero per riorganizzazione gendarmeria in Macedonia, giusta secondo punto delle proposte, e reiteravano raccomandazioni già fatte perché questo generale fosse scelto nell'esercito italiano. Allo stato dei negoziati ed in presenza dell'intenzione dei miei due colleghi di condursi di fronte le due questioni, mi sono limitato a far sapere al ministro degli affari esteri che R. Governo, consapevole dei passi delle due Potenze, era disposto accogliere richiesta di porre a disposizione del Governo ottomano generale di riconosciuta competenza per riorganizzazione gendarmeria, e che, le altre Potenze essendo consenzienti, Sublime Porta ha già operato saggiamente, non indugiando dar seguito alle raccomandazioni fattele nell'interesse stesso del funzionamento di un servizio, strettamente collegato colla azione pacificatrice in Macedonia. *Stimo che nella questione della nomina del generale italiano, questa ambasciata non debba intervenire che in momento opportuno, e con molta prudenza, lasciando che ambasciate d'Austria-Ungheria e di Russia continuino a procedere in prima linea, sia per evitare di suscitare diffidenze della Sublime Porta e del sultano, sia perché, in caso di resistenza, le due Potenze si ritengano impegnate ad adoperare mezzi per vincerla *.

2 Cfr. n. 73.

Avverto, ad ogni buon fine, l'E.V. che, secondo ogni probabilità, questione dovrà subire qualche ritardo, a cagione feste del Bairam.

79 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 104, pp. 111-112.

80

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2459/185. Berlino, 18 dicembre 1903, ore 10,38 (perv. ore 11,40).

Biilow che vidi ierisera mi espresse sue felicitazioni per il modo franco, fermo in pari tempo prudente col quale V.E. ha delineata politica estera italiana durante la discussione bilancio, traendone i più lieti presagi per le nostre relazioni internazionali sotto la direzione dell'E. V. 1•

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. CONFIDENZIALE 1999. Roma, 18 dicembre 1903, ore 14,45.

Macedonia. Le notizie relative al generale italiano, qui tenute scrupolosamente segrete, divulgate invece da Vienna e da Costantinopoli, ci mette (sic) in posizione imbarazzante non potendosene liberamente parlare fin tanto che ci manca la comunicazione ufficiale. Prego adoperarsi nel modo che le sembri più opportuno, ma con efficacia acciocché non tardi la decisione della Sublime Porta e ce ne sia dato l'annunzio ufficiale, facendole presente come dopo le accennate indiscrezioni, ove proposta non venisse fatta, sarebbe generalmente considerato come uno scacco subìto dall'Italia.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 2003. Roma, 18 dicembre 1903, ore 20.

I telegrammi di V.E. circa la situazione in Somalia mi fanno temere che lord Lansdowne non abbia apprezzato in tutto il loro valore le considerazioni che pregai

V.E. di esporgli, e cioè: l'opinione dei funzionari civili inglesi favorevoli alla pace, il fatto che Abdulla Scheri non parla per conto proprio ma per conto del Mullah, il pericolo infine che, mancando l'effetto dell'azione combinata di Ali Yusuf e degli abissi

ni, il movimento mahdista si perpetui a danno dell'Inghilterra non meno che dell'Italia. Desidero che V.E. insista opportunamente su questo punto per esser quanto meno ben sicuro che lord Lansdowne ne valuti tutta la importanza1 .

80 1 Tittoni aveva fatto la sua dichiarazione alla Camera il giorno 15.

83

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 524. Asmara, 19 dicembre 1903 (perv. il 3 gennaio 1904).

Nella lettera dell'undici novembre n. 65557/10341 giuntami durante un'escursione nell' Assaorta, V. E. nel darmi notizia di un colloquio avvenuto in Cairo fra lord Cromer e il r. agente diplomatico circa il collegamento delle ferrovie sudanesi alle eritree, si compiace altresì domandarmi quale in tale proposito sia il mio pensiero.

Ad esprimerlo pronto, netto, intero, dirò che appena quella lettera mi pervenne, commisi all'ingegner Schupfer, capo dell'ufficio speciale ferroviario, di determinare con studi di larga massima, quale tracciato sia meglio conveniente ad una ferrovia onde Asmara si congiunga con Sabderat.

Chi conosca ed ami la colonia non professerà opinione diversa da questa: una ferrovia che muovendo da Cartum, si prolunghi per ed oltre Sabderat sino a Massaua, corregge in molta parte l'errore della cessione di Cassala, centuplica il valore delle valli del Barca e del Sasc, le più adatte alle colture tropicali, e attraendo a Massaua i commerci del Sudan con l'India e l'Oriente, assicura al nostro porto insperate fortune.

Nella mia lettera del 21 decorso luglio (n. 373)2 trattando appunto della Cartum Cassala dimostrai dubitare che il Governo del Sudan si risolvesse a sostenere la spesa di una ferrovia onde si avvantaggerebbe il nostro porto di Massaua, a danno del suo di Suakim; apprendo perciò con grata meraviglia come lord Cromer spontaneo intrattenesse il r. agente «del collegamento dalla parte di Cassala delle ferrovie sudanesi con quelle eritree, dicendo che quest'inverno si occuperà di vedere come sarebbe possibile soddisfare anche in questo punto il Governo italiano». E vado ricercando (né la ricerca è inutile) come avvenga che speranze di così largo favore ci vengano di là donde sinora non vennero che terribili minacce all'incremento economico della colonia; per quali moventi il Governo anglo-egiziano che sempre, con ogni maniera di industrie, si ingegnò di intralciare i traffici fra l'Eritrea ed il Sudan, muti così in favor nostro i criteri della sua politica commerciale.

Alcuni mesi or sono l'agenzia Reuter, ufficiosamente inspirata, annunziò imminente l'inizio della costruzione di una ferrovia fra Berbere Suakim: ora lord Cromer promette fra tre anni compiuta l'altra fra Cartum e Cassala. Oltre che non è presumibile si dia cominciamento nel tempo stesso alla costruzione di ambedue le linee,

2 Non pubblicata nel vol. VII della serie III.

imprenditori che a Suakim dimorano, soggiornando qui or è poco, narrarono che sollecitati a prepararsi per i lavori della Berber, furono di recente avvertiti che soprassedessero: ai lavori non si porrebbe mano per ora.

Penso si tratti non già di precedenza, ma di sostituzione; non di costruire subito la Cartum-Cassala e la Berber-Suakim più tardi; ma la prima soltanto, delia ::>-:conda abbandonando addirittura il disegno.

Ma con la Cartum-Cassala non si risolve il problema: i prodotti del Sudan, destinato a molta ricchezza, cercano il mare: a far dunque opera compiutamente efficace, è necessario prolungare la ferrovia fino a Suakim.

Posto ciò, esaminiamo alcuni punti della questione. Una ferrovia da Cassala a Suakim dovrebbe approssimativamente seguire il tracciato di una delle tre cammelliere che oggi congiungono le due città; e sono queste:

la Cassala Lacoeb-Barca-Cassim-Ambacta-Tocar-Suakim; la Cassala Filuc-Rassai-Langheb-Sciancarà-Suakim; la Cassala Mechit-Gadamaeb-Langheb-Sciancarà-Suakim.

La prima, la preferita dalle carovane perché facile, frequente di popolazioni, ricca d'acque e di pascoli, è, fino a Cassim-Ambacta, cioè per quasi due terzi della sua lunghezza, in territorio eritreo. Delle altre due ebbi già a dire in precedenti rapporti; e la Cassala-Filuc-Langheb è descritta nelle «Notizie sulle province egiziane del Sudan Mar Rosso ed equatore» in tre itinerari, l'uno del James, l'altro del Gascoigne, il terzo finalmente del Messedaglia. Traversano regioni per lunghi tratti deserte, povere di acqua, della quale ne' periodi di siccità difettano quasi interamente; così da costringere le carovane, nonostante le ingiunzioni delle autorità sudanesi, a percorrere la via Lacoeb-Barca in territorio eritreo. Hanno, presso a poco, ambedue la lunghezza medesima: dai 450 ai 500 chilometri: assai men lungo percorso avrebbe dunque una ferrovia da Cassala a Massaua.

Al difetto dell'acqua si può rimediare in molte guise: leggo che la ferrovia di Mombasa è percorsa ogni notte da un treno, unicamente adoperato a portare e distribuire acqua ovunque ne sia bisogno; ma ciò aumenta grandemente le spese dell'esercizio; sulla Cassala-Mechit-Langheb, la men peggiore delle due, si potrebbero tentare escavazioni di pozzi con mezzi meno rudimentali di quelli in uso fra gli indigeni: ma l'opera di incerto successo specie nel tratto più vicino a Suakim importerebbe spese non lievi.

Vi hanno dunque per la costruzione di una ferrovia Cassala-Suakim difficoltà d'indole tecnica da superare; non sono le sole. Non è un segreto per alcuno che il Governo sudanese si dibatte in dure strettezze. Ultimamente il r. commissario di Agardat passando per S. Stefano, di ritorno dalla licenza, ebbe agio di frequenti conversazioni col sirdar, il quale attendeva appunto colà alla compilazione del bilancio. Sir Reginald Wingate non si peritò di dichiarare come, l'Inghilterra non concorrendo nelle spese del Sudan e il concorso dell'Egitto dimostrandosi insufficiente al bisogno, il Governo sudanese dovesse nelle opere pubbliche andare a rilento e la questione ferroviaria segnatamente fosse di assai ardua risoluzione.

Io dunque, pur pregiando altamente la inconsueta benevolenza che nelle parole di lord Cromer il Governo anglo-egiziano manifesta per la colonia, non sono alieno dal credere che difficoltà tecniche e angustie finanziarie aiutino le attestazioni di amicizia nuova; e che la sua concessione graziosa serva egregiamente a dissimulare dure necessità.

Queste ipotesi, che tutto mi induce a reputar ragionevoli, espongo a V.E. perché ov'esse abbiano fondamento di verità, per la conoscenza delle altrui condizioni, possano, in eventuali trattative, vantaggiarsi le nostre: ché del rimanente, tanto meglio se una ferrovia Cassala-Massaua giova ad ambedue i Governi e ad ambedue le colonie e fa veramente comuni nell' Affrica orientale gli interessi dell'Italia e dell'Inghilterra.

Detto ciò, poco ho da aggiungere a quanto scrissi in principio. Era follia lo sperare che all'errore della cessione di Cassala, il massimo della nostra politica coloniale, si offrisse l'opportunità di riparare in gran parte; errore più grave sarebbe di lasciarsi sfuggire tale opportunità. Se la offerta ci venga di congiungere le ferrovie sudanesi alle eritree, la risposta deve essere, secondo il giudizio mio, pronta e recisa. Non in tre, che è impossibile materialmente, ma in cinque anni noi possiamo costruire la ferrovia Ghinda-Sabderat. Ciò ben inteso senza che la colonia domandi alla madrepatria sacrifici maggiori di quelli che oggi sostiene; sol che il contributo si mantenga nella somma di f 6.500.000. Mi riserbo di dimostrare in altra lettera l'esattezza dei calcoli.

Se V.E. mi concede la licenza che oggi stesso le domando, dovrò, per debito di cortesia, fare, come di consueto visita a lord Cromer. VE. si compiaccia significarmi se stima opportuno che, senza naturalmente nulla compromettere, senza pure accennare ad alcun impegno, io provochi da lui qualche parola intorno ai suoi intendimenti in questo proposito. Nel caso affermativo sarà utile che V.E. mi partecipi il suo consenso telegraficamente.

82 1 Per il seguito cfr. n. 86.

83 1 Non pubblicata.

84

PROGETTO DI ACCORDO ITALO-BRITANNICO

Roma, 19 dicembre 1903.

Essendo comune interesse dell'Italia e dell'Inghilterra di mantenere l'integrità dell'Impero etiopico, di stabilire una guarentizia reciproca per ogni possibile mutamento in Etiopia, anche in vista di una successione al trono, e di ottenere che l'azione dei due Stati per la tutela degli interessi nei possedimenti italiani e britannici prossimi alla Etiopia e nella Etiopia stessa si svolga in modo che non ne venga nocumento agli interessi stessi di alcuna delle due Potenze: i delegati italiano ed inglesi raccomandano ai respettivi Governi l'adozione del seguente accordo:

l) Le due Potenze si obbligano e direttamente e per mezzo dei loro rappresentanti in Etiopia a mantenere continuamente un intero e franco scambio di vedute per quanto riguarda gli interessi delle due Potenze in Etiopia, in modo da ottenere che la loro azione sia sempre diretta alla tutela di essi.

Nel caso che non vi sia accordo fra i rappresentanti italiano e britannico in Etiopia in una particolare questione, essa dovrà essere sottoposta ai due Governi, e rimanere in sospeso fino a che non giungano ad essi rappresentanti le necessarie istruzioni.

2) Italia ed Inghilterra si obbligano ad adoperarsi per il mantenimento dello statu quo politico territoriale in Etiopia quale risulta determinato dai seguenti accordi, e dallo stato di fatto esistente tra l'Etiopia e la colonia francese di Oboc-Jibouti:

a) protocolli italo-britannici del 24 marzo e 15 aprile, 1891, e 5 maggio, 1894; e gli accordi susseguenti che li hanno modificati; b) convenzioni esistenti tra Italia ed Etiopia, tra Inghilterra e Etiopia, e tra Etiopia, Inghilterra, e Italia, insieme:

Trattato italo-etiopico del l Oluglio, 1900;

Trattato anglo-etiopico del 15 maggio, 1902;

Nota aggiunta ai sucitati Tratatti del 15 maggio, 1902;

c) accordo anglo-francese per l 'Harrar del2-9 febbraio, 1888.

Protocolli franco-italiani 24 gennaio, 1900, e 10 luglio, 1901, per la delimitazione dei possedimenti d'Italia e Francia nella regione costiera del Mar Rosso e del Golfo di Aden.

3) Per quanto si riferisce alle domande di concessioni agricole, commerciali, industriali in Etiopia, le due Potenze si obbligano a che i loro rappresentanti agiscano di comune accordo, in modo che le concessioni da farsi nell'interesse di uno dei due Stati non siano di danno agli interessi dell'altro.

4) In caso di controversa successione al trono o di altri interni mutamenti in Etiopia, i rappresentanti d'Italia e d'Inghilterra si manterranno in un contegno di neutralità astenendosi da qualsiasi intervento negli affari interni del Paese e vigilando sugli avvenimenti allo scopo di mantenere, nel comune interesse, lo statu quo quale risulta determinato in base al presente accordo.

In caso di circostanze derivanti da contestata successione o da altra causa che, secondo il parere dei rappresentanti delle due Potenze, richiedano immediata azione, essi sono autorizzati a prendere quei provvedimenti che siano concordemente ritenuti necessari per la protezione delle Legazioni, della vita degli stranieri e dei comuni interessi delle due Potenze, essendo inteso che la loro azione dovrà essere sottoposta alla approvazione ulteriore dei rispettivi Governi, e che nessun appoggio o riconoscimento dovrà esser dato da uno dei due rappresentanti al pretendente che fosse dichiarato inaccettabile dali' altro.

5) Come complemento dell'accordo derivante dai quattro precedenti articoli, essendo necessario non lasciare senza considerazione anche il caso di una disgregazione della Etiopia, le due Potenze si obbligano ad agire concordi al seguente scopo:

Che la eventuale ripartizione di territorì avvenga in base agli accordi enumerati nell'articolo 2 e colle modificazioni che n eli' interesse dell'una o dell'altra Potenza fossero credute necessarie per la salvaguardia degli interessi britannici nel bacino del Nilo e degli interessi italiani in Etiopia (per quanto riguarda la Eritrea e la Somalia, compreso il Benadir), e specialmente nella zona intercedente tra questi possedimenti italiani onde ottenere che tra di essi non vi sia soluzione di continuità.

Alle opportune intese tra le due Potenze per la pratica eventuale applicazione di questo articolo si procederà con particolari accordi.

Nel caso che la ripartizione dei territorii non sia possibile a vantaggio delle due Potenze contraenti, queste si obbligano, in base agli accordi sucitati, ad opporsi che qualsiasi altra Potenza tenti di ostacolare l'attuazione dei provvedimenti contemplati

in questo articolo, coll'occupare quei territori o con l'esercitare in qualsiasi modo influenza, e delibereranno insieme sui mezzi da adoperarsi per esercitare questa opposizione.

Il presente atto dovrà rimanere segreto1•

ALLEGATO

DICHIARAZIONE. Roma, 19 dicembre 1903.

Con nota del 29 gennaio, 1903, Sir Rennell Rodd, incaricato d'affari d'Inghilterra a Roma, scriveva al Ministero degli affari esteri essere stato autorizzato dal principale segretario di Stato per gli affari esteri a dichiarare che il Governo inglese vivamente desidera di agire d'accordo col Governo italiano nei negoziati per determinare i confini tra l'Abissinia e il Protettorato britannico dell'Africa Orientale, e di non procedere ad alcun accordo che possa riuscire di pregiudizio agli interessi dell'Italia. Sir Rennell Rodd aggiungeva essere stato pure autorizzato ad assicurare che il Governo di Sua Maestà britannica non farà alcuna stipulazione che implichi un mutamento nella linea di frontiera stabilita dal protocollo anglo-italiano del24 marzo 1891, senza informare il Governo italiano delle progettate modificazioni ed ottenerne il suo consenso.

Il Ministero degli affari esteri prendeva atto con compiacimento di queste dichiarazioni con nota del 9 febbraio, 1903.

Il delegato italiano dichiara che, affinché la delimitazione anglo-etiopica avvenga senza danno degli interessi italiani, è necessario che attorno a Lugh sia assicurata all'Italia una sufficiente libera zona commerciale, e che la via dal Dawa che dai Boran va a Lugh, senza seguire tutto il percorso del fiume, rimanga libera. Ciò non può ottenersi, secondo l'opinione del delegato italiano, che tracciando la linea di confine anglo-etiopica partendo dalla destra del Eiuba in un punto a valle di Lugh e proseguendo parallelamente e a mezzogiorno del Dawa sino ad incontrare, a sud del Monte Errer, le appendici dell'altipiano Boran; e ottenendo che attorno a Lugh sia garantita all'Italia la zona commerciale di cui sopra è cenno.

I delegati inglesi dichiarano di non poter raccomandare al loro Governo l'accoglimento di questa proposta, ma che, avendo ricevuto istruzioni dal loro Governo di addimostrare ogni miglior riguardo agli interessi italiani, sono disposti a raccomandare, purché abbiano l'appoggio del rappresentante italiano nel negoziato di frontiera con Menelic, la adozione della linea del fiume Dawa, e sulla base di questa soluzione di raccomandare al loro Governo che, mediante accordo speciale tra Italia e Inghilterra, siano lasciate libere ai commerci del Benadir attraverso il territorio britannico sulla destra del Giuba e del Dawa, le vie di comunicazione tra le stazioni italiane del Eiuba e le provincie meridionali etiopiche, e sia assunto impegno, da parte del Governo britannico, di non stabilire stazioni commerciali, a Monte di Lugh, in una zona da determinarsi.

Il delegato italiano non avendo potuto ottenere l 'accettazione della sua proposta è disposto, in via subordinata, a raccomandare al suo Governo l'accettazione di questa controproposta.

I delegati italiano ed inglesi, infine, raccomandano concordemente ai loro Governi di obbligarsi a dare istruzioni ai propri rappresentanti in Etiopia di aiutare concordi l'azione da spiegarsi presso Menelic, da una parte, per ottenere all'Inghilterra una conveniente soluzione nella determinazione delle frontiere verso il Rudolph, e, dall'altra, per ottenere all'Italia una conveniente soluzione politico-commerciale della questione di Lugh, in armonia con quanto sarà stato concordato fra Italia ed Inghilterra.

84 1 La documentazione sulle conversazioni avvenute a Roma tra Agnesa, Harrington e Rennell Rodd dal 12 al 19 dicembre, in Conjìdential Correspondence, cit.

85

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2474/138. Pera, 20 dicembre 1903, ore 0,15.

Mi riferisco telegramma di V.E. n. 19992 , incrociatosi col mio n. 1373•

Comunicazione delle ambasciate d'Austria-Ungheria e di Russia di ieri al ministro degli affari esteri venne fatta, per iscritto ed in nome dei due Governi, nei termini da me telegrafati all'E.V. A questa comunicazione due primi dragomanni fecero seguire dichiarazione verbale nel senso di prevenire la Sublime Porta che, qualora essa ritardasse nominare generale per riorganizzazione gendarmeria, due Governi erano decisi a prendere essi la questione in mano. Di fronte a questa comunicazione, che denota intenzione dei due Governi di fare accogliere le loro raccomandazioni, e dopo avere io fatto valere alla Sublime Porta e specialmente a Palazzo i più opportuni argomenti, stimo migliore partito astenermi da nuove comunicazioni ufficiali, pur continuando a fare sentire, in via amichevole ed in ogni favorevole circostanza, necessità che Governo ottomano proceda, senza indugio, alla nomina del generale italiano. *Ove, poi, l'E.V. non ravvisasse giustificata conclusione del mio telegramma di ieri, circa linea di condotta di questa ambasciata, sarò grato se vorrà darmi d'urgenza le sue istruzioni*. Avverto, ad ogni buon fine, che, un primo rifiuto della Sublime Porta non essendo forse, dato il consueto suo modo di procedere, improbabile, una nostra azione più energica potrebbe, in tal caso, essere utilmente esplicata e previamente concertata coll'Austria-Ungheria e colla Russia.

85 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 104, p. 112. 2 Cfr. n. 81. 3 Cfr. n. 79.

86

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 24781150. Londra, 20 dicembre 1903, ore 5,25.

Ho ricevuto i telegrammi di V.E. nn. 20031, 20042 .

Come ho riferito col rapporto 173 andante, marchese Lansdowne si è mostrato meco volenteroso di prendere in considerazione qualsiasi possibilità di un ragionevole tentativo per la pacificazione che egli mi disse vivamente desiderare. Ma non si può attendere che il Governo britannico voglia compromettersi in simile negoziato, prima di avere accertato che si tratti di cosa seria, mentre già parecchie volte si presentarono sedicenti intermediari, che poi furono sconfessati dal Mullah. Ora non risulta dalle comunicazioni del generale che lo Sheri abbia messo innanzi alcune proposte concrete, né giustificati i propri poteri. Generale fu autorizzato prendere in esame le aperture che gli fossero fatte ed a regolarsi in conseguenza.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 2017. Roma, 20 dicembre 1903, ore 18,55.

Ricevo il telegramma n. 13 81 .

Approvo il procedimento che V.E. si propone di seguire rispetto alla designazione di un generale italiano per la gendarmeria in Macedonia, riservandomi, qualora ella me ne additasse l'opportunità, di concordarmi coi Gabinetti di Vienna e Pietroburga per una eventuale pressione sulla Porta.

88

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3997/1530. Parigi, 20 dicembre 1903.

Durante la consueta visita ebdomadaria che feci il 9 corrente a questo ministro per gli affari esteri, egli spontaneamente mi disse di aver avuto recente occasione di conversare con il presidente della Repubblica circa la scelta dell'epoca per la restituzione della visita alle Loro Maestà il Re e la Regina a Roma. Tenuto conto della pre

2 Non pubblicato.

3 Non rinvenuto.

visione dei lavori parlamentari in Francia, pareva che il momento più propizio sarebbe stato nella settimana che segue Pasqua cioè fra il4 ed il 10 aprile dell'anno prossimo. Il presidente aveva preso l'impegno per il 4 (lunedì di Pasqua), di recarsi ad Arras per il concorso annuale di ginnastica; ma dopo quella data egli rimaneva in libertà per compiere il suo viaggio. La conversazione non avea portato ancora ad una precisa conclusione e della cosa, così mi disse il signor Delcassé, non erasi ancora parlato nel Consiglio dei ministri.

Non era pertanto per me il caso di presentire il Governo del re sovra la scelta di tale epoca ed avrei aspettato per ciò fare che un'indicazione più precisa e più sicura mi venisse fornita.

Se non che l'agenzia Havas del 14 riproduceva, dal giornale La Tribuna, la notizia che il presidente Loubet arriverebbe a Roma il 6 aprile e, da quello stesso giornale, prendeva una serie di informazioni relative al ricevimento nella nostra capitale conchiudendo con l'indicazione che, durante il suo soggiorno in Italia, il signor Loubet visiterebbe pure Napoli e Firenze.

In vista di questa pubblicazione, trovandomi nuovamente in visita dal signor Delcassé il 16 di questo mese, gli chiesi se le informazioni divulgate dali' agenzia Havas rispondevano all'esito di pratiche eseguite ad insaputa mia a Roma, oppure se le cose stessero ancora al punto in cui erano otto giorni dianzi.

Questo signor ministro degli affari esteri mi disse che molta sorpresa gli avea cagionata la notizia dell'agenzia Havas mentre in fatto le cose stavano tuttora al punto in cui erano quando egli me ne avea parlato otto giorni prima. Si era ancora, soggiunse, a più di tre mesi di distanza dall'epoca che pareva la più favorevole per il viaggio; epperciò egli si era astenuto dal proporre che il Consiglio dei ministri deliberasse, non in merito, poiché la visita era cosa già da tempo intesa, ma sull'epoca di farla. Se qualche risoluzione fosse stata presa, io ne sarei stato informato senza verun indugio.

Ho fatto a V.E. un cenno telegrafico di questa seconda conversazione da me avuta con il signor Delcassé 1 e mi pare opportuno il mettere in sodo con questo rapporto come stanno presentemente le cose.

Non conoscendo io le idee del R. Governo in ordine all'ultima parte delle informazioni pubblicate dalla Tribuna circa la visita di Firenze e Napoli che il presidente della Repubblica aggiungerebbe a quella di Roma, non mi parve opportuno il chiedere al signor Delcassé alcunché al riguardo. Fino dalla metà di settembre ultimo, il sindaco di Torino fece pratiche perché il presidente, nel suo futuro viaggio, avesse a fare una sosta in quella città. Probabilmente il Governo di Sua Maestà avrà preso in proposito qualche deliberazione e, se ciò fosse, sarebbe utile che io ne fossi avvisato per mia norma di linguaggio.

Il signor Delcassé, per connessione di idee, mi diceva che forse le notizie date dalla Tribuna avevano la stessa origine delle altre che molti diari danno con grande asseveranza circa le pratiche che aveano già condotto, durante il pontificato di Leone XIII, ad un'intesa per la visita del presidente Loubet al Vaticano e quelle che sarebbero ora in corso con Pio X per lo stesso soggetto. Erano tutte invenzioni stabilite sovra

presunzioni senza fondamento e se la Santa Sede ed il Governo della Repubblica avessero avuto ad occuparsi soltanto dei negoziati che loro si attribuiscono, sarebbero rimasti entrambi nella più assoluta inoperosità, poiché nulla si era fra di loro detto o fatto in proposito.

Ho udito questa dichiarazione del signor Delcassé senza darvi da parte mia alcuna replica. Mi sembra infatti che non convenga, né nei rispetti della visita del presidente della Repubblica, né in quelli delle altre visite sovrane che alla medesima potrebbero seguire, che il Governo di Sua Maestà si dia l'apparenza di voler influire sovra le risoluzioni dei capi di Stato che vengono in Roma. Questi debbono rimanere convinti della libertà piena delle loro risoluzioni la quale è certamente parte cospicua di quella che l 'Italia ha sempre dichiarato di volere rispettare nelle relazioni della Santa Sede con gli Stati e le Nazioni straniere. In mancanza di speciali istruzioni, il contegno che in nessun modo poteva pregiudicare questo principio mi sembrò il solo che convenisse a me di adottare.

86 1 Cfr. n. 82.

87 1 Cfr. n. 85.

88 1 T. riservatissimo 2430/133 del 16 dicembre, non pubblicato.

89

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 497/134. Cettigne, 20 dicembre 1903 (perv. il 4 gennaio 1904).

L'emigrazione montenegrina, che si manifesta già da lungo tempo, e che è andata sempre aumentando, ha preso in questo anno proporzioni relativamente assai vaste. Si calcola da 5 a 6 mila, taluni dicono perfino 7 mila, il numero dei montenegrini che abbandonarono la loro patria nel corso del 1903 per recarsi la più gran parte nell'America del Nord. La cosa andò tant'oltre che, dopo aver tentato di porre argine al movimento, spargendo nel popolo superstizioso la credenza che l'emigrazione era vietata da un santo specialmente venerato nel Paese, il Governo principesco trovò necessario, ultimamente, di sospendere il rilascio dei passaporti per l'estero. Il fenomeno appare infatti abbastanza inquietante, se si considera che il Montenegro ha una popolazione tutt'altro che densa (appena 25 abitanti per kmq.); e che, la maggior parte degli emigrati appartenendo all'emigrazione permanente, si potrebbe intravedere in un non lontano avvenire il pericolo, non solo di una mancanza di braccia per l'agricoltura, ma anche -ciò che sarebbe qui particolarmente sensibile -di una mancanza di fucili per l 'esercito.

La causa prima di questa, come delle altre emigrazioni dai Paesi europei, va ricercata naturalmente nella miseria che regna nel Montenegro, dove non esiste industria alcuna, dove il poco commercio è pressoché tutto in mano di stranieri, e dove l'agricoltura, tuttora esercitata con metodi affatto primitivi, dà prodotti meschini e poco rimuneratori. Si potrebbe osservare bensì che tale miseria non è punto aumentata negli ultimi anni; che anzi, sotto alcuni aspetti, un leggiero miglioramento può venir constatato; e che, per conseguenza, ciò non basterebbe a spiegare lo straordinario incremento che ha ora preso l'emigrazione. Ma occorre tener conto, d'altra parte, che, grazie alle comunicazioni qui pure relativamente sviluppatesi, ai più frequenti contatti coll'Europa occidentale, i bisogni e le esigenze della moderna civiltà hanno, per quanto lentamente, cominciato a penetrare anche fra questi monti, e le aspirazioni ad un maggior benessere economico vi si fanno sempre più vivamente sentire. E siccome tali aspirazioni trovano nelle istituzioni e nelle condizioni attuali del Paese un ostacolo difficile a superare, così ho inteso interpretare l'esodo dei montenegrini come uno dei sintomi di un vago malcontento, che da qualche tempo in qua serpeggia nel popolo, e che accenna a rivolgersi anche contro il suo sovrano. Questo malcontento non esisteva, né poteva esistere prima quando le lotte eroiche per la indipendenza assorbivano tutte le forze vitali dei montenegrini, abbagliati com'erano dal miraggio di una gloria, costantemente agognata. Ma ora che il mestiere delle armi, pur essendo sempre il più gradito, non fornisce più loro sufficente occupazione; ora che, all'infuori di qualche colpo di fucile, scambiato periodicamente coi limitrofi albanesi come segno di buon vicinato, la pace non è più stata turbata da 25 anni; ora anche qui si vedono, si osservano, e si commentano molte cose. Si vede, per esempio, o si crede di vedere che, mentre il popolo ha soventi appena di che sfamarsi, vengono mantenute dal principe e dai suoi figli, tre Corti principesche, le quali, benché impiantate con un lusso assai modesto, pure sono in un certo contrasto coll'ambiente che le circonda. Si osserva, o si vuole osservare che la sovvenzione annualmente largita dalla liberalità dello tzar -e cui la credenza popolare dà proporzioni assai più vaste che non siano in realtà-invece di servire, come dovrebbe, ai bisogni d eli 'esercito, o, come molti vorrebbero, a quelli dell'intero Paese, viene so venti impiegata in viaggi all'estero e in altre spese voluttuarie della famiglia regnante. Si osserva che, ad onta di tutte le promesse, non è stato per anco compilato un regolare bilancio dello Stato; che le imposte -in verità non molto grevi, ma che già furono, e stanno per essere di nuovo, oggetto di successivi «ritocchi» -continuano ad essere riscosse con grande severità; mentre, per converso, non fu preso nessun provvedimento atto a sollevare la depressione economica del popolo, e mentre gli stipendi di quasi tutti gli impiegati governativi sono sempre pagati con deplorevole irregolarità. Le riforme degli organi amministrativi e giudiziarì, solennemente proclamate lo scorso anno, non furono applicate che in parte; ma coloro, che da quella parziale applicazione si videro feriti nei loro interessi, si studiano di far rilevare che l'amministrazione non è meglio ordinata, la legge non più rispettata di prima; che si moltiplicano invece i casi di dinieghi di giustizia ...

Questo quadro, dalle tinte così buie, non risponde completamente -mi affretto a dichiararlo -alle mie osservazioni personali, per quanto alcuni particolari di esso mi sembrino abbastanza conformi alla verità. Ma gli elementi me ne furono forniti con affermazioni concordi che, quantunque forse improntate a soverchio pessimismo, non ho creduto potermi esimere dal riferire -da persone che più intimamente e da più lungo tempo di me conoscono questo Paese. Una di esse -un rappresentante di un altro Stato balcanico, che per le sue tendenze e le sue abitudini di vita è forse meglio in grado di rendersi conto delle correnti popolari -pretendeva perfino che il malcontento è già arrivato ad un punto tale, da far sorgere in molti montenegrini l'aspirazione di essere riuniti al vicino Impero austro-ungarico. Il confronto fra le condizioni loro, e quelle dei loro connazionali che vivono nelle limitrofe provincie soggette alla Monarchia degli Habsburg, sarebbe talmente sfavorevole, sotto l'aspetto economico, al regime che li governa, da far loro dimenticare sentimenti e risentimenti che si credevano profondamente radicati. Anche qui mi preme soggiungere che non divido affatto questa opinione. L'ostilità contro l'Austria-pure ammettendo che sia in parte artificiosamente alimentata dall'alto-è intensa e generale nel popolo montenegrino; e una guerra con quella Potenza, forse ancora più che una guerra con la Turchia, susciterebbe l'entusiasmo nazionale come ai tempi eroici.

Checché si pensi di ciò, io sono convinto che questo preteso malcontento non condurrà certo ad uno scoppio, finché vive l'attuale sovrano del Montenegro. Attraverso tutte le vicende della storia, il principe Nicola è una forte e caratteristica figura, che sente l'anima del suo popolo, che ne vive la vita, che ne possiede tutte le qualità, e poniamo pure, tutti i difetti. Questi fieri montanari, tuttora incoscienti del concetto della maestà della legge e ignari di ogni teoria liberale, non sentono il peso di un dispotismo sotto il quale hanno sempre vissuto. Essi ravvisano nel loro «Gospodam colui che li condusse, essi o i loro padri, alla battaglia e alla vittoria; che cento volte espose con loro la sua vita di fronte al nemico; che scrisse il suo nome a caratteri brillanti nella pagine più gloriose delle lotte per l'indipendenza. E si manterranno a lui fedeli fino alla morte.

Ma debbo confessare che da parecchi questa mia convinzione non è divisa. In ogni caso, anche a parer mio, le cose potrebbero forse mutar d'aspetto col giorno in cui il principe ora regnante -che gode del resto di florida salute -venisse a mancare. Colui che è chiamato a succedergli non può, naturalmente, pretendere a quella aureola di gloria che circonda il suo genitore; e nulla ha fatto finora che possa concigliargli l'affetto e la devozione del suo popolo. Gli si rimproverano la mancanza di sincerità, i modi imperiosi e talora brutali, la vita appartata che conduce gran parte dell'anno nella solitudine di Antivari. Né maggior simpatia, specie in questi ultimi tempi, viene ispirata dal fratello minore, noto per le sue irrequiete aspirazioni, per la sua leggerezza di carattere, per l'inettitudine ad ogni seria occupazione. La situazione potrebbe quindi, ad un dato momento, assumere qui d'un tratto un carattere minaccioso; e da parte dell'Italia, che è legata al Montenegro da molteplici vincoli, una simile eventualità merita di essere considerata con vivo interessamento.

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

T. 2025. Roma, 21 dicembre 1903, ore 18,45.

Ad evitare possibili equivoci stimo utile avvertire, ad ogni buon fine, che la designazione di un generale italiano per l'organizzazione della gendarmeria in Macedonia non deve escludere la partecipazione dell'Italia in quell'eventuale riparto di zone che si facesse tra le varie Potenze, sia per la sorveglianza sulle riforme, sia per la distribuzione di ufficiali italiani per il servizio d'ordine e di polizia.

90 1 Ed. in LV 104, p. 113.

91

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3995/1529. Parigi, 21 dicembre 1903 (perv. il 27).

La missione che da più di otto anni compieva in Francia il conte di Wolkenstein, in qualità di ambasciatore d'Austria-Ungheria, ha termine in questi giorni. Gentiluomo di vecchio stampo, mente calma ed equilibrata, egli tenne l 'ufficio suo certamente con molta dignità personale, ma senza fare alcun sforzo e direi neppure qualche tentativo per dare ai rapporti della Monarchia, da lui rappresentata, con la Repubblica francese un qualsiasi carattere speciale. Egli mi parve sempre riposarsi nell'idea che, per varie ragioni, fra le quali veniva in prim'ordine la giacitura geografica dell'AustriaUngheria e della Francia, in questo Paese nessuno nutriva sentimenti ostili verso quello ch'egli qui rappresentava ed in realtà, anche nei momenti in cui lo spirito pubblico francese fu più che mai eccitato contro la Triplice Alleanza, nessuno qui parve meravigliarsi che l'Austria Ungheria si trovasse a fianco della Germania. Più tardi si trovò forse nella alleanza austro-tedesca la causa determinante per la Russia di unirsi alla Francia e quasi quasi si provò un'intima contentezza che la politica del Gabinetto di Vienna avesse determinata la formazione della duplice alleanza che facesse uscire i francesi dalle continue ansie e perplessità nelle quali vissero per molti anni. Non dirò che si giungesse fino al punto di fame un merito all'Impero austro-ungarico, ma si notava che le condizioni della sua alleanza con la Germania erano state rese pubbliche e che nulla contenevano di aggressivo contro la Francia e dal complesso di tutto ciò risultava che l'Austria-Ungheria non eccitava qui né i sospetti, né gli astii che si portavano esclusivamente sovra le altre due Potenze della Triplice Alleanza.

Il conte di Wolkenstein riteneva che questa situazione che allontanava ogni timore di improvvise complicazioni, bastasse al suo Paese e che il cercare di più era inutile e fors'anche dannoso. Egli ha veduto pertanto, con la stessa indifferenza almeno apparente, alternarsi qui le correnti opposte delle quali le une spingerebbero ad una futura, ma non lontanissima intesa con la Germania all'occasione dello sfasciamento dell'Impero austro-ungarico; le altre aspirerebbero ad unire le forze unitarie dell'Impero stesso alla duplice alleanza per far argine all'ingrandimento della Potenza allemanna, a ciò che oggi viene comunemente indicato col nome di pangermanismo nell'Europa e fuori di essa. D'onde due manifestazioni affatto contrarie l'una all'altra, che di quando in quando trovarono voci eloquenti e penne feconde per prodursi. Dissi che queste correnti si alternarono perché or l'una or l'altra parve trovare maggior favore fra i ricercatori delle combinazioni che lo stato presente dell'Europa potrebbe riservare anche in un prossimo avvenire. Ma le pubblicazioni delle riviste, non più degli articoli de' giornali e di qualche discorso di autorevoli oratori, [non] sembravano smuovere il mio collega d'Austria-Ungheria da una osservazione quasi apatica di ciò che si produceva in Francia; né mi arrogherei di giudicare se ciò fosse per effetto della tarda sua età, oppure se ne fosse causa l'intimo suo convincimento che le presenti condizioni della Monarchia austro-ungarica non le consentono una politica di attività e di espansioni che la esporrebbero ad urti che potrebbero riuscire fatali alla sua esistenza. Comunque di ciò sia, l'inoperosità della diplomazia austroungarica in Francia era un elemento sul quale eravamo autorizzati a far conto finché durava la missione del conte di Wolkenstein.

Conosco del successore designato ali 'ambasciatore che parte, soltanto ciò che di lui dicono tutti. Se pure il conte di Kevenhuller giungesse qui con istruzioni identiche a quelle del conte di Wolkenstein, e fosse egli medesimo personalmente animato dagli stessi sentimenti, la riputazione che accompagnerà nel suo nuovo posto il diplomatico austro-ungarico basterà da sola a costituire una novità importante. Nè stimo che sia calunnioso il giudizio che comunemente si porta sulla tendenza del conte di Kevenhuller a ricercare le occasioni di metter in vista la sua persona, grave difetto che spinge spesso a passi compromettenti e che quasi sempre toglie il senso della retta percezione delle situazioni.

Recentemente e per effetto di una inevitabile reazione contro ciò che poteva sembrare eccessivo nel risveglio delle simpatie franco-italiane, si sentirono stridere alcune note discordanti sotto forma di ammonimenti alla opinione pubblica francese alla quale si denunziavano i progetti della politica irredentista degli italiani come assolutamente contrari agli interessi vitali della Francia. La previdenza di questi ammonitori non va di solito disgiunta dal rimpianto della politica seguita durante il Secondo Impero che permise l'unità italiana e la tedesca e nel linguaggio loro, anche quando piglia forme moderate e cortesi, s'indovina il pensiero che nel ravvicinamento dell'Italia la Francia deve vedere l'effetto di un calcolo interessato nel momento in cui gl'italiani riaffermano le loro aspirazioni al possesso di terre appartenenti alla Monarchia austro-ungarese. Alcun tempo fa non sarebbero stati pochi coloro che, illudendosi nella eventualità di un rimpasto della carta di Europa, avrebbero forse veduto nel movimento dell'opinione italiana un sintomo dello appressarsi del momento in cui il grande rimpasto pacifico si farebbe col consentimento della Nazione tedesca. Ma queste illusioni non prevalgono oggi e le preoccupazioni francesi sembrano portarsi invece contro il pericolo di nuove espansioni nazionali tedesche e dello squilibrio assoluto che ne deriverebbe per la Francia.

In un Paese facile a commuoversi e già agitato da questi pensieri, era certamente preferibile per noi che la diplomazia austro-ungarese fosse rappresentata come lo fu negli ultimi otto anni. D'or innanzi, senza esagerarci gli effetti della azione personale dell'ambasciatore conte di Kevenhuller, né della personale influenza di taluni uomini politici francesi più inclinati a favorire l'Austria che l'Italia, avremo qui qualche cosa di nuovo da sorvegliare.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 2491/140. Pera, 22 dicembre 1903, ore 6,35.

Mi riferisco al telegramma di V.E., n. 20252•

Ambasciatori Austria-Ungheria e di Russia si sono tìnora limitati, nelle loro comunicazioni alla Sublime Porta, ad insistere per la pronta nomina del generale straniero organizzatore in capo gendarmeria ed a raccomandare che questi sia scelto nell'esercito italiano.

Da quanto ho potuto comprendere nei miei coiioqui coi due coiieghi, loro concetto sarebbe di fare seguire nomina del generale dalla istituzione di una commissione composta di un numero ristretto di ufficiali stranieri, la quale preparerebbe progetto per riorganizzazione gendarmeria e di cui farebbe parte, oltre generale italiano, un ufficiale superiore austriaco, russo, inglese e francese, ove quest'ultimo Governo decidesse inviarlo, Germania avendo, come è noto, declinato parteciparvi. Questione deii'invio di ufficiali e di sottoufficiali stranieri chiamati aiio scopo di organizzare gendarmeria sui luoghi, è stata riservata ad ulteriori decisioni. Penso che allo stato attuale deiie cose non convenga soiievare presso Sublime Porta ed i miei colleghi, questione cui accenna telegramma di V.E., tanto più che suscita prematuramente discussione che potrebbe intralciare o ritardare nomina del generale. Il che non comprometterebbe, a parer mio, nostro diritto ad esigere uguale trattamento deiie altre Potenze in base al punto secondo deiie proposte austro-russe. Ad evitare, però, ogni malinteso, R. Governo potrebbe, quando gli fosse fatta domanda ufficiale per designazione generale, dichiarare nel consentirvi, che esso non intende, con ciò, rinunziare aii'invio di ufficiali e sotto ufficiali in numero uguale a queiio deile altre Potenze per riorganizzazione sui luoghi deiia gendarmeria, né, ove l'E.V. Io ravvisasse conveniente, all'invio di un ufficiale superiore per fare parte deii'anzidetta commissione, facendo valere fatto che generale italiano fa parte di essa in qualità di ufficiale al servizio della Turchia.

In entrambi i casi, ritengo che nostre dichiarazioni dovrebbero essere previamente fatte ai Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, affinché eventuali mie pratiche trovino i miei due coiieghi muniti di istruzioni dei rispettivi Governi.

92 1 Ed. in LV 104, p. 113. 2 Cfr. n. 90.

93

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2485/1340. Parigi, [22 dicembre 1903] 1.

Questo ministro degli affari esteri, uscendo dal Consiglio dei ministri, è venuto a dirmi che la Francia è pronta a firmare convenzione di arbitraggio nel testo già adottato con l'Inghilterra, e che perciò egli si tiene a mia disposizione per la firma di quest'atto2 . Prego V.E. telegrafarmi sue istruzioni, poiché qui, mi sembra, si vorrebbe affrettare la conclusione di tale atto, probabilmente per forza motivo di priorità. Mi accorreranno pieni poteri, ma, quando me ne sia annunziata per telegrafo la firma, la presentazione qui non occorre sia fatta al momento firma3 .

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2032. Roma, 23 dicembre 1903, ore 15.

Mi compiaccio che sia stata accolta la nostra domanda per una convenzione di arbitrato colla Francia. Autorizzo V.E. a firmarla secondo il testo anglo-francese. Ella può annunciare che i pieni-poteri le saranno senza indugio trasmessi.

95

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 2036. Roma, 23 dicembre 1903, ore 20.

Il suggerimento dato alla Porta di designare un generale italiano per l'organizzazione della gendarmeria in Macedonia fu atto spontaneo dei Governi di Vienna e di Pietroburgo e V.E. comprende certo le ragioni che ci trattenevano dal metterei innanzi. Da Londra e da Berlino ci sono, di poi, spontaneamente venute dichiarazioni di

gradimento, ed oggi l'ambasciatore Barrère mi ha fatto conoscere, per istruzione avutane dal suo Governo, che, essendosi il sultano rivolto a Parigi per avere un generale francese, codesto Governo vi si è ricusato, dando al rifiuto il carattere di un atto di amicizia verso l'Italia. Ho pregato il signor Barrère di ringraziare il suo Governo per la sua comunicazione e per l'atto amichevole che in essa ravviso. Desidero che anche

V.E. manifesti al signor Delcassé il nostro compiacimento.

93 1 Il T. è privo di data ma nel registro è inserito fra quelli del 22 dicembre. 2 Analoga comunicazione Delcassé fece a Barrère, in pari data, Documents Diplomatiques Français (1871-1914), (d'ora in poi DDF), Paris, 1929-1959, II serie, t. IV, n. 136. 3 Per il seguito cfr. n. 94.

96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 2037. Roma, 23 dicembre 1903, ore 20.

L'ambasciatore di Francia mi ha fatto conoscere che il sultano si è rivolto al suo Governo chiedendo un generale francese per l'organizzazione della gendarmeria in Macedonia, ma da Parigi fu risposto, considerando l'offerta come poco corretta verso l'Italia in seguito alla proposta precedentemente fatta alla Porta dagli ambasciatori austro-ungarico e russo, con un rifiuto. Ho pregato l'ambasciatore di Turchia di passare da me e non gli ho nascosto la mia penosa meraviglia. Non solo, dopo il suggerimento dei due ambasciatori imperiali, il passo fatto a Parigi è atto poco amichevole per noi, ma esso dimostra altresì come la Sublime Porta non intenda il carattere disinteressato della nostra politica. Desidero che V.E. tenga costì lo stesso linguaggio'.

97

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 251 01142. Pera, 24 dicembre 1903, ore 6,55.

Ricevuto telegramma di V.E. n. 20371• Ministro degli affari esteri essendo stato chiamato stamane a Palazzo per conferire col sultano, e stimando io non dovere indugiare a fargli conoscere il pensiero del

R. Governo circa domanda fatta a Parigi per designazione generale francese, anche perché avevo ogni motivo di credere che nella conferenza fra Sua Maestà imperiale e Tefwik pascià si sarebbe specialmente trattato di tale questione, ho fatto tosto conse

97 1 Cfr. n. 96.

gnare a S.E. a Palazzo stesso, dal primo interprete della r. ambasciata, comunicazione scritta nei termini seguenti: «L'Ambassadeur de S.M. le Roi d'Italie a été chargé par son Gouvernement de faire à S.E. Tewfik pacha, ministre des affaires étrangères la communication verbale qui suit. Le Gouvernement de S.M. a appris avec une pénible surprise que la Sublime Porte a cru devoir s'adresser au Gouvernement de la République française pour obtenir la désignation d'un général français à qui serait confiée la réorganisation de la gendarmerie en Macedonie. La démarche de la Sublime Porte auprès le Cabinet français venant après les recommandations des ambassadeurs d'Autriche-Hongrie et de Russie, constitue un procédé peu amicai à l'égard de l'ltalie et démontre que le caractère désintéressé de la politique du Gouvernement Italien échappe à l 'attention de la Sublime Porte».

Il ministro degli affari esteri, dopo aver preso conoscenza della mia comunicazione, ha pregato Cangià di dichiararmi che la Sublime Porta, né ufficialmente, né ufficiosamente aveva fatto domanda al Gabinetto di Parigi di un generale francese, né avrebbe potuto farlo senza aver previamente risposto alle ultime comunicazioni degli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia, e che la questione della nomina del generale non era ancora stata risoluta. Cangià ha fatto notare a Tefwik pascià che la notizia era pervenuta al R. Governo da fonte ineccepibile e che Governo imperiale dovrebbe, nel suo proprio interesse, dar seguito ai consigli delle Potenze procedendo senza indugio alla nomina del generale italiano, previo accordo col Governo del re. Mi risulta, in via confidenziale, che oggi stesso primo interprete de li 'ambasciata di Germania ha fatto a Palazzo, in termini accentuati comunicazione intesa a raccomandare sollecita nomina generale italiano.

96 1 Per la risposta cfr. n. 97.

98

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1582/787. Vienna, 24 dicembre 1903 (perv. il 26).

Ho l'onore d'informare V.E. che il conte Liltzow, che ho visto poco fa, mi ha detto che gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia a Costantinopoli hanno ricevuto istruzione di fare nuove istanze presso la Sublime Porta affinché diriga al più presto possibile al R. Governo l'invito di nominare un generale pel comando della gendarmeria in Macedonia e che i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo sono decisi a fare direttamente tale invito nel caso in cui il Governo ottomano frapponga ancora altri indugi, essendo loro intenzione che si proceda con la maggiore sollecitudine ad organizzare il servizio di gendarmeria. Egli mi ha fatto anche comprendere che sarebbe utile che il Governo del re prenda già le sue disposizioni perché possa fare tale nomina nel più breve termine possibile quando gliene perverrà l'invito.

99

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2517. Parigi, 25 dicembre 1903, ore 13,05.

Ho firmato questa mattina col signor Delcassé la convenzione d'arbitraggio 1•

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

T. 2049. Roma, 25 dicembre 1903, ore 19,30.

Società bancaria milanese assume impegno istituzione banca etiopica Addis Abeba a condizione Governo si obblighi contributo annuo lire sessantamila per venticinque anni. Società assume obbligo spese impianto, versa un milione e assicura a Menelik tre per cento in altro milione fornito dal negus anche per dare guarantigia impresa rimanga italiana. Ministro tesoro mi prega interrogare V.E. se crede necessario contributo annuo e se nella cifra richiesta e per la durata indicata da imputarsi, beninteso, al bilancio eritreo. Da parte mia credo non opportuno anzi pericoloso diretto intervento gravoso soprattutto nella forma richiesta. Trattandosi però di affare che giovando molto agli interessi italiani in Etiopia e in Eritrea, sarebbe importante reservare all'iniziativa italiana. Comunico progetto V. E. per averne parere e proposte.

101

IL COMANDANTE DELLA «VOLTURNO», BOLLATI DI SAINT-PIERRE, AL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO

T. 2520. Aden, 26 dicembre 1903, ore 11,06 1.

Rapporto prigionieri generale assicurano pacificato il Mad Mullah sultano Osman di Alula. Provvigioni arrivando Mad Mullah presso Hamim nord Nogal (Uebi) generale domanda blocco militare profittando Durbo. Blocco militare unirebbe interessi, ma generale proposto Londra passaggio truppe Illig. Concedendolo

n. 141 ). IO! 1 Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

situazione delicatissima, perché Obbia blocco militare e passaggio giustificherebbero future possibili rapresaglie Benadir. Blocco militare disgraziatamente necessario concesso Obbia negare Illig, altrimenti interessi italiani vittima politica inglese. Ricordo intolleranza possibili futuri accordi Mad Mullah. Generale telegrafato avuto risposta Londra circa pace, abbisognare però altre istruzioni, pregando rimanere settimana2 .

99 1 Delcassé trasmise la notizia a Barrère con parole d'amicizia per l'Italia (DDF, Il serie, t. IV,

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2064. Roma, 27 dicembre 1903, ore 12,35.

Ho letto le dichiarazioni del signor Delcassé ieri, al Senato. Esse dimostrano una completa identità delle sue vedute con le mie. Prego V. E. esprimere al ministro il mio vivo compiacimento.

103

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

L. 541. Asmara, 27 dicembre 19032 .

Alcune settimane fa il tiglio di ras Mangascià, degiac Sejum, del quale scrissi lungamente nel mio rapporto dell'8 ottobre scorso3 , mandò in Asmara a conferir meco un suo sottocapo, Barambaras Merscià.

Il messo espose i desideri che già il degiac aveva espresso replicatamente per lettera: essere a' servizi del Governo italiano, entro la Colonia; e se ciò impossibile di là dal confine dovunque: ciò che significava averne aiuti di consiglio, di denaro, di anni, di munizioni.

Risposi che amici del negus non potevamo senza porre a rischio quell'amicizia accogliere nei territori di nostro dominio, principi a lui ribelli; né senza tradirla, fornir loro fucili e cartucce. Consigli, quando richiesti, e nell'intento di risparmiare sangue cristiano, volentieri: e poiché appunto il degiac li richiedeva, io non esitava ad esortarlo alla sottomissione.

Se il degiac questo consiglio si determinasse a seguire, me ne scrivesse; io avrei significato al negus la sua risoluzione; era sperabile che Menelik ricompensasse quell'atto restituendogli il comando dei due Antalò che già da ras Oliè governatore del Tigrai gli fu conferito. Ad ogni modo, non sperasse, né ora né in seguito dal Governo italiano, aiuti di diversa natura.

Per effetto di queste dichiarazioni anche più esplicite di altre fattegli per lo passato, o per altro movente qualsiasi, fatto sta che degiac Sejum non tardò a sottomettersi al capo di Adua, degiac Garesellassiè. La riconciliazione avvenne ieri, mediante giuramento reciproco nella Chiesa di Abba Carima. A degiac Sejum fu conceduto dal Garesellassiè, consenziente il negus, il comando della Provincia di Kelbè Antalò.

Così il ramo secondogenito della stirpe di Johannes, ha deposto le armi, non certamente le speranze e i rancori. Rimane tuttavia nel deserto il rampollo del primo, degiac Gubsa uod ras Area Sellassie. Un suo sottocapo Lig Merrutz è già in via per Asmara; manda sicuramente, a ripetere anch'egli quanto mi scrisse più volte: manifestare cioè il desiderio di essere accolto in un qualche angolo della Colonia a «vivervi oscuramente di caccia» e ad aspettarvi (questo egli non disse né dirà) il momento opportuno alle rivendicazioni.

Non è improbabile che ottenuta la risposta istessa che già ebbe Sejum, anch'egli si risolva a far atto di sottomissione e a contentarsi per ora del Governo di una provincia in quel Tigrai su cui vanta diritti ereditari e che agogna a dominar tutto quanto.

Potrebbe credersi che quetati così, almeno per qualche tempo i grandi ribelli, il Tigrai ritroverà finalmente la desiderata tranquillità. Chi lo credesse si ingannerebbe.

Per dare il comando di questa o quella provincia a Sejum ed a Gubsa, si deve di necessità toglierlo ad altri: e togliendolo si susciterà la ribellione di altri capi, men grandi, ma altrettanto facinorosi. Già i due figli di ras Area il vecchio, che perdono o sono minacciati di perdere parte dei loro domini, incolleriscono; l'uno, Abrahà Area già s'avvia verso lo Scioa per esporre a Menelik le proprie rimostranze: l'altro Tedia Abbaguben macchina già la rivolta: e degiac Abrahà Agos ribelle nel luglio, nell'ottobre sottomesso e appagato con un de' soliti comandi che or si vede ritolto, sarà di nuovo ribelle in gennaio.

Intanto le popolazioni tigrine insofferenti del giogo scioano, decimate, dalla secolare guerra civile guardano con occhio invocante alla Colonia: non tralasciano occasione di affermare la loro simpatia per il Governo italiano; circondano di affettuoso rispetto i nostri impiegati telegrafici, i componenti la missione mineraria d'oltre Mareb. Argomento per noi di legittimo orgoglio: noi compiamo così la conquista che sola è utile oggi, che sola oggi desideriamo: la conquista degli animi insegnando i benefici della civiltà4 .

101 2 Per la risposta cfr. n. 104. l03 1 Da A CS, Carte Martini. 2 Allegato un appunto del seguente tenore: «Ringraziare del bel rapporto. Informare genericamente degli accordi preliminari del convegno di Roma». 3 Non pubblicato nel vol. VII della serie III.

103 4 Non si pubblica il R. 544 del 28 dicembre, riservatissimo, nel quale Martini svolge ampie considerazioni sulla successione di Menelik. Ne accenna L. MONZALI, in L 'Etiopia nella politica estera italiana, l 896-l 9 l 5, Parma, 1996, p. 212.

104

IL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMANDANTE DELLA «GALILEO», BASSO

T. 20661 Roma, 28 dicembre 1903, ore 12.

Trasmetta «Volturno»:

È mio fermo intendimento che si proceda con calma ed oculatezza dovendosi assolutamente escludere possibilità essere trascinati avventure per evitare le quali si potrebbe essere costretti disapprovare opera nostri comandanti. Dia partecipazione console [sic] «Calabria», «Colombo»2 .

105

IL COMANDANTE DELLA «VOLTURNO», BOLLATI DI SAINT-PIERRE, AL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2529. Aden, ... 1903 (perv. ore 12,35 del 28 dicembre l.

Comandante superiore inglese comunicami telegramma direttogli capo di Stato maggiore Egerton. Generale richiede occupazione Illig l O gennaio; manca risposta Londra circa proposta impiegare sbarco truppe Tllig avanzanti Nogal (Uedi); tanto meglio italiani assicurassero cooperazione migiurtini. Mad Mullah travasi Hasimo (Halin?) nord Nogal (Uedi), levante colline Shilemadu. Risposto: sembrarmi difficilissimo soddisfare generale, causa mare, asperità costa, entità spedizione; doversi sempre prima richiedere permesso Governo italiano dettagli. Mia opinione personale negativa, meravigliami domanda cooperazione migiurtini, desiderando generale blocco militare proposto dopo Durbo. Anche senza Durbo, sultano Osman Alula negherebbe senza armi promesse. Se poi confermata amicizia Mad Mullah Osman Alula [ ... ]" impossibile. Comandante superiore inglese risposto, telegraferà generale che, ignorandosi decisioni Governo italiano circa blocco militare, impossibile assegnamento cooperazione migiurtini, pronti a sbarcare trecento marinai assalire Illig, non presidiandolo senza concorso truppe. Occorre permesso Governo italiano per sbarco, ma questa, questione politica. Negandosi permesso proporrà dimostrazione navale Illig quattro navi da guerra inglesi, presente nave da guerra italiana. Politica del Governo inglese nociva sempre interessi italiani.

2 Risponde al n. l O 1.

2 Gruppo indecifrato.

Tanca venuto bordo. Comunicatomi notizia che Alberti trasmesso Ministero affari esteri; secondo essa maggiormente urgente impedire qualsiasi azione inglese. Darò interprete sambuco, attendendo confermare le istruzioni controllo ufficiale di comandata. Attendo risposta telegrafica Aden3 .

104 1 11 telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

l 05 1 Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

106

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2532/146. Pera, 29 dicembre 1903, ore 19.

*Collega d'Austria-Ungheria mi comunica che, giusta informazioni ufficiali*, Sublime Porta ha deciso rivolgersi al Governo del re per designazione generale organizzatore in capo della gendarmeria macedone e che comunicazione in proposito verrà fatta domani o posdomani a V. E.

107

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1075/444. Belgrado, 29 dicembre 1903.

Ho l'onore di accusare ricevuta del dispaccio di V. E. in data del 19 dicembre,

n. 1261•

Mentre mi riservo di scrivere particolareggiatamente sul questionario che vi era annesso, nei limiti consentiti dai mezzi d'informazioni di cui può disporre la

r. legazione, da quanto mi risulta finora, in linea generale, l'Austria-Ungheria, all'infuori di larghi approvvigionamenti inviati nei magazzini della Bosnia e della Ungheria, non avrebbe manifestata nessuna soverchia attività prodroma di una imminente mobilitazione. Ma deve osservarsi essere di pubblica ragione, che l'Austria si sia andata lentamente e costantemente preparando alla eventualità di una azione nei Balcani e che essa sia pronta, già da circa un anno, sicché sarebbe ormai difficile volerne dedurre gli intendimenti dall'osservazione dell'attività militare ch'essa svolge ai confini, pochi giorni bastandole per l'entrata in campagna. Inoltre non è facile indagare e conoscere quale sarebbe il piano di campagna ch'essa seguirebbe, ove si decidesse ad una occupazione, e sul qual punto l'esercito invasore con-

I05 3 Per la risposta cfr. n. l 08.

centrerebbe i suoi sforzi. Il sangiaccato di Novi-Bazar, il famoso corridoio dei Balcani, benché l'Austria-Ungheria vi tenga una guarnigione di duemila uomini, per la natura del terreno porrebbe, a parere dei tecnici, un esercito che volesse traversarlo, per quanto numeroso, in condizioni di notevole inferiorità. Il passaggio per la Serbia avrebbe la prima parte facile, poiché Belgrado non è tenibile; ma il piano dello Stato Maggiore serbo, nella eventualità di un attacco, si propone appunto di abbandonare la capitale e di portare la difesa al sud, nella parte montagnosa, dove l'esercito e le bande armate, tratterrebbero lungamente il nemico prima che esso potesse liberamente uscire in Macedonia. La Bulgaria, in completo assetto di guerra, dispone, per mantenere le sue aspirazioni, di ben duecentosettantamila uomini, animati dal più alto spirito militare; né, infine il Montenegro assisterebbe impassibile alla distruzione delle sue speranze.

Le difficoltà che l'invasione presenta sono di natura tale, che essa assumerebbe le proporzioni di una vera guerra. E però il Governo austriaco, che se ne è reso da lungo tempo conto, non sapendo in quali condizioni esso potrebbe essere dagli avvenimenti spinto all'azione, si è con piena maturità preparato, accelerando le costruzioni delle ferrovie della Bosnia, e armando quelle già costruite in Ungheria in modo da permettere una celere concentrazione di truppe, fornendo gradualmente i magazzini di tutto l'occorrente, seguendo con speciale attenzione le classi in riserva della Bosnia-Erzegovina e dell'Ungheria in modo che esse possano rispondere prontamente ad una chiamata alle armi.

A questa continua preparazione si devono i frequenti allarmi, che da più tempo segnalano come imminente il muoversi dell'Austria verso i Balcani.

È d'uopo però notare che la preparazione militare, ormai compiuta, era ed è imposta al vicino Impero dalla situazione. Solo mostrandosi pronta ad affrontare qualsiasi eventualità poteva l'Austria-Ungheria pesare sulla politica balcanica in modo da impedire una soluzione della questione macedone contraria alle proprie vedute ed ottenere dalla Russia il riconoscimento della sua competenza a risolvere i problemi della penisola. È a questa preparazione militare che è dovuto, in gran parte, l'accordo austro-russo per una comune pacifica soluzione del problema macedone. Ma appunto per questo la preparazione militare austriaca, mentre pone la Monarchia in grado di agire alla prima occasione, non è un sintomo che questa azione sia per aver luogo prossimamente.

Troppo contrastano tutti quegli interessi che rendono la questione balcanica pressoché insolubile. Che l'Austria-Ungheria prenda da sola l'iniziativa di così grave conflitto, non sembra verosimile. Essa potrebbe, però, essere indotta ad avanzare:

se l'accordo con la Russia, stabilito a Mlirzsteg, sia andato così oltre da assicurarle l'appoggio di questa per l'occupazione della Macedonia. A chi conosce la politica tradizionale dell'Impero russo nei Balcani, e la, direi, quasi responsabilità che essa si è assunta dell'avvenire delle razze slave che l'abitano, una simile concessione da parte sua sembra improbabile; ma d'altra parte non si sa ciò che venne stabilito nel convegno, ed è noto che v'hanno in Russia uomini politici, i quali ritengono doversi spingere l'Austria a divenire un grande Stato slavo meridionale, contando sul futuro sfacelo dell'Impero;

se, essendo la Russia impegnata altrove, riesca ali' Austria di separare gli Stati balcanici ed assicurarsi l'appoggio di uno di essi, la Bulgaria (voci di un tale accordo circolano dacché a Sofia vi è un Gabinetto stambulovista e perciò austriacante, e dacché la stampa ufficiosa austriaca ha preso verso la Bulgaria un tuono singolarmente benevolo), ma, più probabilmente, la Serbi a;

se, continuando in Macedonia la ribellione o questa riuscendo vittoriosa, l'Europa desse mandato all'Austria di ristabilirvi l'ordine, obbligando la Bulgaria, la Serbia e la Turchia a sottomettersi alla sua decisione.

Mi sono permesso di ragionare su argomento che non è di mia competenza per trame solo una conclusione, che è connessa alla domanda rivoltami, e cioè, che i preparativi militari austriaci, per quanto spinti, non sono un indice sufficiente della sua intenzione a muoversi, e che quest'indice deve ricercarsi piuttosto nel successo che potrà avere la diplomazia austriaca nel creare una delle situazioni internazionali sovra indicate.

N eli 'ignoranza degli accordi austro-russi, io sono indotto a considerare ancora gli armamenti de li'Austria-Ungheria al confine più come diretti ad esercitare una forte pressione politica sugli Stati balcanici e la Russia stessa, che come conseguenza di una decisione già presa di procedere, senz'altro, all'occupazione delle limitrofe province turche.

A questa induzione mi spinge il fatto che, data la impossibilità o quasi di avventurare un esercito nel Sangiaccato di Novi Bazar, avendo i fianchi minacciati dalla Serbia e dal Montenegro, e che l'Austria, per sboccare in Macedonia, debba passare a traverso la Serbia, o col consenso di questa, o passando su di essa, anche per mantenere le comunicazioni colla base di rifornimento, della eventuale decisione se ne dovrà sentire prima il contraccolpo a Belgrado, e che, per il momento, nulla accenna a qualche cosa di simile.

La Serbia rappresenta un elemento indispensabile all'avanzarsi dell'Austria sia che essa voglia inoltrarsi pel Sangiaccato, avendo il fianco assicurato, sia che essa traversi questo Stato. Il Gabinetto di Vienna riuscì nel 1883 ad ottenere dal re Milan una convenzione militare, firmata anche dal Mijatovitch, allora ministro degli affari esteri, che accordava il passaggio ali'esercito austriaco sullo Stato serbo, contro determinati compensi. La convenzione essendo a termine scadde, e tentativi per rinnovarla si andavano facendo con re Alessandro, quando la sua morte vi pose termine.

Non escludendo quindi la possibilità dell'entrata in campagna dell'Austria, sono convinto ch'essa sarà solo determinata dai fatti che si andranno svolgendo in primavera e dagli ulteriori accordi che quelli provocheranno fra le Grandi Potenze e gli Stati balcanici.

Con che non intendo per nulla diminuire la gravità della situazione, la quale, se non sembra destinata ad avere una soluzione immediata, si delinea sempre più, per chi guarda da questo punto della penisola ed è ignaro di altri accordi, nel senso che essa venga definita con la esclusione dell'Italia.

106 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 104, p. 114.

107 1 Non pubblicato così come non sono pubblicati l'analogo dispaccio inviato al console a Zara con n. l05 del 19 dicembre, con richiesta di informazioni sui preparativi militari austriaci, e le risposte di Camicia (R. 1492/212 del 22 dicembre e R. 1531/217 del 31 dicembre).

108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, E IL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO, AL COMANDANTE DELLA «VOLTURNO», BOLLATI DI SAINT-PIERRE

T. 2073 1. Roma, 30 dicembre 1903, ore 14,15.

Rispondo suo telegramma 28 corrente2 .

Prego V.S. astenersi da qualsiasi manifestazione opinione con codesta autorità inglese in argomenti implicanti azione di Governo, limitandosi riferircene con suo parere. Circa argomenti trattati in suo telegramma 28 corrente, non essendoci pervenuta alcuna domanda da Londra, dobbiamo riservare ogni determinazione. Per sua esclusiva norma ed invitandola al più gran riserbo, le dirò che, nella attuale situazione, non potremmo pronunciarci circa sbarco Illig se domandato, prima di avere notizia sicura circa avanzata abissini la quale impedisca Mullah ritirata sud. In ogni caso, dovrebbero esserci date sicure guarentigie relativamente passaggio sul nostro territorio. Non potremmo avere in massima difficoltà dimostrazione navale, purché, anche in questo caso, avanzata abissini garantisca nostri possedimenti. Desideriamo anche noi cooperazione migiurtini; ma, dopo fatti Durbo e susseguente situazione, non è certamente il caso consegna fucili Osman Mahmud, consegna a cui è del resto contraria comando in capo inglese. Circa blocco, dobbiamo riservare ogni determinazione, ma saremo fin d'ora disposti esaminare proposta inglese per più rigorosa vigilanza impedire rifornimenti Mullah. Voglia dare comunicazione riservatissima presente telegramma agli altri comandanti rr. navi3 .

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATISSIMO 72855/1491. Roma, 30 dicembre 1903.

Ho letto con molto interesse l'importante rapporto n. 3668/1387, indirizzatomi dall'E.V. il 15 novembre u.s.l, a riguardo delle reciproche relazioni politiche fra l'Italia, la Francia e l'Inghilterra in Etiopia.

V.E. con savie considerazioni accenna alla possibilità che i rapporti ed interessi d'indole generale tra la Francia e l'Inghilterra nelle varie parti del globo, inducano le

2 Non identificato, ma si tratta probabilmente del T. 2529 del28 dicembre per il quale cfr. n. l 05.

3 Con R. 939/253 del 29 dicembre, non pubblicato, il console generale a Mogadiscio, Merca

telli, osservava che, a suo giudizio, uno dei motivi delle simpatie diffuse fra la popolazione per il Mad Mullah era il malcontento provocato dalla avvenuta abolizione della schiavitù. 109 1 Ctr. n. 17.

due Potenze ad una intesa generale -nella quale però potrebbe anche essere compresa la questione etiopica -allo scopo di mettere sovra basi più sicure la costante amicizia dei due Paesi.

Preoccupandosi appunto di questa possibilità, il R. Governo desidera premunirsi, per non trovarsi, troppo tardi, nella spiacevole situazione che i suoi interessi rimangano definitivamente in opposizione e avversati dall'azione concorde delle due Potenze amiche.

L'Italia si è costantemente studiata di mantenersi (per quanto la salvaguardia dei suoi interessi lo ha permesso) nelle migliori relazioni con le due Potenze in Etiopia: a eguale intento sarà certo ispirata la sua futura politica coloniale. La definizione ed il riconoscimento reciproco dei rispettivi diritti ed interessi delle tre Potenze in Etiopia ed in Somalia non potrà che aumentare la cordialità dei reciproci rapporti, togliendo la possibilità di futuri screzi.

L'intesa però si presenta più facile col Governo inglese giacché i precedenti accordi con esso esistenti possono servire di base concreta ad un nuovo accordo che tolga per l'avvenire qualunque ragione di equivoci o malintesi con una franca e leale dichiarazione della portata dei reciproci diritti delle due Potenze.

Mentre pertanto il negoziato in corso con l'Inghilterra ha anche per scopo di impedire che un accordo tra Francia e Inghilterra modificando Io statu quo in Etiopia possa aver luogo senza il consenso dell'Italia, sembra opportuno di attendere l'esito di questo negoziato prima di avere amichevoli spiegazioni con il Governo francese allo scopo che l'Italia possa attendere al pacifico svolgimento del suo programma coloniale in armonia e perfetto accordo con l'azione politica ed economica dei finitimi possedimenti delle altre due Potenze.

Mi riservo perciò di tornare fra breve sull'argomento, non appena potrò dirle qualcosa di concreto circa il risultato del negoziato con il Governo inglese.

l 08 1 Trasmesso tramite il consolato ad Aden.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA 1

T. 10. Roma, 3 gennaio 1904, ore 10,15.

L'ambasciatore di Turchia, venuto ieri al Ministero degli affari esteri, ha chiesto, in nome della Sublime Porta, al R. Governo di designare un generale perché assuma il comando della gendarmeria di Macedonia2 . Ho accolto la fattami richiesta. Il Consiglio dei ministri, riunitosi ieri sera, ha designato il tenente generale De Giorgis, ora comandante la Divisione di Cagliari.

2 Malaspina aveva comunicato la notizia già con T. 6 del l o gennaio, non pubblicato.

110 1 Ed.inLV104,p.Il5.

111

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN I, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 32/4. Asmara, 5 gennaio 1904, ore 9.

Degiac Gara Selassiè, capo di gran parte del Tigrè, e che ottenne ora da Menelich insegne di ras, verrà fra giorni in Asmara, col consenso del negus stesso, per fare atto di omaggio al Governo italiano. Del fatto che avviene per la prima volta dalla nostra occupazione, e che le popolazioni stimeranno in tutto il suo valore, è inutile io rilevi l'importanza. Spero V.E. vorrà considerare questo uno dei migliori e più notevoli effetti della politica seguita dal Governo della Colonia con le prossime provincie d'oltre confine, fra le molte difficoltà dei torbidi che, da anni, le travagliano e come la prova più manifesta della durevole sicurezza della frontiera 1•

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

T. 20. Roma, 5 gennaio 1904, ore 19,30.

Come già ne feci cenno a VE. riteniamo come cosa acquisita che nella Commissione la quale, presieduta dal generale De Giorgis, dovrà preparare il regolamento per la gendarmeria in Macedonia, abbia posto anche un ufficiale superiore italiano, il quale avrà indi, come ispettore, la direzione del servizio di gendarmeria nella zona che sarà assegnata all'Italia. Il generale De Giorgis mi fa giustamente osservare a tale riguardo, che, come generale in servizio ottomano, egli non potrebbe, in seno alla Commissione, rappresentare l'elemento italiano, mentre, per la grave responsabilità personale che sta per incombergli, è naturale il suo desiderio che nella Commissione stessa anche l'Italia abbia un rappresentante. Prego conferire d'urgenza coi colleghi d'Austria-Ungheria e di Russia. Mi riservo di telegrafarle, quanto prima, il nome dell'ufficiale superiore che sarà designato. Aggiungo che il generale De Giorgis condurrebbe con sé come addetto alla sua persona un capitano dei carabinieri che già ebbe parte nel!' ordinamento della gendarmeria in Creta e un tenente come ufficiale di ordinanza.

Ili 1 Per seguito cfr. n. 113. 112 1 Ed. in LV 104, p. 115.

113

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

T. 23. Roma, 5 gennaio 1904, ore 19,30.

Questo Ministero che ha incondizionatamente approvato politica codesto Governo verso Tigrè, riconosce importanza e si compiace visita ras Salassiè Asmara col consenso negus 1• Prego V.E. avvertirmi giorno arrivo costà di quel capo.

114

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 11/3. Sofia, 5 gennaio 1904 (perv. l' 11).

Ringrazio anzi tutto l'E.V. per avermi cortesemente messo al corrente, con telegramma n. 10 in data del 3 corrente 1 , dell'avvenuta designazione del signor tenente generale de Giorgis, quale comandante la gendarmeria internazionale in Macedonia.

Più volte, in questi passati giorni, il presidente del Consiglio, parlandomi delle trattative in corso, esprimeva la speranza che esse non fallissero, e che l'incarico di presiedere alla esecuzione della più seria e più importante tra le riforme concordate nel programma di Miirzsteg, venisse definitivamente affidato ad un generale italiano.

S.E. non mi dissimulava però, temere egli assai che i risultati benefici, che vi sarebbe ogni buona ragione di aspettarsi dallo zelo intelligente e dalle attività di cui darà indubbiamente prova il prescelto nostro ufficiale generale, possano in pratica essere, se non neutralizzati addirittura, di molto attenuati oltre che dall'ignavia e dalla perfidia dei turchi, anche dalla mollezza e dalla buona volontà assai relative da parte dei rappresentanti militari delle due Potenze che, con arguto giuoco di parole, il commissario ottomano chiama ora «les Puissances trop interessées».

Nessuno più di lui, soggiungeva il ministro, si compiacerebbe, se si potesse davvero giungere a migliorare sul serio la situazione intollerabile delle popolazioni cristiane di Macedonia, e se questo risultato soddisfacente fosse principalmente dovuto alla opera del rappresentante del glorioso esercito italiano, tanto rispettato e tanto amato dai bulgari. Purtroppo però le notizie che riceve da ogni parte, non gli permettono oggi al pari di ieri, di conservare troppe illusioni, né di riporre, sopra tutto, illimitata e cieca fiducia nelle due Potenze, sulle vere intenzioni delle quali, egli non può assolutamente astenersi dal nutrire diffidenza. Del resto, dato pure che tali sue diffidenze siano infondate ed ingiustificate -ed egli sinceramente se lo augura -resta sempre il fatto brutale ed

114 1 Cfr. n. 11 O.

innegabile che, malgrado l'apparente remissività, la Sublime Porta non intenda punto di vedere applicate sul serio le riforme -buone o cattive che esse siano. Di tale duplicità ottomana, quando non vi fossero altri sintomi, rimarrebbe sempre quello delle ripetute, insistenti pressioni esercitate su questo Governo per indurlo a far causa comune con la Turchia, allo scopo di mandare a monte il programma di riforme. E qui, a riprova del suo dire, S.E., aperto il cassetto, cavò fuori una lettera particolare, proprio allora ricevuta dall'agente a Costantinopoli, e me ne lesse qualche brano. Il signor Nacovic narrava, nei suoi minuti particolari, una conversazione da lui avuta con un gran personaggio musulmano, assai influente a Palazzo: non me ne venne detto il nome. Il personaggio erasi per più di un'ora adoperato a dimostrargli i vantaggi di ogni genere che la Bulgaria potrebbe tran·e, se entrasse nelle vedute turche; per contro, aveva messo in evidenza -magnificandoli-i pericoli molteplici ed eccessivamente gravi che potrebbe correre il Principato, se e quando la realizzazione delle note aspirazioni delle due Potenze divenisse un fatto compiuto. Il personaggio suddetto non aveva nemmeno mancato di far rilucere agli occhi del Nacovic le più rosee speranze, come conseguenza della eventuale inalterabile riconoscenza del sultano. Poiché l'inviato bulgaro, conformemente alle sue istruzioni faceva fredda accoglienza a tutte queste entrature, il personaggio, passando dalle promesse alle minacce, poneva termine al lungo colloquio con la dichiarazione seguente, riferita testualmente in francese nella lettera: «Eh bien! Tant pis pour vous. Vous voulez absolument ètre du còté des Puissances et vous vous repentirez. Nous sommes assez forts pour vous punir: quant aux réformes mettez-le vous bien en tète, elles ne seront jamais appliquées sérieusement. La volonté mème du sultan ne saurait résister au courant de l'opinion publique musulmane qui y est décidément contraire».

Ho voluto riferire a V.E. con ogni particolare queste informazioni confidenzialmente datemi dal generale Petrov. Esse, a me sembra, mentre depongono in favore del corretto atteggiamento del Governo bulgaro, forniscono un chiaro indizio della gravità della situazione. Se, difatti, la Turchia continuerà, come pare esservi decisa, a sollevare ostacoli ed a gittare bastoni nelle ruote, sarà assai difficile nei due o tre mesi che appena ci separano dalla primavera, e malgrado la migliore volontà degli agenti civili e militari delle Potenze tutte, di giungere ad un risultato che valga ad assicurare la tanto desiderata pacificazione generale. D'altra parte, i signori Sarafov e compagni non fanno, nelle loro attuali peregrinazioni a traverso l'Europa, alcun mistero, né dei desiderata ed aspirazioni dei comitati macedoni, né tampoco della loro ferma risoluzione di riprendere le armi, per isfuggire al supposto condominio austro-russo da cui, pare, abborrono quanto e forse anche più che dalla dominazione ottomana.

Non può, dopo ciò, arrecare meraviglia se questo Governo, che trovasi in una posizione non certo invidiabile, minacciato siccome esso è all'esterno dai turchi, ed all'interno dagli stessi macedoni, prenda le sue precauzioni per trovarsi preparato ad ogni emergenza, e spinga, in questo momento, con febbrile alacrità i suoi preparativi militari, chiedendo ed ottenendo dal Parlamento il voto di crediti eccedenti di gran lunga la potenzialità economica del Paese, e destinati, più tardi, a pesare gravemente sul contribuente bulgaro.

Come ho già scritto in altri miei rapporti, io ho l'impressione che il principe farà, fino all'ultimo, uso di tutta l'autorità di cui dispone per evitare un conflitto armato; ma, in verità, mi parrebbe prematuro e temerario l'affermare ora in modo assoluto che fra qualche mese, gli avvenimenti non possano essere più forti anche della sua volontà a trionfare sulle sue intenzioni pacifiche.

E del resto, oggi, in cui tanto forti sono le apprensioni per il mantenimento della pace tra la Russia ed il Giappone, chi oserebbe garantire che gli attuali intendimenti di questo astuto ed impenetrabile sovrano abbiano a mantenersi tali, anche il giorno in cui egli fosse proprio sicuro, che la temuta Russia, impegnata a fondo nello Estremo, non si trovi in grado di intervenire efficacemente negli affari di questo vicino oriente, per dettargli legge?

Né devesi, da ultimo, escludere tanto leggermente la possibilità che i turchi, i quali si ritengono sicuri della vittoria a causa della considerevole superiorità numerica del loro esercito, profittando della rilevante massa di truppe già concentrate, a costo di tanti sacrifizì, in Macedonia, si decidano una buona volta a dar addosso alla Bulgaria, ed infliggerle una sconfitta tale da paralizzarne l'efficienza per molti anni a venire. I sentimenti del sultano sono oggi pacifici ~è vero ~non è men positivo, però, che esiste a Costantinopoli un partito favorevole alla guerra, l 'influenza del quale non è da disprezzare. Questo ho sentito dire di recente dall'addetto militare francese a Costantinopoli, qui venuto nei giorni scorsi: questo affermava ieri ancora il commissario ottomano reduce dalla sua gita alla capitale.

In definitiva la situazione appare oltremodo oscura, complessa e piena di incognite, di talché sarebbe assai imprudente l'avventurarsi in previsioni al riguardo dei futuri eventi.

A proposito della Russia e della Macedonia voglio nel terminare il presente, riferire a V.E. un aneddoto narratomi giorni fa, che non mi sembra privo di interesse, e del quale posso garantire la autenticità. Allorquando il conte Lamsdorff venne a Sofia l 'anno passato, fu messo a sua disposizione un alto funzionario di questo Ministero degli esteri, il quale ebbe per tal modo occasione di intrattenersi più di una volta in colloquii familiari col ministro russo. In una delle conversazioni, il discorso essendo, come era naturale, caduto sulla questione macedone, il conte Lamsdorff ebbe ad esprimersi pressoché testualmente nei termini seguenti: «Voi bulgari avete creduto di poter forzarci la mano per risolvere questa questione: vi siete sbagliati di molto! L'ora della soluzione non è suonata. La soluzione avverrà quando e come piacerà a noi, ed a noi esclusivamente. La Russia, persuadetevene, è oramai assai più di una grande Potenza; essa è diventata una parte del mondo».

113 1 Cfr. n. Ili.

115

IL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 3/2. Scutari, 5 gennaio 1904 (perv. il 12).

Stimo opportuno di riferire all'E.V. circa al proposito sempre più manifesto che l'Austria si propone, di propagare a poco per volta in questa regione la lingua tedesca. Finora in fatto di lingue straniere l'unica qui conosciuta era la lingua italiana. Le stesse scuole confessionali, che del resto non sono che scuole austriache, insegnavano

nella nostra lingua, di modo che questa in città specialmente, è comunemente parlata. Il tedesco era quasi sconosciuto. Da alcun tempo però, come ho avuto occasione di riferire in altri rapporti, l'Austria prese a inviare nella Monarchia giovani scutarini perché conseguissero il diploma di maestri e imparassero il tedesco, di modo che questi giovani tornati possono essere in grado d'insegnare la lingua tedesca. Ultimamente nelle scuole dei Gesuiti fu instituito l'insegnamento del tedesco non solo, ma fu fatto obbligo ad ogni vescovo di inviare ogni anno a Kleigenfurth e Innsbruck due seminaristi di ogni diocesi che compiono i loro studi in questo seminario pontificio, a completare gli studi di teologia e apprendere il tedesco a spese del Governo austriaco.

Quanto al resultato non potrei pronunziarmi sebbene dubiti che possa corrispondere al desiderio che si ha di rendere familiare quest'altra lingua dell'Impero, ma nessun dubbio che è già cominciato il lavoro di preparazione per raggiungere questo scopo.

Tutto ciò ha importanza per noi nel senso che, mentre ora non abbiamo che a combattere le rivalità delle scuole, potrebbe darsi che in avvenire ci trovassimo di fronte anche la rivalità della lingua.

116

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 46/1. Londra, 6 gennaio 1904, ore 4, 16.

Marchese Lansdowne mi ha detto ora che assai di buon grado accetta proposta di V.E. che convenzione arbitrato venga tosto firmata a Roma1• Ambasciatore d'Inghilterra costà ha opportune istruzioni.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

T. 27. Roma, 6 gennaio 1904, ore 20,30.

Pochi giorni or sono l'ambasciatore d'Inghilterra mi faceva conoscere, per istruzione avutane dal suo Governo, che, in seguito ad obiezioni di codesto Stato Maggiore, era stato abbandonato il progetto di uno sbarco ad Illig, per il quale il comandante supremo delle navi inglesi, per mezzo del comandante di una nostra nave, aveva richiesto la nostra cooperazione. Ricevo ora, non senza meraviglia, un telegramma del nostro comandante superiore così concepito: «Comandante Marina inglese previene che partirebbe con tre navi da guerra per arrivare ad Illig giorno nove, giusta desiderio

generale Egerton, ed attendere, per fare operazioni guerra, nave da guerra italiana con istruzioni»1• Ho risposto al nostro comandante chiedendogli di telegrafarmi per nostra norma, in che consisterebbero le divisate operazioni guerra, ed aggiungendo che, qualora si trattasse di semplice dimostrazione navale, non avremmo difficoltà a consentire con la presenza di una r. nave. Ad ogni modo la prego di voler chiarire la cosa presso il Foreign Office, facendo comprendere a lord Lansdowne essere indispensabile, nel comune interesse, che proposte e comunicazioni di questo genere intervengano esclusivamente e direttamente tra Governo e Governo, mentre, intervenendo tra comandanti e comandanti, ne nasceranno inevitabilmente malintesi, ritardi e confusione.

116 1 La proposta di Tittoni di firmare la convenzione di arbitrato a Roma era contenuta nel T. 3 del l o gennaio, non pubblicato.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. URGENTE 35 1 . Roma, 7 gennaio 1904, ore 20.

Mi riferisco telegramma 522 .

Informo, via confidenziale, che direttore Banca Italia, ufficiato da R. Governo, si accinge con serio proposito costituzione sindacato italiano per banca etiopica. Prego quindi V.S. adoperarsi presso Menelik perché mantenga promessa non prender nessun impegno prima aver trattato con sindacato italiano3 .

119

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 48/25. Parigi, 7 gennaio 1904 (perv. il 12).

In adempimento dell'incarico affidatomi da V.E. con il telegramma delli 27 dicembre ultimo 1 , ho scritto in forma particolare il seguente biglietto al signor Delcassé: «le m'aquitte avec le plus grand plaisir des instructions que je viens de recevoir de S.E. Monsieur Tittoni qui, ayant pris connaissance de votre déclaration d'hier

3 Con il R. 2 del l o gennaio Ciccodicola dava notizia dell'arrivo ad Addis Abeba di una missione americana e concludeva: «l risultati ottenuti dalla missione per ora sono nulli, ciò non toglie però che per noi questa nuova concorrenza che si appresta a farci uno Stato tanto potente di mezzi e di iniziative non può !asciarci indifferenti e senza preoccupazioni».

au Sénat, me charge de vous dire qu'il y a trouvé une parfaite identité de vues avec !es siennes et qu'il s'en félicite vivement en vous en remercianb>. A questo biglietto, questo ministro degli affari esteri rispose il giorno stesso nei termini seguenti: <de suis très heureux de constater que !es vues du ministre italien des affaires étrangères cuucurdent parfaitement avec celles que j'ai exposées hier au Sénat. Et il m'a été particulièrement agréable de l' apprendre par vous»2 .

117 1 Si tratta del T. 45 del 6 gennaio trasmesso da Aden, che così prosegue: «Non approvato simile dimostrazione occorrendo permesso Governo. Attendo ordini. Telegraferò navi da guerra inglesi partiranno». 118 1 Il telegramma fu trasmesso via Asmara. 2 T. 52 del 26 dicembre, trasmesso da Asmara il 5 gennaio, col quale Ciccodicola riferiva sul progetto britannico di costituire una banca anglo-etiopica.

119 1 Cfr. n. 102.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO

T. 38. Roma, 8 gennaio 1904, ore 14.

Questo ambasciatore d'Inghilterra mi fa formale richiesta, a nome del suo Governo, che una nave da guerra italiana cooperi con le forze navali inglesi per una dimostrazione innanzi a Illig, bombardando se necessario il villaggio. L'azione dovrebbe aver luogo il 9 corrente.

Corrispondendo ciò in massima agli accordi presi con la E.V., col telegramma a firma comune in data 6 corrente 1 , ho aderito. Prego ora V. E. di voler dare istruzioni al comandante delle nostre forze navali affinché una nostra nave partecipi nel modo sopra indicato alla progettata dimostrazione.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

T. 42. Roma, 8 gennaio 1904, ore 20.

Rispondo al telegramma n. 32 . Prendo nota di quanto concerne il nostro ufficiale superiore, già designato: colonnello Signorile che fu addetto militare a codesta ambasciata. Quanto ai due altri

2 T. 53/3 del 7 gennaio, non pubblicato, con il quale Malaspina riferiva di aver informato i colleghi russo ed austriaco in Costantinopoli dell'intenzione del R. Governo di inviare un ufficiale italiano a far parte della costituenda Commissione per la riorganizzazione della gendarmeria macedone.

ufficiali sta bene che non se ne parli per ora; però confermo che partiranno col generale, e ritengo che non sarà difficile, nel momento opportuno, sistemare la loro posizione, essendo naturale che un generale italiano, chiamato ad alto ufficio, abbia seco, a propria disposizione, oltre il suo ufficiale di ordinanza, anche un altro ufficiale italiano di sua personale tìducia.

119 2 Sullo stato delle relazioni itala-francesi cfr. il rapporto di Barrère dell'S gennaio in DDF, Il serie t. IV, cit., n. 161. Il mattino del 7 gennaio Luzzatti arrivò a Nizza dove si incontrò con Delcassé e Rouvier, ministro delle finanze. Cfr. DDF, Il serie. t. IV, nn. 174 e 182.

120 1 T. 26, non pubblicato, ma cfr. n. 117.

121 1 Ed. in LV 104, p. 116.

122

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 80/6. Pera, 12 gennaio 1904, ore 3,05.

Ministro degli affari esteri ha pregato oggi primo interprete r. ambasciata di informarmi che, avendo codesto ambasciatore di Turchia riferito che R. Governo si proponeva di inviare a Costantinopoli unitamente al generale De Giorgis, altri ufficiali italiani, aveva incaricato Reschid Bey di far osservare all'E.V. che il Governo ottomano era disposto ad accettare un solo ufficiale straniero per ogni Potenza, che questo ufficiale sarebbe ammesso al servizio della Turchia, che Potenze avevano già aderito a questa decisione della Sublime Porta e che, questa assumendo a suo servizio un generale italiano, non vi era più luogo per il R. Governo di inviare altro ufficiale. Ministro degli affari esteri ha aggiunto che, in comunicazione verbale fatta da ultimo alle ambasciate di Austria-Ungheria e Russia, Sublime Porta aveva loro dichiarato che, dati i termini del punto secondo delle proposte austro-russe, ufficiale straniero aggiunto al generale incaricato riorganizzazione gendarmeria, doveva, come questi, entrare al servizio della Turchia, vestire uniforme turco ed essere pagato dal Governo ottomano, il quale avrebbe corrisposto loro stipendio doppio di quello percepito nei rispettivi eserciti.

In seguito a ciò ho stimato opportuno di avere immediato scambio di idee coi miei colleghi di Austria-Ungheria e di Russia ed avendo pel primo visto Calice, l'informai della comunicazione fattami da Tewfik pascià, facendogli notare che ci trovavamo di fronte ad una situazione nuova, che, se le due Potenze persistevano nel loro modo di vedere di non far entrare i loro ufficiali superiori al servizio della Turchia,

R. Governo, come avevo precedentemente dichiarato, avrebbe inviato, dal canto suo, un colonnello a far parte della Commissione. Che se invece le due Potenze ammettessero interpretazione della Sublime Porta ne avrei immediatamente riferito alla

E.V. Calice confermandomi comunicazione verbale della Sublime Porta si riservò farmi conoscere suo pensiero e quello di Zinowieff, dopo di avere conferito con questi. Venuto a vedermi poc'anzi, Calice mi disse che Zinowieff e lui si erano limitati a rispondere alla comunicazione della Sublime Porta che questione da essa sollevata dovrebbe fare oggetto di ulteriore accordo, che ad entrambi sembrava probabile che,

di fronte insistenze della Sublime Porta, le Potenze accetterebbero di fare entrare senz'altro il rispettivo ufficiale superiore al servizio della Turchia, che, in questo caso, l'Italia non potrebbe ottenere che Turchia le conceda un trattamento eccezionale assumendo al suo servizio, oltre il generale, un ufficiale superiore e che, così stando oggi le cose, Zinowieff e lui ravvisavano prudente di consigliare che il R. Governo si astenga dallo inviare il colonnello ed altro ufficiale. Non posso, per parte mia, condividendo questo parere, che consigliare semplice invio, per ora, del generale De Giorgis per non esporci al rischio di essere costretti a fare ritornare in Italia colonnello e gli altri due ufficiali, ove fosse deciso di non ammettere al servizio della Turchia che un solo ufficiale per Potenza. Qualora poi avesse luogo riunione preliminare di questi ufficiali stranieri, prima che fosse decisa questione della loro entrata al servizio ottomano, vi potrebbe prendere parte, per l'Italia, addetto militare, capitano Zampolli, il quale avrebbe a riservare, per ogni evenienza in seno alla Commissione, come io farei presso i colleghi e la Sublime Porta, diritto del R. Governo di inviare sia a Costantinopoli che in Macedonia un numero di ufficiali uguale a quello delle altre Potenze.

Ove l'E.V. accolga questi miei suggerimenti, ispirati dalle difficoltà della situazione presente e dalla incertezza che predomina nei negoziati delle due Potenze con la Turchia e che lascia adito aperto a sorprese, mi permetto additarle opportunità che ella riservi nella sua risposta alla comunicazione che Reschid Bey è stato incaricato di farle, nostro diritto di intervenire in ogni fase della riorganizzazione della gendarmeria macedone in condizioni identiche a quelle delle altre Potenze e che analoghe dichiarazioni siano fatte tosto ai Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo. Mi risulta da buona fonte che Governo tedesco sarebbe deciso ad inviare un ufficiale superiore. Governo francese ha designato colonnello comandante della guardia repubblicana di Parigi. Austria Conte Salis, tenente colonnello.

122 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, pp. 117-118.

123

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 15/7. Belgrado, 12 gennaio 1904 (perv. il 18).

Questo incaricato d'affari di Austria-Ungheria, parlando meco degli affari di Macedonia, mi ha confermato i preparativi militari che si vanno facendo in BosniaErzegovina in vista di una eventuale mobilitazione in primavera. Egli soggiungeva che non poteva recar stupore se l'Austria-Ungheria, avendo assunto con la Russia il compito dell'attuazione delle riforme in Macedonia, si mostrasse pronta a tutte le eventualità, senza che dovesse perciò sospettarsi in essa l 'intenzione di modificare a proprio vantaggio il Trattato di Berlino.

Benché questo linguaggio sia naturale nel rappresentante dell'Austria-Ungheria, l'opinione generale di tutti coloro i quali hanno una speciale competenza negli affari dell'Oriente, concorda nel ritenere che, per la difficoltà della impresa e per le condizioni interne della Monarchia, le dichiarazioni del Governo austriaco siano sincere nell'esprimere il desiderio di evitare lo scoppio delle ostilità e di preferire dal pacifico svolgimento di una costante politica l'accrescimento della sua preponderanza negli affari balcanici.

Il Gabinetto di Vienna si proporrebbe sopratutto di creare uno stato di cose che renda impossibile l'ingrandimento degli Stati balcanici ed assicuri più tardi all'Impero il possesso e la egemonia delle province fra il Danubio e Salonicco evitando una violenta e, sopratutto, imminente attuazione del suo programma.

Sono inoltre informato, da persona in contatto coi comitati macedoni, che questi sono sprovvisti di fondi per alimentare le bande e che Sarafow non sia riuscito a raccogliere nel suo giro somme importanti, per cui la rivolta probabilmente non prenderebbe le proporzioni dello scorso anno.

La situazione si presenterebbe quindi in primavera meno pericolosa per quanto riguarda l'insurrezione, ma più suscettibile di gravi avvenimenti, avendo l'Austria e la Bulgaria completati i loro armamenti. Come nello scorso anno la attitudine del principato sarebbe arbitra della pace o della guerra nei Balcani, ma essere opinione generale che, di fronte alla minaccia austro-ungarica, il Governo di Sofia verrà ad un accordo col sultano. La pressione militare austriaca riescirebbe così nel suo intento di mantenere la pace e lo statu quo nella penisola, riaffermando il diritto dell'Impero a risolvere le questioni che vi sono connesse. A queste informazioni datemi da persone autorevoli, che sono familiari col pensiero del Governo austriaco, fanno contrasto altre notizie, raccolte anch'esse da fonti attendibili, secondo le quali si segnala la presenza di agenti provocatori nella Vecchia Serbia, che spingerebbe i serbi a rivoltarsi contro le autorità turche ed a colluttazioni cogli albanesi. Il mio informatore, al quale facevo notare la contraddizione esistente fra i palesi sentimenti dell'Austria e queste manovre attribuitele per mantenere il fermento in una parte della Macedonia, me ne dava la spiegazione dicendomi essere possibile che il Governo austriaco, pur essendo sincero nel suo desiderio di non aprire le ostilità, tendesse a creare una parziale agitazione che le permettesse di strappare dalla Russia, o dalle altre Potenze, il consenso ad occupare definitivamente il sangiaccato di Novi Bazar, anche se a questa occupazione essa non dovesse venire quest'anno.

Questa versione sembra infatti assai verosimile, poiché consta che già nel novembre del 1902 l'Austria abbia fatto dei passi a Pietroburgo per ottenere il permesso di occupare il Sangiaccato senza riescirvi, per cui essa potrebbe essere spinta dai nuovi accordi intervenuti posteriormente a Milrtzeg, e che dal discorso tenuto dal conte Lamsdorff, al signor Novakovitch (rapporto del 9 gennaio, n. 5)1 sembrano più estesi che non si credesse, a ritentar la prova con maggior speranza di successo, creando una situazione che la giustifichi agli occhi delle altre Potenze.

Senonché, come è ben noto a V.E., l'occupazione del Sangiaccato significherebbe la definitiva soluzione della questione balcanica secondo gli intendimenti d eli' Austria. Essa ferirebbe, in eguale misura, gl'interessi della Turchia, della Bulgaria, del Montenegro e della Serbia.

Farò pertanto oggetto di un altro rapporto2 quello che sembra sarebbe l'atteggiamento di questo Paese in tale eventualità.

123 1 Non pubblicato. 2 Con R. 49/20 del 3 febbraio, non pubblicato, Romano Avezzana riferiva ancora sui timori che si nutrivano a Belgrado circa le effettive intenzioni austriache sul sangiaccato di Novi Bazar.

124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI 1

T. 62. Roma, 13 gennaio 1904, ore 12.

Si conferma che il Governo austro-ungarico sta reclutando un certo numero di ufficiali per assegnarli al servizio di gendarmeria in Macedonia. In vista di tale eventualità e per il caso che apparisca opportuno, a tale riguardo, una azione concorde dei due Gabinetti, prego la S.V. di voler far conoscere a lord Lansdowne essere sempre fermo, in me, il proposito nel quale ci trovammo consenzienti nel nostro colloquio di Windsor2 , che, cioè, le Potenze debbono, per tale oggetto, poter concorrere con egual numero di ufficiali. Lord Lansdowne nella conversazione che ebbi con lui mostrò giustamente di dare grande importanza a questo punto *poiché mentre nel primo caso si avrebbe di fatto una occupazione simulata austro-russa della Macedonia, nel secondo caso sarebbe palesemente rafforzato il concetto del concerto delle Potenze. La S.V. parlando di ciò a lord Lansdowne gli aggiungerà che qualunque passo l'Inghilterra crederà di fare in questo senso sarà subito appoggiato dall'Italia in conformità degli accordi presi. Attendo dalla S.V. sollecito riscontro telegrafico* 3 .

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA1

T. 63. Roma, 13 gennaio 1904, ore 14,15.

Ambasciatore russo, in via confidenziale, mi ha detto che da Costantinopoli si era fatta giungere a Pietroburgo la voce che la Porta contasse sull'azioni dell'Italia per ostacolare le proposte austro-russe. Egli aggiunse che era superflua qualunque smentita a tali voci alle quali a Pietroburgo non si era dato peso. lo mi limitai a rispondergli che di fatto la Porta si era mostrata poco tàvorevole alla nomina di un generale italiano in Macedonia ed aveva solo ceduto alla pressione delle Potenze. Raccomando a VE. la maggiore vigilanza e di tenermi continuamente informato di tutto poiché siamo ora in un momento decisivo per la politica balcanica. È bene che l'Austria e la Russia sappiano di contare su di noi per l'attuazione delle riforme, ma è bene anche che noi appoggiando sinceramente ed efficacemente le riforme vigiliamo con cura perché l'azione austro-russa non diventi unilaterale indebolendo dapprima,

2 Cfr. n. 31.

3 Per la risposta cfr. n. 129.

per poi eliminare in seguito, il concerto delle Potenze nel quale noi riscontriamo la maggiore garanzia dei nostri interessi2 .

124 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 118-119.

125 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 119.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI 1

T. 65. Roma, 13 gennaio 1904, ore 15.

Per mezzo dell'ambasciatore ottomano in Roma la Sublime Porta ha mosso qualche obiezione circa il nostro proposito che in seno alla Commissione, presieduta dal generale De Giorgis, per la riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia, abbia posto, accanto agli ufficiali superiori delle altre Potenze, anche un nostro ufficiale superiore già designato nella persona del colonnello Signorile. Feci osservare all'ambasciatore che, avendo il generale De Giorgis una situazione a parte, importava che l'Italia avesse nella Commissione una rappresentanza come le altre Potenze. L'ambasciatore si mostrò persuaso e si proponeva di telegrafare in tal senso al suo Governo. Ho incaricato, a mia volta, il r. ambasciatore in Costantinopoli di adoperarsi efficacemente allo stesso fine 2 . Prego V.E. di volerne informare confidenzialmente codesto Governo, al quale saremmo grati se fosse data sollecita istruzione di appoggiare, presso la Porta, le pratiche del collega italiano.

127

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI

D. RISERVATO 1783/13. Roma, 13 gennaio 1904.

Ho ricevuto il rapporto n. 908/250 in data del 15 dicembre u.s. 1 nel quale la S.V. mi riferisce un colloquio avuto con lord Cromer circa i negoziati pendenti fra il

R. Governo ed il Governo britannico.

In via del tutto confidenziale le comunico che le trattative sono state condotte in Roma dal capo dell'ufficio coloniale con sir Rennell Rodd ed il colonnello Harrington e che si è giunti ad una conclusione in forma di proposta2• Quanto all'Eritrea mi riservo di farle pervenire ulteriori concrete informazioni.

126 1 Ed. in LV 104, p. 120. 2 Con T. 66, pari data, non pubblicato. 127 1 Cfr. n. 70. 2 Cfr. n. 84.

125 2 Comunicato a Londra con T. 64, pari data.

128

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 16/8. Belgrado, 13 gennaio 1904 (perv. il 18).

Ieri i ministri di Francia, del Belgio e di Rumania hanno, siccome avevo preannunziato a V. E. col mio rapporto del! '8 gennaio corrente n. 41 , lasciato Belgrado. l ministri di Turchia e di Grecia resteranno non avendo ricevuto alcuna istruzione dai loro Governi.

S. M. il re, la Corte, i ministri ed una rappresentanza della Scupcina si recheranno oggi a mezzodì a Topola per assistere ad un servizio sulla tomba di Karagiorgio, inaugurando col primo dell'anno le feste per il centenario della prima insurrezione serba, avvenuta nel gennaio del 1804. In tal modo Sua Maestà ha voluto evitare così l'astensione del corpo diplomatico al «Te Deum» ed al ricevimento, come di escluderlo dalla lista degli inviti se i ricevimenti avessero avuto luogo.

La partenza dei ministri sopra menzionati ha creato una situazione del tutto nuova, di soluzione assai difficile, e, quel che è più strano, non prevista dal Governo austriaco. Quando il signor Dumba comunicò agli altri rappresentanti esteri, che egli e l'incaricato d'affari russo si sarebbero astenuti dall'intervenire alle feste o ricevimenti di Corte e che, a questo scopo, si sarebbe assentato in congedo, non previde che, data l'azione comune esercitata con la Russia, la sua partenza sarebbe stata interpretata come un atto parallelo a quello pel quale il Governo di Pietroburgo teneva assente da Belgrado il proprio ministro. Questa interpretazione egli, anzi, la lasciò accreditare, credendo che essa avrebbe contribuito a raggiungere lo scopo desiderato, ma era sua ferma intenzione di rientrare dopo le feste, avendo, siccome egli mi diceva, l'Austria troppi interessi in Serbia per permettere una sua prolungata assenza.

Inoltre, man mano che l'insuccesso della designata azione si pronunciava e

S. M. il re resisteva alla pressione limitandosi a quei cambiamenti ai quali si riteneva autorizzato, il desiderio della legazione d'Austria di transigere e di riservarsi un'uscita si andava accentuando e l'incaricato d'affari, modificando il linguaggio già tenuto dal suo capo, si adoperava sempre più a motivare la partenza del signor Dumba come conseguenza d'interessi personali estranei alla pressione.

L'interesse del Governo austriaco non è infatti, che che se ne dica, di gettare la Serbia nell'anarchia, ma di avere invece qui un Governo che mantenga l'ordine al quale imporre condizioni o col quale venire a patti. Ho avuto visione della lettera d'istruzioni inviata dal conte Goluchowski al signor Dumba relativamente alla pressione per l'allontanamento degli ufficiali e che fu confidenzialmente comunicata a Sua Maestà. In essa vi è esplicitamente detto che la Russia e l'Austria, rendendosi ben conto delle condizioni difficili in cui S. M. il re era stata assunta al trono, era desiderio dei due Governi che la pressione per l'allontanamento degli ufficiali cospiratori

per mezzo dell'astensione dei rappresentanti esteri dagli eventuali ricevimenti a Corte fosse esercitata nel modo più dolce e meno lesivo del prestigio di Sua Maestà.

È evidente che in queste condizioni sarebbe stato più prudente da parte del signor Dumba di non abbandonare Belgrado perché l'azione degli altri rappresentanti che a lui mettevano capo non procedesse disordinata e non esorbitasse dalle intenzioni del suo Governo. La sua assenza, complicata da avvenimenti imprevisti, come la dimostrazione davanti alla legazione di Francia, ha prodotto invece una dimostrazione collettiva delle Potenze attribuita esclusivamente all'azione austriaca e di cui il Governo di Vienna non può ormai non dichiararsi solidale.

Fino a quando questa situazione possa prolungarsi è difficile dire. Il solo che, a mia conoscenza, abbia istruzioni precise è l'incaricato d'affari di Russia, al quale il suo Governo ha telegrafato che egli debba astenersi da qualsiasi ricevimento a Corte fino ali' allontanamento definitivo di tutti gli ufficiali cospiratori, ciò che implica anche che fino allora non invierà il suo ministro.

La situazione dei capi missione assenti e soprattutto del signor Dumba, diviene poi delicatissima per essere essi considerati dai serbi provocatori di una manifestazione che l'opinione pubblica ritiene ingiusta e qualifica di arbitraria ingerenza.

128 1 Non pubblicato.

129

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 97. Londra, 14 gennaio 1904, ore 5,45.

Ho avuto ora un colloquio col segretario di Stato, in esecuzione degli ordini di

V.E. telegramma n. 622 . Marchese Lansdowne aspetta informazioni, che già aveva chieste a Costantinopoli ed a Vienna, sul reclutamento degli ufficiali austro-ungarici, ma egli accoglie, in massima, con molto favore, progetto di azione concorde dei Gabinetti di Roma e Londra, circa eguale partecipazione delle sei Potenze al corpo ufficiali esteri, per il servizio gendarmeria macedone. Allorché quelle informazioni saranno giunte, Sua Signoria mi chiamerà per farmi conoscere decisione. *Anticipo sin d'ora, che decidendosi comune azione, questa, secondo marchese Lansdowne, dovrebbe consistere in pratiche confidenziali e simultanee dei rispettivi ambasciatori Pietroburgo e Vienna, senza che Sublime Porta ne abbia conoscenza, per osservare che in base al programma di riforma di Mtirzsteg, ciascuna delle sei Potenze ha facoltà inviare uguale numero di ufficiali per la gendarmeria macedone* 3 .

2 Cfr. n. 124.

3 Il 15 gennaio Bertie informò Tittoni con una lettera che Lansdowne aveva avvertito l'ambasciatore a Costantinopoli di appoggiare le richieste italiane.

129 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 121.

130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE 1

T. 79. Roma, l 5 gennaio l 904, ore 20.

Non potendo essere posto in dubbio il nostro diritto di intervenire in ogni fase della riorganizzazione della gendarmeria macedone in condizioni identiche a quelle delle altre Potenze, abbiamo disposto che, oltre il generale De Giorgis, il quale, entrando al servizio ottomano, ha una posizione a parte, nella Commissione incaricata, sotto la presidenza del generale, di preparare la riorganizzazione della gendarmeria, intervenga, per conto dell'Italia, il colonnello Signorile. La Sublime Porta fa ora obiezioni manifestamente infondate e che dichiarai non potere ammettere. Prego V.E. adoperarsi presso codesto Gabinetto acciocché il suo ambasciatore in Costantinopoli appoggi l'ambasciatore italiano nel sostenere il nostro punto di vista. Aggiungo che l'ambasciatore britannico ha già ricevuto tali istruzioni2 .

131

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 34/6. Tangeri, l 5 gennaio 1904 (perv. il 24).

Dopo il caid Maclean, che, reduce da Londra, è testé ripartito per Fez, pur faranno presto ritorno alla Corte, e il colonnello Ogelvy, ed i sott'ufficiali inglesi cui il sultano ha fin dallo scorso anno commessa l'istruzione della cancelleria imperiale.

L'uno e gli altri, è da notare, furono colà richiamati per lettere dirette alla legazione britannica, mentre contemporaneamente, quasi, il vizir sid Abdelcherim ben Sliman sollecitava l'inviato della Repubblica perché anche la missione militare francese muovesse alla capitale. Il signor S. René de Taillandier, nel ciò parteciparmi ha pur voluto soggiungere che, prima di annuire a tale per lui inaspettata domanda, consulterebbe il proprio Governo.

Alle legazioni di Germania e d'Italia nessun consimile invito, peranche pervenne. La quale omissione se è spiegabile in riguardo all'ingegnere tedesco, signor Rottenburg, perché specialmente addetto a lavori di fortificazioni in Rabat dove ha stabile soggiorno, non lo è del pari per quello che concerne il colonnello Ferrara ed i tec

2 Cfr. n. 126.

nici italiani, la cui opera si svolge né altrove è utilizzabile, se non a Fez, sede della fabbrica d'armi.

Comunque, e per effetto di sì subitanee risoluzioni, dovute all'indole impulsiva del sultano, e delle quali non è dato indovinare il movente, né presagire le conseguenze, il vero è che d'un tratto si è venuta creando una condizione per noi fastidiosa di cose: -si vedono ricercati gli inglesi ed i francesi, e gli italiani soltanto negletti ed inoperosi a Tangeri trattenuti. -In tutto ciò, vi è un indizio poco rassicurante, e che fa dubitare degli intendimenti del Maczen in riflesso all'opificio che è opera nostra, ed alla nostra ufficialità; e pur v'hanno ragioni di nuovi contrasti e difficoltà. Una sollecita, se non immediata decisione, frattanto, s'impone: o disporre perché la nostra missione senz'altro raggiunga la francese; o lasciar correre il tempo, ed aspettare che il sultano ed i suoi consiglieri s'inducano a resipiscenza. E se mi fosse lecito di manifestare il debole mio parere, io propenderei per quest'ultimo partito, pur di evitare un conflitto forse non ripugnante a questo Governo, ma certo da noi non voluto.

L'E.V. conosce la situazione: né io starò a qui ripetere ciò che in argomento ebbi già più occasioni di riferire; ma nel richiamarmi ai rapporti di n. 133 (1902) 70 (1903)1 di settembre e luglio, e segnatamente al promemoria che ebbi l'onore di indirizzarle coll'ultimo mio ufficio di n. 121 dicembre 19032 , mi consenta I'E.V., di fermare la sua attenzione sopra questo che reputo un punto essenziale e non peranche considerato della questione in esame.

Nelle relazioni dell'Italia col Marocco, v'è una nube: il recente accordo francoitaliano per la Tripolitania; e rispetto alla fabbrica d'armi, non dirò un equivoco, ma un lato debole per noi: il fatto, che a differenza delle altre missioni militari straniere, la nostra solamente, è in tutto e per tutto stipendiata dal Governo sceriffiano, e così in assoluta, sua dipendenza. Cessate sono le ragioni di politica opportunità che in passato consigliarono all'Italia di istituire quella che si intitolò, ma che in realtà non fu mai, una vera estera missione militare; a pieno gradimento dell'imperatore Mulay Hassan.

Né è oggi da credere che nella accennata supposta eventualità, il Governo del re volesse ripresentare quei suoi ufficiali in tale effettivo carattere. Dato che vi si decidesse, è evidente infatti che esso dovrebbe del proprio retribuirli, come la Francia, la sua missione militare, del proprio stipendio3 .

2 R. 646/121 del 20 dicembre 1903, non pubblicato.

3 Allegato il seguente appunto che è la traccia per la risposta: «Approvare le considerazioni del r. ministro. Miglior partito per non dare occasione ad un incidente, sembra essere quello di aspettare ancora, e di lasciare che l'iniziativa del Maclean a Fez venga dal sultano. Bensì converrà che, per eliminare fin d'ora ogni possibile equivoco, il r. ministro cerchi l'opportunità di far sentire verbalmente al commissario del sultano a Tangeri che la missione italiana allontanatasi da Fez per volere del sultano, è sempre pronta a tornarvi ad un suo cenno. Se poi l'indugio si protraesse oltre misura, sarà allora il caso di considerare il da farsi».

130 1 Ed. in LV 104, p. 123.

131 1 Cfr. serie lll, vol. VII, nn. 118 e 611.

132

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 36/18. Sofia, 15 gennaio 1904 (perv. il 22).

Ad ogni buon fine e perché ne resti traccia nella corrispondenza credo opportuno al momento di lasciare, temporaneamente, questo posto per recarmi in congedo, riassumere le dichiarazioni fattemi dal presidente del Consiglio nelle varie conversazioni da me avute con lui in questi ultimi tempi, circa gli intendimenti del Governo bulgaro a riguardo della questione macedone.

Di tali sue dichiarazioni il generale Petrov mi ha pregato con insistenza di rendere, con la maggior precisione possibile, informata l'E.V. nella relazione verbale che avrò l'onore di fare al mio prossimo arrivo a Roma.

l) Il Governo principesco per quanto lo concerne è fermamente deciso a non sollevare alcuno ostacolo, alcuna difficoltà alla azione pacificatrice delle Potenze in Macedonia. Quest'opera invece esso si studierà, come meglio sa e può, di caldeggiare e favorire.

2) Rispetto alla Turchia il Governo principesco vuole, oggi come per lo passato, seguire una politica non aggressiva ma corretta e conciliante.

3) Il Governo principesco non verrà meno al suo dovere, di impedire, nei limiti del possibile e compatibilmente con le esigenze della politica interna e del mantenimento dell'ordine pubblico, la formazione di bande, ed in generale l'organizzazione dell'insurrezione sul suo territorio.

4) Gli armamenti e i preparativi militari fatti e da fare, hanno scopo non offensivo ma puramente e semplicemente difensivo. Se in seguito ad avvenimenti impreveduti e per ora imprevedibili, la Turchia cedendo nuovamente a consigli del genere di quelli datile l'anno scorso da qualche Potenza, si deciderà, con o senza dichiarazione di guerra, ad invadere, sia la Rumelia orientale, sia la Bulgaria, il principato si troverà in condizioni migliori e più vantaggiose per respingere una eventuale invasione ottomana. A migliorare la situazione militare, a ridare efficienza all'esercito, che esso aveva trovato in condizioni assolutamente inatte a provvedere alla difesa della Nazione, l'attuale Gabinetto ha, fin dal suo avvento al potere, atteso con alacrità ed energia siccome ne aveva il diritto e il dovere sacrosanto. Di ciò nessuna Potenza, animata da sentimenti di giustizia e di imparzialità, può muovergli rimprovero.

5) Il Governo principesco si augura caldamente che mediante l'applicazione delle varie riforme, specialmente di quella riguardante la riorganizzazione della gendarmeria, le Potenze riusciranno ad impedire che l'insurrezione abbia a scoppiare novellamente in Macedonia nella prossima primavera. Quando una tale deplorevole eventualità avesse, ad onta della buona volontà delle Potenze ed anche della Bulgaria, a verificarsi, il Governo principesco spera che le Potenze veglieranno a che la repressione, se necessaria, sia compiuta con criterio di retta giustizia di discriminazione e di umanità, giacché se gli eccidi, i massacri, e le atrocità di ogni genere commessi l'anno scorso dai turchi avessero a ripetersi anche quest'anno, il Governo -e non esita a dichiararlo -potrebbe trovarsi nella impotenza assoluta di resistere alla corrente della pubblica opinione imperiosamente reclamante un intervento armato della Bulgaria a favore della Macedonia.

133

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. l 08/ ... Vienna, 16 gennaio 1904, ore 4,11.

Ministero degli affari esteri imperiale e reale ha dato istruzioni ora all'ambasciatore d'Austria-Ungheria a Costantinopoli di appoggiare i passi del r. ambasciatore relativamente alla nomina del colonnello Signorile.

134

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTON1 1

T. 111/13. Berlino, 16 gennaio 1904, ore 4,55.

Istruzioni all'ambasciatore di Germania Costantinopoli per appoggiare pratica nostra circa nomina ufficiale superiore italiano nella Commissione per il riordinamento gendarmeria Macedonia partono oggi. Nell'informarmene, barone Richthofen mi soggiunge che Germania non ha ancora nominato suo rappresentante in quella Commissione, perché desidera possibilmente vedere risoluta questione tuttora pendente circa pagamento di quegli ufficiali, se, cioè, devono, o meno, entrare al servizio turco come Sublime Porta vorrebbe.

135

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. 86. Roma, 16 gennaio 1904, ore 15.

Informo V.E., che oltre Inghilterra, anche Germania ritiene giustificata domanda Italia di avere nello Stato Maggiore della Gendarmeria macedone un rappresentante oltre il generale. Sublime Porta si oppone. Nostro ambasciatore in Berlino mi

134 1 Ed. in LV 104, p. 127.

telegrafa1 che Governo germanico ritiene che Sublime Porta non insisterà, se, oltre che da Inghilterra e Germania, nostra domanda sarà appoggiata da codesto Governo.

Gradirò riscontro telegrafico2 .

133 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 160.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ATENE, SILVESTRELLI

T. 87. Roma, 16 gennaio 1904, ore 15.

In vista degli ingiustificati attacchi di codesti giornali ho comunicato alla Agenzia Stefani il seguente telegramma con la data di Atene: «In questi circoli diplomatici recano spiacevole sorpresa gli attacchi di certi giornali contro il ministro d'Italia Silvestrelli. Il rapporto che fornisce il pretesto a tali attacchi nulla contiene che li giustifichi. Si fa colpa al signor Silvestrelli di aver detto che la Grecia confina a Nord con l'Albania, e che, secondo l'opinione degli etnologi, la popolazione del Regno non è esclusivamente di razza ellenica.

Queste affermazioni essendo conformi a quanto si trova negli atlanti e nei trattati di geografia, le recriminazioni dei giornali non hanno il menomo fondamento; né lo stesso Governo italiano avrebbe inserito il rapporto del signor Silvestrelli in un bollettino ufficiale se vi avesse rilevato alcunché di meno riguardoso versa la Nazione ellenica».

137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

D. 2252/28. Roma, 16 gennaio 1904.

Mi riferisco ai dispacci del l Oe 13 ottobre u.s., nn. 604 74 e 60941, relativi alla ferrovia Gibuti-Harrar1 .

L'ingegnere Ilg, ministro di Stato di Menelich, trovandosi a Roma, si è presentata l'opportunità di avere con lui un colloquio. Egli mi disse che ritornava in Abissinia per rimanervi tre anni e che aveva le migliori disposizioni di coadiuvare l'azione dell'Italia in quell'Impero, solamente domandava che non fosse ostacolata la compagnia ferroviaria costruttrice della linea Gibuti-Harrar nel proseguimento di essa fino ad Addis Abeba.

Dopo l'azione spiegata dal rappresentante britannico in Etiopia presso Menelich, coadiuvata da quella singolarmente efficace del rappresentante italiano, dopo i risultati ottenuti con la nota protesta del negus, e avuto riguardo alla natura delle relazioni e degli interessi italo-britannici in Etiopia, noi non potremo riconsiderare la questione se non d'accordo col Governo britannico, intendendoci lealmente con esso sul modo con cui, pur mantenendo gli effetti politici e commerciali della protesta di Menelich, si possa non ostacolare il proseguimento della ferrovia Gibuti-Harrar, tenendo conto che Italia e Inghilterra hanno interesse di conservare buone relazioni con la Francia, come hanno interesse di non aver nemico l'ingegnere Ilg.

Un diverso atteggiamento dell'Italia e dell'Inghilterra di fronte al negus nella questione della ferrovia non potrebbe però aver luogo se non a condizione che l'una e l'altra Potenza siano guarenti te nel modo più assoluto, che sia esclusa ogni clausola di monopolio, che la costruzione della ferrovia abbia il carattere di una speculazione privata, che a Gibuti e sul tronco costruito siano consentite facilitazioni commerciali, e in quella da costruirsi siano impiegati capitali internazionali e siano anche consentite facilitazioni commerciali, essendo comune interesse che una linea ferroviaria raggiunga la capitale dell'Abissinia.

Io desidero che la S.V. esponga queste idee generali al marchese di Lansdowne mettendo bene in chiaro come nel fare tale comunicazione siamo mossi da sentimento di lealtà e dal proposito di continuare a procedere d'accordo con l'Inghilterra in questa come in tutte le altre questioni in Etiopia, e entrando con lui in uno scambio d'idee che sarà reso più agevole dalla presenza a Londra del colonnello Harrington.

Di quanto le avrà comunicato il ministro britannico degli affari esteri la S.V. vorrà subito riferirmF.

135 1 Con T. l 03/1 O del 15 gennaio, non pubblicato. 2 Le risposte da Pietroburgo e da Vienna non sono state rinvenute nel registro dei telegrammi, ma sulla questione cfr. n. 139. 137 1 Non pubblicati nella serie Ili, vol. VII.

138

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 112110. Pera, 17 gennaio 1904, ore 0,25.

In base istruzioni contenute nel telegramma di V.E. n. 782 , ho fatto fare oggi al ministro degli affari esteri dal primo interprete della r. ambasciata comunicazione verbale seguente, di cui Tewfik pascià prese nota scritta:

«Governo di S.M. il Re d'Italia mantiene suo modo di vedere circa due ufficiali incaricati di prendere parte alla riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia. Invio del colonnello Signorile in qualità di aggiunto al generale De Giorgis è pie

2 T. del 15 gennaio, non pubblicato.

namente giustificato dall'art. 2 delle proposte austro-russe, mentre cooperazione del capitano Caprini, data la sua speciale competenza, si impone come una necessità derivante dali'alta responsabilità che incombe al generale italiano n eli'adempimento del mandato che gli è stato affidato. Invio poi del tenente italiano trova la sua giustificazione nel fatto che non si potrebbe contestare al generale De Giorgis di avere sotto i suoi ordini immediati, in qualità di ufficiale d'ordinanza, un ufficiale italiano di sua intera fiducia».

Ho stimato opportuno di fare menzione nella mia comunicazione oltre che del colonnello, del Caprini ed anche del tenente e dare esplicita ragione del loro invio che V.E. mi segnalò con suo telegramma n. 663 allo scopo di evitare equivoci e gravi inconvenienti che potrebbero derivare dalla presenza sia qui che in provincia di due ufficiali italiani che si troverebbero a lato del generale senza qualità ufficialmente riconosciuta, senza poter vestire la divisa ottomana e senza speciali prerogative. *Di questa mia comunicazione, come avevo fatto del resto, nelle precedenti fasi della questione, ho informato collega di Inghilterra, il quale mi ha dichiarato che, giusta istruzioni ricevute, aveva ed ha di nuovo fortemente consigliato Sublime Porta a recedere dalla sua opposizione nell'invio del colonnello Signorile. Ministro affari esteri ha dichiarato a Cangià che i Gabinetti di Londra e di Berlino avevano accettato di non inviare che un solo ufficiale superiore, che Sublime Porta riteneva che le Potenze non farebbero difficoltà a che i rispettivi ufficiali vestano uniforme ottomano e siano pagati dal Governo imperiale e che, ciò stante, una eccezione fatta a favore dell'Italia potrebbe essere invocata da altre Potenze. Cangià rispose al ministro essere poco probabile che Potenze acconsentano a che questi ufficiali entrino di fatto al servizio della Turchia e rilevino esclusivamente dal Governo imperiale.

Collega d'Austria-Ungheria mi ha detto che in un colloquio avuto ieri col gran vizir, il quale rilevava il fatto che Italia si proponeva inviare parecchi ufficiali, aveva fatto osservare, a titolo personale a Sua Altezza che invio colonnello Signorile era giustificato dali' art. 2 delle proposte austro-russe e che invio capitano Caprini era motivato dalla convenienza che il generale avesse al suo fianco una persona specialmente competente nella materia*.

137 2 Non è stata trovata la risposta ma sull'esemplare pervenuto a Londra si legge il seguente appunto: « ... Vedere lord Lansdowne. Comunicazione di sir E. Barrington che ne ha preso nota 25 gennaio 1904». Barrington era il segretario particolare di lord Lansdowne.

138 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 127.

139

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T.115/69. Pietroburgo, 17 gennaio 1904, ore 9, 02.

Conte Lamsdorff da me interessato in conformità telegramma di V.E. n. 792 approvò punto di vista di V.E. ritenendo opposizione Sublime Porta fatta per l'inveterata consuetudine di questa dilazionare. Strettamente legata coli'Austria-Ungheria

2 Cfr. n. 130.

nella questione macedone inviterà ambasciatore di Russia a Costantinopoli a mettersi d'accordo con ambasciatore d'Austria-Ungheria onde appoggiare nostro ambasciatore. Non dubito che l'Austria-Ungheria nostra alleata darà il suo appoggio.

138 3 T. del 13 gennaio, non pubblicato.

139 1 Ed.inLVJ04,p.l28.

140

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 120/13. Pera, 18 gennaio 1904, ore 1,20.

Collega di Austria-Ungheria mi comunica che, giusta istruzioni telegrafiche ricevute dal suo Governo, farà domani alla Sublime Porta dichiarazione seguente: «La nomina di un generale italiano per la riorganizzazione della gendarmeria in Macedonia non esclude, secondo il parere dei Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, il diritto del Governo italiano di designare, in qualità di aggiunto a questo generale, uno dei propri ufficiali siccome lo fanno tutte le altre Grandi Potenze».

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

T. 93. Roma, 18 gennaio 1904, ore 18.

Nell'intento appunto di evitare per quanto è possibile di sollevare discussioni le quali, per quanto da parte nostra, giustificate, darebbero occasione e pretesti alla Sublime Porta per nuove tergiversazioni e per ulteriori ritardi, non insisto né sulla questione del giuramento del generale De Giorgis né sulla nuova redazione dell'articolo 9 del contratto specialmente nella parte che riguarda il termine biennale del contratto medesimo. Quanto al primo punto io volli prima, come dovevo, prendere gli ordini di

S.M. il re, il quale è appunto d'avviso che non si debba insistere sulla questione, e, come capo supremo dell'Esercito autorizza il generale a prestare il richiesto giuramento. Quanto al secondo punto e, in generale, per tutto ciò che riguarda le attribuzioni del generale e le attuali pretese della Turchia al proposito, resta ben inteso, e su ciò converrà che sia esplicito l'accordo della E.V. con i suoi colleghi specialmente di Austria-Ungheria e di Russia, che l'accettazione da parte nostra delle attuali pretese del Governo ottomano avviene con l'intesa espressa di intervenire energicamente ogni qualvolta insorgessero difficoltà tali da rendere inefficace o insufficiente l'azione del generale De Giorgis e dei suoi cooperatori europei per il conseguimento del compito a loro affidato.

141 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 136.

Insisto, invece, nel modo più perentorio ed assoluto, per l'invio del colonnello Signorile. Il consenso della Sublime Porta tanto meno può mancare ora che tutte le Potenze hanno dichiarato di accedere al nostro modo di vedere. Aggiungo per notizia della E. V. che ieri fu da me questo ambasciatore turco cercando di distinguere secondo che gli altri ufficiali europei entrassero o meno anche essi al servizio della Porta, e sostenendo che nel primo caso l 'Italia sarebbe già rappresentata dal generale De Giorgis e non potrebbe quindi pretendere ad una rappresentanza doppia. Io, anche prescindendo dalla considerazione che le Potenze non si mostrano disposte acché i loro ufficiali superiori entrino al servizio turco, sostenni il diritto nostro così in un caso come nell'altro. Dichiarai a Rechid bey che il suo ragionamento avrebbe avuto una parvenza di ragione solo quando dall'invio del colonnello Signorile le altre Potenze avessero tratto pretesto per domandare l'invio di un altro ufficiale; ma non verificandosi ciò perché tutte le Potenze riconoscono la particolarissima situazione del generale De Giorgis ben diversa da quella degli altri ufficiali, anche questa parvenza di ragione viene meno. Onde è, io conclusi, che, nella eventuale persistenza di rifiuto da parte della Sublime Porta, non potrei vedere che una manifestazione di incomprensibile diffidenza, che io, con mio grande rincrescimento, non potevo a meno di constatare nel contegno della Sublime Porta a nostro riguardo; e ciò dissi nonostante che l'ambasciatore protestasse contro tale interpretazione nel modo più energico, e si profondesse nelle maggiori dichiarazioni in opposto senso. Rimane quindi inteso che, da parte nostra, il generale De Giorgis partirà accompagnato dal colonnello Signorile il quale avrà la identica posizione degli ufficiali superiori delle altre Potenze, mentre, quanto al capitano Caprini, confermo quanto le comunicai con mio telegramma 16 gennaio n. 852 .

140 1 Ed.inLV104,p.l35.

142

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 28112. Lisbona, 18 gennaio 1904 (perv. il 24).

Alla Camera dei Pari, nella seduta d 'oggi, discutendosi il progetto di risposta al discorso della Corona, il signor Baracho lamenta che il re Carlos non sia stato a visitare il re Umberto in Roma per l'intransigenza della Santa Sede. Ricorda questo fatto nel momento in cui il re d'Italia è scelto ad arbitro in una questione tra i Governi portoghese ed inglese. Egli terminava affermando la necessità che il re visiti i suoi parenti nella capitale italiana.

Essendomi pur mantenuto nella circospezione voluta dall'E.V. tuttavia mi pare d'aver capito abbastanza per poter prognosticare che la visita del re Carlos al nostro

11 o

augusto sovrano, è superfluo il dirlo, a Roma, perché nessun italiano l'ammetterebbe altrove, dipende dall'andata del presidente Loubet alla capitale. Se il capo della Repubblica francese sarà ricevuto dal papa dopo d'aver restituita la visita al capo del Regno italiano, tutto fa credere che questo monarca, che è di liberi sentimenti, ne imiterà l'esempio, non lasciandosi più arrestare né dalla regina, che ostenta devozione, né dalla nunziatura, né dal partito intransigente.

141 2 Non pubblicato.

143

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 126/14. Pera, 19 gennaio 1904, ore 0,15.

Mi riferisco telegramma di V. E. n. 93 1•

Di fronte adesione delle Potenze al modo di vedere del R. Governo circa invio del colonnello Signorile, alle ultime dichiarazioni di V.E. a Rechid bey ed a quelle della r. ambasciata al ministro degli affari esteri, ravviserei opportuno astenerci da ulteriori comunicazioni a questo riguardo alla Sublime Porta e far partire senz'altro col generale De Giorgis, colonnello Signorile e capitano Caprini. Ho, del resto, motivo di credere che, sebbene la Sublime Porta non dichiarerà di accettare modo di vedere delle Potenze circa questione degli ufficiali superiori aggiunti al generale, non solleverà nuove obiezioni contro invio colonnello Signorile. Giusta quanto mi ha ripetuto mio collega d'Austria-Ungheria, né lui né Zinovieff hanno ufficialmente annunziato invio dei loro ufficiali superiori, e le loro attribuzioni e la loro posizione di fronte al Governo ottomano faranno oggetto di decisioni che saranno prese, dopo che generale ed ufficiali superiori saranno giunti a Costantinopoli.

Circa intesa coi miei colleghi d'Austria-Ungheria e di Russia per risolvere eventuali difficoltà che intralciassero azione del generale e dei suoi cooperatori europei, trattandosi di questione delicata, dubito che essi si trovino autorizzati a prendere precisi impegni in proposito. Riterrei, comunque, migliore consiglio di consegnare loro, sotto forma di un estratto di telegramma a me diretto da V.E., la memoria che trascrivo qui presso, pregandola di volermi telegrafare se approva, e se essa risponde esattamente al suo pensiero:

«Dans le but de éviter, dans la mesure du possible, des discussions que nous serions fondés à soulever, mais qui pourraient provoquer de nouvelles tergiversations de la Sublime Porte et des retards, je n'insiste pas sur la question de la formalité du serment du général De Giorgis, ni sur la nouvelle redaction de l'artici e 9 du contra t, spécialement, en ce qui concerne le terme de deux années qui y a été introduit. Quant au premier point, j'ai pris les ordres de S.M. le roi qui autorise le général à prèter ser

ment. Quant aux deux points et, en général, en ce qui concerne !es attributions du général et l es restrictions de la Sublime Porte à cet égard, je prie V.E. de vouloir s'entendre avec ses collégues, et spécialement avec L.L.E.E. les ambassadeurs d'Autriche-Hongrie et de Russie afin qu'il soit établi que, malgré les restrictions du Gouvernement impérial et l 'acceptation de notre part du contrat, les représentants des Puissances devront intervenir toutes les fois que les difficultés de nature à entraver le mandat que le général De Giorgis est chargé de executer avec la coopération des Officiers Supérieurs des Puissances, viendraient à se produire».

Collega d'Austria-Ungheria mi ha detto essere probabile che egli ed il collega russo risponderanno ad alcuni punti del memorandum della Sublime Porta del l O gennaio, fra cui quello che si riferisce alla gendarmeria.

143 1 Cfr. n. 141.

144

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 33/12. Pechino, 19 gennaio 1904 (perv. il 14 febbraio).

Sebbene perduri tuttora l'incertezza sull'esito delle trattative in corso fra la Russia e il Giappone e non ci si trovi qui in grado di fare pronostici con qualche sicurezza, per l'estremo riserbo tenuto in proposito dalle due legazioni interessate, leprevisioni si fanno però sempre più pessimiste e si ritiene ormai la guerra inevitabile; da qualcuno dei miei colleghi, anzi, imminente.

In questo conflitto che avrà avuto la sua prima origine nella mancata restituzione alla Cina di una sua provincia, la Cina rimarrà quasi certamente neutrale. Il suo intervento che ne chiamerebbe degli altri, farebbe prendere alla guerra proporzioni che è interesse generale di evitare fino a che ciò sarà possibile, e da ogni parte vengono consigli di prudenza al Governo imperiale. Questo si trova, d'altronde, per le sue condizioni, più che disposto, forzato a seguirli e non è probabile che le idee bellicose del piccolo partito che vorrebbe intervenire nella lotta prendano il sopravvento. Le dichiarazioni del Governo imperiale sulle proprie intenzioni sono del tutto pacifiche. Un pericolo di vederlo mutare di proposito potrebbe forse sorgere da un eventuale considerevole successo delle armi giapponesi, ma in tal caso il Giappone stesso preferirebbe probabilmente di essere lasciato solo e non essendo qui a temersi pressioni della pubblica opinione e dello spirito militare, così poco sviluppato nell'armata, anche codesto pericolo non è grande.

Gli interessi che l'Italia ha attualmente in Cina sono tali da permetterle di assistere con minore preoccupazione che non altre Potenze allo svolgersi degli avvenimenti, il cui esito non potrà essere, in alcun caso, favorevole ad alcuna di esse. Poiché, se ne risulterà una preponderanza nell'Estremo Oriente per uno dei due contendenti, sia che essa tocchi ai russi, sia che la guadagni il Giappone, sarà sempre di svantaggio alle altre Nazioni a cagione dei criteri di Governo notamente restrittivi per gli stranieri nel primo caso, per la invadenza e la forza di espansione incontrastabile dell'elemento giapponese nel secondo.

L'attuale conflitto ha però indirettamente per noi un'importanza non lieve per le sue conseguenze nelle complicazioni dell'Oriente ottomano, dove i nostri interessi sono più immediati e più ingenti e dove l'equilibrio sarebbe facilmente spostato dal trovarsi impegnata altrove la Potenza che vi ha indubbiamente la maggior influenza.

Ma evvi un'altra probabile conseguenza della prevista guerra che non deve sfuggire all'attenzione del R. Governo. Comunque essa si risolva non vi ha dubbio per me che se non subito, in un avvenire più o meno lontano, la Cina ne pagherà le spese. Il vincitore le chiederà conto di una neutralità che avrà forse desiderata; il vinto vi cercherà dei compensi alle sue perdite, i neutri il ristabilimento, ciascuno nel proprio interesse, dell'equilibrio turbato.

Vi sono varie Potenze preparate a trar vantaggio da ogni complicazione che succeda in questa parte del mondo, e sebbene nelle conversazioni che mi occorre di avere coi colleghi di quelle Potenze essi si siano !agnati dei pesi delle loro occupazioni territoriali in Cina e abbiano protestato di non volerle estendere, si conosce il valore di siffatte dichiarazioni e nessuno ignora l'incessante lavoro di preparazione che stanno facendo i tedeschi nello Shantung, i francesi nel sud, gli inglesi nella valle dello Yangtzè. Nulla quindi di più probabile che nello stesso assestamento dei conti che interverrà fra i due contendenti o più tardi valendosi della situazione che sarà conseguenza del conflitto, esse cerchino qualche utile per sé stesse. Il R. Governo, il Parlamento, il Paese si sono troppo categoricamente dichiarati alieni da una azione in Cina, perché io possa considerare per l'Italia una eventualità di simil genere. Mutano però le circostanze e ciò che non è opportuno in un momento può esserlo in un altro e non sarebbe prudente il rimanere del tutto impreparati ad una siffatta evenienza. Siccome in tali casi il momento opportuno fugge, di regola, rapidamente, è elemento principale di successo la prontezza delle decisioni per la quale è necessaria una preparazione anteriore. Uno studio che tenesse conto di tutte le previsioni e della corrispondente linea di condotta da seguirsi non sarebbe senza valore anche se destinato a non aver pratiche attuazioni. Qualora le circostanze conducessero l'Italia ad una politica più attiva in queste contrade, base della sua azione non dovrebbe essere, a parer mio, se non il Ce-kiang, sia a cagione delle antiche mire che potrebbero costituire una certa base alle nostre rivendicazioni, sia perché a riguardo di quella provincia le pretese di altre Nazioni sarebbero più facilmente contestabili che non per le altre parti del litorale cinese.

Non voglia l'E.V. vedere in queste mie parole più di quanto esse dicono; mi rendo conto della vera entità dei nostri interessi attuali in Cina e di tutte le ragioni che sconsigliano dal tentarvi avventure; non è quindi un suggerimento ad agire che esprimo, ma semplicemente a prepararci per ogni evenienza; ed è superfluo che assicuri l'E.V. che nulla nei miei discorsi o nel mio contegno potrà lasciar supporre da parte del R. Governo qualche disegno contrario all'atteggiamento da esso serbato finora.

È corsa voce da ultimo dell'intenzione che avrebbe la Corte di ritirarsi a Singanfu. È certo che sono stati dati ordini, già da qualche tempo, per il sollecito allestimento di quella residenza imperiale e non è improbabile che in vista dei prossimi avvenimenti l'imperatrice abbia contemplato l'eventualità di allontanarsi maggiormente dal possibile teatro della guerra. La partenza della Corte, che praticamente avrebbe come conseguenza il trasporto della sede effettiva del Governo !ungi da Pechino, potrebbe esser cagione di gravi inconvenienti e queste legazioni faranno naturalmente ogni loro possibile perché non avvenga. Finora il Wai Wu Pu ci ha dato sempre formale assicurazione che la Corte non si muoverà.

La situazione generale continua ad essere soddisfacente e se, scoppiando le ostilità, fosse a temersi qualche movimento contro gli stranieri, ritengo che la presenza delle truppe attualmente di stanza nel Chili e delle ingenti forze navali che si trovano in questi mari basterebbe ad impedire serie conseguenze. Saranno state, in ogni caso, provvide le disposizioni testé prese dal R. Governo per rafforzare la difesa del recinto della r. legazione affidata al distaccamento della R. Marina.

145

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 133/4. Londra, 21 gennaio 1904, ore 11,35.

Mi riferisco mio telegramma n. 22 .

Marchese Lansdowne mi informa che a Vienna si smentisce che si facciano pressioni Sublime Porta per nomina ufficiali austro-ungarico e russo nella gendarmeria macedone, e si aggiunge che il progetto per riorganizzare gendarmeria è )ungi dall'essere completo. Esso sarà, in ultimo, sottoposto al generale De Giorgis e agli ufficiali esteri che gli sono aggregati. Incaricato d'affari Inghilterra Vienna fu assicurato, nel modo il più positivo, che Governo austro-ungarico intende che le altre grandi Potenze abbiano nella definitiva organizzazione gendarmeria macedone, uguale voto dell'Austria-Ungheria e della Russia, a mezzo dei rispettivi ufficiali che costituiscono la Commissione europea3 .

2 Cfr. n. 129.

3 Questa notizia era già stata comunicata a Tittoni dall'ambasciatore Bertie con lettera confidenziale del 17 gennaio della quale si pubblica il passo seguente: «Count Lutzov assured the British Representative most eamestly that the austro-ungarian Govemment in no way desires to take any advantage on the other Powers. Ali of them would be sai d have through their staff officers, an equa! voi ce with the two allied Governments in the fina! organization ofthe gendarmerie».

145 1 Ed. in LV 104, p. 138.

146

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN I, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 141125. Asmara, 22 gennaio 1904, ore 8.

Degiac Gara Selassiè giunto Asmara con sedici capi delle varie regioni tigrine con numerosissimo seguito e, appena giunto, visitò il governatore che lo ricevé circondato dalle autorità civili e militari e lo trattenne a colazione. Domani per suo desiderio visiterà lavori ferrovia. Ripartirà giorno 25 dopo avere ripetutamente conferito col governatore circa affari i quali interessano del pari il Tigrè e la colonia. Degiac disse avere soddisfatto così il suo antico desiderio di portare il suo omaggio al Governo italiano.

147

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 64/26. Costantinopoli, 22 gennaio 1904 (perv. il 28).

Mi risulta in via confidenziale che quest'ambasciatore di Francia ha testé sollevato presso la Sublime Porta la questione del riconoscimento ufficiale del diritto di protezione degli agenti diplomatici e consolari della Repubblica sovra i tunisini residenti o di passaggio nell'Impero, formulando le domande seguenti 1:

l) riconoscimento per parte del Governo ottomano della validità dei passaporti rilasciati dal Governo tunisino ai sudditi del Bey che si recano in Turchia per i loro affari e specialmente per compiere il pellegrinaggio della Mecca;

2) riconoscimento del diritto degli agenti diplomatici e consolari francesi di proteggere i sudditi tunisini nell'Impero ottomano e di prestar loro, in ogni circostanza, i loro buoni uffici. Inoltre i tunisini pur rimanendo giudicabili dai tribunali ottomani e sottoposti al pagamento delle tasse locali saranno esenti dal servizio militare;

3) per ciò che si riferisce specialmente alla Tripolitania ed alla Cirenaica, le autorità imperiali riconosceranno come protetti francesi i tunisini regolarmente inscritti in tale qualità che attualmente è loro contestata dalle autorità locali;

4) riconoscimento delle carte di bordo rilasciate alle navi tunisine dalle autorità competenti del protettorato e del diritto dei consoli di Francia d'intervenire

a favore dei capitani e degli equipaggi di dette navi e di essere presenti alle operazioni di sequestri doganali, perquisizioni ed a qualsiasi atto di procedura da compiersi a bordo delle navi.

Sebbene non mi risulti che la Sublime Porta abbia preso fino ad ora una decisione definitiva in merito a tali domande, non vi è dubbio ch'essa invocherà come ragione sufficiente per sottrarsi ad accordi precisi coll'ambasciata di Francia le sue antiche proteste contro il protettorato della Repubblica sulla Tunisia.

Trattandosi di questione importante, la cui soluzione, se favorevole alle vedute del Governo francese, potrebbe essere da noi invocata quale precedente, non mancherò di seguire con attenta vigilanza i negoziati in corso fra l'ambasciata di Francia e il Governo imperiale e di riferire all'E.V. circa ogni concessione che, ottenuta da questa, potesse servir di base al R. Governo per nuovi accordi colla Turchia relativamente ai nostri possedimenti in Africa.

Se le informazioni che mi è stato dato di assumere qui sono esatte, il numero dei tunisini residenti in Tripolitania, cui accenna il terzo punto delle domande francesi, sarebbe poco rilevante e tratterebbesi di individui da tempo stabiliti a Tripoli e a Bengasi. Non mi risulta che si trovino colonie tunisine in altre parti dell'Impero 2 .

147 1 L'iniziativa era stata presa da De1cassé, con un T. del 12 dicembre diretto a Tunisi (DDF, Il serie, t. IV, n. 120).

148

IL COMANDANTE DELLA «COLOMBO», BIXIO, AL MINISTRO DELLA MARINA, MIRABELLO

T. 151. Aden, 24 gennaio 1904, ore ...

Nave da guerra inglese proveniente Haffun consegnato seguente telegramma. «Volturno» comunica a V.E.: «Haffun 20. Lasciato Aden 8, toccato Bosaso verificare sambuchi se arrivati, parlato Hamet Tager proposta Abdul Sheri pacificare Osman Mullah. Egli propenso pace, mandatomi bordo amico Osman portarlo Haffun parlargli. Giunto Haffun scritto pregando Osman darmi risposta. Andato Illig mentre inglesi ritirati dimostrazione navale. Qui ricevuto lettera Mullah per Governo italiano. Mullah rimprovera acerbamente Governo italiano per aiuto prestato inglesi, offre accordo avvertendoci avere avuto proposta alleanza Menelik contro gli inglesi e italiani. Menelik ricevette ordine dagli inglesi marciare contro lui, ma rifiutato, Mullah soggiunge che non diede ancora risposta, non la darà fino a quando non avere risposta da noi sue proposte. Scritto Mullah Governo italiano desidera pace con tutti. Mandato Abdul Sheri accampamento inglese trattare pace, perciò non aiutare inglesi. Smentito guerra con Menelik. Dettogli se vuole accordarsi, mandi fiduciari Bosaso proposte concrete. Abdul Sheri scritto Mullah pendendo trattative pace Osman, non attaccare sue truppe. Ritornato Haffun ricevuto saluti Osman che scrissemi venire 20 per aggiustare tutto: non giunto. Qualora Osman rifiutisi assolutamente venire bordo,

dichiarerò blocco andando costa distruggere abitazioni Osman: impedirò partenza qualunque sambuco, togliendo timone e darò ordini squadra sambuchi bloccare Bander Kascu». Ignoro quando comandante «Volturno» abbia avuto queste istruzioni, sempre comunicato console, qualunque notizia. Squadra sambuchi ripresa loro destinazione. Causa attuale dislocazione navi, non potuto mandare nave Obbia. Appena giungerà «Galileo» destinerò nave Aden, Berbera, Obbia. «Colombo» pronto 1•

147 2 Per il seguito cfr. n. 158.

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

T. 127. Roma, 25 gennaio 1904, ore 22.

Sudan. Non ho difficoltà consentire colloquio V.E. con Cromer termini indicati rapporto 19 dicembre1• Avverto, però, che anche dicembre Cromer parlò della cosa con Salvago come prematura, pur non escludendo se ne potesse trattare tra due Govemi2 . Sir Renne! Rodd disse al capo ufficio coloniale che, quando si fosse sicuri costruzione linea Eritrea-Sabderat in un determinato tempo, si avrebbe allora potuto intendersi per collegamento Cassala.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 129. Roma, 2 6 gennaio l 094, ore 17.

Il mio collega Luzzatti avendo letto a pag. 3 del Times del 22 gennaio una corrispondenza da Berlino nella quale si riferisce un discorso del conte Kanitz in risposta ad alcune pretese dichiarazioni che sarebbero state fatte dal Luzzatti medesimo, desidera che V.E. sappia e rechi a conoscenza di codesto Governo che le pretese dichiarazioni non sussistono 1•

2 Cfr. n. 70.

148 1 Di un successivo T. 183, Aden 28 gennaio, spedito dalla nave «Volturno», si pubblica il passo seguente: «Subordinatamente credo azione inglesi deleteria interessi non convenendo immischiarsi Mad Mullah forte e vendicativo. Dolente incompreso accetto responsabilità coscienza agito mantenimento prestigio».

149 1 Cfr. n. 83.

150 1 Già con T. del 16 gennaio Lanza aveva comunicato il contenuto di un articolo della Kreuz Zeitung molto critico su una presunta intervista giornalistica di Luzzatti. il quale si era affrettato a far smentire l'intervista. come da T. 97 di Tittoni a Lanza del 19 gennaio, non pubblicato.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

T. SEGRETO S.N. Roma, 28 gennaio 1904, ore 17,45.

Ricevuto rapporto 20 corrente n. 301•

Nelle trattative segrete corse a Roma tra delegati inglese e italiano non si parlò specialmente della questione ferrovia Gibuti Harrar ma si fu d'accordo nel formulare ai rispettivi Governi una proposta portante obbligo di un intero e franco scambio di vedute per quanto si riferisce interessi due Paesi in Etiopia in modo da ottenere che loro azione sia sempre diretta a tutela di essi. Sebbene queste ed altre proposte fatte non siano state tradotte in un accordo definitivo ho voluto per debito lealtà mettere in atto quella determinazione ispirata del resto alla nostra costante attitudine nelle relazioni con l'Inghilterra.

C'interessa ora molto conoscere la risposta del marchese di Lansdowne alla comunicazione della S.V. circa aperture Ilg per ferrovia Gibuti Harrar2 e le sarò grato se appena avutala me la comunicherà telegraficamente.

Intanto poiché vedo che Harrington è partito senza passare per Roma prego d'informare marchese di Lansdowne che, non avendo noi comunicato a Ciccodicola le conclusioni a cui sono venuti i delegati inglese ed italiano nell'ultimo convegno di Roma, abbiamo autorizzato r. ministro prender visione di quei documenti facendoseli mostrare da Harrington in attesa che essi siano tradotti in accordo definitivo.

152

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

NOTA. Londra. 28 gennaio 1904.

With reference to your communication of the 9111 instant1 , suggesting that ali arrangements in connection with joint British-Italian operations in Somaliland should be made by the two Govemments and not by the Commanders on the spot, I have the honour to inform you that His Majesty's Government agree that no important joint action should be taken by Italian and British officers in Somaliland without reference to their respective Governments. Unforeseen circumstances requiring immediate action may occasionally necessitate exceptions to this rule, but His Majesty's Govemment are entirely in accord with the ltalian Govemment as to the generai principle2•

1 Cfr. n. 137, nota 2.

2 Annotazione a margine: «A Roma. 30 gennaio».

l 5 l 1 Non rinvenuto.

l 52 1 Cfr. n. 117.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 148. Roma, 29 gennaio 1904, ore 18,20.

Dal r. console generale in Janina ricevo il seguente telegramma:

«R. vice console Valona telegrafa essere stato informato che, fra le persone che debbono essere arrestate ed allontanate da Valona, dietro ordine gran vizir, fra breve, vi sarebbero due maestri nostre scuole. In vista questa contingenza chiede istruzioni circa sua condotta» 1 .

Mi pare poco probabile che si voglia adottare un simile provvedimento. Però siccome l'incidente, se si producesse, avrebbe carattere grave, desidero che V.E. senza indugio si informi e si adoperi nel modo più efficace ad assolutamente impedire che si addivenga al supposto provvedimento e ritengo che un abile intervento amichevole di V.E. varrà ad evitare il pericolo.

154

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 39/16. Belgrado, 29 gennaio 1904 (perv. il1° febbraio).

Col rapporto del 22 gennaio corrente n. I I 1 , ho avuto l'onore di riferire a V.E. sull'azione del comitato serbo per l'organizzazione di bande in Macedonia e sull'atteggiamento del Governo serbo verso questo movimento. Dissi in quel mio rapporto come ad una seduta del Consiglio dei ministri sotto la presidenza del re fossero chiamati due capi della organizzazione ed invitati a non creare imbarazzi al Governo.

Posteriori informazioni private assunte in proposito hanno portato però a mia conoscenza che, malgrado le esortazioni ricevute, né le bande sono state disciolte né I'opera del comitato serbo si è arrestata, continuando anzi le trattative fra questo e i comitati bulgari per venire ad una delimitazione della circoscrizione delle zone nelle quali i bulgari ed i serbi dovrebbero operare.

Profittai del ricevimento ebdomadario di ieri per accennare al ministro degli affari esteri di questo stato di cose, facendo rilevare come fosse interesse vitale della Serbia di non intralciare in nessun modo l'opera di riforma iniziata dalle Potenze.

154 1 R. 29/11 del 22 gennaio, non pubblicato.

Il signor Nikolitch mi dichiarò che nessuno più di lui era convinto della necessità di favorire l'applicazione delle riforme e dell'interesse del suo Paese a concorrere alla pacificazione della Macedonia. Questo interesse della Serbia era così palese ch'esso avrebbe dovuto da solo bastare a non far dubitare della lealtà delle sue intenzioni. Egli aveva pertanto dato ai suoi consoli in Macedonia precise istruzioni di esercitare la loro influenza sull'elemento serbo in favore della pace, ma che d'altra parte le Potenze dovevano pure rendersi conto che non gli era possibile di prendere un atteggiamento troppo risoluto ed ostile che potesse alienare alla Serbia le simpatie dei connazionali ancora soggetti al dominio turco.

Pur rimanendo strettamente fedele alle pacifiche intenzioni più volte manifestate egli non poteva fare atti che apparissero come una rinunzia alle secolari aspirazioni nazionali del suo Paese. Egli era quindi obbligato a ricevere cordialmente i macedoni rivoluzionari pur esortandoli ad aver fiducia nelle riforme e a non dare appiglio a complicazioni che potrebbero risolversi contro i comuni ideali; e così pure i consoli serbi, pure agendo per la pacificazione degli animi, non potevano rifiutare soccorsi e qualche volta rifugio ai macedoni compromessi nella ribellione.

Erano questi atti che riferiti da agenti e giornali interessati avevano potuto far nascere l'impressione che il Governo favorisse l'organizzazione di un movimento rivoluzionario nella vecchia Serbia.

Ho motivo di credere che le dichiarazioni del signor Nikolitch sieno solo parzialmente sincere. E cioè, esser perfettamente vero che siano fatte al comitato di Belgrado ed ai serbi di Macedonia vive raccomandazioni di non intralciare con moti inopportuni l'azione delle Potenze, ma essere egualmente vero che non si ostacoli neppure l'organizzazione di un movimento il quale non dovrebbe avere luogo che nel solo caso che scoppiasse la guerra nei Balcani ed a sussidio di una eventuale azione militare serba.

Queste informazioni, come VE. rileverà, modificano parzialmente quelle riferite col rapporto del 22 corrente, e che mi erano state fomite dal ministro di Turchia, il quale benché abbia a sua disposizione un gran numero di agenti segreti, pare sia stato questa volta imperfettamente informato; non già rispetto all'entità di questa organizzazione rivoluzionaria, la quale resta, per il poco seguito che ancora raccoglie, di limitata importanza, ma rispetto alla cessazione della sua opera ed ai propositi del Governo verso di essa.

153 1 È il T. 179/3 del 27 gennaio, non pubblicato.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

D. 4644/43. Roma, 30 gennaio 1904.

Faccio seguito al mio dispaccio del [ ... ]l gennaio u.s. 2 , circa la questione della ferrovia Gibuti Harrar, e [ ... ] 1 qui appresso un telegramma testé giuntomi dal maggiore Ciccodicola in data di Addis Abeba del gennaio corrente3 .

«Imperatore Menelik ha scritto a Ilg che senza sua presenza qui non si risolverà questione ferrovia Gibuti. Governatore Gibuti a capo d'anno tenne discorso e fra altre cose, affermò avere Governo disponibile un milione e mezzo per completare lavori Diredaua ed ottanta milioni pronti per proseguire ferrovia Addis Abeba. Governo francese ha impiantato consolato Diredaua inviandovi console Kouri che già per vari anni fu addetto alla legazione francese in Addis Abeba. Menelik difficilmente resterà insensibile innanzi agli ottanta milioni del Governo francese»4 .

Prego la S.V. di voler dare, in via confidenziale, [ ...]l comunicazione di questo telegramma a lord Lansdowne in relazione alla precedente comunicazione che ella gli avrà già fatto, e su cui attendo che mi riferisca.

156

IL MINISTRO AD ATENE, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 55/36. Atene, 30 gennaio 1904 (perv. il 2 febbraio).

Ringrazio V.E. dei dispacci nn. 19, 22 e 23 del 20, 25 e 26 corrente 1 , e tengo ad assicurarla che ho preso nota delle istruzioni impartitemi, e che il mio atteggiamento, sino dallo scoppio della polemica, fu sempre calmo e tranquillo.

Mi vengono riferite voci contraddittorie: che il ministro Romanos si recò il lunedì 11 corrente dal re perché personalmente chiedesse il mio richiamo, al che Sua Maestà si sarebbe rifiutato recisamente ed avrebbe dato ordini categorici perché non

2 Probabilmente si tratta del dispaccio del 16 gennaio, per il quale cfr. n. 137.

3 T. 149/3 da Addis Abeba del 15 gennaio, trasmesso via Asmara il 23 gennaio, ore 6,35, che non si pubblica poiché interamente riprodotto in questo documento.

4 Delcassé era scontento del contegno di Ciccodicola, giudicato non amichevole verso la Francia. Ne parlò a Luzzatti nell'incontro di Nizza di gennaio (DDF, II serie, t. IV, n. 182). Lo stesso fece Barrère con Tittoni (DDF, II serie, t. IV, nn. 161, 175 e 232). Tuttavia Tittoni disse a Barrère di aver invitato lord Lansdowne a far partecipare la Francia alle trattative sull'Etiopia, DDF, II serie, t. IV, n. 232.

avvenissero le minacciate dimostrazioni. D'altra parte invece si dice che il re abbia fatto dei passi nel senso desiderato dai suoi ministri.

Quello ch'è certo è che il fermento descritto dai giornali e con tanta compiacenza commentato dalla nostra stampa sovversiva a me parve sin dal primo momento limitato ai soci dell'Ellenismo, al signor Kasasis suo presidente ed agli studenti amici di quel professore energumeno. Come già dissi in altri rapporti, io non mutai in nulla le mie abitudini né ebbi preoccupazioni per la mia famiglia e la mia persona. Il Messager d'Athènes del 23 pubblica un articolo velenoso contro la stampa italiana e il nostro Paese: gli altri giornali negli ultimi giorni, come può vedersi dalla recensione qui acclusa2 , alleggeriscono il loro tuono, e la più parte hanno cessato di parlare dell'incidente. Siamo quindi in completa aperesia (sic) ed è sperabile che nulla venga a risollevare l 'inconsulto scalpore.

155 1 Parola illegibile.

156 1 Non pubblicati.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 154. Roma, 31 gennaio 1904, ore l1,20.

I negoziati, che finora procedevano regolarmente, si trovano ora di fronte ad una grave ostacolo. I delegati tedeschi insistono su proposte in due modi uscenti dallo statu quo. Si vorrebbe peggiorare in Germania il trattamento di parecchi prodotti agrari italiani, e peggiorare, nello stesso tempo, nella nostra tariffa le condizioni di alcune industrie manifatturiere italiane che sarebbero forse colpite a morte. Per converso i delegati tedeschi si dimostrano avversi alle domande di compenso presentate dai nostri delegati sotto forma di riduzioni in favore delle nostre esportazioni principali cioè, agrumi, mandorle e olii. Sarebbe patto leonino che Parlamento italiano respingerebbe anche se trovasse un Governo italiano disposto a subirle. Per noi il protocollo che accompagna la Triplice è impegnativo per le due parti contraenti. Esso parla di statu quo nel regime convenzionale e di compensi equivalenti nei rari casi in cui si debba uscirne. Poiché prevedo che senza un richiamo del Governo imperiale ai suoi negoziatori pronto e telegrafico, martedì o mercoledì si sospenderebbero i negoziati, pregola adoperare subito sua grande influenza presso cancelliere dell'Impero per scongiurare questo pericolo.

156 2 Manca.

158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

D. RISERVATO 5081/32. Roma, 2 febbraio 1904.

Col rapporto in data 22 gennaio 1 , V.E. mi ha riferito che le risulta, in via confidenziale, avere codest'ambasciata di Francia testé sollevato presso la Sublime Porta la questione del riconoscimento ufficiale del diritto di protezione degli agenti diplomatici e consolari della Repubblica sovra i tunisini residenti o di passaggio nell'Impero.

V.E. mi ha fatto conoscere, inoltre, quali sono le domande formulate, al riguardo, da codesta rappresentanza diplomatica francese.

La ringrazio, in particolare modo, pei ragguagli fomitimi.

Si tratta, come ella giustamente osserva, di una questione importante, la quale interessa, indirettamente, anche l 'Italia.

La prego, pertanto, di seguire, colla massima vigilanza, l'andamento dei negoziati in corso tra codesta ambasciata di Francia ed il Governo ottomano e di riferirmene colla consueta di lei sollecitudine e diligenza, segnatamente per quanto concerne la condizione dei tunisini stabiliti in Tripolitania e Cirenaica2 .

159

IL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A BOGOTÀ, WELBY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 25116. Bogotà, 6 febbraio 1904 (perv. il 21 marzo).

Con vero piacere ho l'onore di informare la E.V. che il signor Luigi Carlo Rico, ministro degli affari esteri, mi ha manifestato il desiderio di riannodare le relazioni diplomatiche e consolari col Governo di S.M. il re, in beneficio del commercio dei due Paesi.

Crede il signor Rico che dopo cinque anni da che furono sospese, da parte di Colombia, tali relazioni, il risentimento causato dagli avvenimenti di quell'epoca nel popolo colombiano, sia sparito, e per ciò giudica sia arrivato il momento d'intavolare

2 In pari data fu inviato da Tittoni a Parigi il D. 5089/129 del quale si pubblica il passo seguente: «Si tratta, come giustamente osserva il marchese Malaspina, di questione importante, che può interessare anche l'Italia. Le sarò, pertanto, grato se vorrà assumere riservate informazioni sull'andamento del negoziato e riferirmene con qualche sollecitudine, segnatamente per quanto concerne la condizione dei tunisini stabiliti in Tripolitania e Cirenaica».

le trattative necessarie per ritornare alle relazioni amichevoli prima esistenti fra le due nazioni.

In risposta a tali dichiarazioni feci osservare al signor Rico che non fu il Governo del re a rompere tali relazioni, ché, anzi, questi, ne ebbe dispiacere per il passo dato da Colombia in quell'epoca.

A tali osservazioni replicò il signor Rico manifestando che il Governo si vide obbligato a prendere tale misura a causa della sempre crescente eccitazione degli animi nel Paese e soprattutto nella capitale ove ebbe a difendere le abitazioni degli italiani dalla furia popolare, eccitazione che durò per molto tempo in tutta la Repubblica, specialmente al tempo del mio arrivo in questa città.

Fino da allora la mia principale preoccupazione, quale incaricato degli interessi italiani, è stata quella di far sparire le cause che potevano far rivivere l 'antica eccitazione contro la Colonia italiana, ed è con molto piacere che posso assicurare la E.V. che i miei sforzi non furono sterili.

Da quando ebbi l'onore di dirigere gli affari di questa legazione italiana, fu sempre mio vivissimo desiderio di poter arrivare a tal fine, perciò spero che la E.V. si degnerà appoggiare il desiderio del signor Rico e vorrà facilitarmi i mezzi che l'illustrato criterio di V.E. le suggerirà per arrivare al fine desiderato, in modo che salvi l'amor proprio colombiano.

Per portare ad effetto la ripresa delle relazioni, il signor Rico desidererebbe che intervenisse in via amichevole il Governo inglese, il quale, come la E.V. sa, non mancherà di accettare l 'incarico.

Perciò, gradirò moltissimo se la E.V. vorrà darmi le relative istruzioni per poter comunicare al signor Rico che il Governo del re condivide il desiderio di Colombia e accetta la intervenzione del ministro inglese in Colombia, dandomi facoltà di poter firmare il relativo protocollo.

Particolarmente desidero chiamare l'attenzione di V.E. circa le cortesie e attenzioni colle quali questo Governo ha accolto sempre i miei reclami in favore d'italiani danneggiati dall'ultima guerra, e soprattutto per la buona volontà e grandi sforzi fatti da lui per soddisfare le forti obbligazioni a cui fu condannato dal lodo Cleveland.

Facilmente comprenderà la E.V. con quale soddisfazione questa colonia italiana apprenderebbe la notizia della ripresa delle relazioni, e il ritorno di un rappresentante proprio in questa città.

Attendendo con tutto l 'interesse che merita la cosa, una favorevole risposta da parte del Governo del re, ... 1•

158 1 Cfr. n. 147.

159 1 Per il seguito cfr. n. 373.

160

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A NAPOLI

T. 218. Roma, 7 febbraio 1904, ore 17,45.

L'ambasciatore di Russia è testé venuto a comunicare che il suo Governo in seguito alla deliberazione del Governo giapponese di sospendere i negoziati e di richiamare il suo ministro da Pietroburgo, ha alla sua volta ordinato proprio ministro di abbandonare Tokio. Il principe Ourussoff ha particolarmente voluto rilevare come la deliberazione del Governo giapponese abbia preceduto l'arrivo della risposta russa, deducendo da ciò che ricade sul Giappone la responsabilità della gravissima situazione.

161

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A NAPOLI

T. 245 bis. Roma, 7 febbraio 1904, ore 20.

L'ambasciatore d'Inghilterra comunica, pregando per sollecita risposta, un telegramma del suo Governo così concepito: «Il Governo britannico pensa che si possa ancora ottenere la cooperazione di Osman Mahmud mediante un compenso pecuniario subordinato agli effetti utili di tale cooperazione. Se il Governo italiano accoglie l'idea non c'è tempo da perdere ed il Governo britannico è pronto a versare immediatamente a tal fine la somma di 5000 sterline». Quanto a me non mi nascondo le obiezioni che può sollevare tale proposta ma mi preoccupo della responsabilità che assumeremmo rifiutando e della spiacevole impressione che l'Inghilterra riceverebbe dal nostro rifiuto. E queste ultime considerazioni hanno per me valore preponderante. Penso altresì che mi si offre in tal modo l'occasione di rimediare al turbamento derivato dall'azione del «Volturno» anche nei nostri rapporti con Osman Mahmud. Accettando la proposta inglese ritengo indispensabile di mandare sulla costa somala Badolo e di dare a lui, d'accordo con l'Inghilterra, pieni poteri per il miglior raggiungimento dello scopo. Insistendo molto l'ambasciatore inglese per la assoluta urgenza, la prego di pormi telegraficamente in grado di dargli una risposta1•

161 1 Per il seguito cfr. n. 165.

162

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 269/24. Pera, 8febbraio 1904, ore 0,35.

Da informazioni raccolte in questi giorni risulterebbe che ufficiali superiori di Austria-Ungheria e di Russia avrebbero intenzione di proporre alla Commissione per il riordinamento della gendarmeria che, in vista di prossimi moti insurrezionali, il riordinamento si iniziasse a Monastir ed in pochi altri centri per modo da isolare la zona più vicina alla Bulgaria, da resto della Macedonia. Progetto attribuito agli ufficiali delle due Potenze escluderebbe, per ora, dall'applicazione di nuove riforme, le zone in cui predomina spiccatamente l'elemento albanese, tra cui Dibre ed Elbassan, e prevederebbe divisione delle tre province in cinque circoscrizioni ove riordinamento gendarmeria verrebbe affidato ad un ufficiale superiore di una delle Potenze, il quale avrebbe secondo il bisogno, sotto i suoi ordini, alcuni altri ufficiali e sottoufficiali della stessa nazionalità. Colonnello Signorile mi riferisce, in base ad informazioni indirette da lui raccolte, che le circoscrizioni sarebbero formate ed attribuite nel modo seguente: sangiaccati Novi Bazar, Ipek e Pristina, alla Russia; sangiaccati di Prisren ed Uskub all'Austria Ungheria; sangiaccato Salonicco all'Inghilterra; sangiaccati di Serres e Drama all'Italia. Queste ripartizioni potrebbero essere modificate, qualora Germania chieda una provincia. Sebbene io non sia in grado di valutare quale fondamento possano avere notizie progettate ripartizioni, Le segnalo nondimeno a V.E., avendomi generale De Giorgis e colonnello Signorile espresso desiderio di conoscere, al riguardo, gli intendimenti del Governo per eventuale contegno nostri rappresentanti in seno alla Commissione. Per parte mia, trattandosi di questione assai delicata, inviterò colonnello Signorile di astenersi dal pronunziarsi in merito, in attesa di conoscere pensiero di V.E. Prima riunione degli ufficiali superiori delle Grandi Potenze, sotto la presidenza del generale De Giorgis, avrà luogo domani all'ambasciata di Austria-Ungheria, senza intervento dei delegati ottomani, e dietro invito del barone Calice2 .

163

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 302/29. Berlino, 10 febbraio 1904, ore 3,55.

Rispondo suo telegramma 223 1• Ho parlato a Billow e barone Ricthofen di quanto fa oggetto del telegramma suddetto. Ambedue sono nelle migliori disposizioni verso di noi, per quanto deside

rino poter giungere conclusione di un trattato, la cui approvazione da parte del Reichstag non dia luogo rincrescevoli difficoltà. Se nella fase presente del negoziato su qualche punto non si potrà produrre intesa a Roma, ciò che qui si ritiene evitabile, il controverso verrà sottoposto qui a esame della Commissione speciale centrale. Barone Richthofen e Billow non possono prendere da loro decisione in urgo;11:nto, ma eserciteranno certo loro influenza nel senso il più conciliante possibile. Ho rimesso a barone Richthofen, a sua richiesta, memoria sui punti controversi, da V.E. accennatimi; memoria che egli desidera per potere esaminare in attesa relative comunicazioni che aspetta da Korner. Non credo che delegazione tedesca lasci Roma prima che accordo di massima siasi prodotto, ma se anche ciò dovesse avvenire per facilitare intesa delegati con la Commissione centrale credo poter assicurare VE., come conseguenza mia intervista. Dipartimento affari esteri sarebbe da scartare ipotesi denunzia cui questo Governo non ha ricorso neppure verso altri Stati, con i quali intesa commerciale è ben più difficile che con noi.

162 1 Ed in LV 104, p. 143. 2 Tittoni rispose in modo interlocutorio con T. 222 dell'8 febbraio, che non si pubblica, chiedendo di conoscere l'opinione del generale De Giorgis e del colonnello Signorile. 163 1 Non pubblicato, ma sull'argomento cfr. n. 157.

164

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 309/9. Londra, 10 febbraio 1904, ore 8, 40.

Domani sarà qui pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la notificazione della neutralità della Gran Bretagna rispetto attuale guerra. Questo ambasciatore degli Stati Uniti ha, dietro istruzioni del suo Governo, presentito marchese Lansdowne circa idea di un accordo delle Potenze per garantire neutralizzazione Cina durante la guerra. Marchese Lansdowne ha accolto con favore in massima codesta proposizione, osservando però che, se la neutralità si dovesse estendere all'intero Impero cinese, ciò verrebbe a creare una situazione di inferiorità per il Giappone che non potrebbe aderire. Questo ministro del Giappone infatti confermò a me pure che una proposta di neutralizzazione verrebbe certamente respinta dal suo Governo, giacché, in tal caso, mentre le truppe giapponesi si vedrebbero negato il diritto di traversare eventualmente confine del Yalu, le truppe russe potrebbero conservare propria posizione. In questo stato di cose marchese Lansdowne ha suggerito, e ambasciatore degli Stati Uniti ha telegrafato a Washington, di formulare proposta nel senso che dalla neutralizzazione dovrebbe eccettuare Manciuria, oppure, in termini generali, «per il territorio delle operazioni militari dei belligeranti».

Ora si attende risposta da Washington; dopo di che sarà da considerarsi la forma nella quale la proposta di neutralizzazione potrebbe venire presentata dalle Potenze alla China e ai due Stati belligeranti. Interrogato dal marchese Lansdowne circa le eventuali disposizioni dell'Italia verso simile proposta, ho risposto che ne avrei informata V.E. con la convinzione che il Governo italiano sarebbe lieto di associarvisi, scorgendo il modo più atto a prevenire una estensione delle ostilità. Quanto al territorio da eccettuarsi, credo che lo specificare tassativamente le tre province della Manciuria sarebbe preferibile ad una designazione generica del teatro della guerra, la quale lascerebbe aperto il varco ad incerta e pericolosa interpretazione.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, BADOLO 1

T. 238. Roma, 10 febbraio 1904, ore 20.

Nell'attuale situazione Somalia intendiamo: l) cooperare lealmente nei limiti ben noti con Inghilterra per dare tranquillità Paese astenendoci da qualunque nostra azione isolata; 2) adoperarci perché due sultani nostri protetti difendano loro territorio e agiscano secondo necessità situazione; 3) ottenere che operazioni militari si siano condotte in modo da evitare pericolo che Mullah volga al sud. In ordine tali nostri intendimenti ci si presenta occasione agire presso Osman Mahmoud onde indurlo efficace azione militare. Infatti Governo inglese ha manifestato desiderio destinare cinquemila sterline2 da adoperarsi come compenso cooperazione Osman contro Mullah dopo che questa cooperazione abbia avuto effetto utile, e ha pregato noi agire in tal senso. R. Governo non ha creduto assumere responsabilità rifiuto. Ella è quindi incaricata imbarcarsi sul «Coatit» appena giunga da Massaua dove già fu mandato ordine partenza e di recarsi immediatamente sulla costa per abboccarsi con sultano. Ella userà in ciò massima prudenza e precauzione essendo assolutamente indispensabile evitare ogni costo qualunque incidente. Vorrà dire a quel sultano nei modi più opportuni come punizione inflittagli deve averlo persuaso convenienza mantenere buone relazioni con noi; che del resto avendo R. Governo massimo interesse vedere ricondotta pace nella regione, è disposto riprendere i rapporti con lui purché esso cooperi tale scopo contro Mullah. Ella gli prometterà somma indicata da consegnarsi dopo sua cooperazione e proporzionalmente risultato di essa essendo Ella autorizzata in caso di necessità a qualche modesta anticipazione nulla dicendo sulla provenienza del denaro. Ella prenderà questa occasione per agire nel modo che crederà più conveniente per ricondurre ordine pace nella costa astenendosi peraltro dal parlare indennizzo risarcimento danni bombardamento e sollevare questione relativa conferma atto 190 l. Sulla promessa denaro vorrà mantenere assoluto segreto. Compiuta missione ritornerà Aden rinviando «Coatit» Massaua. Comunichi nel modo più sollecito copia di questo telegramma «Colombo», avvertendolo che le presenti istruzioni sono spedite d'accordo col ministro della Marina. Per provvedersi fondi tiri sul Ministero avvertendoci telegraficamente.

2 Cfr. n. 161.

165 1 Ed. in MARTIN!, Il Diario Eritreo, vol. III, Firenze, 1946, pp. 514-515, il quale così commenta: «A me dispiace che un ministro degli affari esteri del mio Paese mandi a un suo dipendente un telegramma cosiffatto, nel quale si palesa la assoluta ignoranza delle condizioni degli uomini e delle cose di questi Paesi. Quel promettere al sultano de' Migiurtini (per non citare che uno degli spropositi di cui è ricco questo concepimento) quel promettere il compenso proporzionalmente al successo vale un Perù. Il sultano penserà subito: questi me ne promettono 5000 per darmene a cose fatte 500 soltanto».

166

L'AMBASCIATORE A CONSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 308/26. Pera, 11 febbraio 1904, ore 0,35.

Rispondo al telegramma di V.E. n. 222 1• Generale De Giorgis non possedendo ancora elementi di apprezzamento sufficienti, crede dovere astenersi dal pronunziarsi sulla questione della circoscrizione che converrebbe fosse assegnata all'Italia. Egli desidera conoscere vedute del R. Governo per assecondarle, per quanto gli sarà possibile. Per considerazioni politiche, colonnello Signorile ritiene preferibile per l'Italia la circoscrizione Monastir Serfigé. Per parte mia, non posso che fornire all'E.V. elementi di giudizio sull'importante delicata questione, attesoché R. Governo soltanto può decidere quale soluzione meglio gli convenga e valutare le probabilità di conseguirla di fronte alle altre Potenze. Esclusa, anzitutto, ogni possibilità per noi di ottenere circoscrizione Novi Bazar-Ipek, Pristina confinanti con occupazione austriaca, al punto di vista strettamente politico, sarebbe desiderabile che all'Italia fosse assegnata circoscrizione Monastir-Serfigé che confina col Vilayet di Janina, e, sebbene sembri siano state escluse, per ora, dal riordinamento della gendarmeria le regioni albanesi di Dibra e di Elbassan, è probabile, se opera delle riforme avrà esito felice, che riordinamento sarà esteso gradatamente anche a quei distretti. Sempre al punto di vista politico, ed ove non sia possibile ottenere circoscrizione Monastir-Serfigé, Italia potrebbe avere interesse le fosse assegnata circoscrizione Prisrend-Uskub che sembra attribuita all'Austria-Ungheria e che confinando col Vilayet di Scutari, permetterebbe a noi di esercitare una influenza su quei centri. Senonché esaminando questione ad un punto di vista essenzialmente pratico, debbo osservare che queste due circoscrizioni non hanno sbocco sul mare e che pertanto R. Governo non potrebbe esercitarvi azione diretta con invio di navi, facilitazioni di traffico, ed eventuali soccorsi dei nostri ufficiali ove sorgessero complicazioni, ciò che bisogna tener ben presente, tanto più che circostanze potrebbero richiedere fosse prolungato intervento delle Potenze in Macedonia. In questo ordine di idee è indubitato che circoscrizione Salonicco offrirebbe maggiori vantaggi, e che anche circoscrizione Serres-Drama, che avrebbero per porto Cavalla, sarebbero preferibili a quella di Monastir-Serfigé e Prisrend-Uskub. Sotto aspetto tecnico funzionamento della gendarmeria incontrerà sulle prime gravi difficoltà ovunque, specialmente ove scoppiando insurrezione, domata la quale le difficoltà perdureranno ancora per molto tempo nelle regioni ove predomina elemento albanese, contro il quale sarà necessario agire vigorosamente. È da escludere ogni probabilità che Austria-Ungheria consenta a che ci sia assegnata circoscrizione Prisrend-Uskub. In quanto a quella Monastir-Serfigé incontreremo indubbiamente difficoltà, non solo per parte dell'Austria-Ungheria, e della Russia, ma anche dalla Turchia, la quale preferirà sia assegnata alla Francia che essa non sospetta avere mire sull'Albania. Ove però R. Governo ritenesse dovere insistere per questa circoscrizio

ne, eventuale azione r. ambasciata, generale De Giorgis e colonnello Signorile sarebbe indubbiamente insufficiente allo scopo se non preceduta da amichevoli accordi coi Gabinetti di Francia, Londra ed anche di Vienna. Argomento che potrebbe essere fatto valere presso questi Gabinetti, sarebbe che speciale competenza nostri ufficiali, consiglia che sia attribuita all'Italia riordinamento gendarmeria in una circoscrizione che offra le maggiori difficoltà. Quanto all'ottenere circoscrizione di Salonicco piuttosto che Serres-Drama, è evidente che trattasi di questione che non potrebbe essere risoluta senza previ accordi col Governo britannico.

Avverto, ad ogni buon fine, V.E. che non venne fatta finora né al generale De Giorgis, né agli ufficiali superiori aggiunti alcuna comunicazione circa questo progetto di assegnamento delle circoscrizioni alle varie Potenze che riassunsi nel mio telegramma n. 242 . Discussione questione è però imminente.

166 1 Cfr. n. 162, nota 2.

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. 7232/25. Roma, 11 febbraio 1904.

Con rapporto del 9 gennaio u.s. n. 91 la S.V. mi riferisce il colloquio avuto con codesto ministro degli aftàri esteri a proposito della nomina del generale De Georgis a comandante della gendarmeria macedone. In tale occasione il signor Bratiano le manifestava il desiderio che l'elemento rumeno, nella prossima Macedonia, incontri presso di lui la stessa benevolenza sempre addimostratagli dai rappresentanti d'Italia in Turchia.

Mi compiaccio delle cordiali dichiarazioni del signor Bratiano e convengo nel concetto da esso espresso della concordanza di interessi tra l'Italia e la Rumania in quanto entrambe queste Potenze desiderano il mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica col miglioramento progressivo delle popolazioni di varia razza soggetta al dominio ottomano, ed eventualmente con un giusto contemperamento degli interessi delle autonomie locali.

Per quanto ci concerne noi non abbiamo alcuna difficoltà anzi ben volentieri comunicheremo il desiderio del signor Bratiano al generale De Georgis, acciocché ne tenga conto in quanto le circostanze possano consentirlo.

166' Cfr. n. 162. 167 1 R. 51/9 del 9 gennaio, non pubblicato.

168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

Roma, 12febbraio 1914, ore 19,45.

L'ambasciatore degli Stati Uniti mi ha comunicato il seguente riassunto di un telegramma del suo Governo: «Siete incaricato di consultare S.E. il ministro degli affari esteri, circa la possibilità e l'opportunità che le Potenze neutrali abbiano, di concerto, ad interporre i loro buoni uffici presso la Russia ed il Giappone, per indurii a rispettare la neutralità della Cina e, con ogni possibile mezzo, la sua amministrazione. Informatevi se non sarebbe conveniente di localizzare e limitare, per quanto è possibile, la zona delle ostilità, per evitare inopportune agitazioni e tumulti da parte del popolo cinese e cagionare la minor possibile perdita al commercio ed al pacifico scambio mondiale. Se questa proposta sembri accettabile, voi suggerite che istruzioni in questo senso abbiano ad essere impartite ai rappresentanti italiani in Pietroburgo, Tokio e Pechino». Prego la S.V. ringraziare codesto segretario di Stato e dichiarargli che il R. Governo desidera concorrere con le altre Potenze in tutto ciò che possa giovare a localizzare il presente conflitto ed a preservare la Cina da nuove perturbazioni. Converrebbe intanto sapere come codesto Governo pensi potersi contemplare, in vista dei proposti officì, la situazione della Manciuria, l 'inclusione della quale nella dichiarazione di neutralità non sarebbe evidentemente accettata né dalla Russia, che dovrebbe sgombrarla, né dal Giappone che se ne troverebbe impedito nelle sue operazioni; mentre d'altra parte, l'esclusione della Manciuria solleverebbe molto probabilmente le obiezioni della Cina e dello stesso Giappone che potrebbero scorgervi una menomazione del principio della integrità della Cina. Forse a raggiungere lo scopo, potrebbe bastare la proposta testé concordata fra i rappresentanti, in Pechino, delle Potenze presidianti, e cioè che solo il Pecili sia riconosciuto neutrale, stimandosi che con ciò si eviti il pericolo della fuga della Corte e di conseguenti disordini, mentre la proposta così ristretta troverebbe nel fatto stesso dell'occupazione internazionale la naturale sua giustificazione e motivazione. Prego la S. V. esprimersi in questo senso con codesto segretario di Stato, aggiungendo che, in ogni modo, noi siamo sempre pronti ad unirei alle altre Potenze per quegli uffici, a Pietroburgo, a Tokio ed a Pechino si stimassero, di comune accordo, opportuni per lo scopo anzidetto. La

S.V. vorrà, poi, telegrafarmi, non appena sia possibile, la conclusione a cui codesto Governo sarà venuto dopo il suo scambio di idee con le varie Potenze.

168 1 Comunicato a Yienna e Londra con T. 250, pari data.

169

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 74/25. Belgrado, 12 febbraio 1904 (perv. il 16).

Lo scoppio delle ostilità fra Russia e Giappone ha prodotto in Serbia, come fra tutte le popolazioni slave della penisola, una viva emozione. I giornali non fanno che formulare voti per il successo delle armi russe, ed oltre alle numerose manifestazioni private, una pubblica avrà luogo domani con un solenne «Te Deum» nella chiesa metropolitana. Si afferma anche che l'incaricato d'affari russo si sia recato al Ministero dei culti per conferire circa i servizi divini da tenersi nelle chiese serbe e che il ministro Io abbia pregato di porre in iscritto la sua richiesta affinché egli potesse sottoporla al Consiglio dei ministri, trattandosi di cosa che richiedeva di essere attentamente considerata.

Simultaneo a questo risveglio di sentimenti russofili è l 'accrescersi della diffidenza verso l'Austria-Ungheria, che si sospetta di poter profittare degli imbarazzi della potente vicina per attuare i suoi progetti di ingrandimenti territoriali nei Balcani, malgrado le recenti dichiarazioni pacifiche del conte Goluchowski e dell'ufficioso Fremdenblatt. I periodici più accreditati esprimono chiaramente il timore, che la guerra russo-giapponese non termini per essere fatale alla Serbia.

Queste apprensioni ci toccano troppo da vicino per non essere oggetto d'attenzione anche da parte nostra. È perciò che, quantunque non sia prudente avventurarsi in considerazioni d'indole generale che possono essere smentite dai fatti, io mi permetto tuttavia di esporre a V.E. quali, viste sopra luogo, sembrano le conseguenze possibili della recente guerra, nei Balcani.

Le Nazioni slave della penisola sono irrimediabilmente russofile. L'affinità della razza e della lingua, il ricordo che alla Russia gli Stati balcanici devono di essersi sollevati a Stati indipendenti hanno radicato in loro la fede che, solo mercé l'appoggio del grande Impero sloveno [sic], essi possono sperare l'attuazione degli ideali nazionali.

Così l'accordo austro-russo, benché ponesse un ostacolo momentaneo alle loro velleità di prossimi ingrandimenti, appariva sempre come una garanzia che, all' Austria, la Russia non permetterebbe mai di oltrepassare gli attuali suoi confini, mentre in segreto ciascuno Stato sentiva che, se pure avesse trasgredito le ingiunzioni russe, non si sarebbe per questo visto abbandonare dallo tzar, il quale, anzi, si era sicuri, avrebbe contribuito a far sanzionare le loro eventuali espansioni.

La guerra col Giappone attraendo l'attenzione della Russia verso regioni lontane, lascia indubbiamente una maggiore preponderanza d'influenza e di forze alla Austria-Ungheria.

Ora, in riguardo a questo Impero, i Govemi degli Stati slavi hanno un terrore vago, immaginando di vederlo ad ogni momento piombare sulla penisola balcanica e stabilirvi l'egemonia della razza germanica. Ma gli uomini più addentro alla questioni internazionali e che guidano l'opinione pubblica sono persuasi di due cose, e cioè:

l) che, e per le sue condizioni interne e perché troppo grande sarebbe la responsabilità di provocare un conflitto, il quale forse non potrebbe essere circoscritto, ed infine perché assai ardua sarebbe l'impresa, l'Impero austro-ungarico respinga qualunque idea di farsi iniziatore di una guerra, tenendosi pago del mantenimento dello statu quo;

2) che però, se questo corresse il rischio di essere mutato a vantaggio degli Stati balcanici, l'Austria si vedrebbe costretta, a costo di rinunziare per sempre ai propri meditati piani, ad intervenire, e che questo momento le sarebbe specialmente favorevole.

Questi due, dirò così, stati d'animo degli Stati balcanici verso la Russia e verso l'Austria sono evidenti e notorì. E però, se io non mi sbaglio, da essi dovrebbe derivare non un aumento, ma una diminuzione delle probabilità di guerra nella penisola, giacché, se questi Stati, ed in special modo, la Bulgaria ritenevano finora di potersi avventurare in una guerra contro la volontà della Russia, sapendo che questa, alle strette, non avrebbe potuto abbandonarli in potere dell'Austria-Ungheria senza venir meno a' suoi stessi disegni politici, ne seguiranno ossequentemente i consigli di pazientare, ora che essa da gravi avvenimenti ha menomata l'efficacia della propria azione nei Balcani.

La guerra russo-giapponese dovrebbe perciò concorrere ad assicurare in questa regione un periodo di calma diretto a togliere all'Austria ogni pretesto o necessità d'intervento.

Si può forse temere che l'organizzazione macedone essendo indipendente, i consigli dei Governi di Sofia e Belgrado non valgano ad impedire disordini tali da rendere indispensabile un intervento europeo. Quantunque io sia convinto che i due Governi, e soprattutto il bulgaro, abbiano autorità sufficiente per calmare, ove fosse loro interesse supremo di farlo, l'insurrezione, non sarebbe men vero (se queste deduzioni sono giuste) che dalla presente situazione debba nascere nei due Stati un più sincero desiderio di evitare la guerra e di concorrere all'applicazione delle riforme e che resti limitato il focolaio delle discordie balcaniche.

170

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANOAVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 75/26. Belgrado, 12 febbraio 1904 (perv. il 16).

Ho l'onore di trascrivere qui sotto la traduzione di quella parte delle dichiarazioni fatte dal nuovo Ministero presentandosi alla Skupstina che riguardano la politica estera.

Dopo aver detto che nei riguardi della politica interna ed estera questo Gabinetto continuava nelle stesse vedute e nello stesso programma del precedente, il presidente del Consiglio, a nome del Governo, desiderava specialmente dichiarare quanto segue:

«La Serbia si propone il compito della propria rigenerazione politica, e, lavorando con tutte le sue forze al grande fine, essa desidera di essere sincera amica della pace e cooperare a che le sorti de' suoi connazionali nell'Impero ottomano sieno seriamente migliorate con le intraprese riforme, facendo, al tempo stesso, da parte sua tutto il possibile per coltivare e mantenere amichevoli relazioni con tutti i vicini».

Queste dichiarazioni, le quali confermano l 'intento del Governo conforme agli interessi della Serbia, di concorrere con le Potenze europee al mantenimento dello statu quo, non hanno bisogno di commenti.

Non è men vero però che il passato Gabinetto si mostrò alquanto più indulgente verso un movimento di organizzazione dei serbi di Macedonia che, se non è paragonabile a quello dell'elemento bulgaro, e se non offre gli stessi pericoli, potrebbe, contro il desiderio del Governo di Belgrado, creare imbarazzi all'opera dei riformatori. Esso potrebbe infatti dar pretesto alle autorità turche a rappresaglie e perquisizioni, che non mancherebbero di fomentare i rancori delle varie razze che abitano il vilayet di Kosovo.

Sono stato recentemente informato che continuano per opera del comitato piccole distribuzioni di fucili e, cosa più grave, ho da fonte che ne è stata testimone oculare, che a Vranja furono veramente fabbricate, nel dicembre e gennaio decorsi, piccole bombe tascabili di dinamite nella misura di venti a venticinque al giorno.

Il ministro di Turchia si propone di fare vive istanze presso il Governo serbo chiedendo la soppressione della «Società fra vecchi-serbi e macedoni» perché in relazione coi rivoluzionari, e l'espulsione dei macedoni agitatori.

Non credo che sia possibile al Governo, senza urtare troppo l'opinione pubblica, di sopprimere la società, ma ritengo che si otterrà ch'essa venga richiamata alla stretta osservanza de' suoi statuti e che i macedoni rivoluzionari sieno più attentamente sorvegliati.

Da parte mia avrò cura, alla prima opportunità, prendendo argomento dal fatto della fabbricazione delle bombe, di fare amichevolmente considerare al signor Pachitch tutto l'interesse che la Serbia ha di non compromettere con inopportune indulgenze la sua riputazione di correttezza né suoi rapporti con l 'insurrezione macedone.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

T. PERSONALE 266. Roma, 13 febbraio 1904, ore 19,30.

Delegati italiano britannici non hanno concordato che semplici proposte ai rispettivi Governi sui punti noti a V.E. nei memorandum comunicatile. Questioni Eritrea non sono state escluse ma semplicemente riservate ad altra trattazione. Siamo poi stati noi a chiedere accordo con Inghilterra appunto per fare finire inconvenienti lamentati da lei 1• Del resto proposizioni delegati sono tali che tale nostra preoccupazione dovrebbe essere dubbia, purtroppo tutt'altro che infondata che a Londra quelle proposizioni non siano ratificate.

172

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

0. RISERVATISSIMO 7650/97. Roma, 13 febbraio 1904.

La ringrazio per l 'interessante rapporto n. 544 in data del 28 dicembre u.s. 1 .

Anche l'argomento della successione di Menelik è stato oggetto di scambi di vedute in occasione del recente convegno di Roma, ed anche per essa si potrà addivenire, tra i delegati dei due Governi italiano e britannico, ad intese preliminari, delle quali V.E. potrà prendere conoscenza alla sua venuta qui non avendo voluto affidare alla posta documenti che hanno carattere del tutto segreto.

173

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 347/29. Pera, 14 febbraio 1904, ore 0,30.

In un colloquio avuto poc'anzi coll'ambasciatore di Russia, questi, accennando alla questione della circoscrizione da assegnarsi alle varie Potenze pel riordinamento della gendarmeria, mi disse che *la Russia aveva preferito una circoscrizione che non

fosse vicina alla frontiera bulgara per evitare contatto diretto dei suoi ufficiali con le bande provenienti dal Principato, ed il pericolo che essi si lascino trascinare da sentimenti di simpatia per i bulgari.

Aggiunse che*, secondo l'idea del barone Calice e sua, la circoscrizione formata dal sangiaccato di Serres dovrebbe essere assegnata ali 'Italia anche perché trattasi di regione più minacciata dalla insurrezione, ed ove occorre una organizzazione di gendarmeria più perfetta. *Zinoviev mi disse altresì che la Francia aveva espresso desiderio di avere circoscrizione di Monastir e che rimarrebbe circoscrizione di Kociana per l'Inghilterra*. Collega di Russia avendo chiesto mio parere, mi limitai a rispondere che ripartizione dei distretti e dichiarazioni fatte a questo riguardo dagli ufficiali superiori austriaci e russi mi erano state comunicate oggi, che aveva tosto telegrafato all'E.V., ma che non possedendo ancora istruzioni, non ero in grado di pronunziarmi in merito. Feci soltanto notare, a titolo strettamente personale, che sangiaccato di Serres essendo più degli altri esposto alle invasioni delle bande, non si poteva fare che scarso assegnamento sulla gendarmeria, ma accorrevano importanti riparti di truppe, e che dato ordine circoscrizione di Monastir, dato spirito ribelle della popolazione, era quello che richiedeva il più accurato riordinamento della gendarmeria. Ambasciatore di Russia insistette meco sulla necessità che questione sia definita.

Prego V.E. di farmi conoscere al più presto pensiero del R. Governo2 . *V.E. avrà rilevato che circoscrizioni determinate dali' odierna seduta Commissione non corrispondono interamente a quelle accennate nel mio telegramma n. 263 . Considerazioni con esso sottoposte all'E.V. si applicano però ugualmente alle circoscrizioni oggi determinate, e solo mi occorre aggiungere che circoscrizione di Kociana non converrebbe, a parere mio, sotto verun aspetto all'Italia*.

171 1 Il documento cui questo T. risponde non è stato trovato. Ma il giudizio di Martini sul progetto di accordo i talo-inglese del 19 dicembre risulta dal suo Diario Eritreo, vol. III, cit., cap. XVIIl, pp. 485-488, cap. XIX, p. 530: «Ma a che vale tutto ciò, quando a Roma si guasta ogni cosa? Che saran mai questi accordi con gl'inglesi sulle cose etiopiche, esclusa l'Eritrea? Ho scritto fuor de' denti all'Agnesa; e al Tittoni ho detto in una lettera speditagli oggi stesso che il dissenso fra noi è più grave di quanto egli pensa; e non si limita alla questione del personale della legazione di Addis Abeba. Sulla quale ultima questione ecco quant'egli risponde al mio telegramma d'ieri l'altro». «Purtroppo gli entusiasmi sbolliscono e la volontà si fiacca per il timore che la insufficienza di governanti come Tittoni, la vanitosa ignoranza come l'Agnesa abbiano distrutto gran parte degli effetti conseguiti e da conseguirsi per questo lavoro. Io non avrò pace finché non sappia che cosa abbiano combinato in Roma fra l'Agnesa, l'Harrington e il Rennell Rodd. Il nulla conoscere, se non superficialmente, della nostra Colonia temo abbia indotto l' Agnesa all'accogliere Dio sa quali menomi compensi offerti dagli inglesi in regioni lontane, per riservarsi libertà di insidiare ai territori che debbono essere campo alla nostra azione politica e commerciale». «Ho veduto: gli accordi lasciano su per giù il tempo che trovano. C'è una frase sul bacino del N ilo anfibologica e che può dar luogo secondo me a equivoci pericolosi. In tutto il resto né male né bene. Il commendatorino Agnesa aspettava ch'io gli facessi delle congratulazioni per questi negoziati da lui condotti: ho dovuto astenermene».

172 1 Cfr. n. l 03, nota 4.

173 1 Ed. con l'omissione dei brani fra asterischi in LV 104, pp. 149-150.

174

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

T. 267. Roma, 14febbraio 1904, ore 13,45.

Ricevo i telegrammi nn. 28 e 292 .

Dal momento che nel primo riparto l'Austria-Ungheria e la Russia si vorrebbero riservare i distretti aventi rispettivamente per centro Uskub e Vodena, la nostra scelta si trova limitata ai distretti di Monastir, Kociana e Serres. A mio avviso, di questi tre distretti, il solo conveniente per noi è quello di Monastir *ed unicamente que

3 Cfr. n. 166. 174 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 150. 2 Cfr. n. 173. Il primo non si pubblica.

sto può dare soddisfazione alla pubblica opinione in Italia*. Prego quindi la E.V. di adoperarsi efficacemente acciocché ci sia assegnato Monastir facendone, in quanto concerne i colleghi di Austria-Ungheria e di Russia, come una condizione per il nostro assenso alla loro scelta e cercando di amichevolmente concordare su tale base, cogli altri tre colleghi, il riparto dei tre rimanenti distretti.

173 2 Cfr. n. 174.

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 269. Roma, 14 febbraio 1904, ore 20.

Faccio seguito al mio telegramma d'oggi n. 2671•

Ho fatto, acciocché ci sia assegnato il distretto di Monastir, opportuni officì a Vienna, Berlino e Londra2 . Sarebbe quindi utile che V.E., d'accordo col generale De Giorgis, cercasse di far differire ogni decisione in guisa possano costì giungere in tempo utile istruzioni conformi al nostro desiderio.

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE 1

T. 270. Roma, 14 febbraio 1904, ore 20.

Il r. ambasciatore in Costantinopoli telegrafa2 essersi deliberato, nella riunione degli ufficiali superiori ed addetti militari, di destinare, per ora, un battaglione riorganizzato di gendarmeria per ognuno dei soli cinque distretti aventi centro nelle seguenti località: Uskub, Kociana, Vadena, Monastir e Serres. Gli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia hanno poi dichiarato voler riservati ai battaglioni aventi ufficiali di loro nazionalità, rispettivamente, i distretti di Uskub e di Vadena. Inoltre l'ambasciatore di Russia ha appoggiato il desiderio della Francia di avere per sé il distretto di Monastir, aggiungendo, anche in nome del collega austro-ungarico, che l'Italia dovrebbe avere il distretto di Serres. Se avesse prevalso, nella distribuzio

2 Cfr. n. 176.

2 Cfr. nn. 173 e 166.

ne dei distretti, il criterio del minor grado di interesse e di eventuale influenza, noi non avremmo difficoltà ad accettare il distretto di Serres. Ma poiché, segnatamente in quanto concerne l'Austria-Ungheria, ha prevalso un diverso criterio, stimiamo che il distretto di Monastir sia assolutamente il solo che possa convenirci ed appagare la pubblica opinione in Italia.

*(Per Vienna, Berlino) Veramente sarebbe stato naturale che l'Austria-Ungheria, al pari di quanto fece la Russia per la Francia, ci avesse messo in grado di manifestare preventivamente la nostra preferenza. Però riteniamo che vorrà ora appoggiare la nostra domanda per Monastir, come condizione nostro assenso alla devoluzione, in favore suo, nel distretto di Uskub.

(Per Berlino) Prego V.E. di ottenere da codesto Governo che rivolga una opportuna raccomandazione, in questo senso, al Gabinetto di Vienna, ed impartisca, dal canto suo, analoghe istruzioni a Costantinopoli3 .

(Per Londra) Prego V.E. di volerne conferire con Lansdowne, acciocché voglia fare appoggiare a Costantinopoli il nostro desiderio, mentre, dal canto nostro, siamo disposti ad appoggiare la devoluzione, all'Inghilterra, di quello, tra i distretti di Serres e di Kociana, che meglio gli convenga*.

(Per tutti) Essendo imminente una nuova convocazione Costantinopoli per decidere in proposito, è indispensabile che ella agisca con la massima urgenza e mi telegrafi risultato.

175 1 Cfr. n. 174.

176 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, pp. 150-151.

177

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI 1

T. Ghermet, 14 febbraio 1904.

Per ritardo trasmissione non imputabile ai telegrafisti ho oggi solo ricevuto il telegramma di V.E. del 31 gennaio2 . Ringrazio con tutto cuore e con gratitudine V.E. Temo però che qui si arriverà troppo tardi per darmi conforto, giacché sono ora già sfinito e logorato da due anni di malattia causata dal lavoro intenso e dai dispiaceri continui e finora sopportati con energia unicamente per compiere tino all'ultimo il mio dovere. Ho dovuto decidermi a chiedere licenza, sia perché affranto da forte nevrastenia e malattia intestinale sia perché disanimato da un complesso di cose che

è Non rinvenuto.

a me sembrano avviarsi a distruggere il nostro prestigio e compromettere i nostri intenti. Mi perdoni se non le ho scritto per rispondere alle sue ultime lettere ma il mio stato può spiegarglielo.

Circa il concordato con gli inglesi fatto a Roma, esso fu conchiuso il 19 dicembre e mi fu solo vagamente accennato col telegramma del 30 gennaio urgentissimo2 . Harrington a Roma aveva ottenuta necessità presenza V.E. e mia per formulare accordi, ma pare che là non la si reputi necessaria. Legazione inglese ebbe da più di 20 giorni testo completo del concordato per posta, e me lo comunicò. I timori di V.E. sono fondati perché nel concordato, mi pare, non vi è nulla di concreto, da quanto malamente ho potuto interpretare dal testo inglese e le cose sono lasciate come prima.

Sarò sempre con V.E. per la difesa degli interessi eritrei e pronto a sacrificarmi, per quanto poco ancora mi resta a sacrificare.

176 3 Analogo richiamo, più ampiamente motivato, Tittoni rivolse a Monts il 18 febbraio, GP, vol. XVlll/2, n. 5792.

177 1 Ed. in MARTIN!, Diario Eritreo, vol. lll, cit., pp. 522-523, che così commenta: «Quanto alla parte dirò così obiettiva del telegramma essa conferma i miei timori che cioè il commendatori no Agnesa si sia lasciato insaccare da merli quali sono l'Harrington e il Rodd. Ma se è vero che essi avessero domandato l'intervento nostro in accordi che nulla imponeva di stringere frettolosamente e che a Roma esso siasi giudicato superfluo, io non so che dire della vanità de li'Agnesa, che ha voluto, lui! trattar solo, lui! così al giorno delle cose eritree ed etiopiche, e della insipienza del ministro che glielo ha consentito».

178

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 193/76. Londra, 14 febbraio 1904 (perv. il 27).

Ho preso congnizione al mio ritorno in Londra del dispaccio 16 gennaio p. p.

n. 28 1 che V.E. aveva diretto a questa ambasciata per comunicare le aperture costì fatte dall'ingegnere Ilg, a proposito della ferrovia Gibuti-Harrar, allo scopo di ottenere la desistenza del R. Governo dalla sua opposizione alla nota convenzione pel proseguimento di quella linea fino ad Adis-Abeba.

In conferma della comunicazione fatta in proposito dall'incaricato di affari che ne riferì col telegramma del 30 gennaio2 , ho approfittato di un colloquio col marchese di Lansdowne per esprimermi con esso nel senso indicatomi da quel dispaccio.

Sua Signoria, ringraziandomi della fatta comunicazione, mi dimostrò dividere le idee da V.E. espresse circa la questione di cui si tratta nel senso che il Governo britannico non avrebbe in massima nessun interesse né intenzione di ostacolare, come tale, la costruzione di una ferrovia in Abissinia, la quale potrebbe anzi riuscire di comune vantaggio per il Paese e per tutti. Anche dal punto di vista delle relazioni colla Francia, che qui si desidera vivamente di veder mantenute nei termini di cordiale amicizia, il Governo inglese sarebbe lieto di poter evitare ogni attrito a proposito di quel progetto3 . Ciò suppone però che le condizioni ad esso relative riescano stabilite in modo da escludere ogni monopolio e da far sì che la nuova linea, sul tratto

2 Non pubblicato.

3 Ancora il 25 febbraio il ministro francese in Etiopia lamentava l'atteggiamento ostile di Cic

codicola, DDF, Il serie, t. IV, n. 318.

abissino, abbia carattere internazionale, con relativa rappresentanza nel consiglio di amministrazione dell'impresa dei capitoli a questa concorrenti. La difficoltà, soggiunse il ministro, sarà però di far prevalere tali principi nel progetto di convenzione che dovrebbe perciò subire importanti modicazioni; e Sua Signoria mi sembrò dubitare che questo si possa ottenere dagli interessati e dalle autorità francesi che li sostengono. Ad ogni modo, se una qualche seria proposta fosse avanzata in questo senso, non vi è a dubitare che, d'accordo con noi, essa verrebbe presa in benevola considerazione da questo Governo.

Ho pure avuto occasione di accennare al Foreign Office la notizia trasmessami coll'altro dispaccio del 30 gennaio p. p. n. 434 circa il discorso di capo d'anno, nel quale il governatore di Gibuti avrebbe affermato essere dal Governo francese tenuti pronti 80 milioni di franchi a titolo di sussidio per la prosecuzione della ferrovia fino ad Adis Abeba. Qui non si presta però guarì fede a tale notizia5 .

178 1 Cfr. n. 137.

179

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 272/35. Bucarest, 14 febbraio 1904 (perv. il 19).

A proposito dello scoppio delle ostilità tra la Russia ed il Giappone, l'ufficiosa 1ndépendance Roumaine di ieri esprime nell'articolo qui unito le sue simpatie per il grande Impero del Nord col quale la Rumania è legata da relazioni di sincera cordialità e dal ricordo delle lotte sostenute in comune sui campi di battaglia del 1877-78. Analogo linguaggio tengono gli altri fogli ministeriali di qui. In realtà però ben diverso è il sentimento prevalente non solo nei circoli governativi, ma anche fra i principali uomini politici dell'opposizione sia conservatrice pura che giunimista. Se coloro che hanno oggidì la responsabilità del Governo si sforzano di meglio dissimulare, per contro i miei colleghi d'Austria e di Germania sono colpiti al pari di me del come gli altri lascino chiaramente trapelare la loro soddisfazione di vedere la Russia impegnata in una guerra seria e lontana dalla quale sperano che essa uscirà indebolita, e non

5 Si pubblica qui il seguente passo di MARTIN!, Diario Eritreo, vol. III. cit., p. 525, su un colloquio da lui avuto al Cairo con Salvago Raggi il 21 febbraio: «Stamane lunga conversazione con lui, dalla quale rilevo come già a Roma sapessero fin dal 190 l -essendo nostro ministro al Cairo il Tugini -che gli inglesi si proponevano fare, coiite qui coiite, la ferrovia Berber-Suachin. Corsero numerosi dispacci fra la legazione del Cairo e il Ministero, dispacci dei quali a me non fu data nessuna notizia. Intanto si lasciarono passare tutte le occasioni per ottenere dagli inglesi che abbandonassero quel disegno; se non per ottenere, per chiedere: non dico dell'aiuto dato loro circa la questione delle ferrovie etiopiche, ma lo sbarco a Obbia. Rifiutavano quel compenso? E noi negavamo lo sbarco, e ci saremmo in ogni caso risparmiati tutti i guai che da quello e per quello ci vennero e ci vengono addosso. Ma alla Consulta basta che si presenti un inglese perché tutti si calino-con rispetto-le brache».

tacciano di considerare un risultato siffatto come una guarentigia di sicurezza per la Rumania. I giunimisti manifestano anzi il loro modo di vedere con una spontaneità ed una schiettezza che vanno sino all'imprudenza. Così il signor Carp, che è certamente uno degli uomini di Stato più considerevoli ed intelligenti del Paese, ma sempre troppo assoluto e semplista nei suoi ragionamenti, mi disse, senza nessuna provocazione da parte mia, di non dubitare che la Russia, profondamente corrotta, avrà la peggio, che dopo la guerra scoppierà colà secondo tutte le probabilità una terribile rivoluzione, e che così durante un trentennio si avrà la tranquillità da queste parti. Analoghi sentimenti esisterebbero pure nell'esercito rumeno, secondo questo addetto militare austriaco. È per contro impossibile precisare attualmente quali siano le impressioni nelle altre classi della popolazione, nessun sintomo esteriore permettendo sinora di formarsi un giudizio positivo al riguardo. Come ebbi d'altronde l'onore d'esporlo all'E.V. nel mio rapporto del 27 dicembre ultimo scorso ai nn. 1882/2561, non havvi paranco nelle masse in Rumania una opinione pubblica vera e propria, ma in materia di politica estera essa è formata e rappresentata dalla piccola minoranza di coloro che fanno la politica. Nel mio carteggio anteriore non tacqui invero come la Russia sia in grado di esercitare qui influenza sulle masse per mezzo del basso clero profondamente ignorante e cui lo czar apparisce sempre come il supremo protettore dell'ortodossia. Nel mio rapporto del 20 novembre scorso ai nn. 1684/2382 accennai pure alle simpatie russe tuttora esistenti fra i grandi proprietari conservatori della Moldavia. Tutto ciò non toglie però valore alle manifestazioni di sentimenti poco benevoli per la Russia che si fanno presentemente giorno nei circoli politici più autorizzati della capitale, ed è quindi mio dovere di non !asciarle passare senza segnalarle all'E.V. Aggiungerò che il mio collega russo ne ha perfettamente coscienza.

In quanto a questo ministro degli affari esteri, egli considera la guerra attuale nell'Estremo Oriente a un duplice punto di vista, delle conseguenze remote cioè e di quelle immediate che potrebbe avere. E nel mentre riterrebbe vantaggioso che la Russia ne uscisse indebolita, temerebbe invece che, nell'ipotesi d'altronde poco verosimile di disfatte tali da obbligarla a rinunziare durante un lungo periodo d'anni alla sua politica di espansione nell'Estremo Oriente, essa cercasse di rialzare il proprio prestigio diminuito e di compensarsi nell'Oriente europeo, se non con ingrandimenti territoriali, attuando almeno il suo antico sogno d'egemonia d'influenza, di preponderanza assoluta nei Balcani. Al punto di vista poi delle conseguenze immediate, sarebbe un male se la Russia si trovasse tanto gravemente impegnata dell'Estremo Oriente da non essere più in grado di esercitare colla stessa energia ed autorità sulla Turchia e la Bulgaria la propria azione in favore delle riforme in Macedonia e del mantenimento della pace nei Balcani, nessun 'altra Potenza essendo in situazione di esercitarne una altrettanto efficace per quanto concerne specialmente la Bulgaria. A tal riguardo tuttavia, il mio collega russo assicurò il signor Bratiano che, per ben dimostrare come la Russia sia abbastanza potente da non lasciar distogliere da altre preoccupazioni la sua attenzione dagli affari balcanici, il Gabinetto di Pietroburgo terrà un linguaggio tanto più energico sia a Sofia che a Costantinopoli.

2 Non rinvenuto.

178 4 Cfr. n. 155.

179 1 Non pubblicato.

180

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 374/32. Pera, 15 febbraio 1904, ore 7,10.

In successivo colloquio da me avuto oggi, cogli ambasciatori d'Austria-Ungheria, e di Russia, e di Inghilterra, ho dichiarato che R. Governo insisteva perché riordinamento gendarmeria del distretto di Monastir fosse affidato agli ufficiali italiani. Ho prevenuto colleghi di Austria-Ungheria e di Inghilterra che V.E. si era posto, a questo riguardo, in comunicazione coi Gabinetti di Vienna e di Londra2• Calice e Zinovieff, riservando la loro opinione, mi dissero che ne avrebbero tosto riferito ai loro Governi3 .

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, BADOLO

T. 274. Roma, 15febbraio 1904, ore 12,40.

Governo britannico comunica piano del generale Egerton di agire contro Mullah nella regione Warsangeli, e domanda che Governo italiano cooperi per impedire che i migiurtini parteggino per Mullah e che questi riceva aiuto da Bosaso o da altro scalo protettorato italiano. Non posso che rinnovarle istruzioni datele, interessandola ad agire nel senso desiderato da Governo britannico.

D'accordo con ministro Marina, prego comunicare comandante «Colombo» 1•

2 Cfr. n. 175.

3 Con successivo T. riservato 384/33 dell6 febbraio, Malaspina comunicava: «Incaricato d'aftàri di Francia mi ha confidenzialmente informato iersera che il suo Governo ha intenzione di ritìutare, se propostogli per riordinamento gendarmeria, distretto Monastir e chiede che sia ai proprì ufficiali preferibilmente assegnato distretto Serres, ove esistono interessi ferroviari francesi».

180 1 Ed.inLVJ04,pp.l53-154.

181 1 Con successivo T. 280, pari data, Tittoni precisava: «S'intende poi che la nostra cooperazione deve limitarsi a quanto si può fare dal mare, escludendo operazioni a terra».

182

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 388/37. Berlino, 16 febbraio 1904, ore 8,05.

Barone Richthofen mi informa che con suo grande dolore e contro sua aspettazione ultime proposte Governo imperiale circa trattato di commercio non hanno incontrato ieri costà accoglienza che egli sperava e teme seguito trattative abbia a soffrire danno irreparabile. Barone Richthofen mi prega anche a nome del cancelliere dell'Impero, ed io mi limito ad eseguire incarico, di richiamare benevola attenzione di V.E. su quelle proposte che, data la situazione parlamentare tedesca, costituiscono estrema concessione possibile.

183

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 378/8. Washington, 16 febbraio 1904, ore 13,45.

Segretario di Stato ringrazia V.E. comunicazione contenuta telegramma 249 1•

Con sua iniziativa egli si è proposto essenzialmente duplice scopo localizzare in quanto è possibile teatro della guerra e assicurare neutralità cinese nel conflitto. Desiderando, a tale riguardo, concorso morale, quantopiù sollecito, delle Potenze interessate, si è mantenuto espressamente vago, in quanto concerne Manciuria ed anche Corea, intorno alle quali per le medesime obiezioni di V.E., sarebbe stato impossibile ottenere unanime dichiarazione di principio e che egli riconosce, d'altra parte, non possono sottrarsi alle conseguenze della guerra, della quale sono il teatro stesso. Segretario di Stato, collo scambio d'idee di questi giorni, ha posto in chiaro che non chiede alle Potenze una nota identica di difficile e lunga attuazione, ma che ciascuna di esse, anche se in termini diversi, o con riserve esplicite, proceda ad analoga iniziativa a Pietroburgo, Tokio, Pechino, rafforzando, in tal modo manifestazione del desiderio comune come hanno già fatto Germania, Inghilterra, Francia. Cina ha ringraziato caldamente Stati Uniti per loro iniziativa Giappone, ha accettato per proprio conto la proposta con qualche riserva. Di tutto ciò, segretario di Stato mostrasi soddisfatto, lusingandosi, dopo le precedenti spiegazioni, anche sul concorso dell'Italia.

183 1 Cfr. n. 168.

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. Roma, 16 febbraio 1904.

Trasmetto alla E.V. la qui unita lettera confidenziale. Ella è autorizzata a dame comunicazione integrale a codesto Governo; e a consentire che eventualmente siano prese delle note.

La prego pure d'assicurarsi che codesto Governo vorrà confidenzialmente portare il contenuto della lettera a conoscenza del Governo austriaco, nei modi che riterrà più convenienti.

ALLEGATO

L. RISERVATISSIMA. Roma, 16febbraio 1904.

Ebbi regolarmente il telegramma della E.V. 1 relativo alla preveduta nomina del conte Liitzow a Roma. E se subito non le risposi, voglia attribuirlo alla delicatezza e alla difficoltà della risposta che dovevo darle. In quanto che non esito a dirle che io partecipo in tutto la opinione di codesto Governo sulla poca opportunità della scelta fatta dal Governo austro-ungarico per la sostituzione del barone Pasetti. Ma, d'altro canto, le informazioni a me privatamente pervenute, e il fatto stesso della presenza qui a Roma, per parecchi giorni, del conte Liitzow, partecipante con ostentazione a pranzi e a pubblici ricevimenti, mi hanno convinto del carattere irrevocabile della nomina di lui, nelle intenzioni del Governo austriaco, e della inutilità, quindi, di eventuali pratiche nostre, discrete e amichevoli, per evitarla. Onde è che, al punto in cui sono le cose, l'unico espediente per raggiungere tale scopo sarebbe quello di far comprendere al Governo di Vienna le difficoltà che la scelta del conte Liitzow incontrerebbe per la concessione del gradimento.

ll resultato pratico che così si potrebbe conseguire, evitando la nomina non desiderata, compenserebbe il danno che potrebbe derivarne, per questo nostro atteggiamento, nei nostri rapporti con l'Austria? La cosa è per lo meno assai dubbia. In ogni caso io non potrei decidermi a ciò che in pieno accordo col Governo germanico, del quale gradirò di conoscere, per mezzo di VE., la opinione in proposito.

E questa circostanza è occasione a me verso di lei, e desidero che sia occasione a lei verso codesto Governo, per alcune molto franche considerazioni, interessanti i nostri rapporti con l'Austria.

La mia maggiore preoccupazione, quando assunsi la direzione della nostra politica estera, fu quella di ricondurre i nostri rapporti con l'Austria sopra quel terreno di reciproca confidenza leale da cui sembrava (ella lo sa) che negli ultimi tempi essi accennassero a discostarsi. Gli spiacevoli incidenti di Innsbruck, verificatisi nei primi giorni, nei quali io assunsi il

Governo, mi offrirono l'occasione di fare alla Camera dei deputati alcune dichiarazioni molto recise, che, per verità furono gradite e convenientemente apprezzate dal Governo alleato; per quanto invano poi io abbia atteso, da parte del conte Goluchowski, nei ripetuti discorsi di politica estera che ebbe posteriormente a pronunziare, qualche pubblica dichiarazione la quale, per la sua intonazione, corrispondesse alla mia.

Ma non voglio insistere sopra di ciò. Io ho voluto ricordare quella mia attitudine, assunta subito come programma del mio indirizzo politico, perché le considerazioni che sto per svolgere non sono che la continuazione logica del programma medesimo, il quale intende a sopprimere tra i due Governi ogni possibilità di incertezze, e dar modo così ai loro rapporti di svolgersi in guisa da raggiungere i maggiori resultati nell'interesse comune delle tre Potenze alleate.

È indispensabile, a tale scopo, che sia adoperata da una parte e dall'altra la più assoluta franchezza.

Or mentre alla politica italiana fu fatto, in passato, il rimprovero di cercar di togliere alla Triplice Alleanza la maggiore parte del suo sostanziale contenuto, è indubitato che tale rimprovero, invece, viene ritorto, qui in Italia, in questi ultimi tempi, contro la politica austriaca.

In verità, per quanto a me dolga di doverlo constatare, è certo che la maniera come si svolge l'azione austriaca nei Balcani, ha risollevato, nella classe politica italiana, la discussione intorno alla Triplice Alleanza. A che giova l'alleanza (fu detto e fu scritto) se la sua azione rimane totalmente estranea alla questione che attualmente è la più grave in Europa, e nella quale l'Italia ha interessi che nessuno disconosce? Se per la risoluzione di tale questione l'Austria, obliando in tutto la sua alleata, cerca altrove, ed esclusivamente altrove, gli accordi e la base della sua azione? Quale è, allora il valore politico e morale effettivo che rimane alla Triplice Alleanza nei rispetti italiani?

lo, naturalmente, non posso seguire questi ragionamenti; ma pure restringendoli in confini più moderati, non è certamente fuor di ragione il dubbio se l'accordo esclusivo dell'Austria con la Russia risponda in tutto allo spirito del patto d'alleanza italo-austriaco; ed è certo poi che è in contrasto con la precisa lettera del patto medesimo il procedimento che il Governo di Vienna ha tenuto verso di noi in occasione dei suoi accordi col Governo di Pietroburgo.

E se tali sono le preoccupazioni verso il passato, non mancano quelle verso l'avvenire. Nè sono sufficienti a dissipare in tutto queste preoccupazioni, nella opinione pubblica, le dichiarazioni del conte Goluchowski, e specialmente quelle fatte il 4 corrente nel seno della Commissione del bilancio per gli affari esteri della Delegazione ungherese, in risposta a una interrogazione del relatore Falk. Le quali dichiarazioni son tali da poter far credere, a chi ignora le pattuizioni esistenti, che l'Austria subordini esclusivamente all'accordo con la Russia le decisioni da prendere nella eventualità di un resultato negativo del!' opera delle riforme e di gravi disordini che potessero conseguentemente prodursi nella regione balcanica.

Certamente a simili preoccupazioni io non partecipo ritenendo che qualunque diverso regolamento della questione balcanica dovrebbe formare oggetto da parte del!' Austria di preventivi accordi con noi; la omissione dei quali equivarrebbe alla rottura dell'alleanza. Ma è pure indubitato che non giova ai comuni interessi delle Potenze alleate ed amiche che si accreditino timori o supposizioni che avrebbero per conseguenza di attenuare o di ferire, nel generale concetto, l'importanza e l'efficienza della nostra alleanza.

Di tutto ciò io la prego di voler tenere, in una occasione propizia, discorso amichevole e confidenziale a codesto Governo.

lo, fautore costante e profondamente convinto della esistente alleanza, non voglio e non devo trascurare nulla di ciò che può contribuire a fortificarla, non solo nei rapporti tra i due Governi, ma nella convinzione e nella simpatia pubblica.

Sarò pure grato alla E. V. se potrà dirmi se corrisponda alla verità la speranza di una venuta non molto remota del conte di Biilow in Italia; il che mi darebbe occasione ad un opportuno scambio di vedute in proposito2 .

184 1 Non rinvenuto.

185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. RISERVATISSIMA. Roma, 16 febbraio 1904.

Non ho bisogno di ricordare alla E.V. il colloquio da me avuto a Windsor, il 20 novembre 1 dello scorso anno, con il marchese di Lansdowne. I punti essenziali di quel colloquio, per ciò che riguarda gli affari di Macedonia furono il riconoscimento di interessi generali comuni nella penisola balcanica, e, quindi, di un identico programma, diretto a conservare lo status quo e a mantenere la questione sul terreno della vigilanza e del controllo europeo.

Particolarmente, il marchese di Lansdowne ebbe a dichiarare che qualora le circostanze dovessero rendere inevitabile un intervento armato, questo non potrebbe avvenire, a suo giudizio, che col consenso e con la cooperazione delle Grandi Potenze.

Ebbe principio da ciò quella più stretta intesa tra i due Governi che subito si manifestò, con risultati che ritengo utili.

I fatti che posteriormente si sono svolti non sono tali da rassicurare del tutto ogni preoccupazione. E tali fatti sono segnatamente i seguenti: la nota preparazione militare dell'Austria ai suoi confini orientali, le mal definite dichiarazioni del conte Goluchowski le quali sembrano subordinare esclusivamente all'accordo con la Russia le decisioni da prendere nella eventualità di gravi disordini che potessero prodursi in Macedonia; e, infine, l'attuale impegno della Russia nell'Estremo Oriente, con effetti che non possono essere preveduti.

La possibilità, pertanto, di una meditata occupazione territoriale dell'Austria nella regione balcanica, è tra quelle che meritano di formare oggetto di una politica prudente e previdente.

Guidato da questo ordine di idee, ebbi l'altro giorno un colloquio in proposito con questo ambasciatore d'Inghilterra. In tale colloquio sottoposi alla considerazione sua e del suo Governo se non fosse il caso di addivenire ad una intesa più concreta la quale avesse per base il fermo principio che nessuna modificazione territoriale possa avvenire nella penisola balcanica senza il concorde consenso delle Potenze firmatarie

185 1 Cfr. n. 31.

del Trattato di Berlino, con l'intento sovrattutto di evitare, così, qualunque occupazione preventiva adatta a costituire uno di quei fatti compiuti che inevitabilmente vengono poi sanzionati. Che se ciononostante si verificasse il fatto di una occupazione isolata austriaca o russa, in opposizione col Trattato di Berlino, io sottoponevo la convenienza d'una preventiva intesa per la quale, in tale eventualità, l'Inghilterra e l'Italia procedessero alla loro volta alla occupazione di qualche punto dell'Adriatico, che potrebbe essere Durazzo, Vallona e il golfo d'Arta.

Sir Francis Bertie mi rispose che avrebbe riferito al suo Governo il tenore di quelle mie confidenziali comunicazioni, riconoscendo e confermando l'opinione sua sulla reciproca convenienza che i due Gabinetti procedano uniti.

Egli mi domandò poi quale fosse la mia opinione sul probabile atteggiamento della Francia nella ipotesi che formava oggetto della nostra conversazione; se io ritenessi, cioè, che la Francia avrebbe dato appoggio alla Russia, ovvero se, in accordo con le sue tradizioni politiche, essa si sarebbe avvicinata all'Inghilterra e all'Italia. Io gli risposi che avrei procurato di formarmi una opinione in proposito mediante opportune conversazioni col signor Barrère, benché ritenessi che la Francia non si sarebbe distaccata dalla Russia.

Tanto volli comunicare alla E.V. per sua cognizione e per eventuale norma del suo linguaggio2 .

184 2 Per la risposta cfr. n. 200.

186

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISERVATO 396/13. Londra, 17 febbraio 1904, ore 6,52.

In seguito alla comunicazione da me fatta nel senso del telegramma di V.E.

n. 2702 , marchese di Lansdowne dà istruzioni a O'Conor di intendersi col r. ambasciatore a Costantinopoli circa miglior modo di prestarsi reciproca assistenza nella questione dell'assegnazione dei distretti per la gendarmeria. Riuscendosi ad ottenere per l'Italia il distretto di Monastir, le autorità inglesi preferirebbero per loro quella di Serres *perché accessibile direttamente dal mare, senza necessità di troppo contatto colle località assegnate ai russi*.

Nel corso della conversazione, Lansdowne, alludendo ali 'urgenza di procedere alla divisata organizzazione, mi accennò che, qualora si incontrassero troppe difficoltà nella distribuzione dei distretti, egli non sarebbe alieno dal rimettere la decisione ad un tiraggio a sorte, piuttosto che assumere responsabilità dei pericoli di un ulteriore ritardo dovuto ad una simile discussione fra le Potenze.

185 2 Sull'esemplare pervenuto a Londra la seguente annotazione: «Risposto con telegramma del 19 febbraio e lettera privata del 19 febbraio». Cfr. n. 191, e nota 2. 186 1 Ed. con l'omissione del passo tra asterischi in LV l 04, p. l 05. 2 Cfr. n. 176.

187

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 413/4. Belgrado, 18 febbraio 1904, ore 9,30.

Il console Serbia a Pristina ha telegrafato al suo Governo che, nello scontro con gli albanesi insorti, un battaglione turco è stato distrutto il generale ferito, e le rimanenti truppe rimaste senza munizioni.

Otto battaglioni si recherebbero a soccorrerli. Secondo quel funzionario gli albanesi armati insorti sarebbero oltre tremila. Il presidente del Consiglio, dal quale mi è stato comunicato questo telegramma, mi ha espresso la viva preoccupazione che questo inaspettato avvenimento gli destava a cagione predominanza lasciata ali' Austria-Ungheria nei Balcani dalla guerra russa giapponese. A titolo di informazione, debbo aggiungere che qui si pretende che il capo degli albanesi insorti sia persona ligia ali' Austria.

188

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 90/31. Belgrado, 18 febbraio 1904 (perv. il 22).

Il nuovo ministro degli affari esteri essendosi ammalato e prolungandosi la sua indisposizione, mi sono procurato ieri un colloquio col presidente del Consiglio e gli ho fatto amichevoli rimostranze per il contegno poco energico del Governo verso l'organizzazione degli elementi rivoluzionari macedoni e serbi, facendogli rilevare che, se questo movimento poteva parere al momento presente di non grande importanza, poneva però le basi di un organismo che, al contagio dell'esempio dei comitati bulgari, poteva divenire nucleo intorno al quale si aggrupperebbero rapidamente tutti coloro che non si rendono conto del supremo interesse della Serbia ad agevolare con un atteggiamento corretto e fiducioso l'opera delle Potenze.

Il signor Gruitch mi rispose che il Governo aveva già ripetute volte fatte esplicite e leali dichiarazioni circa l'indirizzo della sua politica verso la Macedonia, dichiarazioni che concordano con i vitali interessi del Paese, il quale, nelle presenti condizioni, non può aspirare che ad un assetto della penisola balcanica sulla base dello statu quo.

Osservai, che, pur prendendo atto della sua dichiarazione, io doveva fargli notare constarmi che la «Società fra vecchi serbi e macedoni», uscendo dagli scopi di beneficenza che l'avevano originata, si era tramutata in un vero comitato, il quale, sia pure in piccola quantità, atteso la scarsezza dei mezzi di cui disponeva, acquistava e distribuiva armi, e che avevo notizie precise dell'esistenza di bombe di dinamite ed armi a Vranja.

Il signor Gruitch ammise la verità di questi fatti e mi assicurò che sarebbero stati presi i provvedimenti opportuni per arrestare il progresso di questo movimento. Mi disse che aveva già a più riprese chiamato i membri direttivi della Società per invitarli a non denaturare gli scopi della loro istituzione, e fatto loro comprendere come qualunque loro azione sarebbe contraria agli scopi che attualmente la Serbia si propone. Era sicuro che specialmente ora, quando il timore che ogni complicazione nei Balcani andrebbe probabilmente a profitto dell'Austria, queste esortazioni avrebbero prodotto il loro effetto senza ricorrere allo scioglimento della Società. Quanto alle bombe, esse erano state, con altre armi, portate in Serbia dalle bande macedoni che vi si erano rifugiate, e mi diede l'assicurazione che il ministro dell'Interno avrebbe dato le opportune istruzioni per il loro immediato sequestro e perché non fossero più consegnate agli insorti, anche se questi volessero ripassare il confine. Aggiunse che era innegabile che questi rifugiati creavano nel Paese una certa agitazione e cercavano di far proseliti; che questo stato di cose verrebbe a cessare con la pubblicazione dell'Iradé di S.M.I. il sultano per la loro amnistia, in seguito alla quale essi potrebbero rientrare nelle loro case. Le notizie recentemente ricevute dal ministro di Serbia a Costantinopoli, facevano ritenere che questo decreto di amnistia sarebbe ormai pubblicato senz'altri indugi.

Ringraziai il signor Gruitch di queste assicurazioni dicendogli che il Governo di Sua Maestà le avrebbe apprezzate al suo giusto valore.

Ritengo infatti che, data l'inquietudine delle popolazioni slave a cagione della guerra russo-giapponese, i consigli di calma dei Governi serbo e bulgaro avranno sugli elementi rivoluzionari un effetto assai maggiore di qualunque misura repressiva che essi, pur violentando l'opinione pubblica, avessero voluto prendere prima dell'aprirsi delle ostilità nell'Estremo Oriente.

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. 298. Roma, 19 febbraio 1904, ore 13,50.

Il duca A varna è pronto a partire subito ed è mio vivo desiderio ormai che esso raggiunga la sua sede nel più breve tempo possibile 1• Sarebbe pure molto desiderabile nell'interesse comune per la impressione sul pubblico che l'udienza da parte di

S.M. l'imperatore fosse conceduta quanto più sollecita si possa e venisse possibilmente fin d'ora fissato il giorno. Prego pertanto la S.V. di voler agire in tal senso con i riguardi naturalmente dovuti in tale circostanza e desidero che in ogni caso ella mi faccia entro domani una comunicazione in proposito.

189 1 La scelta di A varna per la sede di Vienna era stata suggerita da Nigra. Cfr. ToMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. l, cit., Bologna, 1934, p. 298.

190

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 300. Roma, 19 febbraio 1904, ore 19.

V.E. può assicurare cancelliere e Richthofen che io mi sto personalmente adoperando per facilitare sollecita conclusione accordo commerciale 1• Ieri e oggi mi sono di ciò attivamente occupato.

191

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Londra, 19 febbraio 1904.

Il corriere giunto qui stamane mi ha rimesso la lettera di V.E. del 16 corrente1 colla quale ella si compiacque comunicarmi le aperture confidenziali da lei fatte a sir Francis Bertie, in vista di una più concreta intesa da stabilirsi fra l'Italia e l'Inghilterra per l'eventualità che l'azione austro-russa nella penisola balcanica vi conducesse ad una qualche alterazione dello status quo territoriale in quei Paesi.

Confermo anzitutto il telegramma spedito oggi a V.E. 2 per segnarle ricevuta di quell'importante comunicazione. Trattandosi di cosa assai delicata, le ho accennato al dubbio !asciatomi dai termini della sua lettera, se cioè io sarei autorizzato a intratteneme fin d'ora il marchese di Lansdowne, o se dovrò attendere ch'egli me ne parli per primo. Ma questo dubbio di forma mi sarà presto da lei chiarito.

L'altra e più sostanziale interrogazione che le sottoposi concerne il significato delle modificazioni territoriali alle quali si riferirebbe la nostra eventuale contro-azione. La sua lettera parla di una possibile «occupazione isolata austriaca o russa, in opposizione col Trattato di Berlino». Come sarebbe da noi considerata una occupazione del sangiaccato di Novibazar, di cui il detto trattato riserva all'Austria-Ungheria il diritto con la sola condizione di intendersi colla Turchia circa le sue modalità? Questo punto mi sembra tanto più essenziale a chiarirsi, in quanto che, allo stato delle cose, codesta eventualità si affaccia forse come la più prossima, in presenza dei gravi disordini scoppiati nel distretto di Diakova, donde essi potrebbero quando che sia propagarsi verso il nord nel cosiddetto «Corridoio».

Vi è poi il caso di una conflagrazione generale che, per resistenza della Sublime Porta alle riforme, per lo estendersi della insurrezione in altri punti della penisola, e per un conflitto fra la Turchia e la Bulgaria, rendesse necessario un intervento esteriore o vi fornisse occasione, oppure pretesto.

Ciò avverandosi, avremmo diritto di attendere che l'Austria e la Russia stesse provocassero un'intesa di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino circa l'ulteriore azione da esercitarsi in comune nella penisola. Sarebbe questo, senza dubbio, il modo di procedere più regolare e conforme ai voti dell'Inghilterra e nostri per una giusta soluzione di quelle difficoltà.

Ma alcuni indizi poco rassicuranti da V.E. rilevati, come ella mi scrive, cioè i preparativi militari del!' Austria-Ungheria e le mal definite dichiarazioni del conte Goluchowski, che sembrano voler subordinare la sua eventuale condotta ad un accordo esclusivo colla Russia, le fanno considerare il pericolo di una meditata occupazione austriaca nella regione balcanica, con o senza il concorso della Russia ora assorbita nella guerra giapponese. A prevenire i danni di una simile eventualità, ella ha sottoposto al rappresentante britannico la convenienza di un'anticipata intesa fra l'Italia e l'Inghilterra, per la quale esse procedessero alla loro volta alla occupazione di qualche punto dell'Adriatico, che potrebbe essere Durazzo, Valona ed il golfo di Arta.

Se ho bene compreso il pensiero di V.E., questa proposta si riferirebbe più specialmente al caso che l'azione austriaca o austro-russa in Macedonia prendesse la forma di un colpo di sorpresa eseguito nel proprio interesse dall'una o dall'altra o da entrambe quelle Potenze, ad esclusione delle altre. E si tratterebbe allora, per l'Italia e l'Inghilterra, di adottare una misura per così dire di reazione e protesta contro un atto illegittimo tendente ad alterare a loro danno l'equilibrio delle forze nel Mediterraneo. Non intendo qui apprezzare il grado di probabilità di un simile caso, che per mia impressione personale ritengo remoto, ma che pure ammetto non potersi assolutamente escludere; non è mestieri bensì di accennare alla gravità di una azione che avrebbe, fra altro, l'inevitabile conseguenza di turbare radicalmente il nostro attuale sistema di alleanze.

Vi è tuttavia un'altra possibilità, forse più verosimile, e cioè che, di fronte ad una conflagrazione nei Balcani, l'Austria e la Russia rivolgessero formale domanda alle altre Potenze per ottenerne, sia pure con l'offerta di debite guarentigie, l'autorizzazione d'intervenire in quei Paesi pel ristabilimento dell'ordine. Se la questione fosse presentata in questa forma diplomaticamente corretta, l'eventuale intervento anglo-italiano n eli' Adriatico non potrebbe più esplicarsi per atto di nostra autorità propria, ma dovrebbe a sua volta formar oggetto di una contro-proposta da sottoporsi alle altre Potenze. E sarebbe allora da calcolarsi l'accoglienze che queste vi farebbero.

Io divido l'opinione da V.E. espressa a sir Fr. Bertie, che per quanto riguarda la Francia, essa non si distaccherà in questa occasione dalla Russia. Aggiungo che, a parer mio, la guerra dell'Estremo Oriente non distoglierà la Russia dal prendere parte attiva alle cose di Macedonia. Le sue attuali difficoltà le impedirebbero certamente di affrontare un'altra guerra in Europa; ma, data la forma nella quale ora si presenta la questione macedone, è lecito arguire che questa non darà luogo ad una guerra europea propriamente detta, e, così essendo, la forze che la Russia è in ogni caso costretta a mantenere nel Mar Nero, e Paesi adiacenti, saranno pur sempre sufficienti per quanto potrà occorrerle allo scopo di sostenere anche materialmente la propria influenza sugli Stati balcanici e la Turchia. Ritengo perciò che se si trattasse di un intervento in Macedonia, la Russia non permetterà mai ali' Austria di procedervi da sola.

Quanto all'accoglienza che il Governo inglese sarà per fare alle nostre proposizioni, io esito a predirla fin d'ora: ella sa quante altre gravi responsabilità già pesino in questi tempi sulle braccia dell'Inghilterra. Probabilmente, il marchese di Lansdowne prima di pronunziarsi, vorrà rendersi conto delle diverse congiunture alle quali il proposto accordo potrebbe riferirsi. Ho accennato più sopra a tre casi: l) che si tratti per ora soltanto di una occupazione austriaca del sangiaccato di Novibazar, in base ai suoi legali diritti; 2) che l'Austria e la Russia chiedano alle Potenze regolare mandato pelloro intervento a due in Macedonia: 3) che le due Potenze, od una di esse, si arrischino ad entrarvi per propria autorità, sotto un pretesto qualsiasi. Per condurre con la necessaria chiarezza il desiderato scambio di idee col Governo britannico, mi sembra opportuno di considerare anticipatamente per conto nostro quanto si proporrebbe di fare in ciascuna di queste evenienze.

In attesa delle ulteriori istruzioni di V. E. alle quali cercherò per quanto sta in me di uniformarmi3 ...

190 1 Risponde al n. 182. 191 1 Cfr. n. 185. 2 È il telegramma segreto s.n. del 19 febbraio, che non si pubblica in quanto anticipa quanto detto più ampiamente nel testo.

192

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 304. Roma, 20 febbraio 1904, ore 11,10.

La presente situazione nella penisola balcanica, specialmente per gli effetti che possano derivarne dagli attuali impegni della Russia nell'Estremo Oriente, ha formato oggetto d'un mio importante colloquio confidenziale con questo ambasciatore di Francia1 . Egli mi disse che il suo Governo partecipa al riguardo le giuste preoccupazioni del Governo italiano; che la Francia non potrebbe mai consentire a una azione isolata dell'Austria nei Balcani; che la maggiore garanzia contro questa eventualità in favore del mantenimento dello status quo era consistita finora nella opposizione degli interessi austro-russi; che la diminuzione dell'azione che a tale riguardo per necessità di cose potrà essere esercitata d'ora innanzi dalla Russia dovrà essere compensata da una più efficace affermazione dell'azione delle altre Potenze nel senso del controllo e del concerto europeo. Egli non dubitava che l'Italia si sarebbe associata a quest'ordine di idee e di azione. Io gli risposi dichiarandomi ben lieto per tali dichiarazioni ed esprimendo la mia piena adesione ad esse. Quanto al modo di procedere, io rilevai che tanto l'Italia che la Francia si trovano legate in alleanze politiche che impongono

diritti e doveri reciproci di lealtà; che in tale condizione di cose la procedura da seguire doveva essere quella che il Governo italiano e il Governo francese agissero ognuno dal canto proprio, per il migliore raggiungimento di quello scopo comune, presso i propri alleati; e che l'identità del fine permetteva ai due Governi di comunicarsi poi vicendevolmente l'esito delle loro pratiche. Il signor Barrère convenne completamente con me e così siamo rimasti d'accordo. Tutto ciò volli comunicare all'E.V. come norma del suo linguaggio e della sua azione.

191 3 Per il seguito cfr. nn. 193 e 20 l.

192 1 Tittoni ne aveva parlato a Barrère, già vari giorni prima (cfr. T. Barrère a Delcassé, del 31 gennaio, DDF, II serie, t. IV, n. 230) e di nuovo il 20 febbraio (ibid., n. 295). Barrère attribuì alla apertura di Tittoni l'importanza di una vera e propria svolta dell'Italia collaboratrice con la Francia e con la Gran Bretagna in Macedonia (ibid., n. 304).

193

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 305. Roma, 20febbraio 1904, ore 11,10.

Confermo quanto ho scritto a V.E. nella lettera confidenziale che le ho spedito per corriere' rilevando che le dichiarazioni fatte dal conte Tisza alla Delegazione ungherese il 16 corrente danno alla lettera stessa ancor maggiore importanza. In relazione poi all'ultima parte della mia lettera le trascrivo il telegramma da me spedito in pari data al nostro ambasciatore a Parigi. (Riprodurre il telegramma n. 304 all'ambasciata a Parigi)2 . Mi riservo poi di rispondere al suo telegramma di ieri3 .

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO 306. Roma, 20 febbraio 1904, ore 11,50.

Mi riferisco alla lettera confidenziale che le ho spedito col corriere partito da Roma il 171• Ho avuto ieri una lunga conversazione con questo ambasciatore di Germania il quale mi ha detto che avrebbe scritto privatamente in proposito al conte Biilow. Egli mi aggiunse che riteneva opportuno che io avessi uno scambio di vedute personalmente col conte Goluchowski e che era d'opinione che la proposta sarebbe stata volentieri accolta. Io gli risposi che dal canto mio sarei stato lieto di ciò, ma che

2 Cfr. n. 192.

3 Si tratta del telegramma segreto s.n. dell9 febbraio, non pubblicato, per il quale cfr. n. 191,

nota 2, mentre per la risposta di Tittoni cfr. n. 201. Sull'argomento cfr. anche il telegramma di Bertie a Lansdowne del 19 febbraio e la risposta di Lansdowne in BD, vol. V, pp. 62 e 69. 194 1 Cfr. n. 184.

conveniva prima essere d'accordo sulla base del colloquio le cui premesse avrebbero dovuto essere le due seguenti: l) che qualunque cosa l'Austria intenda fare in relazione alla Macedonia essa ce ne dia prima comunicazione e con noi s'intenda in conformità del patto d'alleanza; 2) che l'Austria non proceda ad occupazione di qualunque parte dell'Albania e dellittorale Adriatico fermi rimanendo dal resto gli ulteriori accordi speciali. Tanto volli comunicare a V.E. per norma del suo linguaggio con codesto Governo. Io non ho nascosto al conte Monts che le ultime dichiarazioni del ministro Tisza alla Delegazione ungherese mi sono sembrate poco rassicuranti e che continuando l'Austria ad agire per proprio conto avrebbe grandemente indebolito il patto della Triplice Alleanza.

193 1 Cfr. n. 185.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

D. 8739/26. Roma, 20 febbraio 1904.

Ringrazio la S.V. per l'interessante rapporto in data 19 gennaio n. 121 , relativo al conflitto russo-giapponese.

La S.V., premesse alcune considerazioni circa l'atteggiamento del Governo cinese di fronte agli eventi che si stanno costì ora svolgendo, richiama la mia attenzione sulle prevedibili conseguenze che potrebbero derivare alle Potenze neutrali in genere ed all'Italia in ispecie dalla vittoria dell'una o della altra delle due Nazioni belligeranti.

Da ultimo la S.V., espressamente astenendosi dal formulare alcuna proposta, accenna all'eventualità che il R. Governo, in presenza delle mutate condizioni politiche ne li 'Estremo Oriente, abbia a tenere una linea di condotta più attiva in codeste contrade2•

A tale proposito è opportuno che io precisi alla S. V. quale sia l'indirizzo politico del R. Governo.

La necessità di concentrare le giovani energie della patria alla consolidazione e al miglioramento delle condizioni economiche e alla risoluzione degli incalzanti problemi sociali, ci rendono assolutamente alieni da ogni politica avventurosa d'occupazioni territoriali, alla quale è recisamente contrario anche lo spirito pubblico del Paese, tristemente provato da passate esperienze.

Ma non per questo una grande Potenza quale è e vuol rimanere l 'Italia, può disinteressarsi da nessuna delle grandi questioni che agitano la vita politica ed economica del mondo; e fra tali questioni quella dell'Estremo Oriente è in primissima

linea. È perciò che io seguo col più vivo interesse e con vigile attenzione gli avvenimenti che attualmente si svolgono in quelle estreme regioni. Alle future soluzioni e alla loro preparazione, in quanto possa contribuirvi l'azione diplomatica delle Potenze europee, l'Italia non può né deve eventualmente rimanere estranea senza pretendere per ciò una posizione sproporzionata all'entità dei suoi interessi. E l'azione d eli 'Italia in questo indirizzo tanto più potrà essere efficace ed utile, a sé stessa e ai comuni interessi europei, quanto meno desterà negli altri timori o sospetti. Nello svolgimento di questo programma pertanto io m'affido molto alla cooperazione intelligente della S.V., su cui so, fortunatamente, di poter fare sicuro calcolo.

195 1 Cfr. n. 144. 2 Fino a questo punto la minuta che si pubblica è dattiloscritta. Da qui alla fine è manoscritta con numerose correztom.

196

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 443/41. Pera, 21 febbraio 1904, ore 14.

Primo interprete r. ambasciata fu invitato jeri a recarsi a palazzo, ove gli venne fatta primo segretario sultano seguente comunicazione:«Dai rapporti confidenziali dell'ambasciatore ottomano a Roma appare che politica del Governo italiano s'ispira a sentimenti amichevoli verso la Turchia ed alla convenienza di contrastare mire politiche che si attribuiscono all'Austria-Ungheria, e che opinione pubblica, nonché stampa italiana, si dimostra favorevole a tale politica. Di fronte a queste informazioni sultano prega ambasciatore di far pervenire personalmente a S.M. il re espressione della sua soddisfazione e gratitudine». Suppongo che questa comunicazione sia stata provocata da qualche colloquio confidenziale di VE. con Rescid bey. Cangia, munito delle mie istruzioni generali, si è limitato rispondere che S.M. imperiale poteva fare assegnamento sull'amicizia personale di S.M. il re e sul sincero desiderio del

R. Governo di vedere mantenuto lo statu quo nella penisola balcanica, ma che Governo ottomano doveva, dal canto suo, procedere, senza indugio, alla applicazione effettiva delle riforme raccomandate dalle Potenze, allo scopo di porre fine al malcontento delle popolazioni macedoni.

Debbo segnalare all'E. V. che da qualche giorno si manifestano a Palazzo apprensioni circa contegno dell'Austria-Ungheria nelle questioni balcaniche. Da fonte confidenziale mi viene riferito avere palazzo ricevuti rapporti, che segnalano presenza di emissari austriaci nel vilayet di Kossovo. Sublime Porta non condivide, però, interamente apprensioni del Palazzo. Non è da escludere che la notizia, riferita all'E.V. col mio rapporto riservato 51, del 16 corrente1 , proveniente dali' addetto militare di Serbia, sia stata portata a conoscenza Palazzo ed abbia contribuito a destarne i timori.

I 96 1 Non pubblicato.

197

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 444/42. Pera, 21 febbraio 1904, ore 14.

Generale De Giorgis desidera che io trasmetta all'E.V. seguenti suoi personali apprezzamenti circa atteggiamento degli ufficiali austriaci, russi e tedeschi nelle ultime sedute della Commissione: «Le reticenze e le riserve che, nelle ultime sedute della Commissione, costituirono il contegno dilatorio solidale ed evidentemente concertato degli ufficiali austro-ungarici, russi e tedeschi, in ordine al problema del riparto dei territorii fra ufficiali aggiunti delle diverse nazionalità secondo il punto secondo delle decisioni di Mtirzsteg, hanno indotto generale presidente nel convincimento che cotale, uniforme contegno è essenzialmente inspirato dall'intendimento, probabilmente comune alle tre Potenze, di impedire che ufficiali italiani, i quali eventualmente parteciperanno alla riforma, abbiano ad esplicare opera propria nelle regioni prossime alla Albania. Aggiunti francese e inglese sembrano invece favorevoli all'azione italiana in dette regioni». Riluttanza dell'Austria-Ungheria e della Russia che ci siano assegnate circoscrizioni limitrofe a regioni albanesi, è stata già da me segnalata alla E.V. col mio telegramma 26, del l Ocorrente'. Risposta evidentemente evasiva, datami, ancora jeri, dal mio collega di Austria-Ungheria, di cui è cenno nel mio telegramma 402 , mi fa ritenere che nostra domanda, per ottenere circoscrizione Monastir, non ha incontrato favorevole accoglienza a Vienna ed a Pietroburgo. Malgrado questo stato di cose, e salvo ordine contrario di V.E., credo dover mantenere istruzioni al colonnello Signorile di dichiarare, se necessario, che egli non è autorizzato ad accettare, quale circoscrizione assegnata agli ufficiali italiani, che quella di Monastir.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 325. Roma, 21 febbraio 1904, ore 21,50.

Il duca Avarna giungerà a Vienna mercoledì mattina. Egli reca, oltre alle lettere credenziali, una lettera tutta scritta di pugno di S.M. con la quale il nostro sovrano, accreditando per la prima volta un ambasciatore presso la Corte imperiale e reale ha voluto rivolgere all'imperatore, in termini molto affettuosi l'espressione dei suoi sentimenti personali.

2 T. riservato 439/40 del21 febbraio, non pubblicato.

197 1 Cfr. n. 166.

199

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 480/203. Parigi, 21 febbraio 1904 (perv. il 27).

Ringrazio V.E. di avermi fatto conoscere, con i suoi telegrammi del 12, 16 e 17 corrente 1 , la comunicazione degli Stati Uniti relativa alla neutralità della Cina, la risposta mandata da lei a Washington e le istruzioni impartite, in conformità della medesima, ai rr. rappresentanti a Pietroburgo, Tokio e Pechino2 .

Con il mio rapporto del 14 febbraio n. 408/1723 ho esposto quale è stata la mia azione presso questo Governo in ordine al suggerimento dato dai ministri d'Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna in Pechino ai rispettivi Governi per la neutralizzazione della zona occupata militarmente dalle forze internazionali nel Pechili. Non ho mancato di far notare, in quel rapporto, la nessuna premura dimostrata qui di rispondere ali 'invito nostro di concertarci in vista di tale comune interesse ed ho pure segnalata la riserva marcatissima, osservata dal signor Delcassé, nei suoi colloqui con me, circa la comunicazione degli Stati Uniti che, fino dal IO febbraio, giorno in cui fu fatta qui dal mio collega, il generale Porter, era da me conosciuta.

Il 17 di questo mese, nel corso della mia visita ebdomadaria al signor Delcassé, dissi a questo ministro degli affari esteri che, sebbene io non avessi ricevuto da lui alcuna risposta precisa alla mia comunicazione delli Il febbraio relativa alla neutralizzazione della zona occupata in Cina dalle forze internazionali, mi ero tuttavia spiegato tale silenzio dal fatto che il Governo di Washington con la sua comunicazione relativa alla neutralità della Cina, avea allargato la questione in guisa che, sotto certi rispetti, la proposizione dei ministri accreditati a Pechino poteva sembrare contenuta in quella degli Stati Uniti. Non mi soffermai a dimostrargli che fra le due proposizioni esistevano in realtà sostanziali differenze, poiché la neutralizzazione della zona occupata dalle forze internazionali costituirebbe un impegno che le Potenze che vi tengono presidio sarebbero sole a far rispettare, mentre la neutralità cinese è posta anzitutto sotto la salvaguardia della Cina stessa. Proseguii

2 Con T. 286 del 16 febbraio, non pubblicato.

3 Del R. 4081172 del 14 febbraio, si pubblica solo la parte finale: «in occasione delle sovraesposte comunicazioni avute con questo Governo, mi pare cosa da notare la estrema riserva con cui egli [Delcassé] è entrato ad esaminare i concetti relativi alla limitazione del campo delle operazioni guerresche quasi che egli temesse di pronunciarsi in un senso che potesse riuscire di imbarazzo o di danno ali' azione militare della Russia. Sarà forse opportuno tenere presente questa prima indicazione delle disposizioni nelle quali il Governo francese si trova poiché esse potrebbero essergli consigliate dal suo desiderio di praticare la neutralità benevola verso il suo alleato, ciò che lo metterebbe probabilmente in una situazione che non sarebbe quella degli altri Stati neutrali. Non ho ancora saputo se qui si pubblicherà un manifesto di neutralità. Pare che si desidererebbe farne a meno».

invece dicendo che dalle comunicazioni avute dal mio Governo risultava che l 'Italia avea risposto al Gabinetto di Washington essere essa disposta ad unirsi alle altre Potenze neutrali per raccomandare il rispetto della neutralità della Cina adoperando a tal fine una formala la quale, pur escludendo dalla dichiarazione di neutralità la Manciuria, dagli eventi guerreschi posta in condizioni speciali, non permettesse di argomentare che una menomazione del principio della sovranità cinese sovra quella regione sia da parte nostra riconosciuta. Non mi risultava che tale formala fosse stata da noi meglio precisata, né che altri l 'avesse cercata e proposta. Il signor Delcassé mi rispose poche cose, in termini mancanti di ogni precisione che bastavano però per indicare che la Francia avea essa pure aderito alla comunicazione degli Stati Uniti e conchiuse che già gli era stata rimessa una lunga dichiarazione di neutralità della Cina. Egli accennava evidentemente alla nota del 13 febbraio, rimessa a Tokio dal ministro cinese, ed al decreto imperiale della stessa data con cui tale neutralità è stata dichiarata a Pechino.

In un articolo pubblicato dal Temps, nel numero che porta la data di oggi e sotto la rubrica Propos diplomatiques, il signor Georges Villiers, articolista ufficioso del Ministero degli affari esteri, dà del negoziato relativo alla neutralizzazione del territorio occupato dalle forze internazionali ed alla neutralità cinese, una versione nella quale mi sembra vedere il deliberato proposito di mettere completamente in disparte l'Italia negli affari della Cina. Il suggerimento relativo alla neutralizzazione anzidetta sarebbe partito da Pechino in seguito ad una riunione dei rappresentanti degli Stati Uniti, della Francia, Germania e dell'Inghilterra e con l'assenso dei rappresentanti di Russia e del Giappone colà residenti. La comunicazione degli Stati Uniti relativa alla neutralità cinese sarebbe stata inviata soltanto a Londra, Parigi e Berlino. Le risposte concordanti dei tre Gabinetti sarebbero state espresse a Washington in questi termini: «La Cina sarà neutra a condizione che sia ben inteso che la Manciuria non è compresa, in ragione dello stato di guerra che vi esiste, nella neutralità e che questa per contro si applicherà alle concessioni estere, quella di Kiao-Tchéou alla Germania, Wéi-Hai-Wéi all'Inghilterra, Konan-Tchéou-Ouan alla Francia». II signor Hay avrebbe aderito alla interpretazione per tal guisa data alla sua comunicazione dal signor Delcassé, dal conte di Btilow e dal marchese di Lansdowne, trovando naturali le riserve da essi espresse le quali si riferiscono alla situazione speciale della Manciuria. Dopo di aver riferito come il Giappone e la Russia abbiano essi pure accettato la proposta del Governo degli Stati Uniti, il cronista politico del Temps esalta l'esito ottenuto in meno di dieci giorni e proclama che questo piccolo negoziato merita di essere considerato come un esempio che è desiderabile non venga perduto.

Se il racconto del giornalista ufficioso non collimasse con l'atteggiamento serbato dal signor Delcassé ogni volta che mi occorse di portare la mia conversazione con lui sovra questi affari, mi sarei astenuto dal sofferrnarrni così lungamente sovra un articolo di giornale. Né sarebbe nel proposito mio di lasciare, anche soltanto indirettamente, intendere qui eh 'io mi avveda della tendenza che ora, come nel 1894, si palesa, di voler considerare gli affari dell'Estremo Oriente come riservati, fra gli Stati europei, alla sola Francia, Russia e Germania. Si comprende che fin d'ora qui si valutino i vantaggi di una situazione nella quale i tre grandi Stati continentali europei si troverebbero riuniti di fronte all'Inghilterra isolata in Europa. Ma, dopo gli eventi che determinarono la chiusura della guerra cino-giapponese, gli affari di Cina reclamarono la nostra diretta azione ed in quell'Impero abbiamo interessi nostri e teniamo un presidio, cose tutte che ci fanno una situazione che non mi sembra possa essere disconosciuta da quegli stessi Stati che, in un momento di gravissima angoscia, non trovarono superfluo il concorso armato dell'Italia.

V.E. sarà molto meglio di me in grado di conoscere se il sospetto che nasce in me, del desiderio della Francia, probabilmente dettato da Pietroburgo, di limitare l'azione diplomatica, nella riaperta questione dell'Estremo Oriente, alle sole Potenze che vi ebbero una parte diretta nel 1894, abbia fondamento. A me preme di non trascurare l'indicazione dei sintomi che mi rivelano l'esistenza di tale proposito perché al Governo di Sua Maestà potrebbe interessare di prescrivermi fin d'ora il contegno che, a suo giudizio, meglio può convenirci per conservare, nella giusta misura degli interessi diretti ed indiretti nostri, la situazione che ci appartiene.

199 1 Si tratta dei telegrammi, non pubblicati, 250 del 12 febbraio, 279 del 16 febbraio e 285 sempre del 16 febbraio e non del 17.

200

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 445/44. Berlino, 22 febbraio 1904, ore 11 (perv. ore 11,50).

Corriere di Gabinetto, giunto jeri sera, mi ha rimesso lettera particolare di V.E. del 161• Farò col Biilow oggetto di una conversazione la prima parte relativa successione Pasetti; gli darò integrale lettura della seconda parte, e riferirò poi. Intanto mi sarebbe utile sapere se, di questa seconda parte, sia stato, in qualche modo, già fatto cenno a Vienna. Da quanto V.E. mi scrive, dovrei credere che non, ma per mia norma, nel parlare a Biilow, vorrei averne certezza.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. S.N. Roma, 22 febbraio 1904, ore 17,30.

Rispondo suo telegramma riservato del 191•

Le mie comunicazioni furono fatte all'E.V. per sua notizia. Ma ella è autorizzato a fame oggetto di confidenziale colloquio col marchese di Lansdowne alla prima occasione propizia. Quanto alla interrogazione che ella mi rivolge relativamente al

20 l 1 Non pubblicato, ma cfr. n. 191, nota 2.

sangiaccato di Novi Bazar debbo anzitutto richiamare sua attenzione sulle dichiarazioni del conte Goluchowski quali risultano dal telegramma del conte Nigra 26 aprile 19032 riprodotto nei Documenti Diplomatici n. 623 serie CVII. Da essi risulta come acquisito, per consenso dell'Austria medesima, che essa non estenderà la sua occupazione nel Sangiaccato che in caso di minaccia della frontiera da essa occupata e che ad ogni modo ciò non potrebbe avvenire che previa intesa con la Turchia e dandone notizia alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Ma prescindendo da ciò e considerando il merito della questione, è indubitato che in questo momento di così gravi preoccupazioni e mentre tutte le Potenze dichiarano di fare ogni sforzo per il mantenimento della pace in Europa, un tale fatto da parte dell'Austria sarebbe tale per i probabili effetti nella penisola balcanica e per l'impressione nella opinione pubblica europea, da poter essere germe delle più gravi conseguenze. Ritengo perciò che le altre Potenze debbano adoperarsi in ogni modo e con contegno fermo e preciso per impedire che tale eventualità si verifichi. Appena ella sarà in grado di farmi conoscere le idee di lord Lansdowne in proposito la prego telegrafarmi.

200 1 Cfr. n. 184.

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI 1

T. 341. Roma, 22febbraio 1904, ore 22,15.

In seguito alla decisione presa dalla Commissione presieduta dal generale De Giorgis di procedere al riordinamento della gendarmeria senza attribuire agli ufficiali stranieri comando effettivo, l'ambasciatore d'Austria a Costantinopoli ebbe occasione di accennare col marchese Malaspina alla possibilità che, data tale esclusione del comando effettivo, convenisse di non concentrare in ciascun distretto ufficiali della stessa nazionalità, ma di distribuirli nelle varie circoscrizioni. Pare a me che tale proposta, qualora non incontri difficoltà tecniche, sia politicamente preferibile anche perché evita possibili dispute fra le Potenze e toglie dinanzi alla Turchia ed alle popolazioni indigene il sospetto di mire politiche interessate. Voglia comunicare a codesto Governo questo mio punto di vista ed otteneme possibilmente l'adesione. Nel qual caso sarebbe opportuno che analoghe istruzioni fossero spedite a Costantinopoli.

202 1 Ed. con alcune varianti in LV l 04, p. 159.

20 l 2 Cfr. serie III, vol. VII, n. 454.

203

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 489/212. Parigi, 22 febbraio 1904 (perv. il 27).

Per norma del mio linguaggio e della mia azione, V.E. mi ha comunicato, con il telegramma del 20 corrente 1 , l'importante dichiarazione fattale da codesto ambasciatore di Francia circa la situazione nascente in Turchia dalla presente guerra russogiapponese. Che la Francia vedesse nella opposizione degli interessi dell'AustriaUngheria con quelli della Russia nelle questioni della Turchia europea, una guarentigia del mantenimento dello statu quo e che essa considerasse per questo motivo scevra di pericoli l 'azione dualista che i due Imperi si erano arrogata, è cosa che il signor Delcassé ebbe ripetutamente a dirmi e che non mancai di riferire a tempo debito. Ma il Governo francese fece ora dire a V.E. che egli, nella situazione presente, partecipa alle giuste preoccupazioni nostre, che non potrebbe mai consentire ad un'azione isolata dell'Austria-Ungheria nei Balcani; che considera che una più efficace affermazione dell'azione delle altre Potenze nel senso del controllo e del concerto europeo dovrà compensare la diminuita azione che d'ora innanzi, per necessità di cose, la Russia potesse esercitare e che infine non dubita che l 'Italia si associerebbe a quest'ordine di idee e di azione.

Io stava appunto dirigendo la mia attenzione sovra la possibilità che la Francia cercasse di sostituirsi in qualche modo alla Russia, troppo occupata altrove, nella azione destinata a controbilanciare l'Austria-Ungheria nell'Oriente ottomano ed a preservarne gl'interessi nella misura dello statu quo, quando mi pervenne la comunicazione importantissima di V.E., della quale stimai poter fare un cenno, senza entrare né nei particolari, né nel merito di essa, con il signor Delcassé da me incontrato quel giorno stesso. Questo ministro però mi rispose ch'egli avea soltanto fatto rispondere dal signor Barrère a certe domande che V.E. gli avea fatte fare per lo stesso tramite e non nascondendo la sorpresa per l'importanza che gli pareva fosse da me attribuita alla cosa, si affrettò a dire che tutto ciò che egli sapeva delle intenzioni della Russia escludevano affatto che questa volesse rallentare la sua azione con l' Austria-Ungheria nelle questioni della Turchia europea e che dai rapporti pervenutigli recentemente risultava che l'esperimento della introduzione delle riforme avea in questo momento probabilità di riuscita maggiori che in passato. Né le circostanze di luogo e tempo, né l'indole di questa risposta mi avrebbero permesso di spingere il signor Delcassé a manifestarmi più chiaramente il suo pensiero. Mi limito pertanto a far conoscere con scrupolosa esattezza ciò che egli mi ha detto in proposito della dichiarazione sovra riferita perché, nelle presenti condizioni della politica internazionale, occorre più che mai che il valore di ogni comunicazione sia precisato.

Fino a questi ultimi tempi ebbi spesse volte l'impressione che l'ottimismo abituale del signor Delcassé nascondesse più che altro il suo desiderio di non manifestare la sua opinione sovra prevedibili eventualità. Non saprei se questa mia impressione sarebbe giusta applicandola ora al suo modo di prevedere gli eventi di Macedonia. Mi pare però di non cadere in errore nel credere che in questi affari, come in ogni altro, l'attuale ministro degli affari esteri metterà ogni suo studio ad assecondare le vedute e gli interessi della Russia dalla quale mi sembra imprevedibile che si possa aspettare una dichiarazione d'impotenza a controbilanciare l'azione austroungherese nei Balcani. Eppure, in fatto, ciò può prodursi ed avere conseguenze contro le quali non potremmo aspettare a premunirei in presenza di atti, o di fatti compiuti. L'Austria-Ungheria ha dal Trattato di Berlino dei diritti d'occupazione; essa potrebbe agire per mandato da sola, o con la Russia; né i pretesti le mancherebbero per un'azione alla quale si fosse preparata e decisa. Ma il concorso dato da tutte le Potenze garanti alla costituzione della forza di polizia in Macedonia pare avere quasi il carattere di un intervento comune delle medesime e, sotto questo rispetto, contiene un germe non trascurabile. Benché io mi permetta di notare qui questi vari punti che meritano la nostra osservazione, non dubiti V.E. che io voglia intempestivamente fame il soggetto qui di scambi di idee che da lei non mi siano ordinati. Le circostanze attuali delicatissime richiedono qui certamente che l'osservazione si faccia sempre più intensa, ma che l'azione sia strettamente collegata con quella che il Governo del re sarà per prescrivere.

203 1 Cfr. n. 192.

204

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 461/45. Berlino, 23 febbraio 1904, ore 21,55 (perv. ore 8 del 24).

Biilow si occuperà personalmente oggetto lettera Monts e lettera particolare dell'E.V. a me diretta il 16 corrente1 che gli ho comunicata. Questo Governo non teme che l'accordo russo-austriaco possa andare oltre mantenimento statu quo nei Balcani, ma dà naturalmente somma importanza nostre relazioni con l'Austria e Biilow sarà lieto secondare, nella misura del possibile, politica di V. E. verso l'Austria. A solenne conferma di questa politica feci valere fatto lettera autografa diretta all'imperatore d'Austria-Ungheria in occasione nomina Avama a Vienna. Circa nomina conte Liitzow a Roma credo che, allo stato delle cose, sia meglio non fare obiezioni e questo è anche il parere di questo Governo, tanto più che ricusando gradimento si farebbe cosa molto sgradita al conte Goluchowski, di cui conte Liitzow fu fino ad ora collaboratore al Ballplatz.

204 1 Cfr. n. 184.

205

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

Roma, 23 febbraio 1904.

Oggi ebbi a palazzo Caffarelli un lungo colloquio confidenziale con l'ambasciatore d'Austria-Ungheria alla presenza dell'ambasciatore di Germania.

Come risultato di tale colloquio fu convenuto il testo, qui dentro unito, d'una lettera che il barone Pasetti invierà domani al conte Goluchowski.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, GOLUCHOWSKI

L. ... febbraio 19041•

Ho avuto l'onore di avere un colloquio confidenziale con S.E. il ministro Tittoni in presenza di S.E. l'ambasciatore di Germania. Il ministro accennò alle preoccupazioni che esistono tanto nell'opinione pubblica in Italia che nel Governo reale di faccia alla situazione nella penisola balcanica ed alla circostanza che la Russia si trova impegnata nell'Estremo Oriente.

Il Governo italiano è desideroso di ristabilire nei rapporti tra l'Italia e l'Austria-Ungheria la stessa armonia e fiducia di prima e quale tuttora regna tra l'Italia e la Germania. In questa idea il ministro Tittoni vorrebbe eliminare tutti gli elementi di possibile malinteso assicurando da parte sua di fronteggiare qualunque movimento della minoranza irredentista e prevenire in pari tempo tutto ciò che potrebbe destare irrequietezza in Italia.

Ciò si riferisce alla situazione nei Balcani e cioè alla preoccupazione che l'Austria-Ungheria possa contro il suo volere essere trascinata dagli avvenimenti ad intervenire colle armi. Il ministro Tittoni persuaso della lealtà della politica austriaca sarebbe lieto di aver in argomento un colloquio con S.E. il conte Goluchowski ritenendo che tale colloquio produrrebbe nell'opinione pubblica europea la più favorevole e tranquillante impressione e permetterebbe a lui di fare in seguito al Parlamento italiano dichiarazioni tali da rassicurare completamente i più diffidenti e togliere in Italia un pretesto di agitazione agli avversari dell 'alleanza con l'Austria.

Il ministro Tittoni, desideroso di affermare la Triplice Alleanza quale base della politica italiana in tutte le manifestazioni, vorrebbe che Austria, Germania e Italia fossero d'accordo nella questione più importante che interessa in questo momento l'Europa.

Egli parte dal punto di vista del mantenimento dello status quo nella penisola balcanica e vorrebbe in ogni caso che l'azione militare dell'Austria-Ungheria oltre le sue frontiere fosse preceduta da uno scambio d'idee colla Germania e coll'Italia.

Ciò non sarebbe in contrasto coll'intesa austro-russa riguardo alle riforme, alla quale l'Italia ha prestato e continuerà a prestare il maggior appoggio. Il compito di queste riforme è di mantenere la pace nei Balcani mediante provvedimenti d'indole amministrativa.

Il ministro Tittoni vorrebbe che Austria, Germania e Italia s'intendessero pel caso ove eventualmente si rendesse necessaria un'azione politica al di là del contenuto dei trattati e delle note scambiate circa l'Albania le quali naturalmente rimangono ferme e di pieno effetto.

205 1 Manca l'indicazione del giorno di partenza.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 350. Roma, 24 febbraio 1904, ore 14,5 5.

A complemento delle istruzioni da me verbalmente date alla E.V. mi affretto a comunicarle che ieri ebbi un lungo e importante colloquio confidenziale coll'ambasciatore d'Austria in presenza de li' ambasciatore di Germania relativamente ali' attuale situazione in rapporto con la penisola balcanica. Come risultato di tale colloquio, fu convenuto il testo di una lettera che il barone Pasetti invierà oggi stesso al conte Goluchowski1• Tale lettera contiene il riassunto delle dichiarazioni da me fatte durante il colloquio, e le quali vengono riassunte così: «Le preoccupazioni anzitutto destate in Italia dalla attuale situazione politica, e il mio desiderio d'eliminare ogni malinteso nei rapporti nostri con l'Austria. Mentre, a tale scopo, il Governo italiano assume impegno di fronteggiare ogni movimento irredentista e di prevenime le occasioni, è necessario dall'altro canto di dissipare le presenti preoccupazioni per l'eventualità d'una azione alla quale l'Austria contro sua volontà si trovasse trascinata nei Balcani. Gioverebbe a tale fine un mio colloquio col conte Goluchowski il quale colloquio rassicurerebbe l'opinione pubblica europea e darebbe modo a me di fare poscia al Parlamento tranquillanti dichiarazioni. Punti fondamentali del colloquio dovrebbero essere il mantenimento dello status quo, e che in ogni caso l'azione militare dell'Austria-Ungheria oltre le sue frontiere fosse preceduta da uno scambio d'idee con la Germania e coll'Italia. Ciò non sarebbe in contrasto con l'intesa austro-russa la quale è diretta a mantenere la pace nei Balcani mediante provvedimenti amministrativi. Le tre Potenze alleate rendendo così sempre più pratica e salda l'alleanza dovrebbero intendersi pel caso in cui si rendesse necessaria un'azione politica al di là dei trattati e delle note scambiate circa l'Albania le quali naturalmente rimangono ferme e di pieno effetto». Questa comunicazione ho voluto fare a V.E. per sua norma.

206 1 Cfr. n. 205.

207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO 351. Roma, 24febbraio 1904, ore 16,15.

Facendo seguito alla mia lettera confidenziale1 mi affretto a comunicarle che ieri ebbi un lungo ed importante colloquio confidenziale con l'ambasciatore d'Austria in presenza dell'ambasciatore di Germania, relativamente all'attuale situazione in rapporto con la questione balcanica. Come risultato di tale colloquio fu convenuto il testo d'una lettera che il barone Pasetti invierà oggi stesso al conte GoluchowskF. Tale lettera contiene il riassunto delle dichiarazioni da me fatte durante il colloquio, e le quali vengono riassunte così. (Riprodurre il telegramma n. 350 fra i due segni rossi)3 . Questa comunicazione ho voluto fare alla E.V. perché ne informi confidenzialmente il conte Btilow.

208

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 469. Londra, 24 febbraio 1904, ore 19,50 (perv. ore 6,50 del 25).

Ho avuto oggi occasione di intrattenere marchese Lansdowne sull'argomento della lettera di V.E. del 16 1• Sua Signoria mi ha confermato essere interamente d'accordo con V.E. sul principio che, qualora l'aggravata situazione in Macedonia divenisse tale da esigere un qualsiasi intervento esteriore in quei territorii, ciò non si potrà verificare per iniziativa isolata di alcuna Potenza, ma soltanto col previo assenso e concorso di tutti i firmatari del Trattato di Berlino. Sua Signoria ammise pure che, in previsione di ogni possibile eventualità contraria, vi era luogo ad uno scambio di idee fra l'Inghilterra e l'Italia, aggiungendo essere desiderabile che vi partecipasse la Francia. Marchese Lansdowne essendosi limitato a codeste dichiarazioni generiche, non ho creduto opportuno di entrare per ora con lui in un esame più preciso delle diverse eventualità in questione, o misure concrete da contemplarsi. Mi riservo fare ciò, all'occorrenza, dietro le ulteriori istruzioni di V.E. riferendomi mia lettera particolare inviatale 19 andante per corriere2•

2 Cfr. n. 205, Allegato.

3 Cfr. n. 206. I segni rossi indicano la parole da «le preoccupazioni» a «norma».

2 Cfr. n. 191.

207 1 Cfr. n. 184.

208 1 Cfr. n. 185.

209

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 484/2. Vienna, 25 febbraio 1904, ore 9,35.

Ho rimesso oggi imperatore lettera autografa S.M. il re. Sua Maestà mi ha fatto benevola accoglienza e, ricordando precedente mia dimora Vienna, ha espresso piacere rivedermi capitale. Gli ho manifestato sentimenti sincera amicizia S.M. il re e vivo suo desiderio rinforzare e rendere più intimi legami due Corti. Gli ho fatto conoscere fermo proposito R. Governo mantenere salda alleanza e eliminare ogni malinteso atto offuscare nostri rapporti che desiderava riposassero reciproca fiducia. Sua Maestà si è espressa nel modo più amabile per il re, mi ha incaricato ringraziarlo sua lettera e fargli pervenire espressione migliori suoi sentimenti. Mi ha detto essere parimenti suo sincero desiderio rendere più intimi rapporti due Corti come due Governi, e che miglior via raggiungere intento consisteva parlarsi intera franchezza, per scartare tutti i malintesi. Ha avuto parole molto benevole per S.E. Nigra, rilevando opera, profittevole due Paesi, esercitata, durante sua missione, di cui eragli riconoscente. Si è compiaciuto presenza Governo VE. e S.E. Giolitti, ricordando sua energia. Si è intrattenuto quindi affari Balcani, manifestando voto che situazione possa migliorare, come facevano sperare assicurazione Bulgaria. Ha accennato, con elogi, esperienza fatta nostra gendarmeria Creta, ciò che avevalo spinto iniziativa per affidare comando gendarmeria Macedonia ufficiale italiano. Non si dissimulava però difficoltà che sua istituzione avrebbe incontrato, ma che queste come le altre che fossero sorte, potevano essere rimosse mercé buona volontà comune.

Discorso imperatore è stato lungo, dimostrativo lasciando in me impressione suo sincero desiderio consolidare, rendere più intimi rapporti due Governi 1 .

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO S.N. Roma, 25 febbraio 1904, ore 16.

VE. conosce mercé i miei precedenti telegrammi, lo scambio d'idee che, circa l'atteggiamento dell'Austria-Ungheria e della Russia nei Balcani, io ebbi con l'ambasciatore di Francia, e la comunicazione che ne diedi a codesto Gabinetto esprimendo l'avviso che l'azione dell'Italia e della Francia a Vienna e a Pietroburgo avrebbe avuto

maggiore probabilità di riuscita mercé l'appoggio dell'Inghilterra. L'ambasciatore britannico mi ha ora comunicato nei seguenti termini la risposta di lord Lansdowne 1• «Il Governo britannico è pronto ad appoggiare la politica suggerita dal ministro italiano dagli affari esteri, ed ha già significato ai Governi di Francia e d'Italia che, nella opinione del Governo di S.M. britannica, se la situazione nei Balcani dovesse subire un mutamento in peggio, diverrebbe inevitabile l'intervento delle Potenze contraenti del Trattato di Berlino. In tale eventualità la Gran Bretagna sarebbe pronta a prendere parte ad una conferenza o congresso, ma prima di aderire ad un tale procedimento, il Governo di S.M. britannica, considera che sarebbe necessario di addivenire, ad ogni buon fine, ad una intesa con talune tra le Potenze interessate alla politica da far prevalere. Discussioni non formali che lord Lansdowne ebbe con l'ambasciatore di Francia in Londra lo portano a supporre che sarebbe accettabile da parte del Governo francese la seguente soluzione che il Governo di S.M. britannica sarebbe pronto a proporre se chiaramente apparisse che il progetto favorito dalla Russia e dall'Austria-Ungheria è destinato a fallire. Tale soluzione sarebbe che la Macedonia diventi una provincia autonoma dell'Impero turco sotto un governatore da nominarsi dal sultano per il termine di un certo numero d'anni sopra raccomandazione delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, o che vi sia una forma di controllo internazionale sulle finanze della provincia. Il Governo di S.M. britannica annette grande importanza ad una azione, in tempo utile, per guisa che possa avere l'effetto di scongiurare una guerra, e sarà lieto di cooperare a tal fine col Governo italiano». Ho ringraziato l'ambasciatore per la sua importante comunicazione, dichiarandogli che il Governo del re accetta interamente i concetti messi innanzi da lord Lansdowne. Reco anche a sua notizia che ambasciatore Barrère mi ha informato da parte di Delcassé che Governo francese ha subito iniziato pratiche con Governo russo propugnando programma su cui Governo francese è perfettamente d'accordo con Inghilterra e Italia2 .

209 1 Con R. 233/6 del 27 febbraio, non pubblicato, A varna riferì che analoghe dichiarazioni l'imperatore aveva fatto il giorno 26 in occasione della presentazione delle sue credenziali.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, BORGHESE

D. 9477/20. Roma, 25 febbraio 1904.

Segno ricevuta e ringrazio la S.V. per il rapporto in data 9 corrente n. 361 , nel quale ella mi riferisce il colloquio da lei avuto con codesto presidente del Consiglio intorno ai rapporti di codesto Principato colla Turchia ed intorno alle accuse che codesto Governo muove alla Sublime Porta, la quale provocherebbe alla guerra mentre il Governo bulgaro starebbe bensì armandosi, ma solo come misura precauzionale desiderando la pace.

21 O1 Con promemoria del 24 febbraio, che non si pubblica. 2 La versione di Barrère in DDF, II serie, t. IV, n. 315. 211 1 È il rapporto confidenziale 84/36 che non si pubblica.

Mi compiaccio, in ogni modo, delle dichiarazioni fattele da codesto presidente del Consiglio circa il suo fermo proposito di attenersi ad una linea di condotta pacifica e altamente corretta.

E la S.V. vorrà in ogni propizia occasione, tenere in termini amichevoli tale linguaggio che lo confermi in così savì ed opportuni propositi.

212

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 205/2. Vienna, 25 febbraio 1904 (perv. il 29).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che giunsi in Vienna il24 corrente. Nella giornata mi recai da SE. il ministro i. e r. degli affari esteri a cui rimisi la copia delle lettere reali che mi accreditano in qualità d'ambasciatore straordinario e plenipotenziario di

S.M. il re presso S.M. l'imperatore, nonché copia di quelle che pongono fine alla missione di SE. il conte Nigra.

Il conte Goluchowski mi fece la migliore accoglienza e ricordò gli amichevoli rapporti da me avuti con esso allorquando era suo collega a Parigi. S.E. mi notificò poscia che S.M. l'imperatore mi avrebbe ricevuto il giorno dopo in udienza solenne.

Nella conversazione che ebbi col conte Goluchowski 1 l'informai anzi tutto che

S.M. il re volendo dare alla missione che erasi compiaciuto affidarmi un carattere speciale mi aveva incaricato di rimettere nelle mani di S.M. l'imperatore una sua lettera autografa, di cui gli riferii la sostanza.

Feci quindi conoscere al conte Goluchowski, in conformità delle istruzioni impartitemi dalla E.V., il fermo proposito del R. Governo di mantenere salda l'alleanza che unisce l'Italia all'Austria-Ungheria e di rinforzare e rendere sempre più intimi i reciproci rapporti. Ricordai le dichiarazioni fatte dali' E.V. al Parlamento italiano e l'assicurai che il R. Governo condannava ogni manifestazione irredentista ed era risoluto ad impedirla e reprimerla, come ad eliminare ogni malinteso che potesse offuscare le nostre relazioni, che era suo sincero desiderio riposassero sopra una mutua fiducia. Rappresentai ad un tempo l'interesse che avevano i due Governi di scambiare le loro idee nelle questioni che stavano loro più a cuore per camminare d'accordo alfine di cooperare al mantenimento della pace ed all'armonia dei rispettivi interessi.

Nel fare appello alla sua fiducia a cui avremmo corrisposto con pari fiducia, gli feci conoscere che io mi sarei adoperato colla maggiore premura ad eseguire le istruzioni impartitemi dal R. Governo in tal senso e che tutti i miei sforzi sarebbero stati diretti per raggiungere l'intento, ma che questi non avrebbero potuto avere il desiderato effetto se non fossero sostenuti dalla benevolenza del Governo i. e r. e manifestai la speranza che essa non mi sarebbe venuta meno nell'adempimento della mia missione.

Il conte Goluchowski mi rispose2 che il Governo i. e r. era animato da eguali sentimenti verso il R. Governo e che alla sua volta si sarebbe adoperato nello stesso senso perché i reciproci rapporti fossero ispirati alla massima fiducia, che era richiesta dall'alleanza che univa i due Governi. Aggiunse che desiderando parlarmi colla maggiore franchezza non credeva potermi celare la penosa impressione che avevano prodotto in esso le manifestazioni irredentiste avvenute durante il Gabinetto precedente, circa le quali non aveva voluto fare allora accenno alcuno al R. Governo, ma che queste non avevano intaccate le relazioni delle due Corti e dei due Governi, che erano rimaste sempre corrette.

Si congratulò meco della presenza al Governo di SE. l'onorevole Giolitti, di cui era gli nota l'energia e di vedere VE. alla direzione del Ministero degli affari esteri.

Venne quindi a parlarmi delle notizie divulgate da certa stampa italiana circa i pretesi armamenti de li' Austria-Ungheria, che affermò essere del tutto infondate, in vista di un'occupazione dell'Albania e della Macedonia e mi dichiarò spontaneamente che la politica del Governo i. e r. non aveva alcuno scopo di espansione, né era suo desiderio di far conquiste nei Balcani, perché contrarie ai veri interessi della Monarchia, alle stipulazioni del Trattato di Berlino e susciterebbero un conflitto coli 'Italia non solo, bensì colla Russia. L'Austria-Ungheria non desiderava occupare l'Albania, né cercava farvi propaganda non avendo altro intento che lo sviluppo morale e materiale di quella regione, ma non voleva ad un tempo che fosse occupata dall'Italia e che questa si adoperasse ad italianizzarla, come aveva fatto conoscere nel tempo a SE. il marchese Visconti Venosta ed al mio predecessore.

A più riprese aveva fatto dichiarazioni esplicite al riguardo, né comprendeva come da taluni si persistesse a non prestarvi fede. Ma non credeva che il R. Governo dubitasse della lealtà del Governo i. e r. e della ferma sua intenzione di mantenere fedelmente gli impegni presi. Mi pregò quindi di dichiarare all'E.V. nel modo più formale che l'Austria-Ungheria non aveva alcuna intenzione di occupare l'Albania, né la Macedonia e che se circostanze impreviste, che credeva non avverrebbero, l'avessero costretta ad una azione non avrebbe mancato, prima di intraprenderla, di intendersi col

R. Governo, come avrebbe dovuto anzitutto intendersi colla Russia in forza dell 'accordo presente, nonché quindi colle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Per quanto però riguardava l'occupazione di Novi-Bazar e Mitrowitza essa era una questione riservata dal trattato stesso ai Governi d'Austria-Ungheria e Turchia.

Nel corso della conversazione manifestai il desiderio del R. Governo di mantenersi in costante scambio di idee col Governo i. e r. rispetto all'applicazione delle riforme in Macedonia ed ai provvedimenti ulteriori che sarebbero per essere progettati circa un cambiamento nello statu quo dei Balcani, come era del resto stabilito negli accordi presi tra i due Governi ed essendo l'Italia dopo l'Austria-Ungheria e la Russia, la Potenza più interessata nelle quistioni balcaniche.

Al che il conte Goluchowski replicò che esso non avrebbe mancato di farlo, ma che, in forza dell'accordo con la Russia, avrebbe dovuto intendersi anzitutto col Governo i. e quindi anche colle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Ricordò a tale proposito che la scelta di un generale italiano come comandante della

gendarmeria in Macedonia era dovuta all'iniziativa dell'imperatore, che aveva voluto dare una prova della sua fiducia al R. Governo.

Accennando alla situazione nei Balcani, il conte Goluchowski mi disse che essa sembrava migliorarsi e che le assicurazioni date dalla Bulgaria facevano sperare che non avrebbe preso occasione dalla guerra russo-giapponese per favorire i comitati rivoluzionari e manifestò la fiducia che l'applicazione delle riforme e specialmente l'istituzione della gendarmeria avrebbero condotto gradatamente alla pacificazione della penisola.

Il linguaggio del conte Goluchowski in questa prima conversazione mi sembrò improntato ad un carattere di grande franchezza ed al desiderio sincero di mantenere e rendere più intimi i rapporti tra i due Governi3•

212 1 Con T. 473 del24, non pubblicato, A varna aveva già trasmesso un più succinto resoconto del suo colloquio con Goluchowski.

212 2 Le dichiarazioni di Goluchowski furono trasmesse da Tittoni a Pansa con T. riservato 386 del 28 febbraio, non pubblicato.

213

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 110/39. Belgrado, 26 febbraio 1904 (perv. il 29).

Le due correnti già da me segnalate a V.E. con precedenti rapporti, continuano ad accentuarsi in Serbia. Da una parte un risveglio di russofilia, che si è manifestato in servizii divini per la vittoria delle armi russe con intervento dei principi e del Governo, indirizzi votati dalla Skupstina allo tzar e la partenza del principe Arsenio, fratello del re, per riprendere servizio nell'esercito russo. Dall'altra un inasprimento degli attacchi contro l'Austria in tutti i giornali, compreso l'organo del Governo. Trasmetto come esempio le traduzioni di alcuni di questi articoli de li'ufficioso Samouprava dove si accusa fortemente l'Austria di intendimenti aggressivi. Articoli sullo stesso tuono e più violenti pubblicano i giornali minori.

Concomitante a questa azione della stampa serba è quella del signor Balugdjitch corrispondente esclusivo qui della Neue Freie Presse, del Die Zeit e del Pester Lloyd il quale trasmette regolarmente telegrammi d'indole allarmante a' suoi giornali. Così la notizia che l'Austria avesse ordinato d'inviare nel Danubio dei monitori, sembra sia di sua esclusiva fabbricazione. Il signor Balugdjitch alla sua professione di corrispondente di giornali esteri cumula quella di segretario particolare di S. M. il re e di capo dell'ufficio della stampa al Ministero degli affari esteri.

Questa intonazione aggressiva verso l'Austria viene pertanto indubbiamente dal Governo; e perciò non è inutile ricercarne il movente.

Ora, per quanto sia in parte comprensibile il timore della Serbia che l'Austria avanzi nei Balcani, e per quanto non possa disconoscersi che il momento sia dei più delicati poiché lo status quo dei Balcani ora riposa presso che esclusivamente sulla lealtà dell' Austria, non può essere nell'interesse serbo di punzecchiare con così viva insistenza il suo potente vicino ed inasprire inutilmente rapporti già per se stessi tesi. Io sono venuto, dopo

un attento esame della situazione, alla conclusione che cause di carattere interno siano il vero movente di questa esagerata campagna antiaustriaca. Il Governo serbo cerca di suonare l'allarme in primo luogo per attirare l'attenzione delle Potenze sul Paese e spingerle a rinviare i loro ministri a Belgrado, accontentandosi per la questione degli ufficiali di una soluzione qualsiasi che assicuri il predominio del partito dei cospiratori a Corte.

Un secondo movente è quello di indurre la Skupstina, composta di rappresentanti rurali contrarì a nuove imposte, a votare progetti d'ordine militare per l'importo di parecchi milioni: intento nel quale pare sieno riesciti.

E finalmente per produrre un sentimento antiaustriaco profondo abbastanza per assicurare una base sempre più larga al partito radicale di tendenza russofila, ed allontanare la possibile formazione di un gruppo che assuma come programma politico l 'inaugurazione di rapporti amichevoli con l'Austria, indirizzo che già altra volta ha qui avuto il predominio.

Per quanto poca importanza abbia in Europa la stampa serba, la sua insistenza in questo tuono aggressivo non è completamente scevra di pericoli, e ripercuotendosi altrove può essere non senza influenza sui circoli politici e finanziarì già resi nervosi dalla guerra dell'Estremo Oriente e dalla situazione balcanica.

Ho però creduto non inutile tenerne discorso ali' E.V. 1

212 3 Non si pubblica il R. 206/3 del 25 febbraio, col quale A varna riferiva la buona impressione espressagli da Goluchowski sull'atteggiamento pacifico della Bulgaria.

214

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 511. Londra, 27 febbraio 1904, ore 7,40 (perv. ore 6,50 del 28).

Sulla base del telegramma di V. E. di ieri 1 , ho avuto una conversazione confidenziale con questo ambasciatore di Francia, il quale ha confermato, in termini analoghi, lo scambio di idee avvenuto fra lui ed il marchese Lansdowne sulle eventuali riforme da consigliarsi per la Macedonia. ll signor Cambon è ora di ritorno da Parigi, ove egli ebbe a trattenerne il signor Delcassé. Questi si sarebbe infatti dimostrato favorevole, in massima, ad una soluzione nel senso accennato, insistendo però sulla convenienza di non procedere a passi prematuri fino a che non risulti certamente l'insuccesso dell'azione attualmente in corso secondo il progetto austro-russo. Il signor Cambon mi ha detto avere ciò comunicato al marchese Lansdowne.

213 1 In relazione ai rapporti austro-serbi, si pubblicano qui due passi del R. 402/112 da Vienna del 18 marzo 1904, di A varna: «Avuto riguardo alla situazione in cui si trova la Serbia di fronte all'Austria-Ungheria è intàtti nel suo interesse mantenere i migliori rapporti con essa e di non provocare complicazioni coi Balcani giacché una azione qualsiasi, che fosse per esercitare in vista di realizzare le proprie aspirazioni nella vecchia Serbia o ostacolare l'opera della riforma col favorire le bande rivoluzionarie, non potrebbe che ridondare a suo danno e fornire forse l'occasione al Governo imperiale e reale di procedere ad una occupazione del sangiaccato di Novi Bazar al fine di tutelare i suoi interessi ... L'Austria-Ungheria non si fa illusione alcuna circa i sentimenti di cui è animata a suo riguardo la Serbia. Essa non ignora infatti che l'opinione del partito radicale che le è recisamente avverso è divisa dalla generalità della popolazione del vicino Regno».

214 1 Cfr.n.210.

215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 384. Roma, 27febbraio 1904, ore 19.

In questo momento le due delegazioni hanno felicemente condotto a termine il loro lavoro con pieno e soddisfacente accordo su tutti i punti. Prego V.E. manifestarne a codesto Governo il nostro vivo compiacimento, con la sicura fiducia che il nuovo patto giovi a sempre meglio raffermare i rapporti di alleanza e di intima amicizia tra i due Paesi.

216

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 507/4. Vienna, 27 febbraio 1904, ore 19,25 (perv. ore 6,50 del 28).

Ambasciatore di Germania mi ha assicurato non essere esatta designazione conte Uitzow a Roma dovuta desiderio imperatore seguire politica più energica verso Italia né risultargli avere S.M. intenzione seguire tale linea di condotta. Partenza Pasetti motivata unicamente ragioni salute di lui, vivamente lamentata imperatore e conte Goluchowsky che avevano fatto insistenze personali indurlo restare Roma; designazione conte Liitzow avvenuta in forza diritto spettante primo capo sezione divenire titolare prima ambasciata vacante, e al non aver potuto essere nominato Londra note ragioni, ha negato essere egli ostile Italia e professare opinioni più clericali che maggioranza aristocrazia. Conte Liitzow, venuto a vedermi, si è dimostrato animato migliori sentimenti, e dichiarato si adopererà maggiore premura rendere più intimi nostri rapporti e farli riposare reciproca fiducia. Segue rapporto 1•

217

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VI ENNA, AVARNA

T. RISERVATO 385. Roma, 27 febbraio 1904, ore 2 3.

Ho riferito a S.M. il re, che li ha molto graditi i sentimenti a suo riguardo espressi per mezzo dell'E.V. da S.M. l'imperatore 1 . Le aggiungo poi che ho preso nota con soddisfazione delle rassicuranti dichiarazioni a lei fatte da S.M. l'imperatore

e dal conte Goluchowski2 . Quanto al sangiaccato di Novi Bazar, non contesto che la questione dal punto di vista giuridico sia così come il conte Goluchowski la pone. Ma confido d'altra parte che l'Austria facilmente comprenderà come l'attuale momento sarebbe il meno adatto per far uso della facoltà che il Trattato di Berlino le consente, e quale grave turbamento potrebbe determinare oggi tale fatto nella opinione pubblica europea. Del resto mi rassicurano anche a tale riguardo le dichiarazioni fatte l'anno scorso dal conte Nigra al conte Goluchowski medesimo quali risultano dal documento diplomatico n. 623 3 , serie CVII, e delle quali il R. Governo ha preso atto. Pertanto di fronte alle dichiarazioni rassicuranti di codesto Governo le quali mi vengono confermate anche da altre parti, ed essendo state presentate alla Camera delle interrogazioni che non posso indefinitamente rinviare, prevedo che non potrò sottrarmi dal fare dal canto mio qualche pubblica dichiarazione. In tale previsione se il conte Goluchowski entrasse nell'idea di un colloquio con me, sarebbe opportuno che esso avesse luogo sollecitamente. Questo le dico non per darle istruzioni di interpellare su ciò il conte Goluchowski, ma soltanto perché, presentandosene l'occasione e portando accademicamente i l discorso sull'argomento, ella sappia d'essere autorizzato ad entrare senz'altro in accordi concreti, nel senso che quanto all'epoca, gioverebbe a mio avviso che essa fosse quanto più prossima è possibile e quanto al luogo, anche in considerazione che il conte Goluchowski è venuto altra volta in Italia, volentieri verrei io in Austria, in una città intermedia che potrebb'essere per esempio Gratz, Salisburgo o Klagenfurt.

216 1 Si tratta del R. riservato 241/14, pari data, che non si pubblica in quanto analogo al seguente telegramma. Sulla conversazione con Avarna, avvenuta il giorno 26, Wedel aveva riferito lo stesso giorno, cfr. GP, vol XVIII/2, n. 5794.

217 1 Cfr. n. 209.

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 386. Roma, 27 febbraio 1904, ore 24.

Comunico a V.E. per sua notizia che il conte Goluchowski, nel suo primo colloquio col duca Avarna, gli ha ... (V. telegr. in arrivo da Vienna, n. 473)1•

Per Berlino: Per ciò che riguarda il sangiaccato di Novi Bazar, ho risposto al duca Avarna2 che il R. Governo non contesta che la questione dal punto di vista giuridico sia così come il conte Goluchowski la pone, ma confida che l'Austria facilmente comprenderà come l'attuale momento sarebbe il meno adatto per fare uso della facoltà che il Trattato di Berlino accorda, e quale grave turbamento potrebbe determinare oggi tale fatto nella opinione pubblica europea. Ho soggiunto che mi rassicuravano anche a tale riguardo le dichiarazioni fatte l'anno scorso dal conte Nigra al conte Goluchowski, quali risultano dal documento diplomatico n. 623, serie CVJJ3, e delle quali il R. Governo ha preso atto.

1 Cfr. serie lll, vol. VII, n. 454.

2 Cfr. n. 217.

1 Cfr. serie lll, vol. VII, n. 454.

217 2 Cfr. n. 212.

218 1 Cfr. n. 212, nota l.

219

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 242/15. Vienna, 27 febbraio 1904 (perv. il 3 marzo).

Nel colloquio che ebbi ieri coli 'ambasciatore di Germania egli venne a parlarmi spontaneamente, in via confidenziale, dei nostri rapporti coli'Austria-Ungheria ed accennò a questo proposito alla persuasione in cui sembrava essere una parte della stampa italiana, secondo la quale il Governo i. e r. avrebbe l'intenzione d'occupare la Macedonia e l'Albania. Affermò che tale persuasione era, a suo convincimento, del tutto erronea, giacché l'Austria-Ungheria non aveva alcuna velleità di fare conquiste ed era anzi tutto intesa a mantenere, nell'interesse stesso della Monarchia, lo statu quo territoriale nelle sue adiacenze.

Ma se eventi imprevisti la forzassero, contrariamente alla sua volontà, a passare la frontiera, essa si restringerebbe ad aumentare le guarnigioni che teneva attualmente a Plevhes e a Priepolie, nel sangiaccato di Novi Bazar, per tutelare con forze sufficienti il territorio del sangiaccato stesso ed ostacolare conseguentemente l'eventuale azione che fosse per esservi intrapresa da uno degli Stati balcanici

Quantunque il Trattato di Berlino riservasse ali' Austria-Ungheria il diritto d'intendersi col Governo ottomano, qualora l'occupazione di quel territorio fosse resa necessaria, non credeva che fosse sua intenzione di prender piede a Novi-Bazar e molto meno a Mitrowitza, giacché l'occupazione di questa ultima città potrebbe forse crearle impicci colla Russia.

L'accordo austro-russo mirava al mantenimento dello statu quo nei Balcani. La sua conservazione era un'imperiosa necessità per le due Potenze al fine d'impedire che risorgessero tra loro le antiche divergenze.

Rispetto all'Albania l'Austria-Ungheria non aveva alcuna intenzione di occuparla, ma era suo desiderio che non fosse neppure occupata dall'Italia per evitare che il Mare Adriatico divenisse un lago italiano. Tale era l'opinione non solo del Governo i. e r., bensì degli uomini politici e specialmente di quelli ungheresi. E a questo proposito ricordò quanto avevagli riferito nel tempo il signor di Kallay, già ministro delle finanze dell'Impero ed amministratore della Bosnia e dell'Erzegovina, il quale passava in Italia allorquando egli, conte Wedel, si trovava all'ambasciata a Roma, come uno dei più caldi fautori dell'occupazione di quella regione. II signor de Kallay avevagli affermato che all'Austria-Ungheria non conveniva d'impadronirsi dell'Albania e che se questa le fosse stata offerta non avrebbe potuto che rifiutarne il dono, perché contrario agli interessi della Monarchia. Né credeva che fosse nell'interesse pure dell'Italia di impossessarsene, giacché la sua occupazione avrebbe richiesto un esercito di oltre l 00 mila uomini per assoggettare quelle popolazioni, per l'indole loro turbolenta, non avrebbero potuto essere domate che colle maggiori difficoltà.

Mi ha detto inoltre risultargli come l'imperatore ed il conte Goluchowski fossero animati dai migliori sentimenti verso l'Italia e che era loro sincero desiderio di rendere più intimi i reciproci rapporti.

Aveva avuto più volte occasione nei suoi colloqui col conte Goluchowski di convincersi della sincerità di tali disposizioni. Le dimostrazioni irredentiste, avvenute sotto il Gabinetto precedente, avevano prodotto sull'animo di lui una penosa impressione, ma nonostante ciò avernelo sempre trovato nelle medesime disposizioni concilianti ed amichevoli a nostro riguardo.

Conoscendo l'Italia, per la lunga dimora fattavi, egli sapeva, per esperienza, che non conveniva dare sempre troppa importanza a manifestazioni siffatte perché non rappresentavano il vero sentimento della maggioranza della popolazione, ma che credeva necessario nell'interesse dei nostri rapporti, che il R. Governo si adoperasse ad impedirle.

Feci conoscere al conte Wedel che tale era infatti la ferma intenzione del R. Governo e ch'esso desiderava sinceramente evitare ogni incidente, dissipare qualsiasi malinteso per rendere sempre più intimi i nostri rapporti e farli riposare sopra una mutua fiducia nell'interesse stesso dell'alleanza che era suo fermo proposito di mantenere salda e che di tali intenzioni io aveva data le più ampie assicurazioni al conte Goluchowski nella prima visita da me fattagli, dichiarandogli che ogni mia cura sarebbe diretta in tal senso e che avrebbe trovato in me l'esecutore fedele e premuroso delle istruzioni del R. Governo.

Il conte Wedel replicò che S.M. l'imperatore ed il conte Goluchowski tenevano in gran stima S.E. l'on. Giolitti, come l'E.V. e che il R. Governo poteva fare il maggiore assegnamento sul conte Goluchowski per i sentimenti amichevoli che nutriva verso l 'Italia e che la sua indole leale poteva affidarlo della sincerità dei suoi propositi, ma che conveniva aprirsi con esso con tutta franchezza e questa era la migliore via per raggiungere lo scopo che i due Governi si prefiggevano.

Le dichiarazioni fattemi dall'ambasciatore di Germania vengono a confermare quelle già precedentemente fattemi dal conte Goluchowski da me riferite nel rapporto

n. 223/6 del 27 corrente 1•

Ed una nuova conferma di esse io ebbi anche da parte del signor di Szogyény, ambasciatore d'Austria-Ungheria a Berlino, che trovasi qui in temporanea licenza e con cui intrattenni seguiti rapporti durante la sua precedente dimora in Vienna.

Nella visita fattami ieri egli mi ripeté quanto il conte Goluchowski avevami detto circa la politica del Governo i. e r. in Macedonia ed in Albania, la ferma sua intenzione di mantenere lo statu quo nei Balcani ed il suo sincero desiderio di rendere sempre più stretti i nostri rapporti assicurandomi, alla sua volta, che il R. Governo poteva fare il maggior assegnamento sulla sincerità dei suoi propositi.

Di fronte a queste ripetute conferme non mi sembra che si possa dubitare delle intenzioni del Governo i. e r. guarentite dalla lealtà dell'imperatore Francesco Giuseppe e dagli impegni presi. D'altra parte è da considerare che all'Austria-Ungheria preme anzitutto, nell'interesse suo stesso, di evitare ogni complicazione che muti lo statu quo attuale, giacché qualsiasi cosa che potesse modificarlo non potrebbe che scuotere la compagine della Monarchia ed esserle di gran nocumento e forse anche di rovina, avuto riguardo alle gravi difficoltà interne in cui si dibatte attualmente2 .

2 Una succinta relazione di quanto detto nel testo fu trasmessa da A varna con T. 506/3 del 27 febbraio, non pubblicato.

219 1 Sic, ma le dichiarazioni di Goluchowski furono riferite con R. 205/2 del 25 febbraio, per il quale cfr. n. 212. Il R. 223/6 è in realtà il R. 233/6 del 27 febbraio, per il quale cfr. n. 209, nota l, che riferiva le dichiarazioni fatte dall'imperatore Francesco Giuseppe.

220

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, PEDOTTI

[Roma], 27 febbraio [1904].

La direzione del tiro a segno venne oggi a dirmi che tenevano un congresso di tiratori a Roma alla venuta del presidente della Repubblica francese, e che di ciò avevano parlato con te. Essi anzi volevano invitare anche una rappresentanza dell'esercito francese.

La cosa sarebbe molto grave e potrebbe dar luogo a guai nel campo politico. Perciò ti pregherei di non prendere impegni di sorta trattandosi di cosa che spetta alla presidenza del Consiglio di decidere.

221

L'INCARICATO D'AFFARI A CARACAS, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 184/137. Caracas, 28febbraio 1904 (perv. il 24 marzo).

Nel messaggio presidenziale letto dal generale Castro in seduta solenne al congresso federale, si rilevano le seguenti cortesi parole per l'Italia e la Germania: «Alle nostre relazioni colla Germania e coll'Italia, si presta, dal momento della loro riannodazione tutto l'interesse che esse esigono. Ambo queste Nazioni possiedono nel Venezuela importanti motivi di concordia ed i loro figli, stabiliti nel Paese da tempo, hanno trovato sempre fra di noi ogni specie di agevolazioni. Penso che non dobbiamo risparmiare sforzi allo scopo di attrarre alle nostre spiagge sani elementi etnici di quelle nazionalità, i quali mescolandosi coi loro compatrioti qui domiciliati, vengano, sotto lo scudo delle nostre leggi, a dedicarsi ad un lavoro fecondo a vantaggio di loro e del Paese che li accoglie con buona volontà».

Che sia desiderabile una corrente emigratoria tedesca italiana verso il Venezuela, ogni uomo di buon senso ne conviene in questi Paesi, ma lo straniero, specialmente l'emigrante, non vi ha ancora trovate le tanto decantate garanzie di giustizia e di sicurezza personale a cui il presidente dedica parecchie pagine nel suo messaggio.

Degni di qualche nota nel discorso del generale Castro sono le dichiarazioni in cui si qualifica di inaccettabile e di contrario alla sovranità territoriale il principio dell'arbitrato e della protezione diplomatica per giudicare i reclami stranieri: le giunte clasificadoras de creditos e l'alta corte federale sarebbero, secondo il Governo della Repubblica, i soli ricorsi ammissibili per liquidare i reclami nazionali o stranie

ri. La gravità di tale questione che ha provocato e può ancora provocare complicazioni internazionali non sfugge agli occhi del Governo venezuelano.

Finalmente il messaggio protesta chiamandole inique, inaccettabili e contrarie al protocollo contro le sentenze arbitrali pronunciate dalla Commissione mista del Messico e da quella del Belgio per la compagnia delle acque di Caracas; come ho già avuto l'onore di riferire a V. E. il Governo venezuelano cerca di ottenere una revisione di tali lodi ed è disposto ad impiegare ogni mezzo, in quanto gli riesca, per non adempiere ai suoi impegni verso quelle due Potenze.

Si era voluto nel messaggio presidenziale trattare della denuncia del nostro trattato del 1861, chiesta dal congresso l'anno scorso; si rinunciò a tal proposito probabilmente in seguito ad una mia recente conversazione col ministro delle relazioni esteriori in cui gli ricordai le promesse fattemi dal presidente e gl'inconvenienti di sollevare nuovamente tale spiacevole argomento 1 .

220 1 Ed. in NATALE, Giolitti e gli italiani, cit., p. 628.

222

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 521/47. Berlino, 29 febbraio 1904, ore 3,17 (perv. ore 18,15).

Conte Billow è ancora indisposto. Riferendomi all'ultimo periodo lettera particolare di VE. in data del 16 corrente 1 , la informo che egli desidera vivamente di recarsi in Italia nei giorni di Pasqua, ma non ha potuto, né può prendere decisioni. Essendo in quell'epoca assente S.M. l'imperatore, il cancelliere dell'Impero potrà allontanarsi solo nel caso in cui la situazione internazionale lo permetterà. Mi auguro che se non sarà possibile a VE. di incontrarsi con Biilow, sia invece agevole un amichevole incontro di S.M. il re con S.M. l'imperatore.

221 1 Del precedente R. 181/36 del 27 febbraio si pubblica il seguente passo: «Il generale Castro, abituato alla stampa di Caracas, che lo esalta al punto di paragonarlo ad Alessandro e Napoleone e perfino di chiamarlo il Nuovo Messia, mal può sopportare che i giornali stranieri, seguendo i principi di libertà accolti da tutte le nazioni civili, giudichino liberamente e appassionatamente uomini e cose, quando questo giudizio è sfavorevole a lui ed al suo sistema di Governo dispotico e dittatoriale».

222 1 Cfr. n. 184.

223

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 529/8. Vienna, 29 febbraio 1904, ore 8,35.

S.E. -Goluchowski mi disse notizie pretesi preparativi militari Governo austroungarico pubblicate questi ultimi giorni stampa austro-ungarica essere del tutto infondate. Pubblicazioni siffatte essere motivate da intrighi orditi nella Monarchia stessa contro Governo; provvedimenti cui esse alludono sono identici a quelli che regolarmente vengono presi ogni anno presente stagione da amministrazione militare. S.E. -Goluchowski mi ha pregato assicurare V.E. Governo austro-ungarico non pensa fare alcun preparativo militare di eventuali occupazioni.
224

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE 530/9. Vienna, 29 febbraio 1904, ore 8,35.

Essendosi offerta occasione propizia colloquio avuto oggi con conte Goluchowski ho portato accademicamente discorso su argomento ultima parte telegramma di

V. E. di ieri 1• S.E. Goluchowski mi ha detto essere lietissimo incontrarsi V.E. Però momento attuale sembrargli non molto opportuno perché avuto riguardo attuale nervosità opinione pubblica non solo italiana ma anche austro-ungherese incontro siffatto se avvenisse così subitamente avrebbe potuto, invece calmarla, eccitarla vieppiù e far supporre che nuove intese fossero state prese in vista eventualità avvenire. Eccitazione stampa due Paesi e anche resto Europa richiedeva suo parere rimettere incontro qualche settimana per esempio dopo Pasqua prima vacanze parlamentari due Paesi. Tale ritardo non avere inconvenienti essere anzi più utile scopo tranquillizzare opinione pubblica generale giacché avverrebbe data che era in seguito scioglimento nevi più propizia per eventuale recrudescenza attività comitati rivoluzionari e movimenti bande. Egli conta prendere dopo Pasqua breve licenza recarsi Abbazia. Credeva incontro che non fosse discaro V.E. potere avere luogo colà con minore disagio di lei potendovisi recare da Venezia. S.E. Goluchowski si è dimostrato sinceramente desideroso incontrarsi V.E. e considera tale abboccamento utile interessi comuni.

224 1 Cfr. n. 217.

225

IL MINISTRO DELLA GUERRA, PEDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

NOTA RISERVATA PERSONALE 1554. Roma, 29 febbraio 1904.

A seguito ed a complemento delle comunicazioni fatte colla mia nota n. 267 del 23 corrente1 , ho il pregio di significare all'E.V. che l'addetto militare a Vienna ha ricevuto già da tempo istruzioni di tenere costantemente al corrente questo Ministero intorno ai preparativi militari dell'Austria-Ungheria relativi alla questione balcanica ed in prossimità della nostra frontiera.

Ciò premesso, trasmetto a V.E. copia della lettera n. 28 del nominato addetto, nella quale sono da notare non solo le notizie dei provvedimenti militari che vengono adottati dal Governo austro-ungarico in vicinanza della nostra frontiera, ma anche gli apprezzamenti che l'addetto stesso fa in proposito.

Né posso a meno di segnalare lo studio che pone l'Austria a colorire, con dichiarazione d'insignificanza, quei provvedimenti e progetti d'indole militare che possono interessarci, nell'evidente intento di premunirsi contro rimostranze che ci paresse opportuno di fare per qualche suo atto, che venisse ad urtare la nostra legittima suscettibilità.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A VIENNA, DEL MASTRO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, A VARNA

R. RISERVATO 28. Vienna, l?febbraio 1904.

Intorno alla voce diffusasi, di rinforzi nelle guarnigioni austriache del Tirolo, mi onoro riferire che a questo Ministero della guerra mi fu assicurato trattarsi esclusivamente dell'aumento di un regime di fanteria, e più precisamente del ritorno di truppe dell'esercito comune a Bolzano e a Mezzolombardo, di dove erano state allontanate, or è qualche anno, in seguito ad attriti avvenute tra esse e la popolazione. In seguito a premure ora fatte dai deputati e dai municipi, il Ministero della guerra s'è indotto tanto più volentieri a ristabilire quelle guarnigioni, in quanto possiede colà caserme erariali su cui gravano spese di manutenzione ed imposte, pur rimanendo da alcuni anni vuote.

In relazione a quanto sopra verranno in aprile, in occasione dei cambi di guarnigione, trasferiti da Vienna a Bolzano il Comando e due battaglioni del 3° reggimento cacciatori tirolesi, e da Vienna a Mezzolombardo un battaglione del reggimento stesso. Il quarto battaglio

ne travasi, come sempre a Trento. Senza la modificazione in parola, il reggimento avrebbe dovuto recarsi a Innsbruck, e da Innsbruck recarsi a Vienna il l o reggimento cacciatori tirolesi, il quale invece continuerà a rimanere a Innsbruck.

Quanto alle voci di mobilitazione, movimenti, concentramenti di truppe, nulla vi è di positivo finora, per quanto in qualche misura, sia da aspettarsi qualcosa di positivo per la prossima primavera, giusta quanto accennavo col precedente rapporto l o corrente, n. 20 ris. E senza voler dare per ora valore concreto alle disparate notizie corse e che continuano a correre in proposito, mi permetto, come l'anno scorso ho sempre smentito analoghe notizie pur allora diffusesi a più riprese, esprimere invece in quest'anno l'opinione in cui mi vado confermando -benché formali indizi finora manchino -che questa volta una qualche misura militare sia per essere presa nell'Austria-Ungheria in vista di possibili avvenimenti balcanici.

In quale senso possan esser prese tali misure, parrebbe, dalle idee che mi sono formate finora qui sul posto, che debba essere approssimativamente:

-concentramento delle truppe del VII e del IV Corpo d'Armata alle frontiere della Serbia, con invio della flottiglia danubiana verso Belgrado; -avanzata di truppe del XV Corpo, rincalzate da quelle del XIII, nel Sangiaccato di Novi-Bazar; -nessuna partecipazione dei Corpi d'Armata del territorio cisleitano a questi movimenti, per non toccare le forze stanziate in corrispondenza della frontiera italiana.

Ragione di tali provvedimenti sarebbe naturalmente, come ho già accennato nel precedente rapporto, di tener in soggezione le popolazioni serbo-montenegrine in caso d'una ripresa del movimento insurrezionale macedone e di un'eventuale guerra turco-bulgara; mentre se l'azione delle truppe austro-ungariche fosse dagli avvenimenti trascinata al di là delle frontiere, la presenza di Corpi di Armata intatti nella parte cisleitana della Monarchia costituirebbe un elemento di forza, e almeno di valore morale, contro l'agitazione de li'opinione pubblica italiana di fronte all'avanzata di truppe austro-ungariche in territorio balcanico.

Quanto alla notizia di un probabile concentramento a Trieste di circa 20.000 uomini, mi risulta ch'essa è pervenuta anche alle ambasciate di Inghilterra e Turchia in Vienna. A mio avviso però tali truppe non sarebbero destinate a Salonicco, come accennava un giornale di Graz nel telegramma c'ho comunicato con foglio 12 corrente n. 25, ma, o sbarcare a Ragusa per proseguire per ferrovia su Sarajevo, capace di un trasporto di soli 5000 uomini al giorno; -o a sbarcare a Ragusa o Cattaro per fermarsi nella regione di Crivosije e dell'Erzegovina, come minaccia contro le popolazioni montenegrine, che, è noto, non vedrebbero di buon occhio l'avanzata austro-ungarica attraverso il Sangiaccato.

225 1 Non pubblicata.

226

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO S.N. Berlino, 29 febbraio 1904.

Come ne ho informato per telegrafo l'E.V. 1 , Btilow è stato in questi giorni indisposto e, seguendo la rigorosa prescrizione del suo medico, non ha visto alcuno. Per mezzo del barone Richthofen, e mediante biglietto che io ho scambiato con il cancelliere dell'Impero direttamente, ho eseguito le istruzioni che V.E. mi ha date colla sua lettera confidenziale del 16 febbraio2 e con i seguenti telegrammi.

Di quanto fa oggetto di quella comunicazione dell'E.V., Biilow mi aveva fatto dire di occuparsi e si è occupato, ne posso dare a lei formale assicurazione, personalmente. E io credo anche di poter affermare che questo personale intervento del cancelliere dell'Impero non è stato estraneo alla simpatica accoglienza che fu riservata a Vienna al duca di Avarna di Gualtieri, e meno ancora alle dichiarazioni spontanee e ben chiare fattegli dal conte Goluchowski, delle quali il cancelliere dell'Impero è stato informato da Vienna anche prima che io gli scrivessi. Siffatte dichiarazioni, le quali sono conformi ai propositi manifestati da [ ... p a Biilow sono da quest'ultimo ritenute ben sufficienti a fare sparire le apprensioni manifestatesi nei nostri circoli politici.

V.E. vorrà qui consentirmi una franca parola circa una prevenzione qui esistente per quanto si riferisce alla Triplice Alleanza. Non sono le tendenze espansionistiche dell'Austria-Ungheria che inquietano il cancelliere dell'Impero perché egli sa che esse non esistono. Lo preoccupa invece il presentimento dello spettacolo che i fautori del movimento irredentista daranno alla [ ...p in occasione della visita del presidente Loubet. A queste parole contenute in uno dei biglietti che il cancelliere dell'Impero mi ha diretto in questi ultimi giorni seguono le altre «già al momento della visita di S.M. il re a Parigi quei fautori hanno provato di uccidere la Triplice Alleanza gettandovi il ridicolo con le loro dimostrazioni dirette non solo contro l'Austria-Ungheria, ma anche contro il pangermanismo. È evidente che si sta preparando per la visita del presidente della Repubblica una seconda manifestazione di latinità. Per quanto mi concerne, malgrado tutte le manifestazioni possibili, io non cesserò di prendere la Triplice Alleanza sul serio fino a che gli uomini come Giolitti, Luzzatti, Tittoni, saranno al Governo. Ma io debbo fino d'ora contare colla possibilità d'aver a fare qui o altrove con temperamenti più sospettosi del mio e che difficilmente ammetterebbero che le dimostrazioni popolari reagenti senza ostacolo alcuno contro la politica estera del Gabinetto Giolitti non sono in realtà che un fuoco di paglia. Mi si crederà?».

Ho voluto riferire queste precise parole del cancelliere dell'Impero anche perché esse collimano con quanto io stesso, che mi trovavo al momento della visita del

2 Cfr. n. 184.

3 Gruppo indecifrato.

nostro augusto sovrano a Parigi, sentii in questi circoli di Corte e di Governo. Io ritengo le preoccupazioni del Biilow a nostro riguardo alquanto esagerate: lo dissi la scorsa estate e non mancherò di ripeterlo ad ogni opportuno momento. Ma sulle parole del cancelliere dell'Impero mi permetto di richiamare la speciale attenzione di lei poiché a quanto da esse risulta lo preoccupa, come egli mi scrive, «ben altrimenti che la pretesa politica di espansione del Gabinetto di Vienna».

226 1 Cfr. n. 222.

227

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE 275/103. Londra, l° marzo 1904.

In previsione della partenza del prossimo corriere, scrivo a V.E. per riassumere quello che mi sembra essere il risultato dei diversi telegrammi fra noi scambiati negli ultimi giorni riguardo agli affari di Macedonia.

La situazione alla quale si riferivano le considerazioni esposte nella mia lettera del 19 febbraio 1 in riscontro alla sua del 162 , riesce ora, se non erro, alquanto chiarita e modificata dalla risposta di lord Lansdowne e dalle disposizioni manifestate dal Governo francese, nonché dalle dichiarazioni del conte Goluchowski ch'ella si compiacque comunicarmi col suo telegramma del 28 3 .

Dalla conversazione avuta meco da questo ministro, come pure dalla comunicazione a lei fatta in suo nome da sir F. Bertie, appare infatti che Sua Signoria non rilevò-almeno in modo esplicito-l'allusione di V.E. all'eventualità di un intervento anglo-italiano n eli' Adriatico in contrasto ad una supposta azione isolata de li' Austria in Albania. Non so se il suo silenzio su quel punto importante delle aperture di V.E. all'ambasciatore, sia dovuto ad una reticenza adoperata da quest'ultimo nel comunicarle a lord Lansdowne stesso, il quale, prima di compromettersi a parlare di quel caso estremo, abbia forse preferito cominciare, come fece, a prendere la questione dal suo lato più generale. Di fronte a questa sua riserva e nel dubbio in cui ero circa i suoi motivi, io stimai prudente, dal canto mio, di non affrettarmi, in quel primo colloquio, a condurre il mio interlocutore su quel punto scabroso.

Il marchese Lansdowne adunque, alludendo in genere ad «una comunicazione costì fatta da V.E.», mi disse associarsi interamente al principio da lei espresso, che cioè qualora divenisse inevitabile un intervento nei Balcani, questo non potrebbe effettuarsi che per comune assenso e decisione delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Sua Signoria ammise, d'altra parte, che frattanto potrebbe utilmente aver luogo tra talune Potenze uno scambio ufficioso d'idee circa la politica da far prevalere nel caso di un constatato insuccesso del programma austro-russo di Mi.irzsteg: ed

2 Cfr. n. 185.

3 Cfr. n. 218.

egli accennò ad un progetto più radicale tendente alla creazione di una provincia autonoma di Macedonia, progetto che Sua Signoria supponeva non dispiacesse al Governo francese il cui rappresentante qui gliene aveva già fatto cenno in qualche sua conversazione confidenziale; la discussione più approfondita di una proposta di tal genere, se accolta in principio, potrebbe poi formare oggetto, a tempo opportuno, di una conferenza o altra simile riunione di tutti gli interessati.

Su quest'ultimo argomento ho avuto occasione d'intrattenermi col mio collega di Francia, il quale mi confermò avere, in alcune conversazioni accademiche, con lord Lansdowne, manifestato a Sua Signoria la propria convinzione che le cose di Macedonia non potrebbero, alla lunga, prendere assetto se non mediante una qualche combinazione del genere indicato. Ma, osservò M. Cambon, non erano quelle che opinioni sue personali, non dettate dal suo Governo, e da lui esposte in forma privata a lord Lansdowne, nello stesso modo in cui le aveva talvolta esposte a me ed anche all'ambasciatore russo in Parigi nostro antico collega in Costantinopoli: e il signor Nelidoff, egli soggiunse, aveva mostrato dividere personalmente le medesime idee4 . In seguito all'allusione a ciò fattagli ultimamente dal marchese Lansdowne, M. Cambon si era recato la settimana scorsa a Parigi per riferirne a M. Delcassé: e questi gli aveva significato che, senza contestare il merito del nuovo progetto in questione, il Governo francese in ogni caso riteneva che sarebbe prematuro metterlo innanzi, prima che il naufragio del programma austro-russo fosse ufficialmente constatato. Tornato ora in Londra, M. Cambon aveva comunicato a lord Lansdowne codesta risposta del suo ministro: lord Lansdowne aveva riconosciuto che un termine ragionevole doveva essere concesso per l'esperimento ora in corso, rilevando però la convenienza di non attendere, per uno scambio di idee in via preliminare, il momento in cui l'insufficienza delle tentate riforme o loro imperfetta applicazione ponesse l'Europa di fronte ad un nuovo scoppio dell'insurrezione. Questo concetto il marchese Lansdowne aveva espresso pure nei confidenziali colloqui avuti con me, osservando che già si era perduto molto tempo e che l'opinione pubblica in Inghilterra attendeva con impazienza un qualche positivo risultato a favore delle popolazioni della Turchia d'Europa. V.E. rammenterà a questo proposito le dichiarazioni anche recentemente ripetute da Sua Signoria in Parlamento, nel senso che il Governo britannico pur prestando un leale concorso alla tentata esecuzione del programma di Miirzsteg, si riservava la facoltà di intervenire, ali' occorrenza, con proposizioni più drastiche. M. Cambon mi diceva, in conclusione, che il rinvio indicato da M. Delcassé non era incompatibile colle viste del marchese Lansdowne, giacché nulla impediva che, senza sollevare la questione in termini formali, essa venisse frattanto ventilata in modo discreto nelle conversazioni confidenziali fra ministri e ambasciatori delle diverse Potenze, di maniera che, se a un dato momento ne sorgesse la necessità, queste non si trovassero sorprese dagli avvenimenti, ma avessero già davanti a sé l'embrione almeno di un nuovo progetto anticipatamente considerato: codesto scambio d'idee poteva del resto riguardarsi come fin d'ora iniziato, in quanto che il Gabinetto francese, per dovere di alleato, aveva certamente già comunicato ogni cosa a Pietroburga; e d'altra parte, le ultime notizie di Macedonia e la avvenuta ripresa delle trat

tative tra Sofia e Costantinopoli sembravano indicare una situazione meno tesa di quella che si presentava quindici giorni or sono.

Tutto ciò sembra appianare la via all'augurato ritorno della questione macedone nella giurisdizione del concerto europeo; e se ciò si avverasse, ne risulterebbero per ciò solo eliminate in gran parte le preoccupazioni che motivarono le recenti aperture di V.E. all'ambasciatore britannico. E ora sono venute ad aggiungersi le dichiarazioni spontaneamente fatte dal conte Goluchowski al nostro ambasciatore in Vienna, delle quali ella si compiacque darmi comunicazione col suo telegramma del 28 febbraio 5 , giuntomi ieri. Le reiterate formali assicurazioni che l'Austria-Ungheria non ha intenzione né desiderio di procedere ad occupazioni in Albania né in Macedonia e che se circostanze imprevedute la costringessero all'azione, essa non avrebbe mancato d'intendersi colle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, hanno certamente un assoluto valore, né sarebbe lecito dubitare della loro perfetta sincerità. Mi sia permesso accennare come questo sia conforme alla convinzione che, anche durante la mia missione in Costantinopoli, io ebbi occasione di esprimere, ogni qual volta si destarono al riguardo, contrari sospetti. Non erano tuttavia superflue queste rinnovate dichiarazioni, nel momento in cui, per circostanze sia pure accidentali, l'azione europea in quelle regioni ha sembrato cedere il passo all'iniziativa preponderante di due sole Potenze, iniziativa che, malgrado tutto, apriva il varco a legittime inquietudini.

V. E. avrà certamente notato nelle parole del conte Goluchowski la riserva da lui fatta del diritto spettante alla Monarchia riguardo al sangiaccato di Novibazar. Non era invero da attendersi che egli potesse fare rinuncia di un tale diritto. Nel precedente suo telegramma del 23 febbraio6 , riferendosi all'eventualità da me accennata che l'Austria-Ungheria si trovasse a un dato momento indotta ad invocar! o, V.E. dopo di averne segnalato le pericolose conseguenze, esprimeva il parere «che le altre Potenze debbano adoperarsi in ogni modo e con contegno fermo e preciso per impedire che tale eventualità si verifichi». Questo, in verità, mi sembra un punto assai delicato.

Sono noti i casi contro i quali l'Austria-Ungheria ha inteso guarentirsi quando essa fece ammettere a Berlino quella sua riserva: il caso di uno stato di anarchia in Albania, tale da minacciare la sicurezza della sua nuova frontiera; e (sopratutto) il caso di una unione della Serbia e del Montenegro che riuscisse a creare colà un potente Stato slavo con sbocco sull'Adriatico. La prima di codeste evenienze sembra essere, pel momento almeno, esclusa, dacché anche la recente ribellione di Diakovo si trovò impotente a svilupparsi; e quanto alla seconda, nulla indica che la temuta unione sia ora tra le cose probabili. Ma se avvenimenti impreveduti costringessero, malgrado suo, il Governo di Vienna a far valere il suo diritto, come potrebbero le altre Potenze impedirlo? Vi è, d'altra parte, a ritenere che uno stato di cose tale da indurre l'Austria-Ungheria ad un così grave passo molto difficilmente potrebbe essere un rivolgimento locale, limitato a quella regione, ma, secondo ogni verosimiglianza, esso solo si produrrebbe per contraccolpo di una guerra o conflagrazione generale in tutta la penisola: e in tal caso, l'eventuale avanzata austriaca nel Sangiaccato non potrebbe che costituire una parte dell'intervento europeo da decidersi allora, coll'assenso-o contrasto-di tutte le Potenze.

6 Cfr. n. 201.

Sotto questa punto di vista, l'occupazione di Novibazar potrebbe anche connettersi al caso menzionato come secondo nella mia precedente lettera del 19 febbraio, al caso cioè che in un dato momento l'Austria-Ungheria e la Russia chiedessero formalmente alle altre Potenze un mandato di intervento: al quale riguardo osservo che ciò non risulta, a rigore, escluso dalle dichiarazioni del conte Goluchowski. È quindi tanto più da augurarsi che lo scambio d'idee ora promosso dal marchese Lansdowne in previsione di un insuccesso del programma di Miirzsteg, riesca a ricondurre la questione sul terreno dell'azione europea dal quale essa non avrebbe mai dovuto uscire.

227 1 Cfr. n. 191.

227 4 Cfr. DDF. II serie, t. IV, n. 288.

227 5 Cfr. n. 212, nota 2.

228

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 259/26. Vienna, 1° marzo 1904.

Nel parlarmi ieri della situazione generale nei Balcani il conte Goluchowski mi disse che quantunque ogni pericolo non fosse ancora del tutto scomparso essa però aveva attualmente un carattere rassicurante.

Le notizie pervenute al Ministero imperiale reale degli affari esteri facevano ritenere come il Governo bulgaro ed i comitati rivoluzionari non fossero più intenzionati a provocare disordini né a turbare l'opera delle riforme. Tale cambiamento non era da attribuirsi a suo parere ad un sentimento di riguardo verso la Russia per i vincoli di sangue e di religione che ad essa li legava al fine di non cercar complicazioni nel momento in cui era impegnata nella guerra col Giappone. Credeva più tosto che i comitati rivoluzionari fossero stati costretti a modificare il loro contegno dalla mancanza di mezzi pecuniari.

Un certo riavvicinamento sembrava ora operarsi tra il Governo del Principato e la Sublime Porta. Dopo il suo recente ritorno da Sofia a Costantinopoli, l'agente bulgaro signor Nacevic mirava a dissipare la sfiducia che esisteva nell'animo del sultano e ad ottenere conseguentemente alcune concessioni per addivenire al ristabilimento dei buoni rapporti col Governo ottomano.

La Bulgaria chiedeva che la Sublime Porta provvedesse al rimpatrio dei fuggiaschi che erano a carico del proprio erario, che fossero riconosciuti i privilegi dell'esercito bulgaro coll'ammettere che i maestri addetti alle scuole bulgare in Macedonia non fossero obbligati a prestare una garanzia personale ciò che avrebbe condotto alla chiusura delle scuole stesse; che le stipulazioni del trattato di commercio bulgaro-turco non fossero intralciate con provvedimenti doganali eccezionali e che potessero essere applicate liberamente e che infine fosse accordata l'amnistia alle persone compromesse negli ultimi eventi.

La Sublime Porta non si dimostrava aliena dal condiscendere a tale domanda ma esigeva che il Governo bulgaro si impegnasse mediante promessa formale per iscritto che si sarebbe adoperato a por fine all'agitazione macedone nell'interno del Principato, ad impedire il passaggio delle bande sul territorio turco e ad osservare in generale una linea di condotta corretta.

Il conte Goluchowski mi parlò quindi di Sua Altezza Reale il principe Ferdinando della poca simpatia che godeva nella popolazione del Principato di cui non aveva saputo cattivarsi l'animo e della sua ambizione di cingere sul suo capo la corona reale. Non credeva però che a tale scopo mirassero gli uomini politici, giacché l'indipendenza del Principato ove fosse proclamata avrebbe privato la Bulgaria dei vantaggi di cui fruiva ed obbligata a trasferire a Sofia la sede dell'esarcato alla presenza del quale in Costantinopoli era specialmente interessata 1•

229

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Berlino, l° marzo 1904.

Il cancelliere dell'Impero ristabilito dalla sua indisposizione mi aveva dato un appuntamento per iersera. Della conversazione che io ho avuto con lui rendo conto ora a V.E. Quanto egli ha detto a me nulla aggiunge di nuovo a ciò che ho riferito a lei colla mia lettera confidenziale del 29 scorso mese 1 , ma lo chiarisce ed illustra2 .

Il conte Btilow è lieto di vedere gradatamente dileguarsi i sospetti e sparire i malintesi che si erano prodotti nelle relazioni tra l'Italia e l'Austria, e si stima felice di potere spiegare l'azione sua allo scopo persuadere da un lato l'Italia della inesistenza di una politica di espansione dell'Austria, e di togliere dall'altro lato, le prevenzioni che a Vienna si erano fatte strada a nostro riguardo. Da rapporti giuntigli dall'Oriente, il conte Biilow aveva avuto notizia di voci che colà si facevano correre per attribuire mene agitatrici ed intenzioni espansioniste ora all'Italia, ora all'Austria. Queste voci sono da S.E. attribuite a chi cerca di mantenere e fomentare il disaccordo tra le due Potenze. Il cancelliere dell'Impero non vi annette speciale importanza, poiché egli sa che tanto a Roma quanto a Vienna, si vuole il mantenimento dello statu quo. La politica dei due Gabinetti [ ...pha il pieno appoggio del Governo imperiale, il quale non si tratterrà dal continuare ad adoperarsi perché tra Italia ed Austria si ristabilisca e regni la più completa fiducia.

Non è da questa parte che il conte Biilow si preoccupa per la salvezza della Triplice Alleanza, bensì per quanto si riferisce alle nostre relazioni colla Francia in occasione della visita del presidente Loubet alla Reale Corte. A questo proposito S.E.

2 Cfr. anche il telegramma di Biilow a Monts del6 marzo in GP, vol. XX/l, n. 6389.

3 Gruppo indecifrato.

accennava alle notizie fin qui divulgate sulle solennità del ricevimento e che menzionano, tra l'altro, vari di navi, riunione delle squadre francese ed italiana, riviste di esse ecc. Cose che non si videro in occasione di alcuna delle visite di S.M. imperatore e delle quali non si fece mai neppure parola.

Circa le modalità del ricevimento all'ospite francese il conte Biilow non creJe naturalmente conveniente di pronunziare e meno ancora di dare suggerimenti: facessimo noi pure a nostro migliore talento il programma delle feste. Come capo del Governo imperiale e come amico sincero dell'Italia, egli mi diceva, però, di non sapere prevedere le gravi conseguenze che, per la salvezza della Triplice Alleanza, avrebbe un'accoglienza ufficiale del presidente Loubet, la quale fosse di natura da lasciare nel pubblico l 'impressione che si tratti del capo di uno Stato con cui si hanno legami più intimi di quelli esistenti con l'imperatore di Germania e con imperatore Austria-Ungheria. A queste parole che io riferisco quasi testualmente, il cancelliere dell'Impero faceva seguire l'espressione di una non gradevole sorpresa causatagli dalla intervista che l'on. Giolitti avrebbe recentemente accordata ad un redattore del Mattino; l'accenno alla «indissolubile unione» tra Italia e Francia, lo hanno colpito in modo specialé.

Ho risposto a Biilow che io apprezzavo altamente i sentimenti da cui erano ispirate le sue parole, e che rispecchiavano quelle della opinione pubblica tedesca. Né circa la data della visita del presidente, né circa il programma delle feste ufficiali, io aveva informazioni dal mio Governo: di ciò io non potevo parlare. E non potevasi non tenere conto del fatto che il signor Loubet, per quanto presidente della Repubblica, è il primo capo di Stato cattolico, che viene a Roma, in ogni modo, però il mio Governo saprà certo evitare l'eccesso, e, segnatamente, quanto potesse contribuire ad accreditare l'opinione che la Triplice Alleanza sia già-come in Francia si vuole-morta e sepolta. Non sono dubbi i propositi; ben chiare furono le dichiarazioni di V.E. di volere, cioè, mantenerla salda e feconda dei suoi utili risultati, nell'interesse della pace, per il bene delle tre Potenze alleate. Per quanto concerneva poi l'intervista dell'an. Giolitti dissi al conte Btilow che io ne aveva avuto notizia dai giornali soltanto, e gli feci osservare che, prima mia impressione, era che fosse necessario stabilire se effettivamente era stato detto tutto ciò che venne riferito. L'attitudine degli uomini di Stato, come il conte Btilow ben sapeva, non si giudica su quanto è scritto nelle colonne dei giornali.

Dalla mia lettera confidenziale del 29 scorso mese e da questa, V.E. vede chiaramente quale è la preoccupazione di questo Governo. A più riprese, sulla base anche delle istruzioni che mi furono impartite dal Ministero lo scorso autunno, io mi sono applicato a dimostrare quanto essa è esagerata. Nel mentre, però, io mi esprimo qui in questo senso, non posso non richiamare la sua speciale attenzione su di essa. Fatta all'esagerazione la debita parte, è da ritenere per certo che qui non si ammetterà mai che per esporre al sole le nostre relazioni colla Francia abbia la Triplice Alleanza ad essere spinta all'ombra. Sulla fine della mia visita chiesi al conte Btilow se avesse preso già una decisione riguardo al suo viaggio in Italia. Egli mi rispose che aveva vivissimo il desiderio di recarsi da noi; che riteneva però molto difficile la realizzazione di esso e che, trovandosi lontano dalla Germania imperatore Guglielmo, la sua assenza contemporanea, nelle presenti congiunture politiche, avrebbe potuto produrre cattiva impressione.

Una intervista del conte Biilow con la E.V. sarebbe certamente venuta in buon momento. Se questa non potrà avvenire, un incontro del nostro augusto sovrano con l'imperatore sarebbe tanto più opportuno ed io mi permetto di rinnovare qui l'augurio che esso abbia a verificarsi; si intende senza solennità speciali.

228 1 Lo stesso l o marzo A varna spedì il rapporto 256/23 relativo alla gendarmeria in Macedonia. Se ne pubblica qui il passo seguente: «Quanto alla distribuzione delle sezioni nei vari vilayet tra gli ufficiali esteri, essa era rimasta in sospeso e rinviata ad un esame ulteriore. Nel farmi conoscere poscia che la sede del comando della gendarmeria sarebbe stata stabilita a Monastir, aggiunse che il generale De Giorgis avrebbe voluto far comprendere nell'organizzazione della gendarmeria i distretti albanesi, ma ch'egli aveva fatto osservare che ciò sarebbe stato in opposizione all'accordo di Miirzsteg che escludeva dalle riforme i detti distretti».

229 1 Cfr. n. 226.

229 4 La falsa intervista al Matin aveva preoccupato anche Holstein. Cfr. GP, vol. XX/l, n. 6388.

230

L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, MONTS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. [Roma], 1° marzo 1904.

Pour ne rien négliger j'ai pris des ordres ultérieurs de mon chef. Son télégramme est encore plus net que la dépèche de laquelle j'avais l'honneur de vous parler hier. L'Italie a maintenant à choisir, ou restriction de la visite française à la ville de Rome, ou fin de l'alliance. Je vous dis cela en ami sincère de l 'Italie et étant persuadé que nous aussi perdrons beaucoup en quittant la base de notre politique. J'ose encore espérer, cependant le moment est très grave. Et que deviendra la réconciliation à peine obtenue entre vous et Vienne? Vous perdrez un ami sincère, tout en gagnant un ennemi qui peut régler maintenant ses comptes des années demières, n'ayant plus !es mains liées par l'alliance et le troisième allié.

Veuillez croire qu'uniquement mon amitié personnelle pour vous et l'intérèt que je porte à l'avenir de votre belle patrie me dictent ces lignes privées et confidentielles. Je serais chaque moment prèt de réitérer ce que je vous écris, ou à vous, ou à Sa Majesté, car entre alliés il faut ètre sincère, et pour le moment nous le sommes encore, heureusement.

le suis très pressé, dinant chez !es anglais, excusez donc style et manque de suite dans ces lignes que je remets personnellement tout-à-l'heure à la Consulte.

231

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. 514/35. Innsbruck, 2 marzo 1904.

Il signor professar A. Galante mi ha fatto tenere l'accluso cenno sulle vicende di questa università italiana, da lui pubblicato sulla Nuova Antologia2 , senza indicazione del suo nome per ragioni ovvie a comprendersi; mi permetto però fame tenere una copia all'E.V., accennando che lo stesso professore mi disse che, per ragioni di opportunità, aveva alquanto accentuato l'accenno alla questione recente della università libera.

Pur troppo la questione si fa sempre più viva, ed è positivamente certo che, se il Governo non accorderà quanto si chiede dagli studenti italiani, si avranno, a non lontana scadenza, nuovi e più gravi disordini.

Se tre anni sono o fors'anche due soli si fosse accordato il trasporto delle cattedre parallele a Vienna, o la loro erezione in Trento, Gorizia e Rovereto, non vi è dubbio alcuno che la soluzione sarebbe stata non solamente accettata, ma anche gradita. Ora il Governo col ritardare, senza misura, la cosa continuamente e coll'avere a torto lasciato formarsi il postulato che tali cattedre devono essere portate a Trieste, rese la situazione più grave ed assai più difficile la soluzione.

Ho parlato con vari professori ed anche con qualche studente italiano (e non dei più inconciliabili ed irrequieti) ma da tutti si avanza ora recisamente la decisione: o Trieste o nulla.

Il trasporto delle cattedre parallele a Trieste è avversato assai dal Governo e dal partito pangermanico, e si capisce che non si voglia gettare in quella città un nuovo e potente fomite di disordini ed agitazioni; ma però il Governo potrebbe di certo riflettendo pensare che se porterà le cattedre a Gorizia, a Trento od in altra città italiana qualsiasi, non farà che creare un nuovo centro di agitazione, aumentando così senza rimedio il male temuto coll'estenderla.

Mia opinione personale, che viene però per quanto mi risulta divisa da non pochi, è che il Governo spera che il Parlamento, il quale verrà spinto in tale idea, abbia a respingere la cosa, e così permettere e giustificare il trasporto delle cattedre parallele in una minore città italiana; o il lasciare le cattedre stesse ancora ad lnnsbruck fino a che nuovi e più gravi disordini ne abbiano proprio ad imporre il trasloco. Pur troppo il fatto che ogni passo della questione viene preceduto sempre da violenze e da disordini generò naturalmente l'opinione che il Governo mai non cederebbe se non violentato; e quanto tale idea sia perniciosa e temibile perché profondamente penetrata in menti giovani ed eccitabili come gli studenti, ed in persone che agiscono puramente per ragione di partito come i dirigenti e capi delle fazioni socialiste eradicati trentini, è facile assai di pensarlo.

Disgraziatamente sono gli stessi errori che il Governo austriaco altra volta commise, e che ripete ora senza ricordarsi delle esperienze infelici fatte; errori che rendono per quanto concerne questa provincia irritati ed irrequieti gli animi; inasprite all'eccesso le relazioni fra le due nazionalità; arenate perennemente questioni economicamente ed amministrativamente vitali; e che nelle relazioni esterne rendono acri le relazioni col! 'Italia e producono di sovente dimostrazioni irritanti e spiacevoli.

231 1 Il testo che si pubblica è quello pervenuto ad Avarna e conservato nell'archivio dell'ambasciata a Vienna. 2 Nel fascicolo del l o febbraio 1904.

232

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 10759/257. Roma, 3 marzo 1904.

Ringrazio l'E.V. per il rapporto del22 corrente n. 2031, e segnatamente le considerazioni suggeritele dal riserbo del signor Delcassé in connessione coll'articolo officioso del Temps, nel quale si tace completamente dell'Italia, come se questa dovesse stimarsi estranea alle cose dell'Estremo Oriente.

L'atteggiamento riservato del signor Delcassé si può forse anche spiegare con l 'indole speciale dei rapporti tra la Francia e la Russia, per cui poteva essere consigliabile, per codesto ministro degli affari esteri, di non pronunciarsi fin tanto che, circa la neutralità della Cina ed i termini della relativa dichiarazione, non gli fosse be:-~ :1oto il pensiero della Russia. Ad ogni modo, non ho bisogno di dire a V.E. che, se pure l'Italia non aspira ad avere nell'Estremo Oriente una posizione prominente, non intende certo, d'altra parte, considerarsi né lasciarsi considerare come disinteressata per quanto possa avvenire o svolgersi in queste contrade.

232 1 Cfr.n.l99.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 438. Roma, 4 marzo 1904, ore 14,35.

Il r. console a Uskub mi ha telegrafato 1 che, qualora si verificasse la voce corsa in Macedonia che sarebbe affidata all'Austria la riorganizzazione della gendarmeria nel sangiaccato di Uskub, sarebbero da attendersi gravissimi disordini da parte dei rivoluzionari bulgari. Identica notizia sarebbe stata comunicata dal console inglese al proprio ambasciatore in Costantinopoli. In seguito a ciò ho telegrafato al marchese Malaspina2 , dandogli istruzioni di prendere occasione da tale notizia per intrattenere amichevolmente i colleghi di Austria e di Russia sulla convenienza, nel comune interesse delle riforme, di attribuire le zone fra le diverse Potenze in modo che a nessuna di esse fosse affidata quella zona nella quale si può supporre che essa abbia interesse ad esercitare una influenza d'indole politica. Prego pertanto V.E. di recare ciò a cognizione del marchese Lansdowne e chiedergli se partecipi al mio modo di vedere, e, se, in tale caso, sarebbe disposto a dare analoghe istruzioni.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

T. RISERVATO 439. Roma, 4 marzo 1904, ore 14,35.

Le notizie che da più parti mi sono giunte mentre sono tali da rassicurarmi in ordine alla possibilità d'una azione dell'Austria nella penisola balcanica in contraddizione del Trattato di Berlino, non mi lasciano egualmente tranquillo per ciò che si rife

2 Con T. 437 del 4 marzo che non si pubblica.

risce al sangiaccato di Novi Bazar. Richiamandomi ai telegrammi precedentemente da me inviati alla E. V. e persistendo io nel ritenere che qualunque cosa possa formalmente disporre il Trattato di Berlino, il momento attuale sarebbe il meno opportuno per una estensione della occupazione austriaca nel Sangiaccato, prego V.E. opportunamente indagare quale sia il modo di vedere di codesto Governo su tale punto.

È opportuno che V.E. sappia che ieri l'ambasciatore di Francia mi dichiarò a nome del suo Governo ritenere che l'Austria non possa più dopo 25 anni valersi della clausola del Trattato di Berlino e ad ogni modo che ciò possa dar luogo a rimostranze delle altre Potenze costituendo un pericolo per la pace. Ambasciatore mi disse che in questo senso Francia avrebbe al riguardo scambio di vedute anche con Inghilterra. Di ciò V.E. può informare lord Lansdowne procurando di conoscere il suo pensiero preciso in argomento e quale presumibilmente sarebbe la sua attitudine qualora la temuta eventualità dovesse verificarsi 1•

233 1 T. riservato 546 del 2 marzo, non pubblicato.

235

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 128/49. Belgrado, 4 marzo 1904. (perv. 1'8).

Nel colloquio col signor Pachitch, di cui ho avuto l'onore di scrivere con rapporto di questa stessa data n. 481, il ministro degli affari esteri mi ha svolto pure quale sia il suo vero pensiero sulla situazione attuale; e poiché mi ha pregato di ritenere il suo discorso come confidenziale e personale, ne riferisco a parte ali'E.V.

Secondo il signor Pachitch, le assicurazioni ufficiali date dall'Austria-Ungheria in riguardo alla sua politica balcanica, sono sincere in quanto rispecchiano il pensiero di

S.M. l'imperatore e del conte Goluchowski, che ne è il fedele e convinto esecutore. La situazione però continua ad essere delle più delicate, poiché, a parte S.M. l'imperatore ed il suo ministro, tutte le altre sfere del Governo, e soprattutto le sfere militari austriache, sono concordi nel ritenere che si debba profittare del momento in cui la Russia è seriamente impegnata nell'Estremo Oriente, per attuare le antiche aspirazioni della Monarchia nella penisola balcanica. Di questo stato d'animo dei circoli politici e militari austriaci, egli era in grado di essere ben informato a cagione dei numerosi serbi che occupano in Austria alti gradi nella gerarchia civile e militare. Egli mi dimostrò pertanto il pericolo di questa pressione sull'animo dell'imperatore, il quale, a cagione dell'età avanzata, si ritiene non completamente refrattario alle influenze esterne, soprattutto se nuovi fatti, ora imprevedibili, ma pur sempre possibili, dessero al partito dell'azione

nuovi e validi pretesti d'intervento. Per questi motivi, pur constatando il notevole miglioramento prodotto nella situazione generale dalle recenti dichiarazioni austriache, il pericolo di complicazioni sussisteva tuttavia.

Profittai del tuono amichevole di questa conversazione per domandare al signor Pachitch se gli risultasse quanto mi era stato riferito intorno ad un emissario che si pretendeva circolasse nel sangiaccato di Novi Bazar per sollevare i serbi dicendosi inviato dal Governo di Belgrado. Egli mi rispose che il fatto era vero e che questo individuo si trovava ancora sui luoghi, per cui egli aveva ordinato che si tentasse di averne la fotografia per poterlo identificare e stabilire con precisione a nome di chi agisse, quantunque si sia già giustificati nel sospettarlo come agente austriaco.

Di questo fatto ho già informato V.E. col mio rapporto riservato del 2 corrente

n. 461 , insieme ad altri che tutto mi porta a ritenere fondati.

La doppia tendenza che, secondo il signor Pachitch, divide il Governo austriaco, potrebbe forse spiegare la contraddizione che esiste fra l'apparente sincerità delle dichiarazioni ufficiali e queste pericolose manovre.

234 1 Il 5 marzo Tittoni comunicò a Bertie quanto dettogli da Barrère. Questi avrebbe aggiunto: «La Francia non avrebbe visto di buon occhio una eventuale occupazione austriaca del sangiaccato di Novi Bazar» (BD, vol. V, p. 73).

235 1 Non pubblicato.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO S.N. Roma, 5 marzo 1904, ore 14.

Decifri da sé. Trovo giuste osservazioni conte Goluchowski circa opportunità ritardare nostro colloquio1 . Andrò volentieri ad Abbazia dopo Pasqua. Però sarebbe necessario che nostro colloquio avesse luogo nella prima settimana dopo Pasqua perché nella seconda metà di aprile è fissata visita del presidente Repubblica francese al re d'Italia.

237

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Londra, 5 marzo 1904.

Avevo preparato la mia lettera del l o marzo1 per consegnarla al corriere qui giunto stamane, quando mi pervenne il nuovo telegramma di ieri dell'E.V. 2 concernente la questione della clausola del Trattato di Berlino relativa all'eventuale occupazione austriaca del sangiaccato di Novibazar.

2 Cfr. n. 234.

Confermando quanto sull'argomento era detto nel suo precedente telegramma del 23 febbrajo3 , circa i danni che sarebbero da attendersi se, in questo momento, l'Austria-Ungheria volesse valersi di quel suo diritto, ella m 'incaricava di indagare quale sarebbe su questo punto il preciso pensiero di lord Lansdowne e quale la sua attitudine ove si avverasse quel fatto. V.E. aggiunge averle codesto ambasciatore di Francia dichiarato ieri l'altro «a nome del proprio Governo, ritenere che l'AustriaUngheria non possa più, dopo 25 anni, valersi della clausola del Trattato di Berlino e che ad ogni modo ciò possa dar luogo a rimostranze delle altre Potenze, costituendo un pericolo per la pace».

Questa comunicazione assai grave m 'induce ad aggiungere qualche considerazione a quanto ebbi da ultimo occasione di scrivere a V.E. sullo stesso oggetto.

Nella mia risposta4 alla sua confidenziale del 16 febbrajo5 , avevo io stesso ricordato il noto articolo XXV e ciò a proposito della enumerazione che facevo dei diversi casi ai quali avrebbe potuto applicarsi o non applicarsi la proposta di un'azione anglo-italiana nell'Adriatico da lei allora messa innanzi e le condizioni della quale mi sembravano meritare di essere precisate. Citai quell'eventualità di Novibazar come meno impossibile dell'altra cui ella alludeva, di una invasione in Albania o Macedonia; ma non mi ero inteso di dire che nemmeno l'occupazione del Corridojo potesse effettuarsi dall'Austria per atto subitaneo, di sorpresa. Questo mio pensiero è anche meglio chiarito nella mia lettera successiva del l o marzo, nella quale segnalavo le circostanze eccezionali che sole potrebbero condurre il Gabinetto di Vienna ad invocare la nota clausola. Non è invero ammissibile che quel Governo voglia esporsi ad offendere l'alleata Italia, a destare le diffidenze dell'Europa nonché di una parte dei suoi propri sudditi, ed a provocare un'agitazione nell'intera Macedonia, tutto ciò per la piccola soddisfazione di annettersi qualche altro chilometro di ingrato territorio. Se dunque la temuta occupazione non può verificarsi se non per contraccolpo di uno stato di cose minaccioso in Albania, Serbia e Montenegro -cioè poi di una rivulsione di tutta la penisola-non vi è dubbio che quell'atto, se mai si avvera, si vedrà venire a distanza. Inoltre, l'Austria-Ungheria dovrà previamente intendersi al riguardo con la Sublime Porta, il che richiede generalmente più di 24 ore. E infine il conte Goluchowski ha sempre detto (come nel telegramma da V.E. ricordato del conte Nigra) che egli ne darebbe, se non altro, preventivo avviso alle Potenze. Tutto ciò sembra umanamente escludere il caso di una sorpresa; e quando la ora descritta situazione si presentasse, è lecito confidare che le Potenze interessate avrebbero allora il tempo per formolare le proprie osservazioni, oltrechè, come lo accennai, la cosa non si presentasse sotto la forma di una semplice occupazione austriaca del Sangiaccato, ma in connessione coll'intera situazione dei Balcani.

Io cercherò in un prossimo colloquio con lord Lansdowne, di scandagliare come ella me lo prescrive le disposizioni di Sua Signoria in vista di una tale eventualità; ma, fino a istruzioni contrarie di V. E., mi propongo di ciò fare in forma il più possibile incidentale, per modo da non produrre l'impressione di una nostra calcolata azione

4 Cfr. n. 191.

5 Cfr. n. 185.

ostile alla Potenza alleata. Quand'anche, del resto, io ponessi la questione nei termini precisi che il telegramma di V.E. sembra indicare, non è da attendersi che questo ministro vi risponda se non in modo molto evasivo. Ho già notato infatti come le prime aperture di V.E. a sir F. Bertie, sebbene miranti al caso di un'invasione contraria al Trattato di Berlino, sieno state passate sotto silenzio da Sua Signoria: tanto più è probabile che egli ripugni a pronunciarsi su di una domanda la quale implicherebbe una opposizione alla validità di una clausola formale di quel trattato.

Confesso che sono rimasto sorpreso da quanto V.E. mi riferisce sulle dichiarazioni fattele da codesto ambasciatore francese, in nome del suo Governo, che cioè questo riterrebbe «non potere più l'Austria-Ungheria, dopo 25 anni, valersi della citata clausola del Trattato di Berlino». Simili disposizioni di trattati conchiusi senza termine, cadono bensì talvolta in desuetudine, quando hanno cessato di esistere le circostanze che le hanno determinate. Ma non vedo come ciò possa dirsi della clausola di cui si tratta, connessa alla questione dei Balcani, rimasta immutata, -meno mutata certamente che no! sia per esempio la questione delle pescherie di Terranova ove la Francia esige oggi ancora la esecuzione letterale di vieti impegni assunti dall'Inghilterra a Utrecht nel 1713. Una simile teoria non sarà senza dubbio ammessa, fra altri, dalla Germania. Che il Gabinetto di Vienna poi si acconci a rinunciare a priori ad un diritto così solennemente acquisito, mi sembra una assoluta impossibilità. Bensì, quando gli risultasse che l'Italia avesse fatto il tentativo di organizzare una specie di pressione collettiva delle altre Potenze per costringerlo a quell'abbandono, non si può dubitare ch'esso ne proverebbe un profondo risentimento. Ciò mi appare così chiaro, che non posso difendermi dal pensare che M. Barrère, nel fare codesta mossa, abbia avuto appunto di mira un consimile risultato. Che egli cerchi così di indurci in tentazione è per parte sua, un atto di buona guerra. Ma spetta a noi l'apprezzare se il momento attuale sia opportuno per arrischiare una ferita, che potrebb'essere mortale, alle nostre alleanze ... Io credo che meglio si provvederà al pericolo contemplato da V. E., coltivando con prudenza l'intento che abbiamo in comune coll'Inghilterra, di cogliere cioè ogni occasione per far rientrare nell'ambito del concerto europeo la intesa questione dei Balcani. Codesto intento, assolutamente legittimo perché conforme ai trattati, dev'essere compatibile col mantenimento verso l'Austria-Ungheria dei rapporti di leale amicizia implicati dalla nostra alleanza; ed a parer mio, il trattare anche la questione di Novibazar con amichevoli rappresentazioni fatte, in momento opportuno, direttamente a Vienna, costituirà una guarentigia più efficace contro l'eventualità di un passo a noi sgradito di quel Governo, che non si possa sperarlo da una azione diplomatica offensiva come quella che le esibizioni di M. Barrère fanno balenare.

Valendomi della sua indulgenza o del carattere confidenziale di queste lettere, mi sono permesso di sottoporle con intera libertà le mie personali impressioni. Per non troppo indugiare il corriere, le scrivo con qualche fretta, epperciò la prego scusare se la fatta! e esposizione ne porta forse la traccia ...

236 1 Risponde al n. 224.

237 1 Cfr. n. 227.

237 3 Cfr. n. 201.

238

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 574/51. Pera, 6 marzo 1904, ore 19.

Mi riferisco al telegramma di V.E., n. 4372 . In varie circostanze, ed ancora recentemente, il mio collega d'Austria-Ungheria mi ha lasciato intendere che nel riservare agli ufficiali austro-ungarici il compito di organizzare gendarmeria nella zona di Uskub, il suo Governo non aveva in vista interessi speciali, ma riteneva che quella circoscrizione doveva esplicitamente essere loro assegnata, sia perché prossima al territorio occupato dall'Austria-Ungheria, *sia perché regione alla quale il Trattato di Berlino dà ad essa il diritto di estendersi; tale occupazione si inoltra nel vilayet di Kòssovo, fino al di là di Mitroviza. Ritengo fermamente che ogni mio amichevole accenno ad una soluzione che avrebbe di mira la rinuncia del!' Austria-Ungheria alla zona di Uskub, non avrebbe alcun risultato e renderebbe ancora più difficile un accordo sulla questione de !l'assegnazione delle circoscrizioni*. Barone Calice avendo altresì fatto chiaramente comprendere, da ultimo, che tale questione trovavasi oramai nelle mani dei Gabinetti cui spettava decidere, io non vedrei altra via per risolverla se non quella di una intesa diretta fra R. Governo e Gabinetto di Vienna.

239

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 582/21. Vienna, 7 marzo 1904, ore 20,20 (perv. ore 22,30).

Ho comunicato oggi telegramma di V.E., 5 sera 1 , conte Goluchowski, che mi ha detto sarebbe Abbazia tra cinque e dodici aprile, lietissimo avere con lei abboccamento che considera potrà essere utile rapporti reciproci. Ha ripetuto politica Governo imperiale essere franca, leale e consistere anzitutto mantenimento statu quo Balcani.

238 1 Ed., con l'omissione del brano tra asterischi, in LV 104, p. 171. 2 Cfr. n. 233, nota 2.

239 1 Cfr. n. 236.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, A VARNA

T. 462. Roma, 7 marzo 1904, ore 19,30.

Avendomi Governo austro-ungarico per mezzo suo ambasciatore richiesto ufficialmente di riprendere i negoziati commerciali, prego V.E. significare al conte Goluchowski che noi siamo pronti a farlo e che anzi riteniamo sia bene non tardare oltre il prossimo mese di aprile. Intanto se al Governo ungarico riuscisse gradito noi saremmo disposti a mandare a Vienna e Budapest un uomo competente e discreto per preparare la soluzione della questione del vino che rimane sempre la preminente difficoltà. Questo nostro delegato sarebbe accreditato presso V.E. cui spetta riuscire in questa faccenda utile del negoziato commerciale.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 11545/85. Roma, 7 marzo 1904.

In seguito ai rapporti giunti a questo Ministero dal r.console generale in Tripo1i ed alle informazioni pervenute dalla Società antischiavista d'Italia, il R. Governo ha ragione di ritenere che ad onta delle disposizioni stabilite dalla convenzione di Bruxelles alla quale, come le altre Potenze, il Governo ottomano ha aderito, la tratta degli schiavi tuttora si esercita nei territori della Tripolitania.

In vista di ciò ed a far cessare un deplorevole stato di cose, il R. Governo sarebbe disposto a prendere l'iniziativa di un'azione concorde fra le Potenze intesa ad ottenere dalla Porta maggiori e più efficaci garanzie circa la effettiva applicazione delle norme stabilite dalla già rammentata convenzione.

In un rapporto inviato alla Società antischiavista d'Italia e dalla Società medesima trasmesso a questo Ministero, il padre Giuseppe Barrafranca prefetto apostolico della Tripolitania, credette concretare il sistema da adottarsi per adivenire al richiesto risultato nelle seguenti proposte:

l) Non essendo i neri schiavi sudditi turchi, per se stessi bensì sudditi di altri Stati, non devono considerarsi, come oggi si permette, quali sudditi ottomani, e, non essendoci rappresentanti politici o consolari degli Stati cui appartengono, è giusto che sian lasciati liberi nella scelta del proprio protettorato.

2) nnegro, qualora fosse incapace di fare una tal scelta, dovrebbe stare sotto la protezione di quel!' autorità consolare per mezzo della quale è stato liberato dalla schiavitù.

3) È assolutamente necessario che il negro sia libero nella scelta della sua educazione sia presso gli istituti delle missioni sia presso qualunque altra scuola per una professione, un'arte od un mestiere.

4) Qualora non si potesse ottenere nulla di quanto è esposto nei suddetti tre numeri, sarebbe necessario:

a) che il documento di manomissione, ossia di libertà, rilasciato allo schiavo dal Governo ottomano, non abbia valore se non è vidimato dall'autorità consolare a tal uopo incaricata in ciascuna di queste località;

b) che scoprendosi un negro con un documento di liberazione non vidimato dalla detta autorità consolare, sia esso considerato come contrabbando e siano puniti severamente i suoi conduttori, ed occorrendo egli stesso, giacché gli ingordi padroni, a forza di promesse, spauracchi o minacce, li inducono a dire ed a giurare quel che essi vogliono;

c) che qualunque negro in partenza o per l'estero o per luoghi lontani dalla Tripolitania, debba essere munito non solo del detto atto di manomissione, regolarmente vidimato, ma anche di un foglio di via firmato e sigillato dalla suddetta autorità consolare la quale vi dichiarerebbe il futuro domicilio del negro, e darebbe notizia all'agenzia antischiavista per registrarlo in quel luogo di sua nuova dimora.

Richiamato il r. console generale di Tripoli del suo parere in merito alle dette proposte, egli in suo rapporto a questo Ministero così si esprime':

Sarebbe veramente a desiderare che gli schiavi liberati, giusto quanto propone il padre Giuseppe da Barrafranca ai numeri l e 2 della sua memoria, potessero essere sottratti alla legislazione ottomana, ma la cosa mi sembra inattuabile. Una simile misura lederebbe infatti le prerogative sovrane del sultano che nessuna Potenza vorrà disconoscere, ammesso che la Turchia ha aderito al postutto all'atto generale di Bruxelles. Inoltre, non giova nasconderlo il protettorato dei negri da parte dei consolati creerebbe una situazione di cose non in armonia colle leggi patrie e sarebbe fonte di controversie infinite.

Fintanto che le Potenze non saranno in grado di assumere per conto proprio la protezione dei negri originari di Paesi da esse occupati sovranamente, questi dovranno, per ineluttabile necessità, essere soggetti alle leggi del Paese che li alberga.

Ciò non impedisce però che delle pratiche non possono essere intavolate colla Porta per richiedere serie garanzie circa l 'applicazione in Turchia delle disposizioni deli'atto generale di Bruxelles. Ed a tal uopo il Governo otto mano dovrebbe essere eccitato ad adottare le misure cui alle lettere a), b) e c) del citato memoriale del padre prefetto di Tripolitania, nonché a riconoscere, se non la protezione, la sorveglianza ufficiale dei consoli sui negri liberati.

Mi associo in ultimo completamente alla proposta n. 3 ), persuaso come io sono che il maggior colpo alla schiavitù così detta domestica sarà portato dall'edu

cazione e dall'istruzione, io faccio voti perché la Porta sia invitata ad eliminare ogni ostacolo al libero ricovero dei negri negli istituti delle associazioni antischiaviste da essa riconosciute.

Invitato da questo Ministero il r. console generale predetto sottoponeva inoltre all'esame delle autorità consolari di Francia e Gran Bretagna le proposte contenute nel memoriale del padre prefetto, e riferiva come esse si mostrassero assai scettiche sull'efficacia delle misure, alcuna delle quali, come ad esempio la l) e la 2), assolutamente inattuabili.

Essendo peraltro questo Ministero di avviso essere conveniente che il R. Governo prenda la iniziativa di quei passi verso la Porta intesi ad ottenere da questa una più rigorosa osservanza delle norme contenute nell'atto generale di Bruxelles, mi rivolgo alla E.V. affinché voglia sottoporre la questione all'esame di codesto Governo unitamente alla proposta di una azione collettiva delle varie Potenze presso il Governo ottomano, facendomi quindi conoscere quali siano in proposito le vedute di codesto ministro degli affari esteri.

Analoga comunicazione venne fatta alla r. ambasciata di Parigi e Londra2 .

241 1 R. 172/64 dell'Il febbraio, non pubblicato. Allegato al rapporto c'è il seguente appunto: «Vedere a Londra, a Parigi, a Berlino e a Bruxelles se sarebbero disposti ad un 'azione presso la Porta. Mettere bene la questione. Risposta preliminare».

242

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. S.N. Vienna, 7 marzo 1904.

Il presidente del Consiglio signor Korber ricevette la settimana scorsa una deputazione della delegazione municipale di Trieste composta dal podestà signor Sandrinelli dai deputati al Reichsrat signor Richetti e Depiera e dal delegato della deputazione di [ ...]1 signor Venezian.

La deputazione intrattenne il signor Korber della questione de li 'università italiana e fece risaltare la necessità di istituire la sede di essa a Trieste che offriva la possibilità per il suo conveniente sviluppo osservando che qualsiasi altra soluzione poteva essere causa di agitazione tra le popolazioni italiane dell'Austria.

Secondo quanto riferiscono i giornali il presidente del Consiglio avrebbe informato la deputazione essere intenzione del Governo di soddisfare il desiderio delle popolazioni italiane colla creazione di una scuola superiore che sarebbe per ora ristretta ad una facoltà giuridica con tutti i privilegi propri all'università e che il disegno di legge relativo sarebbe stato presentato nella prossima riunione del Reichsrat.

Quanto alla sede di essa il signor Korber fece conoscere che la questione formava tuttora oggetto de li'esame del Governo.

La deputazione venne quindi ricevuta dal ministro dell'istruzione pubblica che cottfermò l'intenzione òeì Governo di corrispondere al desiderio delle popolazioni italiane. Mi fece conoscere che la questione doveva essere definita in via legislativa e che spettava al Reichsrat di adoperarsi per ciò che riguardava la sede della scuola superiore di rimuovere gli ostacoli che il Governo prevedeva a tale riguardo.

A quanto s'afferma il Governo non sarebbe disposto a stabilire la sede della scuola a Trieste per impedire le proteste di altre nazionalità che chiederebbero in tal caso un'identica scuola superiore l'istituzione della quale non potrebbe essere effettuata dal Governo. Per contro esso sarebbe deciso ad istituirla a Trento, Gorizia e Rovereto e quest'ultima città sembra sia quella che verrà prescelta.

Nel giorno stesso in cui la deputazione triestina era ricevuta dal presidente del Consiglio fu tenuta in Innsbruck un'adunanza del partito popolare germanico, in cui si deliberò di combattere colla maggiore energia l'istituzione di una scuola superiore non tedesca e di protestare contro l'intenzione di trasferire i corsi italiani di quella città a Trento perché con ciò si verrebbe a fare una nuova concessione al partito autonomo italiano che aggraverebbe l'antagonismo esistente tra i due elementi e ridonderebbe a danno di quello germanico. Si chiese quindi che i corsi italiani fossero trasferiti a Gorizia o a Vienna ciò che non sarebbe per nuocere gli interessi nazionali germanici.

Alla toro volta gli studenti italiani di Vienna tennero venerdì scorso una adunanza generale per rispondere alle risoluzioni prese dal partito germanico.

In questa adunanza fu votato un ordine del giorno nel quale si protestò contro l'intenzione del Governo di non voler stabilire l'università in Trieste, si dichiarò che la sua istituzione fuori di quella città centro della vita intellettuale italiana in Austria sarebbe una risoluzione irrisoria. Si raccomanda ai deputati italiani di non porre in rischio l'avvenire della nazionalità italiana e di adoperarsi nel Reichsrat nel senso delle sue aspirazioni ricorrendo anche all'ostruzionismo. E si eccitò infine la popolazione italiana ad esercitare un 'azione energica contro le scuole germaniche di Trento, Trieste, Gorizia e Pola che sono un oltraggio al sentimento nazionale.

Un'identica adunanza fu tenuta altresì dagli studenti italiani d'lnnsbruck, in essa si affermò il diritto della nazionalità italiana all'istituzione dell'università in Trieste e si fece conoscere il fermo loro proposito di non cessare dalla lotta finché tale scopo non fosse raggiunto.

Le risoluzioni prese dalla studentesca italiana fanno prevedere in una non lontana scadenza nuovi e forse più gravi disordini.

È da sperare però che essi non sieno per ripercuotersi nella studentesca del Regno col provocare dimostrazioni irredentiste che non potrebbero a meno di produrre qui una spiacevole impressione e che è nell'interesse del Regno di impedire e reprimere all'evenienza al fine di non oftùscare i nostri rapporti col vicino Impero che è sua intenzione di consolidare e rendere sempre più intimi.

241 2 Con DD. l l 546/273 e l 1554/87 del 7 marzo, che non si pubblicano, come non si pubblicano le risposte di Tornielli e P ansa, contenute rispettivamente nei RR. 72 l/306 del 13 marzo e 3 73/ l34 del 2l marzo. Sia Parigi che Londra risposero in modo negati v o. Per la risposta di Lanza cfr. n. 252.

242 1 Parola illeggibile.

243

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Parigi, 7 marzo l 904.

Le scrivo in questa forma particolare poiché il soggetto principale della mia lettera non entra propriamente nel campo di mia competenza.

Quando si cominciò a dire che il viaggio del presidente Loubet a Roma era fissato per la fine di aprile, e la guerra russo-giapponese non era ancora scoppiata, il principe Radolin, mio collega di Germania, parlandomi in amichevole colloquio, mi disse che probabilmente la visita del capo dello Stato francese coinciderebbe con la presenza d eli' imperatore Guglielmo UO nel Mediterraneo. Allora nessuno avea ancora detto che il programma del viaggio presidenziale comprenderebbe la fermata di Spezia e la rivista navale di Napoli.

Vernerdì scorso, 4 marzo, venne alla nostra ambasciata, mandatovi dal suo capo, il consigliere germanico e chiese se era esatta la notizia che il presidente della Repubblica si troverebbe in Italia il 23 od il 24 del prossimo mese. Gli fu risposto da uno dei segretari, essendo io in quel momento occupato, che non avevamo in proposito ufficiali informazioni, ma avevamo ragione di credere l'indicazione esatta. Il dì seguente m'incontrai con il principe Radolin, e, dopo di avergli lasciato il tempo di entrare in discorso, se gli conveniva di farlo, sul motivo per il quale egli mi aveva fatto chiedere l'informazione relativa al viaggio del presidente, vedendo io ch'egli serbava sovra di ciò il silenzio, mi scusai della mancanza di precisione nella risposta che dalla segreteria della mia ambasciata gli era stata mandata. Ciò che riguardava la data ed il programma si trattava a Roma con il signor Barrère. Il mio collega mi ringraziò di avergli fatto dire quanto io stesso ne sapeva, ma non trovò una ragione qualsiasi da addurre per spiegarmi la frettolosa interrogazione ch'egli mi avea fatto fare.

Ora mettendo insieme l'osservazione che il principe Radolin mi avea fatto circa la coincidenza del viaggio del signor Loubet a Roma con la presenza dell'imperatore di Germania nel Mediterraneo, con l'interrogazione recente circa la data dell'arrivo in Italia del presidente della Repubblica, mi nasce l'idea che questo ambasciatore tedesco sia stato egli stesso richiesto da Berlino di accertarsi qui di tale data e, se questa supposizione mia fosse fondata, V.E. comprenderebbe subito le deduzioni che se ne potrebbero fare. La più semplice e naturale sarebbe che l'imperatore voglia combinare il programma della sua crociera in Mediterraneo in guisa da tenersi lontano dalle nostre coste durante il periodo della visita francese. Ma anche l'altra e contraria supposizione è possibile principalmente se fosse vero che l'imperatore ebbe anche altre volte il progetto di procurarsi un incontro con il presidente della Repubblica francese 1•

*Non pare probabile che quel sovrano sia male informato delle disposizioni del sentimento pubblico francese in questo momento. Lo sarebbe però di certo se egli stimasse l'ora presente propizia per una sorpresa di questo genere ed in ogni caso sarà

bene che VE. sia stata avvisata che, nello stato di perplessità e di agitazione in cui si trovano i francesi dopo la dichiarazione di guerra della Russia con il Giappone, mancherebbe assolutamente ogni opportunità ad un colpo di scena di cui qui c'incolperebbero di essere stati i macchinisti*2 .

Mi astenni, dopo il telegramma di VE. del 30 gennaio3 , di occuparmi direttamente qui di ciò che concerne il viaggio pur cercando di tenermi informato di quanto avrebbe potuto interessare il R. Governo.

Le segnalai con il telegramma del 28 febbraio4 il battibecco dei giornali parigini quando l'agenzia Havas ricevette da Roma il programma della visita e l'indicazione della data della medesima. Quel battibecco durò poco e non degenerò in una polemica che sarebbe stata dispiacevole ed aftàtto inopportuna. Le ho segnalato il contegno imbarazzato del presidente che, per non dire troppo, dice niente. Ma se egli tace con me, ha parlato con altri ed a me sembra che, per essere nella verità, dobbiamo ritenere ch'egli è intenzionato di eseguire esattamente il programma della visita; ma stimo nello stesso tempo di aver abbastanza fatto presentire la possibilità di un rinvio al quale le circostanze della guerra russo-giapponese lo costringessero, perché se tale eventualità si verificasse, l'opinione pubblica nei due Paesi vi sia preparata.

Un'altra causa di perplessità è la situazione del Gabinetto. Le ultime votazioni non furono buone per il così detto bloc e le inquietudini che regnano sulla condizione delle forze marittime ha in questi giorni allargato le fenditure che già si erano prodotte nella maggioranza ministeriale. La sessione sarà interrotta a Pasqua. Ma la discussione sulla Marina difficilmente potrà essere rinviata a dopo le vacanze.

243 1 Sul ventilato incontro dell'imperatore di Germania con Loubet a Napoli, cfr. GP, vol. XX/l, nn. 6431-6442.

244

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 601/24. Londra, 9 marzo 1904, ore 3,50.

Ho comunicato al marchese Lansdowne tenore del telegramma di VE. n. 438 1 .

Sua Signoria mi disse aver egli pure ricevuto fino da dieci giorni or sono dal console britannico a Uskub un avviso analogo a quello segnalato dal r. ambasciatore in Costantinopoli, ma che sir N. O'Conor non si era pronunziato sul valore di quella notizia. Egli si riserva di interpellare quell'ambasciatore circa la possibilità di promuovere adesso una nuova distribuzione dei distretti per la gendarmeria pur osservando che dietro le ultime notizie i delegati sembravano ormai sul punto di intendersi, e che in tal caso sarebbe forse pericoloso di risollevare ab ovo quella questione perdendo un tempo prezioso in discussioni sopra punti secondari.

1 Non rinvenuto.

4 Non pubblicato.

Marchese Lansdowne mi disse nella stessa occasione che, se, come pareva indicarlo le notizie di Costantinopoli, divenisse ora necessario di procedere a un qualche atto collettivo di pressione per vincere le nuove resistenze della Sublime Porta contro applicazione delle riforme, il Governo britannico sarebbe disposto a prendervi parte. Sua Signoria intende con ciò dimostrare come egli sia pronto a prestare sincero ed assoluto concorso al programma austro-russo tino a che rimane una qualunque speranza tàrlo riuscire. Ma appunto questa dichiarazione mi lascia impressione che se sorgessero nuovi ostacoli il Gabinetto di Londra non tarderebbe molto a prendere l'iniziativa delle note sue proposte più radicali al che esso si trova spinto da reiterate dimostrazioni dell'opinione pubblica.

243 2 Il passo tra asterischi è edito in ToM~1AS1NI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. l cit., pp. 380-381.

244 1 Cfr. n. 233.

245

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 602/25. Londra, 9 marzo 1904, ore 3.50 (perv. ore 9,30).

Ho parlato col ministro degli aftàri esteri, in fanna strettamente confidenziale, nel senso telegramma di V.E. 439 1; e qui riassumo la sua risposta: «In linea di diritto Lansdowne non crede che si possa considerare come perenta o menomata la facoltà conferita all'Austria-Ungheria dall'articolo 25 del vigente Trattato di Berlino. Egli anzi mette in qualche dubbio che le riferite dichiarazioni di Barrère gli siano state veramente commesse in quei tennini dal suo Governo. Marchese Lansdowne ammette, d'altra parte, che, data la presente situazione, il momento sarebbe certamente inopportuno per una pratica applicazione di quell'articolo, e che qualora positivamente risultasse aver ora Austria-Ungheria intenzione di valersene, sarebbe a cercarsi modo di rappresentare amichevolmente pericolo di un tale atto e dissuaderla. In linea di tàtto però, marchese Lansdowne non possiede verun indizio che una simile intenzione sia nutrita dal Gabinetto austriaco, né crede alla attuale esistenza di essa. Ad ogni modo marchese Lansdowne prende nota titolo di informazione strettamente personale della tàttagli comunicazione, proponendosi di invigilare con cura sull'argomento dei sospetti di cui si tratta e quando gliene risulti una qualunque conferma si riserva di conferirne ulteriormente con noi».

245 1 Clr. n. 234.

246

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 605/54. Pera, 9 marzo 1904, ore 11,40.

Mi riferisco telegramma di V.E. n. 471 1• In un colloquio avuto oggi col mio collega d'Austria-Ungheria, accennando all'articolo del Pester Lloyd segnalatomi daiI'E.V. e ad un telegramma da Salonicco pubblicato dalla Tribuna, il 4 marzo, gli chiesi se fossero esatte le notizie corse che il suo Governo avesse rinunziato all'intendimento di riservare ai propri ufficiali il compito di riorganizzare la gendarmeria nel distretto di Uskub. Barone Calice mi rispose che il suo Governo aveva manifestato intenzione di riservare questo distretto agli ufficiali austro-ungarici allorché commissione militare aveva deciso di iniziare riordinamento gendarmeria colla fonnazione di cinque battaglioni in altrettante località designate, il cui comando sarebbe affidato agli ufficiali stranieri. Questo progetto essendo stato abbandonato, e trattandosi ora di formare le circoscrizioni definitive, egli aveva chiesto in proposito istruzioni al suo Governo che non gli erano ancora pervenute. Barone Calice è proclive a pensare che la questione forma l'oggetto di scambi di vedute fra i Gabinetti, ma dichiara non avere alcuna informazione dal suo Governo. Ho colto questa occasione per richiamare attenzione del mio collega sulla convenienza, ne li 'interesse delle riforme, di attribuire le zone fra le diverse Potenze, in modo che a nessuna di esse sia affidata quella zona nella quale si può supporre che esse abbiano ad esercitare un 'influenza di indole politica. A questo riguardo barone Calice si mostrò riservato ed evitò pronunziarsi, ripetendo che ignorava istruzioni del suo Governo.

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 9 marzo 1904, ore 20,30.

Intervista Giolitti pubblicata da giornale francese Matin e della quale ha parlato a

V. E. il conte Biilow1 è una pretta invenzione. A smentire detta intervista ed altra pubblicata ieri dal giornale italiano Secolo, Giolitti ha diretto alla stampa per mezzo dell'agenzia Stetàni un comunicato ufficiale sul quale prego di richiamare l'attenzione del conte Billow e che è così concepito: «Da qualche tempo giornali esteri ed italiani hanno

pubblicato o commentato interviste attribuite al presidente del Consiglio dei ministri. Siamo autorizzati a dichiarare che il presidente del Consiglio non ha accordata alcuna intervista e quindi quelle notizie e quei commenti non esprimono il suo pensiero»2 .

246 1 T. 471 dcll'?l marzo non pubblicato. L'articolo dell'uflìcioso Pcster Uoyd sosteneva la tesi <<di assegnare le zone più discusse alle Potenze meno interessate».

247 1 Cfr. n. 229.

248

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 309/60. Vienna, 9 marzo 1904.

Nella seduta di ieri della Camera austriaca i deputati tirolesi Escler Perathoner e Schraffl protestarono a nome di tutti i tedeschi del Tirolo senza distinzione di partito contro il progetto per l'istituzione della facoltà giuridica a Rovereto. Il dottor Escler fece rilevare come tale istituzione fosse in contrasto non solo con gli interessi dei tedeschi in particolare, ma bensì con quelli dello Stato in generale. Rovereto l'antica «Rofreiten>> sarebbe per tramutarsi in un centro di agitazione antitedesca; la deputazione tedesca del Tirolo non lo avrebbe mai tollerato e si opporrebbe sin d'ora con ogni mezzo alla creazione della facoltà giuridica in quella città.

Per contro i deputati tedeschi delle altre provincie non disapprovarono il progetto del Govemo e chiesero soltanto l'affidamento che l'erigendo istituto si limiterà alla sola facoltà di legge e che questa non servirà di base in avvenire alla creazione in altre città, Trieste per esempio, d'una vera e propria università.

Il club dei deputati italiani ha dal canto suo trasmesso al presidente dei ministri una comunicazione con la quale manifesta per il proprio malcontento per la inattesa ed infelice soluzione alla questione universitaria e riconferma le dichiarazioni costantemente formulate in proposito circa l'imperscrittibile necessità di istituire a Trieste e non in altra città quale essa sia, la nuova università italiana.

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 10 marzo 1904, ore 0,45.

Dopo avere ricevuto le lettere riservatissime dell'E. V. 1 , volli avere in proposito un colloquio confidenziale con questo ambasciatore di Germania. In tale colloquio il conte Monts mi confermò le preoccupazioni delle quali già ella si era fatto interprete,

249 1 Cfr. nn. 226 c 229.

ma aggravandole molto, e attribuendo alla prossima visita del presidente Loubet, per gli effetti che essa potrebbe esercitare sopra la solidità attuale della Triplice Alleanza, e sopra l'avvenire di essa, una importanza che mi è sembrata del tutto sproporzionata alla realtà delle cose2 . Invero, non la restituzione della visita, per se stessa, può meravigliare il Governo germanico; né potranno meravigliarlo le cortesie che il Governo italiano non potrà a meno di restituire all'ospite, né le accoglienze festose che faranno ad esso le nostre popolazioni di indole così tàcilmente espansiva, anche come risposta alle festose accoglienze fatte in Francia ai nostri sovrani. Ma d'altra parte è ferma intenzione nostra di evitare tutto ciò che potrebbe contribuire a dare alla visita una significazione assolutamente contraria alle intenzioni del Governo italiano non meno che a quelle del Governo germanico. Onde è che le preoccupazioni così vivamente manifestate dal conte Biilow non potrebbero avere una reale giustificazione che allora quando egli potesse dubitare dei reali intendimenti del Governo italiano in ordine alle sue alleanze; e un tale dubbio mai più che adesso sarebbe ingiusto e produrrebbe in me, se esistesse, dolorosa sorpresa e rammarico. Ho detto che è intenzione del Governo, per quanto dipenda da lui, di mantenere i tèsteggiamenti in ragionevoli proporzioni. È perciò che abbiamo escluso le visite a Torino e a Milano; abbiamo eliminata la visita alla Spezia per il varo di una corazzata; e abbiamo altresì evitate molte proposte di iniziative private, fra cui la gara nazionale, a Roma, delle società di tiro a segno, e altri progettati congressi. Quanto alla visita a Napoli, è da osservare che un ritorno di Loubet per la via di terra avrebbe probabilmente resa impossibile l'esclusione di una fermata a Torino o a Milano, con conseguenti dimostrazioni che avrebbero preoccupato il R. Governo assai più di quelle di Napoli, prive notoriamente di specifica significazione politica. Del resto ad accogliere e imbarcare il presidente Loubet non verranno a Napoli che tre navi francesi con due torpediniere: e si troverà presente nel golfo soltanto una divisione della nostra squadra; né questa divisione vi si recherà appositamente, ma si troverà nelle acque di Napoli, per la venuta dell'imperatore Guglielmo, e là poi rimarrà in attesa del presidente Loubet. Fu l'ambasciatore di Francia che ci espresse il desiderio di Loubet di ritornare da Napoli per mare. Avendo noi aderito a tale desiderio, non sapremmo ora trovar modo per ritirare l'adesione data. Ciò deve tener presente il conte Biilow, poiché senza di ciò avremmo anche procurato di omettere il passaggio da Napoli. Che se noi siamo risoluti a mantenere i festeggiamenti nei loro giusti confini, d'altra parte io sono non solamente disposto, ma desideroso di cooperare a qualche contemporanea manitèstazione che affermi dinanzi al mondo la lealtà e la serietà dei nostro vincoli di alleanza. Mi duole che a ciò non si presti in tutto la visita dell'imperatore Guglielmo per il suo carattere strettamente privato. Ma nulla toglie che il re nostro, invitato a colazione dall'imperatore a bordo della sua nave, scppure in fonna privata, colga l'occasione per pronunciare un saluto all'ospite augusto con vibrata intonazione politica. Di più ancora, voglia comunicare confidenzialmente al conte Biilow che tra il 5 e il 12 aprile è già concordato un convegno fra il conte Goluchowski c me ad Abbazia. Io sarei molto lieto se a tale convegno tosse terzo il conte Biilow, o se, venendo egli in quei giorni in Italia, volesse accordarne un altro

con me. Questo incontro dei tre ministri delle Potenze alleate basterebbe certamente da solo a togliere ogni timore delle impressioni o delle supposizioni delle quali si preoccupi il cancelliere dell'Impero germanico. E poiché V.E. mi dice che il conte Btilow difficilmente potrà lasciare la Germania durante l'assenza dell'imperatore, io gli propongo di recarmi da Abbazia ad incontrarlo in quella città della Germania meridionale che gli piacesse sceglier per trovarsi un giorno con me, per esempio Stuttgart, Nuremberg od altra. Questi colloqui alla vigilia della venuta di Loubet costituirebbero un fatto politico importantissimo, il cui significato non potrebbe essere da altri fatti diminuito. Quanto poi all'altro timore che la visita del presidente Loubert possa otlrire occasione in Italia a speciali dimostrazioni irredentiste, io ho fiducia che nulla accadrà che possa offendere le giustificate suscettibilità della comune alleata. L'opera del! 'attuale Governo è diretta ad esercitare in favore della Triplice Alleanza tutta la sua azione direttrice dell'opinione pubblica e ad usare, rigidamente ed energicamente, di tutte le facoltà che le leggi gli consentono per prevenire e per reprimere qualunque manifestazione adatta a turbare i suoi rapporti con i Governi alleati. È questo l'impegno fermo, preciso e leale che il Governo italiano assume di fronte a se medesimo. Del resto il fatto che la Triplice Alleanza non impedisce l'esistenza di rapporti amichevoli colla Francia ha contribuito a rendere popolare tra noi l'alleanza stessa. Le ripeto che le preoccupazioni del conte Billow mi hanno recato alquanta meraviglia e rammarico solo perché difficilmente riesco a giustificarle senza ammettere una qualche diffidenza sulla piena lealtà della nostra adesione alla Triplice Alleanza come base e orientamento di tutta la nostra politica estera. Io confido che le assicurazioni che l'E. V. saprà dare con quella autorità che le deriva dalla stima e dalla fiducia personale che così meritamente gode anche presso codesto Governo, varranno pertanto a dissipare le preoccupazioni non solo del conte Biilow, ma anche quelle delrimperatore che credo intravedere, e contribuiranno a confermare ai nostri rapporti con la Germania e con l'Austria quel carattere di piena confidenza reciproca, il cui conseguimento è l'obiettivo della mia azione politica. Attendo in proposito sue ulteriori comunicazioni3 .

247 2 Con T. s. n., pari data, Tittoni spediva a Vi enna analogo telegramma.

249 2 Cfr. il telegramma di Monts del 7 marzo, GP, vol. XX/l. n. 6390. Secondo Monts, la visi la di Loubet era fortemente voluta dal re, GP, vol. XX/L n. 6393.

250

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 609/22. Parigi, 10 marzo 1904, ore l, 15.

Delcassé, indisposto leggermente, non riceve. Prima di comunicargli osservazioni relative scambio ratifiche della convenzione arbitraggio 1 , faccio osservare che nostra convenzione è identica a quella della Francia coll'Inghilterra e la Spagna, che

lo scambio ratifiche coll'Inghilterra è stato eseguito il 25 febbraio, e che Spagna ha le sue ratifiche in pronto e chiede di procedere scambio subito. Se, da parte nostra, anche adducendo ragioni telegrafatemi da V.E., si esitasse a ratificare, si darebbe, probabilmente, luogo a commenti.

249 3 Non 'ono state trovate ulteriori comunicazioni di Lanza.

250 1 Con T. 473 del 9 marzo. non pubblicato, Titloni aveva comunicato: «L'accordo nostro di arbitrato con la Francia è già esecutivo come ivi è espressamente dichiarato dal giorno della firma e non mi sembra dov.:rsi ratitìcare•>.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. URGENTE CONFIDENZIALE 487. Roma, Il marzo 1904, ore 23,35.

Proposte delegati inglesi e italiano per accordo con Inghilterra non furono comunicate alla S.V. temendosi smarrimento corrieri, ed avendo richiesto Londra tàr\e a lei comunicare dal rappresentante britannico. Prego V.S. farmi pervenire su di esse eventuali sue osservazioni. Governo inglese non ci ha ancora fatto pervenire, al riguardo, sue comunicazioni. Per frontiera verso Lugh, non essendo stato possibile intendersi su linea indicata da capitano Colli nella relazione annessa al rapporto 22 agosto 1902 1 , delegato italiano, in via subordinata, accettò di raccomandare R. Governo adozione linea Daua, purché mediante accordo speciale fossero lasciate libere ai commerci Benadir attraverso territorio britannico sulla destra Giuba e del Daua vie comunicazione tra stazioni italiane Giuba e province meridionali etiopiche, fosse assunto impegno da Inghilterra di non stabilire stazioni commerciali, a monte di Lugh, in una zona da determinarsi. I delegati raccomandarono infine ai Governi obbligarsi dare istruzioni ai propri rappresentanti di appoggiare vicendevolmente loro azione presso Menelik per frontiera verso Rodolfo, e per soluzione politico-commerciale questione Lugh.

252

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 399/126. Berlino. 11 marzo 1904 (perv. il I 6).

Ho preso in attento esame quanto l'E. V. mi ha fatto l'onore di scrivermi col suo dispaccio n. 85 in data del 7 corrente1 intorno alla opportunità di pratiche da eseguirsi presso la Porta per la repressione della tratta degli schiavi in Tripolitania. Sto ora redigendo la comunicazione da rimettere a questo dipartimento degli esteri, nei termini da V.E. indicati. Prima, però, mi corre obbligo di fàrle presente quanto segue.

252 1 Cfr. n. 241.

Pur apprezzando debitamente il concetto dal quale è mosso il padre da Barrafranca sono anche io di opinione, al pari del r. console generale a Tripoli e delle autorità consolari di Francia e d'Inghilterra colà, che le misure da quel prefetto apostolico suggerite sono in parte inefficaci ed in parte inattuabili. Circa la convenienza che il Governo del re prenda la iniziativa di pratiche da eseguirsi concordemente dalle Potenze presso la Porta, allo scopo di ottenerne serie garanzie per l 'applicazione del disposto del! 'atto generale di Bruxelles, io naturalmente non ho da pronunciarmi. Ritengo però di non dover nascondere all'E. V. che, a mio parere, il Governo imperiale ben difficilmente si deciderà a far quelle pratiche. La linea di condotta che la Germania osserva, in principio, verso la Turchia e soprattutto gli imbarazzi presenti del Governo ottomano nei Balcani tratterranno verosimilmente il Gabinetto di Berlino dall'eseguir passi che costituiscano, in sostanza, nuove difficoltà per la Porta. Quando io avrò rimesso a questo segretario di Stato per gli affari esteri la comunicazione in discorso, essa verrà messa allo studio, sarà secondo tutta probabilità profondamente, esaurientemente esaminata ed il lavoro di ponderazione sarà tanto più lungo in quanto che la Germania non ha a T ripoli che un vice console (italiano) il quale dipende dal consolato generale a Tunisi. Questo approfondito studio prenderà, secondo il solito in questi casi, così lungo tempo che l'E.V. mi impartirà l'ordine di sollecitare una risposta, la quale io non potrei certo garantire, per le circostanze suesposte, conformi al desiderio di lei.

In questo stato di cose vedrà ella se sia il caso che io consegni la comunicazione che sto ora preparando per il dipartimento degli affari esteri. In attesa di un cortese suo cenno a questo riguardo2 , ....

251 1 Non pubblicato nel vol. VII della serie Il l.

253

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO S.N. Roma, 12 marzo 1904, ore 11,05.

Ricevo sue lettere particolari l o e 5 marzo 1• Ringrazio V. E. concordando pienamente nelle considerazioni in esse svolte.

20R

252 2 L'appunto allegato non si pubblica perché è la traccia della risposta. Al riguardo cfr. n. 297. 253 1 Cfr. nn. 227 e 237.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 497. Roma, 13 marzo 1904, ore 19,30.

Mi riferisco al mio telegramma n. 270 1• Come I'E.V. sa, dopo quelle prime dichiarazioni, la questione della distribuzione delle zone fra le diverse Potenze venne sospesa, probabilmente in seguito all'affacciarsi delle difficoltà fra le quali certamente non ultima la intenzione nostra precisa, alla quale abbiamo trovato consenzienti i Gabinetti di Londra e di Parigi, di aver affidato il distretto di Monastir, qualora l'Austria insistesse nel reclamare per sé quello di Uskub. Ora il duca A varna mi telegrafa2 di aver avuto comunicazione dall'ambasciatore di Francia a Vienna che i Governi d'Austria e di Russia avrebbero chiesto a quello di Francia se consentisse ad accettare il compito di riorganizzare la gendarmeria nel distretto di Monastir. Voglia far rilevare a Jord Lansdowne come tale notizia dinoti l'intenzione dell'Austria e della Russia di considerare la distribuzione dei distretti fra le varie Potenze come una facoltà spettante non al concerto europeo, ma soltanto a quei due Stati. Ora anche a prescindere dal fatto che la competenza europea in tale questione è stata già riconosciuta col sottoporre la questione stessa alla Commissione militare di Costantinopoli, pare a me che quel principio non possa assolutamente essere accolto senza perdere d'un sol tratto tutto il terreno che in questi ultimi mesi si è guadagnato per attribuire carattere europeo alla soluzione della questione macedone, esistendo in ciò assoluta conformità di idee e di azione fra i Gabinetti di Londra e di Roma. Se per il carattere inevitabilmente politico della questione si è voluto sottrarla alla Commissione tecnica di Costantinopoli, ciò non toglie peraltro che essa debba essere risoluta per accordo fra tutti gli Stati. In questo senso sarebbe indispensabile che l'ambasciatore inglese a Vienna avesse istruzioni di parlare esplicitamente al conte Goluchowski. Quanto ai criteri da seguire per la attribuzione delle zone, io persisto nel ritenere che la migliore soluzione sarebbe quella di attribuire le zone fra le Potenze in modo che a nessuna fosse affidata quella zona nella quale si può supporre che essa abbia ad esercitare un'influenza di indole politica. Sarebbe questo il modo migliore per manifestare col fatto che nessun Stato intende di far prevalere nella soluzione della questione macedone i propri particolari interessi. Qualora peraltro l'Austria-Ungheria e la Russia non aderendo a quest'ordine di idee, l'Austria-Ungheria reclamasse per sé il distretto di Uskub, il Governo italiano stima che il distretto di Monastir sia assolutamente il solo che possa convenire all'Italia, ed è grato al Governo inglese che ha già dichiarato di voler appoggiare questa legittima nostra richiesta.

Io prego V. E. di riferirmi quali siano i precisi intendimenti di lord Lansdowne in materia, e quali siano le istruzioni che egli intende dare all'ambasciatore inglese a Vienna.

2 T. 626/30 del 12 marzo, non pubblicato.

254 1 Cfr. n. 176.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL' AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA 1

T. 498. Roma, 13 marzo 1904, ore 19,30.

La comunicazione dell' E.V. contenuta nel telegramma n. 302 recami meraviglia e rammarico. Come ella rileverà dal mio telegramma n. 2703 a codesta r. ambasciata e dai telegrammi di risposta di codesto incaricato d'affari in data del 15 e 16 febbraio4 , il conte Goluchowski fu informato del nostro preciso intendimento di avere il distretto di Monastir, qualora non prevalendo, nella distribuzione dei distretti, il criterio del minor grado di interesse politico, l'Austria richiedesse il distretto di Uskub. Il conte Goluchowski rispondeva facendo comprendere di considerare la questione come prevalentemente tecnica, e rimettendo la decisione agli ambasciatori a Costantinopoli. Dopo di ciò nessuna altra comunicazione ci pervenne dal Gabinetto di Vienna *prima della notizia trasmessami dali' E.V. la quale è in aperta contraddizione colle precedenti dichiarazioni del conte Goluchowski. Voglia pertanto richiamare amichevolmente su ciò tutta l'attenzione di lui*. Io insisto nel ritenere che la migliore soluzione sarebbe quella di attribuire le zone fra le Potenze in modo che a nessuna fosse affidata quella zona nella quale si può supporre che essa abbia ad esercitare una influenza di indole politica.

Sarebbe questo il modo migliore per manifestare ancora una volta il concetto che nessuno Stato intende di far prevalere nella soluzione della questione macedone i propri particolari interessi. Qualora l'Austria-Ungheria non credesse di poter aderire a questo ordine di idee e reclamasse per sé il distretto di Uskub, il R. Governo nulla avrebbe da opporre, né ci minimamente altererebbe la sicurezza che esso ha, dopo le esplicite e leali dichiarazioni ricevute delle intenzioni del tutto disinteressate di quel Governo. Ma io non posso prescindere dalle condizioni dello spirito e della pubblica opinione italiana e dovrei perciò, come già ho dichiarato, reclamare per l'Italia il distretto di Monastir. Le difficoltà a ciò da parte dell'Austria-Ungheria non potrebbero derivare che dalla supposizione nel!' Italia di mire interessate che sarebbero in assoluto contrasto colla politica e colle dichiarazioni nostre. Voglia in pari tempo far rilevare al conte Goluchowski come la questione della attribuzione delle zone già portata dinnanzi alla Commissione militare di Costantinopoli, è stata anche con ciò riconosciuta come di competenza europea. Essa non potrebbe perciò in nessun modo venire risoluta, almeno in quanto si riferisce alla attribuzione dei distretti non reclamati dalla Russia e dali' Austria, per un semplice accordo fra quelle due Potenze. lo confido che il Governo austriaco riconoscerà la legittimità di queste nostre considerazioni e la necessità di non turbare in questo momento l'accordo fortunatamente sino a ora esistito fra le Potenze.

2 T. 626/30 del 12 marzo, non pubblicato.

3 Cfr. n. 176.

4 Si tratta dei TT. 372 del 15 febbraio e 387 del 16 febbraio, non pubblicati.

255 1 Ed., con alcune varianti e l 'omissione del brano fra asterischi, in LV I 04, pp. 175-176.

256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELU

T. 499. Roma, 13 marzo 1904, ore 20.

S.M. il re ha firmato stamane la ratifica della nostra convenzione d'arbitrato con la Francia, che le sarà spedita domani. V.E. potrà così procedere allo scambio, però desidero che, prima di ciò fare, ella faccia presente al signor Delcassé le considerazioni contenute, a tale riguardo, nel mio secondo telegramma 1 , autorizzandolo ad astenersi dallo scambio se il signor Delcassé se ne mostra persuaso.

257

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 635/54. Berlino, 14 marzo 1904, ore 1,57.

Rispondo suo telegramma 493 1• Secondo programma stabilito, imperatore di Germania giungerà 24 corrente a Napoli, sul piroscafo del Norddeutschen Lloyd «Konig Albert>>, scortato dall'incrociatore «Friedrich Karl» e subito trasborderà sull' «Hohenzollem», che lo attende in quel nostro porto già fin dal l Ocorrente. L'imperatore ha con sé il suo stendardo e la bandiera ammiraglia, ma non si sa, a questo Gabinetto Marina, quale batterà entrando a Napoli. A mio avviso, data la forma privata del viaggio, non sarebbe il caso di rendere visita sovrano, bensì di limitarsi a salutare, secondo le regole internazionali, la bandiera che si vedrà issata. È prevedibile che la entrata nel porto Napoli avrà luogo come quella nei porti di Vigo e di Gibilterra sulle quali V.E. può facilmente avere informazioni ciò specie per Gibilterra ove trovasi un r. console. Per quanto concerne le visite, sono di parere, malgrado forma privata dell'arrivo, soltanto i comandanti militari e marittimi, il prefetto ed il sindaco abbiano a sollecitare, senza ritardo, l'onore di ossequiare S.M. l'imperatore. Sarebbe opportuno, inoltre, che le regie autorità si tenessero in contatto col comandante «Hohenzollern» per notizie ed eventuali accordi. Per quanto si riferisce incontro che

S. M. il re ritengo vorrà avere con S.M. l'imperatore di Germania, credo senza però poterlo affermare in modo positivo che i due sovrani siano già in diretta relazione.

257 1 T. dell3 marzo che non si pubblica.

256 1 Cfr. n. 250, nota l.

258

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 642/36. Vienna, 14 marzo 1904. ore 8,45.

Nel colloquio avuto oggi con ambasciatore di Francia, egli mi ha detto aver chiesto, pochi giorni dopo mio arrivo Vienna, a conte Goluchowski, per incarico di Delcassé, per quali ragioni Austria-Ungheria era contraria assegnazione Italia vilayet Monastir, mentre essa riservavasi vilayet Uskub. Conte Goluchowski aveva risposto che, a cagione situazione interna attuale Albania, assegnazione Italia vilayet Monastir avrebbe provocato opposizione Turchia per la diffidenza che nutriva verso di essa, né Austria-Ungheria desiderava, dal canto suo, attribuirsi quei vilayet. Quanto al vilayet Uskub, la sua assegnazione all'Austria-Ungheria non avrebbe potuto dar luogo alcuna abbiezione da parte Turchia 1•

259

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 666/15. Addis Alem, 14 marzo 1904 1.

In questo momento Lagarde, sostenuto da Jlg, testé decorato in Francia, da Chefneux, da maomettano Hugues Leroux, espressamente inviato da Etienne, forza Menelik accordare Governo francese linea ferroviaria Gibuti-Caffa.

Menelik non si oppone concessione ad una società privata con capitali internazionali, ma non vuole che Governo francese ne abbia diritto esercizio e pieni diritti. Francesi minacciano accusare me perché credono consigli Menelik. Non fo che tutelare nostri interessi come da ordini avuti e come coscienza mi detta. Ferrovia GibutiCaffa in mano Governo francese rinnoverebbe qui ciò che avviene in Manciuria. Conquista pacifica della ferrovia è per noi più conveniente e pei francesi più efficace di una spedizione armata. Questa linea taglia metà Etiopia. Taglia metà nostri interessi e distacca per sempre Eritrea da Benadir. Adua fu una battaglia perduta, ma questo risultato francese sarebbe per noi perdita completa definitiva della Etiopia e non credo sia in noi facoltà fare oggi definitiva rinunzia a nome nostri nepoti. A che pro esigere ora da Inghilterra riconferma riconoscimento protocollo del 1891 se si conce

de Francia completamente sconvolgere statu quo. Promessa francese accettare libero transito Gibuti ha valore se è limitata influenza francese al levante Gibuti-Harrar, ma non è compenso adeguato pel vantaggio immenso che Francia esige. Questione è grave troppo decisamente minaccia nostri interessi; per ciò credo non lasciarsi impressionare da minaccie francesi né lusingarsi da promesse effimere. È indispensabile, credo, molta calma ed energia da parte nostra: io, intanto, procuro indurre Menelik temporeggiare, e attendo Harrington per fare agire questi. È bene oggi, come è posta questione, essa interessa più noi inglesi. Attendo istruzioni telegrafiche: mio stato salute mi può rendere inabile alla lotta da un momento all'altro2 .

258 1 Con T. riservato 688/32 pari data (trasmesso posteriom1ente. ma redatto anteriormente), A varna comunicava: «Ho rivisto oggi ambasciatore di Francia che mi ha detto conte Goluchowski avergli fatto conoscere Governi Austria-Ungheria e Russia avevano creduto offrire Francia vilayet Monastir. la sua assegnazione ad altra Potenza. verso cui Sublime Porta nutrisse diffidenza, potendo sollevare difficoltà».

259 1 Il telegramma fu trasmesso via Asmara il 17 marzo, ore 5,30.

260

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO .. ./55. Berlino, 15 marzo 1904, ore 17,36 (perv. ore 21).

Faccio seguito al mio telegramma di ieri 53 1• Ebbi jer sera colloquio con Biilow, durante il quale, sulla scorta delle istruzioni contenute nel telegramma di lei del l 02 e in forma amichevole, cercai fargli comprendere quanto fossero esagerate le sue preoccupazioni per la visita del presidente della Repubblica. Dopo di avere reso omaggio ai sentimenti dai quali quelle preoccupazioni partivano, gli dissi che la Triplice Alleanza, agli occhi del Governo del re non meno che a quelli del Governo imperiale, è bene prezioso, che si comprendevano quindi i suoi timori di vederla scossa, ma che conveniva astenersi dallo esagerarli, avendo fede nella lealtà dei contraenti. A conforto della mia esposizione toccai, evitando però anche l'apparenza di dare spiegazioni, che non ci erano state, né potevano, in alcun modo, essere richieste, i punti in cui riassumesi il citato telegramma di V.E. Blilow, nelle sue risposte, riaffermò la sua piena fiducia nei propositi che un Governo, come quello di cui tànno parte Giolitti e V.E., ha per il saldo mantenimento della Triplice Alleanza. S.E. apprese con speciale soddisfazione della fiducia di lei, che nulla avverrà durante le feste per la visita presidenziale atto a dare arma in mano ai nemici della Triplice Alleanza e ai partiti sovversivi. Blilow poi si compiacque in modo del tutto speciale nel sentire che poche saranno le navi italiane che si troveranno a Napoli e che esse vi si recheranno in precedenza per l'arrivo dell'imperatore di Germania; in tali condizioni sarebbero cadute di per sé quelle [ ... pdi un affratellamento solenne della marina italiana e francese, del quale avevano tanto parlato già i giornali e che avrebbe ferito,

2 Cfr. n. 249.

3 Gruppi indecifrati.

diceva Biilow, il sentimento del popolo tedesco. Biilow è lieto che ella possa incontrarsi in Abbazia con conte Goluchowski e [ ... p di buon grado [ ... p convegno se assenza di S.M. imperatore non lo costringesse a non allontanarsi da Berlino. Gli sarebbe stato gradito incontro con V.E. anche altrove, ma questo pure non gli è possibile. Venendo però meno incontro dei ministri delle tre Potenze, Biilow ritiene che a VE. sarà agevole trovare occasione per riaffermare dinanzi al mondo, con una dichiarazione ufficiale solenne, la continuità e la saldezza dei legami delle tre Potenze, i quali non escludono la cordialità dei rapporti con la Francia. Biilow è anzi d'opinione che una tale opportunità, da lei abilmente colta, possa presentarsi durante la visita presidenziale. Conclusione: Biilow mi è sembrato jersera meno preoccupato, ma a togliere quello che resta delle sue primitive preoccupazioni varranno soltanto fatti come già le ho detto nel mio telegramma di iersera. Nel congedarmi ho domandato a Blilow in tono amichevole: «posso dire a Roma che le vostre preoccupazioni sono svanite?». Egli sullo stesso tono rispose: «ditelo pure, ma non ditelo troppo», e riprendendo il tono serio proseguì: «dite però pure a Governo italiano e Tittoni che io ho fede in essi, che in essi ripongo tutte le mie speranze, che durante la visita di Loubet nulla accadrà atto a indurre il popolo tedesco a ritenere e a costringere me a convenire che la Triplice Alleanza è virtualmente morta». Tralascio le allusioni fatte da Btilow all'alleanza dei tre Imperi che succederebbe alla rottura della Triplice Alleanza e lascerebbe noi in balia della Francia. Di ciò non è il caso di parlare essendo dei due Paesi comune desiderio e proposito, nel loro interesse reciproco, che non si spezzi la combinazione politica attualé

259 2 Per la risposta cfr. n. 287.

260 1 T. personale del 14 marzo, non pubblicato, che dava solo notizia del rinvio dell'incontro con Blilow a quella sera stessa.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 513. Roma, 15 marzo 1904, ore 22,45.

Rispondo suoi telegrammi personali nn. 32 e 361• Le confermo che nessuna offerta e molto meno accettazione, vilayet Salonicco è avvenuta da parte nostra. Quanto a supposta diffidenza Turchia essa è evidente pretesto. Posso ad ogni modo eventualmente autorizzarla affermare che contegno attuale Sublime Porta nostro riguardo è invece ispirato massima cordialità e confidenza.

n. 6395. 261 1 Cfr. n. 258 e nota l.

260 1 La versione di Biilow (secondo il quale il colloquio avvenne il giorno 15) in GP, vol. XXII,

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 128841106. Roma, 15 marzo 1904.

La E.V. col rapporto del 14 febbraio u. s. n. 1931 informava questo Ministero di un suo colloquio col marchese di Lansdowne a proposito della ferrovia di GibutiHarrar.

Mentre prendo buona nota delle amichevoli dichiarazioni fattele in questa occasione dal marchese di Lansdowne, la prego di fargli conoscere che ne ho informato il maggiore Ciccodicola perché egli conformi la sua condotta nella questione della ferrovia etiopica, alla intesa esistente tra Italia e Inghilterra, mettendosi in relazione col suo collega inglese2 .

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 518. Roma, 16 marzo 1904, ore 19,15.

Mi riferisco mio telegramma n. 4951 . Il duca A varna mi manifesta la possibilità che, di fronte rinnovato rifiuto Francia assegnazione vilayet Monastir, questo possa venire reclamato Russia. Non credo verosimile tale notizia che avrebbe da parte della Russia aperto signitìcato di malanimo verso di noi, in contrasto con la cordialità dei nostri rapporti attuali. Voglia pertanto agire nel modo più pronto ed eftìcace per appurare cautamente se la notizia è vera e in tale caso per impedirne effettuazione. Qualora si allegasse pretesto supposte diffidenze Turchia ella è autorizzata rispondere avere il R. Governo segni non dubbi che contegno attuale Sublime Porta a nostro riguardo è invece ispirato massima intimità confidenza.

'Pansa rispose con R. 419/154 del 30 marzo, d'aver comunicato a Lansdowne: «Essere il nostro ministro in Addis Abeba stato avvertito, per norma delta sua condotta. di quanto si era fra noi detto circa t'eventualità di uno scambio d'idee colta Francia riguardo alta ferrovia Gibuti-Harrar>>.

262 1 Cfr. n. t78.

263 1 T. 495 del 3 t marzo. non pubblicato. con il quale Tittoni intòrmava Morra di Lavriano circa la notizia che la Francia non intendeva accettare il distretto di Monastir.

264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Roma, 16 marzo 1904.

Ricevuto telegrammi 54 e 55 1• Ringrazio notizie. Prego partecipare subito a Blilow che non potendo egli incontrarsi con me, S.M. il re vorrebbe condurmi con sé a Napoli e presentarmi a

S.M. l'imperatore per dare alla visita un carattere più spiccato. Prima però di decidere in proposito S.M. il re vorrebbe che Blilow ne avvertisse confidenzialmente l'imperatore per assicurarsi che la mia presenza gli riesca gradita. Attendo da V.E. risposta telegrafica in proposito al più presto possibile2 . S.M. il re desidera anche sapere se imperatore alla colazione gli rivolgerà un brindisi perché in tal caso si preparerebbe a rispondergli con spiccata affermazione politica. Anche su ciò mi occorrerebbe sollecita risposta telegrafica. S.M. il re visiterà a Napoli l'imperatore la mattina del

26. Prego rinnovare a BUlow mia assicurazione che cortesie a Loubet contenute nei limiti di doverosa ospitalità non possono e non devono, in alcuna guisa, influire su solidità Triplice Alleanza. Confermo che varo a Spezia non avrà luogo malgrado agenzia Havas lo includa nel programma delle feste per Loubet.

265

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 659/27. Londra, 17 marzo 1904, ore 3.

In via privata e confidenziale mi risulta confermato essere in corso importanti trattative tra l'Inghilterra e la Francia per un amichevole assestamento generale delle loro principali pendenze, e ciò sulle basi seguenti. l) Riguardo all'Egitto si sta negoziando in Parigi per stabilire le condizioni che la Francia accetterebbe per una conversione del prestito, nonché per certe modificazioni al decreto della Cassa del Debito, conservandone intatta, in principio, la costituzione. Spetterebbe poi, beninteso, al Governo inglese di procurarsi regolarmente dalle altre Potenze interessate il loro debito assenso alle proposte così concordate. 2) Circa il Marocco l'Inghilterra farebbe a favore Francia una dichiarazione di disinteressamento uguale a quella fatta a noi per la Tripolitania, con esplicita riserva a garanzia libertà e parità di trattamento in materia commerciale. La Francia provvederebbe poi a dare le debite soddisfazioni agli interessi della

Per la risposta cfr. n. 272.

Spagna. 3) L'Inghilterra rinunzierebbe ai suoi reclami contro i privilegi a sé riservati dalla Francia in Madagascar. 4) La Francia rinunzierebbe ai suoi diritti territoriali in Ten·anova, con riserva dell'esercizio della pesca e adeguate indennità ai propri sudditi interessati. 5) L'Inghilterra consentirebbe ad una modificazione dei confini nella regione del Niger in modo da assicurare le comunicazioni fra i diversi possessi francesi.

Non si è trovata per ora la possibilità di una transazione territoriale riguardo le Nuove Ebridi, ma si cercherà di migliorar in pratica attuale modus vivendi.

Queste trattative sono spinte con viva sollecitudine dall'ambasciatore di Francia allo scopo di approfittare delle disposizioni del Governo britannico, il quale, in previsione delle eventualità dell'attuale guerra, annette la massima importanza a consolidare sue relazioni colla Francia. In vista eziandio delle precarie condizioni attuali del Gabinetto Balfour 1 , credo si farà il possibile per addivenire ad una conclusione prima di Pasqua, anche a costo di rinunziare, per ora, alla definizione tassativa di qualche punto che offrisse difficoltà.

264 1 Cfr. nn. 257 e 260.

266

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 660/26. Londra, 17 marzo 1904, ore 3.

16 marzo. Lord Lansdowne mi ha informato che ieri questi rappresentanti di Austria-Ungheria e di Russia gli hanno proposto da parte dei loro Governi, che l'organizzazione della gendarmeria del distretto di Monastir venga assunta dagli ufficiali inglesi. Sua Signoria ha risposto non trovare a ciò obiezioni di massima, ma desidera sapere se quella proposta formasse parte di un sistema di distribuzione previamente gradito da tutti i Governi interessati.

Ho quindi nuovamente insistito presso questo ministro degli affari esteri per le soluzioni dalla E.V. raccomandate nel suo telegramma n. 4971, in seguito a che Sua Signoria ha oggi stesso risposto all'ambasciatore di Russia e all'incaricato d'affari austro-ungarico.

Egli li pregò di sottoporre al Governo le due seguenti alternative: l) assegnare Salonicco alla Russia, Monastir all'Inghilterra, Uskub alla Francia e i due distretti orientali all'Austria-Ungheria ed ali 'Italia; 2) se l'Austria-Ungheria insiste avere Uskub, assegnare Monastir all'Italia e i due distretti orientali alla Francia e Inghilterra. Nel caso che poi né l'una né l'altra di queste soluzioni ottenesse generale gradimento, lord Lansdowne aggiunse non avere difficoltà ad una estrazione a sorte di tutti i distretti fra le cinque Potenze.

Dietro mio suggerimento, Sua Signoria assentì a telegrafare all'ambasciatore d'Inghilterra a Vienna istruzione di intendersi col duca di A varna circa il procedimento di questo affare. Ad ogni modo, avendo io pure avuto occasione di spiegarmi oggi amichevolmente coi miei colleghi austriaco e russo dopo la loro conversazione con lord Lansdowne, la questione sarà ora se non altro pusla ìraucmlltilk a Vienm/.

265 1 Sulla difficile situazione parlamentare inglese Pansa riferiva con R. 3371122 del 15 marzo, che non si pubblica.

266 1 Cfr. n. 254.

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

T. 527. Roma, 17 marzo 1904, ore 20.

Rispondo suo telegramma n. 262 . Le proposte di lord Lansdowne concordano perfettamente col mio modo di vedere e sono a mio avviso le sole adatte a mantenere l'accordo fra le Potenze ed a facilitare l'esecuzione delle riforme. Prego V.E. di manifestare questo mio pensiero a lord Lansdowne colla prima occasione e di esprimergli i miei personali ringraziamenti.

268

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 326/72. Vienna, 17 marzo 1904 (perv. il 23).

In un colloquio che ebbi ieri con l'ambasciatore di Francia il discorso essendo caduto sulle dichiarazioni fattegli dal conte Goluchowski, prima del mio arrivo in Vienna, circa la politica del!' Austria-Ungheria nei Balcani, di cui è cenno nel mio telegramma n. 11 del 2 corrente 1 , egli mi disse che nel prendeme atto avevagli rappresentato l'opportunità di farle ripetere al signor Delcassé dal nuovo ambasciatore d'Austria-Ungheria a Parigi, conte Khevenhiiller, allorquando si sarebbe recato a prender possesso del nuovo suo posto.

Il conte Goluchowski aveva osservato che spettava a Sua Maestà l'imperatore di decidere su tale questione.

Il marchese Reverseaux credette quindi di parlame al conte Khevenhiiller e gli chiese se gli sembrasse conveniente di intrattenerne Sua Maestà aggiungendo che il suo arrivo a Parigi sarebbe stato salutato con soddisfazione maggiore se avesse potu

2 Cfr. n. 266.

to portare di persona al Governo della Repubblica, da parte del Governo imperiale e reale, le dichiarazioni rassicuranti fattegli dal conte Goluchowski.

Sua Maestà l'imperatore, a cui il conte Khevenhiiller aveva sottomesso la cosa nell'udienza di congedo, avevalo informato che avrebbe ingiunto al conte Goluchowski di impartirgli le necessarie istruzioni, in seguito alle quali egli aveva riferito al signor Delcassé al suo giungere in Parigi le dichiarazioni in discorso.

Tali dichiarazioni, che sono conformi a quelle fattemi dal conte Goluchowski nella prima visita che gli feci dopo il mio arrivo in Vienna (rapporto n. 205/2 del 25 febbraio u.s.)2 , acquistano un'importanza maggiore essendo state ripetute al Governo della Repubblica dietro espresso ordine di Sua Maestà l'imperatore3 .

266 2 Con T. 526, pari data, Tittoni comunicò ad A varna: «io alla mia volta perfettamente consentendo in tali proposte del Governo inglese, la prego di mettersi subito in rapporto col suo collega d'Inghilterra concordando con lui la procedura più adatta per raggiungere lo scopo comune».

267 1 Ed. in LV 104, p. 108.

268 1 Non pubblicato.

269

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 675/59. Pera, 18 marzo 1904, ore 7,02.

Mi riferisco al telegramma di V.E. 519 1• In un colloquio avuto oggi col mio collega di Austria-Ungheria avendo nuovamente insistito sulla opportunità di definire questione delle circoscrizioni, egli mi ha risposto di non avere ancora ricevuto da Vienna necessarie istruzioni. Osservo che pur supponendo che barone Calice non ignori vedute del suo Governo il fatto che Gabinetto di Vienna si è direttamente rivolto a quello di Parigi e siccome mi è stato riferito da ultimo anche al Gabinetto di Londra confermerebbe che egli non è autorizzato ancora a trattare questione coi miei colleghi e con me. Contegno del Governo austro-ungarico lasciando del resto chiaramente intravedere sua intenzione di giungere ad una soluzione che ci escluda da Monastir ogni mia insistenza al riguardo presso barone Calice tornerebbe vana. Mi permetto quindi esprimere avviso che converrebbe oramai avere col Gabinetto di Vienna una esauriente spiegazione per non esporci al pericolo di trovarci di fronte accordo o a decisione meno conforme ai nostri interessi2 .

2 Riguardo all'atteggiamento del Governo austro-ungarico in merito alla ripartizione dei distretti in Macedonia, Avarna, con R. 401/111 del 18 marzo, riferì di un colloquio avuto con Mérey, primo caposezione del Ministero degli esteri, nel corso del quale alla sua richiesta se fosse già stata risolta la questione della delimitazione delle circoscrizioni fra le Potenze: «Egli mi rispose che era tuttora in sospeso e che nessuna decisione credeva fosse stata presa in proposito dagli ambasciatori a Costantinopo

li. La risposta evasiva datami dal signor Mérey, che non può certo ignorare l'offerta fatta a Parigi e a Londra del distretto di Monastir, è una nuova prova della riserva che si tiene a questo R. Ministero degli affari esteri per tutto ciò che riguarda l'organizzazione della gendarmeria. Ed una tale riserva è mantenuta altresì dallo stesso conte Goluchowski non solo a mio riguardo, ma anche verso i miei colleghi d'Inghilterra e di Francia, a quanto mi riferirono, come ebbi a far conoscere alla E. V. nel mio telegramma n. 34 del 14 corrente» (telegramma che non si pubblica).

268 2 Cfr. n. 212. 3 Analoghe dichiarazioni rassicuranti sulle intenzioni di Goluchowski aveva fatto ad A varna il giorno 16 l'ambasciatore di Gran Bretagna (R. riservato 325/71 del 17 marzo, che non si pubblica). 269 1 T. 519 del 16 marzo, non pubblicato, con il quale Tittoni dava notizia del rifiuto da parte del Governo francese dell'offerta relativa al distretto di Monastir.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 530. Roma, 18 marzo 1904, ore 15.

Avvertola per sua norma avere direttore politico Ministero affari esteri Pietroburga dichiarato generale Morra che la Russia non tiene affatto al vilayet di Monastir1 .

271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 543. Roma, 19 marzo 1904, ore 18,15.

Ho telegrafato al r. ambasciatore in Londra acciocché preghi lord Lansdowne mandare senza indugio a codesto ambasciatore britannico precise istruzioni di fare accettare da Goluchowski l'una o l'altra delle tre soluzioni indicate nel mio telegramma n. 526 1• Importa che V.E. si adoperi presso Goluchowski nel senso stesso facendogli comprendere l'urgenza di una conclusione per la quale gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia a Costantinopoli, contrariamente alla affermazione sua, si dichiarano senza istruzioni e che deve quindi essere direttamente concordata tra i Gabinetti. V. E. può schiettamente dichiarare al conte Goluchowski che, qualora l'Austria-Ungheria rinunci al distretto di Uskub occidentale, noi rinunciamo del pari a Monastir, ma se l'Austria-Ungheria persiste nel volere il distretto occidentale di Uskub, noi dobbiamo dal canto nostro insistere per Monastir, che, in tale ipotesi, tanto più facilmente dovrebbe esserci concesso in quanto che dalla Francia fu rifiutato, la Russia si dichiara indifferente, e l 'Inghilterra lo accetterebbe solo se tutte le Potenze prestassero un consenso che, per parte nostra, non potremmo dare se non qualora l'Austria-Ungheria rinunci allo Uskub occidentale. È evidente, insomma, e

V.E. potrà facilmente dimostrarlo al conte Goluchowski che la sola possibile uscita dalle presenti difficoltà consiste nella adozione dell'una o dell'altre delle tre formule di lord Lansdowne, la quale soluzione raccoglierebbe, per quanto si può presumere, l'unanime assenso delle Potenze.

270 1 La notizia era stata comunicata da Morra di Lavriano con T. 664 del 17 marzo, non pubblicato. Con successivo T. 691123 del 19 marzo, non pubblicato, Morra aveva aggiunto: «Mi risulta che Governo russo si è deciso adoperarsi per persuadere Austria ad ammettere assegnazione Monastir all'Italia e sperare riescirvi».

271 1 Cfr. n. 266, nota 2.

272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .../56. Berlino, 20 marzo 1904.

Ho potuto vedere subito stamane Btilow, questi non dubita che imperatore gradirà molto la conoscenza personale di lei e telegrafa a Sua Maestà che ella accompagnerà il nostro augusto sovrano a Napoli. Né io, né Btilow sappiamo se imperatore rivolgerà brindisi a Sua Maestà il re. Btilow ritiene però la cosa probabile ed io mi permetto quindi di segnalare opportunità che una risposta del nostro re abbia ad essere preparata per ogni evenienza. Si tratterebbe naturalmente di risposta nel caso in cui la colazione avesse luogo a bordo di nave tedesca perché se questa invece si effettuasse a bordo di una nave di Sua Maestà sarebbe, secondo gli usi, che il nostro sovrano prendesse primo la parola.

273

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO .../57. Berlino, 21 marzo 1904, ore 17,30 (perv. ore 18,50).

A conferma del mio telegramma 561 , informo VE. avermi Btilow testé comunicato che S.M. l'imperatore di Germania sarà lieto fare a Napoli conoscenza personale di lei. S.M. l'imperatore ha pur risoluto in senso affermativo la questione del brindisi2 . Converrà quindi che la risposta del nostro augusto sovrano abbia ad essere tenuta pronta, ferma restando quanto a questo riguardo le ho telegrafato già.

2 La notizia era stata comunicata anche da Monts con un biglietto del giorno 21 a Tittoni.

273 1 Cfr. n. 272.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 21 marzo 1904, ore 20.

Ringrazio V.E. telegramma n. 571• Prego partecipare al conte Btilow che per l'arrivo di S.M. l 'imperatore di Germania si troveranno a Napoli sette corazzate ed una squadriglia di cacciatorpediniere.

275

L'AMBASCIATORE A VIENNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE 716/43. Vienna, 22 marzo 1904, ore 17,55.

Conte Goluchowski mi ha detto spontaneamente che contava partire quattro aprile Abbazia ove rimarrebbe fino 11 detto mese. L'avermi ripetuto tale informazione, mi ha lasciato impressione come se desiderasse conoscere da me data in cui avrebbe potuto incontrarsi con V. E. 1 .

276

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 717/44. Vienna, 22 marzo 1904, ore 17,55.

Da informazioni personali che provengono indirettamente da questa ambasciata Russia risulta che Governo russo sarebbe stessa opinione Governo austro-ungarico non potersi assegnare Italia distretto Monastir a causa sfiducia che si pretende nutrirebbe contro essa sultano che troverebbe in tale assegnazione nuovo motivo opporsi organizzazione gendarmeria. Dette informazioni confermano inoltre quanto V.E. mi fece conoscere suo telegramma 530 1 Russia non tenere farsi assegnare Monastir che accetterebbe però se fosse rifiutato da altre Potenze.

275 1 Per la risposta cfr. n. 282. 276 1 Cfr. n. 270.

274 1 Cfr. n. 273.

277

IL MINISTRO DEGU ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

0. CONFIDENZIALE I 4138/34. Roma, 22 marzo 1904.

L'ingegnere Ilg, trovandosi a Roma di passaggio, prima del suo ritorno costà, credetti non inopportuno avere con lui un colloquio. Di quanto fu trattato in esso è detto nel dispaccio diretto da questo Ministero in proposito al r. ambasciatore in Londra1 e che le comunico qui annesso.

L'ingegnere Ilg mostrassi molto ben disposto ad agevolare l'azione italiana in Etiopia, solamente chiese che non fosse ostacolata la compagnia costruttrice della linea Gibuti-Harrar nel proseguimento di essa fino ad Addis Abeba.

Le considerazioni generali che potevano indurre il R. Governo, d'accordo sempre con quello britannico, a tenere una linea di condotta favorevole alla Francia in questa questione sono esposte nell'annesso dispaccio, ed il r. ambasciatore che aveva incarico di avere in questo soggetto uno scambio di idee col marchese di Lasdowne riferisce il colloquio con questi avuto col rapporto parimenti unito2 e sul quale richiamo l 'attenzione della S. V

Dalla comunicazione in via confidenziale di questi documenti, e dai colloqui che l'ingegnere llg avrà certamente già avuti con lei, la S.V. vorrà trarre argomento per intrattenere in via preliminare ed amichevole sir Han·ington, per conoscere il pensiero, e per agire d'accordo nel senso dello scambio di vedute ammesso dai due Governi.

278

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 201/72. Sofia, 22 marzo 1904 (perv. il 28).

Mentre una diecina di giorni or sono questi circoli governativi aspettavano ad ogni momento di ricevere la notizia da Costantinopoli che l'accordo fra la Turchia ed il Pricipato era stato firmato, sabato scorso, il presidente del Consiglio mi dichiarò, non avere oramai più alcuna speranza in una intesa fra i due Governi.

S.E. si dimostrò di nuovo di un marcato pessimismo.

(D. riservato confidenziale 14128/332 del 22 marzo) con l'avvertenza seguente: «l due documenti sono stati inviati al maggiore Ciccodicola perché se ne giovi come norma di condotta d'accordo col suo collega d'Inghilterra».

Malgrado la buona volontà del Governo principesco, aggiunse il generale Petroff, è chiaro che la Sublime Porta cerca ogni pretesto per ritardare sempre, sempre rimettere, seguendo così la sua politica abituale, ed impedire che la tranquillità ed il benessere possano stabilirsi fra le popolazioni di Macedonia.

fl signor Nacovié, invero, cerca di scusare in un certo modo questa nuova dilazione, adducendo come unico motivo, i numerosi affari che in questo momento si stanno trattando a Costantinopoli, fra cui, principale, l'organizzazione della gendarmeria, e nutre ancora speranze che si possa fra poco addivenire ad una soddisfacente soluzione.

S.E. mi diceva che tutto era pronto oramai da diversi giorni, che i singoli articoli dell'accordo erano stati discussi ed accettati reciprocamente (salvo quello circa le riforme nel vilayet di Adrianopoli, per il quale la Porta non aveva dato risposta alcuna); ma che all'ultimo momento si era trovato il pretesto che tutto doveva essere nuovamente esaminato, studiato, discusso a Yildiz-Kiosk, prima che il sultano potesse apporvi la sanzione della sua firma.

Della situazione interna, il presidente del Consiglio si dichiarava assai soddisfatto, specialmente ora che il Governo ha ottenuto i crediti necessari per gli armamenti del!' esercito, e che grazie alle ultime elezioni suppletive la maggioranza sua alla Sobranie era ancora aumentata di circa 20 deputati.

Mi parlò S.E., ancora una volta, dei suoi timori a proposito di una eventuale azione dell'Austria nei Balcani. Ritengo però che, sul soggetto, il generale Petroff non mi abbia espresso tutto il suo pensiero. Mi fu infatti riferito da uno dei rappresentanti esteri, non delle grandi Potenze, che il presidente del Consiglio lungamente si era intrattenuto con lui circa un sedicente nuovo accordo intervenuto fra l'Austria e l'Italia per la questione albanese, accordo che costituirebbe, secondo lui, un grave pericolo per le provincie macedoni e forse anche per la Bulgaria.

A questo proposito devo aggiungere che in diversi giornali locali vennero pubblicati in questi ultimi tempi articoli che trattano l'eventualità di un simile accordo fra il Regno e la duale Monarchia.

Di uno di questi articoli, apparso oggi stesso nel Dnevnik, organo indipendente con tendenze piuttosto stambuloviste, ho l'onore ad ogni buon fine di trasmettere la traduzione, qui annessa 1 , alla E.V.

277 1 Cfr. n. 137. 2 Cfr. n. 178. Questo documento e quello di cui alla nota l, furono inviati anche a Tornielli

278 1 L'allegato non si pubblica. Tittoni rispose con D. 15777/31 del 1° aprile, di cui si pubblica il passo seguente: «Quanto alla supposizione di nuovi accordi tra l'Italia e l'Austria-Ungheria circa l'Albania, non occorre dire che essa è destituita d'ogni fondamento e sarà bene che, avendone l'opportunità, la S.V. smentisca formalmente tale notizia. l soli accordi esistenti fra i due Stati a tale riguardo sono quelli già da tempo intervenuti e che furono oggetto di pubbliche dichiarazioni in Parlamento a Roma ed a Vienna».

279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 570. Roma, 23 marzo 1904, ore 14,50.

Mi affretto comunicare a V. E. seguente telegramma confidenziale che ricevo dal duca A varna: «Da informazioni personali ... » (riprodune telegramma n. 7171 fino alle parole «opporsi organizzazione gendarmeria»). Tali notizie mi meravigliano molto perché contraddirebbero quelle da V.E. comunicate2 . Voglia pertanto appurare la verità. Dal canto mio le rinnovo istruzioni già speditele, ripetendo che l'eventuale accettazione del vilayet di Monastir da parte della Russia, dopo che esso fu offerto e rifiutato dalla Francia e dalla Inghiltena e dopo la dichiarazione fatta a V.E. non tenere la Russia a quel vilayet, non potrebbe essere interpretata che come atto di malanimo contro di noi. Ripetole pure che pretesa sfiducia sultano è pretesto non serio smentito recisamente dalle dimostrazioni di fiducia che la Sublime Porta ci manifesta in questi ultimi tempi e che, ad ogni modo, sfiducia maggiore avrebbe il sultano per assegnazione Austria distretto Uskub. Gradirò sollecita risposta3 .

280

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 571. Roma, 23 marzo 1904, ore 18.

Relativamente assegnazione, alle varie Potenze, dei vilayet macedoni nei quali devesi procedere riorganizzazione gendarmeria, V.E. conosce atteggiamento

R. Governo; e cioè che si assegnino preferibilmente i vilayet con criterio inverso a quello del supposto o effettivo interesse politico; qualora tale criterio non venisse accolto, e l'Austria-Ungheria reclamasse per sé Uskub, l'Italia pretende per sé Monastir. Ora debbo confidenzialmente dirle che l'attitudine del Governo austro-ungarico verso di noi in tale argomento non appare ispirata a quella confidenza e franchezza che dovrebbe regolare i rapporti tra nazioni alleate. Infatti, mentre dapprima l'AustriaUngheria e la Russia portavano la questione alla Commissione militare di Costantinopoli reclamando l'Austria per sé Uskub, poi, probabilmente in seguito alla precisa nostra dichiarazione di reclamare in tal caso per noi Monastir, la questione fu tolta dalle stesse due Potenze alla Commissione militare facendo dichiarare che sarebbe

2 Con T. 728/25 del 23 marzo, non pubblicato, con cui Morra di Lavriano comunicava di aver ricevuto formale assicurazione circa l'appoggio del Governo russo all'assegnazione di Monastir all'Italia. 1 Con T. 730/26 del 23 marzo, non pubblicato, Morra di Lavriano confermava quanto riferito

con T. 728/25 pari data, riservandosi di raccogliere ulteriori notizie.

stata argomento di trattative dirette fra i Gabinetti. Da allora in poi, mentre il barone Calice rispondeva al marchese Malaspina che la questione si doveva decidere fra i Governi, il conte Goluchowski rispondeva al duca Avarna di considerarla come una questione tecnica che doveva decidersi a Costantinopoli. Intanto veniva a mia conoscenza che l'Austria-Ungheria e la Russia avevano, successivamente, offerto il distretto di Monastir prima alla Francia e poi alla Inghilterra, ma che l'una e l'altra avevano rifiutato, dandone comunicazione confidenziale a noi, con intendimento di dimostrare con ciò di volerei fare cosa gradita. D'altra parte fu dichiarato a Pietroburgo al generale Morra che la Russia non a tàrsi assegnare Monastir (sic). Ciò per altro non esclude che il Governo austriaco prema il Governo russo perché ciononostante reclami per sé quel vilayet. Questa esposizione dei fatti giustifica mio apprezzamento sulla attitudine dell'Austria-Ungheria a nostro riguardo. Voglia V. E. far rilevare a codesto Governo come questa mancanza di confidenza nuoccia a quella ripresa piena e leale di intimi rapporti con l'Austria che è nel comune programma. Voglia anche far rilevare come, dopo le dichiarazioni della Francia e dell'Inghilterra di appoggiare le nostre giuste richieste, si crei una situazione per la quale, in un argomento che ha acquistato carattere politico, l'Italia trova appoggio al di fuori della proprie alleanze contro le resistenze della alleata. L'argomento accennato a Vienna di una pretesa sfiducia del sultano contro assegnazione ltalia distretto Monastir1 è pretesto non serio, smentito recisamente dalle dimostrazioni di fiducia che la Sublime Porta ci manifesta in questi ultimi tempi. Ad ogni modo sfiducia maggiore avrebbe sultano per assegnazione Austria distretto Uskub. Io confido che codesto Governo vorrà contribuire a sollecitare soluzione soddisfacente di questa questione che è urgente risolvere anche ne Il 'interesse della concordia delle Potenze nell'attuazione delle riforme in Macedonia. Noi pertanto ci siamo associati alle proposte tàtte dal Governo inglese e riassunte nelle seguenti alternative:

l) assegnare Salonicco alla Russia, Monastir alla Inghilterra, Uskub alla Francia ed i due distretti orientali al! 'Italia ed Austria; 2) se l'Austria insiste per Uskub, assegnare Monastir alla Italia; 3) qualora nessuna di queste soluzioni ottenesse generale gradimento ricorrere a una estrazione a sorte. Gradirei molto che Biilow volesse telegrafare a Vienna al conte Wedel di intendersi in proposito con duca A varna.

279 1 Ctr. n. 276.

281

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA

T. 572. Roma. 23 marzo 1904, ore 18,20.

Replico telegramma n. 441• Pretesa sfiducia sultano assegnazione Italia distretto Monastir è ridicolo pretesto che nostre sicure informazioni da Costantinopoli smentiscono recisamente. Ad ogni modo sfìducia maggiore avrebbe sultano per assegnazio

2RO 1 Cfr. n. 276. 281 1 Cfr. n. 276.

ne Austria distretto Uskub. Quindi si rivela sommamente opportuno dilemma proposto da lord Lansdowne e che noi facciamo nostro. Io agisco energicamente presso Gabinetto Berlino2 e Pietroburgo\ ma occorre che V.E. si ponga senza indugio d'accordo con ambasciatore inglese, al quale lord Lansdowne ci assicura avere telegrafato istruzioni per fare d'accordo pratiche eftìcaci presso conte Goluchowski, facendo rilevare a costui che solo accettazione di una delle proposte di lord Lansdowne può assicurare accordo Potenze e cementare cordiale intesa austro-italiana da me vivamente desiderata e propugnata.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. PERSONALE S. N. Roma, 23 marzo 1904, ore 19,30.

Replico telegramma n. 43 1• Io arriverò Abbazia tarda sera sette aprile con nave

R. Marina. Mattina otto aprile scenderò a terra per visitare conte Goluchowski cui V. E. può partecipare come definitiva data otto aprile per nostro incontro. Prego V. E. di venire ad Abbazia il sette aprile e di recarsi da me a bordo la mattina dell'otto di buona ora. Continuo tenere segreta notizia ritenendo opportuno che sia nota solo alla vigilia.

283

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 191/55. Il Cairo, 23 marzo 1904 (perv. il 31).

Ieri venne da me lord Cromer ed incidentalmente mi accennò a negoziati che avrebbero ancora luogo fra il R. Governo e quello inglese per una intesa circa l'Abissinia.

Lord Cromer concluse, come sua opinione personale, che un accordo fra due sole delle tre Potenze interessate in quei Paesi non sarebbe consigliabile, perché susciterebbe le gelosie della terza Potenza lasciata da parte e si finirebbe ad arrivare alla conclusione, che invece devesi evitare con cura, cioè di far nascere attriti fra di

2R l 2 Cfr. n. 280.

3 Cfr. n. 279.

2R2 1 Cfr. n. 275.

esse. È quindi evidente che lord Cromer vedrebbe più favorevolmente un tentativo di intendersi tra l'Inghilterra, la Francia e l'Italia. Per quanto il rappresentante britannico abbia avuto cura di dirmi che manifestava semplicemente una sua personale opinione, mi è sembrato doveroso informame l'E.V. 1•

284

L'IMPERATORE DI GERMANIA, GUGLIELMO II, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III

T. S.N. Napoli, 24 marzo 1904, ore 13,20.

Reçois mes remerciements chaleureux de ton aimable télégramme 1 qui m'est arrivé au moment mème de mon entrée dans le port de la bella Napoli. Me souvenant de l'hospitalité gracieuse reçue l'année demière par toi, la reine et le peuple italien à Rome, je me rejouis d'avance de te revoir demain.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 577. Roma, 24 marzo 1904, ore l 3,30.

Ho fatto pubblicare dali' agenzia Stefani che accompagnerò Sua Maestà il re a Napoli domani e ho pure fatto pubblicare dalla stessa agenzia il testo del telegramma diretto da S.M. il re a S.M. l'imperatore, così concepito: «Nel momento in cui tu tocchi il suolo d'Italia, ospite benvenuto e desiderato, allietandomi di rivederti presto, voglio intanto che il primo saluto ti venga da me, amico affezionato ed alleato fedele. Vittorio Emanuele».

Di ciò pregola dar comunicazione a codesto Governo.

L'opinione enunciata dal rappresentante britannico è sintomatica nel momento attuale, in cui è stato conchiuso l'accordo generale tra Francia e Inghilterra e le relazioni tra le due Potenze sono oltremodo cordiali. Il marchese di Lansdowne interrogato dal cavalier Pansa al riguardo disse che iord Cromer aveva dichiarato che la questione di un accordo italo-britannico per la Etiopia doveva essere seriamente ponderato. Il marchese di Lasdowne, poi, non è alieno dal far partecipare la Francia all'accordo che fosse già conchiuso dall'Italia e Inghilterra. e questo è anche il pensiero del R. Governo». Cfr. in proposito anche n. 298, nota 7.

2~4 1 Cfr. n. 2fì5.

283 1 Con D. segreto 2131 '1/96 del 2 maggio, il sottosegretario agli esteri, Fusi nato, rispose: «Ho letto con interesse il rapporto n. 191/55 del 23 marzo u.s. in cui si riferisce un colloquio con lord Cromer intorno ai negoziati tra Italia e Inghilterra per l'Etiopia.

286

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 737/58. Berlino, 24 marzo 1904, ore 18 (perv. ore 20).

Cancelliere dell'Impero che io ho visto a pranzo jersera è ritornato sull'argomento dimostrazione che avrà luogo in occasione della visita presidenziale, egli mi ha ripetuto le sue preoccupazioni determinate anche dalle recenti notizie pervenutegli da diverse parti. Billow non dubita che incontro di Napoli avrà salutare efficacia per la conservazione della Triplice Alleanza e che i discorsi privati ed ufficiali che i due sovrani scambieranno concorreranno a rinvigorirla, tanto nelle relazioni tra i due Governi e, quanto è più, di fronte consorzio delle Nazioni. Egli teme però ancora che all'incontro di Napoli faccia contrasto la successiva visita presidenziale, dove le dimostrazioni francofile possano diminuire quanto si è guadagnato prima. Io mi sono naturalmente studiato a combattere le preoccupazioni del cancelliere dell'Impero e credo che egli terrà conto di quanto ho potuto dirgli. Non nascondo però a V.E. che qui le nostre dichiarazioni producono un effetto relativo perché la sicurezza potrà essere data soltanto dallo svolgersi dei fatti. Se in occasione della visita presidenziale si avranno manifestazioni (e fra queste sono da mettere in primo luogo i brindisi tra

S.M. il re e il presidente nonché l'attitudine della Marina regia di fronte alla Marina francese) se avverranno manifestazioni la cui cordialità, il cui significato vadano oltre il limite consentito dai legami che ci uniscono alla Germania, il risultato dell'incontro dei due sovrani a Napoli sarà indubbiamente compromesso1 .

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 588. Roma, 24 marzo 1904, ore 19 1.

Ricevuto telegramma n. 15 1• Quando Ilg fu Roma mi interessò perché

R. Governo non ostacolasse proseguimento tèrrovia fino Addis Abeba, promettendo appoggio per tutte altre questioni. Risposi evasivamente e iniziai scambio idee con Londra per intenderei su azione concorde come anticipata leale applicazione proposizioni concretate nelle intese decembre scorso di Roma, sebbene su di esse non cono

sciamo ancora pensiero Governo inglese. Governo italiano e britannico ritengono costruzione ferrovia fino Addis Abeba potrebbe riuscire comune vantaggio se escluso ogni monopolio e se nuova linea nel tratto abissino abbia carattere internazionale con ,..;;,-";, ...diJP''"'"c:l•LaUL,a in LOilsigiw dei capitoli concernenti impresa. Se proposta seria in questo senso fosse presentata al Governo britannico disposto esaminarla d'accordo con noi. Le ho scritto a questo proposito il 22 marzo scorso2 .

Recente domanda francese ferrovia fino a Kaffa muta perfettamente situazione e tocca più o meno direttamente interessi Italia ed Inghilterra. Approvo quindi suo atteggiamento e la interesso a proseguire con ogni cautela nella sua azione, intendendosi con Harrington per mantenimento statu quo, secondo proposizioni concordate qui a Roma e a lei ben note. Comunico suo telegramma a Londra perché anche Harrington riceva opportune istruzioni.

Le raccomando massima circospezione per quanto riguarda relazioni con la Francia e che Italia ed Inghilterra vogliono mantenere termini cordiali amicizia.

286 1 Sugli stessi argomenti Biilow ebbe un secondo colloquio con Lanza il 26 marzo. GP, vol. XXII, n. 6398.

287 1 Cfr. n. 259.

288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 25 marzo 1904, ore 22,30.

Ringrazio VE. comunicazioni confidenziali contenute suo telegramma 1• Non posso che confermarle quanto già ebbi a telegrafarle2 non senza esprimere il mio desiderio e la mia speranza che l'apprezzamento dei fatti da parte del Governo germanico sia ispirata ad un sentimento sincero di confidenza nei miei propositi senza del quale sarebbero vani tutti i miei sforzi. Voglio poi aggiungerle che il telegramma di S.M. il re del quale jeri le ho dato comunicazione3 venne interpretato qui in Italia come una notevolissima manifestazione politica voluta dal Governo italiano alla vigilia della venuta di Loubet. Ricordando il telegramma di VE. del 14 marzo4 nel quale si parla della nervosità di Monts e dell'aria vittoriosa di Barrère, posso assicurarle che, oggi, i termini sembrano invertiti.

2 Cfr. n. 264.

3 Cfr. n. 285.

4 Si tratta del T. personale .. ./53 del 14 marzo, non pubblicato.

287 2 Cfr. 277.

288 1 Cfr. n. 286.

289

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 765/50. Vienna, 26 marzo 1904, ore 8,45.

Ho parlato oggi conte Goluchowski senso istruzioni V. E. confermate suo telegramma 594 1• Conte Goluchowski mi ha detto Austria-Ungheria e Russia aver convenuto accordare Milrzsteg di non ammettere che alcuna Potenza potesse avere situazione privilegiata Macedonia. Tale situazione avrebbe acquistato Italia se oltre avere proprio battaglione Monastir questo distretto fosse divenuto sede ad un tempo comandante gendarmeria appartenente propria nazionalità. E siccome si considerava De Giorgis dover stabilirsi detta città ove risiedeva ispettore generale, così non erasi creduto assegnarla Italia. Austria-Ungheria essere accordo pienamente su ciò Russia. Opposizione contro tale assegnazione non essere quindi che una conseguenza stipulazione Milrzsteg e avrebbe avuto luogo contro qualunque Potenza che si fosse trovata situazione Italia. Non doversi cercare in essa altro motivo avendo Austria-Ungheria attestato Italia già suo buon volere col proporre comando gendarmeria generale italiano. Avendogli fatto conoscere che il generale De Giorgis non aveva mai avuto intenzione stabilire suo quartiere generale Monastir considerando Salonicco sede più conveniente, conte Goluchowski ha replicato che in tale caso Austria-Ungheria non avrebbe fatto obbiezioni contro assegnazione Italia, prima detti distretti. Però se per ragioni amministrative interessanti riforme fosse stato in seguito riconosciuto necessario trasferire quartier generale Monastir, battaglione italiano colà di stanza avrebbe dovuto far cambio con altro battaglione estero. Del resto questione sede quartier generale non lo riguardava essendo spettanza ufficiali esteri, generale De Giorgis e Governo ottomano, cui servizio si trovano. Mi disse infine avere già fatto conoscere ambasciatore d'Austria-Ungheria Costantinopoli quanto avevami esposto. È da notare che riserva messa ora innanzi da conte Goluchowski circa ulteriore trasferimento quartier generale Monastir non venne fatta mai colleghi di Francia, d'Inghilterra, allorquando intrattennero giorni fa della questione.

290

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 763/60. Berlino, 26 marzo 1904, ore 11.

Questa stampa accoglie colle espressioni della più grande soddisfazione le notizie relative al prossimo incontro 1 dei due sovrani a Napoli e manifesta il più alto compiacimento per i telegrammi già scambiati tra le loro Maestà, dei quali è messo

in rilievo valore politico. La Norddeutsche Allgemeine Zeitung ha, tra l'altro, seguente periodo: «La cordiale manifestazione colla quale S.M. il re ha dato il benvenuto al nostro sovrano, la sentita risposta dell'imperatore, nonché il ricevimento fattogli a Napoli sono salutati colla più viva simpatia in Germania dagli amici dell'Italia e della Triplice Alleanza».

289 1 T. 594 del 25 marzo, non pubblicato.

290 1 Sull'incontro, che ebbe luogo il giorno 24, riferì Monts con telegramma dello stesso giorno, cfr. GP, vol. XX/l, n. 6399.

291

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 881/369. Parigi, 26 marzo 1904 (perv. il 29).

A contèrma dei telegrammi con i quali, ieri, ho annunziato l'approvazione della Camera dei deputati e del Senato del progetto di legge per l'apertura di un credito di 450 mila franchi al Ministero degli affari esteri per il viaggio in Italia del presidente della Repubblica, unisco qui il resoconto delle tornate nelle quali i due rami del Parlamento hanno discusso e votato il progetto stesso 1•

La nessuna autorità degli oppositori ha messo in evidenza una volta dippiù l'alto significato politico del prossimo viaggio del signor Loubet, poiché anche fra coloro che più vivacemente combattono la politica interna del signor Combes e che con le loro forze riunite hanno nelle ultime tornate messo in serio pericolo l'esistenza del Gabinetto, si trovò soltanto una minima frazione per seguire, in questa circostanza, il programma di politica anti-italiana che il deputato Boni de Castellane portò alla tribuna. Nei voti che unanimamente hanno dato i centri e una parte della destra in senso favorevole al viaggio del presidente della Repubblica a Roma bisogna vedere un'importante e forse nuova manifestazione dell'opinione che ormai sa dividere gl'interessi politici ed economici che fanno deliberare alla Francia i buoni ed intimi rapporti con l'Italia, dagli interessi confessionali cattolici ai quali l'opinione stessa annette tuttavia singolare importanza. Se il progetto di legge fosse stato votato senza discussione, assai meno importante sarebbe stato il trionfo che la politica seguita dal signor Delcassé verso l'Italia ebbe ieri nel Parlamento francese. Questa ottenne indubbiamente l'unanimità dei voti di tutti coloro che potrebbero, in un epoca e in circostanze prevedibili, avere una posizione dirigente nel Governo di questo Paese 2•

291 1 Non si pubblicano. 2 Tittoni rispose con D. 15877/376 del ]0 aprile, del quale si pubblica il passo seguente: «Ringrazio l'E.V. di tali notizie, e mi compiaccio del modo in cui si è svolta e conclusa la discussione di cui si tratta».

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 27 marzo 1904, ore 20,30.

Sono lieto che stampa tedesca rilevi tutta l'importanza politica del convegno di Napoli 1• I brindisi dei due sovrani e il voto della Camera italiana sono una affermazione così solenne dell'alleanza che nessun tàtto in avvenire potrà attenuare. L'Italia quindi potrà ora adempiere liberamente ai doveri di ospitalità verso il presidente della Repubblica francese senza che ciò faccia pensare ad alcuno che i rapporti colla Germania possano menomamente risentirne. È bene che VE. faccia rilevare ciò al conte Bi.ilow il quale ritengo che ora sarà pienamente soddisfatto né temerà più che l'opinione pubblica tedesca possa allarmarsi delle cortesie che noi faremo al signor Loubet e dei rapporti di buona amicizia che desideriamo mantenere colla Francia. Ritengo anche che il conte Biilow sarà soddisfatto della menzione speciale del!' Austria fatta dal nostro sovrano nel suo brindisi2 . Coll'Austria siamo ora d'accordo circa il riparto dei vilayet macedoni per la gendarmeria avendo essa consentito che a noi venga assegnato Monastir. Così ogni possibile ragione di dissidio è rimosso3•

293

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 791/17. Addis Alem, 27 marzo 1904 (perv. ore 12) 1.

Non ebbi risposta telegramma urgente 14 corrente n. 152 . Questione tèrrovia Gibuti-Caffa si complica. Chefneux ieri l'altro era riuscito ottenere nuova convenzione da Menelik, che, accortamente ingannato con equivoca interpretazione scrittura amarica, aveva ritenuta lui favorevole. Menelik invece veniva ad accettare fatto compiuto, dando nuovi vantaggi alla Società e, per essa, al Governo francese. Reggente legazione britannica, sollecitamente da me avvertito, poté indurre Menelik tornare sulla questione e farsi ripromettere avrebbe atteso arrivo Harrington, che si annunzia fra l Ogiorni. Terrò al corrente VE. di tutto e se Menelik persiste nell'attesa. Intanto

Menelik continua a chiedere mio consiglio e se mi disinteresso della questione avrò rimorso aver trascurato nostri interessi. Desidererei avere qualche direttiva, perché troppa responsabilità ricade su di me che, pur ritenendo fare bene, posso male interpretare pensiero di V.E.

292 1 Cfr. n. 290. 2 Con R. 378/96 del 27 marzo, che non si pubblica, Avarna trasmise i commenti della stampa governativa austriaca improntati a grande simpatia per l'Italia. 3 Barrère era al corrente della sostanza di questo telegramma e del successivo carteggio telegrafìco con Lanza. Cfr. DDF, Il serie, t. lV. nn. 378 e 389. 293 1 Trasmesso tramite Asmara il 29 marzo, ore 8. 2 Cfr. n. 259. La risposta era stata spedita il 24 marzo e non era ancora pervenuta a Ciccodicola. Cfr. n. 287.

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. PERSONALE 616. Roma, 28 marzo 1904, ore 20,30.

V.E. non avrà mancato di notare come l'incontro a Napoli del nostro sovrano coll'imperatore di Gennania abbia assunto per varie circostanze importanza di vero avvenimento politico internazionale, avendo dato occasione a una riaffermazione della Triplice Alleanza quale da parecchi anni non erasi verificata così cordiale e solenne. L'opinione pubblica italiana e la stampa europea hanno mostrato di ben comprendere ciò. Avendo occasione di intrattenersi su ciò col conte Goluchowski ella vorrà particolarmente fargli rilevare come S.E. il re, primo a pronunciare il brindisi all'imperatore, abbia voluto, nonostante il carattere privato del convegno, fare espressa menzione dcii 'augusto alleato comune.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 618. Roma. 29 marzo 1904, ore 13,25.

Incontro nostro sovrano con imperatore Germania e fatti che l'hanno accompagnato hanno dato occasione a qualche giornale non amico Italia a commenti malevoli e assurde supposizioni. V.E. sa meglio di ogni altro che alleanza Potenze centrali e amicizia Francia rappresentano ormai due essenziali direttive nostra politica estera. Lealtà che Italia porta nelle proprie alleanze deve essere migliore garanzia lealtà che noi portiamo nel voler mantenuta e rinforzata nostra amicizia Francia, che considero come più fortunato evento questi ultimi anni nostra politica estera. Con questa intonazione ho avuto ieri amichevole conversazione col signor Barrère 1 , e con la medesima intonazione, nelle forme che reputerà più adatte, desidero ella si intrattenga signor Delcassé, esprimendogli miei ringraziamenti per cordiali parole pronunziate al Parlamento relativamente ftal ia2•

2 Per la risposta di Tornielli cfr. n. 299.

295 1 Per la versione di Barrère cfr. DDF. Il serie, t. IV, n. 369.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, AVARNA 1

T. 621. Roma, 29 marzo 1904, ore 18,30.

Autorizzo V. E. dichiarare che, chiedendo Monastir, noi accettiamo riserva eventuale spostamento ufficiali italiani da Monastir se ivi fosse trasferito quartier generale. Aggiunga poi che generale De Giorgis non ha difficoltà prendere impegno fissare mantenere quartier generale Salonicco e desidera anzi, per evitare future pressioni dalla Porta, che ciò sia stabilito per esplicita determinazione delle Potenze2• Prego

V. E. ottenere che istruzioni in questo senso siano da codesto Governo impartite al suo ambasciatore in Costantinopoli, acciocché, per opera della Commissione internazionale militare, si proceda senza indugio alla definitiva sistemazione della questione. *Dal canto nostro, inoltre, chiediamo formale assicurazione della cooperazione della Austria-Ungheria e della Russia per opporci ad ogni eventuale tentativo della Porta di far trasferire a Monastir la sede del quartier generale*.

297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 15279/122. Roma, 29 marzo 1904.

Ho letto con attenzione il rapporto della E.V. in data dell'Il marzo corrente n. 399/1261 . Il R. Governo non si dissimula le difficoltà di ottenere quanto si desidera, a riguardo degli uffici da eseguirsi dal Governo germanico presso la Sublime Porta per la repressione della tratta degli schiavi in Tripolitania, ma non crede di potersi dispensare dall'averlo tentato, trattandosi di argomenti delicati e di questioni che si riferiscono alla Tripolitania.

Per queste ragioni stimo utile che l 'E. V. presenti la memoria già preparata da codesta ambasciata, a codesto Governo.

2 Questo desiderio era stato suggerito da Malaspina con T. 786/70 del 28 marzo, del quale si pubblica la parte finale: «Non essendo. a parer mio, da escludere che Sublime Porta possa decidersi in avvenire, contrariamente ogni previsione. che sede quartier generale sia trasferita Monastir, ciò che porrebbe R. Governo e generale De Giorgis in difficile posizione, sarebbe utile, che l'accettazione per parte nostra della soluzione proposta da Calice sia preceduta da una dichiarazione del R. Governo ai Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, intesa ad assicurarci della loro cooperazione per fare recedere Sublime Porta dall'eventuale decisione in tal senso. Mi sono astenuto tino ad ora dal fare qualsiasi comunicazione ai miei colleghi d'Austria-Ungheria e di Russia in base telegramma di V. E. 602. Sto ora in attesa delle istruzioni che piacerà alla E.V. impartirmi sull'argomento, e che gradirei le più sollecite possibili».

296 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 104, p. 197.

297 1 Cfr. n. 252.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. SEGRETO 15285/130. Roma, 29 marzo l 904.

Mi riferisco ai rapporti della E.V. del 5 e 17 febbraio scorsi n. 64 e 86 1 e specialmente alla corrispondenza scambiata con codesta ambasciata il 16 gennaio scorso (dispaccio n. 28) e il 14 febbraio scorso (rapporto n. 76f

La E.V. conosce, per averne avuta verbale comunicazione, le proposizioni che i delegati dell'Italia e dell'Inghilterra riunitisi qui in Roma ebbero a raccomandare ai rispettivi Governi il 19 dicembre 19033 in vista della conchiusione d'un accordo itala-britannico per le cose di Etiopia.

Invio all'E.V. copia dei documenti relativi all'accordo che sono destinati a rimanere segreti. Le sarò grato se vorrà su di essi sollecitare la risposta del Governo britannico.

Secondo le proposte dei delegati i due Governi dovrebbero obbligarsi e direttamente e per mezzo dei loro rappresentanti in Etiopia a mantenere continuamente un intero e franco scambio di vedute per quanto riguarda gli interessi delle due Potenze in Etiopia in modo da ottenere che la loro azione sia sempre diretta a tutela di essi; essi dovrebbero poi obbligarsi ad adoperarsi pel mantenimento dello statu quo politico territoriale in Etiopia. Quando l'ingegner Ilg nel gennaio scorso fece qui aperture per interessare il R. Governo a non ostacolare il proseguimento della ferrovia fino a Addis Abeba, io volli anticipare lealmente l'applicazione dell'accordo incaricando codesta ambasciata col dispaccio del 16 gennaio scorso di intòrmare il Governo britannico delle aperture fatte dall'ingegner Ilg allo scopo di intenderei per un'azione concorde nel comune interesse.

Il marchese di Lansdowne, secondo risulta dal rapporto del 14 febbraio scorso, dichiarò che il Governo britannico non aveva in massima nessun interesse né intenzione di ostacolare la costruzione della progettata ferrovia, purché fosse escluso ogni monopolio, e purché la nuova linea sul tratto abissino avesse carattere internazionale con relativa rappresentanza nel Consiglio di amministrazione dell'impresa dei capitali a questa concorrenti. Se una qualche seria proposta fosse avanzata in questo senso, soggiunse Sua Signoria, non vi sarebbe dubbio che d'accordo con noi essa sarebbe stata presa in benevola considerazione dal Governo britannico.

Ora, in data di Addis Alem 14 marzo, ci giunse l'unito telegramma del maggiore Ciccodicola4 con l'annuncio che il ministro Lagarde sostenuto da Ilg e Chetneux si adopera ad ottenere, pel Governo francese, la concessione della linea ferroviaria Gibuti Caffa. Al telegramma del r. ministro in Addis Abeba ho risposto con quello di cui unisco parimenti unica copia5 .

29R 1 Non pubblicati.

2 Cfr. nn. 137 e 17R.

'Cfr. n. R4.

4 Ctr. n. 259.

' Clr. n. 2X7.

La concessione domandata dal Lagarde non ha nulla a che vedere col progetto di proseguimento della linea fino a Addis Abeba di cui parlò Ilg a Roma, e muta interamente la situazione delle cose. Se essa fosse accordata al Governo francese, ne sarebbe turbato lo statu quo in Etiopia, quale fu contemplato nella proposta di accordo formulata a Roma nel dicembre scorso dai delegati italiano e britannico e si renderebbe impossibile di ottenere, nella eventualità contemplata nelle dette proposte, la continuità di territorio fra Eritrea e Somalia italiana.

Desidererei che la S.V. senza comunicare il telegramma del maggiore Ciccodicola facesse presente la situazione al marchese di Lansdowne allo scopo di intendersi su un 'azione comune su basi da concordarsi mentre dovrebbero essere date telegrafiche istruzioni al colonnello Harrington perché si adoperi presso Menelich, d'accordo col maggiore Ciccodicola, a fare [ ... ]6•

Del risultato del colloquio col marchese di Lansdowne gradirò essere telegraficamente informato7 .

299

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 803/30. Parigi, 30 marzo 1904, ore 7,15.

Risposta al telegramma 618 1• Delcassé, al quale nel corso di un colloquio avuto oggi ho ripetuto le cose telegrafatemi da V. E., senza dargli né l 'intonazione, né la forma di una dichiarazione, osservò che infatti la stampa tedesca ed austriaca sembra aver fatto il possibile per suscitare il malumore in Francia. Poi aggiunse: «Quando si ama veramente tanto una persona si dovrebbe cercare di evitare degli imbarazzi». Penso che, se queste manifestazioni si fossero prodotte prima della discussione nelle Camere francesi dei crediti per il viaggio, esse avrebbero potuto effettivamente nuocere; venendo tardi non hanno alcun effetto. Saranno qui dimenticate alla data della venuta del presidente della Repubblica in Italia.

29R 6 Parole illeggibili.

7 Allegato c'è il seguente appunto: «Questo parere espresso da Cromer è sintomatico e si può riannodarc allo stato di trattative in corso tra Francia e Inghilterra c alle attuali relazioni fra i due Paesi. Una volta stabilito l'accordo a due si potrà poi far accedere la Francia. A Martini. A Lanza». Con ogni probabilità l'appunto si riferisce al n. 283.

299 1 cti·. n. 295.

300

L'AMBASCIATORE A VIENNA,AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE .. ./58. Vie1ma. 30 marzo 1904. ore 19,40 (perv. ore 21,20).

Ho parlato oggi senso telegramma di VE. 616 1• Conte Goluchowski che mi ha detto che aveva appreso con soddisfazione manifestazioni riaffermanti Tripi ice Alleanza avvenute in questo momento incontro S.M. il re con S.M. l 'imperatore di Germania e che menzione fatta brindisi reale dall'augusto alleato comune era stato accolta con viva compiacenza. Ha aggiunto che, non ostante dimostrazioni irredentiste avvenute passato Gabinetto, non aveva mai dubitato sentimenti R. Governo e Italia favorevoli alleanza con Austria-Ungheria Germania.

301

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. .. ./63. Berlino, 3 l marzo l 904.

A cagione del giorno festivo di ieri stamane non si sono pubblicati i giornali. Posso assicurarla però che le notizie del convegno di Napoli verranno commentate nel modo più favorevole. Altrettanto favorevole è l'impressione di questo Governo.

S.M. l'imperatore che è lieto aver incontrato S.M. il re e VE. non ha ancora come è suo solito in tali circostanze tàtto tenere qui un rapporto particolareggiato ma ha telegrafato quanto sia rimasto soddisfatto dell'accoglienza ricevuta a Napoli e in modo speciale dei discorsi privatamente tenuti con S.M. il re. Noi abbiamo quindi tutto il motivo di compiacerci del risultato dell'incontro di Napoli. Poiché però io ho il dovere stretto di informare VE. di quello che pensa il Governo imperiale anche dopo quell'incontro debbo chiederle di permettermi richiamare anche oggi l'attenzione di VE. su quanto ho avuto l'onore di esporre col mio telegramma 58 in data 24 corrente'. Questo telegramma io qui debbo conformare dopo una mia conversazione avuta stamane alla Segreteria di Stato e come riassunto di tutta la corrispondenza scambiata con VE. a tale riguardo ella vorrà permettermi di dire: nessuno è in diritto di contestarci le nostre buone relazioni con la Francia, nessuno può trovare alcunché a ridire nella visita che il presidente della Repubblica restituisce a Sua Maestà, sono ugualmente naturali le cortesie che re, Governo e popolo rendono all'ospite. Qui però non si ammetterà mai né sarebbe conciliabile con la nostra attuale attitudine verso la Germania che venisse con

30 l 1 Cfr. n. 286.

eccessive [ ... ]2 menomato l'effettivo significato della Triplice Alleanza. Le festose accoglienze di Napoli non possono essere considerate come un lascia passare per qualsiasi manifestazione in occasione della visita presidenziale.

300 1 Cfr. n. 294.

302

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 854/18. Addis Alem, 3l marzo 1904 1.

Come avevo accennato nel mio telegramma del 27 corrente2 , Menelik è riuscito farsi restituire da Chetneux convenzione, mentre abilmente avevasi fatta firmare, e finora niente altro fu conchiuso, perché Menelik non vuole accettare intervento di alcun Governo per l'esercizio linea ferroviaria. Ancora oggi Menelik mi ha assicurato avrebbe atteso Harrington, cosa sulla quale insisto per lasciare a lui [ ...PChefneux ed altri. Forse si faranno costà proteste da ambasciatore di Francia mia azione non fu applicata favorevolmente interessi Francia e d'accordo con Lagarde. Posso assicurarla che mai né Lagarde, né Chefneux ebbero condotta leale e franca, né mi richiesero mai una amichevole intesa, bensì ebbero sempre cura tener nascosto ogni loro progetto, ogni loro azione. Come è allora possibile esigere scambio accordo senza prima francamente intendersi su che cosa questo deve costituirsi? Continuerò tenere al corrente V.E.

303

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 406/115. Vienna, 3 I marzo l 904 (perv. il 6 aprile).

Secondo quanto il conte Goluchowski at1èrmò al mio collega di Francia, l'AustriaUngheria e la Russia (mio telegramma riservato n. 32 de114 corrente)' non credevano si potesse assegnare ali' Italia il distretto di Monastir, perché, a causa della sua vicinanza all'Albania, tale assegnazione avrebbe incontrato l'opposizione del sultano per la sfiducia che nutriva contro di essa, avuto riguardo alle aspirazioni che si pretendeva avesse verso quella regione, onde avrebbe da ciò preso occasione per sollevare nuove difficoltà al fine di non approvare il progetto d'organizzazione della gendarmeria.

2 Cfr. n. 293.

1 Nota del documento: «Tre gruppi errati».

Ma tale affermazione come l'altra dichiarazione fatta dal conte Goluchowski al marchese di Reverseaux, aver, cioè, «gli italiani» già accettato il distretto di Salonicco, furono riconosciute dall'E.V. come del tutto infondate, non avendo mai l'Italia accettato quel distretto ed essendo il contegno attuale della Turchia a nostro riguardo ispirato alla massima cordialità e confidenza (telegramma di V. E. n. 513 del 15 correntef

È da supporsi che l'offetia fatta dall'Austria-Ungheria e dalla Russia del distretto di Monastir dapprima alla Francia quindi all'Inghilterra (mio telegramma n. 30 e 41 del 12 e 18 corrente )3 , che non ignoravano la domanda deli' Italia, sia stata basata sui motivi istessi adotti dal conte Goluchowski a quest'ambasciatore di Francia.

Né mi risulta d'altra parte che in tale occasione sia stata fatta menzione dai rappresentanti d'Austria-Ungheria e di Russia del l 'impossibilità in cui si trovavano i loro Governi, in forza delle stipulazioni di Mlirzsteg, di assegnare Monastir ali 'Italia, perché tale assegnazione le avrebbe fatto acquistare in Macedonia una situazione privilegiata di fronte alle altre Potenze, qualora in quel distretto fosse stabilito ad un tempo il quartiere generale del comando della gendam1eria, alla testa del quale si trovava un generale italiano.

Di tale impossibilità però mi fece cenno il conte Goluchowski, allorquando mi adoperai presso di esso, al fine di vincere la sua opposizione contro l'assegnazione suddetta (mio telegramma n. 50 del 26 corrente)4 , basandosi sulla supposizione che il quartiere generale del comandante della gendarmeria doveva essere insediato in Monastir, mentre, da quanto V.E. mi riferì, il generale De Giorgis non aveva mai avuto l'intenzione di stabilirla colà, anzi riteneva dovesse essere preferibilmente fissato a Salonicco (telegramma di V.E. n. 594 del 25 corrente l

Da ciò si potrebbe desumere che l'opposizione del conte Goluchowski dovesse esser basata sopra altri motivi che non possono sfuggire ali'E.V. e su cui è ovvio di non insistere nel presente rapporto.

Ma egli finì per recedere dal suo proposito dopo che tutte le Potenze si dimostrarono tàvorevoli a quell'assegnazione mettendo però innanzi la nota riserva circa l'ulteriore trasferimento del quartiere generale del comandante della gendarmeria a Monastir (mio telegramma n. 50 del 26 corrente).

Di fronte al contegno tenuto dal conte Goluchowski in questa questione era poco probabile invero ch'egli si decidesse ad adoperarsi nel senso desiderato daiI'E.V. per fàr stabilire per esplicita determinazione delle Potenze, al tìne di evitare future pressioni della Sublime Porta, che il quartiere generale fosse mantenuto a Salonicco e molto meno a dare l'assicurazione formale di prestare la sua cooperazione ali' Italia nel caso in cui si dovesse opporre ad un eventuale tentativo della Sublime Porta di trasferirlo a Monastir (telegramma di V.E. n. 621 del 29 corrente)6 e ciò tanto meno in quanto che questo dovrebbe risiedere, a suo parere, nella città stessa in cui si trova l'ispettore generale, che aveva scelto a tale scopo Monastir come punto più centrale e più conveniente per l'applicazione delle rifonne.

303 è Cfr. n. 261.

1 T. riservato 626/30 e T. 679/41. non pubblicati.

~ Cfr. n. 2R9, nota l.

1 Cfr. n. 2X9.

" ctr. n. 296.

La riserva fatta dal conte Goluchowski fa prevedere che la questione sarà per risorgere in avvenire ove l'opinione da lui emessa fosse per farsi strada nella Commissione militare, ma è da sperare che l 'influenza che, sui suoi membri, sarà per esercitare il generale De Giorgis, che già si pronunziò contrariamente ad essa, riuscirà a far mantenere in Salonicco la sede del quartiere generale del comando della gendarmeria.

301 2 Gruppo indecifrato.

302 1 Trasmesso tramite Asmara il 4 aprile, ore 6,35.

303 1 Cfr. n. 258, nota l.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA 1

Roma, 10 aprile 1904, ore 15, 15.

Le dichiarazioni a noi fatte dal conte Goluchowsky3 circa il quartiere generale della gendarmeria sono sostanzialmente in questi termini: che la determinazione della sede competente alla Commissione militare di Costantinopoli d'accordo con la Porta non può essere oggetto di decisione delle Potenze, ma che qualora Sublime Porta volesse trasferire quella sede a Monastir contrariamente al parere della Commissione militare e del generale De Giorgis, sarebbe venuto per le Potenze, il momento di agire. In vista di queste dichiarazioni, delle quali prendiamo atto, le nostre enunciazioni nella riunione di domani debbono essere concepite nel senso che, mentre chiediamo per noi il distretto di Monastir, siamo disposti ad accettare la riserva di un eventuale spostamento qualora Monastir divenisse la sede del quartiere generale della gendarmeria. Confido che potrà così essere definitivamente sistemata la questione, ormai urgentissima della gendarmeria.

305

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 647. Roma, 2 apri le 1904, ore 15.

Il Corriere della Sera pubblica con la data di Pola notizie che qui riassumo. Sessanta ufficiali sono partiti da Trieste per Cattaro per preparare alloggi. La riserva ha avuto avviso di tenersi pronta alla prima chiamata. A Borgo Erizzo gli ufficiali studiano l'albanese. Alla Ditta Martinelli di Trieste sono state fatte offerte per la costruzione di due grandi capannoni per cavalli e si sono riprese le trattative per l'affitto del teatri

2 Inviato in pari data con T. 645 anche a Berlino, Pietroburgo, Londra e Parigi.

3 Erano state trasmesse da A varna con T. 807/57 del 3 marzo, non pubblicato.

Rossetti e Fenice in Trieste. Si crede che fra pochi giorni saranno in Trieste 20 mila uomini come prima spedizione. Molti grossi commercianti di Trieste hanno avuto avviso di sollecitare le spedizioni perché dal 6 aprile in poi le linee saranno impegnate per trasporti militari. Un telegramma da Vienna al Tagepost di Graz conferma questa ultima notizia significando che la direzione delle ferrovie ha prevenuto le ditte di Trieste che dal 6 al 14 aprile le spedizioni per la Croazia e la Bosnia-Erzegovina non saranno inoltrate. Intanto lo Stato Maggiore ispeziona i forti del nostro confine e gli ammiragli Minutillo e Ripper sono ora tornati a Trieste ed a Pola da Vienna dove erano stati telegraficamente chiamati. Non ho bisogno di segnalarle la gravità di queste particolareggiate notizie e segnatamente quella relativa alla sospensione dei trasporti privati. Desidero che V.E. si metta al più presto, e possibilmente entro domani, di telegrafarmi quanto in esse sia di vero e quello che se ne debba pensare 1•

304 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 203.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. SEGRETO PERSONALE 648. Roma, 2 aprile 1904, ore 20.

Desidero che a proposito del prossimo viaggio del presidente Loubet V.E. parli costì con la più intera schiettezza. Non fu mai animo nostro compensare in certa guisa le cortesie fatte ali 'imperatore con quelle che si faranno al presidente. Con l'imperatore non vi furono semplici cortesie: fu una manifestazione solenne, una precisa affermazione, di fronte all'Europa, della vitalità della Triplice Alleanza, e noi volemmo espressamente che così fosse. Furono mia iniziativa la mia presenza al convegno, il telegramma e il brindisi del re. E la Camera italiana, col suo voto, diede rilievo alla manifestazione. Dopo ciò non vedo come la Germania possa avere ragione di allarmarsi per le accoglienze che si faranno a Loubet. Noi procureremo di contenerle in giusti limiti, ma non possiamo regolare l 'entusiasmo popolare che in parte soltanto potrà essere spontaneo, ma in buona parte sarà anche effetto di artificiale ed interessato incitamento per opera del partito estremo e di tutti gli anticlericali plaudenti all'attuale politica della Francia verso il Vaticano. Né potemmo convenientemente opporci alla partenza per mare espressamente richiesta da Loubet; potemmo bensì -né mancammo di farlo -toglierle ogni speciale significato col far trovare presente la nostra flotta all'arrivo dell'imperatore Guglielmo. In conclusione, se, come non ne dubito, Biilow è al pari di me convinto della necessità della Triplice Alleanza, per il bene dei due Paesi, egli deve col suo buon volere e con l 'efficacia della sua autorità personale, ajutarci a passare questo momento difficile e delicato della visita di Loubet senza che la Triplice Alleanza ne sia od anche solo ne appaja

menomamente otTuscata. Se egli a me si unisce, come vivamente lo desidero, noi potremmo far sì che, passata la visita e svanito il momentaneo clamore, la Triplice appaia, come fatto permanente, ancor più salda e vitale di prima; ed io ho troppa alta stima Jd caìlcclliere germanico per dubitare che egli non sappi2 discernere qt:~sto che è il vero aspetto della situazione, o che egli possa cedere a fugaci impressioni ed a momentaneo malumore. Confido che V.E. sappia, con la sua ascoltata parola, trasfondere nel cancelliere il convincimento e la fede che sono in me e che mi sono studiato di esprimere con questo mio telegramma 1•

305 1 Per la risposta cfr. n. 311.

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. PERSONALE S.N. Roma, 2 aprile 1904, ore 21.

Notizie Corriere della Sera hanno qui prodotto grande impressione anche perché Tagepost è ritenuto giornale semi-officioso. Anche a persone autorevoli sono qui giunte notizie private che confermerebbero disposizione sospensione servizio merci ferrovia dal 6 al 14 aprile per trasportare truppe Bosnia. Ritengo notizia inverosimile perché certamente conte Goluchowski, ove ciò fosse, avrebbe cercato pretesto per rimandare nostro incontro. Ad ogni modo attendo da V.E. notizie precise essendo questo il punto più importante e delicato della nostra politica internazionale'.

306 1 Lo stesso giorno Tittoni aveva avuto in argomento un colloquio con Monts, cfr. GP, vol. XX/l, n. 6400.

307 1 Per il seguito cfr. n. 308.

308

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 851/64. Vienna, 3 aprile 1904, ore 11,30.

In assenza Wedel attualmente a Carlsbad e non avendo potuto incontrare ambasciatore di Inghilterra, ho avuto oggi con l'ambasciatore di Francia una conversazione. Mi ha detto non avere indizio alcuno facente supporre che Governo imperiale e reale si prepari ad un'occupazione. Preparativi parziali militari da esso fatti, essere diretti difendere sua frontiera sud est e fronteggiare eventualità che fossero per sorgere. Governo imperiale e reale non avere, a suo parere, intenzione avventurarsi, almeno per ora in un'azione che potesse provocare complicazioni in Europa. Non avere, del resto, ragione di dubitare ripetute dichiarazioni conte Goluchowski. Conte Liitzow venuto ora visitarmi, parlandomi notizie pubblicate tempo fa dalla stampa italiana, mi ha riferito avergli S.M. l'imperatore ripetuto dichiarazioni già fattemi dal conte Goluchowski, Austria-Ungheria non volere seguire politica espansione, ma mirare mantenimento statu quo nei Balcani 1•

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. PERSONALE 651. Roma, 3 aprile 1904, ore 13,30.

Da tutte le parti continuano a giungere qui notizie allarmanti circa propositi Austria. Pare che Serbia e Turchia siano impensierite probabilmente avanzata Austria, e siano pronte resistenza armata. A Costantinopoli impressiona contegno imperioso rappresentante austriaco nella Commissione militare.

lo non posso dar peso a queste notizie che sono in contraddizione con quanto Goluchowski ha esplicitamente dichiarato a V.E. e ad ambasciatori Germania, Inghilterra e Francia e con quanto anche da Berlino e da Londra mi è stato assicurato. Tut

tavia credo opportuno che V.E. provochi subito amichevoli chiarimenti da Goluchowski perché mentre mia intervista con lui produrrà ottimo effetto se Austria mantiene impegni, nel caso non dovesse mantenerli e mirasse ad occupare Albania o parte Macedonia mio colloquio con Goluchowski produrrebbe effetto opposto e contribuirebbe a rompere irrimediabilmente alleanza. Per sua norma da domani a tutto il 6 aprile io sarò a Milano hotel Cavour dove prego telegrafarmi ...

308 1 Si pubblicano qui due passi del R. 426/127 del 4 aprile col quale Avarna riferiva notizie fornite dal console a Trieste sui supposti preparativi militari austriaci: «Posso però far conoscere all'E. V. che i miei colleghi, con cui conferii al riguardo. accolgono quelle notizie, alcune delle quali vennero loro riferite dai rispettivi consoli in Trieste, con molta calma e non vi prestano che una fede relativa, né credono che da esse si possa arguire che il Governo imperiale e reale si appresti in questo momento ad addivenire ad un'occupazione nella penisola balcanica ... ».«Ma tali preparativi militari, come risulta dalla detta mia corrispondenza, non avrebbero per iscopo, almeno per ora, al dire delle persone competenti come dei miei colleghi, di provvedere ad un'azione nei Balcani in vista di una occupazione. A quest'occupazione il Governo imperiale e reale non procederebbe, giusta quanto mi ha dichiarato il conte Goluchowski fin dalla prima visita eh 'io gli feci, che nel caso in cui la sua frontiera sud-est fosse minacciata».

310

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. .. ./66. Berlino, 4 aprile 1904, ore 16,10 (perv. ore 17,30).

Rispondo telegramma di V.E. n. 648 1 . V.E. può sicuramente contare su quel concorso che ella attende da me. Ho anche rinunziato a chiederle un congedo, di cui avrei bisogno per trovarmi al mio posto a disposizione del Ministero in occasione della visita presidenziale. Io credo che non durerò fatica nel convincere Bi.ilow della poca importanza da attribuire ad isolate esagerazioni popolari che si producessero in quella occasione. Ma non saprei come togliere presso il cancelliere dell'Impero, che non cede né ad impressioni fugaci, né a malumori momentanei, ogni significato sia a dimostrazioni del nostro popolo, nelle quali possa scorgersi l'opinione del Paese, sia a manifestazioni ufficiali od [ ... ]2 alle quali non rimanga estraneo il R. Governo. A questo riguardo non posso che richiamarmi a quanto ho avuto l'onore di esporle già con i miei telegrammi. Ora la parola è ai fatti; il Governo del re, sono certo, saprà dominare il loro svolgimento in modo che questo non contrasti colla solenne affermazione di Napoli per la Triplice Alleanza. Due punti ha in vista, in modo speciale, il Governo germanico e su di essi mi permetta di richiamare la sua speciale attenzione di nuovo: i brindisi di S.M. il re e l 'attitudine della nostra Marina militare. VE. comprende facilmente quanta misura sia indispensabile. Se, per esempio, a Napoli la Marina si affratellasse con la francese e di questo vi fossero affermazioni clamorose non sarebbero certamente le spiegazioni postume che potrebbero diminuire il significato di tale grave fatto. In conclusione: non sono le naturali cortesie verso l'ospite francese che qui faranno ombra, anche se in esse vi sarà qualche esagerazione dovuta al carattere espansivo delle nostre popolazioni, ma qui, malgrado tutti i nostri sforzi, non si riterrebbero mai per giustificate le manifestazioni che andassero oltre quel limite consentito dai nostri rapporti con gli alleati, del quale VE. ha nozione esatta.

2 Gruppo indecifrato.

3 l O 1 Cfr. n. 306.

311

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A MILANO

T. .. .166. Vienna, 4 aprile 1904.

Ho intrattenuto oggi in via amichevole conte Goluchowski oggetto telegramma V.E. n. 651 1• Egli mi ha dichiarato modo più formale notizie riferite altro telegramma VE. n. 6472 non avere alcun fondamento, essere del resto da lui completamente ignorate. Secondo quanto supponevo movimenti truppe che ora avvenivano essere conseguenza cambio reggimenti varie guarnigioni che si effettuano di consueto ogni anno questa stagione. Ma quelle truppe non credeva raggiungessero loro totalità oppure cifra 20 mila uomini.

Mi ha pregato poscia ripetere V.E. politica Governo imperiale e reale non avere scopo espansione ma mirare unicamente mantenimento statu quo Balcani. Essere mio proposito restar fedele impegni presi con Italia e altre Potenze col trattato d'alleanza.

Rispetto sangiaccato Novi Bazar e Mitrovitza questione riguardare AustriaUngheria e Turchia. Governo imperiale e reale non intendeva rinunziare diritto convenutogli Trattato Berlino del quale non avrebbe profittato che nel caso in cui sua frontiera fosse minacciata o movimento insurrezionale sopravvenisse nel Sangiaccato ma intendeva evitare tale estremità.

Quanto conte Goluchowski mi ha incaricato ripetere V. E. conferma ciò che le riferii ossia mantenimento statu quo Balcani.

312

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 979/395. Parigi. 4 aprile 1904.

L'onorevole Boni de Castellane, nel discorso pronunciato per disapprovare il viaggio del presidente Loubet a Roma, si era servito, fra gli altri argomenti, anche di quelli che gli aveano suggerito i telegrammi di benvenuto scambiati fra le LL. MM. il re, nostro augusto sovrano e l'imperatore di Gennania1• Benché la fonna intima di quel reciproco saluto sembrasse indicare che esso non era destinato alla pubblicità della stampa periodica, tuttavia, poiché questa se ne era impadronita, non vi era dubbio che il signor de Castellane era nel pieno suo diritto di valersene per argomentarvi sopra.

2 Cfr. n. 305.

Seppi che il signor Delcassé avea fatto personalmente presso quell'oratore di destra un passo tendente a dissuaderlo dal prendere la parola contro un progetto di legge che avrebbe raccolto, malgrado la sua opposizione, la quasi unanimità dei voti. La Camera infatti non si lasciò commuovere da un discorso che, in altre circostanze, avrebbe prodotto un diverso effetto, ma che veniva pronunciato in un momento in cui la grande maggioranza avea prestabilito di affermare con il suo voto la distinzione che essa ormai fa fra le relazioni d'ordine politico-internazionale della Francia con l'Italia e quelle d'ordine politico-ecclesiastico, di carattere essenzialmente interno, che essa, od almeno una larga frazione di essa, intende avere con la Santa Sede2 .

Sarebbe però illusorio il credere che, fra le molte cose dette alla tribuna dall'onorevole Boni de Castellane, non ve ne fossero di quelle ch'egli non è solo oggi a pensarle. Il senso della opportunità avrebbe dovuto distorglierlo però di intrattenerne la Camera in tempo così inoppmtuno. Non è egli il solo che in Francia stima che la politica del buon accordo con l'Italia non avrà raggiunto il pieno suo svolgimento finché non sarà,

o rotta, od almeno caduta in discussione, l'alleanza nostra con la Germania. Né diverso può essere il sentimento di tutti coloro che, quando pure non lo dicono, subordinano tutte le mosse della politica generale di questo Paese all'idea del riacquisto delle provincie perdute. Bisogna riconoscere che vi è in questo Paese una potente disciplina di idee che impedisce manifestazioni inopportune le quali costituirebbero null'altro che un imbarazzo allo sviluppo della situazione internazionale della Francia. Si ebbe una prova dippiù di questa disciplina nel contegno della parte più importante della stampa all'annunzio dei brindisi scambiati a Napoli fra il re nostro e l'imperatore Guglielmo. Appena il rumore e le glosse che ne fece il coro del giornalismo tedesco ed austro-ungarico, ebbero per eflètto di provocare in gazzette secondarie qualche acerbo commento che veniva a dimostrare non essere qui del tutto dimenticato l'antico frasario.

Queste cose io avea diggià osservate, allorché mi pervenne il telegramma del 29 marzo3 con cui V.E. mi informò del colloquio amichevole da lei avuto, il dì prima, con codesto ambasciatore francese circa gli apprezzamenti e le supposizioni di alcuni malevoli giornali in ordine all'incontro di Napoli de' due sovrani ed ai fatti che lo accompagnarono. L'alleanza con le Potenze centrali e l'amicizia con la Francia rappresentando ormai le due essenziali direttive della nostra politica estera, la lealtà che l'Italia porta nelle sue alleanze deve essere la migliore guarentigia della lealtà che noi portiamo nel volere mantenuta e rinforzata la nostra amicizia con la Francia che consideriamo come il più fortunato evento, di questi ultimi anni, della nostra politica estera. Con questa intonazione di linguaggio e nella forma che avessi reputata meglio adatta, V.E. mi commetteva di esprimermi dal canto mio con il signor Delcassé al quale io dovea in pari tempo porgere ringraziamenti, in di lei nome, per le parole cordiali da lui pronunciate in occasione del dibattimento relativo alla legge per lo stanziamento del credito occorrente al viaggio del presidente della Repubblica a Roma.

Veramente in tale occasione e, diciamolo pur subito, insolitamente il linguaggio del ministro degli affari esteri di Francia avea fatto suonare alto che anzi tutta la politica fran

cese s'impernia nell'alleanza russa e, se essa ricerca le migliori relazioni anche con altre Potenze, ciò non può essere a discapito dell'osservanza di quell'alleanza. Se qualcuno, raffrontando le parole pronunciate qui nella presentazione al Parlamento dello schema di legge relativo al viaggio presidenziale alla Corte d'Italia, con quelle scambiate nei brindisi di Napoli, avesse voluto maliziosamente trovare in queste quasi la replica di un identico concetto, si sarebbe corso il pericolo di vedere venir fuori l'intimo pensiero di tanti e tanti francesi che l'alleanza franco-russa non espone il loro Paese all'eventualità di dover guerreggiare contro l'Italia, poiché nessuna rivendicazione d'interesse nazionale esiste tra i due Paesi, mentre non stanno proprio così le cose quando trattasi dell'alleanza italo-germanica.

Io mi dovetti dunque, in una conversazione che ebbi il 30 marzo con questo ministro degli affari esteri di Francia4 , preoccupare anzitutto di evitare ogni raffronto che potesse nascere, anche spontaneo, fra le due situazioni create dalle rispettive alleanze. Mi premeva naturalmente che, una volta dippiù, il signor Delcassé sentisse ripetere onestamente da chi ha l'onore di rappresentare l'Italia da parecchi anni in questo Paese che la politica nostra e gli intendimenti sinceri della medesima ci hanno permesso di stabilire le nostre relazioni con la Francia sulla base di un'amicizia solida e feconda per gl'interessi che legano il nostro a questo Paese, senza infrangere l'alleanza di cui l'Italia fa parte e senza venir meno agli impegni che essa ci crea. Ma né le condizioni di tempo, né altre circostanze mi avrebbero potuto suggerire di dare a dichiarazioni siffatte una forma diversa di quella di semplici osservazioni diluite in una conversazione piuttosto prolungata alla quale io diedi principio portando il discorso sovra gl'incidenti delle sedute parlamentari nelle quali la Camera ed il Senato aveano votato il credito per il viaggio a Roma del presidente della Repubblica. Il signor Delcassé tenne a mettere in sodo il carattere speciale delle quasi unanimi votazioni prodottesi in un momento in cui, nelle questioni che appassionano il Paese ed il Parlamento, la maggioranza che sostiene il Governo si è trovata ridotta a minime proporzioni. Egli entrò a parlare della ostinazione dell'onorevole De Castellane a portare alla tribuna tutto ciò che egli poté racimolare per suscitare mali umori fra i francesi e gli italiani. Qui si poneva naturalmente una mia osservazione circa il partito che questi avrebbe cercato di trarre dall'incontro di Napoli e dai brindisi ivi scambiati se questi fossero avvenuti un giorno prima. Indi proseguii dicendo che ciò che dall'onorevole deputato non era stato fatto, alcuni giornali erano andati facendo, eccitati come essi erano dal linguaggio non della stampa italiana, ma da quello del giornalismo di Vienna e di Berlino. In Italia il sentimento politico generale s'accordava perché la politica del Paese fosse mantenuta nelle linee direttive della rinnovata alleanza con le Potenze centrali e delle ristabilite amichevoli ed intime relazioni nostre con la Francia. La nostra lealtà non correva alcun pericolo nello sviluppo naturale di questa politica. Un colloquio recente che VE. avea avuto con S.E. Barrère sovra questo soggetto mi dispensava d'altronde d'insistere sovra questo argomento.

Mentre io svolgeva queste osservazioni evitando con studio ogni enfasi nel linguaggio, notai che l'espressione del viso del mio interlocutore si era d'improvviso oscurata. Egli si tratteneva visibilmente dallo esprimere qualche concetto suo che mi potesse riuscire malsonante. Vi era stato infatti, così egli disse, ripigliando a parlare, una vera esplosione d'entusiasmo tanto in Germania, quanto in Austria per la riaffer

mata Triplice Alleanza. Tutto ciò che in piccolo il signor de Castellane avea cercato di ottenere, la stampa di quei due Paesi tentava di conseguire eccitando il sentimento francese ed aizzandolo contro la politica di buoni rapporti con l 'Italia. Parevagli, così conchiuse il signor Delcassé, che quando si nutre un grande e sincero affetto per un amico, si procura di non creargli degli imbarazzi. ( On évite avant t aut de le gèner).

Il viaggio del presidente e le festose accoglienze che lo aspettano, le manifestazioni di reciproca amicizia e fiducia che si preparano e si verificheranno, nello stesso momento, in Italia per la visita di una delegazione del Consiglio municipale di Parigi alle principali città italiane e di larghe rappresentanze del commercio e dell'industria francese che si recano a Roma sull'invito di corporazioni nostre, formarono i soggetti con i quali trovai opportuno d'intralciare il colloquio mio con il signor Delcassé il quale, dal canto suo, non insistette affatto sovra le osservazioni piuttosto acri che ho sovra riferite.

La parte più importante e seria della stampa parigina non s'occupò, più dello stretto dovere, degli articoli dei giornali tedeschi ed austriaci che l'Agenzia Havas avea però messi in evidenza. L'assenza di ogni polemica fra le gazzette e la chiusura del Parlamento avvenuta quasi subito favoriscono l'oblio che sempre è facile in questo Paese quando vi è chi tenga desta l'attenzione del pubblico e, quando prossimamente il presidente Loubet sarà ospite di S.M. il re, si può prevedere che dei brindisi di Napoli conserveranno memoria soltanto quei pochi che degli interessi della politica esteriore fanno soggetto di perseverante osservazione. A costoro quei brindisi e il rumore che se ne è fatto, nulla hanno insegnato di nuovo e dal canto nostro non dovremmo sorprenderei delle deduzioni che più tardi altri cercasse di trarre dall'episodio presente. L'importante è, per un Paese come per un individuo, di non dissimulare la verità con inganno altrui e di ciò nessuno ci può fare addebito. Dal canto mio, senza sforzo di affermazioni solenni, fui lieto di aver potuto, anche in questa circostanza, assecondare la politica leale del R. Governo. Mi incombe però l'obbligo di dire, in tutta sincerità, come stanno le cose, od almeno come io le vedo. Se con mezzi che forse saranno di una diplomazia moderna altri cercasse di persuadere il Governo francese che in Italia l'opinione pubblica va per una via diversa, resterà sempre che qui, né prima, né ora, alcuna mia parola avrà autorizzato l'equivoco5 .

311 1 Cfr. n. 309.

312 1 Cfr.nn.284e285.

312 2 Un comunicato ufficioso francese del 7 aprile atrermava che a Roma Loubet non avrebbe incontrato il papa. 3 Cfr. n. 295.

312 4 La versione, molto succinta, fatta da Delcassé di questo colloquio è in DDF, II serie, t. IV, n. 385.

313

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 988/402. Parigi, 5 aprile 1904.

La pubblicità data alle trattative in corso fra i Gabinetti di Parigi e di Londra per risolvere, con un sistema di compensi, simultaneamente le principali questioni aperte fra i due Paesi, avea potuto far supporre che gli accordi fossero ormai stabiliti e che si soprassedesse, per breve tempo, alla firma degli atti per lasciare che l'opinione pubblica tanto in Francia che in Inghilterra manifestasse le sue prime impressioni.

Pare però che così non sia e che l'indiscrezione avvenuta circa il negoziato non ancora ultimato, debba attribuirsi al ministro delle Colonie inglesi. Il signor Delcassé ne avrebbe provata una vivissima contrarietà.

Ad ogni modo, voluta, o non voluta, l'indiscrezione ebbe per effetto che la stampa discutesse la questione delle relazioni della Francia con 1 mgbiilt:rra con i <:tmpiezza compatibile con l'ignoranza in cui l'opinione pubblica è rimasta, nell'un Paese e nell'altro, dei particolari dei negoziati compensi. In sostanza, se si dovessero ricapitolare le principali manifestazioni prodottesi nella stampa dei due Paesi, si arriverebbe a conchiudere che, in massima, sono entrambi favorevoli senza entusiasmo. Né in Francia si hanno obbiezioni pregiudiziali alle concessioni da fare all'Inghilterra in Egitto. Né in Inghilterra esistono obbiezioni siffatte contro le concessioni reclamate dalla Francia in Marocco. Nei due Paesi però il giudizio finale è riservato a quando si conoscerà la misura delle concessioni e si potrà valutare la proporzione dei compensi. È nell'ordine naturale delle cose che l'opinione dei due Paesi sia venuta per tal guisa preparandosi ad un pacato giudizio.

Intanto è sorta, a fianco di questa, un'altra questione che merita l'attenzione generale. Non si tratta di un concetto politico nuovo. Si rimette in discussione un'idea che altre volte fu vagheggiata principalmente in Inghilterra. È la stampa russa, il Novosti, se non erro, al quale tenne dietro la Correspondance politique di Vienna, che rimise in circolazione l'idea che all'accordo franco-inglese dovrà seguire, come complemento di una stessa opera, l'intesa anglo-russa la quale darà al componimento convenzionale degli interessi divergenti dei due Paesi, una base solida e durevole. Che il re Edoardo fosse, fin da quando era ancora principe ereditario, acquisito personalmente a questa politica che vagheggiò l'ultimo Gabinetto liberale inglese al momento in cui Nicola no salì al trono, non vi è dubbio. Che l'Inghilterra, con la Russia e la Francia abbia in Asia interessi gravissimi minacciati dal risveglio delle nazioni asiatiche, è pur vero. Che l'unione dei tre Paesi europei potrebbe essere condotta dall'identità degli interessi comuni che essi hanno da difendere, non si potrebbe escludere in modo assoluto. Forse non sono cose mature; ma sono germi visibili. La Correspondance politique vi vede i sintomi di una politica inglese a grandi vedute. Ho letto in qualche giornale francese che la parte del sensale fra l'imperatore delle Indie e lo tsar spetta alla Francia. Sono congetture tìnora, ma potrebbero prendere consistenza di fatti e questi sarebbero di tale gravità che la loro previsione non converrebbe fosse tardiva.

312 5 Per la risposta cfr. n. 331.

314

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 430/130. Vienna, 5 aprile 1904.

Dopo la prima conferenza avuta dal commendator Miraglia col signor Suzzara capo della sezione commerciale a questo Ministero imperiale e reale degli affari esteri e col signor Mihalovich consigliere al Ministero stesso credetti opportuno di profittare d'un colloquio ch'ebbi col conte Goluchowski per intrattenerlo alla mia volta dei prossimi negoziati commerciali tra l'Italia e l'Austria-Ungheria.

Rappresentai anzitutto al conte Goluchowski il vivo desiderio del R. Governo di addivenire ad un accordo e di risolvere in modo soddisfacente per ambedue i Paesi la questione dei vini che era per noi della massima importanza.

Il Governo del re non poteva sacrificare gli interessi di quelle province che vivono dell'esportazione dei loro prodotti vinicoli che si effettuano in gran parte in Austri~Ungheria ed era sua intenzione di dirigere tutti i suoi sforzi per ottenere adeguate agevolezze che potessero compensare le perdite loro cagionate dalla cessazione della nota clausola.

D'altra parte era da considerare che qualora la questione dei vini non avesse potuto ricevere un'equa soluzione i prossimi negoziati sarebbero stati resi oltremodo ditììcili giacché non dovevasi dimenticare come il nostro bilancio commerciale si saldava con un disavanzo notevole a vantaggio di questa e che noi avremmo dovuto a buon diritto reclamare compensi per evitare il danno che avremmo subito se i nostri scambi fossero rimasti sul piede attuale. E un trattato che non avesse assicurato al Paese tali compensi non sarebbe stato approvato dal Parlamento italiano.

Un danno maggiore sarebbe poi per risultarne ai nostri rapporti in generale giacché il rifiuto di dare soddisfazione alle giuste nostre domande avrebbe potuto provocare vive manifestazioni nel Regno contro il Governo che sarebbe stato accusato di non aver saputo tutelare sufficientemente gli interessi del Paese e avrebbero conseguentemente recato grave pregiudizio ali' alleanza.

Era quindi un bisogno imperioso per i due Governi di ovviare a qualsiasi turbamento nelle relazioni commerciali reciproche e gli sforzi comuni dovevano esser diretti ad impedire che un contracolpo potesse prodursi sui rapporti politici se un conflitto fosse per avvenire sul terreno commerciale.

E a questo proposito ricordai al conte Goluchowski che in presenza delle difficoltà che incontrava la stipulazione delle clausole dei vini il suo predecessore aveva detto al commendator Miraglia che trovavasi in quell'occasione a Vienna per negoziarla che l'alleanza non doveva a suo parere esser messa a cimento per alcuni furti di vino e che avrebbe fatto il possibile per eliminare quelle difficoltà per addivenire ad un accordo.

Aggiunsi che la presenza a Vienna di una personalità come il commendator Miraglia dimostrava l'importanza che il R. Governo annetteva alla questione ed il suo vero desiderio di definirla con soddisfazione comune ed espressi la speranza che alla sua volta si sarebbe adoperato in un tal senso presso i ministri competenti.

Il conte Goluchowski cominciò col dirmi che non comprendeva come l'AustriaUngheria avesse potuto stipulare coll'Italia la clausola dei vini che era stata causa per il Governo imperiale e reale di non pochi impacci specialmente colla Francia che egli aveva potuto eliminare cedendo sulla questione della capitolazione in Tunisia e prendendo ad un tempo l'impegno che la clausola non sarebbe stata più rinnovata nel nuovo trattato.

Osservò che avevasi avuto torto in Italia di non preparare l'opinione pubblica ali' eventualità della cessazione.

Se la questione dei vini cagionava gravi difficoltà al R. Governo non minori ne produceva al Governo imperiale e reale perché ambedue le parti della Monarchia reclamavano energicamente di esser protette contro l 'importazione dei vini italiani perché dannoso alla produzione ed al commercio rispettivi.

Nell'accennare poi alle varie proposte esaminate nella Conferenza di Roma circa le quali non erasi conversato espresse le speranze che si sarebbe potuto trovare una via di mezzo per addivenire ad un accordo ma aggiunse che l'Austria-Ungheria non era in grado di fare all'Italia favori speciali che non fossero concessi alle altre Nazioni. Ignorava ancora quale risultato avessero avuto (sic) la conferenza tenutasi col commendator Miraglia ed i delegati del Ministero imperiale e reale degli affari esteri e se e quali proposte egli avesse presentate.

Feci conoscere al conte Goluchowski che la proposta fatta dal commendator Miraglia aveva per scopo di stabilire un dazio di favore per i vini di tutte le provenienze d'Italia importati per le vie di terra. Questa proposta non poteva esser considerata in alcuna guisa come contraria alla clausola della nazione più favorita perché il trattamento sarebbe stato eguale per tutti i vini presentati a qualunque delle frontiere di terra e perché l'Austria-Ungheria faceva più per alcuni prodotti come il caffè, il cacao, il thè ecc. ecc. una differenza di trattamento tra l'importazione per terra e quella per mare.

Il conte Goluchowski rispose che non conosceva bene la questione ma gli sembrava che fosse stata esaminata tempo fa e riconosciuta come inammissibile. Del resto avrebbe invitato il signor Suzzara a riferirgli in proposito ed a mettere il commendator Miraglia in comunicazione cogli altri membri della Commissione doganale e commerciale austro-ungarica.

Conchiuse col manifestare il suo sincero desiderio di addivenire ad un accordo e col dichiararmi che si sarebbe adoperato per conciliare gli interessi reciproci ma ch'egli non era che un intermediario tra i Governi tra le due parti della Monarchia, giacché la questione era di loro competenza e doveva essere da loro risolta di comune accordo.

Dall'insieme del discorso del conte Goluchowski che si è dimostrato animato delle migliori intenzioni mi è sembrato trarre l'impressione che egli sia convinto della necessità di addivenire ad un accordo nell'interesse dei nostri rapporti politici. E tale impressione ho avuto altresì nei colloqui da me avuti col signor Suzzara e con lo stesso conte Ltitzow.

Ma alcune parole dette alla sfuggita ed in via privata dal signor Suzzara al commendatore Miraglia sembrerebbero far supporre esser intenzione del Governo imperiale e reale di non ricercare tale accordo sulla questione che maggiormente ci interessa giacché si vorrebbe trattare la voce vini al pari di qualsiasi altra voce del nuovo trattato.

315

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 874/37. Londra, 6 aprile 1904, ore 9,45.

Rispondo al dispaccio di V.E. n. 1301 , contenente telegramma del r. ministro in Addis Abeba in data 14 marzo2 . Al Foreign Office mi vennero oggi mostrati due telegrammi di quell'incaricato d'affari britannico dai quali risultava quanto segue: gli agenti francesi sono riusciti a

2 Cfr. n. 259.

far sottoscrivere da Menelik in data 25 marzo, un accordo relativo al noto prolungamento della ferrovia di Gibuti; ma l'imperatore si accorse che il testo firmato non era esattamente conforme alla minuta prima sottopostagli, e conteneva certe clausole contrarie alle sue intenzioni. Menelik dichiarò, quindi, di non voler dare sanzione definitiva a quel testo, mentre i francesi insistono per il suo mantenimento. Questione rimaneva così ancora in sospeso alla data 30 marzo.

Tutto ciò che precede si riferirebbe però alla solita ferrovia per Addis Abeba e non al progetto di una nuova linea ferroviaria per Kaffa, della quale non fanno menzione detti telegrammi, né si ha conoscenza veruna al Foreign Office.

Questo attende ora più precise informazioni dal colonello Harrington, il cui ritorno in Addis Abeba, deve essere imminente.

Questo Governo non si trova ancora in grado di pronunziarsi circa progetto di accordo segreto anglo-italiano, annesso al dispaccio di V.E. citato3 , né è da attendersi che quell'affare potrà essere risoluto a breve scadenza, mentre l'attenzione del marchese Lansdowne è ora interamente assorbita dai negoziati per l'intesa generale colla Francia.

315 1 Cfr. n. 298.

316

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A MILANO

T. .. ./69. Vienna, 6 aprile 1904.

Avendo invitato r. console generale Trieste meglio accertare fondamento notizie da esso trasmesse circa affitto teatri Fenice e Rossetti e le altre contenute telegramma

V.E. n. 647 1 egli mi ha telegrafato trattative con direzione quei teatri e ditta Martinelli aver luogo ogni anno con Municipio essendo esso obbligato provvedere alloggi truppe in arrivo non essere stato per anco annunziato. A Borgo Erizzo esservi un frate che professa albanese nella scuola normale, ignorare però se insegna privatamente ufficiali. Avere un mese fa alcuni ufficiali primo e tredicesimo corpo riserva ricevuto ordini tenersi pronti. Preteso rifiuto ricevimento merci private ferrovie Bosnia-Erzegovina essere stato cagionato cambi guarnigione come mi è confermato altresì r. console Serajevo non sia mobilitazione truppe e risulta ad un tempo da nota ufficiosa comparsa oggi Fremden-Blatt.

Queste informazioni riducono al loro giusto valore notizie divulgate Corriere della Sera.

315 3 È il progetto di accordo del 19 dicembre 1903. 316 1 Cfr. n. 305.

317

IL CONSOLE A ZARA, CAMICIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 884. Zara, 8 aprile l 904, ore l 3.

Facendo seguito al rapporto 29 marzo n. 601 , trascrivo a VE. telegramma ora giuntomi da Cattaro dal comandante piroscafo nazionale «Molfetta»: «Arrivato Cattaro, imperiale e reale autorità marittima mi chiese pennesso verificare passaporti passeggeri; attenendomi istruzioni, accondiscesi, purché disarmati. Gendarmi non vollero sottoporsi sitTatta condizione e mano armata, spianandomi contro il fucile, volevano salire a bordo. Quantunque facessi stendere bandiera nazionale sul ponte, si ostinarono, facendosi aiutare da picchetto armato. Si interpose imperiale autorità marittima, e, per evitare sangue, tolsi bandiera nazionale dal ponte, e gendarmi entrarono. La perquisizione nulla trovò di anormale». Quanto precede avvenne iersera. Vado ora governatore protestare contro la violazione condizione visita. Prego telegrafarmi istruzioni2 .

318

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AD ABBAZIA

T. 694. Roma, 8 aprile 1904, ore 21,50.

Si è verificato ieri a Cattaro uno spiacevole incidente che qui riassumo. Richiesto in questi giorni dal luogotenente di agevolare alle autorità locali nei porti dalmati la revisione dei passaporti a bordo dei piroscafi della «Puglia» e non esistendo a Cattaro una r. agenzia consolare, il r. console in Zara aveva verbalmente concordato che in via provvisoria, e in attesa di istruzioni del R. Governo, gli agenti locali in Cattaro potessero accedere sul piroscafo per lo scopo predetto alla condizione di presentarsi non armati. Quel console telegrafa ora quanto segue: «Trascrivo a VE. telegramma ... (vedi telegramma n. 884 da Zara) 1». Parmi che data la presenza del duca A varna e del conte Goluchowski l'incidente possa essere opportunamente discusso e risoluto costì, prima che se ne impossessino la stampa e l'opinione pubblica. L'incidente identico di Riva di Trento 4 anni fa ci ammonisce come incidenti di questo genere possano assumere gravi proporzioni e minacciare i buoni rapporti tra i due Stati, mentre provvedendo immediatamente il Governo austriaco potrebbe più facilmente accordarci soddisfazione la quale potrebbe consistere nel riconoscimento dell'avvenuta mancanza e nella punizione dei colpevoli. Quanto all'apprezzamento della questione dal punto di vista del diritto, la nostra ragione, a prescindere dali' art. 16 della convenzione 15 maggio

2 Per il seguito cfr. n. 318. 318 1 Cfr.n.317.

1874 e dal conseguente obbligo di avvertire l'autorità consolare, riposa sull'accordo che sarebbe intervenuto tra il r. console ed il luogotenente. Non posso per altro tacerti che il r. console si limitò a una dichiarazione verbale la quale potrebbe dar modo al luogotenente, fors'anche in buona fede, di dichiarare di non aver posto attenzione o data importanza a11a conrlizione del non dover essere i gendarmi armati. Ciò non diminuirebbe la violenza e la brutalità dell'atto, ma attenuerebbe la nostra posizione. Di questo mio scrupolo ho creduto doveroso avvertirti. Bisognerà ad ogni modo udire risposta luogotenente. Al console in Zara ho telegrafato di attendere istruzioni2 .

317 1 Non pubblicato.

319

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO l 059/436. Parigi, 8 aprile 1904 (perv. il 25).

L'emendamento Leygues, introdotto nella legge che vieta l'insegnamento alle congregazioni religiose, ha per effetto di conservare i noviziati di quelle fra le medesime che hanno scuole nelle colonie francesi ed all'estero. La discussione di questo emendamento alla Camera dei deputati e nella stampa, ha dato luogo alla riproduzione degli argomenti tante volte addotti per dimostrare che la protezione delle missioni cattoliche è stata sempre il mezzo più efficace di espansione della influenza francese e della propagazione della lingua e della cultura di questo Paese principalmente in Oriente. Non avrebbe perciò molto interesse per il R. Governo che io chiamassi la sua attenzione sovra questo soggetto se non convenisse notare ciò che fu scritto, a tale riguardo, in un articolo del Temps, sotto la data del 21 marzo, relativamente a ciò che la Francia aspetta dali' opera delle scuole congreganiste in Tunisia.

«On sait quelle est, dans la Régence, l'importance de la question nationale. On y compte, contre 28.000 français, 9.000 italiens. Ces italiens, la France, de toute nécessité, doit s'appliquer à se les assimiler. Et, pour cette assimilation, l'instrument le meilleur est l'école. Or, les traités confèrent à l'Italie le droit d'entretenir en Tunisie des écoles italiennes qui, ayant pour le Gouvernement italien un caractère politique, assurent aux élèves, grace aux générosités de leur budget, des avantages qu'ils ne trouvent pas dans les écoles lai'ques françaises. Nous soutenons, cependant, la concurrence italienne; et nous la soutenons grace aux écoles congréganistes françaises, dont I'action sur la piété des italiens immigrés est considérable et dont le consul d 'Italie, M. Carlotti, dans le Bollettino dell'Emigrazione, reconnaìt la prospérité. Merite-t-on d'ètre traité de réactionnaire et de clérical parce qu'on est ému d'un tel aveu et qu'on hésite à désarmer la France devant la rivalité étrangère?».

Non inclino ad attribuire agli articoli dei giornali, anche i più autorevoli, un 'importanza maggiore di quella che essi meritano. Ma quando, come nel Temps del 21

marzo, è espresso, direi quasi con sincerità ingenua, un pensiero che per i francesi prende quasi forma e valore di assioma, non posso fare a meno di prestarvi attenzione. E tale forma e valore hanno per certo le parole che la Francia deve di necessità assimilare l'elemento italiano numericamente preponderante in Tunisia. A più riprese, ed oggi una volta dippiù, mi convenne mettere sotto gli occhi del R. Governo ciò che è nell'intimo pensiero della Francia a tale riguardo e ciò non per suscitare diffidenze e dissidi, ma a semplice titolo di avvertimento perché del novennio per il quale furono conchiuse le nostre convenzioni per la Tunisia, sette anni sono diggià trascorsi.

318 2 T. 695 dell'8 aprile, che non si pubblica.

320

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AD ABBAZIA

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 697. Roma, 9 aprile 1904, ore 11,30.

Il r. console a Zara telegrafa:«... (vedi telegramma in arrivo n. 891)1».

Questo telegramma, facendo scomparire ogni dubbio da me espresso nel telegramma di jeri2 , pone nostre ragioni sopra terreno solidissimo. Reputerei pertanto opportuna sufficiente soddisfazione consistente in una manifestazione ufficiale di rincrescimento del luogotenente imperiale al console e punizione colpevoli.

321

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 896/39. Londra, 9 aprile 1904, ore 12,55.

Si conferma la conclusione, avvenuta ieri, de li 'accordo anglo-francese. Mi riservo trasmettere alla E.V. testo uftìciale 1•

320 1 T. del 9 aprile del quale si pubblica il passo seguente: «Ho l'onore di informare V.E. che il luogotenente imperiale deplora accaduto di jersera a Cattaro, promettendo punizione trasgressione suoi ordini». 2 Cfr. n. 3 18. 321 1 Sui commenti della stampa italiana all'accordo dell'8 aprile riferiva Barrère il l O aprile, in DDF, Il serie, t. V, n. 7.

322

IL CAPITANO ALBERTI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 908/33. Berbera, 9 aprile 1904 1.

Ultime notizie recano Mad Mullah dirigersi Illig. Generale, ammiraglio d'accordo proposto Londra agire contro Mad Mullah. ln questo momento operazione può essere favorevole ai nostri interessi.

323

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

NOTA RISERVATISSIMA 6744. Roma, 10 aprile 1904.

Credo opportuno di comunicare a V.E. il seguente rapporto del prefetto di Roma: «Con riferimento a precedente corrispondenza pregiomi manifestare alla E.V. che nel pomeriggio del 24 marzo in via Foro Traiano n. 25 piano 3° e precisamente nella abitazione del generale Ricciotti Garibaldi, ebbe luogo una riunione dei maggiorenti della colonia albanese d'Italia allo scopo di prendere accordi per un piano organico d'azione.

I convenuti erano 14 tra cui il signor Lorecchio Anselmo, direttore del giornale La Nazione Albanese di Roma, l'avvocato Lusi, direttore del periodico La Nuova Albania di Napoli, il signor Musacchio presidente dell'associazione albanese di Palermo, il signor Dominici Manlio pubblicista di Roma, il generale Danis ed il colonnello Schirò.

A quanto mi è stato riferito si sarebbe deciso di dare un nuovo e vigoroso impulso al partito albanese esistente in Italia, in modo da essere pronti ad ogni evenienza, temendosi che da un momento all'altro l'equilibrio dei Balcani possa essere turbato.

Il generale Ricciotti Garibaldi avrebbe espresso il proposito non appena dovessero scoppiare le ostilità nella penisola balcanica di organizzare contemporaneamente un esercito di volontari per invadere Trento e Trieste.

All'uopo sarebbe stato deciso di diramare un proclama segreto per tutta l'Italia onde organizzare potentemente i sotto comitati locali e costituire delle schiere di volenterosi pronti a prendere le armi al primo appello.

Con tale proclama si raccomanderebbe inoltre di tenere conferenze pro-Albania, di fare propaganda a mezzo della stampa, e sopratutto di aprire sottoscrizioni per raccogliere fondi.

Decisero di mantenere il massimo segreto su tali deliberazioni. Da ultimo procedettero alla nomina del segretario generale del Consiglio italiano pro-Albania nella persona del suddetto Bennici Mani io.

Mi si riferisce che tra breve un deputato e probabilmente l'onorevole Luigi Gaetani di Laurenzana parlerà alla Camera sulla questione albanese»'.

322 1 Trasmesso tramite Aden il l O aprile alle 5,55.

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, MILAZZO

T. RISERVATO 713. Roma, 11 aprile 1904, ore 15,45.

Rispondo suo rapporto l 09 1• Pur comprendendo, apprezzando sentimenti da cui la S. V. fu mossa, debbo ricordar le che rr. agenti ali'estero non possono né devono impegnarsi in manifestazioni aventi carattere politico senza avere prima ottenuto autorizzazione Ministero, e devo quindi dolermi che ella non si sia attenuto a tale norma. Il R. Governo che si appresta a degnamente accogliere il capo riverito della Nazione amica vede con la maggiore soddisfazione ogni popolare partecipazione a tali feste. Ma le manifestazioni ufficiali specialmente ali 'estero non devono eccedere quelle seguite in occasione della prima visita di altri capi di Stato alleati od amici. Credo che al punto in cui sono le cose non sarà possibile ritornare sul già fatto.

Ella peraltro vorrà fare almeno apparire quanto meno è possibile il carattere ufficiale della iniziativa ed impedire che, sia per l'astensione come per la qualità degli inviti e per i discorsi che saranno pronunziati, la dimostrazione possa assumere un carattere contraddicente agli intendimenti del R. Governo.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 718. Roma, li aprile 1904, ore 19.15.

Come era prevedibile l'incidente di Cattaro è oggetto di commenti spiacevoli da parte di tutta la stampa italiana e preoccupa la pubblica opinione. Mi si annunzia anche la presentazione di una interrogazione alla Camera. È di comune interesse pertanto che l'incidente venga risolto con la massima sollecitudine e in modo soddisfacente. La cosa dovrebbe tanto più riuscire facile in quanto che lo stesso luogotenente imperiale ha dichiarato al r. console a Zara di deplorare il fatto', e ha promesso punizione trasgressione suoi ordini. Una dichiarazione ut1ìcialc dello stesso luogotenente che deplori il fatto c ne esprima il rincrescimento e una seria punizione dei colpevoli mi pajono appunto i termini sufficienti ma indispensabili di una soluzione.

323 1 Sui maneggi irredentistici di Ricciotti Garibaldi cfr. TOMMASII\1, L 'Italia alfa vigilia della guerra, vol. I. cit., pp. 415-416.

324 1 Non rinvenuto.

325 1 Cfì·. n. 320, nota l.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI E PIETROBURGO

T. 721. Roma, 12 aprile 1904, ore 17.30.

I colloqui che io ebbi, ad Abbazia, col conte Goluchowski, hanno lasciato in me la migliore delle impressioni. L'esame della situazione ci ha messo in grado di constatare la piena consonanza di vedute nelle questioni d'ordine generale, non che il fermo proposito di entrambi i Gabinetti di perseverare nella intimità di rapporti e comunicazioni che meglio giovi, secondo lo spirito dell'alleanza, alla più efficace tutela dei rispettivi interessi.

Per quanto concerne la questione balcanica abbiamo riconosciuto e riconfermato il comune intendimento di adoperarci, con ogni nostro sforzo, per il mantenimento dello status quo. Infine, per quanto concerne la questione commerciale, il conte Goluchowski mi diede formale assicurazione del suo massimo buon volere e del suo vivo desiderio che si possa giungere ad un equo e soddisfacente accordo. Comunico quanto precede a VE. per sua informazione e norma di linguaggio 1•

327

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 723. Roma. 12 aprile 1904, ore 17,30.

Ricevuto telegramma 37 1 . Un telegramma di Ciccodicola, in data 31 marzo2 , reca che Menelik è riuscito farsi restituire da Chefneux convenzione ferroviaria, che abilmente gli era stata tàtta firmare, e che fino a quella data nulla era stato conchiuso, attendendo Mcnelik l'arrivo di Harrington. Son preoccupato del ritardo frapposto da Gabinetto inglese a rispondere circa progetto accordo segreto, poiché temo che nei negoziati per l'intervenuta intesa generale tra Francia c Inghilterra possa essere stato direttamente o indirettamente pregiudicato il nostro negoziato. Recenti dichiarazioni di lord Cromer al marchese Salvago mi confermano in questo timore3 . Lord Cromer infatti, che sappiamo essere stato consultato sul progetto accordo segreto, ebbe a manifestare una opinione personale che un accordo tra due sole delle tre Potenze interessate in Etiopia non sarebbe consigliabile, perché costituirebbe le gelosie della terza Potenza lasciata da parte. È evidente che lord Cromer, il cui pare

'Cfr. n. 302.

3 Cfr. n. 283.

re nelle cose africane ha gran peso al Foreign Office, vedrebbe più favorevolmente un accordo a tre. Desidererei che V.E. trovasse modo e occasione di toccare con tatto la delicata questione per conoscere l'intimo pensiero del marchese di Lansdowne. Per sua esclusiva personale conoscenza, è bene sappia che io non vedrei difficoltà, a certe determinate condizioni, che all'accordo italo-inglese per l'Etiopia accedesse poi la Francia.

326 1 Un resoconto ben più ampio dell'incontro fece Goluchowski a Wedel. che lo trasmise a Biilow il 14 aprile, cfr. GP. vol. XX/l, n. 640 l.

327 1 Cfr. n. 315.

328

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 938/70. Berlino, 13 aprile 1904, ore 5,28.

Il recente accordo franco-inglese non è stato ancora notificato a questo Governo. Circa accoglienza che il Governo imperiale fa a questo accordo speciale, specialmente per quanto si riferisce al Marocco, non potrei meglio fare che ripetere le misurate dichiarazioni fatte ieri dal cancelliere dell'Impero al Reichstag. Noi non abbiamo motivo di ritenere, disse il cancelliere dell'Impero, che l'accordo sia in qualche modo diretto contro altre Potenze, e vediamo in questo un coefficiente per il mantenimento della pace. Nel Marocco e Mediterraneo, in generale, i nostri interessi sono essenzialmente d'ordine economico, perciò desideriamo che nel Marocco regnino la tranquillità e l'ordine, non abbiamo motivo di ritenere che una Potenza qualsiasi disconosca

o leda i nostri interessi colà. Più non ha detto Biilow, né credo dirà. Che qui siano lieti dell'accordo franco-inglese non affermerei. Certo non vi sono poi indizii sufficienti per ritenere che questo Gabinetto, il quale altra volta ha fatto pesare la sua parola nella questione del Marocco, veda tuttaltro che volontieri che questa si incammini verso una soluzione senza che esso sia chiamato ad interloquire.

329

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 944/40. Londra, 13 aprile 1904, ore 10,55 (perv. ore 19,20).

Ho ricevuto il telegramma di V. E. n. 723 1• Anche al Foreign Office si ebbe conferma avere Menelik ricuperato la nota convenzione Chefneux. Nulla si sa ancora circa atteso ritorno del capitano Harrington ad Addis Abeba.

Quanto al nostro progetto di accordo, credo potere escludere positivamente che il suo oggetto sia stato in alcun modo menzionato nei recenti negoziati anglo-francesi.

Circa il parere di lord Cromer, mi fu detto soltanto aver egli risposto che quelle proposte meritavano attento esame, ma è probabile egli abbia pure menzionato l'opportunità di una simultanea intesa colla Francia quale sarebbe indicata dalla presente situazione.

Avendo veduto oggi marchese Lansdowne, mi sono limitato sollecitare, in nome di V.E., una risposta, e Sua Signoria si riservò di considerarla, scusandosi del non avere avuto agio di occuparsene in questi ultimi giorni. Nel corso della conversazione, ed a titolo di mia impressione puramente personale, ho poi accennato che quando si fosse fra noi concluso un accordo vi sarebbe forse vantaggio a invitar Francia a parteciparvi. Marchese Lansdowne essendosi, come lo prevedevo, mostrato in massima favorevole a codesta idea, ho insistito sulla convenienza di cominciare con un accordo a due tra noi, anziché aprire negoziati a tre, i quali per ciò stesso riuscirebbero più difficile esito. Sua Signoria avendo approvato anche questo punto di vista, gli dissi che ne scriverei a V.E. come di mia iniziativa.

329 1 Cfr. n. 327.

330

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 941/74. Vienna, 13 aprile 1904, ore 21.

Ho parlato col ministro degli affari esteri oggi nel senso del telegramma di V.E.

n. 7181 , rappresentandogli necessità dare incidente Cattaro pronta soluzione indicata da V.E. Conte Goluchowski rispose ciò che segue: inchiesta prescritta al riguardo non è ancora ultimata. Non si può però contestare diritto autorità e gendarmeria col salire a bordo visitare navi estere mercantili e postali che sono acque territoriali Monarchia. Non è quindi giustificata opposizione capitano nave italiana «Molfetta», né uso poco regolare da essa fatto bandiera nazionale. Ignora, del resto, quanto sarebbe stato convenuto in proposito tra il r. console e luogotenente Zara. Riconosce tuttavia avere autorità imperiale reale Cattaro commesso mancanza, non avvertendo, prima di salire a bordo, il console d 'Italia in Zara, conformemente articolo 16 Convenzione 1874. Aspettava informazioni complementari, dopo di che avrebbe incaricato ambasciata austro-ungarica a Roma far conoscere a V.E. che deplora mancanza suddetta, che provvedimenti sarebbero stati presi per impedire ripetersi inconvenienti, e che severa ammonizione verrebbe data coloro che eransene resi co\pevoli2 .

2 Per il seguito cfr. n. 332.

330 1 Cfr. n. 325.

331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 1784 7/424. Roma, 13 aprile 1904.

Ho letto, con speciale interesse, il rapporto di V. E. in data 4 aprile, n. 979/395 1•

Dopo avere ricordato il discorso recente de li'onorevole Bo n i de Castellane, circa il prossimo viaggio del presidente Loubet a Roma, l'E.V. ha riferito il linguaggio di codesta stampa, in occasione dei recenti brindisi scambiati tra S.M. il re nostro augusto sovrano, e S.M. l'imperatore di Germania. Inoltre V.E. mi ha fornito particolareggiati ragguagli sul colloquio da lei avuto, in proposito, col signor Delcassé il 30 marzo u.s.

Mentre la ringrazio per le notizie e per le considerazioni espostemi, non posso che approvare, pienamente, le parole di V.E. dirette, in tale circostanza, a codesto signor ministro degli aftàri esteri.

332

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VI ENNA, AVARNA

T. 733. Roma, 14 aprile 1904, ore 12,30.

Rispondo al suo telegramma n. 741 . Le dichiarazioni del conte Goluchowski mi meravigliano laddove egli dichiara di ignorare l'accordo intervenuto fra il console in Zara e l'imperiale luogotenente e sembra voler giudicare e risolvere l'incidente prescindendo da tale accordo. Voglia fare rilevare come sia impossibile per noi di accettare questa base di discussione e di soluzione. Il punto di partenza del nostro reclamo non è e non può essere che l'accordo intervenuto secondo il quale la visita a bordo non poteva essere fatta che da agenti senza armi. È questo accordo che pienamente giustifica la resistenza del capitano e rende gravissima la violenza dei gendarmi che giunsero fino al punto di spianare i fucili contro di lui. Si tratta di una aperta mancanza ad un patto dovuta non so se a disobbedienza, od a trascuratezza nel trasmettere gli ordini. Su ciò spetta al Governo austriaco di indagare. Ma si tratta in ogni caso, di una violazione veramente grave in sé e per il modo in cui venne compiuta e per il quale una punizione dovrebbe essere certamente maggiore di una semplice ammonizione.

332 1 Cfr. n. 330.

331 1 Cfr. n. 312.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI

T. 734. Roma, 14 aprile 1904, ore 16,15.

Con viva meraviglia e vivo rincrescimento apprendo notizia soppressione insegnamento obbligatorio italiano codeste scuole suo rapporto n. 441• Tale provvedimento è in aperta opposizione con lo spirito se non con la lettera delle assicurazioni date dal principe Giorgio e dalla S.V. comunicate a questo Ministero con telegramma del 13 febbraio2 . L'avere pubblicato soltanto adesso il decreto già firmato fin dal 24 gennaio aggrava ancora la cosa dando al mantenimento del provvedimento il significato di un atto precedentemente voluto. Voglia pertanto francamente far noto questi sentimenti del R. Governo al principe Giorgio, aggiungendogli che se egli deve tener conto della irritabilità cretese, io non posso prescindere dalla opinione pubblica italiana che giustamente si sente offesa da atti rivolti contro la cultura e la lingua nazionale ancora più che contro il Governo e non comprende un indirizzo politico come quello seguito sinora dall'Italia dal quale l'Italia ricava simili risultati.

Voglia in pari tempo dirigere a codesto Governo un nota scritta ispirata a tali sentimenti concludendo che il R. Governo rinunzia a sollevare formalmente un incidente, solo perché può rendere atto della dichiarazione fattale dal signor Vorcades relativamente alle intenzioni di codesto Governo di rendere poi nuovamente l'italiano obbligatorio per tutti.

334

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 955/76. Vienna, 15 aprile 1904, ore 0,30.

In assenza del conte Goluchowski partito oggi per Budapest, come già telegrafai ieri a V.E., ho parlato con primo capo sezione sull'incidente di Cattaro, attenendomi strettamente istruzioni che V.E. mi ha dato con suo telegramma n. 733 1• Signor de Mérey mi ha detto risultare da ulteriori informazioni trasmesse luogotenente Zara che accordo tra esso e r. console era realmente intervenuto, e che istruzioni conforme medesimo erano state impartite ai comandanti i vari porti della Dalmazia. Ma anche esse non erano ancora pervenute Cattaro alla data in cui avvenne incidente. Ha

aggiunto però che accordo non avrebbe potuto essere stipulato da luogotenente, né essere ratificato dal Governo imperiale e reale non essendo conforme convenzione 1874, e non spettando a quel funzionario interpretare atti internazionali. Autorità Cattaro non avendo quindi avuto ancora tempo debito condizioni accordo, aveva agito secondo diritto spettante ogni autorità qualsiasi Paese di visitare navi mercantili e postali che sono proprie acque territoriali. Però, non avendo avvertito prima di salire a bordo r. console Zara aveva commesso mancanza deplorata dal Governo imperiale e reale. In conseguenza, era stato telegrafato, prima della mia visita all'incaricato d'affari austro-ungarico a Roma di fare a V.E. comunicazioni riferite mio telegramma di ieri n. 742• A mia richiesta de Mérey informerà oggi stesso il conte Goluchowski di quando ebbi a fargli conoscere.

333 1 Non pubblicato. 2 T. 337/8 del 13 febbraio, non pubblicato, con il quale Negri comunicava che il principe Giorgio aveva assicurato la nomina di un nuovo insegnante di lingua italiana, in sostituzione del precedente. 334 1 Cfr. n. 332.

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE A ZARA, CAMICIA

T. 743. Roma, 15 aprile 1904, ore 16.

In relazione alla recente sua domanda di istruzioni di massima circa le visite a bordo dei nostri piroscafi, debbo avvertirla che il diritto delle autorità locali di esercitare perquisizioni a bordo delle navi mercantili straniere nelle loro acque non può essere in principio contestato, né da noi particolarmente fu mai contestato di fronte all'Austria-Ungheria. Tutto ciò che possiamo e dobbiamo pretendere è la osservanza di quanto prescrive l'art. 16 della convenzione 15 maggio 1874, e cioè il previo avviso all'autorità consolare. Per quanto concerne Cattaro, debbo avvertirla confidenzialmente che il Governo di Vienna non crede poter riconoscere la validità dell'accordo intervenuto col luogotenente. Importa quindi che ella si tenga in comunicazione col luogotenente, e quante volte questi, per istruzione che gli giunga da Vienna, disdica l'accordo, e si debba quindi tornare al procedimento normale anche per Cattaro, dove non esiste agente consolare italiano, converrà che d'urgenza ella avverta i capitani della «Puglia» di non opporsi all'accesso di agenti locali, ancorché armati, purché questi dichiarino di avere avvertito lei come r. console avente giurisdizione nel distretto. Quanto all'incidente del 7 aprile a Cattaro pendono tuttora le trattative.

334 2 Cfr. n. 330.

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 751. Roma, 15 aprile 1904, ore 23,55.

Ricevuto telegramma 40 1• Sono lieto marchese Lansdowne condivida nostro modo di vedere circa convenienza partecipazione della Francia all'accordo anglo-italiano per l'Etiopia. Ambasciatore di Francia mi ha dichiarato recentemente che nelle questioni Etiopia Governo francese non desidererebbe di meglio che intendersi con Italia. Ciò mi fa ritenere che in occasione prossima venuta presidente della Repubblica francese Delcassé mi terrà parola delle cose di Etiopia. Ciò mi porrebbe in imbarazzo se per quel tempo l'accordo italo-britannico non fosse conchiuso. Prego V.E. di volere informare confidenzialmente di quanto precede codesto ministro degli affari esteri facendogli presente il comune interesse di sollecitare la firma dell'accordo onde le due Potenze possano sicuramente concordemente vedere il modo migliore di preparare l'intesa con la Francia.

337

IL REGGENTE L'AGENZIA E IL CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, ANCILOTTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 250/73. Il Cairo, 15 aprile 1904 (perv. il 20).

Ho l'onore di segnare ricevuta all'E.V. del dispaccio del 5 corrente n. 75 1 , con il quale ella mi comunica un rapporto del r. console in Tripoli di Barberia sui lavori già iniziati e sulla guarnigione stabilita nella baia di Solum da questo Governo.

Ho avuto occasione di vedere il ministro degli affari esteri, che, da me interpellato in argomento, mi dichiarò nulla sapere dei lavori stabiliti o iniziati per la costruzione di una ferrovia che potrebbe unire Solum con Alessandria.

Sta il fatto che il khedivé ha fatto costruire un primo tronco di ferrovia da Mariut nella direzione di Tripoli e che presto ne farà un secondo di cento chilometri in continuazione. Come mi dichiarò Boutros pascià, si tratta di un affare assolutamente privato di Sua Altezza che vorrebbe aprire uno sbocco di prodotti delle terre vicine di sua proprietà.

Su questo argomento, ha riferito ampiamente il marchese Salvago con i rapporti del 26 febbraio scorso n. 36 e 2 aprile scorso n. 652 .

Il progetto forse si allargherà più tardi, ma, per ora, non si pensa certo alla costruzione di una ferrovia costosissima per la lunga percorrenza e improduttiva per i Paesi che dovrebbe attraversare.

2 Non pubblicati.

In una conversazione ch'ebbi più tardi con lord Cromer, avendo accennato all'argomento in parola, il rappresentante britannico mi smentì categoricamente si pensi a costruire una ferrovia a Solum. Aggiunse non esistere in questa località alcuna guarnigione e che solo, di tanto in tanto, vi si mandano delle pattuglie di dieci o venti uomini per differenti servizi.

Invio, qui unito, un prospetto delle forze anglo-egiziane scaglionate lungo la costa ovest di Alessandria, prospetto datomi dal capitano Hunter.

Lord Cromer approfittò dell'occasione per fare vive proteste d'amicizia all'Italia. Aggiunse che sapeva che il R. Governo si preoccupava degli avvenimenti in Tripolitania, talora in base a notizie infondate, e che rinnovava personalmente l'assicurazione della leale attitudine del suo Paese di fronte agl'interessi della Nazione amica.

336 1 Cfr. n. 329.

337 1 Non pubblicato.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

Roma, 16 aprile 1904, ore 15,40.

Sua Maestà ha molto gradito e ricambia il saluto dell'imperatore di Etiopia lieto che questa nuova opera di civiltà2 alla quale hanno collaborato i due Paesi amici giovi ai comuni interessi politici e commerciali.

A lei che tanto si adoperò per la riuscita della non facile impresa mi è grato esprimere mio speciale compiacimento.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 757. Roma, 16 aprile 1904, ore 23.

Incidente di Cattaro. Ieri si recò da me il principe Schonburg per ripetermi sostanzialmente le dichiarazioni preannunziate dall'E.V. nel telegramma n. 76 1• lo la prego pertanto di voler far comprendere a codesto Governo che nessuno più di me è alieno dal dare all'incidente una importanza superiore a quella che merita. Ma non potrei prescindere anche volendolo dalla assoluta necessità di fornire spiegazioni soddisfacenti le quali tolgano ogni pretesto a coloro che nella Camera e fuori si apprestano a profittare dell'incidente per i loro fini politici. Codesto Governo propone una soluzione che, partendo dalla promessa di ignorare l'accordo intervenuto fra il

33R 1 Il telegramma tù trasmesso via Asmara.

è Con ogni probabilità si ritèrisce all'avvenuto allacciamento telegrafico tra Asmara e Addis Abeba.

luogotenente e il console, conclude con una ammonizione alle autorità di Cattaro per il mancato avviso all'autorità consolare italiana. Ora giova ricordare che tutto l'incidente fu cagionato dal rifiuto opposto dal capitano a permettere l'accesso ai gendarmi armati. Fu in seguito a ciò che i gendarmi appianarono i fucili minacciando fuoco, e fu soltanto la remissione del capitano che prudentemente cedette nonostante le contrarie istruzioni ricevute, quella che impedì conseguenze ben più gravi. Qualora potessi seguire il Governo austro-ungarico nel suo desiderio di ignorare l'accordo intervenuto, io per prima cosa dovrei disapprovare e far punire il capitano. Ma anche prescindendo da ciò la verità è che è impossibile trovare la soluzione a un incidente prescindendo dalla causa che ha dato origine ali 'incidente medesimo. L'accordo intervenuto che fu la unica causa dell'incidente deve essere anche necessariamente il punto di partenza per la sua soluzione. E siccome l'esistenza dell'accordo non può venire né viene contestata, codesto Governo può scegliere l'una o l'altra di queste vie: o accettare l 'accordo salvo magari a denunciarlo subito per l'avvenire, o non accettarlo. Nel primo caso, premesso che l'accordo fu convenuto il 29 marzo e l'incidente avvenne il 7 aprile, e che dal suo canto il r. console adempì l'obbligo di avvertire immediatamente i capitani della Società «Puglia», deve essere accertato a carico di chi stia la responsabilità della violazione dell'accordo stesso da parte austriaca; e cioè se a carico di chi non trasmise gli ordini o a carico di chi non vi obbedì. Accertati i responsabili, essi dovranno essere puniti in modo adeguato all'ingiusta violenza fatta al capitano e alle gravissime conseguenze che potevano derivarne. Il Governo austro-ungarico può invece scegliere l'altra via e non accettare l'accordo allegando che il luogotenente non aveva poteri per stipularlo. Ma in tale caso per separare di fronte al Governo italiano la responsabilità sua da quella del luogotenente, esso non potrà a meno di sconfessare il luogotenente e proporzionatamente punirlo. Non mi pare possibile impostare diversamente la questione e trovare una soluzione al di fuori delle due predette ipotesi, né saprei, al di fuori di esse, come poter trovare una conveniente risposta alle interrogazioni già presentate alla Camera dei deputati. Devo ancora insistere sulla opportunità di poter trovare una soluzione quanto più sollecitamente sia possibile. Qualora ella lo creda opportuno, la autorizzo a consegnare a codesto Governo una nota verbale concepita in conformità del presente telegramma.

339 1 Cfr. n. 334.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 760. Roma, 17 aprile 1904, ore 12,55.

Facendo seguito mio telegramma di ieri 1 e per facilitare soluzione dell'incidente, pare a me che la formula da proporre al conte Goluchowski in aggiunta alle dichiarazioni fattemi in suo nome dal principe Schonburg potrebbe essere questa:

nel caso in cui codesto Governo persista a non voler riconoscere l 'accordo intervenuto fra il console e il luogotenente, che il Governo stesso dichiari ciò a noi deplorando il fatto del luogotenente e autorizzandoci a fare alla nostra volta in questo senso pubblica dichiarazione. Nella contraria ipotesi dovrà essere severamente punito il funzionario che non trasmise gli ordini a Cattaro o colui che avendoli ricevuti non li fece eseguire. N eli 'un caso e n eli 'altro, per evitare il rinnovarsi di così spiacevoli incidenti noi chiediamo al Governo austro-ungarico che consenta la nomina di un r. agente consolare a Cattaro, e qualora tale nomina per speciali ragioni non potesse essere consentita, non dubitiamo che non troverà difficoltà la nomina invece di un delegato consolare nell'identica forma e per gli stessi effetti del delegato di Riva di Trento, in conformità della nota verbale 12 maggio 1900 diretta da codesto Ministero degli affari esteri alla r. ambasciata. lo non potrò mai abbastanza insistere sulla necessità di risolvere sollecitamente l'incidente. Voglia I'E.V. dire al conte Goluchowski che la mia vera e unica preoccupazione in tak insistenza deriva dal vivissimo desiderio che ho d'impedire che l'incidente venga sempre più sfruttato come avviene dai nemici di quell'indirizzo di politica che il R. Governo è risoluto ad avere nei rapporti coli'Austria-Ungheria.

340 1 Cfr. n. 339.

341

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 994/81. Vienna, 19 aprile 1904, ore 2,30.

Ho parlato oggi col ministro degli affari esteri nel senso telegrammi di V.E. nn. 757 e 760 1• Gli feci conoscere alternative esposte insistendo pronta soddisfacente soluzione incidente Cattaro. Conte Goluchowski mi ha detto credere che franche e leali dichiarazioni fatte fare a V. E. dal signor principe di Schonburg e rincrescimento espresso accaduto avesse soddisfatto R. Governo. Sembrargli d'altra parte che ad incidente siffato non si dovesse attribuire troppa importanza, specialmente tra Stati alleati. Ho replicato era intàtti pensiero di V.E., la cui insistenza per soluzione proposta era motivata unicamente vivissimo, sincero desiderio incidente non dovesse essere sfruttato nemici quella politica che il R. Governo era risoluto seguire con l'Austria-Ungheria. Conte Goluchowski, nell'accennare poscia alternativa secondo la quale Governo imperiale non riconoscendo accordo intervenuto tra il console e luogotenente Zara, deplorava fatto di questi, e autorizzava V.E. fare a sua volta dichiarazione pubblica in tal senso. Mi ha detto che non poteva prendere decisione in proposito dovendo prima interpellare presidente del Consiglio da cui dipendeva questione, ma che avrebbe conferito con esso domani e avrebbe fatto pervenire risposta.

Quanto alla istituzione agenzia e delegazione consolare italiana a Cattaro, non poterla ammettere, essendo quel porto militare; ma, per evitare ripetersi inconveniente accaduto, autorità locale, attenendosi strettamente articolo 16 convenzione 1874, avrebbe dato tempo necessario r. console Zara recarsi Cattaro per assistere visita navi italiane.

341 1 Cfr. nn. 339 e 340.

342

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 996/83. Vienna, 19 aprile 1904, ore 2,30.

Nel colloquio avuto oggi conte Goluchowski, discorso caduto incontro Abbazia, mi ha detto essere stato lietissimo sua personale conoscenza e pienamente soddisfatto conversazioni avute seco lei, franchezza cui erano state improntate. Conte Goluchowski sarebbesi espresso nello stesso senso coll'ambasciatore di Germania, a quanto mi viene riferito, da questi 1•

343

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1001/72. Berlino, 19 aprile 1904, ore 17,30.

Conte Goluchowski ha fatto tenere a questo ambasciatore d'Austria-Ungheria, perché ne dia notizia al cancelliere dell'Impero, una lunga relazione del convegno con V. E. in Abbazia1• Conte Goluchowski rende conto delle conversazioni avute con lei e delle dichiarazioni scambiate. La particolareggiata relazione, di cui il mio collega austro-ungarico mi ha dato lettura confidenziale, tocca tutti i punti trattati dal conte Goluchowski con V.E., e si dilunga specialmente circa le questioni dell'Albania e di Novi Bazar. Circa questione commerciale conte Goluchowski si è riservato ulteriori comunicazioni. La relazione termina colla espressione della viva soddisfazione del conte Goluchowski per il suo completo accordo con lei e con le più lusinghiere espressioni per la persona di lei.

343 1 La relazione fu comunicata a Wedcl. Cfr. GP, vol. XX/I, n. 640 l.

342 1 Cfr. infàtti il rapporto citato di W ed el a Biilow in GP, vol. XX/l, n. 640 l.

344

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1002/73. Berlino, 19 aprile 1904, ore 17,30.

Il segretario di Stato per la marina, che io ho incontrato iersera, mi ha detto quanto S.M. l'imperatore sia restato soddisfatto delle accoglienze di Napoli, e quanto abbia ammirato la nostra Marina, segnatamente le nostre recenti costruzioni navali.

S.M. l'imperatore ha scritto all'ammiraglio Tirpitz ordinandogli la «costruzione delle navi come le italiane». Nel corso della conversazione, ho potuto notare anche, da quanto con molta riserva mi ha detto l'ammiraglio, che qui è tutt'altro che sparita la preoccupazione per la rivista navale di Napoli in occasione della visita del presidente Loubet per questo «spettacolo navale che, fino ad ora, non aveva avuto l'eguale per quest'avvenimento del giorno». Io mi sono adoperato di rimettere nella sua vera luce il prossimo convegno navale di Napoli. Ma non so se le mie allegazioni sia presso l'ammiraglio Tirpitz, sia presso altri uomini di Governo, più autorizzati a parlare della cosa, raggiungeranno lo scopo. Questo mio dubbio sarebbe tanto più giustificato se fossero vere le notizie dei giornali, secondo le quali le proporzioni del convegno navale di Napoli andrebbero oltre quanto ella mi diede, coi suoi precedenti telegrammi, istruzioni di dire al cancelliere dell'Impero.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA

T. 772. Roma, 19 aprile 1904, ore 22,55.

Incidente Cattaro. Voglia far comprendere conte Goluchowski non essere il

R. Governo che attribuisce importanza all'incidente, ma l'opinione pubblica e i deputati i quali avendo presentato interrogazioni alla Camera pongono il Governo nella necessità di rispondervi in modo soddisfacente. Se tutto il torto è dalla parte delle autorità austriache, come non pare dubbio, non comprendo come specialmente fra Stati alleati codesto Governo non lo debba riconoscere dando a noi adeguata soddistàzione. Neppure mi sembra giustificata la resistenza che codesto Governo oppone a soddisfare il desiderio espresso nel telegramma n. 7601• Non trattasi di istituire né agenzia né delegazione, ma semplicemente autorizzare il r. console a Zara di indicare in Cattaro una persona scelta col consenso del Governo austriaco, con l 'unico mandato di ricevere dalle autorità locali le notificazioni prescritte dali'art. 16 della

Convenzione e assistere se lo giudichi opportuno alle visite e operazioni di dogana e di polizia. Tale persona non potrebbe esercitare nessuna funzione consolare; non godrebbe di alcun diritto né privilegio o immunità né potrebbe far uso di alcun segno esteriore inerente all'autorità consolare. L'avviso da darsi volta per volta al console a Zara perché si rechi a Cattaro sarebbe di esecuzione evidentemente impossibile data distanza dei luoghi e relativa difficoltà delle comunicazioni e rappresenterebbe garanzia non seria, e assolutamente irrisoria.

345 1 Cfr. n. 340.

346

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1006/25. Addis Abeba, 19 aprile 1904 1•

S.M. imperatore, al quale ebbi l'onore comunicare telegramma di V.E. del 15 corrente2 , mi ha incaricato di notificarle i suoi vivi ringraziamenti sicuro che il compiacimento del nostro augusto sovrano, gli auguri del Governo del re rappresentano per lui nuova affermazione di cordiale amicizia ed assicurato successo al benessere Eritrea, Etiopia. Mi permetta Eccellenza, esprimerle la mia riconoscenza per le sue parole con le quali volle rilevare il mio modesto lavoro.

347

L'INCARICATO D'AFFARI A CARACAS, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 389/82. Caracas, 19 aprile 1904 (perv. il 21 maggio).

Ebbi occasione d'incontrarmi ieri col generale Raffaele Reyes che travasi di passaggio a Caracas nel suo viaggio di ritorno a Bogotà ove, fra breve, egli prenderà possesso della presidenza della Repubblica.

Avevo già conosciuto il futuro presidente durante la mia missione al Messico, all'epoca del Congresso pan-americano ed il mio colloquio col noto uomo di Stato fu inspirato a molta cordialità.

Accennando al suo recente viaggio in Italia, egli mi narrò come gli avvenimenti di Panama e il troppo affrettato riconoscimento di quella Repubblica dalle Potenze

2 Cfr. n. 338.

europee lo costrinsero a serbare in Europa un atteggiamento riservato che gl'impedì di entrare in rapporti diretti coi vari Governi.

Ciononostante, animato da sentimenti conciliativi, il nuovo presidente amico e grande ammiratore del generale Diaz presidente del Messico, aspirerebbe a mettere il suo Paese sulla via dell'ordine e del progresso, stringendovi maggiormente i legami di amicizia colle Nazioni europee ed americane, ristaurando il credito della nazione e chiamando l'immigrazione europea a fecondare le grandi risorse del vasto territorio colombiano.

Alludendo ad alcuni rapporti da lui indirettamente tenuti con V.E. per mezzo di codesto ministro della Repubblica argentina, il generale Reyes mi ha espresso la sua fiducia che questi primi passi saranno seguiti da trattative per la prossima nomina di un ministro d'Italia a Bogotà e d'un ministro colombiano a Roma. Un tal riavvicinamento fra i due Governi è da lui desiderato tanto per migliorare la posizione internazionale del suo Paese, quanto per studiare ed attuare il progetto di stabilire verso la Colombia una corrente immigratoria italiana di cui egli si mostra grande fautore; gli emigranti delle nostre province meridionali, più adatti ai climi degli altipiani equatoriali, sembrano al distinto viaggiatore ed uomo di Stato un ottimo elemento di organizzazione sociale e di prosperità economica.

Non appena nell'agosto p.v. avrà preso possesso del suo posto il futuro presidente, secondo egli stesso qui accennò, avrebbe l'intenzione di occuparsi del miglioramento delle relazioni fra la Colombia e l'Italia; secondo lui, la condizione del desiderato riavvicinamento dovrebbe essere il lasciare al più presto cadere in dimenticanza tutte le questioni pendenti ed i reciproci lamenti che hanno potuto inasprire i rapporti fra le due Nazioni.

346 1 Trasmesso tramite Asmara il 20 aprile, ore 8,30.

348

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1012/85. Vienna, 20 aprile 1904, ore 8,15.

Mérey venne a dirmi che Goluchowski avevalo incaricato di farmi sapere che «Governo imperiale e reale non riconosceva accordo intervenuto tra autorità provinciale e console d'Italia Zara; che deplorava malinteso, che era esso derivato, e che autorizzava V.E. fare dichiarazioni pubbliche in tal senso». Ha aggiunto che Governo imperiale e reale non era in grado di parlare del luogotenente, perché, sebbene questi fosse in realtà sconfessato colla dichiarazione che l'accordo non era riconosciuto, non poteva, d'altra parte, sconfessarlo pubblicamente, essendo egli rappresentante diretto dell'imperatore in Dalmazia. Anzi mi ha chiesto, in nome conte Gulochowski, pregare V.E. non voler fare cenno, nelle dichiarazioni pubbliche che sarà per fare, della persona stessa luogotenente, bensì dell'autorità provinciale di Zara. Ho creduto fare osservare Mérey che non mi sembrava che espressione «malinteso» fosse molto appropriata alla circostanza, non essendo avvenuto, a quanto mi risultava, malinteso alcuno; ma egli ha osservato che l'accordo non poteva essere stipulato, giacché non spettava al luogotenente, né al console d'Italia di interpretare convenzione 1874.

349

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 777. Roma, 20 aprile 1904, ore 22,35.

Mandi subito presso direttore Neue Freie Presse persona fidata, assicurandolo, in nome ministro Luzzatti, legato amicizia con quella redazione, che notizie trasmesse al giornale da Roma, per pubblicare come provenienti da Berlino, o Francoforte, relative offerte tedesche per conversione rendita italiana, sono assolutamente false'. Ministro Luzzatti prega amichevolmente redazione di smentire, per conto proprio, recisamente, tali notizie, per amore del vero, e come amici dell'Italia, e consiglia giornale stare in guardia2 .

350

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 477/181. Londra, 20 aprile 1904.

Ritorno in questo momento dal Foreign Office, dove ebbi col marchese Lansdowne una conversazione sull'argomento del progettato accordo per l'Etiopia. Sua Signoria vi era stata da me preparata con un biglietto scrittogli tre giorni or sono, nel quale (tenendo conto del telegramma di V.E. del 16) 1 io gli accennavo alla probabilità che su quell'affare ella venisse forse interpellata da M. Delcassé nell'occasione del prossimo viaggio presidenziale a Roma e suggerivo l'opportunità di sollecitare possibilmente una conclusione, per modo da mettere V.E. in grado di regolare all'occorrenza il suo linguaggio col ministro francese degli affari esteri.

Trovai che il marchese Lansdowne si era fatta una breve nota dei diversi punti del progetto del 19 dicembre2 ed avendogli io chiesto che cosa egli generalmente ne pensasse, Sua Signoria mi rispose che quelle proposte meritavano certamente un accurato esame ma che esse gli parevano tali da poter formare base di discussione per un soddisfacente accordo. Si passarono quindi da noi in sommaria rassegna ciascuno di quei punti. Circa il punto l o (intesa generica fra i due Governi e rispettivi agenti) Sua Signoria osservò soltanto che si potrebbe trovare una formula più concisa per

2 Per la risposta ctì-. n. 358.

2 Sul progetto di accordo del 19 dicembre, cfr. n. 84.

esprimerne il concetto. Nemmeno contro il punto 2° (mantenimento dello statu quo in base agli esistenti accordi) egli non sollevò obbiezioni. Il 3° (relativo alle concessioni industriali eccetera) venne pure approvato in sostanza. Del punto 4°, Sua Signoria ammise senz'aìtro la prima parte (astensione di ingerenza negli affari interni dell'Etiopia). Quanto alla seconda parte, concernente l'eventuale appoggio da prestarsi a tale o tal altro futuro pretendente alla successione al trono, egli rilevò che qui si entrava sul terreno delicato dell'intesa da tenersi segreta, per non offuscare inutilmente Menelik e risparmiare false interpretazioni e inquietudini di terze Potenze: e ciò si applicava tanto più alle previsioni contemplate nel punto S0

Parlando delle nostre aspirazioni a stabilire, in certe eventualità, una zona di comunicazione fra l'Eritrea e la Somalia italiana, mi accorsi che il marchese Lansdowne riteneva che da noi si mirasse a crearla mediante un'estensione dei nostri possessi lungo la costa, cioè all'est dell'Abissinia. Gli feci osservare che, secondo le intenzioni da VE. espresse, la zona in questione doveva invece girare attorno all'Abissinia propriamente detta, dalla parte di ponente. Lo stabilire, infatti, quella comunicazione lungo la costa, verrebbe a traversare l'hinterland dell'attuale colonia francese di Gibuti, provocando necessariamente la protesta della Francia, la quale non potrebbe rinunciare al proprio contatto coli' Abissinia, oggetto appunto dei suoi progetti ferroviari eccetera: ora tanto più che si tratta di combinare la partecipazione della Francia ai nostri accordi, non si può non tener conto della parte che ad essa spetterebbe, il giorno in cui gli avvenimenti conducessero ad un'estensione dei possessi delle tre Potenze in quelle regioni. Sulla carta che avevamo sott'occhio, la quale portava indicazioni della linea stabilita dal protocollo anglo-italiano del marzo 1891,-protocollo che, osservai, sì trattava appunto di confermare, -feci rilevare come quella linea lasciasse uno spazio sufficiente per la comunicazione territoriale da noi desiderata, nella futura eventualità che ora si considerava.

Il marchese di Lansdowne mi parve apprezzare il fondamento di queste ragioni. Non potrei dire se col cenno fattomi di una nostra eventuale estensione lungo la costa, Sua Signoria avesse in animo di non precludere un possibile futuro congiungimento della Somalia inglese colle regioni del Nilo già contenute nella sfera di influenza britannica, o se veramente egli avesse così interpretato l'intenzione dell'articolo so del nostro progetto. Ad ogni modo, ho creduto necessario di mettere bene in chiaro questo punto.

Alludendo poi al desideratum espresso nel secondo documento preparato a Roma il 19 dicembre, relativamente all'adozione della linea di confine lungo il Daua, Sua Signoria mi disse ritenere che questa modificazione potrebbe adottarsi a nostro vantaggio.

Quanto precede mi sembra confermare l'impressione da me riportata che questo ministro è generalmente disposto in senso tàvorevole alla conclusione del desiderato accordo. Egli mi disse però che la nostra conversazione di oggi non poteva costituire che uno scambio d'idee preliminare, dovendo egli riservarsi di esaminare più davvicino i diversi lati della questione e intendersi su di essa col primo ministro e cogli altri colleghi del Gabinetto in essa più particolarmente interessati. Sua Signoria mi promise di occuparsene e di farmi tenere tra breve una memoria scritta nella quale sarebbero esposti i suoi intendimenti. Alludendo alla prossima visita del presidente e del ministro degli affari esteri francese a Roma ed alla probabilità che questi intrattenesse VE. delle cose di Etiopia, ripetei al marchese Lansdowne come sarebbe opportuno ch'ella si trovasse posta in grado di rispondere alle sue aperture sulla base di un accordo già stabilito coll'Inghilterra. Ma allo stato delle cose, è evidente ed io dovetti convenire della materiale impossibilità che un simile accordo riesca conchiuso e sottoscritto entro i pochi giorni che ci separano da quella visita. Oltre ai punti sostanziali che nmarranno forse a discutersi, vi è la questione non inùiff'erenLe ùtlìa redazione che richiederà molta attenzione. E questa sarà tanto più necessaria, in vista appunto della comunicazione che sarebbe a farsi al Governo francese dell'accordo stesso. È inutile dissimularsi che il primitivo progetto era, nel suo spirito, informato ad una certa diffidenza, se non altro, verso i progetti della Francia. Ora invece che si è venuti al consiglio -a parer mio opportunissimo -di farvi partecipare quella Potenza, è evidente che una qualche modificazione -e non soltanto di forma -sarà indispensabile. Nella nuova situazione, sono possibili due metodi: o invitare senz'altro il Governo francese a un negoziato a tre, sulle basi contemplate; o conchiudere anzitutto l'accordo fra noi e l 'Inghilterra, comunicandolo poi alla Francia, con riserva di introdurvi gli emendamenti ad aggiunte che questa ponesse come condizione del proprio assenso. Come lo riferii a V.E. col mio telegramma del 133 , io ho raccomandato al marchese Lansdowne questo secondo metodo, facendo notare la considerazione delle lungaggini e complicazioni inseparabili da una trattativa a tre; ma ad esprimere questo avviso, che confermai anche oggi a Sua Signoria, io fui indotto principalmente dall'idea di sollecitarla così a conchiudere prontamente, come V.E. me ne aveva manifestato il desiderio. Ora però rimane escluso, come prevedevo, che l'accordo possa essere firmato prima dell'incontro di VE. con M. Delcassé ed in tale stato di cose io non so quale modo di procedere sia da lei preferito. Se una previa intesa definitiva coll'Inghilterra le sembra più conveniente, vi è il caso che ella possa evitare quel discorso col ministro francese, o, prendendone egli l'iniziativa, attenersi ad una risposta in termini generici. Io farò ad ogni modo il possibile per sollecitare e comunicarle in tempo utile la proposta che il marchese Lansdowne ha promesso di concretare, e l'averne conoscenza la metterà meglio in grado di risolversi a seconda del caso e farmi tenere le sue istruzioni4 .

349 1 Su questa voce messa in giro per provocare una caduta della rendita italiana e per creare ostacoli alla azione di Luzzatti per realizzare la sua conversione al tre e mezzo per cento, voce messa in giro in occasione della visita di Loubet, cfr. DDF, Il serie, t. V, nn. 39 e 49.

350 1 Cfr. n. 336.

351

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1021/86. Vienna, 21 aprile 1904, ore 4,45.

Ballo di Corte avuto luogo ieri notte principe e principessa di Galles nell'intrattenersi meco S.M. l'imperatore dissemi Gulochowski avergli riferito essere pienamente soddisfatto scambio idee avuto con V.E. Abbazia e franchezza cui furono improntate loro conversazioni; compiacquesi amabile accoglienza fatta da S.M. il re suo ambasciatore conte Liitzow, che non dubitava avrebbe adempiuto sua missione zelo e impegno, ma aggiunse che egli non era Pasetti, di cui riconosce servizi e lamentava partenza.

350 3 Cfr. n. 329. 4 Pansa comunicò un sommario resoconto del colloquio con T. segreto l O 13/42 del 21 aprile, ore 0,05, non pubblicato.

352

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1025/75. Berlino. 21 aprile 1904, ore 5,33.

Da vari giorni non avevo veduto il cancelliere dell'Impero, né lo avevo cercato. Sull'argomento delle feste per la visita del presidente Loubet, io gli aveva già detto quanto poteva servire a ristabilire la verità circa i festeggiamenti in onore dell'ospite francese. Iersera ho avuto, però, l'occasione di intrattenermi con lui dopo un pranzo di famiglia in casa sua. Le mie allegazioni non sono restate senza effetto; ho infatti trovato il conte Biilow meno inquieto e penetrato di quelle difficoltà di Governo alle quali ella mi accennava nei suoi telegrammi 1• Egli ha fiducia che a lei riuscirà di vincere, e fa sicuro assegnamento sulla saggezza e sul tatto politico del Governo, specialmente per quanto si riferisce alla rivista navale di Napoli, ed alle nostre solenni manifestazioni ufficiali.

353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO S.N. Roma, 21 aprile 1904, ore 13,25.

È vero che proporzioni rivista navale Napoli sono aumentate oltre quanto comunicai V.E. miei precedenti telegrammi. Ma ciò non soltanto non avvenne per volontà del R.Governo ma si compì in modo che non riuscì a noi possibile d'impedirIo. Invero quando io telegrafai a V.E., il numero delle navi francesi a noi annunziate' era appunto quale le fu da me comunicato, e altrettante sarebbero state le navi nostre. Posteriormente senza nessuna precedente apertura officiosa ci giunse una nota ufficiale del Governo francese il quale ci annunziava che il numero delle navi francesi che si sarebbero recate Napoli per fare scorta al presidente della Repubblica sarebbe notevolmente aumentato. V.E. facilmente comprende come non era possibile a noi d'opporre un rifiuto, e come d'altronde il numero delle navi italiane presenti nella rada di Napoli non potesse essere minore di quelle francesi. Del resto non è qualche nave di più o di meno che può alterare il significato delle feste ma bensì l'ambiente e il momento politico in cui esse si svolgono; e, specialmente dopo i convegni di Napoli e di Abbazia, non v'è uno solo in Italia che attribuisca ai prossimi festeggiamenti qualunque significazione che in qualunque modo possa attenuare il valore poli

tico della Triplice Alleanza. E se il conte Billow riterrà che l'opinione pubblica del suo Paese lo desideri, non mancherà il modo dopo le feste di provocare una nuova opportuna occasione che ancora una volta dinanzi al mondo riaffermi la solidità e la intimità dei nostri patti politici.

352 1 Cfr. per esempio il n. 306.

353 1 Con T. 832/32 del 4 aprile, non pubblicato, Tomielli aveva comunicato: «Questo ministro degli affari esteri mi comunica che la flotta che accompagnerà il presidente della Repubblica a Napoli sarà composta di tre corazzate e varie controtorpediniere di cui non se ne precisa il numero».

354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

T. RISERVATO 781. Roma, 21 aprile 1904, ore 22.

Portate a Bosaso da un messo fidato sono state consegnate il 25 marzo u.s. al comandante la squadriglia dei nostri sambuchi tre lettere del Mullah senza data2 . Le lettere portano un timbro speciale, ma non sapremmo pronunciarci sulla loro autenticità. In esse il Mullah ripete le sue proteste di amicizia verso l'Italia, domanda al

R. Governo di poter trafficare nei porti, di occupare il territorio di Mudug e del Nagal, e di interporsi per far cessare la guerra fra lui e gli inglesi, che invoca vadano via dal suo Paese.

Per debito di lealtà, prego E.V. comunicare quanto precede al marchese di Lansdowne per il caso egli abbia qualche comunicazione da farle per una eventuale risposta al Mullah. Per parte mia, debbo far presente che, ove malauguratamente il Mullah non fosse preso o battuto, e il Governo inglese attuasse il progetto preannunciatoci dal capitano Al berti per la difesa del protettorato del Somaliland, il Mullah sarebbe rinviato nel nostro territorio, e il Governo italiano, non intendendo fare una spedizione in Somalia, dovrebbe venire ad accordi col Mullah o direttamente od indirettamente per mezzo dei due sultani protetti.

355

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTERO DELL'INTERNO

NOTA URGENTE RISERVATA. Roma, 21 aprile 1904.

Com'è noto a V.E. le ambasciate e legazioni estere presso la Santa Sede per le speciali condizioni in cui si trovano, non prendono parte ai festeggiamenti nazionali.

Accadrà pertanto, e me ne fu anzi dato confidenziale avviso, che in occasione del passaggio pel corso Umberto I del corteo in onore del signor Loubet, la legazione di Prussia che ha sede nel palazzo Odescalchi non avrà alcun segno speciale.

Di ciò credo opportuno informare VE. affinché provveda perché siano dati agli ufficiali di pubblica sicurezza ordini di una speciale sorveglianza di quella legazione al fine di evitare qualunque spiacevole incidente.

354 1 Ed. con alcune varianti, in LV 103, pp. 18-19. 2 La notizia era stata trasmessa dalla nave «Colombo» con T. 934/35 del 13 aprile, non pubblicato. Le lettere erano state spedite a Roma dal console ad Aden il 31 marzo.

356

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 522/175. Vienna, 21 aprile 1904.

La proposta del deputato Dvorzak per l 'ampliamento delle scuole superiori di Brunn e di Praga ha porto occasione al deputato italiano Lenassi di pronunciare un discorso per sostenere la necessità di creare un'università i tal i an a a Trieste. «L'argomento che oggi si discute, egli disse, ci dà nuovo motivo a dolerci della differenza di trattamento cui deve sottostare la nazionalità italiana di fronte alle altre. Se una di queste si lamenta che le sue scuole superiori sono neglette, noi siamo al punto di doverla invidiare, poiché malgrado l'opera nostra quasi secolare, neppur una sola università ci è stata concessa. L'istituzione di una facoltà giuridica a Rovereto è un palliativo escogitato dal Governo per non soddisfare i veri bisogni della cultura italiana che non potrebbe appagarsi di una simile soluzione. Cinquecentocinquanta studenti italiani sono inscritti nelle università austriache, un altro centinaio nelle scuole superiori d'Italia, mentre le tre facoltà di Czermowitz non contano tutte insieme quattrocento allievi. Ciò dovrebbe essere argomento sufficiente a sfatare l'asserzione di certuni che un 'università italiana non avrebbe che pochi frequentatori. Questi dati provano inoltre il sacrosanto diritto degli italiani d'Austria ad avere una propria università. Questa non potrebbe sorgere che a Trieste, nostra capitale morale, città privilegiata per la sua posizione, per le sue facili comunicazioni e per il numero dei suoi istituti scientifici. Trieste, va tenuto conto anche di ciò, offrirebbe per l'università un milione di corone, cui si aggiungerebbero i contributi delle cinque province italiane di molti privati cittadini».

L'oratore rivolse infine una parola di plauso a Rovereto per la sua abnegazione e dopo aver vivamente contestate tutte le ragioni poste innanzi dal Governo contro la creazione dell'università italiana a Trieste ha concluso dicendo che il vero motivo di tale opposizione va ricercato nel fatto che l'Austria persiste nell'antica e tradizionale sua politica poliziesca, cui (sic) non osa affrontare neppure l'attuale presidente del Consiglio che è pur stimato uomo di idee moderne.

Il discorso dell'onorevole Lenassi è considerato in questi circoli della deputazione italiana come uno dei più importanti pronunciati sull'argomento. Esso fu accolto con frequenti interruzioni dai deputati tedeschi e con vivi applausi dalla deputazione italiana e d'altri membri del Parlamento.

357

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1033/20. Belgrado, 22 aprile 1904, ore 4,40.

Mi è stato ufficialmente assicurato che gli ufficiali cospiratori hanno lasciato quest'oggi la Corte. I rappresentanti esteri considerano esaurita la questione 1•

358

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1032/88. Vienna, 22 aprile 1904, ore 5,45.

Seguito pratiche mezzo persona di fiducia da me fatte presso direzione Neue Freie Presse, giusta telegramma di V. E. n. 7771 , giornale pubblica oggi breve articolo ove si dichiarano assolutamente false notizie relative offerta tedesca conversione rendita italiana. Si aggiunge, poi, a richiesta Banca commerciale Milano, non essere intervenuta di recente, circa questione conversione rendita trattativa, né questa essere nemmeno in vista in tempo determinato.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 783. Roma. 2 2 aprile 1904, ore 12, 15.

Incidente Cattaro. Non posso a meno di esprimerle il mio vivo rammarico nel vedere come nulla indichi ad una soluzione dello spiacevole incidente la quale possa da noi essere presentata come soddisfacente. Riconosciuta gravità incidente, esclusa qualsiasi responsabilità da parte italiana, noi lasciamo che Governo austriaco cerchi

dove preferisce un responsabile e lo punisca, ma non può chiederci di accontentarci della soluzione che ci propone, perché esprimere rincrescimento, deplorare malinteso non implica riconoscimento colpa, responsabilità, e io esporrei me e i rapporti italoaustriaci ai più aspri attacchi alla Camera. Non è possibile che fra Stati alleati ed amici, sinceramente animati da buon volere, non si trovi accomodamento soddisfacente. A tale proposito voglia proporre questa diversa soluzione sulla base che i due Governi si mantengano estranei alla questione. Come già le comunicai con mio telegramma 7181, il luogotenente ebbe a dichiarare al nostro console che deplorava il fatto e che sarebbero stati puniti i trasgressori ai suoi ordini. Io non credo che conte Goluchowski vorrà sconfessare anche in ciò quel funzionario. Che il luogotenente dia quindi corso a quella promessa ed io potrò annunziare la questione come direttamente risoluta tra autorità locali. Se nessuna soluzione soddisfacente ci viene offerta, non rimarrebbe a me che esporre alla Camera i fatti, facendo rilevare come il luogotenente abbia prima convenuto un accordo che il Governo ha sconfessato, e abbia promessa poi una punizione alla quale il Governo non ha dato corso e che in questa duplice sconfessione è da ricercare la causa che ha impedito una diversa soluzione. Quanto al modo di prevenire ripetersi incidente, V.E. avrà già fatto rilevare conte Goluchowski come non abbia serietà, data la distanza dei luoghi, l'avvertimento fatto da Cattaro al console in Zara perché assista alla visita. Una soluzione pratica, nel comune interesse, è quella da me proposta che, accettata da codesto Governo per il caso di Riva di Trento, non vedo per quali motivi potrebbe venire rifiutata adesso. Le rinnovo autorizzazione di presentare nota verbale, qualora V.E. lo ritenga opportuno.

357 1 Con R. 234/78 del 23 aprile Romano Avezzana riferiva più ampiamente sull'argomento e concludeva: «Se è lecito commentare questo incidente ora ch'esso è chiuso, non si può nascondere che la soluzione datagli è puramente formale. poiché le alte cariche conferite agli u!Ttciali che lasciano il palazzo, le numerose pubbliche prove della fiducia reale e lo stesso ultimo ritardo posto all'esecuzione dell'ukase che li rimuoveva dalla Corte hanno tolto ogni carattere di punizione o disgrazia al loro allontanamento. Il successo ottenuto dalla diplomazia europea può perciò parere discutibile, e questo dubbio esito è dovuto a quelle impellenti ragioni d'ordine interno sulle quali io attirai l'attenzione del ministro dell'Austria, allorché egli mi parlò della divisata dimostrazione contro gli u!Ttciali».

358 1 Cfr. n. 349.

360

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. PERSONALE S.N. Roma, 22 aprile 1904, ore 13,55.

Corre la voce nei circoli diplomatici del possibile trasloco a Parigi di questo ambasciatore d'Inghilterra. Qualora ella avesse ragione di credere che la voce ha fondamento prego V.E., nella forma che riterrà opportuna, di far sapere a lord Lansdowne che sir Rennell Rodd sarebbe persona particolarmente grata a S.M. il re e quindi al suo Governo'.

360 1 Successore di Berti e come ambasciatore a Roma fu Egerton. Rennell Rodd lo diventò nel 1908.

359 1 Cfr. n. 325.

361

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1039. Addis Abeba, 22 aprile 1904 1.

Mentre Chefneux, Ilg tentano ancora ogni mezzo per riuscire ad un accordo con Mene1ik per ferrovia Gibuti, Lagarde chiede Harrington iniziare con lui trattative per definire la questione fra Inghilterra-Francia. Tale condotta Lagarde sembra, parmi, che Governo francese non prende in nessuna considerazione nostra posizione e nostri interessi in Etiopia.

Harrington mi ha detto oggi che Governo britannico ha assegnato a Menelik 250 mila franchi annuali in compenso conclusione trattato frontiere e agevolazioni per eventuali lavori idraulici allo Tzana. Harrington stesso non mi ha nascosto che tale assegno annuale a Menelik è mezzo convincente in sua mano per renderlo docile alla sua volontà.

E io devo far rimarcare a V.E. che di fronte a espedienti tanto convincenti degli inglesi ed energia tanto attiva e spiegata dai francesi il nostro lavoro si renderà presto inutile ed il nostro prestigio sarà del tutto scosso.

362

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1049/89. Vienna, 24 aprile 1904, ore 5.

Ho comunicato oggi conte Goluchowski soluzione proposta da V.E. circa incidente Cattaro, di cui il telegramma 783 1• Conte Go1uchowski mi ha detto non poter accettare. Luogotenente dichiara punire trasgressori suoi ordini, perché non gli sembrava che realmente trasgressori esistessero e che non era, del resto, ammissibile che si reclamasse una punizione come si trattasse della Turchia. Ma che accettava, in massima, che luogotenente dichiarasse deplorare incidente, esprimendo suo rincrescimento e rendendo responsabili coloro che avessero mancato suoi ordini dopo che fosse stata eseguita inchiesta. Ma prima di pronunziarsi definitivamente in proposito doveva conferire con presidente del Consiglio da cui dipendeva luogotenente. Ho osservato nuovamente conte Goluchowski che trasgressione ordini luogotenente meritava punizione e ho insistito presso esso perché colpisse coloro che si erano resi colpevoli per gravi conseguenze che ne erano risultate, ma conte

362 1 Cfr. n. 359.

Goluchowski ha persistito sua dichiarazione non potersi trattare di punizione. Egli mi ha pregato esprimere V.E. suo desiderio conoscere, giusta quanto erasi usato precedentemente circostanza identica, tenore dichiarazione che sarebbe per fare Camera dei deputati circa soluzione incidente. Riguardo persona da indicare in Cattaro da console d'Italia Zara consenso Goveniv ;.,lp;.:.;"';.; ..:.ù:. Cont::: Colu· chowski mi ha detto che persona suddetta non poteva essere funzionario italiano perché Governo imperiale reale non ammetteva in Cattaro, che era porto militare, qualità che non aveva Riva, alcun funzionario estero. Ma che scelta persona avrebbe potuto cadere sopra suddito austro-ungarico. Prima però pronunziarsi doveva interpellare presidente del Consiglio e ministro della guerra, tale questione essendo loro competenza. Durante colloquio conte Goluchowski mi ha fatto intendere che avrebbesi potuto incaricare visita navi italiane Cattaro agente consolare Ragusa. Al che ho osservato che stesso inconveniente si sarebbe forse prodotto, causa distanza due località e mancanza comunicazioni giornaliere.

361 1 Trasmesso tramite Asmara il 23 aprile, ore l 0,50.

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 804. Roma, 25 aprile 1904, ore 19,30.

Incidente Cattaro. Parmi che il conte Goluchowski non abbia bene apprezzata la mia condotta quando disse le che noi insistiamo per chiedere ali'Austria una punizione come se si trattasse della Turchia1 . Io ho chiesto ciò che in pari condizioni dal canto mio immediatamente e spontaneamente avrei dato e questo parmi unico criterio che possa essere assunto nei rapporti fra Stati amici ed alleati su piede di perfetta uguaglianza. Potrei piuttosto dolermi io che il conte Goluchowski parli di una inchiesta da fare oggi dopo 18 giorni che l'incidente è avvenuto, e preventivamente dichiari che in nessun caso l'inchiesta potrà condurre ad una punizione, il che sembrerebbe dimostrare che nostra domanda non viene presa in seria considerazione. Ma tutto ciò è secondario. Essenziale è trovare soluzione soddisfacente con quella amichevole disposizione di spirito che non può mancare tra Goluchowski e me. L'inchiesta di cui nel telegramma n. 742 di VE. deve ormai essere compiuta. Suppongo che codesto Governo intenderà di comunicarcene i risultati come fu fatto per l'incidente di Riva con nota verbale indirizzata a codesta ambasciata il 9 dicembre 1899. Dall'inchiesta deve essere risultato per colpa di chi gli ordini del luogotenente non furono trasmessi in tempo. Questa persona responsabile sia punita conformemente promessa formale luogotenente ed io considererò incidente esaurito. In caso contrario Goluchowski comprenderà che non mi rimarrebbe altra via fuorché espor

2 Cfr. n. 330.

re alla Camera con scrupolosa esattezza come fatti si svolsero rilevando come altra soluzione sia stata resa non possibile e superflua per aver codesto Governo sconfessato gli impegni del luogotenente. Io comprendo che questa dichiarazione spiaccia a codesto Governo ma essa non sarebbe che la esposizione di un fatto che io, del resto, sarò lieto di evitarla purché mi si fornisca qualche altra soddisfacente dichiarazione da fare. Quanto al delegato consolare a Cattaro io avrei preferito per ogni riguardo che la sua istituzione fosse il risultato di un accordo da Governo a Governo, ma se anche per ciò si incontrano da parte del Governo austriaco difficoltà non superabili vorrà dire che il console a Zara provvederà esso direttamente d'accordo con le autorità locali in conformità articolo 16 ultimo capoverso della Convenzione alla nomina di un delegato il quale al termine della convenzione stessa potrà essere cittadino italiano. Voglia infine pregare Goluchowski di una risoluzione prima del 4 maggio perché il 5 si riapre la Camera ed io inevitabilmente dovrò il giorno stesso rispondere alle interrogazioni. Dopo ciò io esprimo confidenzialmente a VE. la mia ferma convinzione che Governo austriaco pur di evitare il grave fatto della comunicazione della sconfessione di un luogotenente cederà nostre giuste moderate domande. Evidentemente Goluchowski non è convinto che la mia insistenza è determinata sopra ogni altra cosa dalla preoccupazione della ripercussione che una soluzione non soddisfacente dell'incidente eserciterebbe sovra tutto in questo momento sopra la pubblica opinione relativamente ai rapporti italo-austriaci. D'altra parte mi rendo conto dello strascico di malumore che lascerebbe certamente in codesto Governo una dichiarazione come quella da me minacciata, e non vorrei che un fatto di non grave importanza intrinseca come l'incidente di Cattaro influisse in qualunque modo sopra una situazione politica che non senza fatica vado ricostruendo. Qualora pertanto l'E.V. si convincesse in modo assoluto che codesto Governo piuttosto che accondiscendere mia richiesta si acconcerebbe alle dichiarazioni da me minacciate, e soltanto in questo caso, l'autorizzo come di sua iniziativa esclusivamente personale e sotto esplicita riserva della mia approvazione a ricondurre la questione sul terreno proposto primieramente al Governo austriaco conformemente telegramma n. 74 di VE. e secondo il quale si prescinderebbe dall'accordo del luogotenente col console. Il Governo austriaco esprimerebbe rincrescimento, deplorerebbe il fatto del mancato avviso e annunzierebbe di avere data severa ammonizione autorità Cattaro colpevoli. In pari tempo si annunzierebbe di avere preso provvedimenti d'accordo tra i due Governi per evitare ripetersi inconvenienti. Tali provvedimenti dovrebbero consistere nella nomina del delegato consolare nel senso del mio telegramma n. 7723; al quale proposito non comprendo perché codesto Governo dovrebbe opporsi a consentire come effetto di comune accordo la nomina di un cittadino italiano come delegato consolare a Cattaro, nomina che l'articolo 16 della convenzione ci consente di fare con atto unilaterale.

363 1 Cfr. n. 362.

363 3 Cfr. n. 345.

364

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1062/43. Londra, 26 aprile 1904, ore 1,30.

Ricevo in questo momento dal marchese Lansdowne il promemoria sugli accordi per l'Etiopia, al quale si riferisce il mio rapporto 20 aprile1• Lo spedisco stasera stessa in originale con la speranza che V.E. possa prenderne conoscenza, ove ciò fosse utile prima della partenza di Delcassé.

Il promemoria riproduce a titolo di base di discussione lo scambio di idee tra noi avvenuto, notando che le esposte proposizioni non devono riguardarsi come ufficialmente messe innanzi dal Governo britannico.

Come ho accennato nel citato rapporto, le proposizioni concernenti Etiopia non alterano sostanzialmente il progetto di Roma.

Promemoria conclude coll'osservare che, se le disposizioni del progetto concernenti un'eventuale disgregamento dell'Abissinia devono rimanere segrete rispetto ad altri, sarebbe desiderabile per contro di fame comunicazione ufficiale alla Francia, nulla essendovi di ostile ad essa nel contemplato accordo. Nelle proposizioni del marchese Lansdowne venne infatti omesso ultimo paragrafo del nostro articolo 5.

Nel promemoria stesso si trova pure incorporato oggetto del nostro secondo protocollo del 19 dicembre2 limitatamente però al libero transito delle carovane in territorio britannico ed alla parità di trattamento nelle eventuali stazioni commerciali inglesi sul Juba e il Daua, ma senza menzionare cessione di territorio. Su questo punto che, del resto, non riguarda la Francia mi riservo di nuovamente parlare al marchese Lansdowne.

365

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1079/90. Vienna, 2 7 aprile 1904, ore 8, 15.

Ho parlato oggi col conte Goluchoswki, nel senso telegramma di V.E. n. 8041, sulla necessità risolvere più presto possibile incidente Cattaro con la punizione colpevoli, pel ritardo trasmissione ordini luogotenente. Conte Goluchoswki mi ha ripetuto non potersi trattare in alcun modo punizione; del resto, secondo rapporto perve

nuto dal luogotenente, risultava non avere mai parlato r. console italiano Zara punizione, bensì rendere responsabili coloro che avevano mancato di seguire i suoi ordini. Gli ho nuovamente rappresentato che la insistenza di V.E. era determinata unicamente vivo desiderio impedire che l'incidente fosse sfruttato nemici politica da lei seguita verso Austria e che di fronte impossibilità ottenere soluzione richiesta, non le restava che fare Camera dei deputati dichiarazione identica telegramma suddetto. Conte Goluchoswki avendo insistito non ammettere in modo assoluto soluzione desiderata, ed essendosi dimostrato piuttosto disposto a acconciarsi dichiarazione con alcune aggiunte però atte ad attenuare incidente, ho creduto valermi autorizzazione di V.E. col proporgli, come mia iniziativa personale, e sotto la riserva di chiedere sua approvazione, ricondurre questione terreno primieramente da esso proposto, di cui mio telegramma n. 742 , ciò a cui egli non ha avuto difficoltà acconsentire. Ma avendogli detto dovere annunziare ad un tempo, che si erano presi provvedimenti d'accordo coi due Governi impedire ripetersi incovenienti, e che questi provvedimenti consistevano nomina delegato consolare, senso suo telegramma n. 7723 , conte Goluchoswki ha dichiarato tenere a che incidente non fosse confuso con la questione di detta nomina. Avrebbe bensì dichiarato avere Governo imperiale reale presi provvedimenti suddetti, ma quanto a nomina persona da indicarsi a Cattaro, richiedeva esame e scambio di corrispondenza col presidente del Consiglio e ministro della guerra per prenderla. Ho osservato che la Convenzione 1874 autorizza

r. console inviare delegato per rappresentarlo visite, e che questi, a termini convenzione stessa, poteva essere suddito italiano.

Conte Goluchoswki ha risposto nomina non poteva cadere, in ogni caso, sopra suddito italiano per ragioni già espostemi essendo Cattaro porto militare. Prego V.E. farmi conoscere se io posso dichiarare conte Goluchoswki che ella approva proposta da me fattagli mia iniziativa personale, giusta sue istruzioni.

364 1 Cfr. n. 350. Il promemoria di Lansdowne non è stato pubblicato in quanto riassunto nel presente telegramma. 2 È la dichiarazione che segue al «Preambolm>. Cfr. n. 84. 365 1 Cfr. n. 363.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 27 aprile 1904, ore 19.

Ho, indirettamente, notizia di forti malumori di questo ambasciatore di Germania per il modo come si svolgono feste in onore presidente Repubblica francese 1• La cosa non mi sorprende dopo quanto V.E. ebbe a comunicarmi. Mentre io seguito a fare quanto posso in quanto può da me dipendere per evitare le esagerazioni, sono del resto con

3 Cfr. n. 345.

vinto che passate le feste un più giusto e sereno apprezzamento dei fàtti sostituirà le attuali disposizioni d'animo che io attribuisco in buona parte alle condizioni politiche della Germania e alla posizione personale del conte di Biilow. Qualora pertanto questi avesse ad intrattenerla su ciò, ella troverà nei miei precedenti telegrammi personali l'indirizzo e la norma per la risposta. Ciò che a me veramente spiacque fu il linguaggio di qualche giornale Italiano amico del Ministero e specialmente della Tribuna dove non manco di far giungere incessantemente le mie raccomandazioni più vive. Se il conte Biilow le parlasse di ciò voglia apertamente rispondere che R. Governo ha deplorato e disapprovato quel linguaggio. Ma voglia in pari tempo ricordargli che condizioni stampa in Italia sono assai diverse che in Germania. Particolannente da noi esistono bensì giornali amici Ministero ma non giornali ufiiciosi in proprio senso e azione che Governo può esercitare sulla stampa rimane quindi molto limitata e imperfetta. Ciò d'altronde è compensato dal fatto che il pubblico non dà vera importanza particolarmente in politica estera che ai comunicati ufficiali o alle dichiarazioni parlamentari del Governo. Sinora il conte Monts non ha avuto occasione di parlarmi direttamente ma suppongo che lo farà dopo finite le feste. Io sarò lieto d'avere con lui le più franche spiegazioni. Nel comune interesse sarà peraltro opportuno che egli si astenga dal manifestare l'animo suo con forme troppo crude e non consuete che, mentre potrebbero offendere doverose suscettibilità da parte nostra, non sono le più adatte per amichevoli spiegazioni quali si convengono fra Stati amici e alleati su la base di una piena e leale confidenza reciproca. Vedrà I'E.V. se e in quale misura possa convenire che ella con l'abituale suo tatto faccia cenno di ciò a conte Biilow qualora se ne presentasse la propizia occasione.

365 2 Cfr. n. 330.

366 1 Monts aveva avuto un colloquio il 26 aprile con Luzzatti. Cfr. GP, vol. XX/l n. 6408 e DDF, Il serie, t. V, n. 85. Sul contegno di Monts cfr. GP, vol. XXII n. 6404 e inoltre nn. 6405, 6407, 641 O, 6411,6412.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO 815. Roma, 27 aprile 1904, ore 19,30.

R. ministro Adis Abeba telegrafa in data 22 corrente: «Mentre Chefneux, Ilg tentano ancora ogni mezzo per riuscire ad un accordo con Menelik per ferrovia Gibuti, Lagarde chiede Harrington iniziare con lui trattative per definire la questione fra Inghilterra Francia» 1• Sebbene non possa dubitare dell'atteggiamento amichevole del rappresentante britannico, ricordo, ad ogni buon fine, che precedenti dichiarazioni del marchese di Lansdowne all'E.V. ci assicuravano che qualsiasi proposta francese per soluzione questione ferrovia sarebbe stata da Governo britannico esaminata d'accordo con Governo italiano. E ciò conformemente al costante concorde atteggiamento, tenuto nella questione dai due rappresentanti d'Italia e d'Inghilterra in Etiopia, e alla lettera e allo spirito delle proposizioni formulate a Roma nel dicembre scorso, proposizioni in massima accettate dal marchese di Lansdowne. Prego pertanto E.V. di voler di ciò tenere subito parola a codesto ministro degli affari esteri, pregandolo

d'impartire al colonnello Harrington istruzioni di agire d'accordo col suo collega d'Italia. Essendo già aperta la linea telegrafica Eritrea-Scioa, le istruzioni possono essere spedite e ricevute nello stesso giorno.

,., .~0

367 1 Ctr. n. 361.

368

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE .../80. Berlino, 28 aprile 1904, ore 16,30 (perv. ore 18).

Prego far proseguire subito per Napoli se ministro è partito.

Avevo spedito telegramma n. 791 quando barone Richthofen mi ha espresso il desiderio di recarmi da lui per oggetto telegramma V.E. di oggi2 . Come è naturale abbiamo parlato, anche delle feste presidenziali. Il segretario di Stato si è espresso innanzi tutto in termini che mi permettono di confermare quanto a lei ho telegrafato poco fa. Per ordine del conte Bulow mi ha messo poi al corrente della promessa da lei data, secondo quanto ha riferito il conte Monts, che cenno della Triplice Alleanza sarebbe stato fatto in uno dei brindisi. Conte Blilow è vivamente dolente perché a questa promessa sia mancata pratica esecuzione. Egli non ci vuole però creare difficoltà; in questo intento il massimo riserbo sarà conservato dal Governo e dalla stampa. Il cancelliere fa però sicuro assegnamento sulla dichiarazione fatta dall'E.V. al conte Monts che a Napoli non saranno pronunziati brindisi e desidera che ella sappia come egli ritenga «assolutamente indispensabile» che a feste terminate sia colta dal Governo occasione «per una manifestazione ufficiale», la quale tolga ogni dubbio sui propositi rispetto alla Triplice Alleanza in genere ed alla Germania in specie3 .

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPJNA

T. 820. Roma, 28 aprile 1904, ore 16,35.

Pregola telegrafarmi se veramente codesto ministro di Grecia ha chiesto l 'appoggio degli ambasciatori delle Grandi Potenze per la soluzione dell'incidente grecoturco di Smirne, e quale accoglienza abbia avuto tale apertura.

Ella vorrà mantenersi al proposito nel più completo riserbo 1•

2 Cfr. n. 366.

3 Versione di Richthofen in GP, vol. XX/l, n. 6413.

368 1 Non rinvenuto.

369 1 Per il seguito cfr. n. 385.

370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE S.N. Berlino, 28 aprile 1904, ore 16,35.

Conte Biilow è partito ieri da Berlino per recarsi ad incontrare l'imperatore a Karlsruhe. Quando tornerà vedrò di fargli parola dell'attitudine del conte Monts 1• Per quanto si riferisce in generale allo svolgimento delle attuali feste non potrei certamente riferire che esse siano viste qui senza rincrescimento. Devesi però riconoscere che questo Governo in nessun modo ha lasciato scorgere il suo vero sentimento dal giorno in cui il presidente della Repubblica mise il piede sul suolo italiano. Nessuna manifestazione che potesse essere a noi sgradita si ebbe né da parte sua, né, sotto la sua diretta pressione, da parte della stampa tedesca, la quale pur trova vasi in presenza delle provocazioni della stampa francese ed anche di parte della stampa italiana! Il Governo italiano come mi diceva ieri il barone Richthofen ben conosce le difficoltà in cui si trova ora il Governo imperiale. L'ospite francese non può essere ricevuto con cortesia minore di quella di cui furono oggetto i nostri augusti sovrani a Parigi, e, d'altra parte, non è facile oggi reagire contro le esagerazioni francofile messe in scena dai partiti avanzati in prima linea dai repubblicani e dagli anti-clericali. Ma le dimostrazioni francofile si sono prodotte non solo per cura di quei partiti; in ogni angolo d'Italia vi fu una fioritura di entusiasmo francese; la francofilia galvanizzò anche, sotto gli auspici di rr. consoli, le nostre colonie all'estero e giunse persino a consacrare a Tunisi l'oblio di ingiuria non antica. In tal modo la manifestazione francofila andò anche più di là del limite al quale qui si era preparati. Della nostra fede agli impegni solennemente contratti a tale riguardo qui nessuno dubita. Ma lo svolgimento di fatti, cui il Governo del re non poté opporsi, ha la sua importanza speciale per l'avvenire perché nessuno oggi può dire quale sarebbe la linea di condotta del Governo quando più tardi si consolidasse nella nazione quel sentimento che ha animato le recenti manifestazioni. Io credo, per conto mio, che la nube dei rapporti tra l'Italia e i suoi alleati potrà presto dileguarsi se il Governo del re seguirà nella pratica quella politica che corrisponde alle sue dichiarazioni. Qui vive fiducia nella saggezza deli'E.V. ed io non dubito menomamente che ella, meglio che con spiegazioni, sulla base dei fatti riuscirà a fare rivivere qui sulla serietà italiana quella piena confidenza che si conviene fra Stati amici e che è indispensabile tra alleati.

370 1 Cfr. n. 366.

371

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1080/91. Vienna, 28 aprile 1904, ore ...

Conte Goluchowski mi ha dichiarato jeri accettare proposta relativa incidente Cattaro da me presentatagli propria iniziativa giusta istruzione di V.E. 1 che riconobbe corrispondere quella da esso fatta. Tale proposta, che gli feci conoscere avrei sottoposto approvazione di V.E., consiste nell'esprimere rincrescimento, deplorare mancanza avviso console d'Italia Zara e dare ammonizione coloro che eransene resi colpevoli.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1216/502. Parigi, 29 aprile 1904 (perv. il 2 maggio).

La larghissima parte data dai giornali italiani ai commenti che i periodici francesi consacrano alla visita del presidente della Repubblica alle Loro Maestà, dispensa questo ufficio dal compito di riassumerne i lunghi e numerosi articoli dedicati a sì grande evento.

Ma la corrispondenza della r. ambasciata accuserebbe una lacuna deplorevole se l'importante plebiscito con cui la stampa francese saluta il compiuto ravvicinamento dei due Paesi, fosse da questo ufficio passato completamente sotto silenzio. L'odierna dimostrazione dell'opinione pubblica francese riveste invero troppa importanza per non essere segnalata in apposito rapporto all'attenzione del R. Governo, come uno degli indici più sicuri dei sentimenti dai quali questo popolo è adesso a nostro riguardo animato.

La sincera e completa riconciliazione cui la presenza del primo magistrato della Repubblica nella nostra capitale dà oggi il più forte suggello, è sentita da questa stampa e spiegata come la conseguenza naturale dei comuni interessi economici, dei gloriosi ricordi storici, della fraternità di razza e della mutua stima.

Se nel partito repubblicano pochissime sono le voci discordi, rari pure appaiono nel campo monarchico gli organi che osino combattere apertamente la politica estera della Francia rispetto al nostro Paese. Si tratta di pochi giornali così di scarsissima importanza come di limitata diffusione o che di autorità hanno solo il nome. Tutti i loro sforzi sono diretti a rammentare che l'Italia resta pur sempre schierata coi nemi

ci della Francia e tutti i loro lamenti vertono sulla presenza del signor Loubet in Roma, che segnerebbe la rottura di quel patto dieci volte secolare in forza del quale la figlia primogenita della Chiesa era pur sempre rimasta il precipuo sostegno del papato e la protettrice naturale del cattolicismo nel mondo intero.

Ma la convinzione della grande maggioranza si è già troppo radicalmente formata perché questi strali possano oggi colpire nel segno e queste geremiadi commuovere e sollevare il sentimento cattolico in favore del potere temporale.

La lealtà della politica seguita dal Governo di Sua Maestà non potea certo conseguire maggior trionfo.

Che se una parte della stampa, che pur ci è amica, anticipando gli eventi, non nasconde certe speranze di nuovi aggruppamenti politici, niuno però si nasconde che la Triplice perdura oggidì e che il trattato che ci lega alle Potenze centrali fu anzi non ha guari apertamente rinnovato. Ma l'alleanza dell'Italia con l'AustriaUngheria e la Germania non è più agli occhi della stampa francese quel terribile ordigno di guerra diretto contro il loro Paese. Vi ha qualche cosa di mutato: il carattere puramente e prettamente pacifico della nostra adesione alla Triplice, che non incontrava che increduli, è ammesso oggi con una facilità che sino a pochi anni or sono sarebbe stato follia sperare. Non ci si pone più l'altero dilemma: o con noi, o contro di noi; lo spirito pubblico sente che la fedeltà dell'Italia alle pattuite alleanze, fedeltà che aggiunge anzi credito alla serietà dei nostri impegni, è pienamente compatibile coi legami della nuova amicizia consacrata dal viaggio trionfale del presidente in Italia.

371 1 L'istruzione era stata data col T. 804, per il quale cfr. n. 363.

373

IL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A BOGOTÀ, WELBY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 62/34. Bogotà, 29 aprile 1904 (perv. l' 11 giugno).

Riferendomi al mio rapporto in data 6 febbraio ultimo scorso n. 25/161 ho l'onore di trasmettere all'E.V., qui accluse2 , le copie delle note scambiate fra questa legazione e il ministro degli affari esteri in Bogotà, circa la ripresa delle relazioni diplomatiche fra Italia e Colombia.

Il signor Rico ha presentato le sue dimissioni da ministro degli affari esteri e lo ha sostituito il signor Francesco di P. Mateus, il medesimo che firmò il Protocollo di Parigi nel 1886, il quale mi ha manifestato il suo personale interesse per portare a fine, senza ritardo, le trattative relative a tale assunto, desiderando che la sua firma apparisca nel convegno che ali' effetto sarà celebrato.

2 Gli allegati mancano.

Credo non possa presentarsi una occasione più propizia della presente per addivenire alla ripresa delle relazioni stesse, in vista del sincero desiderio espresso dal signor Mateus di vedere realizzato tal fatto a soddisfazione del Governo di Sua Maestà. Perciò spero che l'E.V. vorrà prestarmi tutto il suo appoggio per giungere al fine desiderato.

Il signor Mateus mi ha pure manifestato il desiderio perché, nella mia qualità di ministro inglese, presenti un progetto di protocollo per definire le quistioni ancora pendenti e fissare i preliminari per il modo con cui i due Paesi devono procedere.

Mi ha lasciato ancora comprendere, il signor Mateus, che il Governo di Colombia vedrebbe con piacere che il cavalier Codazzi fosse incaricato, in missione speciale, di rappresentare il Governo italiano in tale occasione.

Per parte mia sto a dichiarare specialmente che nessun accomodamento potrebbe essere più soddisfacente per me, di quello di poter offrire al signor Codazzi, da parte del Governo d'Italia, una tal forma d'apprezzo e stima, in compenso di tutto l'interesse disinteressato e del lavoro da egli prestato durante questi ultimi cinque anni agli interessi italiani in Colombia, perché senza la sua valevole assistenza, debbo constatarlo, non si sarebbe potuto arrivare al punto in cui siamo, non solamente riguardo alla quistione Cerruti, ma ancora nella applicazione del lodo spagnuolo.

Siccome ho la sicurezza che l'E.V. mi presterà il suo appoggio e non porrà difficoltà nessuna per la sistemazione di un affare che riveste tanta importanza per il commercio dei due Paesi, procederò a discutere le basi di un protocollo che sottoporrò alla approvazione di V.E., e aspetterò una cortese e sollecita risposta in proposito. È mio vivissimo desiderio poter giungere a un soddisfacente risultato prima di terminare la mia missione qui, la quale, probabilmente terminerà dentro di un anno.

Oggi stesso trasmetto al mio Governo la copia del presente rapporto e quelle delle note qui accluse.

373 1 Cfr. n. 159.

374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 831. Roma, 30 aprile 1904, ore 13.

Comandante in capo forze navali inglesi Indie orientali ha da Aden telegrafato il 27 corrente al nostro augusto sovrano annunciandogli la presa di Illig. Prego V.E. di voler far ringraziare per mezzo codesto Governo il comandante Atkinson. Tenni parola a sir Francis Bertie delle dichiarazioni Forster alla Camera dei deputati, poiché dai resoconti dei giornali sembrava potersi rilevare che codesto Ministero della guerra avesse accennato alla cessazione della guerra contro il Mullah dopo che questi fosse cacciato dal protettorato britannico. Ambasciatore Inghilterra telegrafò in proposito al marchese Lansdowne il quale rispose che il signor Forster parlò alla Camera dei Comuni della riduzione delle forze inglesi operanti in Somalia, essendo impossibile di continuare le operazioni su larga scala nella presente stagione dell'anno e che quindi la versione data dai giornali non era esatta. Questa risposta non ci rassicura perfettamente per l'avvenire se si pon mente al progetto di riordinamento del protettorato già preannunciatoci e alle dichiarazioni ultime del conte Percy, che, se sono esatti i resoconti dei giornali, affermano risultato operazioni inglesi essere stato la cacciata del Mad Mullah dal territorio britannico in territorio italiano. Io desidererei pertanto che V.E. trovasse modo di intrattenere amichevolmente lord Lansdowne sui futuri propositi di codesto Governo in Somalia, cessata la stagione delle pioggie.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. PERSONALE 832. Roma, 30 aprile 1904, ore 19.

Sarò grato a V.E. se, in momento opportuno, attingendo informazioni a fonte sicura, ella potrà comunicarmi le vere impressioni di codesto Governo in ordine al recente accordo anglo-francese e in quanto il Governo russo ne sia stato preventivamente informato, e se vi è probabilità anche lontana di accordo tra l'Inghilterra e la Russia pel tramite della Francia1•

376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 833. Roma, 30 aprile 1904, ore 19,35.

Alle dichiarazioni da farsi conformemente al telegramma di V. E. n. 91 1 osservo anzitutto che telegramma n. 742 parlava non di semplice ammonizione ma di severa ammonizione. Naturalmente dopo un mese dall'avvenuto incidente non potrà parlare di ammonizione da dare ma di ammonizione già data. Cosicché ultima frase rimarrebbe così concretata: «fu data severa ammonizione autorità Cattaro che eransene rese colpevoli». Quanto nomina delegato consolare non comprendo perché Goluchowski voglia mantenere tale questione separata incidente mentre in realtà direttamente ne dipende. Non posso poi assolutamente consentire nella restrizione che egli vorrebbe introdurre alla convenzione escludendo facoltà console delegare per assi

2 Cfr. n. 330.

stenza visite cittadino italiano. Goluchowski ha voluto precisamente rinchiudersi art. 16 Convenzione e noi per amore di pace abbiamo condisceso seguirlo nel suo ordine d'idee. Ma bisogna pure allora che accetti detto articolo nella sua integrità. Io ritengo che riuscirà facile a V.E. persuaderlo col testo dell'articolo in mano che la dizione assoluta dell'articolo riconoscendo facoltà console farsi rappresentare da suo delegato esclude qualsiasi restrizione. L'essere Cattaro piazzaforte è fatto puramente interno dell'Austria estraneo alla Convenzione della quale abbiamo il fermo diritto di chiedere l'osservanza. Non mi pare possibile che di fronte ad argomentazioni così giuste Goluchowski voglia persistere in una attitudine che implicherebbe un aperto disconoscimento di obblighi internazionali. Le aggiungo che quattro interrogazioni furono presentate alla Camera sullo spiacevole incidente. Prego di sollecita risposta che mi auguro favorevole contando sulla premura ed energia di V.E.3 .

375 1 La risposta non è stata rinvenuta.

376 1 Cfr. n. 371.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 30 aprile 1904.

Telegrammi di V.E. giuntimi Napoli troppo tardi 1 . Ad ogni modo era impossibile impedire nulla. Presidente Loubet accentuò sempre più manifestazioni pubbliche in favore Italia alle quali non si poteva non corrispondere. A Monts io non feci promesse ma dissi che avrei procurato appagare suoi desideri. Non fu possibile far menzione alleanza nel brindisi di Roma malgrado mia proposta perché Loubet pregò non farlo facendo rilevare che ciò sarebbe stato contrario qualunque precedente tanto più che egli avrebbe parlato solo dell'Italia omettendo qualsiasi allusione all'alleanza franco-russa o all'accordo franco-inglese. Quanto a brindisi Napoli fu Loubet che prese iniziativa parlare e re non poté dispensarsi, rispondere. Del resto oramai che tutto è finito parmi che valga meglio evitare qualsiasi recriminazione e piuttosto avvisare subito alla via da tenere perché risulti chiaro che l'amicizia colla Francia non ha alterato in nulla la Triplice Alleanza e i rapporti dell'Italia colla Germania. È quindi giustissimo quanto Biilow afferma circa necessità pubblica manifestazione da parte nostra. E questa manifestazione potrà avvenire al più presto e nella forma la più seria e concludente cioè mediante discorso che io farò alla Camera rispondendo a varie interpellanze sulla politica estera che gli sono state presentate. Camera riprenderà sedute giorno cinque maggio ed io spero poter far fissare giorno nove per discussione interpellanze. Prego V.E. informare di Biilow adoperandosi con tatto per predisporlo favorevolmente. V.E. gli farà presente opportunità di attendere mio discorso Camera nel quale io ripeterò e confermerò le dichiarazioni che feci nel

377 1 Cfr. nn. 368 e 370.

novembre scorso e che furono accolte in Germania con tanto favore. V.E. ove ne abbia modo e creda opportuno il farlo potrà rilevare opportunità che anche conte Monts si astenga dal manifestarmi recriminazioni. Per il giorno in cui parlerò alla Camera mi occorre essere informato esattamente delle vere intenzioni e disposizioni di codesto Governo perciò veda V.E. di mantenere contatto con BUlow ed anche possibilmente con imperatore e di telegrafarmi quanto è opportuno che io sappia. Vorrei conoscere anche se discorso imperatore Karlsruhe debba ritenersi come sfogo di momentaneo malumore verso la Francia, ovvero se rilevi proposito di adottare politica risolutamente aggressiva verso di essa.

376 3 Cfr. n. 382.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. PERSONALE S.N. Anzio, 30 aprile 1904.

Ministro Delcassé nei suoi colloqui con me mi ha detto che sperava che lord Lansdowne sarebbe andato a Parigi e che quivi si fosse trovato anche conte Lamsdorff. Inoltre senza affermarlo esplicitamente mi ha fatto intravedere che accordo franco-inglese non sia soltanto un regolamento d'interessi tra le due Potenze, ma un preludio ad un probabile accordo anglo-russo e ad una politica di maggiore intimità tra Inghilterra e Francia coll'intento di isolare la Germania. Mi occorre avere al riguardo le più sicure e più precise informazioni ed all'uopo mi affido all'avvedutezza di V.E. 1•

379

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 567/199. Vienna, 30 aprile 1904 (perv. il 7 maggio).

La maggior parte dei giornali viennesi dedica lunghi commenti ai brindisi scambiatisi a Roma fra S.M. il re ed il presidente della Repubblica.

La Neue Freie Presse trova che il passaggio più importante del brindisi reale è, dal punto di vista politico, quello in cui si parla dell'opera comune pel mantenimento della pace, poiché esso dimostra il desiderio di evitare ogni interpretazione che possa far credere al più piccolo screzio fra l 'Italia e gli altri membri della Triplice Alleanza.

Del resto, secondo il giornale predetto, la differenza esistente fra l'intesa franco-italiana e l'alleanza con le Potenze centrali risulterebbe sufficientemente accentuata nel brindisi di S.M. il re. Quanto al brindisi del signor Loubet, esso è la sincera espressione della formula «accordo degli interessi con le simpatie». Entrambi i discorsi, al pari di quelli scambiati a Napoli poche settimane or sono, sono solenni manifestazioni di pace e come tali saranno ovunque accolti con la più grande simpatia.

La Zeit ravvisa nella visita fatta dal signor Loubet a S.M. il re e nella sua astensione dal recarsi in Vaticano un grande trionfo dell'Italia. Tre decenni sono appena trascorsi dacché un sovrano della «figlia primogenita della Chiesa» negava il suo consenso all' occupazione di Roma. Oggi la Francia riconosce solennemente Roma come capitale dell'Italia unita. È questo un fatto d'importanza mondiale. La Zeit trae da ciò argomento per dimostrare che se finora la mancata restituzione di visita da parte del sovrano d'AustriaUngheria ha potuto se non giustificarsi almeno trovare scuse -che del resto non furono mai riconosciute in Italia -essa potrebbe da oggi in poi portare una scossa alla Triplice Alleanza, quale i nemici di quest'ultima non sono ancora pervenuti ad arrecarle.

Il Fremdenblatt non ha finora commentato i brindisi, limitandosi a riferirmi un riassunto in modo del resto da metteme in evidenza lo spirito pacifico e l'assenza d'ogni contrasto con le relazioni esistenti fra l'Italia e gli Stati alleati.

La Wiener Allegemeine Zeitung dice che il pensiero dominante dei due brindisi è stata l'idea di pace, alla quale è chiamata a cooperare l'amicizia tra la Francia e l'Italia, poiché quest'amicizia non ha la tendenza a sciogliere gli antichi nodi e non mira a togliere valore alla Triplice. A tale concetto rispondono l 'incontro dei sovrani a Napoli, il convegno d'Abbazia e nel passato la prontezza con la quale l 'Italia ha rinnovato l'alleanza. Il vero significato delle feste di Roma è semplicemente che i vecchi malintesi tra la Francia e l 'Italia sono del tutto scomparsi.

La Montags Revue osserva che, malgrado tutto, gli avversari della Triplice non possono dichiararsi soddisfatti. Il recente accordo anglo-francese distrusse le intenzioni dell'Italia di conseguire una posizione predominante nel Mediterraneo con l'aiuto della Francia. Il Ministero degli affari esteri italiano ha quindi dato prova di accorgimento e di prudenza recandosi ad Abbazia prima della visita del signor Loubet. Egli ha saputo così far comprendere ai francesi che gli interessi dell'Italia non dipendono unicamente dai favori della Francia.

Il clericale Vaterland si sforza di dimostrare che la decantata affinità delle due razze francese ed italiana non ha fondamento e che le antiche lotte fra le due stirpi avrebbe dovuto piuttosto separarle che unirle.

Il Reichswehr dice che la visita di Loubet è il coronamento di un lavorio di riavvicinamento. Il re d'Italia ha però fatto risaltare nei due brindisi di Roma la differenza che passa fra accordi ed alleanze. Il Reichswehr riassume le proprie impressioni col dire che, se il cuore dell'Italia è con la Francia, il suo cervello rimane con la Triplice.

L'Extrablatt osserva che i brindisi parlano del passato, ma non fanno allusioni all'avvenire. I francofili nemici della Triplice ne devono essere delusi. La sola previsione per l'avvenire che si possa trarre dalla visita del signor Loubet è lo scioglimento del concordato e la separazione completa fra Chiesa e Stato in Francia.

La Oesterreichische Volkszeitung riconosce che il riavvicinamento franco-italiano non può porgere motivi a preoccupazione che esso è anzi una garanzia di più per la pace.

Quest'ultimo concetto è in fondo quello che predomina nella stampa viennese non tendenziosa. Essa non ravvisa infatti nessun atto o parola men che corretti verso la Triplice da parte dell'Italia nella circostanza presente e sa trovare argomento per mettere in giusta luce la visita del signor Loubet, nel precedente incontro dell'imperatore di Germania con S.M. il re e nel recente convegno di Abbazia1•

3 78 1 La risposta non è stata rinvenuta.

380

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 155/58. Lisbona, 30 aprile 1904 (perv. il 6 maggio).

Quest'oggi, giorno in cui il ministro degli affari esteri riceve i capi-missione, appena sono io entrato nella sua camera, egli, che abitualmente lascia incamminare da me la conversazione, prese per primo la parola per rallegrarsi della visita del presidente della Repubblica a S. M. il re, nostro augusto sovrano, in Roma e complimentarmi perché tutto fosse proceduto in perfetto ordine nell'entusiasmo di tutta Italia. Egli voleva poi sapere come si fosse comportato il Vaticano e se Merry del Val avesse espresso il desiderio di vedere Delcassé. A questa domanda la mia risposta fu facile, breve e conforme a verità: non sapevo assolutamente nulla di più di quanto hanno pubblicato i giornali e perciò non ero nel caso di appagare al suo desiderio, e poi ho soggiunto che l'Italia è grata alla Francia che per la prima ha sfatato il superstizioso timore di mali immaginari al sovrano che vadi a Roma contro il beneplacito del Vaticano.

Wenceslao de Lima continuando il suo discorso, interrotto per poco dalle mie parole su riferite, mi svelò, in modo confidenziale e sotto la promessa di non fame parola con chiunque, (né immagino sia un'idea astratta, e nulla ancora in concreto) che il Governo portoghese avrebbe desiderato che il re di Portogallo fosse stato il primo capo d'uno Stato cattolico a far visita al re d'Italia in Roma, ma che fu abbandonata l'idea allora che si venne a conoscere che erano in corso trattative tra il Governo d'Italia e quello di Francia per lo scambio delle visite a Parigi ed a Roma, a punto per non attraversarle («entravem). Che far seguire la visita del re di Portogallo immediatamente dopo quella del presidente della Repubblica di Francia non era conveniente, parergli più opportuno lasciar passare un po' di tempo ma che si cercava un'occasione per effettuarla: «la mia convinzione personale è che la visita avrà luogo» così terminò il ministro. Fu allora che io ribattei: ma ben inteso nella capitale del Regno, e nessuna scusa nessun pretesto per proporre un'altra città, il mio re per il primo non lo vorrebbe e tutta Italia è con lui d'accordo: essa accoglierebbe il re di Portogallo collo

stesso favore e collo stesso entusiasmo con cui ha accolto il presidente della Repubblica francese. Come l'E.V. vede, ed ho l'onore d'accertarglielo, mi sono attenuto in tutto e per tutto alle istruzioni che le piacque impartirmi col dispaccio del 17 dicembre 1903 (ufficio diplomatico 70951 1126)1• Due fatti sono dunque ben stabiliti, primo: il Governo portoghese progetta la visita del suo re al nostro sovrano in Roma; secondo: l'iniziativa è tutta sua. E così penso debba essere per la dignità della Patria nostra. Ora poi se l'E.V. crede che io debba destramente profittare delle cose dettemi in confidenza da

S.E. il ministro degli affari esteri per tradurre in concreto l'idea astratta mi farebbe cosa grata d'impartirmi gli ordini del R. Governo a questo riguardo.

379 1 Diverso da quello di Avarna fu il giudizio dell'ambasciatore di Francia a Vienna, Reverseaux, sui commenti della stampa e dell'opinione pubblica austriache in merito al viaggio a Roma di Loubet. Cfr. DDF, II serie, t. V, n. 95.

381

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO S.N. Berlino, 2 maggio 1904, ore 6,05 (perv. ore 23).

Ho comunicato al barone Richthofen il contenuto del telegramma di V.E. di ieri l'altro1 per la parte di cui ella mi aveva dato istruzioni di informarne il conte Biilow. Il Governo imperiale, mi ha detto Richthofen, è grato a V.E. per la cortese partecipazione e resta inteso del procedimento che ella si è proposto per la sua dichiarazione. Raccomanda, però, che queste siano chiare e categoriche, perché, soltanto in tal modo, esse potranno far sparire le nubi che girano ora nell'orizzonte italo-germanico. Se le dichiarazioni di V.E. lasciassero a desiderare per precisione di intenti, esse sarebbero ben lungi dal giovare ai cordiali e fiduciosi rapporti tra i due Paesi. Il Governo imperiale non intende affatto recriminare ora che tutto è finito. È restato, però, dolente che la solennità navale di Napoli abbia preso proporzioni diverse da quelle che io, per ordine di V.E., avevo lasciato prevedere qui; che non si sia parlato della Triplice Alleanza nei brindisi, dopo che si era lasciato sperare che ciò sarebbe avvenuto; e che siasi pronunciato brindisi a Napoli, dopo la assicurazione che ciò non avrebbe avuto luogo. Governo imperiale avrebbe preferito di non venire esposto a sorprese, ma di conoscere ciò cui doveva attendersi; così si sarebbe reso conto in tempo debito di esigenze indicategli da noi con franchezza di amici, e con lealtà di alleati.

Ho fatto anche parola, in via del tutto amichevole, di quanto ella mi ha telegrafato circa attitudini del Monts2 e mi lusingo che le mie raccomandazioni non restino senza risultato.

2 Cfr. n. 366. Sulla scarsa stima personale che Monts aveva per Tittoni riferiva Barrère a Delcassé il 21 maggio cfr. DDF, li serie, t. V, n. 164. Sempre secondo Barrère, il solo statista italiano per il quale Monts aveva un'alta stima era Luzzatti. Anche Barrère, come Monts, nutriva scarsa stima per Tittoni, cfr. ibid., t. V, nn. 264 e 265.

380 1 Cfr. n. 77.

381 1 Cfr. n. 377. La versione di Richthofen del colloquio con Lanza in GP, vol. XX/l, n. 6413.

382

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1107/95. Vienna, 2 maggio 1904, ore 6,55.

Conte Goluchowski, con cui ho conferito oggi, ha accettato che proposta da me fatta propria iniziativa, dietro istruzioni di V.E., sia formulata senso telegramma di

V.E. 833 1• In conseguenza mi ha pregato dichiarare formalmente a V.E. che: «Governo imperiale e reale esprimeva suo rincrescimento, deplorava emissione avviso console d'Italia Zara e che severa ammonizione fu data autorità Cattaro che se ne erano rese colpevoli». Quanto alla nomina delegato console Cattaro gli ho dato lettura testo articolo 16 convenzione 1874 e gli ho fatto conoscere che V.E. non poteva ammettere che alcuna restrizione fosse fatta facoltà da esso attribuita r. console Zara farsi rappresentare in Cattaro da suddito italiano per la visita navi. Gli ho dichiarato quindi che R. Governo aveva diritto insistere per riconoscimento quella facoltà e piena osservanza convenzione. Conte Goluchowski mi ha detto che non era sua intenzione sollevare imbarazzi, che non contestava facoltà attribuita r. console da articolo 16, e che si sarebbe conformato a quanto in esso si prescriveva. Non aveva quindi difficoltà ammettere in massima che r. console Zara scegliesse come suo delegato agente società «Puglia» in Cattaro, se questa ne avesse uno in quel posto in sua mancanza altro suddito italiano colà residente, ma che scelta dovesse essere fatta previo consenso del Governo imperiale e reale. Egli era in corrispondenza in proposito con Presidenza del consiglio che non sembrava alieno dal consentire pure in massima su ciò. Ha aggiunto che era ben inteso che detta persona non poteva esercitare alcuna funzione consolare, né godeva alcun diritto privilegio immunità, né far uso di alcun segno estero inerente autorità consolare. Essa non doveva avere che unico e solo incarico rappresentare r. console visita navi italiane. Conte Goluchowski ha riservato però diritto Governo imperiale e reale non riconoscere più tale qualità in detta persona qualora commettesse cosa non fosse di sua convenienza.

383

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 111/146. Londra, 2 maggio 1904, ore 10,45 (perv. ore 8,20 del 3).

Sull'argomento del telegramma di V. E. del 27 aprile, n. 815 1 , mi venne assicurato al Foreign Office non aversi qui ancora notizia di recenti aperture francesi circa la questione della ferrovia abissina. Non è infatti ancora pervenuta qui alcuna comunica

383 1 Cfr. n. 367.

zione del colonnello Harrington dopo il suo ritorno in Adis Abeba che avrebbe avuto luogo soltanto due o tre giorni orsono. Quando vi fossero novità ne sarò informato.

382 1 Cfr. n. 376.

384

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. .. ./81. Berlino, 2 maggio 1904, ore 18,08 (perv. ore 20,55).

Rispondo per ora ali 'ultima parte del telegramma di V.E. ieri l'altro1•

Nel suo ultimo discorso al Reichstag conte Btilow delineò le relazioni internazionali della Germania come segue: «con gli alleati, con gli amici, con la Francia. T rapporti verso la Francia, disse, sono pacifici e tranquilli: tali rimarranno, per quanto dipende da me». È assolutamente da escludersi che la Germania intenda di iniziare una politica di aggressione verso la Francia. L'accordo anglo-francese fece gridare all'isolamento della Germania, e contro il clamore generale il conte Btilow ebbe pena difendersi. La visita presidenziale in Italia e le provocazioni della stampa francese rafforzano in Germania il malcontento contro la politica estera del Governo imperiale. Nella stampa, malgrado le pressioni del Governo intente a contenerne le manifestazioni, non mancò il ricordo alla politica tradizionale del principe Bismarck coronata da costante successo, e fu richiesto un autorevole monito all'indirizzo della stampa provocatrice. In queste condizioni venne il discorso imperiale di Karlsrhue. Di fronte agli avvenimenti recenti il popolo tedesco, memore di gloriose e fortunate prove, non deve perdere la fiducia in se stesso e nei suoi destini, anche se dovesse farsi valere da solo. Questo è il significato delle parole sovrane, che valgono anche a rafforzare la posizione del conte Biilow in presenza degli attacchi cui questo è esposto. Inviai il testo del discorso di Sua Maestà col mio rapporto n. 223 del29 aprile u.s. 2 .

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 841. Roma, 2 maggio 1904, ore 22.

Incidente greco 1• Autorizzala qualora ella lo ritenga opportuno associarsi uffici suoi colleghi presso Sublime Porta, ma nella forma più amichevole verso quest'ultima di guisa che suo intervento non apparisca tanto diretto ad appoggiare un reclamo

2 Non pubblicato.

contro la Turchia quanto piuttosto a voler cooperare ad una conveniente soluzione, premendo a noi molto più i buoni rapporti con la Turchia che quelli con la Grecia della cui attitudine in questi ultimi tempi non abbiamo da lodarci.

384 1 Cfr. n. 377.

385 1 Cfr. n. 369.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. RISERVATO 21421/182. Roma, 2 maggio 1904.

Desiderando dare a V.E. contemporanee e definitive istruzioni per trattare insieme le due questioni del riscatto del Benadir e dell'easement di Kisimajo, rispondo ora al rapporto di lei del 3 aprile scorso n. 164 1•

Circa la prima questione non ho che a confermarle il mio telegramma di istruzioni del 31 marzo scorso2 , aggiungendo solo che il terzo argomento da me accennato, che cioè la somma da noi offerta è appunto quella indicataci come minimum dal marchese di Lansdowne, non è corroborata che dalla nota del Foreign Office del 21 novembre scorso che io, per verità, interpretai nel senso espresso nel mio telegramma.

Ella può quindi accennare anche a questa interpretazione come argomento di natura morale che ci è stato guida nel perseguimento del negoziato.

Ora a me interessa che la questione sia prontamente definita, con la riserva s'intende dell'approvazione parlamentare; e sia definita con quel maggior vantaggio che alla S.V. riesca di poter ottenere colle basi che le furono da me indicate. Il Governo britannico dovrebbe darci questo segno di buon volere nel!'aderire alla nostra domanda, tenendo presente che gli stessi suoi agenti a Zanzibar sir S. Rogers e sir Charles Eliot ritenevano somme sufficienti pel riscatto, lire sterline 140.000 il primo, e lire sterline 120.000 il secondo.

Ma, anche che fosse accettata la somma di lire sterline 144.000, dovrebbe in questa somma esser compresa la concessione che noi domandiamo per Kisimajo.

Nella stazione di Kisimajo l'Italia gode gia speciali facilitazioni in virtù dell'articolo 3 del protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891 3 , così concepito: «Il y aura dans la station de Kisimayou et son territoire égalité de traitement entre sujets et protégés des deux Pays, soit pour leur personnes, soit è l'égard de leur biens, soit enfin en ce qui concerne l'exercice de toute sorte de commerce et d'industries».

2 T. 641 del 31 marzo, non pubblicato, relativo al riscatto del Benadir.

3 Cfr. serie Il, vol. XXIV, n. 151.

Ora si tratterebbe di ottenere una striscia di terreno nella baia di Kisimajo che, partendo da un punto della baia segua la costa fino al Giuba di fronte a Giumbo. La sua lunghezza sarebbe di quasi nove miglia marittime e comprenderebbe il sentiero lungo il litorale e sarebbe delimitata a est dal mare, all'ovest da una linea parallela al sentiero dal quale detta linea non si allontanerebbe che per uno spazio di quasi cinquecento metri.

Con questa ampiezza noi ci proponiamo:

l) di costituire nella baia di Kisimajo una piccola stazione con deposito di carbone, magazzini piccoli, sbarcatoi etcetera ove le nostre navi da guerra possano rimanere durante il periodo in cui la navigazione costiera è resa impossibile al Benadir dal monsone di sud-ovest;

2) di collegare, mediante giusta stazione intermedia, Zanzibar al Benadir avvicinando di molto alla nostra colonia le navi che, nel periodo suddetto, sono ora costrette a rimanere a Zanzibar;

3) di assicurare le comunicazioni per via di terra con la colonia del Benadir, quando la costa benadiriana è chiusa.

Io non saprei come più precisare la nostra domanda, poiché mentre codesto Governo sembra deciso ad escludere la cessione territoriale, noi desideriamo che la concessione stessa non si risolva in un diritto di passaggio revocabile.

Se, pertanto la concessione dovesse anche risolversi sotto la pura e semplice forma di easement (facilitazioni) è necessario che essa sia tale da assicurarci lo stabilimento di una stazione navale sulla baia di Kisimajo e le comunicazioni col Benadir. Su Giumbo unisco una piccola cartina illustrativa.

386 1 Con il R. riservato 431/164 del 3 aprile, Pansa chiedeva a Tittoni di precisargli se le argomentazioni che egli avrebbe dovuto portare a sostegno della richiesta relativa al riscatto del Benadir, si fondassero semplicemente sulla sua interpretazione della nota del Foreign Office del 21 novembre, o se fossero invece contenute in qualche dichiarazione o corroborate da comunicazioni precedentemente intercorse con l'ambasciatore britannico.

387

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 848. Roma, 4 maggio 1904, ore 15,45.

Faccio seguito al mio telegramma in data 30 aprile scorso1 per dirle che nuove dichiarazioni conte Percy alla Camera dei Comuni fanno sentire sempre più necessità conoscere quali siano propositi di codesto Governo in Somalia dopo cessata la stagione delle piogge. Conte Percy, secondo un telegramma Stefani da Londra del 2 corrente, avrebbe detto che fu per ordine del Governo britannico che le truppe si impadronirono del forte di Illig, alla presenza delle truppe italiane, e che l 'Inghilterra non si propone di continuare le sue operazioni in Somalia. Sul primo punto è noto che fu col consenso ed alle condizioni volute dal Governo italiano che avvenne sbarco Illig; sul secondo punto desideriamo di sapere se si tratti di sospensione e di cessazione di operazioni di guerra.

Non possiamo credere che dopo la cooperazione leale e costante da noi data all'Inghilterra in Somalia e le condizioni da noi poste a siffatta cooperazione, codesto Governo ritenga come buon risultato della campagna lo avere ricacciato il Mullah in territorio italiano. Se questo dovesse essere il risultato finale, il R. Governo non intendendo fare spedizioni in Somalia, dovrebbe provvedere alla riorganizzazione del suo protettorato sulla base di accordi diretti col Mullah. Prima però di fare questo, il Governo del re sarebbe anche disposto ad interporsi per la eventualità che l 'Inghilterra volesse venire ad intesa col Mullah pel nostro tramite.

Di tutto ciò desidero che la S.V. tenendo presenti miei precedenti telegrammi 21 2 e 30 aprile tenga parola al marchese Lansdowne. Gradirò conoscere al più presto la risposta, ed in ogni modo prima del l Ocorrente, giorno in cui dovrò rispondere in Parlamento ad interpellanze che mi sono state mosse in proposito.

387 1 Cfr. n. 374.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. PERSONALE 853. Roma, 4 maggio 1904, ore 23,10.

Dichiarazioni laconiche ed inesatte fatte alla Camera dei Comuni da codesto Governo e dalle quali si rileverebbe che lo scopo della campagna contro il Mullah fu di cacciarlo nel territorio italiano mentre invece Inghilterra si era con noi impegnata di fare il possibile perché ciò non avvenisse producono cattiva impressione nella pubblica opinione e danno motivo alla stampa di opposizione di attaccare vivacemente il Ministero.

Giornale d'Italia conclude così un suo articolo:

«Queste dichiarazioni fatte dal Governo inglese alla Camera dei Comuni e le risa con cui la Camera accolse le allusioni ali 'Italia dimostrano: l) che il Mullah fu spinto dagli inglesi nel nostro territorio; 2) che gli impegni presi dali 'Inghilterra, quando l'Italia concesse il loro passaggio per Obbia, di impedire l'entrata del Mullah nel nostro protettorato, non furono mantenuti; 3) che alla resa dei conti in tutta questa benedetta faccenda della Somalia, l'Italia ha avuto il danno e le beffe».

Queste conclusioni sono ingiuste, ma devo riconoscere che le inopportune risposte dei sottosegretari inglesi alla Camera dei Comuni le hanno provocate. È necessario quindi che io abbia spiegazioni per potere rispondere esaurientemente agli attacchi che mi saranno mossi in Parlamento. Sarebbe utile se Governo inglese trovasse modo di fare alla Camera dei Comuni altre dichiarazioni esponendo gli accordi intervenuti coll'Italia, e parlando con maggior riguardo e simpatia del nostro Paese.

387 2 Cfr. n. 354.

389

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Londra, 1-5 maggio 1904.

In attesa del corriere cui potrò affidare questa mia lettera, le scrivo per assicurarla che terrò presente la raccomandazione fattami (col suo telegramma personale del 22 scorso)1 a favore di sir Rennell Rodd. Gli sono amico da oltre dieci anni e conoscendo le sue distinte qualità, non mi sorprende che anche in Roma egli sia riuscito ad inspirare molte simpatie. Temo però che la sua nomina immediata ad un posto di ambasciatore sia cosa assai difficile. Pensi che egli viene il quarto nella lista dei segretari. E vi è da osservare che in Inghilterra la carica di ambasciatore non è, come da noi, una funzione, assegnata con patente ad un ministro plenipotenziario, ma è vero e proprio grado della carriera: sicché si tratterebbe per Rodd di saltare non solo i suoi tre colleghi segretari più anziani, ma anche l 'intera serie di ministri di prima e di seconda classe. Vi furono bensì esempi recenti di giovani ambasciatori come Herbert e Hardinge (per i quali già un poco si brontolò nel corpo diplomatico) ma entrambi avevano già il grado di ministro plenipotenziario; mentre questo di Rodd sarebbe un caso senza precedenti, e lei sa quanto l'amministrazione inglese sia conservatrice e rispettosa dei diritti acquisiti. Ciononostante, approfitterò della prima occasione favorevole per far conoscere a lord Lansdowne il voto di Sua Maestà e del suo Governo. L'occasione non potrà però presentarsi prima che, venendo sul tappeto la candidatura pel posto di Parigi, possa considerarsi come probabile la vacanza di quello di Roma. Nel parlare giorni sono delle cose di Francia con lord Lansdowne, mi venne il destro di domandargli in via accademica se fosse in vista il successore di sir Edmund Monson. Ma egli mi rispose che ancora non se ne trattava. Monson raggiungerà soltanto nell'ottobre i suoi limiti d'età e, per un posto così importante come quello di Parigi, vi saranno molti elementi da prendersi in considerazione. Bertie, come amico personale del re, ha buone chances, ma queste sono tutt'altro che sicure. Si aggiunge la circostanza della posizione un po' dubbia del Gabinetto Balfour, la quale contribuisce a renderlo esitante a pregiudicare con una nomina anticipata di alta importanza politica, una decisione che potrebbe spettare ad eventuali successori.

Rodd, in partenza ora per Roma, venne ieri sera a pranzo da me, ma io non gli feci veruna allusione all'affare dell'ambasciata. Vista sopratutto la scarsezza dei suoi atouts, sarebbe un cattivo servizio il fargli nascere illusioni probabilmente destinate a rimanere senza effetto. Io ritengo che egli personalmente se ne renda pieno conto, ma non così la moglie. Per dirle tutto, aggiungerò anzi che qui le si fece qualche carico dell'essersi un po' troppo agitata per la promozione prematura del marito, già quando il posto di Roma si fece vacante l'altra volta per il ritiro di Currie. Questo, beninteso, fra noi.

Ho ricevuto ieri sera il suo telegramma relativo agli affari di Somalia2 . Ad esso rispose anticipatamente un mio rapporto3 che dovrebbe giungerle domani o dopo, nel quale appunto riferii una conversazione avuta in proposito con lord Lansdowne. Il suo telegramma mi fa accorgere che in quel mio rapporto, alludendo alle due dichiarazioni qui fatte alla Camera, circa la cessazione delle ostilità e circa la cacciata del Mullah in territorio italiano, le ho, per disattenzione, attribuite entrambe al ministro della guerra, mentre invece la paternità della seconda frase, poco felice, appartiene a lord Percy. Ciò, del resto, nulla cambia alla cosa in sé. La cessazione delle ostilità, mi ha detto il marchese Lansdowne, deve intendersi soltanto in senso relativo, trattandosi di giungervi gradatamente, col trasforrnarle in opportune misure di difesa; e quanto al Mullah, egli non escluse che frattanto si esamini da noi la possibilità di entrare con lui in qualche negoziato.

Giacché le sto scrivendo, mi occorre ancora rammentare che non ho poi ricevuto alcun avviso circa lo scambio d'idee ch'ella si proponeva di iniziare personalmente con Monsieur Delcassé durante il suo soggiorno in Italia, sui progettati accordi etiopici. Né so se le sia giunta in tempo la memoria di lord Lansdowne4 che in proposito le spedii la sera del 25 aprile. Ma penso che su questo argomento mi porterà forse qualche suo cenno il prossimo corriere.

PS. 5 maggio.

Riferendomi al suo telegramma di ieri l'altro5 , le mando qui unita la quietanza del «Press Cutting Office» al quale pagai le dovute l Oghinee.

Colgo pure l'occasione per confermarle la mia risposta circa la temporaria destinazione del marchese Carignani alle funzioni di suo segretario particolare. Egli è persona discreta, coscienziosa e di eccellenti maniere e vado certo che ella lo troverà sotto ogni rapporto adatto al posto delicato al quale le piacque chiamarlo.

Il corriere è arrivato ieri, ma senza notizie circa l'affare dell'accordo etiopico, il che mi fa pensare che ella non avrà avuto occasione di parlarne con Monsieur Delcassé.

Approfitto per contro del ritorno del corriere stesso, per segnalarle ricevuta dei due suoi nuovi telegrammi di ieri sera (nn. 848-853)6 relativi entrambi alle cose di Somalia. Il primo di essi rinnova in sostanza la richiesta di schiarimenti circa la cessazione o sospensione delle ostilità inglesi contro il Mullah o torna sull'idea dei nostri eventuali negoziati con quest'ultimo. Il non far ella menzione del mio rapporto del 28 aprile, mi fa dubitare che questo abbia subìto un più lungo ritardo che io non prevedessi (forse per essere stato impostato dai servi dopo la chiusura del sabato), senza di che, le avrei telegrafato fin dal principio. Comunque, ritengo che quel rapporto le sarà ora pervenuto e da esso ella avrà rilevato quanto mi disse sull'argomento in questione il marchese di Lansdowne. Egli è ancora molto occupato dalle interpellanze nella Camera dei lords sulla Macedonia. Ma cercherò di rivederlo in questa settimana e di farmi, possibilmente, meglio precisare da lui le disposizioni del Governo inglese, sebbene, come lo riferii, queste si trovino tuttora allo studio.

3 R. del 28 aprile, non pubblicato.

4 Cfr. n. 364.

5 Non pubblicato.

6 Cfr. nn. 387 e 388.

Il suo secondo telegramma allude più specialmente all'abuso fatto dai nostri giornali d'opposizione delle parole di lord Percy circa la cacciata del Mullah dal territorio britannico. Come ella lo osserva, le illazioni dell'articolo da lei citato non sono giuste. Le risa degli avversari del Governo, indicate nel resoconto della Camera dei Comuni, non si indirizzavano all'Italia ma al Governo stesso, cui si rimprovera la sproporzione fra le enormi spese delle tre campagne ed il loro effetto così limitato. L'impegno assunto verso di noi era di far il possibile per impedire che il Mullah penetrasse nel Benadir e questo fu ottenuto mediante la condotta delle operazioni sempre tendenti a spingerlo verso il nord; ma lo stesso impegno non poteva ugualmente applicarsi alle regioni settentrionali, a meno che non avessimo dal canto nostro mandato gente a ricacciarlo verso la Somalia inglese, come anzi qui un poco si sperava che da noi si facesse, allo scopo di prenderlo fra due fuochi. Quelle regioni furono sempre, del resto, la dimora abituale del Mullah, il quale era venuto in origine da Mudug donde si era poi recato a scorazzare ora di qua ed ora di là di quegl'incerti confini. Non si vede quindi che egli possa ora arrecarci più danni di prima, essendo anzi probabile che questi siano minori ora dopo le sue sconfitte, che non lo fossero quando egli si trovava alla testa di migliaia di seguaci, e in quei deserti poi, vi dev'essere ben poco da danneggiare.

Tutto ciò non toglie che sia abbastanza spiegabile l'impressione prodotta sul pubblico, tanto in Italia che in Inghilterra, dal fatto dell'azione di Illig, eseguita in territorio italiano da tre navi inglesi, mentre la nave italiana pure presente non vi partecipava. Volendosi mantenere in modo assoluto la decisione stabilita dal ministro Morin che «nessuna forza italiana doveva per nessun conto mettere piede a terra», sarebbe forse stato meglio di evitare in quell'operazione anche la presenza del «Volturno». Questa mise in evidenza in modo palpabile quell'antinomia fondamentale che, è inutile dissimularselo, vi è stata in tutta la recente campagna: il fatto cioè di operazioni armate di polizia, eseguite da forze straniere in un territorio di altra Potenza, senza la partecipazione di questa. Una volta ammesso, come fu, questo principio, certe conseguenze imbarazzanti erano inevitabili: giacché però vi erano buone ragioni per ammetterlo, mi pare che sia il caso di esporre francamente tali ragioni al pubblico interessato. L'Italia, per circostanze che è inutile rivangare, si è trovata condotta a proclamare la sua sovranità in Paesi dove questa non può essere, per ora, assolutamente effettiva; il giorno in cui sorse colà un Mullah, quella proclamazione le avrebbe, a rigor di logica, imposto l'obbligo di ristabilirvi la pubblica tranquillità, a guarentigia dei propri protetti e dei vicini; ma per ragioni evidenti, ciò non poteva da noi farsi; l'Inghilterra invece credette dovervisi accingere per proprio conto e, ad un certo momento, essa ci chiese il passaggio per le sue truppe; si aveva certamente il diritto legale di negarlo, ma non ugualmente se ne aveva il diritto morale, di fronte ai nostri doveri di buon vicinato che la situazione non ci permetteva di compiere in modo più attivo; né un rifiuto sarebbe stato conveniente e, in considerazione delle facoltà che in ogni caso avrebbe spettato a quella Potenza di espellere il Mullah dal proprio territorio, e per l'interesse comune di affrettare il ristabilimento di una quiete relativa in quelle regioni; nel concedere il richiesto passaggio, si mise però per condizione che fosse prevenuta una irruzione del Mullah nel Benadir, e ciò fu fatto; inoltre, si dichiarò anticipatamente all'Inghilterra che se eravamo disposti a prestar! e assistenza nelle possibili operazioni marittime, non volevamo però impegnarci in spedizioni od operazioni di terra delle quali non si potrebbe poi calcolare lo sviluppo; que

sta dichiarazione essendo stata accettata dal Governo inglese, tutto ciò che avvenne fu la conseguenza prevista dali' intesa così stabilita.

Questo non sarà un ragionamento eroico, ma esso ha, se non altro, il merito della sincerità e credo che sarebbe apprezzato dalle persone sensate tanto in Italia come in Inghilterra.

Così mi riservo ad ogni modo di esprimermi con lord Lansdowne che cercherò di vedere al più presto, e di quanto ne risulterà farò avvisata V.E. per telegrafo.

389 1 Cfr. n. 360.

389 2 Cfr. n. 374.

390

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 259/88. Belgrado, 6 maggio 1904 (perv. il 10).

Ho l'onore di accusare ricevuta e di ringraziare V.E. per il dispaccio 2 maggio

n. 23 1 col quale ella si è compiaciuto farmi conoscere che il Governo di Sua Maestà considerava chiuso l'incidente degli ufficiali cospiratori.

La conoscenza dell'esatto pensiero di V.E. in tale questione mi ha permesso infatti di dissipare un certo allarme che il ritorno in Italia del marchese Imperiali aveva destato in queste sfere governative, dove si temeva che il ritardo frapposto alla partenza degli ufficiali dopo la presentazione delle lettere di richiamo del conte Magliano avesse prodotto a Roma qualche malumore.

Ho potuto così rispondere alle domande rivoltemi in proposito dal signor Pachitch che il viaggio del ministro aveva motivi personali completamente estranei alla politica ed agli affari di Serbia, aggiungendo che il Governo di Belgrado aveva già ricevuto troppe prove dei sentimenti amichevoli dell'Italia per dare una diversa interpretazione ad un fatto puramente accidentale.

391

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Londra, 6 maggio 1904.

Ritorno in questo momento dal Foreign Office, in tempo per rimettere al corriere in partenza stasera quest'altro codicillo alla mia già lunga lettera1• Non mi riuscì di trovare il marchese Lansdowne ma, vista l'urgenza del temine del lO indicato dal suo telegramma2 , feci fare a Sua Signoria la mia commissione per

2 Cfr. n. 387.

intermediario del sotto segretario di Stato, al quale esposi il voto di V.E. circa le desiderate dichiarazioni da farsi alla Camera dei Comuni ecc. ecc. Il risultato fu che il marchese di Lansdowne mi promise di far sì che, nella seduta di lunedì prossimo (9), si promuova in un modo qualunque una nuova interrogazione circa la spedizione di Somalia e le operazioni di Illig. Vi risponderà lord Percy dicendo: che l'azione delle navi inglesi ad Illig si svolse in conformità di un piano previamente stabilito col Governo italiano; che, in base ad esso, la nave italiana colà presente non aveva a prender parte all'attacco, ma che essa avrebbe, in caso di bisogno, prestato assistenza; che, in genere, fino dall'inizio della recente campagna, il Governo italiano aveva comunicato al Governo inglese la sua intenzione di non prendervi parte con proprie truppe; che però vi era da essere grati al\ 'Italia per il permesso accordato di passare pel suo territorio, senza di che non sarebbe stato possibile di eseguire la campagna stessa.

Non ho mestieri di notare che, se queste dichiarazioni saranno formulate in termini così laconici, ciò è in omaggio al sistema costantemente qui usato per simili risposte ufficiali alle interrogazioni dei deputati.

Di quanto precede la informerò stasera per telegrafo3 .

390 1 È il D. 21336/23 che non si pubblica.

391 1 Cfr. n. 389.

392

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 862. Roma, 7 maggio 1904, ore 11, 15.

Gradirei per la verità che nelle dichiarazioni che saranno fatte lunedì da codesto Governo alla Camera dei Comuni fosse ben rilevato il fatto che le dichiarazioni fatte e mantenute dal R. Governo furono di non impegnare sue truppe in operazioni di terra ma che peraltro promise e mantenne sua cooperazione per le operazioni sia militari sia di polizia che potevano essere compiute dal mare. Pregola portare subito mio desiderio a conoscenza del marchese Lansdowne. E pregola altresì di telegrafarmi lunedì immediatamente dopo seduta il riassunto esatto delle dichiarazioni che saranno fatte affinché possa essere esattamente comunicato ai giornali.

391 3 T. 1147/52, spedito alle ore 23,10 che non si pubblica perché ripete quanto detto nel testo.

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO .../85. Berlino, 7 maggio 1904, ore 17,40 (perv. ore 19).

Biilow ha desiderato avere una nuova conversazione con me circa gli ultimi avvenimenti in Italia 1 . Non le ripeterò quanto egli mi disse nel lungo colloquio, né quanto io gli risposi sulla base delle istruzioni di lei, ripetendo non farei che riprodurre quanto a lei ho telegrafato già su questo soggetto. Riassumo le cose dettemi da Biilow al più breve, cioè: gli ultimi avvenimenti in Italia hanno lasciato nel Governo imperiale e ne li'opinione pubblica in Germania la impressione che l'Italia intende essere più amica della Francia, avversaria della Germania, che alla Germania stessa, sua alleata; lo che qui non si ammetterà mai. Io, confermando quanto a lei ho riferito, ritengo che questa impressione si dileguerà per i fatti che corrisponderanno agli obiettivi di quella che V.E. ha dichiarato ripetutamente volere essere la sua politica. Allo scomparire di questa impressione gioveranno grandemente le dichiarazioni che ella ha promesso di fare quanto prima alla Camera, ed io non dubito che esse saranno coronate da successo, quando confermeranno ciò che ella disse lo scorso novembre, ma anche la solenne manifestazione di S.M. il re nell'incontro di Napoli. Biilow accennò, più di una volta, a voci corse, pare raccolte dalla Tribuna, secondo le quali accordo politico verrebbe stretto tra i Gabinetti di Roma e Parigi. Vedrà

V.E. se non sia il caso di dare qualche franca spiegazione qui, ovvero di smentire2 . Credo mio dovere, poi, avvertire che l'impressione, di cui ho fatto più sopra cenno, può ripercuotersi anche sul terreno della politica commerciale. Non è da dimenticare che il trattato di commercio, recentemente concluso da noi colla Germania ha da essere votato dal Reichstag, e che già in questo Parlamento il Governo imperiale è stato rimproverato di avere fatto il patrocinatore delle nostre esportazioni.

394

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 618/227. Vienna, 7 maggio 1904.

Come l'E.V. avrà potuto rilevare dai rapporti nn. 184 1 e 1992 che ebbi l'onore di dirigerle in data del 26 e 30 aprile scorso la visita del presidente della Repubblica francese a Roma è stata considerata dalla stampa austriaca con perfetta serenità e

2 Per la risposta di Tittoni, cfr. n. 398.

2 Cfr. n. 379.

quale una nuova manifestazione di pace scevra di qualsiasi contrasto coi rapporti esistenti tra l 'Italia e gli Stati alleati.

Qui si riconosce anzi si desidera che l'Italia intrattenga, nell'interesse stesso dell'alleanza, amichevoli rapporti cogli altri Stati onde il suo riavvicinamento alla Francia fu accolto con sincera soddisfazione perché non aveva altro scopo col comporre le antinomie esistenti, che di mantenere la pace al consolidamento della quale mira appunto la Triplice.

Quantunque non s'ignorino le vive simpatie che si nutrono in Italia per la Francia e che ebbero una conferma nelle visite suddette, tuttavia esse non danno luogo per ora ad alcuna inquietudine perché si ritengono una conseguenza naturale della affinità di razza che unisce i due popoli.

Non si vedrebbe certo di buon occhio che esse conducessero coll'andar del tempo ad una intimità di rapporti maggiore di quella che esiste e che deve esistere cogli Stati alleati, ma non si dubita della lealtà dei propositi dell'Italia il cui interesse la spinge a mantenersi fedele agli impegni presi e si ha poi la massima fiducia nelle persone che trovansi attualmente al Governo il contegno del quale si riconosce non potrebbe essere più corretto né meglio corrispondente alle relazioni d'alleanza e d'amicizia che lo lega ai due Imperi centrali.

Tale è l'impressione che ho potuto ritrarre dai colloqui da me avuti in questi giorni in via privata con varie personalità politiche.

A questo proposito il signor Néy, il capo di sezione, mi fece conoscere spontaneamente che al Ministero degli affari esteri erasi rilevato con soddisfazione come la maggiore correttezza fosse seguita nelle accoglienze e nei festeggiamenti cui quella visita aveva dato luogo.

393 1 La versione di Btilow in GP, vol. XX/I, n. 6414.

394 1 R. 537/184 del26 aprile, non pubblicato.

395

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 621/230. Vienna, 7 maggio 1904 (perv. il13).

In questi ultimi giorni hanno avuto luogo delle conferenze fra deputati tedeschi ed italiani, nelle quali sono state prese in esame con uno spirito conciliativo le divergenze esistenti fra loro in relazione al contegno che la deputazione italiana sarebbe per adottare alla Camera di fronte alla presente situazione parlamentare.

In questi colloqui si sarebbe rilevato che la composizione di tali divergenze specialmente rispetto alla questione universitaria italiana, non incontrerebbe insuperabili difficoltà tanto da parte degli italiani che da quella dei tedeschi. Il progetto governativo della facoltà giuridica di Rovereto non ha trovato accoglienza simpatica in alcuna parte della Camera. I tirolesi tedeschi vi sono decisamente contrari non meno degli italiani, sebbene per differenti ragioni. Si sarebbe quindi pensato ancora una volta a Trieste e il deputato Malfatti avrebbe manifestato l'avviso che la creazione d'una Scuola superiore di commercio a Trieste, cui venissero successivamente aggiunte una facoltà giuridica ed una filosofica, avrebbe assai meglio risposto ai voti degli italiani che non la istituzione di una facoltà isolata di valore pratico molto incerto. I deputati tedeschi avrebbero però espresso il dubbio che un progetto per una Scuola superiore di commercio italiana a Trieste non fosse per prestarsi a più gravi discussioni ed a più fiera opposizione di qualunque altro progetto per una Scuola superiore in Trieste.

I colloqui suddetti non ebbero carattere strettamente politico e di partito, ma furono piuttosto scambi d'idee fra persona e persona, quasi in forma privata. Se essi possano tradursi in accordi concreti e possano avere influenza sull'azione parlamentare della deputazione italiana come di quella tedesca, è cosa che pel momento non è dato di provvedere molto più che un'occasione in cui ciò si possa rivelare non è [ancora] alle viste (sic) Essi possono tuttavia considerarsi come un avvicinamento verso migliori relazioni fra tedeschi ed italiani e, come tali, ho stimato non inutili a segnalarli a VE.

396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 868. Roma, 8 maggio 1904, ore 16.

Ho comunicato a Londra quanto la S. V. ultimamente mi telegrafò circa la questione ferrovia Harrar-Addis Abeba 1 . R. ambasciata a Londra mi telegrafa2 non aversi al Foreign Office notizia di recenti aperture francesi in proposito, non essendo pervenuta alcuna comunicazione del colonnello Harrington dopo il suo ritorno in Addis Abeba. Governo britannico promette informarci ulteriormente.

397

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T.l159/53. Londra, 9 maggio 1904, ore 9,30.

Risposta fatta oggi da Iord Percy alla Camera dei Comuni dice: «Operazioni di Illig furono condotte dietro un piano prestabilito tra i due Governi. Nave italiana era pronta a prestare assistenza in caso di bisogno. Proposito del Governo italiano di non agire con truppe in terra era stato previamente notificato al Governo britannico. Ciò

2 Cfr. n. 383.

non menoma, però, i servizii resi dal Governo italiano col permettere uso del suo territorio per operazioni militari, le quali non avrebbero potuto compiersi altrimenti».

Telegramma di V.E. n. 862 1 , essendomi giunto sabato troppo tardi perché potessi rivedere marchese Lansdowne, già assente, scrissi al Foreign Office per fargli suggerire aggiunte desiderate da V.E. circa le operazioni da noi compiute da mare, ma devo ritenere che Sua Signoria non tornò in tempo per far modificare dichiarazioni già preparate. Quelle osservazioni potranno, del resto, essere introdotte nelle dichiarazioni analoghe che V.E. avrà a fare, per nostro conto, in Parlamento, del che avverto, ad ogni buon fine, lord Lansdowne che devo vedere stasera.

396 1 Cfr. n. 367.

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 10 maggio 1904, ore 14.

*Ella è autorizzata a smentire presso codesto Governo nel modo più assoluto che qualunque accordo politico di qualunque natura sia stato nella presente occasione concluso o stia per concludersi fra i Gabinetti di Roma e Parigi'. Mancherebbe per un tale accordo anche la materia non essendovi in questo momento nessuna speciale questione pendente tra i due Governi ed essendo un accordo politico d'indole generale inconciliabile con lo spirito del nostro patto d'alleanza al quale intendo di mantenermi pienamente lealmente fedele* 2 . Del resto non ho mancato di esprimermi con il signor Delcassé con la maggiore franchezza e lo ho trovato in tutto ragionevole e consenziente nel ritenere che la sincera amicizia con la Francia sia perfettamente compatibile con la fedeltà alle nostre alleanze, insistendo sugli intenti essenzialmente pacifici della politica francese. Quando il giorno della partenza del presidente della Repubblica da Napoli giunse il testo del discorso dell'imperatore Guglielmo, il signor Delcassé non mancò di notarne con me l'intonazione alquanto aggressiva specialmente per l'allusione alle disfatte francesi. Ma mi aggiunse che appunto per l'indirizzo pacifico della politica francese egli non avrebbe né rilevata né fatta rilevare la durezza delle parole imperiali. Quanto alle dichiarazioni che io farò alla Camera fra pochissimi giorni, esse, per quanto riguarda le nostre alleanze, saranno esplicite e analoghe a quelle da me fatte nello scorso dicembre. Non taccio poi alla E. V. che ho ragione per ritenere che il persistente stato di diffidenza di codesto Governo sia in buona parte tenuto vivo dalle comunicazioni del conte Monts il quale ha espresso qui i medesimi dubbi a lei manifestati dal conte di Btilow, non senza aggiungere qualche manifestazione di poca fiducia nella mia lealtà.

398 1 Risponde al n. 393. 2 Il brano fra asterischi è edito, in traduzione tedesca, in GP, vol. XXII, n. 6417.

397 1 Cfr. n. 392.

399

IL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A BOGOTÀ, WELBY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1194. Bogotà, l O maggio, 1904, ore ... (perv. ore 7 del15).

Mateus, già ministro di Colombia in Roma, nominato ministro degli affari esteri per dimissioni Rico, desidera io esprima a V.E. il suo interesse personale in riprendere relazioni. Propone come più pratica maniera, immediata derogazione decreto 1897, sospendente relazioni. Per facilitare queste e soddisfare colombiane suscettibilità, vuole io gli indirizzi nota esprimente simile desiderio da parte del R. Governo. Prego V.E. darmi istruzioni telegraficamente in proposito, ritenendo io essere importantissimo per gli interessi italiani approfittare favorevole opportunità. Rapporti febbraio 6, aprile 29 1•

400

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 22724/190. Roma, 10 maggio, 1904.

Frequenti rapporti nel r. console generale di Hodeida, mi tengono al corrente dei tristi avvenimenti che stanno svolgendosi nello Yemen, ove le popolazioni della campagna sono in piena rivolta ed il Governo turco ha perduto non solo ogni potere ma anche ogni prestigio.

Nell'eventualità che per opera dell'Inghilterra avesse a seguire un mutamento dello statu quo in quelle regioni, l'Italia, data la sua posizione nel Mar Rosso, specialmente dopo l'azione esercitata sulle coste arabiche contro i pirati, non potrebbe essere lasciata in disparte.

Presentandosene opportuna occasione, voglia indagare quali siano gli intendimenti di codesto Governo non senza accennare alla considerazione che ad un mutamento dello statu quo l'Italia non potrebbe assistere indifferente1 .

400 1 Tittoni si espresse in senso analogo con il D. 35228/305 del 19 luglio, non pubblicato.

399 1 Cfr. nn. !59 e 373.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO

D. 2285/46. Roma, 11 maggio 1904.

Col rapporto in data 30 aprile n. 155/581 la S.V. mi ha riferito che, nell'ultimo ricevimento ebdomadario, codesto ministro degli affari esteri le ha, di sua iniziativa, parlato dell'eventualità di una visita di S.M. il re di Portogallo al nostro augusto sovrano.

Mentre approvo il linguaggio da lei tenuto in tale circostanza, sono d'avviso che la

S.V. abbia a continuare a mantenersi al riguardo sul più cauto riserbo, evitando di risollevare per parte sua questo argomento, acciocché non si supponga che V. S. sia stata, eventualmente, incaricata dal R. Governo di provocare nuove dichiarazioni in proposito.

È, infatti, opportuno che, ove la opportunità di una visita di S.M. il re Carlo dovesse essere ulteriormente ventilata, ciò avvenga in seguito a spontanea iniziativa di codesto Governo.

402

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1355/566. Parigi, 11 maggio 1904.

Ancorché dalla ordinaria nota che qui si comunica alla stampa dopo ogni Consiglio dei ministri non risulti che in quello tenutosi all'Eliseo il 5 di questo mese sia stata esaminata la protesta del papa per il viaggio a Roma del presidente della Repubblica, si è saputo tuttavia, da un'altra ufficiosa comunicazione fatta a qualche giornale, che in quello stesso consiglio il Governo ha preso la deliberazione di respingere assolutamente, tanto nella sostanza quanto nella forma, la protesta pontificia 1 .

Nel Temps dell'8 di questo mese comparve sovra questo soggetto un articolo, assai rimarcato, intitolato: «Une faute», del quale la stampa italiana ha però esagerato l'importanza. Esso non emana né dalla redazione abituale del giornale, né dal signor Darien, l'articolista uscito di recente dall'amministrazione degli affari esteri con la quale mantiene frequenti ed intime relazioni. Opera di un redattore occasionale, l'articolo non rappresenta le idee del signor Delcassé il quale, al nunzio che se ne lagnava, negò che in esso possa vedersi una sua, anche soltanto lontana ed indiretta, inspirazione. Parlandone con me, lo stesso signor Delcassé notava che né la fattura dell'articolo, né la ruvidità della forma erano nella nota ordinaria del giornale.

Ben più che l'articolo del Temps avrebbe meritato l'attenzione della stampa italiana, quello editoriale, pubblicato il giorno stesso dai Débats. Esso è inspirato infatti a quegli stessi concetti che determinarono l'unanimità del voto parlamentare per i crediti relativi al recente viaggio del signor Loubet. Con finezza di stile, ma con singolare precisione di pensiero, il grande giornale conservatore esclude di volere discutere con il papa le ragioni della distinzione che si vuol fare fra capi di Stato eretici o cattolici e quelle per cui si accetta che i Governi cattolici tengano in Roma i loro rappresentanti presso il re e non si ammette per contro che il rappresentato venga in persona a visitare il sovrano. Ma l'articolista dei Débats diventa singolarmente affermativo quando scrive: «Nous avons des devoirs envers le Saint-Siège; mais ils ne vont pas jusqu'à lui sacrifier !es intérèts de notre Pays: or c'est notre intérèt d'entretenir de bons rapports avec l'Italie .... il n'y a rien dans notre politique extérieure -nous ne parlons que de celle-là-qui vise le pape et dont il puisse se sentir atteint. Mais lui-mème peut-il demander aujourd'hui aux Gouvernements catholiques de se condamner à un état d'infériorité notoire à l'égard des Gouvernements hérétiques en ce qui concerne leur relations avec l'Italie? Eh quoi! L'Allemagne et l'Angleterre auraient, pour le succès de leur politique internationale des moyens d'action qu'on nous refuserait? Une telle exigence serait-elle admissible? Pourrait-elle mème ètre énoncée? Y aurait-il enfin une antinomie irréductible entre !es droits qui appartiennent à toutes !es Puissances et !es devoirs qu'on imposerait seulement à quelques-unes? Comment le croire? En tout cas nous aurions des réserves à faire, et des plus catégoriques, contre ce qu'il y aurait là d'excessif». E tutto questo è detto in un articolo che conchiude col dire che la protesta pontificia non deve essere presa al tragico e che una polemica col papa su questo tema sarebbe puerile.

Questo infatti è il pensiero che ha dominato in coloro che, accostandosi eccezionalmente alle frazioni governative, nel voto per il viaggio del presidente della Repubblica a Roma, determinarono in Parlamento la più larga ed imponente manifestazione della evoluzione prodottasi nel sentimento pubblico francese circa il carattere delle relazioni che esso intende avere con l'Italia e quello che esso attribuisce ai suoi rapporti con la Santa Sede. Nella quale manifestazione sta molta parte dell'importanza dell'avvenimento compiutosi con generale soddisfazione dei francesi, poiché se il viaggio si fosse compiuto per volontà di una sola frazione del partito repubblicano, i suoi effetti sarebbero stati, nei rapporti fra l'Italia e la Francia, meno considerevoli di quelli che oggi si possono intravvedere.

401 1 Cfr. n. 380.

402 1 Cfr. infatti il telegramma di Delcassé a Nisard, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, del 6 maggio, in DDF, II serie, t. V, n. 96.

403

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1183. Belgrado, 13 maggio 1904, ore 1,10 (perv. ore 16,45).

Questo agente bulgaro è partito ieri l'altro per Sofia per preparare tra il principe di Bulgaria ed il re di Serbia un incontro che, secondo quanto mi viene riferito, avverrebbe domani a Nisch.

Da questo convegno si aspettano effetti importanti, sperandosi che da esso risulti un accordo anche di natura politica con la delimitazione delle rispettive sfere d'influenza in Macedonia, rendendo possibile un'intesa completa fra i due Stati per un'azione comune nei Balcani 1 .

404

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE .. ./91. Berlino, 13 maggio 1904, ore 10,30 (perv. ore 12,40).

Mi sono procurato ieri sera un incontro con Biilow per avere occasione smentire ufficialmente, come VE. me ne diede autorizzazione 1 , le voci di accordi politici tra Roma e Parigi. Biilow accolse con soddisfazione la mia comunicazione e mi disse che ne avrebbe informato subito imperatore2 . Se di quelle voci siasi fatto eco Monts non potei accertare. Posso assicurarla in coscienza che non i rapporti di Monts ma le proporzioni prese dalle feste per Loubet hanno prodotto impressione nel Governo imperiale e che ad esse fa riscontro quella verificatasi nell'opinione pubblica come constata ad ogni occasione: l'impressione di temere di perdere un amico fidato.

2 La versione di BUio w del colloquio in GP. vol. XX/l n. 6417. Si tenga presente che, con appunto per Biilow del 2 maggio, Holstein non escludeva che la Triplice potesse dirsi finita (GP, vol. XX/l, n. 6416).

403 1 Cfr. in proposito quanto riferiva A varna con R. 656/250 del 14 maggio di cui si pubblica solo il seguente brano: «Il signor Gaccow con cui m'incontrai la vigilia della mia partenza da Budapest mi confermò le informazioni che ebbi l'onore di trasmettere all'E.V. col mio rapporto n. 223 del 7 corrente relativamente alla missione del signor Rizov a Belgrado. Egli non aveva ricevuto ancora notizie ufficiali circa l'esito di quella missione che aveva avuto per scopo di eliminare i malintesi esistenti ed operare un ravvicinamento tra i due Paesi. Ma gli risultava in via indiretta che il signor Rizov era stato incaricato altresì d'iniziare preliminari per trovar modo di regolare di comune accordo la questione delle scuole e delle chiese bulgare e serbe in Macedonia. La Bulgaria era disposta a riconoscere i diritti che la Serbia accampava sulla vecchia Serbia e sopra una parte del sangiaccato di Uskub quantunque le popolazioni bulgare colà residenti fossero in numero maggiore di quelle serbe. Ma non poteva ammettere che le sue pretese si estendessero sui territori siti al nord di Monastir ove i diritti della Bulgaria erano incontestati. Riconosceva tuttavia l 'utilità di procedere colla Serbia ad uno scambio di idee sopra le questioni che formavano oggetto delle rispettive divergenze ed un cambiamento andavasi ora operando nell'opinione pubblica dei due Paesi in favore di una intesa atta a tutelare gli interessi reciproci nei Balcani».

404 1 Cfr. n. 398.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 23126/198. Roma, 13 maggio 1904.

Per opportuna informazione dell'E.V., le trasmetto, qui accluso, in copia, un rapporto del r. ambasciatore in Madrid, relativo ai negoziati tra Francia e Spagna circa il Marocco1• Sarò grato all'E.V. se vorrà procurare di assumere, e quindi riferirmi, precise informazioni riguardo alle notizie in esso rapporto contenute 2 .

406

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1382/576. Parigi, 13 maggio 1904.

Sebbene il Peti! Journal non tenga più il primo posto per la tiratura fra i giornali parigini, non credo che questa sia caduta molto al di sotto del milione di copie. In ogni caso il carattere del giornale non è mutato, poiché la sua principale linea direttiva è quella di andare a seconda dell'opinione generalmente adottata dalla borghesia francese.

Epperò per una serie non interrotta di anni il Peti! Journal, diretto dal bresciano Marinoni, divenuto milionario e cittadino francese, fu sistematicamente ostile all'Italia e non trascurò occasione alcuna per denigrare il nostro Paese.

Una delle forze del giornale è costituita da una serie di rimarchevoli articoli che si stampano sotto la firma Thomas Grimm i quali trattano, con singolare dottrina e maestria, in una forma facile e chiara, le quistioni che, nell'attualità, offrono maggiore interesse per la numerosa clientela. È perciò che acquista un'importanza considerevole l'articolo, pubblicato sotto la firma sovr'indicata, nel Peti! Journal delli 12 maggio circa la potenza economica dell'Italia. È un quadro sommario, in forma sobria, delle condizioni che il risveglio economico ha creato al nostro Paese e nel

2 Con R. 725/266 del 16 giugno Pansa precisava che il rapporto in questione non conteneva che «i desiderata della Società geografica di Madrid pel riconoscimento delle aspirazioni della Spagna nel Marocco». Per quel che riguardava i negoziati franco-spagnoli, essi risultavano trattati esclusivamente a Parigi, non a Londra. Le voci diffuse dalla stampa relative alla firma di un accordo definitivo erano da smentire, anche se la conclusione dei negoziati si profilava ormai imminente.

quale, con rapidi confronti, si accenna alla forza relativa dell'Italia e della Francia per arrivare a conchiudere che il pubblico francese deve rallegrarsi del consolidamento della nostra potenza poiché i pegni di una pace durevole permettono di pensare a moltiplicare gli scambi fra i due Paesi.

Per tutti coloro che sono a giorno del posto che il Petit Journal ha tenuto e tiene nella stampa periodica francese, l'articolo che io segnalo, ha una importanza sintomatica delle più considerevoli perché un simile linguaggio sarebbe impossibile in quel diario se non corrispondesse ad un profondo mutamento prodottosi nell' opinione francese a nostro riguardo 1•

405 1 È il R. 3031105 del 7 maggio, nel quale Silvestrelli riferiva su una memoria presentata dalla Società geografica spagnola al Governo di Madrid sulla questione del Marocco. Si pubblica del rapporto il passo finale: «Tale memoria non contempla l'eventualità dell'annessione, o del protettorato francese sul Marocco, ed, anziché ad una spartizione di territori, mira ad un'espansione pacifica e commerciale della Spagna nell'Impero del Sultano e ad una tutela da esercitarsi su di esso, in comune colla Francia. È perciò che, nelle circostanze presenti, non sembra poter fornire una base ai negoziati di Parigi, parendomi difficile che la Francia consenta ad obbligarsi, esplicitamente, od implicitamente, a rispettare lo statu quo politico del Marocco, o ad esercitarvi un condominio insieme alla Spagna».

407

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 892. Roma, 14 maggio 1904, ore 14,50.

Ignoro quando precisamente si inaugureranno le Delegazioni a Budapest e quando il conte Goluchowski parlerà. Ad ogni buon fine desidero che VE. porti subito a conoscenza di lui che in occasione della attuale discussione del bilancio degli affari esteri io dovrò fare pubbliche dichiarazioni e che secondo tutta probabilità ciò avverrà nella seduta di martedì. Per ciò che riguarda l'Austria-Ungheria io ricorderò il convegno di Abbazia con i termini della maggiore deferenza personale verso il conte Goluchowski, dirò come le mutue dichiarazioni furono tali da potersi considerare come pienamente soddisfacenti da ogni punto di vista e insisterò particolarmente nell'affermare come i rapporti fra i due Stati sono oggi ispirati alla maggiore confidenza e fiducia reciproche. Ma prima di fare tali dichiarazioni ho necessità di sapere che le dichiarazioni del conte Goluchowski saranno inspirate ai medesimi sentimenti e avranno la medesima intonazione. Di ciò prego VE. di procurarmi la precisa assicurazione prima di martedì.

408

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1198/104. Vienna, 15 maggio 1904, ore 19 (perv. ore 20,05).

Ho fatto conoscere oggi contenuto telegramma di V.E. n. 892 1 , primo capo sezione Ministero degli affari esteri imperiale e reale, che mi ha promesso comunicarlo telegraficamente oggi stesso conte Goluchowski Budapest, e sperava farmi

sapere risposta domani. Signor Mérey non dubita che, nella esposizione politica estera che avverrà domani Delegazioni, conte Goluchowski farà, per ciò che riguarda Italia dichiarazioni inspirate ai medesimi sentimenti di quelli che V.E. si propone di fare Parlamento circa Austria-Ungheria2 .

406 1 Allegato al rapporto un ritaglio del Peti! Journal, del 12 maggio, che non si pubblica. 408 1 Cfr. n. 407.

409

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1207/46. Budapest, 16 maggio 1904, ore 18,40.

Nel suo odierno discorso Delegazioni, conte Goluchowscki ha cominciato col riconoscere finiti i malintesi coll'Italia, grazie energica attitudine amichevole attuale Governo. Ha dichiarato averne avuto conferma convegno V.E. Abbazia, aggiratosi su principi conservatori adottati anche dall'Italia specialmente nella questione balcanica.

Rallegratosi di questa preziosa garanzia di pace, ha parlato accordo anglo-francese, guerra russo-giapponese, ed, a lungo, riforme Macedonia. Quanto a trattati di commercio, riconoscendone gravissime difficoltà, senza entrare in particolari, ha detto confidare felice soluzione necessaria ambedue parti contraenti. Trasmetto all'E.V. stasera traduzione integrale discorso 1•

Il mio colloquio con S. E. il signor Tittoni si aggirò nei limiti di quei principì conservatori che dirigono sempre la nostra politica e che anche l 'Italia ha adottato, specialmente per ciò che rignarda la questione balcanica.

Nella nuova constatazione di questo fatto sta una preziosa garanzia di pace, che si aggiunge quale fattore altrettanto importante a tutte quelle garanzie, con cui da ogni parte ci si sforza di circondare lo svolgimento tranquillo e prosperoso degli avvenimenti nel nostro continente».

Il discorso di Goluchowski conteneva inoltre severe critiche al Governo ottomano per la lentezza con cui applicava le riforme richieste per la Macedonia.

408 2 Così infatti assicurò Goluchowski, come riferì Avarna con T. 1206/106 del 16 maggio, non pubblicato.

409 1 Con R. 785/141, pari data, di cui si pubblica il passo seguente: «Anche quegli spiacevoli incidenti verificatisi in Italia, a cui accennai nel mio ultimo discorso, e che furono originati da solitari sforzi di certi politicanti d'occasione e fanatici agitatori, devono oggi considerarsi come appartenenti al passato, grazie alla condotta cauta, energica e strettamente fedele all'alleanza dell'attuale Governo, e il mio recente incontro ad Abbazia col signor ministro degli esteri italiano non poté che rafforzare il mio riconoscimento che la cura di relazioni intime e piene di fiducia tra noi e il Regno vicino non è meno apprezzata altamente nei circoli politici competenti di Roma, che in mezzo a noi, giacché tanto lì quanto da noi si riconosce che a queste relazioni deve essere conservato il suggello della più leale reciprocità, accrescendo il loro altissimo compito.

410

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 609/227. Londra, 18 maggio 1904 (perv. il 27).

Mi è pervenuto il dispaccio di V.E. del 30 aprile (n. 177)1 il quale mi confermava in sostanza le preceduti comunicazioni relative alla questione delle ferrovie in Abissinia.

Come ne avvisai per telegrafo il 2 di questo mese2 , ero stato assicurato al Foreign Office non essersi qui avuto notizia, fino allora, di alcuna recente apertura francese riguardo a queJI'affare. Ma oggi il marchese di Lansdowne mi disse, di sua iniziativa, che l'ambasciatore di Francia era venuto poco prima a parlargliene, aJiudendo altresì alla eventualità di accordi generici riguardo all'Abissinia, ai quali il Governo francese sarebbe stato disposto a partecipare insieme all'Inghilterra ed all'Italia. Sua Signoria aveva risposto a monsieur Cambon che egli infatti era stato negli ultimi tempi in comunicazione con l'Italia su quegli argomenti e che entrambi i Governi si proponevano appunto di dame cenno in un momento opportuno al Gabinetto di Parigi col quale essi desideravano di mettersi d'accordo in vista di stabilire una linea di condotta comune, sia riguardo alle questioni ferroviarie, come anche ai casi di ordine politico e territoriale che potrebbero presentarsi in Etiopia. Monsieur Cambon si era riservato di riferire codeste aperture al proprio Governo e di chiederne le istruzioni. Il marchese di Lansdowne, pregandomi di informare di quanto precede la E.V., soggiunse che egli attenderebbe nuove comunicazioni sia da Roma che da Parigi per intendersi circa il seguito che converrebbe dare al proposto negoziato.

Noto che, dopo il telegramma n. 751 pervenutomi il 16 di aprile3 , io non ricevetti più da V.E. nuove indicazioni circa questo affare. Non mi sono quindi trovato in grado di informare il marchese di Lansdowne se ella avesse avuto occasione di tenerne parola con i rappresentanti francesi, in seguito al memorandum di Sua Signoria che ebbi l'onore di spedirle in data del25 aprile n. 1884 .

41 O1 Non pubblicato.

2 Cfr. n. 383.

3 Cfr. n. 336.

4 Non pubblicato, ma cfr. n. 364. Allegata al documento pubblicato nel testo la seguente traccia di risposta telegrafica: «Telegrafare che la questione della ferrovia deve esser trattata insieme con quella degli accordi generali e che prima è necessario firmare l'accordo italo-inglese». Questa e altre analoghe tracce di risposta sono probabilmente di mano di Agnese.

411

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1226/54. Londra, 19 maggio 1904, ore 19.

Marchese Lansdowne mi ha pregato di sollecitare possibilmente da V.E. una risposta alla comunicazione fatta da codesto ambasciatore d'Inghilterra per l' adesione dell'Italia al decreto kevidiale sulle finanze egiziane previste dal recente accordo anglo-francese. Sua Signoria mi disse essersi già sostanzialmente assicurato assenso della Russia ed ho avuto impressione che riuscirebbe qui molto gradita un'amichevole deliberazione del! 'Italia non troppo indugiata.

412

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TTTTONI

R. RISERVATO 608/226. Londra, 19 maggio 1904 (perv. il 27).

Ho avuto occasione di intrattenere il marchese di Lansdowne nel senso del suo telegramma del l o aprile (n. 641) 1 e del dispaccio del 2 maggio (n. 182)2 , relativi al progettato riscatto del canone pel Benadir ed ali' easement che si desidera procurare per l'approdo delle nostre navi a Kisimajo.

Quanto al riscatto, ricordo che col primo dei citati dispacci mi informava avere da ultimo offerto a sir Francis Bertie una somma complessiva di lire sterline 144.000, la quale ella riteneva rappresentare appunto la cifra già indicataci dal marchese di Lansdowne, mentre quella di lire sterline 160.000, ora messa innanzi dall'ambasciatore inglese, avrebbe implicato un ritorno di questo Governo sulla sua primitiva domanda. Avendole io chiesto se quest'ultimo argomento si fondasse su qualche comunicazione a me sconosciuta, oppure soltanto sulla nota inglese del 21 novembre, la quale non si prestava assolutamente a tale interpretazione, V.E. mi fece conoscere avere infatti inteso di riferirsi a quella nota.

Nel discuterne col marchese Lansdowne, mi limitai quindi ad accennargli, fra altri argomenti, che con la nostra ultima offerta di lire sterline 144.000 avevamo per verità ritenuto di aderire interamente alla sua domanda, e che anzi ci eravamo a ciò risolti coll'idea che vi si dovesse equamente comprendere la soddisfazione del nostro desiderio relativamente al porto di Kisimajo.

Su quest'ultimo punto, gli schiarimenti contenuti nell'ultimo dispaccio di V.E. e l'annessovi schizzo, mi permisero di esporre chiaramente al marchese di Lansdowne i

2 Cfr. n. 386.

termini della nostra richiesta. Dietro suo invito, gli promisi di fargli tenere una copia dello schizzo stesso e Sua Signoria-che stava in partenza per l'Irlanda-si riservò di esaminarlo al suo ritorno nella prossima settimana e di farmi conoscere gli intendimenti del suo Governo tanto sulla questione di Kisimajo come su quella del riscatto.

Circa il diritto di passaggio, ecc., lungo quelle nove miglia di costa, non vi è a dissimularsi che il maggiore ostacolo nascerà dalla condizione della sua perpetuità, difficile riuscendo il far sì che esso non equivalga, praticamente, ad una cessione territoriale che, come sa V.E., venne fino dal principio esclusa dalle autorità britanniche.

Farò tuttavia quanto sta in me per ottenere una soluzione, valendomi della benevola disposizione che il marchese di Lansdowne mi ha dimostrato a soddisfare, nel limite del possibile, il Governo di Sua Maestà.

412 1 Non pubblicato.

413

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 610/228. Londra, 19 maggio 1904 (perv. il 27).

In questo momento è venuto da me l'ambasciatore di Francia col quale ebbi una conversazione sull'argomento del mio precedente rapporto'. Il suo Governo, mi disse monsieur Cambon, lo aveva incaricato di intrattenere il marchese Lansdowne delle difficoltà sollevate dall'agente britannico in Addis Abeba riguardo alla progettata continuazione della ferrovia di Gibuti in Abissinia; esso riteneva che quell'opposizione, effetto di una situazione politica ormai modificata, non aveva in oggi più ragione di mantenersi; la Francia non avendo alcuna intenzione di fare di quella ferrovia uno strumento di invasione o di illegittima ingerenza in Etiopia, sarebbe anche disposta ad una qualche revisione delle clausole della nota concessione che potevano dar ombra all'Inghilterra; in ogni caso, vi era luogo ad esaminare amichevolmente la questione, per vedere di giungere ad un qualche compromesso. A questo affare della ferrovia, soggiunse il mio collega, si limitavano le istruzioni da lui ricevute; ma nel corso della conversazione col marchese di Lansdowne, avendogli questi fatto allusioni a certi scambi d'idee avvenuti circa le cose d'Etiopia fra Londra e Roma, egli (Cambon) aveva espresso l'opinione che la Francia come Potenza confinante all'Abissinia, potrebbe essa pure utilmente partecipare ad un'intesa con l'Inghilterra e l'Italia, in vista delle eventualità politiche che fossero un giorno per verificarsi in quel Paese. Il marchese Lansdowne gli aveva risposto accennandogli all'intenzione sua e nostra di procedere anche su codesta questione in buon accordo colla Francia.

Monsieur Cambon, a quanto egli mi disse, partirà posdimani per Parigi, ove si tratterrà durante la prossima settimana; egli approfitterà del suo soggiorno per riferire

queste cose a monsieur Delcassé e chiedere le sue istruzioni per modo da essere messo in grado di iniziare, al suo ritorno il proposto scambio d'idee col marchese di Lansdowne, e con me pure qualora io fossi autorizzato ad occuparmene.

Del contenuto del presente e del precedente mio rapporto darò sommario avviso telegrafico a V.E. Pensando poi che potrebbe pur giovare al conte Tomielli di averne cognizione, approfitterò del nostro corriere, in partenza stasera, per farli passare, a sigillo alzato, sotto gli occhi del mio collega di Parigi.

413 1 Cfr. n. 41 O. Cfr. in proposito Cambon a Delcassé, 18 maggio, in DDF, II serie, t. V, n. 148.

414

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 291/100. Belgrado, 19 maggio 1904 (perv. il 23).

Col telegramma n. 24 in data di ieri 1 ho avuto l'onore di fornire a V.E. quelle informazioni che sul contenuto del convegno di Nisch mi è stato possibile di raccogliere da fonti autorevoli; informazioni che mi sono state confermate dallo stesso agente bulgaro, colonnello Hessaptcheff, il quale, per la cordialità dei rapporti personali ed anche per istruzioni ricevute dal suo Governo, suole spesso rallentare quella naturale riserva che gli è imposta dall'ufficio coi rappresentanti d'Italia e di Russia.

Secondo quanto mi venne per tal modo riferito, gli argomenti trattati in quella occasione avrebbero confermato il carattere politico insito nel fatto stesso dell'incontro dei due sovrani dopo le numerose manifestazioni del reciproco desiderio di una più intima intesa fra i due Stati concretata in un accordo economico ed in numerose pubbliche dimostrazioni.

Secondo quanto mi si disse i due principi ed i loro ministri riconoscendo la necessità di rafforzare la reciproca posizione dei due Paesi nei Balcani ponendo ali 'unisono l'indirizzo delle rispettive politiche, convennero di uniformare la propria attitudine ai seguenti principì:

l) mantenimento della pace nei Balcani;

2) appoggio all'opera di riforme che le Potenze cercano di attuare in Macedonia;

3) prevalenza del concetto di una eventuale autonomia della Macedonia su quello di una delimitazione delle sfere d'influenza.

Non debbo nascondere che su questo punto io dissi al signor Hessaptcheff di nutrire qualche dubbio, tanto parevami inverosimile che in così breve giro di tempo cadessero quelle profonde divergenze e pregiudizi che avevano negli ultimi trenta anni rese sterili tutte le infinite discussioni avvenute su questo terreno; e solo dietro la formale assicurazione dell'agente che un'intesa (verbale) su questa questione nel senso sopra indicato era avvenuta, io mi decisi a dame notizia telegrafica.

Con maggior circospezione si è espresso il ministro degli affari esteri col quale mi sono intrattenuto a lungo relativamente all'oggetto ed agli effetti del convegno di Nisch esprimendogli il compiacimento col quale la notizia di questa nuova manifestazione degli intimi rapporti inaugurati fra i due principali Stati balcanici sarebbe stata accolta in Italia.

E qui apro una parentesi per riferire come il signor Pachitch mi disse che egli ed il Governo serbo avevano appreso con viva soddisfazione e gratitudine le parole con le quali V.E. aveva manifestato al signor Milovanovitch la sua soddisfazione per il ravvicinamento serbo-bulgaro, e che molto conforto essi traevano dalle ripetute assicurazioni che questo movimento godeva la simpatia dell'Italia, aggiungendo che di questo argomento avrebbe fatto oggetto di un suo dispaccio al ministro serbo in Roma.

Tornando al convegno, dopo avermi confermato tutto quanto ho già in varii rapporti esposto a V.E. circa la portata degli accordi economici intervenuti e la tendenza verso un'unione doganale nei limiti consentiti dalle relazioni e dagli impegni commerciali con gli altri Stati, il signor Pachitch mi disse che egli considerava l'incontro dei due principi nelle circostanze attuali come pegno di un ulteriore sviluppo dei buoni rapporti fra i due Stati in una forma più concreta, ammettendo essere sua aspirazione di giungere ad un accordo positivo di natura politica al quale l'ambiente attuale gli sembra molto favorevole.

Mi confermò pure che una intesa verbale era stata facilmente raggiunta nel colloquio di Nisch rispetto ai due punti già sopra citati, e cioè: mantenimento della pace nei Balcani ed appoggio all'opera di riforma delle Potenze in Macedonia.

Ma avendogli io domandato se non era avvenuto un accordo anche circa il modo di considerare la questione macedone dal punto di vista delle aspirazioni nazionali della Serbia e della Bulgaria, egli cercò di evitare la questione dicendo soltanto: credo che c'intenderemo anche su questo punto.

L'impressione da me riportata, anche da discorsi tenuti con altri personaggi bene informati, è che di questo accordo politico del quale il signor Pachitch mi ha parlato come di un'aspirazione attuabile ma ancora futura si sieno invece già gettate le basi. Ma non sarei sorpreso se su di esso i due Governi decidano di mantenere uno scrupoloso segreto.

Un accordo infatti che importasse anche obblighi militari sarebbe nel momento attuale, malgrado ogni dichiarazione contraria, una implicita manifestazione di sfiducia nelle ripetute dichiarazioni pacifiche dell'Austria contro la quale, per quanto di natura difensivo, sarebbe diretto, e ciò i due Governi balcanici vorranno probabilmente evitare. Così l'intonazione data ai giornali ufficiosi è diretta a calmare le apprensioni ed i commenti che i migliorati rapporti serbo-bulgari hanno suscitato nella vicina Monarchia. Ma il timore che questa avanzi in Macedonia alla prima occasione favorevole permane latente ed intenso mentre ogni notizia che annunzii un nuovo rovescio della Russia in Estremo Oriente produce nei bulgari e nei serbi un senso di sgomento e di isolamento che li spinge ad unirsi, evitando, però, di provocare la potente vicina.

Per questi motivi non sarà facile, temo, conoscere così presto gli eventuali impegni che i Governi di Sofia e Belgrado saranno, secondo le mie impressioni, per prendere a reciproca garanzia2 .

414 1 T. 1217/24 del 18 maggio, che non si pubblica perché anticipa quanto detto più distesamente nel testo.

414 2 Per la risposta cfr. n. 4 30.

415

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1229/55. Londra, 20 maggio 1904, ore 2,50 (perv. ore 8).

Marchese Lansdowne mi ha detto che ambasciatore di Francia gli ha parlato ieri della ferrovia Gibuti, in vista di un possibile accomodamento amichevole, mostrandosi pure disposto a partecipare alla trattativa di ordine politico e territoriale riguardante Etiopia. Marchese Lansdowne avendogli manifestato le nostre comuni disposizioni favorevoli anche colla Francia, Cambon si recherà sabato a Parigi per promuovere, in proposito, istruzioni di Delcassé. Di quanto precede ho, ad ogni buon fine, informato Tomielli approfittando del corriere partito stasera latore di un mio rapporto per V. E. 1 .

416

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1233/108. Vienna, 20 maggio 1904, ore 5,35.

Dichiarazioni importanti fatte da V.E. Parlamento 1 politica estera Italia sono commentate oggi con viva simpatia stampa viennese, che constata come esse corrispondano del tutto a quelle fatte dal conte Goluchowski Delegazioni per ciò che riguarda la massima cordialità e fiducia, cui sono ispirati rapporti due Governi e conformità loro vedute nelle questioni balcaniche2 . Signor de Mérey, che ho veduto oggi, mi ha dimostrato sua piena soddisfazione per perfetta armonia che esisteva tra ambedue quelle dichiarazioni3 .

415 1 Cfr. n. 413. In realtà il corriere era latore anche del n. 41 O. Cfr. inoltre il n. 421. 416 1 Il 18 maggio. 2 Non si pubblica il R. 675/256 del 20 maggio col quale Avarna riferiva i commenti della stampa austriaca. 3 Il discorso di Tittoni lasciò invece sostanzialmente scontento Barrère (DDF, Il serie, t. V, n. 144).

417

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 190/71. Lisbona, 20 maggio 1904 (perv. il 26).

Ieri, essendomi recato da S.E. il presidente del Consiglio dei ministri per appoggiare un reclamo del signor Ricciardi agente di società importatrici di grano e segale, ho avuto occasione di parlare lungamente con lui. Da una parola all'altra il discorso venne a cadere sulla nota pontificia di protestazione indirizzata dopo la visita del presidente Loubet a Roma. S.E. Hintze Ribeiro pare consideri l'invio di tale nota come un errore della Curia romana, che si è messa nel caso o di vedersi respinta la nota, o di riceverne risposta evasiva.

Avevo già saputo alcuni giorni fa che il ministro degli affari esteri aveva rivolto a questo ministro di Francia molte domande dirette, a quanto mi disse lo stesso Rouvier, ad indicare al Governo portoghese quale attitudine dovesse prendere in questa occasiOne.

S.E. il presidente del Consiglio che mi è sembrato non volersi fermare sull'argomento della nota-protesta, di punto in bianco l'ha cambiato ripetendomi su per giù quanto mi aveva detto il ministro degli affari esteri circa il desiderio del Governo portoghese che il re Carlo faccia visita al nostro re in Roma. Al compimento di questo desiderio non mette certamente ostacolo la volontà del re Carlo, che (sono parole di Hintze Ribeiro) affezionatissimo ai suoi parenti di casa Savoia brama ravvicinarsi ad essi. Il presidente del Consiglio personalmente è propenso a questo viaggio; egli si studia di poterlo effettuare senza turbare la tranquillità del Paese. Non bisogna dimenticare che, quantunque la maggior parte della popolazione in Portogallo sia liberale, il clero però ha qui ancora una grande forza, ed il clero dipende dal Vaticano.

L'essersi mantenute le relazioni diplomatiche tra il Vaticano e la Francia dopo il viaggio del presidente della Repubblica è un buon precedente ed un'ottima arma nelle mani di Hintze Ribeiro per impedire la rottura delle relazioni del Vaticano col Portogallo nell'eventualità di una visita di re Carlo a Roma, che era uno degli spauracchi, e forse il maggiore, contro la visita reale.

Mi sono limitato a replicare ciò che avevo detto al ministro degli affari esteri, ed ho ascoltato attentamente dimostrando coll'espressione del mio volto di approvare tutto ciò che io udivo da lui, e mi onoro di riferirlo all'E.V.

418

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO ... Berlino, 21 maggio 1904, ore 17,40 (perv. ore 21,30).

Non ho potuto prima d'ora riferire a V.E. le impressioni qui prodotte dal discorso da lei pronunciato alla Camera dei deputati 1• Giornali hanno taciuto, salvo qualche manifestazione isolata di nessun conto. Il cancelliere de li 'Impero non era visibile, trovandosi presso Sua Maestà, ovvero occupato in Consiglio dei ministri. Come sulle recenti dichiarazioni di Goluchowski, così anche su quelle di lei, questa stampa non si è pronunciata perché tardiva era la parola di ordine venuta dalla Cancelleria federale. Biilow dovendo di nuovo assentarsi da Berlino, mi ha inviato, in assenza del segretario di Stato, il signor Miihlberg a dirmi che ha ammirato l'abilità di cui V.E. ha dato prova nel suo discorso: che le dichiarazioni di lei non hanno dissipato i timori che ella lamentava, sia per le comunicazioni di Monts, sia per i miei telegrammi; che, infine, egli (Biilow) sperava che l'avvenire gli desse torto. Con questa comunicazione sarebbe da ritenere esaurito lo scambio di dichiarazioni circa quanto è accaduto in queste ultime settimane.

Non ci conviene ... (?)2 perché non sarebbe della nostra dignità, dar spiegazioni; conviene bensì andare avanti per la nostra strada fedeli ai nostri impegni uniformando ad essi i nostri atti3 .

419

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO .. ./109. Vienna, 21 maggio 1904.

Mi risulta che il conte Goluchowski non avrebbe intenzione di accusare ricevuta o di prendere atto della protesta fatta da papa Pio X per il viaggio in Roma del presidente della Repubblica francese, il cui testo fu portato a sua conoscenza da questo nunzio apostolico monsignor Granito di Belmonte.

Tale informazione mi è stata riferita in via riservata da uno dei miei colleghi a cui il conte Goluchowski l'avrebbe comunicato di persona.

2 Gruppo indecifrato; il punto interrogativo è del decifratore.

3 Per la risposta di Tittoni cfr. n. 425.

418 1 Sul discorso di Tittoni del 18 maggio Monts aveva riferito a Blilow lo stesso giorno 21 (CP, vol. XX/I, n. 6419).

420

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1457/612. Parigi, 21 maggio 1904 (perv. il 26).

Da dopo che nell' Humanité, giornale dell'onorevole Jaurès, del 17 corrente, è stata pubblicata la circolare del cardinale Merry del Val ai Governi degli Stati cattolici per protestare contro la visita fatta dal presidente della Repubblica francese a S.M. il re d'Italia in Roma, la questione dei rapporti fra il Governo francese e la Santa Sede ha preso nell'interesse pubblico un assoluto predominio. Tutti i giornali vi hanno consacrato e vi consacrano articoli dimostrandosi, si può dire, unanimi a proclamare che la Curia vaticana ha commesso un gravissimo errore. Di questo errore però alcuni si dolgono e si dimostrano impensieriti, altri invece si rallegrano come di un atto che costituirà il passo decisivo verso la separazione dello Stato dalla Chiesa.

L'imperfezione della sostanza e della forma del documento pontificio fece nascere dei dubbi sovra la sua autenticità. Affermasi che esso non sia in tutto conforme alla protesta che, indirizzata alla Francia, era stata rimessa qui per il tramite dell'ambasciatore francese accreditato presso il pontefice. Come già scrissi 1 , di quest'ultimo documento, di cui il pubblico ignorava il testo, il Consiglio dei ministri, qui tenutosi il 5 corrente, aveva deliberato di respingere tanto la sostanza che la forma, e questa deliberazione parve soddisfare la grande maggioranza dei francesi. Di questa deliberazione non era stata fatta però la consueta comunicazione alla stampa. Essa si era conosciuta per le informazioni ufficiose che ne avevano avuto alcuni giornali. Il 19 di questo mese invece l'agenzia Havas ha pubblicato una nota alla quale pare si sia voluto dare, anche per la forma, una particolare gravità.

«Les ministres, dice la nota, se sont réunis exceptionnellement ce matin en consei! à l'Elysée, sous la présidence de M. Loubet. Le conseil s'est occupé de la protestation papale publiée par !es journaux. Il a décidé de s'assurer tout d'abord de l'authenticité de ce document, qui n'est pas conforme à celui remis au Gouvernement, et il s'est mis d'accord sur !es suites qu'il conviendra d'y donner le cas échéant».

È cosa naturale che le parole di questo comunicato siano state commentate in vari sensi. Ho sentito narrare che già nel Consiglio dei ministri del 5 corrente riuscisse difficilmente al signor Delcassé di ottenere da una parte dei suoi colleghi che si acquietassero alla formula con cui il Governo francese avrebbe significato al Vaticano di non essere disposto a dare peso alla sua protesta. Ma pare che questo ministro degli affari esteri si lusingasse che il testo del documento rimarrebbe segreto o che per lo meno non sarebbe gettato nella pubblicità in questo momento. Come invece sia riuscito all'onorevole Jaurès di procurarsi la circolare pontificia del 28 aprile che, in alcune frasi, aggraverebbe la nota rimessa al signor Nisard, non si sa bene. Inclinano alcuni a ritenere che quelli fra i ministri che aveano trovato troppo

rimessivo l'atteggiamento del collega degli affari esteri, non vi siano rimasti completamente estranei.

Che cosa poi si sia voluto indicare con la riserva di voler accertarsi anzi tutto della autenticità della circolare papale, non è facile a spiegare. Hanno potuto forse i componenti del Gabinetto non propensi ad atti di vigore, lusingarsi che la Santa Sede nel frattempo troverebbe il modo di porgere delle accettabili attenuazioni? Ovvero quegli stessi ministri vollero soltanto guadagnare pochi giorni di tempo ed evitare un atto preso ab irato?

Intanto si erano annunziate per la tornata d'ieri alla Camera dei deputati delle interpellanze ed una mozione dell'onorevole Gérault-Richard la quale, se fosse stata mantenuta dal suo autore, avrebbe avuto il grave inconveniente di associare ad un saluto del Parlamento francese al Parlamento italiano, un atto di protesta della Francia contro la Sede pontificia e di far giungere l'atto stesso attraverso la pubblicità che esso era destinato ad avere nella Camera italiana. Non è certo che il signor GéraultRichard si sia reso conto della incorrettezza della sua proposizione ch'egli anzi difende nella Petite République contro il Temps ed altri diari; ma ciò che più importa è che, nella tornata d'ieri, egli ha rinunziato a presentarla.

Anche da parte degli interpellanti, sono tre, si fece prova di non soverchia impazienza e, sebbene l'ambiente della seduta fosse eccezionalmente agitato, prevalse il consiglio del signor Combes in seguito al quale fu deciso di rimettere al venerdì 27 corrente lo svolgimento delle interpellanze stesse. Il presidente del Consiglio avea esortato la Camera a tenersi fedele al suo programma di lavoro che riserva le sedute del venerdì alle interpellanze e rispondendo a chi avea proposto che quelle relative alla protesta pontificia fossero messe all'ordine del giorno della tornata di martedì 24, disse non esservi urgenza di discutere perché gli autori delle interpellanze ed i componenti del Governo si troveranno certamente martedì prossimo in presenza di fatti compiuti (resoconto ufficiale della seduta del 20 maggio pag. 1117).

Quali saranno questi fatti compiuti sui quali la Camera sarà chiamata ad emettere il suo voto? La nota relativa al Consiglio dei ministri del 19 corrente lascia presentire che le risoluzioni del Governo sono già prese, ma non dice quali esse siano. Però generalmente non si dubita che il richiamo dell'ambasciatore presso la Santa Sede sia stato deciso e che prima di martedì prossimo sarà il fatto compiuto annunziato dal signor Combes. I tre interpellanti, onorevole Paul Meunier, Hubbard ed Allard, si propongono di chiedere al Governo quale condotta intenda adottare di fronte alla protesta papale. È probabile che le loro domande si trasformeranno in una discussione sovra gli atti che il Ministero avrà diggià egli stesso eseguiti.

Non è agevole il prevedere le proporzioni di un conflitto che incomincia nelle condizioni che mi parve utile precisare in questo rapporto. La misura dell'interesse che esso eccita nell'opinione francese a qualunque tendenza questa sia inclinata, può dare quella del posto che le questioni ecclesiastiche tengono tutt'ora in Francia.

420 1 Cfr. n. 402.

421

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1464/617. Parigi, 21 maggio 1904 (perv. il 27).

Dal mio collega di Londra ebbi comunicazione dei rapporti in data 18 e 19 corrente (n. 609/277 e 61 0/228)1 relativi entrambi ali 'apertura di uno scambio di idee iniziato da lord Lansdowne con quell'ambasciatore di Francia circa accordi generici da stabilire fra l 'Inghilterra, la Francia e l 'Italia per l'Abissinia.

Risulterebbe dal linguaggio tenuto con il cav. Pansa dal ministro degli affari esteri inglese ed ancor più da quello del signor Cambon, che il metodo che ci eravamo prefissi di seguire )imitandoci per ora a trattare con la sola Inghilterra, dovrà essere abbandonato2 . E probabilmente V.E. troverà necessario di farmi conoscere in proposito le sue istruzioni.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

Roma, 22 maggio 1904, ore 12.

Viste le amichevoli insistenze di codesto Governo2 e l'importanza che esso annette alla questione, ho deciso di dare l'adesione del R. Governo al noto decreto kediviale, prima ancora di attendere le informazioni chieste al Cairo, e ho voluto che l'adesione sia senza condizioni. Non dubito che codesto Governo, apprezzando questa prova della nostra costante amicizia verso l'Inghilterra, vorrà dimostrare eguali disposizioni nella risoluzione delle questioni africane pendenti fra i due Governi. Identica comunicazione verbale ho fatta testé a questo ambasciatore d'Inghilterra.

421 1 Cfr. nn. 410 e 413. 2 Per i commenti di Tomielli su tale scambio di idee cfr. n. 431. 422 1 Con T. 933, pari data, notizia di questo telegramma fu data a Berlino, Parigi, Pietroburgo, Vienna e al Cairo. 2 Cfr. n. 411.

423

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 342/247. Atene, 23 maggio 1904 (perv. il 28).

Ho avuto oggi con S. E. il signor Theotoki, in occasione d'una visita di semplice cortesia che ebbi a fargli, un colloquio che ritengo non privo di interesse, specialmente se lo si mette in relazione coi commenti sollevati nella stampa greca dall'azione italiana nella Bassa Albania, commenti che ho avuto cura di riferire regolarmente aii'E.V.

Il signor Theotoki mi disse che il Governo ellenico, ed anzi la Grecia tutta, nutre sentimenti di vivissimo affetto e di memore riconoscenza per l'Italia e pel

R. Governo. La Grecia conta, egli aggiunse, sulla protezione della sua potente sorella. Osservò, tuttavia, che, appunto in ragione dei vincoli di affetto che la legano all'Italia, la Grecia non aveva potuto astenersi dal constatare con dolorosa meraviglia l'azione spiegata dall'Italia in Epiro.

La stessa denominazione di Bassa Albania data in Italia all'Epiro, denota, secondo il signor Theotoki, l'intenzione di strappare alla Grecia questa regione, che pure il Trattato di Berlino le aveva attribuito.

L'Italia, secondo il signor Theotoki, seppure, pel momento, ha di mira il mantenimento dello statu quo, ed ammesso anche che non abbia aspirazioni di conquiste dirette per l'avvenire, ha in vista la costituzione di uno stato autonomo albanese. Né a ciò avrebbe la Grecia ragionevole motivo di opporsi, se l'azione italiana non fosse diretta a comprendere in questo futuro Stato anche l 'Epiro, regione, a quanto egli afferma, completamente greca.

La Grecia non vede con sospetto né l'estendersi dell'insegnamento della lingua italiana, che riconosce essere il principale mezzo di comunicazione in questa parte del Mediterraneo, né l'aumento del commercio e dell'industria italiana, a cui, anzi, il signor Theotoki ritiene sia aperto un vasto campo nello stesso regno di Grecia. Essa constata solo con dolore che, contrariamente ai principi stessi che hanno presieduto alla sua unità, l'Italia contrasti alla Grecia quello sviluppo nazionale, a cui questa crede di aver diritto.

Nel corso di tale conversazione, che non ebbe carattere per nulla ufficiale, ma puramente confidenziale ed amichevole, il signor Theotoki, ch'è di Corfù, accennò all'azione che dal titolare di quel r. consolato generale viene esercitata in Epiro, azione, però, di cui dichiarò di non lamentarsi per nulla, e della quale, malgrado la mia insistenza, non poté darmi, non dico nessuna prova, ma neppure alcun indizio positivo.

Egli poi, e ciò ritengo sia di speciale interesse, accennando, pur senza nominarla, ali' Austria, si espresse in questi termini. Da quella parte noi non abbiamo nulla a temere: abbiamo avuto dichiarazioni ed impegni pienamente rassicuranti .

Non starò a ripetere all'E.V. le obbiezioni e le risposte da me date al signor Theotoki. Sostenni che l'azione italiana, dove essa esiste, è contenuta in limiti ben modesti ed ha in vista semplicemente il mantenimento dello statu quo territoriale e l'incremento del commercio e dell'industria. Aggiunsi che la Grecia non poteva dubitare dei sentimenti amichevoli dell'Italia e del R. Governo.

Senza annettere soverchia importanza a quanto mi è stato detto e che più sopra riferisco, non posso fare a meno di notare che un tale discorso, in bocca di un presidente del Consiglio, che parla con un diplomatico estero, è sintomatico.

Per quel che riguarda il r. console generale a Corfù, ritengo mio dovere di osservare, che, per quanto mi consta, l'opera sua è assolutamente corretta e degna di encomio. Osservo che Corfù, come lo stesso signor Theotoki ebbe a riconoscere, è un osservatorio di primo ordine per quel che riguarda I'Epiro.

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 940. Roma, 24 maggio 1904, ore 11,50.

Dichiarazioni fatte a V. E. dal signor Suzzara che negoziati con l 'Italia non potranno essere intavolati che verso la fine di giugno mi ha recato rammarico e sorpresa. Nel protocollo accordo provvisorio i due Governi si sono impegnati a fare il possibile perché il negoziato fosse ripreso ai primi di maggio e perché ai primi di luglio Parlamento italiano suole prorogarsi fino novembre e perché scadendo accordo provvisorio ai primi di ottobre mancherebbe, tardando, il tempo per concludere utilmente. Faccio assegnamento sulla premura ed energia di V.E. perché voglia far presenti tali gravi considerazioni al conte Goluchowski insistendo per la immediata ripresa del negoziato. La dichiarazione del signor Suzzara mi è giunta del tutto inaspettata anche perché il conte Ltitzow negli ultimi colloqui con me mi aveva mostrato molta premura per riprendere negoziato. Ho fiducia che il conte Goluchowski si adopererà efficacemente perché non avvenga ritardo che sarebbe contrario protocollo firmato dalle due parti. Attendo risposta telegrafica 1•

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 24 maggio 1904, ore 13,40.

Convengo pienamente con V.E. che non ci convenga per sentimento di dignità insistere in spiegazioni presso codesto Governo 1• Però a lei devo dire che mie dichiarazioni ripetute calorose ed esplicite a favore della Triplice Alleanza che V.E. troverà

425 1 Risponde al n. 418.

nel testo del discorso da me inviatole meritavano migliore accoglienza da parte del conte di Blilow. Il complimento circa l'abilità del mio discorso rivolto a V. E. da parte del conte di Btilow non può piacermi e devo considerarlo come ironico visto che io non avevo cercato né preteso di esser abile ma sopratutto ho procurato e credo di essere stato chiaro e sincero. E poiché a me sembra di aver detto quanto si poteva per dimostrare la saldezza della nostra fede nell'alleanza e che di ciò il conte di Biilow non sembra voglia tener conto devo sospettare che abbia qualche fondamento la voce che trova credito in alcuni circoli politici e cioè che la Germania cominci a considerare più come un imbarazzo che come un vantaggio I' alleanza con I 'Italia e che cerchi con tutti i modi di persuadere la Russia a tornare aii'alleanza dei tre imperatori. Noi per parte nostra continueremo a dimostrare coi fatti la nostra fedeltà aii'alleanza e certamente non daremo pretesto alcuno alla Germania per dire che siamo noi che vogliamo distaccarcene, però raccomando all'E.V. di esercitare la più accorta e continua vigilanza per conoscere quali sono le vere intenzioni di codesto Governo e tenermene informato.

424 1 Cfr. n. 426.

426

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1260/113. Vienna, 25 maggio 1904, ore 8,10.

Ho esposto oggi al signor de Mérey considerazioni svolte nel telegramma di

V.E. n. 9401 , insistendo vivacemente per ripresa negoziati commerciali. De Mérey mi disse che non avrebbe mancato riferirne per telegrafo al conte Goluchowski a Budapest. Ha osservato, però, come sua personale opinione, che ripresa negoziati commerciali non sembravagli ora possibile, non avendo Governo imperiale e reale esaminato ancora domande R. Governo, cui scambio con queiie austro-ungariche non avrebbe potuto effettuarsi che domani. Tale esame avrebbe richiesto quindici giorni, almeno, ciò che avrebbe obbligato ritardare negoziati commerciali fino alla metà o fine di giugno; loro ripresa era poi resa difficile anche dal doversi iniziare tra giorni negoziati commerciali con la Germania che faceva vive premure in proposito e le cui domande, presentate da più tempo, erano state già esaminate. D'altra parte Governo imperiale e reale era interessato anzi tutto colla Germania ad intavolare negoziati commerciali perché costituivano la base di quelli da intavolarsi con altre Potenze, ed erano poi in relazione con negoziati commerciali con l'Italia. Riconosceva tuttavia valore di iniziare al più presto possibile questi negoziati, ma per motivi suddetti, dubitava che ciò potesse avvenire prima metà o fine giugno, tanto più che negoziatori austro-ungarici coli 'Italia erano queiii stessi che si sarebbero recati ora a Berlino. Ciò nondimeno, avrebbe interessato conte Goluchowski nel senso desiderato da V.E.

426 1 Cfr. n. 424.

427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE .. ./98. Berlino, 25 maggio 1904, ore 17 (perv. ore 19).

Se V.E. mi accorda autorizzazione che le ho domandata col mio rapporto del 23 corrente n. 256 1 , risponderò a voce al telegramma dell'E.V. direttomi jeri2• E, se ella lo desidera, mi recherò da qui direttamente a Roma prima andare a Torino. Intanto però tengo ad assicurarla, e lo faccio in tutta coscienza, che nella attitudine del conte Btilow non havvi almeno per ora, alcun secondo fine. La Germania tiene alla alleanza colla Italia e nella saldezza dei patti esistenti. Essa ha interesse non minore che noi: è appunto il timore di vedere scemata efficacia vincoli che preoccupa *Biilow. Io mi studiai di precisare nelle mie comunicazioni a V.E. l'impressione prodotta in questo Governo e nell'opinione pubblica germanica dalle eccezionali accoglienze fatte all'ospite francese dalle manifestazioni francofile di tutta l'Italia. Quell'impressione fu profonda, e se le mie comunicazioni non la rendessero esattamente ella certo potrebbe in esse riscontrare forse una attenuazione, ma non una esagerazione. Sotto siffatta profonda impressione Btilow non sa difendersi dal timore che i nostri nuovi rapporti con la Francia, la proclamata fratellanza nostra colla avversaria della Germania non abbia ad avere, prima o dopo, una decisiva influenza su li'indirizzo della nostra politica internazionale. Il tempo* 3 porterà spero migliori consigli e le preoccupazioni di Btilow spariranno quando i fatti avranno corrisposto alle ripetute, calorose esplicite dichiarazioni di lei a favore Triplice Alleanza. Ora non è più il caso di discutere; il continuare in spiegazioni come ella stessa riconosce non sarebbe della nostra dignità. Anche qui del resto si è disposti a lasciare tempo al tempo. Per non intralciare svolgimento naturale degli avvenimenti so anzi che Btilow, seguendo il mio consiglio, ha ripetuto a Monts l'istruzione di astenersi da ogni recriminazione e di informare suo eventuale linguaggio alla più scrupolosa correttezza e moderazione.

2 Cfr. n. 425.

3 La parte del testo fra asterischi era stata omessa per errore e fu trasmessa da Lanza con successivo T ..../] 00 del 26 maggio.

427 1 Non pubblicato.

428

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 703/269. Vienna, 25 maggio 1904 (perv. il 29).

I giornali di Vienna continuano ad occuparsi della domanda di crediti straordinari fatta in seno alle Delegazioni dall'amministrazione della guerra. La Zeit pretende sapere che i nuovi armamenti furono determinati da ragioni diverse da quelle che furono esposte alla commissione del bilancio. Secondo questo giornale le diffidenze dell' Austria verso l 'Italia non sarebbero venute meno malgrado il convegno di Abbazia, specialmente rispetto alla politica balcanica de li'Italia il cui indirizzo sarebbe inconciliabile con gli interessi della Monarchia austro-ungarica. Sarebbe appunto in seguito a tali sospetti che il Governo comune avrebbe abbandonato il programma sin qui seguito del graduale armamento per adottare quello dell'armamento rapido e completo. La Reichspost dice che le nuove esigenze militari manifestano chiaramente l'intenzione di consolidare la difesa delle coste adriatiche la cui grande estensione si può ritenere tutt'altro che sufficientemente protetta dalle due basi di operazioni così distanti fra loro quali sono Pola e Cattaro e dalle poche fortificazioni di Ragusa e di Sebenico.

La Neue Freie Presse non arriva a spiegarsi questo repentino cambiamento di sistema nella domanda dei crediti militari ed arriva a concludere che il ministro comune della guerra esagera l 'urgenza dei provvedimenti proposti, poiché la situazione internazionale, come si è rilevato dalle dichiarazioni del conte Goluchowski, non è certo inquietante. Le sue domande non sono dunque giustificate a meno che non abbia ragioni speciali che non vuole comunicare alle Delegazioni.

A tutti questi commenti risponde un comunicato ufficioso comparso nel ?ester Lloyd del 21 corrente, del quale l'E.V. avrà probabilmente avuto notizia dal r. consolato generale in Budapest. È noto, dice il giornale citato, che il ministro della guerra ha dimostrato nel modo più categorico non esistere alcuna relazione tra i crediti domandati e la presente situazione politica, infatti né il conte Goluchowski né il conte Tisza hanno avuto occasione di parlare dei crediti nei loro discorsi. Se dopo ciò si prestasse fede ai romori che si fanno correre di non lontani pericoli di guerra e specialmente di possibili conflitti coll'Italia, si darebbe prova di cattiva volontà. Basterebbe por mente a quanto espose il ministro degli affari esteri italiano pochi giorni or sono per convincersi che la politica di status quo da lui proclamata per i Balcani è la stessa di quella propugnata dall' Austria-Ungheria. Circa il convegno di Abbazia entrambi i ministri ebbero ad esprimersi in analoghi termini di soddisfazione, né si saprebbe quindi comprendere in che e come si possa sospettare il loro disaccordo. Che cosa si chiede in più? In realtà esiste una piena armonia fra i due Governi come al tempo di Visconti-Venosta, allorquando fu constatato che gli interessi dell'Austria-Ungheria e quelli dell'Italia rispetto all'Albania erano assicurati nel miglior modo dalla conservazione dello status quo. Le relazioni personali fra i due uomini di Stato hanno quel carattere di mutua fiducia che risponde in modo adeguato a quelle dei due Stati alleati e i loro discorsi non permettono di accordare alcun credito alle fiabe messe in giro da certi giornali in questi ultimi tempi.

In un colloquio da me avuto in questi giorni col primo capo sezione del Ministero imperiale e reale degli affari esteri egli venne a parlarmi spontaneamente delle notizie divulgate dalla Zeit e mi informò che aveva creduto di segnalarle al conte Goluchowski chiedendogli se non gli sembrasse conveniente di farle smentire.

S.E. Goluchowski avendo annuito a tale proposta, egli mi fece conoscere che avrebbe fatto inserire una breve nota in proposito nel Fremdenblatt e nella Politische Correspondenz, che è comparsa infatti n eli' odierno numero del primo dei detti giornali.

Essa è del tenore seguente: «In una corrispondenza datata da Vienna e comparsa in uno degli ultimi numeri del Times, venne rilevata la notizia recata ultimamente da un giornale locale, ma rimasta però voce isolata, giusta la quale durante le presenti discussioni in seno alle Delegazioni sarebbe stato fatto un accenno ai nostri rapporti con l'Italia per motivare i crediti militari. Contro simile asserzione basti il constatare che in nessuna delle dichiarazioni fatte alle Delegazioni dai membri del Governo comune si può trovare un sol passo che possa giustificare quella supposizione».

429

IL GENERALE DE GIORGIS AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1267. Salonicco, 26 maggio 1904, ore 3,30 1.

Stante istruzioni tassative, situazione e notizie contraddittorie armamenti, intenzioni Austria-Ungheria, sembra necessario conoscere vero stato delle cose. Propongo incarico colonnello Signorile ricognizione Albania, Serbia, nel ritornare in ltalia2 . Prego rispondere telegraficamente.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA

D. RISERVATO 25900/34. Roma, 28 maggio 1904.

Col rapporto in data 19 maggio n. 291/1001 V.E., confermando il suo telegramma del 18 corrente n. 242 , mi ha fornito alcune notizie, di carattere confidenziale, raccolte costì da fonti autorevoli, circa il recente convegno di Nisch, fra i due sovrani di Serbia e di Bulgaria.

La S.V. mi riferisce, altresì, che codesto ministro degli esteri ebbe a dichiararle di aver appreso con sentimenti di gratitudine le parole di soddisfazione da me rivolte al riguardo, recentemente, a questo rappresentante diplomatico di Serbia per l'avvenuto riavvicinamento serbo-bulgaro.

Da ultimo la S.V. ha accennato alla possibilità che siansi già concordate fra la Serbia e la Bulgaria le basi di un accordo di natura politica; accordo, circa il quale si manterrebbe costì il più scrupoloso segreto, per ovvie considerazioni di convenienza di fronte ali' Austria.

La ringrazio in particolar modo pei ragguagli forni timi neli 'interessante suo rapporto.

Mentre la prego di continuare ad indagare riservatamente ed a riferirmi in proposito, le confermo il nostro compiacimento per le migliorate relazioni politiche fra i due Stati balcanici.

Il Governo del re potrà, poi, a maggior ragione, compiacersi delle determinazioni prese nel convegno di Nisch, qualora risultassero esatte le informazioni confidenziali fornitele da codesto agente bulgaro, ed in parte confermate alla S.V. dal signor Pasié, circa l'atteggiamento della Serbia e della Bulgaria, relativamente all'assetto eventuale della Macedonia (specie dal punto di vista delle aspirazioni nazionali dei due Stati), nonché in ordine all'opera delle riforme, già in corso di attuazione in quelle contrade.

429 1 Trasmesso tramite il consolato di Salonicco. 2 li colonnello Signorile aveva rinunciato alla carica di aggiunto alla commissione internazionale per la gendarmeria macedone. Al suo posto era stato destinato il tenente colonnello Albera. 430 1 Cfr. n. 414. 2 Cfr. n. 414, nota l.

431

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

L. PARTICOLARE CONFIDENZIALE. Parigi, 28 maggio 1904.

Il marchese Pallavicina mi rimise il piego da lei affidatogli. I documenti in esso contenuti mi permisero di farmi un concetto preciso di cose sulle quali i discorsi fattimi alla Consulta mi aveano lasciato molti dubbi. Ed il primo era che io non fossi riuscito ad afferrare il progetto che formava argomento dell'iniziato scambio di idee con Londra. Ora so che non ho capito per la sola ragione che il progetto è ancora in uno stato di nebulosità che lo rende inconcepibile a chicchessia. Noi aspiriamo a passare sul corpo dell'Etiopia, non all'Est perché vi sta la Francia, ma all'Ovest, cioè verso la regione niliaca. Ma dove mai passerà l'Inghilterra che nella zona bassa soggetta alle enormi inondazioni per gli annuali dislivelli delle acque, ormai sa di non potere stabilire la via di comunicazione Egitto-Capo? L'Inghilterra, se non dismette completamente il progetto di tale linea (e perché Io dismetterebbe?), ha bisogno di passare essa stessa sull'altipiano etiopico. Sappiamo noi la parte che essa farebbe a se stessa nella eventualità della spartizione? Se Io sapessimo, potremmo vedere per dove a noi pure sarebbe possibile stabilire la congiunzione fra l 'Eritrea e la Somalia

od in Benadir. Poi viene in linea la questione se l 'esecuzione di tali progetti sia compatibile con l'interesse francese rappresentato dalla linea di penetrazione GibutiAddis Abeba e oltre verso il Caffa. lo capisco gli affari al modo antico; ma mi pare che le questioni territoriali non dovrebbero trattarsi altrimenti che con dei sicuri e ben prestabiliti capisaldi. Ora, dopo l'ispezione delle carte da lei favoritemi ho acquistato la certezza che nulla è stato fatto in questo senso.

La scrittura singolare che porta firme italiane ed inglesi e che a Roma pare sia considerato come una convenzione ed a Londra come un semplice appunto di colloqui, riesce, come tutto il resto, assai poco concludente dopo il memoriale (altro semplice appunto di colloquio fra lei e lord Lansdowne) inglese del 20 aprile.

La sola cosa sostanziale che risulta da quest'ultimo documento è che lord Lansdowne mette tutto in fascio ciò che, nelle conversazioni di Roma, riguarda direttamente od indirettamente la Francia e ci fa sapere formalmente di non essere disposto a trattare con noi «behind the back ofthe French Govemment».

Poi secondo il metodo inglese, senza aspettare di sapere se la cosa ci convenisse, il marchese di Lansdowne ha parlato con Cambon etc.

Ora a me era stato detto dal nostro ministro degli affari esteri che egli stimava opportuno di intendersi prima con Londra e di parlare a Parigi soltanto quando un'intelligenza fosse stabilita con l'Inghilterra. Anche a me pareva che, atteso lo stato embrionale di un'intesa nella quale neppure le linee ideali del riparto territoriale erano stabilite, convenisse procedere gradatamente e cioè prima intendersi con Londra e poscia ricercare l'accordo formale con Parigi.

Se non conoscessi gl'inglesi, sarei incline a supporre in lord Lansdowne il partito preso di mandare tutto al diavolo con l'aggiunta di nous déservir con la Francia. Comunque di tutto ciò sia, ora resta, in linea di fatto, che Lansdowne ha parlato con Cambon che Cambon ha parlato a lei e probabilmente avrà parlato a Delcassé. All'ambasciata inglese a Parigi si aspettano ad una trattativa con la Francia insieme all'Italia relativamente all'Abissinia.

Partendo da Roma io ero rimasto con il nostro ministro nella intelligenza precisa di non fare cenno di questa faccenda a Delcassé finché le pratiche con l'Inghilterra non fossero giunte ad un sufficiente grado di sviluppo. Finora non ho avuto altre istruzioni. Tuttavia, nella mia visita di mercoledì 25 al signor Delcassé, ho prima domandato se Mr. Paul Cambon era a Parigi, ed avutane risposta affermativa, portai di botto il colloquio sovra la discussione fatta alla Camera italiana sulla questione della nostra posizione nell'Africa orientale a fianco dell'Inghilterra ecc. Era nel mio proposito di provocare una sortita qualsiasi di Delcassé sovra la faccenda abissina di cui Cambon lo aveva, secondo ogni probabilità, intrattenuto; invece Delcassé mi ha lasciato dire ed è rimasto muto come un pesce.

Le mando questa indicazione per quello che vale. Ma a me sembra che valga almeno quanto basta per dedurre o che Delcassé, informato da Londra e non da noi, delle nostre aspirazioni, sarà stato molto male impressionato a nostro riguardo, o che egli avrà nessuna disposizione ad entrare in trattative per l 'avvenire dell'Abissinia né con l'Inghilterra, né con l'Italia, ciò che in sostanza sarebbe ben naturale.

Tempo addietro, io mi ero permesso di suggerire al ministro di far dire qui semplicemente, ma in modo fermo, che noi consideravamo la concessione che il negus facesse ad una Compagnia ferroviaria del monopolio di costruzione o di esercizio di tutta la rete etiopica, come contraria ai nostri interessi e che conseguentemente avremmo agito presso il Menelik in senso assolutamente contrario ad una tale concessione. Mi fu risposto allora che erano in corso altre cose più importanti e che non conveniva dare corso alla mia suggestione.

Ed ora ella ne sa quanto ne so io di questo affare che mi pare entrato in una fase nella quale sarà più facile che s'ingarbugli che non si abbia a sviluppare con vantaggio nostro.

Le rimando le carte ed insieme anche la minuta del suo rapporto 19 maggio 610/228 al Ministero2 . Affido il pacco al signor Bunsen, che si reca domani a Londra. Cambon non si fece vivo nei passati giorni ed a me non conviene troppo di andarlo a ricercare.

431 1 La lettera è edita nel! 'articolo di E. SERRA, Giuseppe Tornielli Brusati di Vergaro, in Storia e Politica, I 963, pp. 357-359.

432

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1303/51. Parigi, 30 maggio 1904, ore 12,55 (perv. ore 15,40).

Agenzia Havas ha da Roma 28 corrente avere V.E. dichiarato in Senato che il caso di vacanza del trono di Abissinia è stato oggetto di accordo speciale fra l'Italia, la Francia e l'Inghilterra. Non conoscendo io l'esistenza di tale accordo, segnalo ali 'E. V., ad ogni buon fine, telegramma della Agenzia Ha vas 1 .

433

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. PERSONALE S.N. Roma, 30 maggio 1904, ore 15.

Per quanto forse possa apparire superfluo prego V.E. di voler richiamare alla prima occasione l'attenzione del marchese di Lansdowne sul fatto che, nel mio ultimo discorso alla Camera dei deputati pur dichiarando il nostro accordo con l'Austria in ordine questione balcanica, volli marcatamente ricordare in pari tempo l'accordo con l'Inghilterra e colla Francia. Voglia adesso ripetergli in mio nome che particolarmente l'accordo coll'Inghilterra con la quale abbiamo avuto occasione di constatare identità di vedute e d'intenti rimane la base della mia politica e che io desidero che i due Gabinetti continuino a mantenersi al proposito in scambio costante di comunicazioni.

432 1 Per la risposta di Tittoni cfr. n. 434.

431 2 Cfr. n. 413.

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 986. Roma, 30 maggio 1904, ore 22.

Notizia Agenzia Havas mi 1 reca meraviglia. Al Senato io dichiarai che buoni rapporti esistenti tra Italia, Inghilterra e Francia escludono possibilità di qualsiasi dissenso tra loro circa Abissinia e non altro. Ciò risulta da resoconto ufficiale. Prego

V.E. far pubblicare subito rettifica2 .

435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO

T. 990. Roma, 31 maggio 1904, ore 5.

Messi abissini vengono costà mandati da Menelik per ottenere da sultano iradé riconoscente diritti Etiopia su monastero Der el Sultan a Gerusalemme. Due abissini sono stati al Cairo perorare loro causa presso Patriarcato copto, aiutati da r. agenzia. Assemblea dignitari copti esaminata questione si è dichiarata contraria abissini, ammettendo soluzione consistente nel riconoscimento agli abissini del diritto di visita del convento ricorrendo all'espediente delle due chiavi. R. Governo si è molto interessato questione in base studi fatti da r. consolato Gerusalemme a codesta ambasciata ben noti, ma ha dovuto conchiudere che, allo stato delle cose, non si possa ottenere più che il mantenimento dello statu quo con l'espediente delle due chiavi. Nondimeno, poiché i due abissini vogliono costì ritentare la prova, non solo la autorizzo ad appoggiarli presso la Sublime Porta, ma desidero che fin da ora e senza neppure aspettare la loro azione, la S.V. faccia conoscere a codesto ministro degli affari esteri tutto l'interesse che noi portiamo ad una favorevole soluzione e gli faccia in pari tempo comprendere che se la questione dovrà avere una favorevole soluzione desideriamo che ciò accada col nostro intervento, come, del resto, ce ne dà diritto lo stesso iradé del sultano che riconosce ali 'Italia la facoltà di provvedere alla tutela delle ragioni degli etiopi in Palestina. A lei poi soggiungo confidenzialmente che se per una parte a noi preme di contentare gli abissini, ancora più e soprattutto ci preme che essi non possano ottenere senza di noi ciò che per mezzo nostro non poterono.

2 Con T. 987, pari data, non pubblicato, la stessa comunicazione fu fatta a Pansa con l'incarico di smentire la notizia se fosse stata pubblicata dai giornali inglesi. Lo stesso giorno Tittoni fece smentire dalla Stefani la notizia della Havas.

434 1 Cfr. n. 432.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 988. Roma, 31 maggio 1904, ore 15,15.

Agenzia Havas annunciò avere io dichiarato Senato che il caso vacanza trono Etiopia era stato oggetto di accordo speciale fra Italia, Francia e Inghilterra1• Notizia è fantastica, avendo io solamente dichiarato al Senato, come risulta da resoconto ufficiale, che buoni rapporti esistenti fra Italia, Inghilterra e Francia escludono possibilità qualsiasi dissenso tra loro circa Abissinia. Ho pregato r. ambasciatore Parigi far pubblicare rettifica, ma intanto ne informo V.E. pel caso sia necessario parlame con Menelik.

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 994. Roma, 31 maggio 1904, ore 20.

(Per Londra) Ho ricevuto rapporti 18, 19 maggio nn. 227,2281•

(Per Parigi) Ho ricevuto rapporto 21 maggio n. 6172 .

(Per tutti e due) Governo francese ha grande interesse risolvere questione ferrovia Harrar-Adis Abeba. A questo proposito, Lagarde ed Harrington hanno domandato a Ciccodicola quali siano nostre intenzioni, e in quale misura noi intenderemmo concorrere alla spesa per prosecuzione ferrovia. A noi conviene che questione ferroviaria sia trattata insieme con quella relativa ad un accordo generale sulle cose di Etiopia. Desideriamo a !l'uopo attendere arrivo Ciccodicola che lascerà Gibuti il 18 giugno p.v.

Intanto ritengo necessario concretare nostra intesa con Inghilterra sulla base del recente scambio di comunicazioni (per Londra) tra V.E. ed il marchese di Lansdowne (per Parigi) tra r. ambasciatore Londra ed il marchese di Lansdowne; (per tutti e due) ritengo ciò possa farsi molto opportunamente, non contenendosi nella intesa nulla di ostile per la Francia, e dandoci maggior forza nel trattare poi con la Francia su basi già prestabilite.

(Per Londra) Mi riservo pertanto di inviare venerdì per corriere lo schema d'accordo che vorremmo fosse firmato prima di aprire le trattative con la Francia.

2 Cfr. n. 421.

436 1 Cfr. n. 434.

437 1 Cfr. nn. 410 e 413.

438

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 505/212. Costantinopoli, 31 maggio 1904 (perv. il 9 giugno).

Il generale De Giorgis mi ha scritto di avere informato l'E.V. della proposta fattagli dall'agente austriaco, signor von Miiller, circa la costituzione di una commissione formata dai due agenti civili e dal generale stesso sotto la presidenza di Hilmi Pascià, nella quale sarebbe avvenuto un periodico scambio di notizie in ordine alle riforme, compresa la riorganizzazione della gendarmeria. Il generale De Giorgis declinò senz'altro la proposta, appoggiandosi ad opportune considerazioni d'ordine generale e speciale. Il signor Mi.iller avendo allora propugnato il concetto di tenere delle riunioni periodiche nelle quali vi sarebbe stato scambio di idee circa le riforme, compresa la parte non tecnica della riorganizzazione della gendarmeria, il generale De Giorgis rispose che ciò avrebbe dovuto formare argomento di decisione fra i Governi interessati e che ad ogni modo la riorganizzazione della gendarmeria è questione essenzialmente tecnica.

Nell'informarmi di quanto precede, il generale mi dichiarava di ritenere la proposta austriaca come inopportuna e dannosa alla riorganizzazione della gendarmeria.

All'E.V. non sarà però sfuggito come la proposta del signor Mi.iller costituisca un tentativo di invadere quella sfera di azione riservata per decisione delle Potenze alla competenza esclusiva del generale italiano. Essa è inoltre contraria alle decisioni di Mi.irzsteg. E poiché, come sempre più chiaramente apparisce, la riorganizzazione della gendarmeria sembra la sola fra le riforme in Macedonia destinata ad avere qualche pratico risultato, la proposta dell'agente civile austro-ungarico avrebbe avuto per risultato di annullare in gran parte i considerevoli vantaggi morali che all'influenza italiana debbono derivare dal fatto che quella speciale impresa si trova affidata alla direzione di un generale italiano.

Mi proponevo di telegrafarne a V.E. per segnalar le l'opportunità di provvedere e per chiederle d'impartirmi istruzioni a norma del mio linguaggio coi rappresentanti austro-ungarico e russo. Considerando però che la comunicazione del generale De Giorgis doveva nel tempo istesso essere pervenuta all'E.V., stimai conveniente di discorrerne prima, in via personale, con gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra allo scopo di fornire maggiori ragguagli in proposito a V.E. Ma dalle conversazioni che ebbi con quei capi missione potei tosto rilevare che, per l'ostilità con cui essi avevano accolto la proposta del signor Mi.iller, si poteva questa volta evitare alla r. ambasciata un'azione diretta che gli interessati avrebbero considerata assai sfavorevole e sarebbe pertanto stata di non facile esecuzione e non priva di inconvenienti.

Tanto sir Nicholas O'Conor quanto il signor Constans avevano avuto notizia della proposta commissione non già dai loro colleghi d'Austria-Ungheria e di Russia, ma dai loro aggiunti militari in Macedonia. Toccando di questo argomento premisi che ne parlavo in via personale, che non avevo istruzioni del mio Governo e chiesi all'uno ed all'altro ambasciatore quale impressione avessero riportato dalla proposta del signor von Mi.iller, che, aggiunsi incidentalmente, avrebbe per effetto di collocare i loro rispettivi ufficiali in Macedonia alla dipendenza degli agenti civili.

Il signor Constans mi fece conoscere che egli condivideva ed approvava interamente l'avviso del generale De Giorgis; che il progetto avanzato costituiva una modificazione delle decisioni di Miirzsteg quali furono accettate dalle Potenze; queste avevano d'accordo convenuto che un generale presiedesse alla riorganizzazione della gendarmeria con propria responsabilità; ora questa responsabilità si voleva dividere con gli agenti civili e ciò avrebbe prodotto danno e confusione. Il signor Constans conclude dichiarando che avrebbe senz'altro rifiutato, per quanto concerne lui e gli ufficiali francesi, la proposta austriaca. D'altronde, soggiunse, il generale De Giorgis non avrebbe mai accettato «cette espèce de tutelle».

In una seconda conversazione il signor Constans mi disse che l'ambasciatore di Russia gli aveva discorso dell'argomento e che egli aveva senz'altro espresso il suo modo di vedere e le sue eventuali intenzioni.

L'ambasciatore britannico considerava anch'esso come del tutto inopportuno il progetto von Miiller e non mi nascose di disapprovarlo interamente: era sua intenzione di accordarsi al riguardo con il suo collega di Francia. E successivamente, dopo averne discorso non so se col suo collega di Austria o di Russia, il signor O'Conor mi fece conoscere che il progetto stesso poteva ritenersi come naufragato.

In tale occasione sir Nicholas O'Conor mi disse che, in via del tutto amichevole, si permetteva farmi notare come in divergenze di siffatto genere convenisse che l'ambasciata d 'Italia mantenesse uno speciale riserbo di fronte ali' ambasciata d'Austria per non creare diffidenze; e con ciò intendeva fare discreta allusione alle fasi che precedettero l'inizio delle riforme e l'assegnazione del vilaiet di Monastir all'Italia, ed alla nostra situazione particolare derivante dal fatto che il generale incaricato della riorganizzazione della gendarmeria è un italiano.

L'E.V. è meglio di me in grado di giudicare della bontà del consiglio espresso in via personale ed amichevole da sir N. O'Conor. Io, ad ogni modo, ho creduto opportuno astenermi dall'eseguire presso i colleghi d'Austria-Ungheria e Russia qualsiasi pratica per oppormi alla proposta von Miiller, pensando pure che, qualora fosse diversa l'intenzione di VE., me ne avrebbe dato ordine telegrafico, appena ricevuta la comunicazione da Salonicco del generale De Giorgis.

E d'altra parte, grazie all'opportuno rifiuto del generale De Giorgis ed all'attitudine degli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, si otteneva il risultato desiderato senza l'intervento diretto del R. Governo e della r. ambasciata, intervento che in avvenire potrebbe forse, per altre circostanze, rendersi necessario.

439

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 101/283. Vienna, 31 maggio 1904 (perv. il 5 giugno).

Siccome l'E.V. ne sarà stata informata dal r. consolato generale in Budapest, la Delegazione austriaca e successivamente quella ungherese hanno votato il bilancio del Ministero degli affari esteri manifestando entrambe la loro soddisfazione e fiducia per la politica estera del Governo.

Nella seduta plenaria della Delegazione austriaca vennero particolarmente notati i discorsi che dopo la relazione del marchese di Bacquehem furono tenuti dai delegati Zaffron, Baernreither e Kramarz. Il primo di essi rilevò l'importanza della nazionalità croata nella politica balcanica dell'Austria. I croati, a suo dire, sarebbero destinati ad essere gli intermediari della civiltà europea presso i popoli balcanici allorquando tosto

o tardi Macedonia e Albania reclameranno l'indipendenza. Ma non è in ciò solo che la loro utilità per la Monarchia potrebbe manifestarsi, ma bensì ancora nell'essere l'unico elemento di difesa dell'Adriatico e fortissimo ostacolo alle aspirazioni dell'Italia per il predominio su questo mare. Il Baernreither nell'esprimer la propria fiducia nel Governo si compiacque delle dichiarazioni fatte in proposito dal conte Goluchowski. Il Kramarz volle dimostrare che, se l'Austria non sa accaparrarsi le simpatie dei popoli balcanici, ogni suo tentativo in quelle regioni sarà vano, visto che la presente situazione non comporta il potervisi imporre con la forza, e tanto più che ora la politica balcanica dell'Italia mette la Monarchia di fronte a gravi pericoli. L'Italia cerca di guadagnarsi gli slavi meridionali in favore dei suoi piani che l'Austria stessa s'incarica di assecondare con la sua politica anti-slava. Se invece gli slavi dei Balcani vedessero che l'Austria sa adempiere alla sua missione storica di protettrice di tutte le nazionalità, si dileguerebbe in loro l'istintivo terrore dell'influenza germanizzatrice.

Ma una ben maggior attenzione attrassero la relazione del dottor Falk ed il discorso del conte Tisza in seno alla Delegazione ungherese. Il delegato Falk, re latore del bilancio degli affari esteri, espresse la propria soddisfazione nel constatare come sia esclusa la possibilità che i rapporti intimi con l 'Italia possano essere turbati dalle voci diffuse da agitatori circa pretesi fini speciali della politica balcanica dell'Austria. Elogiò l'energia del Governo italiano nella repressione di queste agitazioni; se esistevano ancora dei dubbi il convegno di Abbazia li disperse. Le recenti dichiarazioni di Tittoni definirono in modo confortante le relazioni amichevoli esistenti fra i due Stati offrendo in pari tempo la garanzia che l'Austria e la Russia possano contare sul serio appoggio dell'Italia nell'azione da esse intrapresa in Oriente. La relazione del dottor Falk constata infine l'inalterata vitalità della Triplice e la continuazione dell'intesa austro-russa. Il discorso del conte Tisza prese le mosse da un'interpellanza con la quale il delegato Rakowsky gli chiedeva se l'Austria-Ungheria avesse l'intenzione di intervenire colle armi in Macedonia, per tracciare il programma della politica orientale della Monarchia. Il presidente del Consiglio incominciò dal dimostrare la necessità di mantenere all'Austria-Ungheria la posizione di grande Potenza e parlando quindi dell'importanza e dei fini della Triplice dichiarò esser merito di questa alleanza se molte questioni che racchiudevano il germe di conflitti furono regolati pacificamente. Trattando poi direttamente del problema balcanico, si richiamò alle dichiarazioni fatte dal conte Goluchowski, il quale affermò come il Governo non faccia una politica ostile alla Turchia. Coloro che sostengono il contrario favoriscono i nemici della Monarchia che hanno provocato in alcuni circoli italiani e turchi la falsa credenza che l'Austria-Ungheria segua ne' Balcani una politica di conquista. Il principio della politica balcanica della Monarchia sta invece nel mantenimento dello statu quo e nella simpatia verso i popoli balcanici, in vista di migliorare le condizioni di questi ultimi e di dar loro modo di progredire, ma con mezzi pacifici, pur restando sotto il Governo ottomano. Questo è pure lo scopo della «intesa cordiale» con la Russia. Nessuno dei due Stati vuole avere un'influenza predominante né Balcani, ma neppure tollererebbero che vi fosse esercitata da altri.

Alcuni giornali viennesi commentano l'importante discorso di Tisza. Il Fremdenblatt vi ritrova i grandi principi della politica estera austro-ungarica e cioè il mantenimento della pace e lo sviluppo pacifico delle questioni balcaniche principi che ormai sono entrati nello spirito pubblico in Austria e in Ungheria in modo così stabile e diffuso che chiunque cerca popolarità ha bisogno di ricorrere ad essi e fame proclamazione. La Neue Freie Presse è convinta che le dichiarazioni del conte Tisza produrranno profonda impressione non solo in Turchia e negli Stati balcanici, ma anche in alcuni circoli italiani. Esse sono, secondo il giornale suddetto, una nuova prova della politica disinteressata d eli' Austria-Ungheria nei Balcani e so n destinate ad eludere le differenze in mala fede e le insinuazioni dei suoi nemici. La Zeit combatte il discorso del conte Tisza e trova che le spese sostenute dalla Monarchia non sono in proporzione colla posizione internazionale ch'essa vuoi sostenere, ma è voce quasi isolata, l'opinione della stampa più accreditata essendo invece favorevole alle dichiarazioni del presidente del Consiglio ungherese, nelle quali si riconosce una rimarchevole rispondenza con quelle fatte dal conte Goluchowski e sopra tutto con l'opinione pubblica delle due parti della Monarchia.

440

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1318/60. Londra, 1° giugno 1904, ore 10,35 (perv. ore 6 del 2).

Ho parlato al marchese Lansdowne nel senso del telegramma di V. E. n. 8681 , circa progettato accordo per la Etiopia. Sua Signoria si mostrò disposta a prendere in pronto esame il nuovo testo, di cui V.E. ha annunciato invio. Egli fece, però, abbiezione all'idea di addivenire nelle attuali circostanze alla firma definitiva a due di quell'accordo dopo che se ne è già parlato col Governo francese, rilevando che, qualora la successiva adesione di quest'ultimo rendesse necessario un qualunque emendamento, fosse pure soltanto di forma, riescirebbe spiacevole il dover modificare un atto già firmato. In seguito, però, alle osservazioni da me sottopostegli, marchese Lansdowne mi si mostrò disposto a stabilire anzitutto con noi il testo delle disposizioni sulle quali si cadesse tra noi d'accordo per poi presentarlo in quella forma concreta a Parigi. Avendo io suggerito che in tal caso quel testo potrebbe almeno essere da noi preventivamente parafato, Sua Signoria non mi vi si mostrò contrario, insistendo egli soltanto sulla convenienza che non sia esclusa possibilità di una qualche eventuale modificazione che si rendesse necessaria, prima che l'atto sia sottoscritto in forma rigida definitiva.

440 1 Sic, ma è il n. 437.

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. SEGRETO 26725/231. Roma, 1° giugno 1904.

Le confermo il mio telegramma del 31 maggio1 . Restituisco ali 'V. E. il memorandum comunicatomi col rapporto del 25 aprile

u.s. n. 1882 per il caso che costà non se ne sia tenuto copia, e le invio lo schema dell'accordo che, salvo lievi modificazioni di forma, risponde alle formule proposte da lord Lansdowne.

L'art. l è accettato nella redazione desiderata.

Nell'art. 2 è stato soppresso l'accenno alla colonia francese di Gibuti.

L'art. 3 è immutato.

Quanto all'art. 4, osservo che, trattandosi di questione particolare nella quale non si è ancora d'accordo su punti sostanziali, e per di più non riguardando essa la Francia, sembra opportuno tralasciarne ogni menzione in una convenzione di ordine generale, riservandoci di trattarla separatamente con uno scambio di note, e ciò anche perché la discussione su questo punto non ritardi la firma dell'accordo.

L'art. 5 che diventa 4 non è stato modificato che lievemente nella forma allo scopo di ottenere una maggiore chiarezza.

L'art. 6, che diventa 5, è stato sostanzialmente mantenuto nella prima parte, ma nella forma delle primitive proposte dei delegati, per esprimere una più chiara determinazione dei rispettivi interessi dei due Governi. A questo proposito, confermo la interpretazione da lei data al marchese di Lansdowne (rapporto 20 aprile u.s. n. 181)3 circa il vero significato della formula relativa alle comunicazioni tra l'Eritrea e la Somalia.

Fu soppresso il secondo capoverso secondo il desiderio manifestato da lord Lansdowne, dovendosi l'accordo comunicare alla Francia.

Però in quell'articolo è contenuta l'unica garanzia che abbia l'Italia, e che dia efficacia all'accordo con l'Inghilterra in caso di disgregazione dell'Etiopia. Quindi, se ali'accordo accede la Francia, è evidente che in esso l 'Italia troverà altre e diverse guarantige, ma ove l'accordo a tre, per una ragione qualsiasi, non avvenga, è evidente che quel capoverso dovrà essere ristabilito. E però desidero che su questo punto l'E.V. abbia dal marchese di Lansdowne le più formali assicurazioni.

L'art. 6 è aggiunto al duplice fine di mantenere segreto l 'accordo verso ogni altra Potenza e di dar modo di comunicarlo alla Francia per la desiderabile adesione di quest'ultima.

L'E.V. è autorizzata a firmare l'accordo così come le viene trasmesso. Nel caso si propongano variazioni, desidero esserne subito telegraficamente informato. Quando l'accordo sia firmato, si converrà con codesto Governo sul modo più opportuno di ottenere ad esso la partecipazione della Francia.

2 Non pubblicato, ma cfr. n. 364.

3 Cfr. n. 350.

ALLEGATO

Essendo comune interesse dell'Italia e dell'Inghilterra di mantenere l'integrità dell'Impero etiopico, di stabilire una guarantigia reciproca per ogni possibile mutamento in Etiopia, anche in vista di una successione al trono, e di ottenere che l'azione dei due Stati per la tutela degli interessi nei possedimenti italiani e britannici prossimi all'Etiopia e nell'Etiopia stessa, si svolga in modo che non ne venga nocumento agli interessi di alcuna delle due Potenze, Italia e Inghilterra convengono nel seguente accordo:

l) Le due Potenze si obbligano a rendere l'un l'altro pienamente, informati i loro rappresentanti in Etiopia e a cooperare per la protezione dei propri rispettivi interessi. Nel caso che i rappresentanti italiano e britannico non possano intendersi, essi dovranno riferirne al proprio Governo, sospendendo intanto ogni azione.

2) Italia e Inghilterra si obbligano a cooperare per il mantenimento dello statu quo politico-territoriale in Etiopia quale risulta determinato dai seguenti accordi e dallo stato di fatto attualmente esistente:

a) Protocolli italo-britannici del24 marzo e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894, e accordi susseguenti che li hanno modificati;

b) Trattato italo-etiopico l O luglio 1900;

c) Trattato anglo-etiopico 15 maggio 1902;

d) Nota aggiunta al succitato trattato in data dell5 maggio 1902;

e) Accordo anglo-francese per I'Harrar del2-9 febbraio 1888;

f) Protocolli franco-italiani de124 gennaio 1900 e lO luglio 1901 per la delimitazione dei possedimenti dell'Italia e della Francia nella regione costiera del Mar Rosso e del Golfo di Aden.

3) Per quanto si riferisce alle domande di concessioni agricole, commerciali e industriali in Etiopia, le due Potenze si obbligano a che i loro rappresentanti agiscano in comune accordo in modo che le concessioni da farsi nell'interesse di uno dei due Stati non siano di danno agli interessi de Il' altro.

4) In caso di disputata successione al trono o di altri interni mutamenti in Etiopia i rappresentanti d'Italia e d'Inghilterra si manterranno in un contegno neutrale, astenendosi da qualsiasi intervento negli affari interni del Paese, e limitandosi alla azione che sia concordemente ritenuta necessaria per la protezione delle legazioni, delle vite degli stranieri e dei comuni interessi delle due Potenze.

Se uno dei due Governi ritenga preferibile un candidato alla successione, non potrà promuoverne la candidatura senza un previo accordo con l'altro Governo.

5) Se gli avvenimenti conducano a una disintegrazione dell'Impero etiopico i due Governi si obbligano a cooperare affinché una eventuale sistemazione dei territori avvenga in base agli accordi enumerati nell'art. 2 e con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per la salvaguardia degli interessi britannici e dell'Egitto nel bacino del N ilo e degli interessi italiani in Etiopia, per quanto riguarda l'Eritrea e la Somalia (compreso il Benadir) e specialmente nella zona intercedente tra questi possedimenti italiani, onde ottenere che tra di essi non vi sia soluzione di continuità.

6) Il presente accordo dovrà rimanere segreto; potrà solo esser comunicato alla Francia nell'intento di ottenere l'accesso di essa all'accordo stesso.

441 1 Cfr. n. 437.

442

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 414/258. Atene, 1° giugno 1904.

Faccio seguito al mio rapporto n. 342/247 del23 maggio u.s. 1 .

In un colloquio confidenziale da me avuto giorni sono con S.E. il signor Romanos, ministro degli affari esteri, credetti opportuno di richiamare la di lui attenzione sulle dichiarazioni fattemi dal signor Theotokis relativamente all'Albania.

Osservai innanzi tutto che, se da noi l'Epiro viene incluso nell'Albania, non doveva certo meravigliarsene il Governo ellenico, il quale tiene nei suoi uffici delle carte navali nelle quali la regione attigua alla Grecia è appunto designata sotto il nome generico di Albania.

Aggiunsi che, con mia dolorosa meraviglia, avevo notato una grande rassomiglianza fra le parole rivoltemi dal signor Theotokis e quanto pubblicano intorno all'Albania i giornali ateniesi, diversi dei quali appartengono al partito governativo.

Espressi la certezza che le parole del signor Theotokis erano andate al di là del suo pensiero e che il signor Romanos, di cui avevo sempre avuto occasione di costatare i sentimenti amichevoli ed equanimi, non avrebbe mancato di esercitare la sua influenza onde evitare spiacevoli incidenti.

Accennai, poi, alle allusioni fattemi dal presidente del Consiglio contro il comm. De Gubernatis ed espressi il timore che il signor Theotokis fosse influenzato dal prefetto di Corfù, probabilmente mal disposto verso il nostro console generale in seguito all'incidente Pizzolante, e da influenti elettori locali.

Il signor Romanos mi assicurò che nulla gli constava contro il comm. De Gubernatis e che egli avrebbe esercitato la sua azione in senso conciliativo. Questo colloquio si svolse nel modo il più amichevole e cordiale.

443

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO l 046/184. Salonicco, l o giugno 1904 (perv. il 6).

Come già ebbi a riferire coi miei precedenti rapporti, l'arrivo in Salonicco del generale De Giorgis e le sue visite d'ispezione a Monastir, Uskub, Drama e Serres unitamente agli ufficiali esteri di Francia, Italia, Austria, Russia, Inghilterra, destinati

ad attuare l'importante riforma della gendarmeria, hanno prodotto ovunque la più favorevole impressione, prova ne siano le festose accoglienze, che dappertutto si ebbe il generale De Giorgis in quelle sue ispezioni, e che segnalai a suo tempo a V.E.

In seguito a tale venuta del nostro generale, queste popolazioni, già tanto travagliate dalla insurrezione dello scorso anno, hanno ora sentito rinascere le più vive speranze d'un migliore avvenire, onde molto confidano nell'opera di lui, e degli ufficiali esteri sopra menzionati.

Di tutte le riforme intanto, oggetto del noto accordo di Mtirzsteg, la sola, che finora accenna ad avere un risultato favorevole, si è appunto la riorganizzazione della gendarmeria, che mercé l'elevata competenza del nostro generale e la fiducia ch'egli ha saputo inspirare alle autorità turche, dà buono affidamento di potere essere attuata con soddisfacente risultato, se, beninteso, il generale De Giorgis rimarrà qui fino alla fine della sua missione, e se, al medesimo non mancherà il largo appoggio del sultano, che attualmente non cessa di prodigargli con la più viva e sincera simpatia.

Nel riferire quanto precede, godo di potere aggiungere, che secondo i rapporti a me fin qui pervenuti e secondo quelli ricevuti altresì dai miei colleghi, un primo salutare effetto dell'arrivo in Macedonia del nostro generale e degli altri ufficiali esteri, è stato quello di vedere in breve migliorate sensibilmente le condizioni della pubblica sicurezza, il che non è davvero un risultato di poco conto, quando si consideri in che grave stato erano ridotte in questi ultimi tempi le condizioni della vita pubblica e privata in Macedonia, e soprattutto nell'interno, per cui è da augurare che tale miglioramento possa sempre più accentuarsi in avvenire, al che, sono certo, molto contribuiranno la presenza degli ufficiali esteri, e quella soprattutto del nostro generale sotto la cui alta direzione si va ora attuando l'importante riforma della gendarmeria 1•

r. ambasciata seguendo, in conformità delle vedute del R. Governo, un concetto più politico che tecnico, non condividesse in ogni questione il suo modo di vedere».

442 1 Cfr. n. 423.

443 1 Sul generale De Giorgis cfr. quanto riferiva a Tittoni Malaspina, che si trovava a Roma, con lettera personale riservata del l o giugno: «Il generale De Giorgis veniva a lagnarsi meco, in termini talvolta molto vivaci, della situazione poco decorosa in cui trovavasi di fronte alle lentezze della Sublime Porta nell'accettare le proposte delle Potenze, situazione che la r. ambasciata avrebbe dovuto, a parer suo, prevedere e risparmiargli. Mostrava inoltre la massima diffidenza verso il contegno degli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia e le mire delle due Potenze, le quali, a suo avviso, non erano sincere nei loro intendimenti e solo desideravano intralciare la riforma della gendarmeria e trovare un pretesto per un intervento militare in Macedonia. Addimostrava pure meco una grande contrarietà per il fatto che la

444

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. .. ./102. Berlino, 2 giugno 1904, ore 16,55 (perv. ore 17,55).

Jersera ho preso congedo dal conte Bulow. Della nostra conversazione ne riferirò a voce: posso intanto dirle di aver potuto constatare che le mie previsioni cominciano a realizzarsi. I timori del cancelliere dell'Impero non sono spariti, ma i giorni trascorsi dalle feste presidenziali ad oggi hanno portato a miglior consiglio. Parto per Torino, da dove mi recherò quanto prima costì. Se ella desiderasse che io affretti la mia venuta, le sarei grato di telegrafarmi a Torino, ove sarò domani sera 1•

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

D. 26747/289. Roma, 2 giugno 1904.

Ringrazio l'E.V. del rapporto in data 25 corrente n. 2691 , relativo agli apprezzamenti espressi da codesti giornali su una supposta relazione fra la domanda di crediti straordinari fatta in seno alle Delegazioni dall'amministrazione della guerra2 e le attuali relazioni dell'Austria-Ungheria coll'Italia.

Dopo la opportuna pubblicazione del comunicato ufficioso del Pester Lloyd e dopo la smentita del Fremdenblatt, di cui è parimenti menzione nel detto rapporto, è da sperare che la stampa austro-ungarica si asterrà ora da commenti nel senso qui sopra accennato i quali, pur quando risultino e siano dichiarati infondati, possano tuttavia lasciare nella pubblica opinione qualche traccia di non buone impressioni.

444 1 A Roma Lanza si incontrò con Monts, sforzandosi di rassicurarlo sulla fedeltà dell'Italia alla Triplice (Monts a Biilow, 11 giugno, in GP, vol. XX/l, n. 6421). 445 1 Cfr. n. 428. 2 Cfr. in proposito n. 459.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO l 020. Roma, 4 giugno 1904, ore 14,55.

Interpreto suo telegramma del l o corrente1 nel senso che l'accordo debba bensì essere firmato a due con successiva accessione della Francia, ma che prima della firma sia comunicato a Parigi per evitare che debba essere modificato dopo firmato. Se questo è il pensiero del marchese Lansdowne, come, del resto, non potrebbe altrimenti essere, io non ho difficoltà che testo sia semplicemente parafato e che prima della firma definitiva sia comunicato al Governo francese salvo trattare poi per l'accessione della Francia dopo firmato da Italia ed Inghilterra.

447

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. SEGRETO 1342/61. Londra, 5 giugno 1904, ore 18, 15 (perv. ore 6 del 6).

Ierisera ho ricevuto il dispaccio di VE. del l 0 giugno1 col nuovo progetto di convenzione circa Etiopia; secondo intesa col marchese Lansdowne, gli comunicherò domani questo progetto affinché egli possa farlo tradurre ed esaminarlo prima che io mi rechi a parlargliene. Circa l'art. l per il quale il dispaccio di V.E. dice essersi accettata redazione desiderata dal marchese Lansdowne, noto che il suo memorandum del 20 aprile suggeriva la omissione del secondo inciso come non necessario a specificare in una convenzione. Quanto al dubbio accennato nel telegramma di VE.

n. 10202 , Lansdowne mi disse soltanto, come le riferii, che egli non riteneva opportuno dare al nostro eventuale accordo una forma rigida e definitiva prima di avere accertato se, in vista della desiderata adesione della Francia, non divenisse necessario di introdurvi qualche emendamento. Sua Signoria non mi parve ancora deciso tra la convenienza di firmare in ogni caso una convenzione a due, oppure trattare per una convenzione a tre sulla base della nostra preventiva intesa. Credo che egli si riservi di pronunciarsi sopra questo punto dopo di avere sentita la risposta francese alla comunicazione che gli si farebbe del nostro accordo.

Fu appunto allo scopo di dare a questo una maggiore consistenza che suggerii di parafarlo prima di procedere a quella comunicazione.

446 1 Cfr. n. 440. 447 1 Cfr. n. 441. 2 Cfr. n. 446.

448

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 676/250. Londra, 5 giugno 1904 (perv. il 9).

Conformemente al desiderio espressomi da V.E. col suo telegramma del 30 maggio u.s. 1 ho approfittato di una mia conversazione col marchese di Lansdowne sugli affari di Macedonia, per accennargli come la buona intesa da noi stabilita al riguardo col Gabinetto di Vienna nulla dovesse togliere all'intimità dei nostri accordi coll'Inghilterra che V.E. ha testé ricordata anche in Parlamento e che rimane la base della politica italiana in quelle questioni, nelle quali abbiamo e intendiamo mantenere col Governo britannico perfetta identità di vedute e di intenti.

Sua Signoria mi fece comprendere come egli dividesse perfettamente codesti sentimenti, né vi è a dubitare della sua disposizione a mantenere con noi, per quegli affari, un costante e fiducioso contatto.

Il ministro mi disse, nel corso di quella nostra conversazione, che secondo le più recenti notizie la situazione nei Balcani sembrava ora, almeno pel momento, presentarsi sotto un più favorevole aspetto. Le intelligenze scambiate fra Costantinopoli e Sofia permettevano di sperare in un arresto della agitazione locale, tale da lasciare il tempo necessario per un principio di applicazione delle misure concernenti la gendarmeria. Dopo questa, che era la prima necessità per assicurare il minimum di pubblica sicurezza materialmente indispensabile per l'introduzione di qualsiasi riforma, si presentava come più urgente la questione delle imposte locali, che il Governo britannico non aveva mai cessato di raccomandare. Ora l'ambasciatore austro-ungarico era venuto a dirgli essere intenzione del suo Governo e di quello di Russia che, subito dopo insediata la nuova gendarmeria, si ponesse mano ad una riforma del sistema di riscossione delle decime, che costituiscono uno dei più penosi gravami di quelle popolazioni. Se qualche passo divenisse consigliabile al riguardo, il marchese di Lansdowne non mancherà certamente di intrattenermene.

449

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1600/675. Parigi, 6 giugno 1904 (perv. il 10).

L'interesse che la stampa tanto in Francia che in Italia ha preso al dibattimento delle interpellanze relative al richiamo dell'ambasciatore francese presso il Vaticano, svoltesi nella tornata delli 27 maggio ultimo di questa Camera dei deputati, mi dispense

rebbe dal riferire circa questo soggetto se non mi sembrasse opportuno, ali' occasione di questa memorabile discussione, fermare una volta dippiù l'attenzione del R. Governo sovra ciò che ne è risultato in ordine alle relazioni della Santa Sede con questo Paese.

Ed anzitutto è notevole la perplessità che invase una frazione considerevole della maggioranza ministeriale che rifiutò di seguire l'altra frazione che avrebbe voluto che del richiamo dall'ambasciatore si traesse immediatamente la logica conseguenza della soppressione dell'ambasciata come ovviamente alla denunzia del concordato ed alla separazione dello Stato dalla Chiesa. L'intervento dell'onorevole Briand acciocché non si compromettesse con un voto intempestivo la causa della separazione, provocò le interruzioni dei più noti fautori del partito clericale invocanti essi stessi la separazione. Il Governo sfuggì la discussione immediata. Il signor Combes rimise al mese di gennaio prossimo, quando il signor Briand avrà presentato la relazione del progetto di legge relativo alla separazione, di far conoscere l'opinione del Governo. In realtà per chiunque, con animo spregiudicato, abbia assistito al dibattimento del 27 maggio, lo spettacolo offerto dal partito che sostiene il Ministero fu dei più miserevoli. Posto fra il volere ed il senso del non potere, il Governo si trovò fra le strette di coloro che gli chiesero di essere logico e costretto infine di essere sorretto dal voto di una maggioranza enorme raccolta sovra un ordine del giorno completamente negativo. Che cosa significa infatti l'approvazione del richiamo del signor Nisard da Roma quando la seconda parte dell'ordine del giorno che respinge ogni altra aggiunta, repoussant toute addition, ha potuto raccogliere i voti dei più noti intransigenti clericali (Boni de Castellane, conte de Mun, etc.) dell'assemblea?

Intanto il Governo è posto in una situazione singolare di cui non è agevole scorgere l'uscita. L'ambasciatore è richiamato; ma il nunzio è in Parigi. In un colloquio amichevole che ebbi con il signor Delcassé e nel corso del quale egli mi affermò con molta energia di avere esposto alla Camera senza nessuna omissione o reticenza la storia genuina di ciò che seguì fra il Governo della Repubblica e la curia romana circa il viaggio del presidente Loubet a Roma, seppi che monsignor Lorenzelli ebbe ancora un abboccamento con lui dopo il richiamo del signor Nisard; ma che dippoi il nunzio si era astenuto dal presentarsi agli ebdomadari ricevimenti del Ministero degli affari esteri ciò che prima non avveniva che in casi eccezionalissimi. Una rottura di relazioni diplomatiche sembrerebbe dunque accettata anche dalla Santa Sede, [ ... p né questa ritira il nunzio; né il Governo della Repubblica gli significa l'inutilità della sua presenza in Francia. È difficile, lo ripeto, prevedere l 'uscita di una siffatta situazione.

Ciò che, a parer mio, merita, in mezzo a questi equivoci, tutta la più seria attenzione del Governo nostro, è la manifestazione di una tendenza affatto nuova del partito cattolico francese a trovare una sistemazione definitiva della questione papale all'infuori di un ripristinamento di una dominazione temporale universalmente ritenuto impossibile. Ne ebbi qualche indicazione nei privati colloqui con persone appartenenti a questa frazione della pubblica opinione. Si è stanchi anche qui di questa questione del dominio temporale del papa e l'abbé Gayrand, con le cautele di linguaggio che l'abito gli impone, lo affermò egli stesso alla tribuna della Camera quando disse della garanzia della indipendenza del papato non pretendere egli che nessun

altro modo potrà esservene in futuro, che nessun altro modo ne è possibile. «Je ne me prononce pas là-dessus ~egli soggiunse ~je n'en sais rien. Mais ce que je maintiens, et je ne dis pas autre chose ici, c'est que, jusqu'à l'heure où nous sommes, le Saint Siège qui seui est juge, à nos yeux, de ce qu'illui convient de faire pour maintenir la nécessité de son indépendence temporelle, n'a pas renoncé à revendiquer cette garantie séculaire».

Non sono certamente trascurabili le esplicite dichiarazioni che in termini più chiari forse non erano state fin qui fatte da tutte le frazioni del partito liberale francese di assoluto abbandono delle rivendicazioni pontificie della dominazione temporale. Esse vanno dall'onorevole Ribot agli onorevoli de Pressensé e Jaurès. Ma ciò che per noi è più notevole, anche perché è assolutamente nuovo, è la manifestazione dell' opinione cattolica francese che contiene un sommesso ma manifesto invito al papa di trovare egli stesso la nuova formola della garanzia della sua indipendenza. E questo stato dell'opinione di una considerevole parte della nazione francese deve, mi sembra, essere segnalato da questa ambasciata non solamente per la novità del fatto, ma anche per l'importanza sua in confronto con il titubare palese di una grande frazione del partito liberale e le confessate alleanze (dichiarazione Hubbard nella seduta 27 maggio 1904, pag. 1168 del resoconto ufficiale) della estrema sinistra francese con il partito repubblicano italiano. L'onorevole Hubbard ha rivendicato in vero a certi repubblicani seduti nella Camera francese e sui banchi della Camera italiana il primo merito del ravvicinamento dell'Italia alla Francia, parlò di Cavallotti, Cipriani ed Imbriani, e del 1889, ma sarebbe puerile il credere che sotto questo rispetto le cose siano sostanzialmente mutate oggi, sicché il dover mio m'impone di segnalare al R. Governo non soltanto ciò che si dichiara dal partito liberale francese, ma anche ciò che visibilmente si è trasformato nel pensiero degli altri partiti in Francia.

448 1 Cfr. n. 433.

449 1 Gruppo di parole illeggibili.

450

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1609/681. Parigi, 6 giugno 1904 (perv. il 13).

Ringrazio V.E. di avermi comunicato il 31 maggio per telegrafo1 il suo intendimento di sospendere ogni risoluzione nostra rispetto alla prosecuzione della ferrovia Barrar-Addis Abeba fino a dopo l'arrivo in Italia del r. rappresentante presso il negus. Simultaneamente ella mi fece sapere essere sua intenzione di concretare l'intesa con l'Inghilterra sovra la base di recenti comunicazioni scambiate a Londra e doversi ritenere che ciò possa farsi molto opportunamente nulla contenendo tale intesa di ostile alla Francia.

Il signor Delcassé, dopo il mio ritorno a Parigi, nulla mi disse che accennasse anche lontanamente a questo soggetto sul quale egli serbò lo stesso silenzio osservato a Roma nei colloqui suoi con l'E.V. È supponibile che il signor Paolo Cambon il quale fu qui durante le vacanze di Pentecoste, abbia intrattenuto questo signor ministro degli affari esteri di ciò che gli disse lord Lansdowne in proposito. Ma sebbene io abbia avuto dippoi due colloqui con il signor Delcassé, questi nulla mi disse al riguardo. Dal canto mio naturalmente furono osservate, e con molta facilità, le istruzioni avute di non parlare di questo affare.

450 1 Cfr. n. 437.

451

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1351. Montevideo, 7 giugno 1904, ore 8,55.

Spero giungere soluzione voluta R. Governo. Studiammo con comandante della

r. nave «Umbria» eventuale azione navale, unico pegno possibile dogane. Dovendosi escludere bombardamento accorrerebbero grandi forze sbarco. Insufficienti due incrociatori contrastare immancabile reazione gravi rappresaglie. Dogana già parziale garanzia debito pubblico internazionale inevitabili serie complicazioni. Qualunque anche minimo insuccesso nostro eventuale costituirebbe rovina nostro prestigio questo Governo Paese 1 .

452

IL MINISTRO A CETTIGNE, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1359/9. Cettigne, 8 giugno 1904, ore 8,07.

Principe del Montenegro si mostra preoccupato importanti fortificazioni ordinate dali' Austria fra Traste ed Anti vari. Egli ha mandato ieri segretamente Roma il suo aiutante di campo generale Martinovié assicurandomi che lo ha semplicemente incaricato di chiedere confidenzialmente ministro della guerra, che conosce personalmente, informazioni circa convenienza acquistare eventualmente in Italia alcuni oggetti forniture militari. Ammesso anche che questa missione non si colleghi con quella preoccupazione, dal generale R. Governo potrà avere utili notizie circa tali fortificazioni.

451 1 Il T. 1380 del!' Il giugno, spedito dalla nave «Umbria», comunicava: «Firmato protocollo chiusura vertenza con Repubblica Uruguay».

453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO 1042. Roma, 8 giugno 1904, ore 15,3 5.

Quanto all'articolo primo del progetto convenzione', parmi non possa esservi inconveniente mantenere anche secondo inciso, che rispondeva, del resto, ad un espresso desiderio dei due delegati britannici e che costituisce una reciproca guarentigia. Trovo pericoloso che si faccia dipendere decisione circa firma accordo a due da risposta francese. Prego V.E. mantenere nostro punto di vista circa convenienza firmare prima accordo a due.

454

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 810/319. Vienna, 9 giugno 1904.

Nel colloquio che ebbi jeri coll'ambasciatore di Germania egli venne a parlarmi, in via privata, e personale, delle disposizioni dell'opinione pubblica in Italia rispetto all'alleanza coll'Austria-Ungheria ed osservò che, durante la sua lunga dimora a Roma, aveva potuto constatare l'esistenza di un partito contrario all'alleanza e la poca simpatia che si nutriva generalmente verso questo Paese.

Era da temersi quindi che qualora succedesse al Gabinetto attuale un Governo avente fermezza minore di esso avrebbe potuto forse sorgere una situazione simile a quella prodottasi durante il Gabinetto precedente, ciò che avrebbe reso di nuovo difficili le relazioni reciproche.

La rinnovata amicizia colla Francia e le disposizioni che sembravano esistere in taluni di renderla più stretta non gli davano a pensare perché erano una conseguenza dell'affinità di razza esistente tra i due Paesi. Ma eranvi persone che non cessavano di adoperarsi per cercare di distaccare l'Italia dall'alleanza ed a seminare zizzanie tra essa e l'Austria-Ungheria ed a ciò non era aliena dal lavorare una certa stampa.

Nell'accennare alla Tribuna, il cui linguaggio non gli sembrava essere sempre guardingo verso l'Austria-Ungheria, rilevò che, quantunque questo giornale non avesse carattere officioso, pure per le comunicazioni che il R. Governo vi faceva inserire talvolta, poteva dare a credere all'estero che rispecchiasse le idee del Governo stesso. Ma egli sapeva per esperienza come gli uomini politici sensati e specialmente S.M. il re, col quale aveva avuto l'onore di intrattenersi più volte, fossero fermamente risoluti a mantenere salda l'alleanza, perché rispondeva ai veri interessi d'Italia.

Credetti fare osservare al conte di Wedel che la gran maggioranza degli italiani ed i principali partiti politici del Regno erano concordi nel riconoscere la necessità di mantenere l'alleanza coll'Austria-Ungheria e persuasi che fosse pienamente conforme ai reali interessi della Nazione. Nessun Governo a qualunque partito apparterrebbe avrebbe assunto la responsabilità di rendere i rapporti tra l'Italia e l'AustriaUngheria in situazione tale da menomare o annullare l'alleanza.

Era questa una cosa di cui dovevansi penetrare coloro che dubitavano ancora delle disposizioni esistenti in Italia ed io non avevo mancato di rappresentarlo più volte, nei miei colloqui, al conte Goluchowski e di cui speravo fosse convinto. Non potevo, d'altra parte, che confermare nel modo più formale quanto egli avevami detto circa gli intendimenti di S.M. il re, per espressa volontà del quale era stata rinnovata la Triplice Alleanza, perché più di ogni altro era convinto della garanzia che presentava agli interessi d'Italia, onde aveva l'intima e ferma intenzione di mantenerla salda e la sua lealtà non poteva certo essere messa in dubbio da alcuno.

Né la rinnovata amicizia colla Francia poteva indurre a credere che l 'Italia volesse distaccarsi dall'alleanza, giacché non faceva anzi che corroborarla in certa guisa eliminando quei contrasti che avrebbero potuto nuocere alla pace, al mantenimento della quale mirava appunto l'alleanza stessa e che era scopo precipuo della nostra politica.

Sembravami infine un errore il dare troppo importanza alle pubblicazioni di certi giornali italiani ed alle dimostrazioni irredentiste avvenute nel passato.

La piena libertà, di cui godeva da noi la stampa, dava libero campo all'espressione di qualsiasi opinione per quanto esagerata fosse. Ma di questa, né di quelle emesse dalla Tribuna, che non era da considerarsi come avente carattere officioso, non potevasi rendere responsabile il R. Governo e molto meno supporre che da esse si lasciasse influenzare nelle sue deliberazioni.

Quanto alle dimostrazioni irredentiste esse erano state invero spiacevoli, ma non dovevasi da quelle arguire che la maggioranza del Paese dividesse le idee di coloro che le provocarono, perché non rappresentarono che un'infima parte della popolazione ed erano condannate dalla gran maggioranza della Nazione, il cui sincero desiderio era di intrattenere cordiali rapporti coli' Austria-Ungheria e di mantenere salda l'alleanza. E la generale approvazione colla quale erano state accolte dal Parlamento e dali 'intero Paese le recenti dichiarazioni fatte da V.E. 1 non potevano che confermare pienamente quanto eragli andato esprimendo.

Ignoro se le idee manifestatemi dal conte di Wedel, come rappresentanti la opinione sua personale, siano divise in parte dal conte Goluchowski.

Non vi ha dubbio che i fatti avvenuti durante il precedente Gabinetto hanno prodotto qui un'impressione tanto più profonda per quanto viva è stata la soddisfazione con la quale vennero accolte le esplicite dichiarazioni dell'E.V. circa la politica estera italiana.

È bensì vero che tali fatti vennero considerati, nella sua esposizione alle Delegazioni, dal conte Goluchowski «come appartenenti al passato», ma egli aggiunse, «stante il contegno serio, energico e rigorosamente benevolo del Governo attuale verso l'alleanza».

Ed infatti qui si è acquistata la convinzione della lealtà dei propositi delle persone che compongono il Governo presente e si ha piena fiducia nella azione che esercitano per rendere più intime le relazioni reciproche.

Ma certi indizi non sufficientemente chiariti, che non mi permettono ancora di formarmi del loro significato un concetto concreto, farebbero dubitare che il ricordo dei fatti suddetti non si sia qui del tutto dileguato, e che si abbia un certo lontano timore che possano ripetersi n eli' eventualità di un cambiamento di Governo se le persone chiamate a raccogliere il potere non offrissero, per la loro condiscendenza verso gli elementi ostili all'alleanza, quella garanzia che offre il Governo attuale.

E questo timore potrebbe essere avvalorato nel Governo imperiale e reale dalle circostanze accennatemi dal conte de Wedel, se a queste si desse, come si dà nel fatto, peso maggiore di quello che hanno in realtà, avuto riguardo all'estrema suscettibilità che qui risveglia ogni benché minimo accenno ad aspirazioni irredentiste che avviene sia nel Regno, come anche nelle stesse provincie italiane della Monarchia.

Questo insieme di cose potrebbe forse fare intravedere nel Governo imperiale e reale, in un lontano avvenire, una situazione, rispetto alle sue relazioni coll'Italia, meno stabile di quella che la permanenza al potere dell'attuale Gabinetto assicura alle relazioni stesse.

E non è quindi inverosimile il supporre che, nonostante il diniego del conte di Wedel, di cui è cenno nel mio rapporto n. 804/318 del 9 corrente2 , i nuovi crediti straordinari, sebbene non possano dirsi diretti specialmente contro l'Italia, abbiano per scopo di mettere in grado l'Austria-Ungheria di far fronte a qualsiasi eventualità, compresa pure quella che fosse per sorgere da parte nostra, in seguito all'avvento al Governo di persone su cui non si riponesse qui l'istessa fiducia.

Qualunque sia il valore che possano avere queste supposizioni, non appoggiate ancora su fatti reali, credo ciò non di meno di riferirle, con tutta riserva, all'E.V., assicurandola che io non mancai mai nei miei colloqui col conte Goluchowski di tenere l'istesso franco linguaggio da me tenuto al conte di Wedel circa le disposizioni esistenti in Italia pienamente favorevoli all'alleanza con l'Austria-Ungheria e nell'istesso senso mi espressi coi vari membri del Governo e con questi uomini politici. Sarà mia cura di continuare ad adoperarmi per infondere qui la persuasione che il

R. Governo non solo, ma anche la gran maggioranza della Nazione è fermamente risoluta a mantenere salda l'alleanza con l'Austria-Ungheria, essendo essa riconosciuta necessaria, nelle presenti circostanze, ai veri interessi del Paese e che tale risoluzione non sarà per modificarsi col mutar di Governo, perché l'alleanza costituisce, insieme a quella colla Germania, il pernio della nostra politica estera.

453 1 Cfr. n. 447.

454 1 Il 18 maggio.

454 2 Non rinvenuto.

455

IL MINISTRO A CETTIGNE, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 195/43. Cettigne, 9 giugno 1904.

Mi riferisco al mio telegramma n. 9 di avantieri 1 .

li principe, che ebbi occasione di vedere ripetutamente in questi giorni, mi disse che esporrà le sue idee prima che io parta per l'Italia; ma da qualche sua vaga allusione e da qualche induzione mia, che ritengo esatta, mi sono formato il concetto che egli vagheggi sempre accordo segreto coll'Italia per il caso di cessazione della Triplice Alleanza. Il Montenegro, cioè, s'impegnerebbe, mediante compenso (probabilmente anticipato), a facilitare eventualmente il vettovagliamento e le operazioni di forze italiane su queste coste, ed anche certe precauzioni, come la posa di torpedini.

So benissimo che l'argomento non è nuovo né mi dissimulo che è eccessivamente. (?) E, pur non volendo escludere una sincera simpatia per l'Italia non escludendo nemmeno il movente immediato indicato nel mio rapporto confidenziale in data del 3 giugno2 tanto più se verranno a [ ... p le larghe risorse delle combinazioni ferroviarie austriache.

V.E. può essere certa che io vado troppo cauto per sbilanciarmi, ma d'altra parte mi pare prudenza tendere l'orecchio, e riferire scrupolosamente, sopratutto dopo le dichiarazioni del ministro della guerra alle delegazioni a Budapest.

L'unica cosa che il principe mi disse esplicitamente è che qui sarebbe ora necessario un addetto militare italiano, perché gli dicono che ve ne è uno, ma egli non lo vede mai.

lo suppongo che il R. Governo, non appena gli siano giunte dalla r. ambasciata a [ ...]4 e da quell'addetto militare le notizie sul recente viaggio del generale Beck collo Stato Maggiore in Dalmazia, avrà ordinato allo stesso Del Mastro di [ ... p, ma non sono alieno dal pensare che un addetto speciale, potrebbe qui rendere ora utili servizi. Mi ricorre alla mente la destinazione dell'allora capitano Zanelli come vice console a Odessa nel 1886. Se non sono male informato, essa diede ottimo risultato e nessuno si accorse di nulla. Con tutto il buon volere, io non sarei mai in grado di fornire informazioni precise e sicure su una materia a cui sono assolutamente protàno.

455 1 Cfr. n. 452. 2 Non rinvenuto. 3 Manca il gruppo (nota del documento): «mancare»? 4 Manca il gruppo (nota del documento): «Vienna»? 5 Manca il gruppo (nota del documento).

456

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 215/79. Lisbona, 9 giugno 1904 (perv. il 15).

Facendo seguito ai miei rapporti del 20 1 e del 28 maggio u.s. 2 e riferendomi al dispaccio ministeriale del l o corrente mese2 mi onoro informare l'E.V. che il nunzio ha voluto consegnare a questo ministro degli affari esteri la protesta vaticana, ma che essa non fu da questi accettata. S.E. Wenceslao de Lima l'ha respinta, sono sue parole, per non menomare la libertà del re. Il foglio che contiene la protesta, e che monsignor Macchi presentò a S.E., non era indirizzato al ministro degli affari esteri, ma è una copia della circolare indirizzata dal cardinal Merry del Val a questo nunzio. Insistendo questi perché il ministro lo prendesse, egli dichiarò che a titolo di notizia e come persona privata avrebbe ritenuto quel foglio senza neppure accusarne ricevimento, ma in qualità di ministro formalmente la respingeva, ed il nunzio se ne andò disgustato.

In detta protesta manca la frase relativa al richiamo del nunzio che ho letto riprodotta sui giornali italiani e francesi ed essa è scritta in italiano.

Tutto ciò mi è stato spontaneamente detto, sotto promessa di segreto, dallo stesso ministro degli affari esteri questa mattina, ché fui a casa sua, non al Ministero, per un urgente affare d'ufficio.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO

T. 1056. Roma, 10 giugno 1904, ore 22,10.

Se, come i giornali annunciano, gli ambasciatori di Inghilterra, di Francia e di Russia hanno fatto rimostranze alla Porta per recenti massacri armeni, desidero che ella si associ ad essi conservando, però, al proprio linguaggio un intonazione essenzialmente amichevole.

456 1 Cfr. n. 417. 2 Non pubblicato.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. l 062. Roma, 10 giugno 1904, ore 22,30.

Richiamo l'attenzione di V.E. perché alla sua volta richiami l'attenzione di codesto Governo sul seguente comunicato ufficiale che ho trasmesso alla Agenzia Stefani.

«Poiché, soventi, articoli di giornali italiani esprimenti apprezzamenti di politica estera, sono commentati all'estero come indiretta manifestazione del pensiero del Governo, è bene ripetere che il Governo italiano non riconosce, in materia di politica estera, come espressione del proprio pensiero, che i comunicati uftìciali o le dichiarazioni fatte al Parlamento.

459

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 982/176. Budapest, 10 giugno 1904 (perv. il 13).

Con le debite riserve, ho l'onore di informare I'E.V. che, a quanto mi è stato riferito, le dichiarazioni confidenziali che il ministro della guerra, generale Pitreich, avrebbe tàtto ai membri delle Delegazioni, nella recente sessione, avrebbero avuto per oggetto anche i rapporti speciali della Monarchia austro-ungarica con l'Italia.

Il ministro avrebbe dimostrato la grande inferiorità delle forze navali austro-ungariche di fronte a quelle italiane e la superiorità assoluta che l'Italia, nell'eventualità di un conflitto, avrebbe nell'Adriatico. Pure ammettendo gli attuali rapporti tra le due Potenze improntati alla più sincera cordialità e riconoscendo le intenzioni pacifiche dei due Governi, il ministro avrebbe aggiunto che bisogna anche tener conto della possibilità di un avvenire meno concorde, nel caso che il Governo italiano non potesse far fronte od opporsi ai sentimenti, ostili all'Austria, di gran patte della nazione. N eli' eventualità poi di una qualsiasi azione futura cui l'Austria-Ungheria fosse costretta nei Balcani, una flotta più forte e meglio armata, così come un esercito più modernamente perfetto, sarebbero certo un impedimento minaccioso alle velleità italiane sulla costa orientale de li'Adriatico.

Queste notizie sono state fornite da un membro della Camera dei magnati, capo di uno dei maggiori istituti finanziari dell'Ungheria, al rappresentante di una grande Potenza a Budapest, che, dietro mia richiesta, me le ha cortesemente riferite in via confidenzialissima1•

459 1 Sulle relaLioni italo-austriache, con particolare riferimento alle spese militari del Governo di Vienna. Barrère riferiva lo stesso giorno a Delcassé. DDF, Il serie. t. V, n. 212. Sulla questione degli armamenti cfr. anche ihid., n. 220.

460

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 1284/94. Innsbruck, l0 giugno 1904.

In questi giorni, in via riservatissima ed affatto confidenziale, venni informato, da persona in grado di saperlo, che il Governo avrebbe deciso che la questione universitaria non può per ora avere una soluzione definitiva, e che quindi si esperimenterà ancora di tenere le cattedre parallele ad Innsbruck, malgrado le promesse fatte, studiando però qualche mezzo termine (forse separazione dei locali) o qualche provvedimento per tentare di aggiustare od almeno attenuare la cosa ed accontentare i due avversi partiti inducendoli così alla calma.

La enorme gravità di tale decisione non può sfuggire ad alcuno: è la preparazione certa, potrei quasi dire matematica, di gravi disordini per il prossimo venturo ottobre, sia all'epoca delle iscrizioni e cioè nella prima quindicina, sia quando si cominceranno le lezioni; giacché per mio conto, credo che sarà assolutamente impossibile di trovare alcuna via che valga per attenuare la mancata promessa, e far accettare la cosa ai due partiti italiano e tedesco, e che tutti gli sforzi che tàrà per sicuro in questo senso il luogotenente imperiale resteranno senza effetto: quand'anche con qualche palliativo si potesse ritardare un poco lo scoppio dei disordini, siccome non ne potrà con esso venir rimossa la causa, non sarà che un breve respiro e la lotta si manifesterà poi sempre più grave ed acuta alla prima occasione, che certamente gli agitatori regnicoli o locali non mancheranno di suscitare.

Ciò mi permetto di riferire alla E.V., parendomi utile sia informata della probabilità, anzi preciserò della quasi certezza che nell'ottobre prossimo venturo si prepareranno nuovi e gravi disordini universitari.

461

IL CONSOLE A MONASTIR, DE VISART, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 77/29. Monastir l0 giugno 1904 (perv. il 16).

Con telegramma del 7 corrente la r. ambasciata in Costantinopoli mi ha chiesto dei ragguagli sulle cause di divergenze fra i consolati di Russia e d' Austria-Ungheria in Monastir.

Ho l'onore di trasmettere all'E.Y. copia della risposta che mi feci premura di dare al r. incaricato d'affari, su di tale argomento.

ALLEGATO

!L CONSOLE A MONASTIR, DE V!SART, ALL'INCARICATO D'AFFAR! A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO

R. 78/20. Monastir, l O giugno 1904.

In risposta al telegramma del 7 corrente, ho l'onore di partecipare a V.S. che i rapporti tra i consolati di Russia e d'Austria-Ungheria rispecchiano l'accordo fra quelle due Nazioni, concernente la politica orientale, basato sulla mutua diffidenza. Da principio, i due consoli lavoravano assieme di frequente, per obbedire alle istruzioni ricevute di cooperare alle riforme; ora si vedono pure di sovente, ma, piuttosto, per sorvegliarsi a vicenda. Entrambi hanno impegnato, infatti, una lotta di propaganda fra queste popolazioni. Il consolato russo vorrebbe che tutti gli slavi si rivolgessero specialmente ad esso per reclami, per invocare appoggi, o protezione; ora è specialmente presso costoro appunto che il consolato austriaco cerca di fungere da intermediario colle autorità locali, per allargare la propria influenza. Vivente il console russo, signor Rostcowskij, era la Russia prevalente in tale opera di propaganda, ma il suo successore non possiede la pratica, l'energia ed il prestigio del primo, e così, anche in seguito alla guerra nell'Estremo Oriente, l'influenza russa è andata scemando a vantaggio austriaco, a scapito beninteso della buona armonia fra quei due consolati.

S'adoperano poi attivamente, in buoni rapporti fra di loro, ad accrescere tali dissensi, l'agente bulgaro ed il console inglese. !l primo vorrebbe isolare completamente il consolato austriaco, per aumentare indivisa la propria autorità sui bulgari; il secondo, per gli eventuali vantaggi che possono ridondargli dal seminare la zizzania fra i componenti d'un accordo a cui l'Inghilterra non fu chiamata a partecipare direttamente.

Beninteso, nel loro latente conflitto di influenza, i due consolati di Russia e d'AustriaUngheria cercano degli alleati per danneggiarsi meglio di sottomano, ed ho notato che entrambi ricercano un maggiore ravvicinamento con questo r. consolato, specialmente dopo l'arrivo degli ufficiali italiani, col duplice scopo eh 'io parteggi per uno di loro e di valersi presso i cristiani del loro contatto colla gendarmeria italiana, la cui venuta non sarebbe che l'etletto derivato dal programma di Mlirzsteg.

Comunque sia, pur attenendomi al più stretto riserbo tra i due, credo più sincero ancora, almeno attualmente, il console russo: l) perché questi non può che desiderare un aumento dell'influenza italiana atta ad isolare l'Austria dagli slavi e dalla stessa Albania; 2) perché la nostra influenza neutralizzerebbe l'austriaca; 3) perché la nostra politica essendo creduta più fedele allo statu quo, corrisponderebbe maggiormente al piano di temporeggiamenti da esso vagheggiato in seguito alle preoccupazioni nell'Estremo Oriente.

Tale lotta d'influenza sarebbe dunque la vera causa di dissensi fra i due consolati di Russia e d'Austria-Ungheria: ma, forse, ve n 'è anche un'altra, più profonda e più grave, la voce, cioè, fatta circolare dall'agente bulgaro e dal console britannico, che il consolato austriaco spinga i bulgari ad insorgere di bel nuovo, facendo loro intravedere il miraggio dell'autonomia e della indipendenza che non potranno mai conquistare altrimenti. Se non mi fu possibile di raccogliere le prove di una simile azione del consolato austriaco per cui ci vorrebbero fatti irrefutabili per la gravità stessa dell'imputazione, giova notare. tuttavia, che anche tale sospetto non può contribuire certamente a cementare l'accordo col consolato russo, che, specialmente nell'epoca attuale, non deve desiderare una soluzione di quanto interessa la politica orientale.

PS.: Da due giorni si trova qui un addetto dell'ambasciata d'Austria-Ungheria a Costantinopoli, partito ieri per Ohrida. Questo vilayet è stato pure visitato, testé, dall'addetto militare presso l'ambasciata di Germania a Belgrado, il quale si è spinto fino a Cruscevo.

462

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 804/318. Vienna, 11 giugno 1904 (perv. il 14).

L'ambasciatore di Germania, con cui mi intrattenni ieri circa i crediti straordinari militari richiesti alle Delegazioni, mi disse che aveva appreso con soddisfazione che il Governo imperiale e reale aveva avuto alla fine il coraggio di fare quella richiesta, progettata da più tempo, e che era resa necessaria dalle condizioni in cui si trovavano l'Esercito e la Marina, mancanti, l'uno di cannoni di nuovo modello, di munizioni e di altri materiali da guerra, l'altra di torpediniere, quelle esistenti essendo un tipo troppo antiquato ed in gran parte deteriorate. Nell'interesse della Triplice Alleanza era indispensabile che l'Austria-Ungheria ponesse il suo Esercito e la sua Marina sullo stesso piede delle altre grandi Potenze.

Il conte Wedel negò, però, che tali armamenti avessero uno scopo determinato o fossero diretti contro una Potenza qualsiasi e specialmente contro l'Italia. Le fortificazioni, a cui una parte di quei crediti doveva essere destinata, non erano da considerarsi neppure come aventi tale scopo. Potevami anzi assicurare che egli, né l'addetto militare presso l 'ambasciata imperiale, maggiore von Btilow, non avevano avuto sentore, fino al momento in cui mi parlava, che il Ministero imperiale e reale della guerra avesse intenzione di costruire ponti verso l 'Isonzo. Quanto a quelli esistenti alla frontiera del Tirolo e nel porto di Pola, essi erano in pmie già costruiti e si pensava man mano di completarli. Del resto tali fortificazioni come gli altri armamenti progettati non avevano unicamente che un carattere difensivo e non già aggressivo. Gli risultava inoltre, in modo sicuro, che le notizie che erano state divulgate in proposito da alcuni giornali viennesi e ungheresi, di cui è cenno nei miei rapporti n. 277 e 283 in data dei 28 e 31 maggio scorso 1 , erano del tutto infondate. Egli concluse col dichiararmi che qui si continuava ad avere la massima fiducia nell'attuale Gabinetto italiano e si era convinto della sua ferma risoluzione di mantenere salda l'alleanza e di rendere più cordiali i rapporti fra i due Paesi.

Le informazioni datemi dal conte Wedel quadrerebbero con quelle da me trasmesse aii'E.V. con l'anteriore mia corrispondenza su tale argomento2 , sul quale mi propongo, però, di ritornare con prossimo rapporto.

462 1 Cfr. n. 439. Il R. 277 del 28 maggio non è pubblicato. 2 Cfr. n. 454.

463

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1393/102. Therapia, 12 giugno 1904, ore 12, 15.

Sebbene notizie pervenute siano ancora mantenute occulte, ambasciatore Inghilterra, Francia, Russia fecero, presso Sublime Porta, opportune raccomandazioni circa disordini Sassun. Conforme istruzioni telegramma n. l 0561 , feci dichiarazione gran visir e ministro degli affari esteri che R. Governo, preoccupandosi situazione Armenia, consiglia, in via amichevole e nell'interesse del Governo ottomano, misure atte a reprimere disordini e prevenire nuove aggressioni contro popolazioni cristiane.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 544/231. Therapia, 12 giugno 1904 (perv. il l8).

Giorni sono l 'ambasciatore di Francia mi fece conoscere che, secondo informazioni a lui pervenute, correva voce a Palazzo imperiale che in seguito ad una intesa tra la Francia e l'Italia, quest'ultima fosse nell'intenzione di procedere all'occupazione della Tripolitania; dallo insieme del suo discorso ebbi l'impressione che il signor Constans non considerasse come impossibile tale eventualità.

Incaricai il primo interprete della r. ambasciata di assumere informazioni al riguardo ed egli mi ritèrisce ora di aver saputo, da fonte non ufficiale, che notizie confidenziali direttamente pervenute alcuni giorni or sono al Palazzo imperiale accennano a nuovi accordi intervenuti fra l'E. V. ed il signor Delcassé durante il viaggio del presidente della Repubblica francese a Roma relativamente alla Tripolitania ed accennano pure alla possibilità di una prossima occupazione di quella provincia per parte dell'Italia.

In seguito a tali notizie, di cui non è nota l'origine, le quali destarono l'apprensione del sultano, venne convocata al Palazzo imperiale una commissione ministeriale con incarico di deliberare sulla questione. Vennero altresì chieste inforn1azioni all'ambasciatore ottomano in Roma. Non tu possibile conoscere il risultato delle deliberazioni di quella commissione, ma non è da escludere che oltre qualche misura militare, essa abbia suggerito a Sua Maestà imperiale di rivolgersi al Governo inglese per chiedere consiglio.

l particolari forniti dal commendator Cangià sono da considerarsi, per la fonte da cui provengono, di natura strettamente contìdenziale c su ciò mi permetto di attirare l 'attenzione dell'E.V.

463 1 Cfr. n. 457.

465

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1400/132. Vienna, 13 giugno 1904, ore 18,55.

Risultami che nota ufficiosa comparsa jersera corrispondenza politica relativa pubblicazioni certa stampa italiana, cui testo sarà pervenuto V.E., è stata motivata conte Goluchowski che sembra si dimostrerebbe da qualche tempo poco soddisfatto quelle pubblicazioni.

466

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO l030/130. Bucarest, 13 giugno l 904 (perv. il 6 luglio).

Al mio ritorno qui di congedo mi fu riportato che il mio collega inglese avrebbe detto già tempo fa a questo agente diplomatico bulgaro che re Carlo gli aveva espresso il timore che nel prossimo anno gravi complicazioni vengano a prodursi in Europa a causa degli affari d'Oriente. Siffatto modo di vedere essendo in contraddizione coll'ottimismo dalla Maestà Sua ripetutamente manifestato tanto a me che ai miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria e di cui feci più volte parola nel mio carteggio con cotesto Ministero, approfittai di un'udienza concessami ieri dal sovrano per scandagliare ad ogni buon fine nuovamente il di lui pensiero in proposito. Ciò che non mi riuscì difficile, il discorso non avendo tardato a cadere naturalmente sulle questioni orientali. Potei dunque constatare che questo sovrano non ha mutato parere relativamente alla situazione nei Balcani, che egli considera anzi come notevolmente migliorata negli ultimi mesi, e persiste pure nel convincimento che l'Austria non pensi ad una occupazione di territorì ottomani (mio rapporto 1° maggio scorso ai nn. 792/104) 1• Avendo io accennato agli ingenti crediti per l'esercito e la flotta chiesti dal Governo imperiale e reale, crediti che darebbero diritto a sospettare che esso Governo nutra piani reconditi, il re risposemi essere naturale che, permettendolo le sue condizioni finanziarie, l'Austria-Ungheria non voglia perdere tempo a porre la propria artiglieria all'altezza di quella delle maggiori Potenze. Per quanto poi concerne i provvedimenti per la Marina, Sua Maestà dissemi che, ad un suo passaggio in Austria poco dopo la spedizione in Cina contro i «boxers», il conte Goluchowski le aveva parlato della assoluta necessità di riorga

nizzare la Marina imperiale e reale e aumentare considerevolmente la flotta, se l'Austria-Ungheria voleva essere in grado di proteggere il proprio commercio marittimo. L'attuale guerra russo-giapponese, nella quale la Marina fa un parte tanto importante, non può che aver rafforzato il sentimento di quella necessità. Insomma, secondo il re, i provvedimenti militari in quistione non avrebbero specialmente di mira nessuna Potenza.

Ma se questo sovrano non crede a prossime complicazioni a causa degli affari balcanici, lo impensieriscono tuttavia per un avvenire più lontano gli insuccessi dei russi nella campagna contro i giapponesi e le conseguenze eventuali d'uno scacco finale dei primi, che egli non crede impossibile. In tal caso la Maestà Sua teme che, dopo alcuni anni dei quali abbisognerà per riaversi, la Russia-costretta a rinunziare ai suoi progetti d'espansione nell'Estremo Oriente e spinta magari da difficoltà interne che potrebbero obbligarla a cercare una diversione al di fuori e a dare una soddisfazione all'opinione pubblica col ristabilire il menomato prestigio dell'Impero faccia di nuovo sentire all'Europa tutto il peso della propria potenza e tenti di realizzare i suoi antichi piani di predominio nell'Oriente europeo.

Da quanto precede deduco che il collega inglese, alquanto duro d'orecchio, abbia mal compreso ciò che gli fu detto dal re.

Nel corso del mio colloquio con questo sovrano condussi anche il discorso sui recenti accordi serbo-bulgari, alludendo alle voci corse d'intese politiche segrete che sarebbero state prese in questa occasione ed alle quali qualcuno vuole abbia aderito il Montenegro: intese che avrebbero per iscopo d'opporsi, se del caso, ad una occupazione austriaca di territorii ottomani. Re Carlo non ignora come a Belgrado si stia in grande allarme al riguardo, ma-al pari del suo presidente del Consiglio e del ministro degli aftàri esteri-non crede punto a intese politiche di siffatta specie o d'altra natura, e meno ancora che vi abbia preso parte il principe di Montenegro, le cui relazioni personali con re Pietro, disse egli, lasciano molto a desiderare. Re Carlo aggiunse poi che la intravista di re Pietro col principe Ferdinando, intravista che contribuì ad avvalorare le voci anzidette, non fu preparata, ma che il principe, il quale non pensava a fermarsi per vedere re Pietro, ebbe per così dire la mano forzata da quest'ultimo che lo colse al suo passaggio mentre si recava in Ungheria. Avendo io accennato che, se accordi nel senso sovraindicato potessero concretarsi colla partecipazione della prima interessata, cioè della Turchia, non sarebbero certamente senza valore, questo sovrano si limitò a rispondermi «l'accorci bulgaro-turc est déjà un bon commencement».

Mi sono creduto in dovere di riferire il substrato della mia conversazione con re Carlo, astenendomi dall'entrare in apprezzamenti che l'E.V. è in grado di tàre molto meglio di me.

466 1 Non pubblicato.

467

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PERSONALE 837/331. Vienna, 14 giugno 1904.

Come feci conoscere all'E.V. col mio rapporto n. 275 del27 maggio scorso 1 , io credetti opportuno di invitare il reggente il r. consolato generale in Budapest ad indagare cautamente ed a farmi conoscere se e quale fondamento avessero le notizie pubblicate da alcuni giornali viennesi ed austriaci, secondo le quali nelle dichiarazioni confidenziali fatte nella recente sessione dal ministro della guerra e dal comandante della Marina dell'Impero ai membri delle Delegazioni si sarebbe fatto accenno ai rapporti fra l'Italia e l'Austria-Ungheria per motivare i crediti straordinari militari.

Con due rapporti consecutivi2 da me comunicati ali' E. V., il signor Bordonaro mi fece conoscere, col primo, risultare dai colloqui da esso avuti con alcuni uomini politici ungheresi e con qualche collega di solito bene informato che quelle dichiarazioni erano da molti messe in dubbio né sembravano fossero realmente state fatte, col secondo, che da quanto eragli stato riferito esse avrebbero avuto per scopo di dare spiegazioni, basate specialmente sulle recenti esperienze dell'attuale guerra russo-giapponese, sulla potenzialità degli armamenti austro-ungarici di fronte a quelli degli altri, ma che pareva in ogni modo che nelle medesime fosse escluso qualsiasi carattere politico.

Con rapporto poi pervenutomi jeri3 il reggente del r. consolato generale in Budapest, nel ritornare sull'argomento sul quale avevagli raccomandato di continuare a riferirmi in modo circostanziato, mi informa, colle debite riserve, che, a quanto eragli stato comunicato da fonte attendibile, le dichiarazioni suddette, avrebbero avuto per oggetto anche i rapporti speciali della Monarchia coll'Italia.

Il ministro della guerra avrebbe dimostrato la grande inferiorità delle forze navali austro-ungariche di fronte a quelle italiane e la superiorità assoluta che l 'Italia, nell'eventualità di un conf1itto, avrebbe avuto sull'Adriatico. Pure ammettendo gli attuali rapporti tra le due Potenze improntati alla più sincera cordialità e riconoscendo le intenzioni pacifiche dei due Governi, il ministro avrebbe aggiunto che bisognava anche tenere conto della possibilità di un avvenire meno concorde, nel caso che il Governo italiano non potesse far fronte od opporsi ai sentimenti di gran parte della Nazione ostile all' Austria. Nell'eventualità poi di una qualsiasi azione futura dell'Austria-Ungheria nei Balcani una flotta più forte e meglio armata così come un esercito più modernamente perfetto sarebbero certo un impedimento alle velleità italiane nella costa orientale dell'Adriatico.

Il signor Bordonaro aggiunge che tali notizie sarebbero state fornite da un membro della Camera dei magnati, capo di uno dei maggiori istituti finanziari dell'Ungheria, al rappresentante di una grande Potenza in Budapest, che dietro sua richiesta giele fornì in via contìdenzialissima.

2 Non pubblicati.

3 Cfr. n. 459.

Queste informazioni, che trasmetto alla mia volta con la massima riserva. sembrerebbero dare una certa consistenza alle supposizioni da me fatte nel mio rapporto

n. 319 del 9 corrente4 , circa i crediti straordinari militari.

Come feci conoscere all'E.V., esse mi erano state suggerite dall'impressione da me ritratta da certi indizì che mi facevano supporre che qui si fosse andato formando un erroneo concetto circa le disposizioni delle popolazioni italiane, a cui si attribuivano in gran parte sentimenti ostili all'Austria-Ungheria e si avesse consequentemente il timore che i fatti passati, il ricordo dei quali non sembrava ancora del tutto deleguato, potessero ripetersi e rendere di nuovo difficili le relazioni reciproche se un Governo meno risoluto del presente fosse per essere assunto al potere.

Il Generale Ttirr, che giunse qui in Vienna da Budapest, ove dimorò durante la sessione delle dichiarazioni, da me interpellato in via confidenziale circa le dichiarazioni in parola mi fece conoscere che non aveva avuto alcun sentore di esse nei suoi frequenti colloqui coi vari uomini politici ungheresi con cui intratteneva amichevoli rapporti. E che il conte Teleki, suo figlioccio e ftglio dell'antico suo compagno d'armi nelle guerre per l'indipendenza italiana, che era stato relatore del Ministero della guerra nella Delegazione ungherese, non avevagli mai tàtto cenno di ciò. Egli non crede quindi che tali dichiarazioni siano avvenute. ma nel caso fossero state fatte non avrebbero a suo parere il significato che si potrebbe loro attribuire da noi, giacché è probabile che siano state presentate in via sussidiaria e come un argomento in più per fare pressioni presso le Delegazioni ed indurre i suoi membri a votare i crediti.

Ciò non attenuerebbe, mi sembra, la portata delle dichiarazioni stesse, nelle quali si prevede l'eventualità di un cont1itto futuro coll'Italia nel momento in cui si affermava pubblicamente dal conte Goluchowski e dai vari membri del Governo imperiale e reale che i rapporti dei due Paesi erano basati sopra una mutua tìducia. Ma se si considera d'altra parte il tenore di tali affermazioni, improntate alla maggiore schiettezza, come le ripetute note ufficiose pubblicate da questo Governo per smentire che i crediti straordinari militari contemplassero pure quei rapporti, si è indotti a credere che le notizie trasmessemi dal signor Borclonaro non abbiano un reale fondamento. E non va luogo del resto eli dubitare, sino a prova contraria, della lealtà del conte Goluchowski, eli cui I'E.V. ebbe agio eli convincersi eli persona nel convegno di Abbazia e della quale, come potei constatare, sono convinti del pari i miei colleghi.

Non tralascerò tuttavia di continuare le mie indagini e di tenere informata l'E.V. di tutto ciò che potesse giungere a mia notizia circa tale argomento e mi riserbo di conferire di nuovo in via privata ed amichevole con questo ambasciatore di Germania prendendo occasione del recente colloquio da me avuto con esso, di cui è cenno nel mio rapporto suddetto.

P.S.: Qui unita una lettera particolare per S.E. On. Tittoni5 .

; Non rim cnuta.

36R

467 1 Non pubblicato.

467 1 C'h. n. 454.

468

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1420/63. Londra, 16 giugno 1904. ore 0,40 (perv. ore 9 del 17).

Marchese Lansdowne mi ha detto che il noto progetto d'accordo per l'Etiopia gli sembrava, in complesso, accettabile, salvo pochi emendamenti, più che altro, di forma, che egli si riserva di comunicare colla traduzione inglese ora in corso di preparazione. Sua Signoria aggiunse non avere il Consiglio dei ministri di ieri avuto tempo materiale per occuparsi di quella questione, ma egli tàrà il possibile per promuovere decisione di massima nel prossimo consiglio.

Malgrado tutte le insistenze da me ravvivate nel senso delle istruzioni di VE., non mi è stato possibile indurre il marchese Lansdowne ad assumere impegni circa conclusione definitiva dell'accordo, prima di avere avuto conoscenza delle istruzioni del Governo francese. Sua Signoria mi disse che, oggi stesso, ambasciatore di Francia gli aveva riparlato per propria iniziativa, di quell'aftàre, esponendo vedute sostanzialmente identiche ai termini del nostro progetto. Cambon si era però riservato di fare conoscere, tra breve, il pensiero di Delcassé.

Avendo io accennato che il Governo francese insisterà probabilmente per introdurre qualche clausola relativa alle ferrovie, Lansdowne mi ha detto che, se una tale aggiunta eventualmente proposta da Delcassé, potesse formularsi senza alterare essenza del nostro progetto, ciò sarebbe da prendersi in considerazione. In caso contrario si potrebbe anche procedere alla conclusione degli articoli fin d'ora preveduti, e rimandare la questione ferroviaria ad un accordo ulteriore.

469

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

D. 29504/75. Roma, 16 giugno 1904.

Per opportuna notizia deli'E.V., trasmetto, qui unito in copia, un rapporto in data 5 corrente2 , col quale il r. incaricato d 'affari in Costantinopoli addita alla mia attenzione alcuni fatti che potrebbero fare ritenere che l'accordo russo-austriaco per le riforme in Macedonia non sia, ora, così completo come pel passato, oppure-il

che sarebbe ancora più grave -che la Russia, preoccupata d'altre e più dirette sue cure, non sia aliena dal disinteressarsi di ciò che accade nei Balcani, lasciando alla sola Austria-Ungheria il compito che i due Imperi eransi assunto per tacito mandato delie Potenze.

Gradirò che l'E.V. mi fornisca, sull'argomento, tutte quelle ulteriori informazioni che le sarà dato procurarsi.

Se le notizie fornitemi dal r. incaricato d'affari avessero effettivo fondamento, se, soprattutto, la Russia non fosse aliena dal ritirarsi dalla azione a due finora esercitata dai due Imperi in Macedonia, si produrrebbe, nella situazione, tale un mutamento di fronte al quale non potrebbero rimanersi indifferenti né l'Italia, né, per quanto possiamo argomentarne, le altre Potenze, sollecite, al pari di noi, della conservazione dello statu quo politico nella penisola balcanica. Imperocché, per quanto siano corretti e leali i propositi solennemente e ripetutamente dichiarati dal Governo di Vienna, non può dirsi escluso il pericolo che la forza stessa delle cose ed il cumulo di particolari interessi che avvolge l'Austria-Ungheria nei suoi rapporti con la vicina regione, imprimano alla sua azione, non più temperata dalla necessità di procedere d'accordo con la Russia, un indirizzo non conciliabile con gli interessi generali dell'Europa e con gli interessi speciali d'ogni altra Potenza. Certo è che le Potenze, finora concordi nel lasciare ai due Imperi l'iniziativa dell'opera riformatrice in Macedonia, si mostrerebbero, quanto meno, esitanti a consentire che il mandato fosse praticamente esercitato da uno solo dei due ed apparirebbe cosa cauta che l'intero concerto europeo direttamente riassumesse il compito che ad esso assegnano i vigenti trattati.

Queste sono le considerazioni, per le quali stimiamo indispensabile che il dubbio suscitato dalle notizie venuteci da Costantinopoli sia chiarito, essendo evidente che, quando tali notizie fossero accertate, si presenterebbe ovvia la opportunità di uno scambio d'idee tra i Gabinetti, acciocché si provveda convenientemente alla situazione che ne risulterebbe.

Mi sarà quindi grato se VE. vorrà indagare, se a (sic) quali informazioni costì si posseggano a tale riguardo3 , e quale sarebbe, eventualmente, il pensiero di codesto Governo, qualora le notizie nostre apparissero confermate da quelle costì possedute.

469 1 Analogo dispaccio fu inviato, pari data, a Londra con n. 29503, a Pietroburgo con n. 29505 e a Vienna con n. 29506. 2 Si tratta di un rapporto s.n. di De Martino, non pubblicato.

470

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PERSONALE 856/343. Vienna, 16 giugno 1904.

Conferii ieri, in via privata ed amichevole, con questo ambasciatore di Germania circa le informazioni fornitemi dal reggente il r. consolato in Budapest, relative alle spiegazioni confidenziali che sarebbero state date in seno alle Delegazioni dal

ministro imperiale e reale della guerra, in ordine ai crediti straordinari militari, di cui è cenno nel mio rapporto personale n. 331 del 14 corrente1 .

Il conte di Wedel mi dichiarò, nel modo più formale, che non credeva che tali spiegazioni fossero state formulate nel senso stesso col({uale mi erano sLate riferite e poteva assicurarmi che non ne aveva avuto mai da alcuno il benché minimo accenno. E credeva tanto più che non fossero state date, in quanto che sarebbe stato, da parte del Governo imperiale e reale una mancanza di fiducia verso la sua persona il !asciarglielo ignorare.

Esse inoltre non meritavano fede in quella parte in cui si faceva menzione di un'eventuale azione dell'Austria-Ungheria nei Balcani, perché era purtroppo noto a chi considerava le condizioni interne della Monarchia che queste non le permettevano, senza porre in cimento la propria esistenza, di avventurarsi in una politica di espansione, la quale le avrebbe fatto correre il rischio di una guerra colla Russia da cui la garantiva il presente accordo basato sul reciproco disinteressamento e che ed essa specialmente premeva di mantenere saldo.

Conosceva del resto troppo da vicino il generale von Pitreich per supporre che avesse mai pensato di pronunziarsi nel modo che gli si attribuiva.

l crediti straordinari militari avevano uno scopo del tutto difensivo e miravano unicamente a mettere l 'Esercito e la Marina sul piede stesso di quelli delle altre Potenze. Essi miravano quindi a tutelare la Monarchia da ogni attacco da qualsiasi parte tosse diretto contro di essa. Ma quei crediti non contemplavano affatto l'Italia e ciò poteva assicurarmelo nel modo più assoluto.

Le voci, a cui io aveva fatto allusione, non potevano essere state messe in giro che da coloro che cercavano crear diffidenze tra i due Paesi e purtroppo non ignorava che eranvi persone che lavoravano in tal senso. Sapeva, d'altra parte, avere il Governo imperiale e reale la massima fiducia nel Governo attuale ed essere convinto dell'interesse che aveva l'Italia di mantenere salda l'alleanza per pensare a premunirsi contro la velleità di aggressioni per parte di esso o per parte dei Governi che fossero per succedergli.

Era bensì vero che il movimento ostile che contro l'Austria-Ungheria esisteva in Italia avrebbe potuto dare a pensare se un Governo simile a quello precedente fosse stato assunto al potere, perché per mancanza di energia avrebbe potuto permettere dimostrazioni contrarie all'alleanza come anche forse la formazione di qualche corpo irregolare irredentista2 , contro un'improvvisa invasione del quale sul territorio deJJa Monarchia era possibile che il Governo imperiale e reale credesse doversi premunire per eventuale sua difesa.

A suo parere, il mantenimento della alleanza tra l'Italia e l'Austria-Ungheria era di una necessità inevitabile per ambedue i Paesi ed in tale senso aveva più volte parlato a questi uomini di Governo. Onde faceva d'uopo continuare ad eliminare qualsiasi cosa che potesse originare diffidenza e sapeva ch'io mi adoperava nell'interesse comune per conseguire l'intento. Ma era perciò necessario anzi tutto di porre un freno alle pubblicazioni contrarie all'Austria-Ungheria che avvenivano da qualche tempo in alcuni giornali italiani e che sembravano originare qui un certo malumore.

2 Possibile allusione ai maneggi di Ricciotti Garibaldi.

Le dichiarazioni fattemi dal conte di Wedel ed il tenore di verità, col quale vennero espresse, farebbero credere che le informazioni riferitemi dal signor Bordonaro non avrebbero alcun fondamento.

Tra queste dichiarazioni merita, mi sembra, speciale attenzione quella in cui si afferma che avrebbe considerato come una mancanza di fiducia a suo riguardo l'avergli celate le spiegazioni confidenziali del ministro imperiale e reale della guerra, se realmente fossero avvenute. Ed infatti, vista la intimità dei rapporti esistenti fra i due Governi, e lo scambio continuo di idee in cui si trovano per ciò che riguarda l'alleanza, è da supporre che, ove tali spiegazioni, che dimostrerebbero la poca fiducia che si nutre verso l'Italia, fossero state fatte, non si avrebbero certo lasciate ignorare dal rappresentante di quella Potenza, che è interessata al mantenimento dell'alleanza stessa.

Le parole dettemi dal conte di Wedel circa le disposizioni di una gran parte delle popolazioni italiane ostili all'Austria-Ungheria, come i timori da esso enunciati di eventuali oscillazioni che potrebbero subire le relazioni dei due Stati, ove un Governo meno risoluto del presente fosse assunto al potere, confermerebbero le supposizioni da me sottoposte all'E.V. col mio rapporto riservato n. 319 del 9 corrente3 .

Le conseguenze poi che, secondo esso, potrebbero derivare da una tale situazione, qualora si presentasse, cioè, la possibile formazione di corpi irregolari irredentisti e la loro invasione sul territorio della Monarchia, per quanto sembri incredibile che una tale idea abbia potuto essere immaginata, non è forse troppo azzardato il supporre che sia divisa dal Governo imperiale e reale, se si pone mente alla eccessiva sua preoccupazione per ogni minima manifestazione irredentista e se [si] considera, d'altra parte, l'osservazione fattami dal conte di Wedel circa le precauzioni che avrebbero potuto essere da esso prese per pararsi da tale eventualità.

Ma io non celai al conte di Wedel la mia sorpresa nel sentirgli emettere una simile idea, che dichiarai essere del tutto fantastica, e tale da non reggere ali' esame ponderato ed imparziale della situazione di cose da noi. Dissi infatti che non era da supporsi per un istante soltanto che potesse mai essere assunto al potere un Governo il quale avesse permesso la costituzione di corpi irregolari irredentisti e la loro invasione sul territorio austro-ungarico, perché sarebbe così venuto meno ai patti convenuti che erano la base della nostra politica presente. Ma era invero da lamentare che una tale idea avesse potuto sorgere ed esser creduta, perché dimostrava l'erroneo concetto che erasi formato circa le disposizioni delle popolazioni italiane e dei nostri uomini politici e circa i loro propositi verso l'Austria-Ungheria e l'alleanza, ciò che io non poteva che contestare nel modo più formale.

E riferendomi a quanto avevagli affermato nel precedente colloquio, gli feci rilevare, che nell'emettere quell'idea, mi sembrava, avesse dimenticato l'augusta persona del nostro re, di cui egli non ignorava gli intendimenti come la ferma intenzione di opporsi a qualsiasi cosa che avesse potuto menomare l'alleanza della quale ero propugnatore e la sua lealtà non poteva certo esser messa in dubbio da alcuno.

In complesso dalle dichiarazioni fattemi dal conte di Wedel risulta che i crediti militari straordinari non contemplerebbero affatto l'Italia, che qui si ha il sincero desiderio di mantenere e rendere sempre più intimi i reciproci rapporti e che la fidu

eia che si nutre verso l'attuale Gabinetto non sarebbe per venir meno verso quello che fosse per succedergli, se professasse uguali intendimenti.

Ma dalle dette dichiarazioni appare ad un tempo che un'identica fiducia non si nutrirebbe verso una gran parte della nostra popolazione, a cui si attribuiscono sentimenti poco favorevoli verso l'Austria-Ungheria, e che tali pretese disposizioni genererebbero qui il timore che possano avvenire, avuto riguardo alle qualità impulsive del carattere nazionale, movimenti subitanei ed imprevisti simili a quelli accennatimi dal conte di Wedel, contro i quali secondo quanto egli stesso mi fece intendere, non sarebbe impossibile che questo Governo credesse doversi premunire.

469 3 Tomielli rispose con R. riservato 1762/747 del 20 giugno, non pubblicato, di aver avuto dei colloqui con Delcassé a riguardo, riportando l'impressione che non vi fosse stato alcun mutamento in merito a quanto segnalato dal r. incaricato d'affari in Turchia.

470 1 Cfr. n. 467.

4 70 3 Cfr. n. 454.

471

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 846/337. Vienna, 17 giugno 1904.

La politica orientale dell'Austria-Ungheria è stata ampiamente trattata nella recente sessione dalle Delegazioni tanto dal conte Goluchowski quanto dal conte Tisza e venne ad un tempo commentata nei suoi particolari dai vari oratori che parteciparono alla discussione cui dette luogo.

Tale politica si concreta nel mantenimento dello statu quo e nel pacifico sviluppo degli Stati balcanici indipendentemente da qualunque azione esterna.

Ma questi principi fondamentali della politica orientale dalla Monarchia richiedono di esser elucidati per renderei conto del loro significato. Ali' Austria-Ungheria preme più che ad ogni altra Potenza in Europa l 'integrità dell'Impero ottomano perché a causa della sua vicinanza colle provincie balcaniche e degli interessi politici ed economici che ad esse la collegano qualsiasi modificazione che fosse per sopravvenire nello stato loro presente potrebbe far sorgere gravi perturbamenti a cui non rimarrebbe indifferente l'Europa e dai quali sarebbe la prima a risentirne il contraccolpo. E questa integrità tiene a mantenere perché è precipua sua cura che non si crei alla sua frontiera sud-est uno stato di cose tale da ridondare a danno della situazione non solo esterna ma anche interna della Monarchia. La necessità di fronteggiare le difficoltà risultanti dalle lotte che combattono le varie nazionalità ond'essa si compone e le aspirazioni separatiste dell'Ungheria non le permettono in vero di avventurarsi in una politica di espansione che metterebbe in questione l'edificio stesso della Monarchia. E non si deciderebbe a fare un passo verso un'azione in Oriente che nel caso soltanto in cui la sua situazione politica estera fosse in gioco. Ma non ammetterebbe che un'azione in tal senso fosse esercitata di fuori dal suo intervento da altra Potenza perché si considera insieme alla Russia la principale Potenza cui spetta di usufruire dei profitti che potrebbero risultarne alla Monarchia qualora giungesse il momento della liquidazione della questione d'Oriente.

Essa desidera bensì il pacifico e libero sviluppo degli Stati balcanici ma nel suo pensiero questo non deve svolgersi che ne Il' orbita stessa loro assegnata. Per cui esclude ogni accrescimento di territorio che fossero per conseguire il quale col dar loro maggior coesione e vitalità diminuirebbe la forza di resistenza della Turchia e disturberebbe quell'equilibrio che tiene a mantenere non tanto in vista dell'integrità dell'Impero ottomano quanto nell'interesse della propria sua situazione nei Balcani.

Per conseguenza si opporrebbe con tutta la sua forza che un forte Stato fosse per costituirsi alla sua frontiera sud-est e si fu per ciò che si adoperò nel convegno di Berlino a far modificare le stipulazioni del Trattato di S. Stefano coli 'impedire mercé l'appoggio dell'Inghilterra la formazione di una grande Bulgaria e a far ridurre il principato bulgaro a più modeste proporzioni.

La costituzione di un tal Stato le avrebbe infatti preclusa la via per Salonicco che gli preme di riservarsi libera. Quantunque qui si contesti nel modo più reciso le aspirazioni che si attribuiscono ali' Austria-Ungheria di spingersi verso quel porto il certo sì è che essa non desidera che venga sbarrata tale via che le darebbe agio di guardare al mare Egeo.

Ma non solo dal punto di vista territoriale, ma bensì anche da quello politico l'Austria-Ungheria tiene che alcun mutamento avvenga nei rapporti esistenti fra i vari Stati balcanici perché teme che possa menomare la propria influenza e creare quindi un ostacolo alle sue mire.

Non potrebbe quindi vedere di buon occhio un movimento che avesse per iscopo di riavvicinare i vari Stati balcanici e li inducesse a stringere tra loro accordi sia politici che commerciali perché questi potrebbero intralciare l'azione che crede esercitare nella penisola.

Onde non rimase indifferente alla missione dell'agente bulgaro signor Rizov a Belgrado né al recente incontro a Nisch del principe Ferdinando col re Pietro che segnò il primo passo nel riavvicinamento dei due Stati. E quantunque nell'interesse delle riforme in Macedonia avesse appoggiato presso la Sublime Porta i negoziati che condussero alla stipulazione dell'accordo turco-bulgaro non cessò di vegliare a che l'azione a Costantinopoli non fosse diretta a scopi diversi.

L'Austria-Ungheria non ignora le difficoltà che avuto riguardo alle disperate loro aspirazioni nazionali si frappongono ad un riavvicinamento sul terreno politico tra la Serbia e la Bulgaria ed il Montenegro, ciò non di meno segue con occhio vigile ogni benché minima manifestazione del Governo e dell'opinione pubblica che avviene in quei Stati e, con quell'abituale e costante sua prudenza da cui non si diparte mai, si adopera a prevenire ogni cosa che possa ridondare a suo danno ed a cui sarebbe pronta ad opporsi.

Il disinteressamento quindi al quale sembrerebbe improntata a prima vista la politica orientale dell'Austria-Ungheria non mira in fondo che al conseguimento dei suoi propri interessi. La semplice cura della sua conservazione e quella proporzione di forze che a tale scopo desidera mantenere in ciascuno degli Stati balcanici la spingono a tutelare l'integrità dell'Impero ottomano e a vigilare a qualunque mutazione che potesse succedersi circondandola di quelle cautele necessarie per volgerla ove le circostanze lo permettessero in pro della Monarchia.

Questa politica ha avuto il suo complemento nell'accordo che dopo costante lavorìo è riuscito ali' Austria-Ungheria di stipulare colla Russia il quale, basato altresì sul disinteressamento reciproco nei Balcani, può essere considerato come una specie di tregua tra le pretese colà accampate da queste due Potenze. Ed esso è di una ineluttabile necessità perché elimina almeno per ora ogni rischio di conflitto che potrebbero correre dati i motivi di divergenza esistenti tra loro che è interesse specialmente dell'Austria-Ungheria di allontanare.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

D. 29798/293. Roma, 18 giugno 1904.

Dal r. console in Innsbruck ricevo il rapporto di cui qui acchiudo copia1 e del quale desidero che V.E. prenda notizia acciocché possa amichevolmente ed officiosamente intrattenerne il conte Goluchowski.

Il pensiero nostro, che desidero sia dall'E.V. ben chiarito, è quello che qui mi preme di mettere in sodo. Noi non intendiamo punto intrometterei, come che sia, in argomento che esclusivamente spetta alla competenza della amministrazione imperiale e nel quale niun Governo ammetterebbe l'altrui intervento.

Memori di quanto accadde quando, una prima volta, fu fatto, presso l'Università di Innsbruck, l'esperimento delle cosi dette classi parallele, ci preoccupa, ed è naturale che grandemente ci preoccupi, il timore che si rinnovino i gravi disordini che si ebbero allora a deplorare, e che, come già allora, il contraccolpo se ne risenta nel Regno, mentre appunto ogni sforzo di entrambi i Governi è rivolto a che, anche tra le popolazioni, si compia quell'opera di conciliazione e reciproca fiducia che è naturale complemento dell'alleanza. Il conte Goluchowski ha, a questo riguardo, così saldo convincimento che né può dubitare della lealtà e correttezza di questo nostro passo, né sarà per adombrarsi dello avergli noi stessi, nel comune interesse, additato un pericolo a cui codesto Governo saprà certo, nella sua saviezza, apprestare, in tempo, acconci rimedì.

Del colloquio, che V.E. avrà con codesto ministro degli affari esteri, e nel quale importa che, da parte di lei, domini la nota della più fidente schiettezza, amerò di essere sollecitamente e con precisione informato2 .

472 1 L'allegato non si pubblica perchè già edito al n. 460. 2 Per la risposta cfr. n. 490.

473

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 863/348. Vienna, 18 giugno 1904.

Il noto organo clericale austriaco Das Vaterland riferisce che, giusta informazione pervenuta all'ufficio centrale della stampa cattolica, la visita fatta in Bologna dal cardinale Svampa a S.M. il re, non si troverebbe in alcuna relazione colla questione dei diritti di sovranità del papa.

A questo proposito le informazioni stesse recano che il cardinale Merry del Val ha raccomandato alla stampa cattolica di spiegare al popolo come la sovranità del pontefice sia tutt'altra cosa che il suo diritto su questo o quel territorio sottratto alla Santa Sede. Il papa potrebbe mediante un trattato cedere a un'altra Potenza una parte del territorio di sua proprietà, ma questa cessione non equivarrebbe alla rinuncia della sovranità. Il papa può disporre liberamente della sua proprietà; egli potrebbe perfino, scegliendo il male minore, conferire all'illegittimo possessore di un territorio i diritti di legittimo padrone. In altre parole, il papa potrebbe perdonare un'ingiustizia sotto certe condizioni e garanzie tollerare o sanare espressamente lo stato di cose derivato da quell'ingiustizia. Ma ciò che il papa non può assolutamente fare è rinunciare alla sua sovranità, poiché di essa ha bisogno pel posto che occupa e per la direzione libera e indipendente della Chiesa. Né Pio IX, né Leone XIII, né Pio X hanno mai sostenuto che lo Stato pontificio debba essere restaurato esattamente quale era una volta, né mai questi tre pontefici hanno negato in massima la possibilità di un'intesa con l'Italia unita.

Nel riferire aii'E.V. le notizie che precedono in vista dei numerosi e svariati commenti cui esse hanno già dato luogo anche nella stampa estera, ..

474

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

D. RISERVATO 29903/298. Roma, 19 giugno 1904.

Ho ricevuto il rapporto di V. E. in data 9 corrente n. 810/319I, circa il suo colloquio con codesto ambasciatore di Germania, relativamente alla nostra politica verso l'Austria-Ungheria.

Approvo, senza riserve, le considerazioni da lei svolte in tale occasione sui singoli argomenti toccati da S.E. Wedel, come approvo, altresì, il proposito, da lei mani

festatomi, di adoperarsi nel miglior modo per rinvigorire costì la convinzione che non solo il R. Governo, ma anche la grande maggioranza della nazione è fermamente persuasa della convenienza di mantenere inalterati e saldi gli attuali nostri rapporti coli' Austria-Ungheria.

Circa gli articoli, in senso irredentista, pubblicati dai giornali ritenuti ufficiosi, le dichiarazioni di V.E. trovano piena conferma nel tenore del mio telegramma in data l O corrente2 , col quale appunto io la pregava di far rilevare opportunamente, come il R. Governo non riconosca, in materia di politica estera, come espressione del proprio pensiero, che i comunicati ufficiali e le dichiarazioni fatte in Parlamento.

Da tali comunicati e dichiarazioni -anche recentemente confermati nel modo il più esplicito -il Governo imperiale e reale deve ritenersi pienamente edotto circa le nostre intenzioni.

È, poi, evidente che codesto stesso Governo può assai efficacemente contribuire a facilitare l'opera del Governo del re di cementare e rendere popolari i sentimenti di solidarietà e di amicizia fra i due Paesi. A ciò gioverà, oltreché l'atteggiamento del Governo imperiale e reale nelle questioni politiche d'indole generale, anche il contegno delle dipendenti autorità e delle popolazioni finitime, così che sia evitato il frequente ripetersi di incidenti rincresciosi per se stessi e pei commenti che essi sogliono provocare.

Per quanto concerne finalmente, il «lontano avvenire», al quale accenna V.E., è evidente che altro compito non ci può essere assegnato all'infuori di cooperare alla preparazione degli avvenimenti, mercé la cura quotidiana dei reciproci buoni rapporti.

Per tal modo l'intesa continuando a risultare proficua ai comuni interessi potrà, malgrado le vicende delle cose, mantenersi duratura.

474 1 Cfr. n. 454.

475

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 749/278. Londra, 19 giugno 1904 (perv. il 24).

Ho l'onore di confermare i miei telegrammi del 5 e del 15 giugno (nn. 61 e 63)1, il secondo dei quali era in risposta a quello da V.E. direttomi in data dell'8

(n. l 042)2 relativamente ai negoziati in corso con questo Governo circa l'Etiopia.

L'osservazione contenuta nel mio telegramma del5 circa l'art. l del nuovo progetto di convenzione da V. E. trasmessomi col suo dispaccio n. 231 3 , aveva per i scopo

2 Cfr. n. 453.

3 Cfr. n. 441.

di chiarire il dubbio !asciatomi dai termini del dispaccio stesso: il quale diceva essersi per quell'articolo accettata la redazione desiderata dal memorandum inglese, mentre il testo risultante dal relativo annesso riproduceva invece un inciso che quel memorandum aveva proposto di omettere. Col citato telegramma n. l 042 V.E. insisteva poi infatti pel mantenimento dell'inciso in questi::1c

Mentre faccio di ciò menzione unicamente a scanso di ogni equivoco, non occorre aggiungere che ho trasmesso al marchese Lansdowne il progetto di V.E., raccomandandone, come meglio potei, l'accettazione. Sua Signoria che vidi l'ultima volta mercoledì mi disse che si stava facendo di quel progetto una accurata traduzione inglese nella quale s'introdurrebbe qualche modificazione di forma: egli aveva, anzi già avvertito due lievi emendamenti che si riservava di comunicarmi con quella traduzione. Avendo io chiesto di che si trattasse, allo scopo, dissi, di telegrafarne a V.E., il che mi avrebbe permesso di sentire subito il parere di lei e forse risolvere senz'altro la difficoltà con reciproco guadagno di tempo, Sua Signoria mi rispose che non si trattava di modificazioni importanti tali da meritare una apposita corrispondenza per telegrafo e che, del resto, meglio valeva attendere che egli fosse in grado di presentarmi un testo completo dopo procurato il necessario assenso del Consiglio dei ministri al principio del progettato accordo. Sua Signoria non aveva avuto possibilità d'intrattenerne l 'ultimo Consiglio già assorbito da un grande numero d'importanti affari, ma sperava poter ciò fare entro la prossima settimana.

Al punto cui abbiamo condotte le cose, io credo che non sorgeranno difficoltà circa una soddisfacente redazione delle clausole sulle quali mi pare esista ormai un accordo di sostanza e non dubito che, una volta salvata questa, nemmeno V.E. troverà opportuno di perdersi in troppe discussioni attorno a qualche frase o parola non assolutamente essenziali. Ciò tanto più quanto che bisogna pure attendersi all'eventualità di taluni emendamenti ulteriori che potrebbero divenire necessari in vista della desiderata accessione della Francia a questa convenzione.

Come lo ricorderà V.E., io mi pronunciai fino dalla prima ripresa di questo negoziato, nello scorso aprile, a favore di un invito all'adesione della Francia, cercando però di far sì che l'accordo riuscisse possibilmente concretato anzitutto fra noi e l'Inghilterra, per evitare se non altro gli inconvenienti inseparabili di una discussione a tre4 . Non tardò tuttavia a dimostrarsi impraticabile una conclusione e firma definitiva, prima della partenza di M. Delcassè da Roma. Frattanto M. Cambon prese fino da un mese fa, per ordine del suo Governo, l'iniziativa di parlare a lord Lansdowne deli'affare della ferrovia di Gibuti e vi aggiunse (credo di suo) l'espressione generica del desiderio di intendersi coll'Inghilterra e con noi anche sulle questioni politiche e territoriali attinenti all'Etiopia. Andato a Parigi coll'idea di promuovere in proposito istruzioni da M. Delcassè, egli ritornò qui senza averle ottenute, perché, com'egli disse mercoledì scorso a lord Lansdowne, quel ministro non aveva ancora avuto tempo per occuparsene. L'ambasciatore però, mi disse Sua Signoria, gli aveva ripetuto come a parer suo si dovesse addivenire ad un accordo amichevole fra le tre Potenze attigue ali' Abissinia, e ciò in senso quasi identico a quello che appunto si trova essere il contenuto sostanziale del nostro progetto. Quindi lord Lansdowne non

dubitava che quando esso fosse tra noi fissato in forma concreta e così comunicato al Governo francese, questo non avrebbe avuto difficoltà di aderirvi. Che se poi quel Governo suggerisse un qualche emendamento od aggiunta, tale da non alterare l'essenza del nostro progetto, nulla impedirebbe di introdurveli. Conforme alle istruzioni di V.E. cercai con ogni argomento di insistere per indurre lord Lansdowne a procedere con noi alla firma della convenzione tosto che su questa si fosse caduti d'accordo. Gli osservai fra altro che molto probabilmente la Francia avrebbe domandato di farvi entrare qualche clausola relativa alla nota ferrovia, clausola che non si riuscirebbe tanto prontamente a stabilire visti gli impegni del Governo francese non facilmente conciliabili colle guarantigie da noi richieste. A ciò rispose lord Lansdowne che se dietro una simile proposta della Francia fosse possibile trovare riguardo alla ferrovia una formula da aggiungersi alla convenzione in termini soddisfacenti per tutte le parti, anche questo si potrebbe considerare. Che se poi ciò si vedesse essere troppo difficile, egli pensava che si potrebbe allora firmare gli altri articoli della Convenzione fra noi già stabiliti -possibilmente col concorso della Francia -e rimandare la questione ferroviaria ad un accordo ulteriore. Ma a tutti i miei argomenti lord Lansdowne insistette sempre nel replicare che, allo stato attuale delle cose, egli non poteva trovare opportuno di pronunciarsi anticipatamente su ciò che converrebbe fare di fronte alle eventuali disposizioni della Francia, prima di conoscere quali fossero codeste disposizioni.

Riservandomi di informare V.E. del seguito di questo affare5 , colgo l'occasione per offrirle, signor ministro, gli atti del mio più distinto ossequio.

474 2 Cfr. n. 458.

475 1 Cfr. nn. 447 e 468.

475 4 Cfr. n. 329.

476

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 879/356. Vienna, 19 giugno 1904.

Nell'ultimo colloquio da me avuto col conte Goluchowski il discorso essendo caduto sulla recente nota officiosa comparsa nella Politische Correspondenz il cui testo venne da me trasmesso all'E.V. col rapporto n. 827/328 del14 corrente!, egli mi parlò in via privata delle pubblicazioni contemplate in quella nota che avvenivano da qualche tempo nella Tribuna.

Lamentò la persistenza che questo giornale sembrava mettere nel segnalare ogni benché minimo incidente nel quale fossero implicati sudditi italiani ed i commenti talvolta poco benevoli dai quali si faceva seguire.

Sapeva bensì ch'esso non aveva alcun carattere officioso ma non potevasi escludere che avesse in certa guisa rapporti col R. Governo il (sic) quale si faceva riferire le

476 1 Non pubblicato.

comunicazioni officiose che credeva rendere note, ciò che induceva in errore l'opinione pubblica all'estero facendo supporre che avesse realmente carattere officioso onde quelle pubblicazioni non potevano a meno di produrre una spiacevole impressione.

Feci rilevare al conte Goluchowski che il comunicato ufficiale di cui è cenno nel telegramma di V.E. n. 1062 dell'Il corrente2 , da me riferitogli, rispondeva alle lagnanze delle quali mi aveva fatto parola. Esso dimostrava come il R. Governo ripudiasse qualsiasi pubblicazione relativa alla politica estera inserita nei giornali italiani compresa anche la Tribuna e come non si dovessero riconoscere quale espressione del suo pensiero che i comunicati ufficiali e le sue dichiarazioni al Parlamento.

Quella nota veniva quindi a far constatare chiaramente ali' opinione pubblica estera che il R. Governo doveva essere considerato non solo come del tutto estraneo a siffatte pubblicazioni ma che non gliene se poteva attribuire la responsabilità.

Al che il conte Goluchowski replicò che, se il Fremdenblatt, che non aveva al pari della Tribuna carattere officioso ma che intratteneva in certo modo col Ministero imperiale e reale i rapporti stessi che la Tribuna aveva col Ministero italiano degli affari esteri, si permettesse di fare pubblicazioni simili a quelle che comparivano di frequente in questo giornale all'indirizzo di una Potenza estera e specialmente di un Governo alleato ed amico, egli si sarebbe adoperato presso la direzione del giornale stesso perché tali pubblicazioni non avvenissero e qualora persistesse su tale linea di condotta non avrebbe esitato ad ammonirlo nel modo più severo ed avrebbe finito per rompere ogni rapporto con esso perché non gli sembrava ammissibile che le relazioni internazionali della Monarchia fossero lasciate in balìa di un giornale qualsiasi e molto meno di quello che era generalmente considerato come avente relazioni col Ministero imperiale e reale degli affari esteri.

Le osservazioni fatte dal conte Goluchowski circa le pubblicazioni della Tribuna riguardanti l'Austria-Ungheria quadrano con quelle già fattemi dal conte di Wedel e di cui resi conto nei miei rapporti nn. 81 0/319 e 856/343 del 9 e 16 correnti3 .

Nella stampa austriaca hanvi giornali che spesso si esprimono in termini poco benevoli verso l'Italia come non mancai di farlo osservare al conte Goluchowski ed al conte De Mérey e come l'E.V. ha potuto rilevare dagli articoli da me segnalati nella anteriore mia corrispondenza.

Ma devo dichiarare che dacché assunsi la direzione della r. ambasciata non mi fu dato di riscontrare nel Fremdenblatt cosa alcuna che potesse urtare la nostra suscettibilità.

Per quanto non ignori come l'E.V. e l'onorevole Giolitti si adoperino a vigilare che alcuna pubblicazione contraria ali' Austria-Ungheria non avvenga nella Tribuna tuttavia sarebbe opportuno, mi sembra, che questo giornale si astenesse possibilmente in avvenire dal fare circa le cose della Monarchia commenti poco benevoli che indispongono il conte Goluchowski, perché in vista delle considerazioni da esso accennatemi, potrebbero, ove fossero continuati, lasciare nel Governo imperiale e reale, come n eli' opinione pubblica di questo Paese, traccia di non buone impressioni e pregiudicare forse anche coll'andare del tempo, i nostri rapporti colla Monarchia.

476 3 Cfr. nn. 454 e 470.

475 5 Allegato il seguente appunto: «Si attende il testo concordato con l'Inghilterra».

4 76 2 Cfr. n. 458.

477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 29940/261. Roma, 20 giugno 1904.

Comunico la qui unita copia di un rapporto diretto in data l O corrente, dal r. consolato in Monastir alla r. ambasciata in Costantinopoli 1 , relativamente alla azione che spiegano quei consolati di Russia ed Austria-Ungheria, ed alle relazioni che passano attualmente fra i consolati medesimi.

Sarò grato alla S.V. se vorrà farmi conoscere i suoi apprezzamenti circa le cose riferite dal r. consolato in Monastir, ed informarmi se le risulti qualche circostanza che valga a corroborare le osservazioni contenute nel rapporto di cui si tratta2•

478

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1750/742. Parigi, 20 giugno 1904 (perv. il 25).

È partito, per far ritorno in Italia, il 18 corrente, S.E. Ferdinando Martini, governatore generale dell'Eritrea.

Al suo arrivo in Parigi, egli venne a visitarmi e mi disse che da S.E. Barrère era stato munito di una lettera di semplice presentazione per il signor Delcassé. Egli avea fatto pervenire tale lettera al suo indirizzo e cortesemente mi chiedeva come conveniva comportarsi per avere con questo ministro degli affari esteri un abboccamento.

In verità la lettera di presentazione era per lo meno superflua poiché S.E. Martini era stato qui altra volta, eravamo andati insieme da Delcassé e si avea avuto in quell'occasione una conversazione che toccava ad interessi nostri d'Africa de' quali allora importava qui trattare. Questa volta le cose si presentavano diversamente. Non avrei potuto assistere ad un colloquio nel quale si scambiassero idee sovra eventuali accordi fra l'Italia e la Francia relativi all'Abissinia, poiché le istruzioni di V.E. mi ingiungono di astenermi dal parlare di questo affare e per altra parte S.E. Martini desiderava invece esplorare le intenzioni di questo Governo appunto sovra questo soggetto. Consigliai pertanto al governatore generale d eli 'Eritrea di chiedere egli stesso un convegno al signor Delcassé e mi limitai a dimostrarmi con quest'ultimo informato della domanda, acciocché in lui non nascesse la supposizione che l'alto funzionario italiano avesse fatto alcunché, come suoi dirsi, dietro il dorso mio.

2 Dispaccio analogo fu inviato anche ad A varna, che rispose col n. 517.

È risultato dall'importante colloquio avuto da S.E. Martini con questo signor ministro degli affari esteri che, in questo momento, il Governo francese appoggia vigorosamente la domanda della compagnia costruttrice della ferrovia Gibuti-Harrar per la concessione del proseguimento della linea fino ad Addis Abeba. Per contro lo stesso Governo non sarebbe attualmente disposto né a domandare al negus un privilegiO generale per la costruzione di tutta la rete ferroviaria del suo Impero, né ad occuparsi della prolungazione della linea di Gibuti-Harrar verso il Kaffa. Le disposizioni generali del signor Delcassé per un'intesa con l'Italia, in vista di prevedibili eventualità in Etiopia, sarebbero inoltre risultate favorevoli 1•

Da S.E. Martini V.E. sarà probabilmente già stata informata di tutto ciò assai più particolareggiatamente. Delle cose da lui dettemi qui, prima di partire, prendo tuttavia nota in questo carteggio ufficiale perché le medesime mi suggeriscono i due seguenti riflessi.

Il R. Governo dovrà prendere evidentemente in considerazione se, dopo che a Londra si è palesata una certa ritrosia a proseguire nella trattativa a due, e dopo che nel Parlamento inglese fu indicata la questione dei rapporti relativi all'Harrar con la Francia come una omissione nel generale accordo franco-britannico, convenga a noi di trascurare le presenti buone disposizioni del signor Delcassé ritardando ogni negoziato con la Francia. Non converrebbe certamente ali 'Italia che dai suoi indugi avesse a risultarle una situazione analoga a quella che negli accordi franco-britannici è stata fatta alla Spagna circa il Marocco. Se un 'intesa si stabilisse relativamente ai possessi africani del Golfo di Aden fra la Francia e l 'Inghilterra, la riserva di un 'ulteriore intelligenza con l'Italia a tale riguardo non basterebbe a dare soddisfazione né agli interessi materiali, né sovratutto agli interessi morali del nostro Paese.

Ma nulla vi è di più pericoloso per il buon esito di un negoziato che il non avere noi stessi un chiaro e preciso concetto di ciò che col negoziato stesso si vuole conseguire. In ogni desideratum vi può essere un maximum e si può simultaneamente prevedere la accettazione di un minimum che potrebbe essere compensato da altre concessioni e condizioni delle quali giova avere un'idea ben determinata. Non dubito che il R. Governo avrà in proposito fàtto ogni studio necessario. In ogni ipotesi e principalmente in quella in cui io fossi chiamato a fare qui delle pratiche, stimerei condizione quasi assoluta di buon successo, il conoscere con precisione le intenzioni e i desideri del Governo di Sua Maestà nelle diverse eventualità prevedibili anche se della cognizione di essi non convenisse far uso nelle prime mosse. Oggidì lo stabilire accordi in termini privi d'ogni precisione può servire per aggiornare delle difficoltà, non per risolverle, né per comporre efficacemente gl'interessi internazionali. Le disposizioni del signor Delcassé e le attuali relazioni franco-italiane costituirebbero una situazione favorevole alle trattative2 .

477 1 Cfr. n. 461.

478 1 Sulle idee di Delcassé a questo proposito cfr. DDF, II serie, t. V, n. 246. 2 Allegato il seguente appunto: «Conferire col ministro e con Ciccodicola». Ciccodicola era a Roma.

479

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 378/121. Belgrado 20 giugno 1904

(perv. il 6 luglio).

L'incontro dei due sovrani, di cui ho prevenuto V. E. col mio telegramma n. 31, del 17 giugno corrente 1 , è stato improntato ad una cordialità anche maggiore di quella che caratterizzò il convegno di Nisch.

Esso fu preparato alcuni giorni prima pel tramite di questo agente bulgaro, colonnello Hessaptcheff.

S.M. il re Pietro, accompagnato dal ministro degli affari esteri e da' suoi aiutanti, ricevè il principe di Bulgaria alla stazione, e, montato col seguito nel treno principesco, lo accompagnò fino a Resnik a circa 25 minuti da Belgrado. Quivi, arrestatosi il treno, i due sovrani rimasero ancora in privata conversazione altri 30 minuti, dopo i quali il principe Ferdinando fe' chiamare il signor Pachitch che rimase coi principi altri 15 minuti. Il colloquio ebbe così una durata di oltre un'ora.

Sull'oggetto di questa seconda intervista, così questo ministro degli affari esteri che il signor Hessaptcheff, mantengono la più grande riserva. Il signor Pachitch, anzi, per mezzo della ufficiosa, Samouprava, e della Neue Freie Presse di Vienna, ha cercato di toglierle ogni speciale significato, riducendola ad un semplice atto di cortesia verso un sovrano amico di passaggio sul territorio serbo.

In tale assenza di informazioni è pertanto prematura ogni congettura sugli argomenti trattati in questa circostanza dai due principi, mentre è superfluo rilevare il significato de il'incontro come una nuova e più notevole manifestazione dell'intesa serbo-bulgara.

Quello di cui posso informare V.E. è che queste due interviste hanno fatto nascere fra i due sovrani un reciproco sentimento di fiducia ed una cordialità di rapporti personali che non avranno poca influenza sulla solidità e fermezza del nuovo orientamento politico de' due Stati.

Mi diceva infatti il signor Hessaptcheff che accompagnò oltre Resnik il principe Ferdinando, che questi gli espresse ripetute volte tutta la sua soddisfazione per questo secondo incontro, facendo le più grandi lodi del re di Serbia, del quale riportava un'impressione di alta stima e di perfetta lealtà. Egli avrebbe aggiunto: «Del resto il re Pietro gode l'amicizia del re d'Italia, e la conoscenza che io ho di S. M. il re Vittorio Emanuele mi fa sicuro delle persone alle quali egli accorda la sua fiducia».

Parlando della politica generale balcanica, il principe, sempre secondo quanto mi ha riferito confidenzialmente l'agente bulgaro, gli avrebbe detto che, secondo il suo concetto, questa lega degli Stati slavi non doveva trovare la sua base d'appoggio né in Russia né in Austria, ma in Italia, la quale sola poteva porre in armonia i grandi interessi ch'essa aveva nei Balcani con quelli dei tre Stati balcanici.

Queste parole del principe, le quali concordano con le istruzioni che questo agente bulgaro ha dal suo Governo di tenersi in amichevole contatto col rappresentante d'Italia, mi danno occasione di far rilevare che non diverse sono verso di noi le disposizioni del Governo di Belgrado, nel quale, senza allontanarmi dalla prudenza consigliata dal sistema delle nostre alleanze, mi sono adoperato, più che non abbia scritto, a far nascere e mantenere il sentimento che nell'Italia esso deve vedere la più sincera e disinteressata tutrice delle pacifiche aspirazioni degli Stati balcanici.

Se però le correnti popolari così in Serbia che in Bulgaria restano e rimarranno per un pezzo russofile, le tendenze dei governanti ad orientare verso l'Italia la futura loro politica, si va accentuando in modo da richiamare tutta l'attenzione del Governo di Sua Maestà, specialmente quando le grandi probabilità di riuscita che hanno le trattative per una triplice balcanica, possono dar vita ad un gruppo politico che per forza militare e situazione geografica è destinato a spostare i termini della questione di Oriente2 .

479 1 T. 1433/31 del 17 giugno, non pubblicato.

480

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1450/137. Vienna, 22 giugno 1904, ore 3,25.

Nigra, che fu oggi ricevuto dall'imperatore, mi prega di telegrafare a V.E. quanto segue: «Imperatore lo ha ringraziato di essere venuto a prendere congedo da lui. Gli manifesta a più riprese la sua favorevole impressione sulla condotta del

R. Governo italiano nei rapporti co !l'Austria-Ungheria che, per parte, sua, desidera improntati a mutua fiducia. Lodò l'attitudine del ministro Tittoni, mostrandosi assai soddisfatto del convegno di Abbazia, ed apprezzò, con elogio, le ultime dichiarazioni di Giolitti e l 'accoglienza loro fatta nella Camera dei deputati. Si informò della salute del re e della regina, esprimendo lieti auguri pel prossimo felice evento nella Rea! Casa e volle essere specialmente ricordato alle Loro Maestà».

479 2 Sul riavvicinamento in atto fra gli Stati balcanici. che vedevano nell'Italia la loro guida, sull'azione svolta a Roma in questo senso dal ministro di Serbia e sulle esitazioni di Tittoni, riferiva Barrère a Delcassé il IO luglio (DDF, II serie, t. V, n. 255).

481

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1449/107. Berlino, 22 giugno 1904, ore 11 (perv. ore 13,05).

Biilow trovasi Kiel con l'imperatore vi rimarrà fino dopo la visita del re Edoardo; non ho quindi potuto parlare con lui al mio ritorno, ma già ieri ho avuto occasione ripetere a barone Richthofen quelle tra le cose dettemi costà dall'E.V. e dal presidente del Consiglio che io potevo riferire allo scopo di dissipare le tracce di passati malintesi e delineare francamente gli scopi della nostra politica verso la Francia Austria-Ungheria Vaticano ecc. Pregai barone Richthofen di riferire le mie parole al cancelliere dell'Impero e di fare giungere a S.M. l'imperatore che non mi è possibile vedere ora le espressioni affettuose che S.M. il re mi ha affidato incarico di trasmettergli: barone Richthofen prese atto delle mie comunicazioni con manifesta compiacenza. Rilevando le allusioni da me fatte alla nervosità di Monts, mi disse che gli ultimi rapporti di lui erano più calmi e riferivano (io suppongo in seguito a conversazione con V.E.) cose le quali quadravano con quanto io ripetevo qui. Non dubito così continuando si riuscirà a rimettere le relazioni del Governo del re col Governo imperiale e con Monts, su quel piede di cordialità e di mutua fiducia che è indispensabile tra amici e alleati in presenza dei gravi problemi che possono sorgere nell'orizzonte politico internazionale.

482

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ATENE, BOLLATI

D. RISERVATO S.N. Roma, 22 giugno 1904.

Il r. console generale a Janina, con rapporto riservatissimo del 14 corrente,

n. 741 , mi riferisce circa positivi indizi che farebbero supporre l'esistenza di uno speciale accordo segreto fra l'Austria e la Grecia concernente quelle regioni, del quale non si conoscono le basi, ma che sarebbe inteso a danno della Turchia, delle aspirazioni degli albanesi musulmani e della influenza italiana.

Per neutralizzare l'azione concorde dell'Austria-Ungheria e della Grecia, il cav. Mille lire propone che l 'Italia abbia ad adoperarsi, opportunamente, allo scopo di assumere la protezione ufficiosa degli albanesi musulmani.

Ho risposto2 a quel r. console generale che la nostra azione, in ogni ipotesi, non potrà, allo stato attuale delle cose, esplicarsi altrimenti che in linea di fatto e con ogni

2 Con D. riservatissimo 30487/43 del 22 giugno, non pubblicato.

cautela, in conformità dei propositi da noi più volte manifestati; cioè col più scrupoloso rispetto della sovranità locale e col solo scopo di cooperare, anche in tal guisa, al mantenimento dello statu quo.

Benché la notizia fornitami dal cav. Millelire meriti conferma, desidero tuttavia che la S.V. si procuri, possibilmente, e con le debite cautele, il modo di accertarne il maggiore o minore fondamento, riferendomi indi il risultato delle sue indagini con ogni opportuno particolare3 .

482 1 R. 273/74 del 14 giugno, non pubblicato.

483

IL VICECONSOLE A BENGASI, MONDELLO, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

R. RISERVATO 146/79. Bengasi, 22 giugno 1904.

Il 21 corrente è arrivato il piroscafo ottomano «Bahri Gedid» della compagnia Mahsoussé proveniente da Costantinopoli Smirne, ed ha subito sbarcato dieci cannoni Krupp, cioè sei piccoli da montagna e quattro da campagna coi relativi affusti, e 460 colli contenenti munizioni e vestiario militare per la guarnigione -che insieme furono trasportati alla grande caserma della Berka, sita a tre chilometri dalla città.

L'artiglieria di Bengasi è ora quindi costituita di 22 cannoni sistema Krupp, e cioè 12 da montagna e l Oda campagna.

Si crede che da ora innanzi la compagnia Mahsoussé tàrà un servizio regolare mensile, tendente ad allacciare più intimamente le coste della Cirenaica e della Tripolitania con Costantinopoli.

Tale vapore parte oggi per Tripoli con a bordo unferik (tenente generale) che si crede inviato costà in esilio da Costantinopoli.

Il piroscafo italiano proveniente da Malta ha altresì sbarcato una nuova ingente quantità di materiale telegrafico destinato alla costruzione della linea telegrafica Bengasi-Syrte, i cui lavori procedono alacremente. Fra cinque mesi Bengasi potrà comunicare telegraficamente con Tripoli.

È arrivato altresì un ispettore d'artiglieria coll'incarico di verificare lo stato dei fucili e dei cannoni, e una commissione per la verifica della contabilità militare.

Questi fatti, l 'imminente partenza del mutessarref per il confine orientale della Cirenaica, come pure il rinnovamento di alcuni servizi amministrativi, quali il catasto, l 'ispettorato scolastico ecc. ecc., sono una indubbia prova del risveglio delle autorità ottomane da quella specie di letargo in cui parevano cadute -e che sembrava dovesse dar credito alle voci insistenti di una prossima fine della dominazione ottomana in queste regioni. E si direbbe che i giornali italiani, i quali dalle loro

482' Analogo dispaccio fu inviato in pari data ad Avarna, che rispose con R. 1070/473 del 24 luglio, dicendo di ritenere infondata la notizia comunicata dal console di Janina. La risposta di Bollati non è stata trovata.

colonne si mettono in tasca due volte al giorno la Cirenaica e la Tripolitania, trovan piacere a destare i turchi dal sonno.

484

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1459/109. Berlino, 23 giugno 1904, ore 5,20.

Mi riferisco alla corrispondenza circa il noto decreto kediviale per le finanze egiziane. Malgrado l'adesione data dalle varie Potenze a quel decreto, la Germania non era disposta ad accordare incondizionatamente la sua adesione, i relativi negoziati di cui è parola nel rapporto n. 285, dell'8 corrente 1 , sono stati laboriosi; essi hanno ora avuto termine. L'Inghilterra ha fatto alla Germania in Egitto la stessa posizione giuridica di cui gode la Francia in virtù dell'accordo dell'8 aprile u.s. Questo è venuto a dirmi iersera il barone Richthotèn, che mi ha aggiunto aver il Governo imperiale espresso a Londra l'opinione che della posizione giuridica della Germania e della Francia in Egitto dovranno profittare anche le altre Potenze. La notizia della intesa anglo-germanica è ancora segreta e barone Richthofen prega che non ne sia fatta parola finché essa non sarà data da Londra.

485

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO

D. CONFIDENZIALE 30600/296. Roma, 23 giugno 1904.

Segno ricevuta e ringrazio la S.V. del rapporto in data 12 corrente n. 231 1 relativo alla Tripolitania.

Le voci da lei riferitemi come costà correnti che, in seguito ad intese colla Francia, l'Italia intenda procedere alla occupazione della Tripolitania non hanno il benché menomo fondamento.

Non esiti quindi la S.V. a smentirle ogni qual volta le si presenti opportuna occasione.

Per quella qualsiasi relazione che potesse avere colla cosa dalla S.V. partecipatami, le trasmetto, ad ogni buon fine, nel testo cifrato, il telegramma giuntomi, in data del 17 giugno dal r. consolato in Tripoli 2•

484 1 Non pubblicato. 485 1 Cfr. n. 464. 2 T. 1428/8 del 17 giugno, non pubblicato, con il quale il r. consolato dava notizia del prossimo arrivo a T ripoli di un vapore otto mano recante il generale Abdullah in ispezione militare e armamenti vari.

486

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 769/284. Londra, 2 3 giugno 1904 (perv. il 28).

Ho l'onore di confermare a V.E. il mio telegramma di oggi!, col quale l'ho informata della comunicazione fattami dal marchese di Lansdowne circa il nostro progettato accordo per l'Etiopia. Sua Signoria mi disse che avendone egli intrattenuto i suoi colleghi nell'ultimo consiglio di Gabinetto questo si era pronunciato favorevole in massima a quell'idea, nella quale esso aveva riconosciuto, oltre ad una reciproca guarentigia di interessi comuni, anche l 'occasione di dimostrare la soddisfazione provata dal Governo britannico nell'aderire ad un desiderio manifestato dall'Italia. E il ministro mi consegnò, secondo la già fattami promessa, il testo del progetto di convenzione che qui ho l'onore di compiegarle nell'originale inglese2 , colla preghiera di sottoporre ali 'approvazione di VE. gli emendamenti, ci disse, più che altro di forma, da esso risultanti in confronto del progetto da me ultimamente comunicatogli.

Fremendomi di tosto far giungere questo documento sotto gli occhi di V.E. non ho agio di qui entrare in un esame delle modificazioni di cui si tratta, le quali del resto si riferiscono soltanto, per qualche parola, al preambolo, e quindi ai nostri articoli V e VI (che nel progetto inglese diventano IV e V, per il fatto del rinvio in fine del nostro articolo I).

Come lo annunciai nel mio telegramma, l'emendamento all'articolo V (ora IV) risulta dalla aggiunta specificazione degli interessi dell'Inghilterra e dell'Egitto nel bacino del Nilo, i quali si dichiarano «consistere nel possesso del controllo indisputato sulle acque di quel fiume e dei suoi affluenti».

Circa l'articolo VI (ora V), l'introduzione delle parole «before it is finally settled» risponde alle intenzioni, che già ebbi occasione di riferire, del marchese di Lansdowne a tale riguardo e sulle quali non mi occorre qui ritornare. Sua Signoria mi ripeté che egli teneva a conoscere le disposizioni del Governo francese, delle quali M. Cambon (ora ripartito per Parigi) gli aveva annunciato prossima comunicazione, dopo di che si potrebbe fra noi considerare la condotta da tenersi a seconda dei casi3 .

2 Dell'allegato si pubblicano qui solo gli articoli IV e V, che sono oggetto delle considerazioni di Pansa. «(IV). In the event ofthe disintegration ofthe Ethiopian Empire, the two Govemments will co-operate with a view to an eventual territorial rearrangement, based on the agreements enumerated in article (!), but modified in such a way as may be considered necessary for safegarding the interests of Great Britain and Egypt in the basin of N ile, which consist in possessing undisputed contro! over the waters of the river an d its affiuents, an d those of Italy in Ethiopia as regards Erythraea an d Somaliland (including the Benadir), the object being to secure to Italy free communication between these possessions. (V). The present agreement shall remain secret. The two powers will, however, communicate it in confidence to France before it is finally settled with a view to obtaining her adherence».

3 Allegato c'è un appunto di Agnesa: «Bisogna completare l'articolo IV. Per il resto sono modificazioni di forma. Concordare con Ciccodicola».

486 1 T. 1460/68 del 23 giugno, che non si pubblica in quanto anticipa ciò che è detto più ampiamente nel testo.

487

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1469/110. Berlino, 24 giugno 1904.

La Germania, dopo di aver regolato la sua posizione in Egitto, si occupa di quella che l'accordo anglo-francese dell'8 aprile scorso fa, sul terreno economico, alla Francia nel Marocco, e sta studiando approfonditamente allo scopo di evitare che tale posizione vada a detrimento di quella di altre Potenze.

Partendo dal concetto che l'Italia e la Germania hanno interessi d'ordine economico analoghi nel Marocco, la Germania desidera procedere, d'accordo con noi, in siffatta questione, e vorrebbe quindi l'Italia si astenesse dal fare isolatamente a Parigi qualsiasi passo che possa pregiudicare una eventuale azione a tutela degli interessi reciproci.

Questo mi ha detto confidenzialmente stamane il barone Richthofen, aggiungendo che comunicazione analoga veniva fatta al mio collega di Austria-Ungheria, allo scopo di raggiungere, a questo riguardo, una intesa delle tre Potenze e una conseguente eventuale azione comune, a differenza di quanto è accaduto per il decreto kediviale1•

488

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 912/377. Vienna, 24 giugno 1904.

Il conte Goluchowski mi disse, nel colloquio che ebbi ieri con esso, che considerava colla massima indifferenza il nuovo incontro che aveva avuto luogo di recente tra il principe Ferdinando e il re Pietro, come quello che si annunziava sarebbe avvenuto in occasione della partenza del principe per l'estero.

Nonostante le dichiarazioni di reciproca simpatia, di cui la stampa dei due Paesi si rendeva ora interprete, le rispettive popolazioni si detestavano a vicenda a causa delle disparate aspirazioni nazionali che accampavano, le quali erano a suo parere d'impedimento a quell'intesa che sul terreno politico i due Governi cercavano di stipulare.

Ma anche qualora essi riuscissero, col dissipare le diffidenze esistenti, a conciliare le loro aspirazioni nazionali, ciò che credeva irrealizzabile, e ad addivenire conseguentemente a tale intesa, questa non gli avrebbe dato a pensare, ma sarebbe stata

da esso considerata con uguale indifferenza, perché non avrebbe potuto avere alcun risultato pratico.

L'apparente indifferenza colla quale il conte Goluchowski sembra giudicare gli ~:u•u c;.c: ~· iawiU ora tra ta ~erma e la tiulgana per rendere p1u mtimi i loro rapporti, non risponde alla politica che questo Governo segue di fronte agli eventi che si succedono in quei Paesi. Questa politica lo porta infatti non già a disinteressarsi dai medesimi, bensì a vigilare attentamente ogni passo che fosse da loro dato, e ad astacolarlo all'evenienza, per impedire che sia diretto ad intralciare quell'azione che crede dovere esercitare nella penisola a tutela dei propri interessi.

487 1 Allude al decreto che modificava il regime internazionale del debito pubblico egiziano.

489

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1072/194. Budapest, 24 giugno 1904.

I delegati ungheresi per i negoziati commerciali con l'Italia si preparano a partire in questi giorni per Roma, dopo avere ricevuto dal Governo le istruzioni necessarie. Su tali istruzioni si serba il più assoluto segreto. Il conte Tisza, recatosi due volte a Vienna per conferire col ministro degli esteri e coi rappresentanti del Governo austriaco, è tornato ieri sera e si dice che sussistano ancora delle differenze di vedute tra i due Governi.

Ho avuto occasione di interrogare in proposito una persona competente e di solito bene informata, la quale mi ha affermato che anche il Governo ungherese sarebbe disposto ad accordare un trattamento di favore a una data quantità di vino italiano, a condizione di non urtare menomamente il principio della nazione più favorita. Ritenendosi che una formula che risponda a queste condizioni non sia possibile, si è convinti che l'Italia finirà per rinunciare ad ogni pretesa sul vino. Il Neues Pester Journal commentando le voci sulle gite di Tisza a Vienna, dice che si ha il diritto di sperare che a Roma non si pretenda l'impossibile circa il dazio sul vino, per non rendere ancora più difficili i negoziati 1•

489 1 Il negoziato si svolse durante l'estate a Vallombrosa e a Roma e si concluse il 21 settembre con la stipulazione di un accordo provvisorio. Cfr. TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., pp. 282-283.

490

L'AMBASCIATOREA VIENNA,AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 924/384. Vienna, 2 5 giugno 1904 (perv. il l0 luglio).

In conformità alle istruzioni impartitemi col dispaccio n. 293 del 18 corrente1 , io ebbi cura d'intrattenere, in via amichevole ed ufficiosa, il conte Goluchowski dell'argomento in esso trattato e, ricordando quanto accadde nello scorso anno presso l'università di Innsbruck in occasione de li'esperimento delle così dette classi parallele italiane, gli manifestai il timore che i gravi disordini che allora si ebbero a lamentare non si rinnovino nel prossimo autunno e se ne risenta come allora il contracolpo nel Regno.

Dissi che non era mia intenzione di intromettermi in una questione che spettava unicamente alla competenza deli'amministrazione imperiale e nella quale n i uno Governo potrebbe ammettere l'altrui intervento, ma che credeva, nel comune interesse ed in quello dell'opera di conciliazione e di reciproca fiducia tra le popolazioni, eh'era naturale complemento de li'alleanza ed a cui erano rivolti gli sforzi dei due Governi, di rappresentargli tale pericolo affinché il Governo imperiale e reale nella sua saviezza apprestasse in tempo quei rimedi che credesse più acconci.

Il conte Goluchowski mi ringraziò per tale comunicazione, di cui m'informò non avrebbe mancato di parlare al presidente del Consiglio austriaco. Ma evitando di entrare in particolari, aggiunse che qualora avvenissero disordini questi sarebbero stati repressi.

491

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Vienna, 25 giugno 1904.

Nel colloquio da me avuto jeri col conte Goluchowski circa la visita del generale De Giorgis in Uskub, di cui è cenno nel mio rapporto n. 387 in data d'oggi 1 , egli venne a parlarmi, in via privata ed amichevole, del contegno che il generale terrebbe nel nuovo suo ufficio.

Gli risultava che egli si comportava in modo non molto amabile verso le persone con cui era in contatto e pareva non volesse avere rapporti seguiti cogli aggiunti civili e militari. D'altra parte egli era divenuto troppo pascià turco.

49 I 1 R. 928/387 pari data, non pubblicato, che dava notizia dei rilievi critici di Goluchowski sul contegno tenuto dal generale De Giorgis a Uskub.

Avendogli chiesto di precisare maggiormente il suo pensiero indicandomi qualche fatto positivo al riguardo, mi rispose che non poteva entrare in troppi particolari, ma che ciò appariva dal suo modo di essere e citò ad esempio un invito a pranzo rivoltogli dal signor von Mtiller, che il generale De Giorgis avrebbe rifiutato di accettare dichiarando di essere obbligato di partire nella sera stessa in cui il pranzo doveva aver luogo.

Dalle cose dettemi dal conte Goluchowski e da alcune parole sfuggite al signor de Mérey, vari giorni prima del colloquio suddetto, sembrerebbe che qui non si sia gran che soddisfatti del generale De Giorgis per la condotta che si pretende tenga di presente, come per quella che avrebbe tenuta in alcune sedute della Commissione militare allorquando venne in discussione la quistione del comando effettivo degli ufficiali esteri nella gendarmeria ottomana. E a questo proposito il signor de Mérey mi fece intendere che il generale De Giorgis si farebbe dell'ufficio affidatogli un'idea superiore a quella che in realtà aveva e che sebbene fosse stato assunto al medesimo per volontà delle Potenze, egli non era che un funzionario al servizio della Turchia.

Ho creduto, per ogni buon fine, riferire quanto precede all'E.V., in via del tutto personale.

490 1 Cfr. n. 4 72.

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA 1

T. 1145. Roma, 2 6 giugno 1904, ore 12,30.

Il generale Morra al quale avevo diretto telegramma identico a quello n. 1130 spedito alla E.V2 . mi risponde avergli il conte Lamsdorff dichiarato di essere pienamente concorde con me sulla necessità precedente intesa Gabinetto e di ritenere oggi prematura richiesta aumento ufficiali non essendosi ancora potuto provare colla esperienza insufficienza numero attuale. *Non ho bisogno di rilevare la palese contraddizione fra queste dichiarazioni e quelle fatte dal conte Goluchowski. Ciò comunico a

V.E. riservatamente per sua notizia e per eventuali caute indagini, riservandomi di mandarle opportune istruzioni*.

2 T. confidenziale 1130 del 23 giugno, non pubblicato, con il quale Tittoni dava istruzione di comunicare ai Governi russo e austriaco, la necessità di un preventivo accordo circa la questione di un aumento del numero di ufficiali di stanza in Macedonia.

492 1 Ed., con alcune varianti e l'omissione del passo fra asterischi, in LV 104. p. 21 O.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

T. 1148. Roma, 26 giugno 1904, ore 14.

Avendo avuto notizia da Costantinopoli della probabilità che gli ambasciatori d'Austria e di Russia facessero un passo presso la Sublime Porta per ottenere un aumento degli ufficiali stranieri addetti alla riorganizzazione della gendarmeria, ho incaricato i rr. ambasciatori a Vienna e a Pietroburgo d'indagare le opinioni di quei Governi e di sottoporre l'opportunità di una precedente intesa fra i due Gabinetti. A far ciò mi spingeva anche il fatto che il generale De Giorgis si dichiarava contrario per il momento ad accrescere numero ufficiali per ragioni tecniche. Alle richieste del duca Avarna il conte Goluchowski ... (come nel telegramma a Costantinopoli n. 1147 fra i due segni rossi)2 . *Non ho bisogno di far rilevare alla

E.V. la singolarità e l'importanza di questa palese contraddizione. Tanto più che già mi erano stati denunciati dal r. incaricato d'affari a Costantinopoli altri indizii di men completo accordo fra i due ambasciatori. Di fronte a tutto ciò mi pare indispensabile che l'azione dei nostri rappresentanti a Costantinopoli diventi ancor più oculata. Preme sovratutto di accertare se la constatata contraddizione sia il risultato di una divergenza di vedute o di un crescente disinteressamento della Russia. In questa seconda ipotesi che credo la più verosimile ci avvieremo ad una situazione di cose per la quale all'azione dell'Austria e della Russia, nella quale le altre Potenze trovavano la loro garanzia nell'opposizione stessa degli interessi austriaci e russi, si sostituirebbe l 'azione isolata del!' Austria.* lo desidero che intrattenendo di tutto ciò confidenzialmente *ma francamente* il marchese Lansdowne, ella ne chieda e ne scruti l'intendimento *avvertendolo che nessun'altra comunicazione di tal genere ho fatto ad altri Gabinetti e che attendo la sua risposta per decidere sulla linea di condotta da assumere che io vivamente desidero di concordare con l'Inghilterra.* Sarà intanto da decidere ciò che convenga particolarmente di fare in ordine alla iniziativa austriaca dell'aumento di ufficiali, sia nella ipotesi che si tratti di una iniziativa isolata, sia nella ipotesi che si tratti di una iniziativa comune alla Russia. *Sarebbe opportuno che istruzioni nel senso di questo telegramma fossero date dal Governo inglese al proprio ambasciatore a Costantinopoli come io le ho date in cauta forma al nostro incaricato d'affari, invitando li a rimanere in rapporto col signor O'Conor. *

493 1 Ed., con molte varianti e l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 104, pag. 212. 2 Cfr. n. 494, da «Ii conte Goluchowski rispose ...» a «numero attuale».

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO 1

T. 1147. Roma, 26 giugno 1904, ore 14,35.

In seguito rapporto S.V. n. 2382 , ho telegrafato a Vienna e a Pietroburgo3 per accertarmi sulle intenzioni dei due Governi relativamente aumento ufficiali e per sottoporre opportunità precedente intesa Gabinetti.

Il conte Goluchowski rispose4 essere opinione concorde Austria Russia necessità aumento ufficiali anche per estendere riforme altri distretti. Aggiunse non credere opportuno questione formasse oggetto esame Gabinetti per non complicare ritardare questione mentre ambasciatore Costantinopoli aveva già ricevuto istruzioni chiedere aumento e supponendo domanda già fatta Sublime Porta. Il conte Lamsdorff si sarebbe invece espresso col generale Morra5 in senso opposto dichiarandosi pienamente concorde con me sulla necessità precedente intesa Gabinetti e ritenendo oggi prematura richiesta aumento ufficiali non essendosi ancora potuto provare colla esperienza insufficienza numero attuale. Mentre reco ciò confidenzialmente a comunicazione della S.Y., la prego di voler cautamente indagare come si sono svolte e si svolgeranno le cose costì e particolarmente se effettivamente la richiesta alla Sublime Pmta venne fatta dal barone Calice, e se venne fatta da lui solo o in unione all'ambasciatore di Russia. *Premerebbe di poter accertare questa contraddizione di vedute sia l'oggetto del disinteressamento della Russia o di una divergenza di vedute fra le due Potenze. Ella potrà a tale proposito porsi confidenzialmente in rapporto con l'ambasciatore d'Inghilterra*6 .

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1149. Roma, 26 giugno 1904, ore 14,45.

Prego ringraziare Richthofen per la sua amichevole comunicazione circa il Marocco1• Non abbiamo fatto, né, per il momento, avremo intenzione di fare, a tal riguardo, passo alcuno a Parigi, donde, del resto, nulla ci fu significato, circa il

2 Non rinvemtto.

3 Cfr. n. 492, nota 2.

4 Così riferì A varna con T. 1472/141 del 24 giugno, non pubblicato.

' Morra ne informò Tittoni con T 1476/4 l del 25 giugno, non pubblicato.

6 Analogo telegramma tù inviato a Morra di La v riano che rispose con T. l 494 del 30 giugno e più distesamente con R. 316/143 del 2 luglio, entrambi non pubblicati. Per la risposta di De Martino, cfr. n. 496. 495 1 Si riferisce al n. 487.

Marocco, dopo il recente accordo anglo-francese. Accettiamo ora ben volentieri la proposta di Richthofen di nulla fare, in vista dei nostri interessi economici al Marocco, senza avere prima proceduto ad uno scambio di idee con la Germania e l'AustriaUngheria. Attenderemo, a tal fine, le ulteriori comunicazioni che codesto Governo ci vorrà rivolgere nel momento opportuno.

494 1 Ed., con alcune varianti e l'omissione del passo fra asterischi, in LV 104, p. 211.

496

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1487/111. Therapia, 27 giugno 1904, ore 11,55.

Rispondo suo telegramma n. 114 71•

Ambasciatore d'Austria-Ungheria non presentò ancora domanda aumento ufficiali. Secondo notizie indirette pervenute ambasciatore d'Inghilterra, barone Calice intenderebbe previamente sottoporre domanda generale De Giorgis.

Incaricato d'affari di Russia, interrogato da O'Conor, si mostrò persuaso necessità attenersi direzioni De Giorgis, ed è pertanto contrario aumento ufficiali. È preferibile che io non parli di ciò col barone Calice, poiché mi troverei in imbarazzi, se richiesto ufficiale De Giorgis per aumento ufficiali.

Circa domanda contenuta ultima parte telegramma di V.E. citato, ho l'onore di rispondere che, sebbene sia da supporre che, in seguito avvenimenti in Estremo Oriente, la Russia tenda disinteressarsi alquanto affari Macedonia, non se ne poterono constatare, però, qui, finora, indizi precisi; essendosi tuttavia, verificate in taluni punti speciali divergenze fra le ambasciate d'Austria-Ungheria e di Russia, è piuttosto da ritenersi che, circa questione aumento ufficiali, sia parimenti avvenuto disaccordo di vedute. Tale è pure avviso ambasciatore di Inghilterra. Avrò cura comunicare a V. E. altri indizi che, al riguardo, venissero a mia conoscenza.

497

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 925/385. Vienna, 28 giugno 1904 (perv. il 1° luglio).

A complemento delle infonnazioni da me comunicate all'E.V. col rapporto del 22 corrente n. 884/361 1 circa il progetto di separazione delle cattedre italiane da quelle tedesche ali 'università di Innsbruck, ho l'onore di farle conoscere che, giusta rag

497 1 Non pubblicato.

guagli assunti in via riservata presso il Ministero dell'istruzione da persona di mia fiducia, i corsi italiani avrebbero bensì un decano loro proprio, ma questi sarebbe sottoposto per ogni riguardo, anche per quello dell'insegnamento, al decano dell'università in modo che si tratterebbe piuttosto di un titolo pro forma che di effettive funzioni da conferirsi al sovrastante de' corsi italiani.

Inoltre, i nuovi corsi costituirebbero bensì una sezione italiana, ma non avrebbero il carattere di facoltà. Infatti le facoltà, anche se composte di due soli corsi, non possono venire istituite che per legge. Quanto ai locali nessuna modificazione verrebbe introdotta e i corsi italiani continuerebbero ad esser tenuti nelle aule esistenti nell 'università.

Trattasi in ogni modo di un provvedimento provvisorio, la questione non potendo venir risolta che dal Parlamento, dal quale dipende. Si dubita però che anche tale provvedimento provvisorio possa venire adottato, vista la viva opposizione eh' esso incontra da parte degli studenti tedeschi, che già tennero riunioni in proposito ad Innsbruck ed a Graz e vista la possibilità di disordini cui potrebbe dar luogo al riaprirsi dell'università.

A quanto sembra i deputati italiani non sarebbero contrari al progetto in questione, che accetterebbero soltanto come una disposizione transitoria atta a preparare il terreno pel trasferimento dei corsi italiani e forse per l'istituzione di una università a Trieste.

496 1 Cfr. n. 494.

498

L'AMBASCIATOREAVIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 949/401. Vienna, 10 luglio 1904 (perv. il 6).

Il Fremdenblatt ha pubblicato oggi una corrispondenza da Roma, attribuita ad un uomo politico italiano ed intitolata «Il bilancio militare italiano e la politica estera dell'Italia», in cui, prendendosi occasione dalla discussione del bilancio della guerra nel nostro Parlamento e dal contegno osservato in questa circostanza dai partiti estremi della Camera italiana, si vuoi dimostrare che ora più che mai l'Italia deve considerare la Triplice Alleanza come il pemio della sua politica estera.

Dopo la partenza del signor Loubet da Roma, osserva la corrispondenza suddetta, e non appena cessati gli entusiasmi destati da quella visita, si incominciò a domandarsi nella stampa come pure ne' corridoi di Montecitorio quali fossero i risultati della nuova politica estera italiana e si giunse a concludere che senza aver nulla ottenuto dalla Francia l'Italia si era posta con le sue eccessive dimostrazioni di francofilia in una falsa posizione di fronte agli altri membri della Triplice e che, malgrado la nuova amicizia, l'Italia si trovava così dal punto di vista internazionale più debole di prima, ciò che necessitava un rafforzamento della sua potenza militare. Il ministro degli affari esteri manifestò l'avviso tanto alla Camera dei deputati che al Senato che una seria politica estera si collega strettamente ad una potente forza militare. Tutta la stampa fu d'accordo nel ritenere che tali dichiarazioni dovevano avere uno scopo, e si credette malgrado le smentite, che fossero imminenti domande di nuovi crediti per parte del Ministero della guerra. Questa situazione condusse allo straordinario risultato di vedere gli oratori dell'estrema sinistra, repubblicani, socialisti e radicali, tutti coloro insomma che avevano fino allora combattuto la partecipazione dell'Italia alla Triplice, convertirsi repentinamente in amici entusiasti di quest'ultima. Lo stesso Colajanni, che si dice l'erede della politica cavallottiana, dichiarava che se non si voleva la guerra e nuove spese militari non si doveva poi fare dimostrazioni ostili contro altre Potenze e disapprovava le manifestazioni irredentiste ottenendo con ciò l'applauso della Camera intera. Come nel Parlamento così nella stampa. Il Secolo, noto pel suo irredentismo rimproverava ad alcuni deputati i discorsi allarmanti da essi pronunciati riguardo ali' Austria sollevando sospetti atti a turbare la pubblica tranquillità. Tale miracolo era prodotto dalla convinzione che la nuova amicizia per la Francia avesse alterato le buone relazioni con le altre due Potenze della Triplice ed avesse isolato l'Italia obbligandola a più gravi oneri militari.

La discussione del bilancio della guerra ha pertanto dimostrato che, se da un canto si riconosce necessario un aumento di crediti militari, l'intera Camera, compresi gli avversari della Triplice, vi è però contraria e che in tale stato di cose la sola via che rimane a seguire per l'Italia è quella di mantenersi fedele alla Triplice, che ha l'enorme vantaggio di dispensarla dagli armamenti.

Trasmetto qui unita all'E.V. la corrispondenza qui sopra riassunta, le cui affermazioni e conclusioni sono evidentemente a tesi, ma che non manca di un certo interesse data l'ufficialità del giornale che l'ha pubblicata'.

«Tutti i telegrammi, riguardanti notizie spedite da Roma all'estero, i quali possono dispiacere all'Austria, vengono sottoposti alla più severa censura, in particolare, se riguardano le cose balcaniche. Con tali misure il Governo vuole annullare il movimento irredentista, la questione albanese e il garibaldinismo.

Gli albanesi dal canto loro aumentano gli sforzi; in Roma, oltre gli organi già esistenti, ne è sorto uno nuovo, sotto la denominazione di "Agenzia balcanica ed italiana", lo scopo della quale è quello di proteggere gli interessi albanesi. Il suo carattere è prettamente anti-austriaco.

In uno dei suoi ultimi numeri l'Agenzia annunzia un prossimo congresso albanese sotto la presidenza di Ricciotti Garibaldi.

Certamente è impossibile dare particolare significato all'agitazione albanese e al movimento garibaldino, il cui capo è uomo non più giovane ed anche malato; ma il Governo italiano non farebbe male a prestare ascolto alla pubblica opinione; esso invano pensa di potere, col non prestare attenzione al malcontento anti-austriaco, levarsi dagli imbarazzi e farli sparire mediante un decreto di censura.

Il Governo italiano dalla forza degli avvenimenti può involontariamente essere portato innanzi al dilemma: o guerra o rivoluzione».

498 1 Una comunicazione al Comando di Stato Maggiore, datata Roma 22 giugno 1904, trasmetteva il testo di una corrispondenza da Roma, firmata Romanus e apparsa sul giornale di Pietroburgo, Novoje Vremja, dei 17 giugno. Di questa corrispondenza si pubblicano i seguenti passi:

499

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BUDAPEST, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1114/204. Budapest, 10 luglio 1904.

Le voci di possibili disaccordi tra l 'Italia e la Monarchia austro-ungarica, continuano, a quanto pare, ad interessare alcuni circoli politici che sfruttano e gonfiano, a scopo di partito, ogni occasione. La recente discussione sul bilancio della guerra al Parlamento italiano, ha fatto rinnovare le dicerie e le preoccupazioni che circolarono durante l'ultima sessione delle Delegazioni.

L'ufficioso ?ester Lloyd dedica, nel suo numero di stasera un breve articolo di fondo all'argomento, rilevando come i pretesi preparativi dell'Italia siano più che naturali in un Paese che tiene a conservare il suo posto tra le grandi Potenze e che, mentre quasi tutti gli altri Stati aumentano perfezionano i loro armamenti, non ci sarebbe ragione che l'Italia-permettendolo le sue finanze-facesse un 'eccezione alla regola. L'articolo stesso afferma che i rapporti cordiali tra le Potenze della Triplice, recentemente rinnovata, non sono menomamente mutati, né potranno essere turbati, finché il popolo italiano non vorrà seguire una politica d'avventure, «che tornerebbe a tutto suo danno».

Nel trasmettere copia dell'articolo in questione 1 , posso assicurare l'E.V. che l'idea di un possibile conflitto con l 'Italia è qui abbastanza diffusa nella pubblica opinione. Il grosso pubblico, senza rendersi ragione di una causa apparente e prossima e senza considerare seriamente l'importanza della cosa, ritiene che, malgrado le assicurazioni ufficiali, la situazione non sia del tutto chiara e più d'una volta mi sono state ingenuamente rivolte delle domande in proposito.

I circoli politici seri, tanto più nelle sfere ufficiali, non danno nessuna importanza alle voci che corrono e, pur mantenendosi riservatissimi, smentiscono ogni causa di preoccupazione, come nel caso de li'odierno articolo, evidentemente ispirato da parte governativa.

500

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1513/111. Berlino, 2 luglio 1904, ore 17.

Ho potuto vedere ier sera Bi.ilow reduce da Kiel. Egli è molto soddisfatto del risultato dell'intervista tra imperatore e il re Edoardo Vll. Il re manifestò nel miglior modo i suoi sentimenti pacifici e si professò sinceramente desideroso di intrattenere

amichevoli cordiali relazioni con la Germania sia sul terreno politico, sia su quello commerciale. Billow mi disse avere acquistata convinzione che il recente accordo anglo-francese non è diretto contro la Germania: il re gli assicurò essere stato quell'accordo dettato dal desiderio della Inghilterra di togliere via causa di possibile contrasto con la Francia e essersi rivolto al fine di non lasciare Francia appoggiata esclusivamente con la Russia le cui relazioni coll'Inghilterra non possano certo svolgersi su una base di cordialità. Il re fa [così] naturalmente perché Giappone abbia il disopra nel conflitto con la Russia; questo conflitto, però, egli deplora, ed in ciò è consenziente con il Governo germanico perché comincia a produrre danno ai loro commerci rispettivi. Ogni possibilità di intromissione, con intento di pace, è tuttavia, per ora, esclusa. Sotto il peso delle sconfitte fino a qui toccate la Russia non accetterebbe alcuna azione mediatrice, poiché essa non si dissimula i disastrosi etietti di una pace conclusa in siffatte circostanze, tanto per il prestigio russo nell'Oriente asiatico, quanto rispetto alle condizioni politiche interne dell'Impero moscovita. Vi sarebbe anche da temere per la stessa vita dello czar. Circa cose nostre Billow mi ha tornato a dire quanto mi aveva riferito barone Richthofen 1• Bill o w è più calmo nell'apprezzamento degli ultimi avvenimenti internazionali in modo [sic] e ha fiducia che il nostro riavvicinamento con la Francia non muti il nostro orientamento politico. S.M. l'imperatore aveva incaricato Btilow di ringraziarmi dei saluti cordiali che io avevo trasmesso in nome del nostro augusto sovrano. Nel rendersi interprete, nella forma più calda di questi ringraziamenti, Btilow insistette sui sentimenti sinceri di sentita amicizia e di alta stima che l 'imperatore ha per il nostro re. A questi sentimenti fànno riscontro la simpatia per il nostro Paese, il vivo interesse per i nostri progressi politici economici, progressi constatati anche in recenti rapporti di Monts col più sentito compiacimento.

499 1 Non si pubblica.

501

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO 1189. Roma, 2 luglio 1904, ore 23,45.

Ricevuto rapporto 23 giugno 284 1•

Variante apportata articolo quarto per bacino Nilo implica modificazione di sostanza tanto più che di fronte categorica specitìcazione interessi inglesi sta generica affermazione interessi italiani ridotta a semplice libertà di transito in territori interposti tra Eritrea e Somalia italiana. È necessario quindi contrapporre altra specificazione per parte nostra onde non restino annullati protocolli 1891 e si abbia equa tutela reciproci interessi. Per posta spiegherò miei intendimenti.

50 l 1 Cfr. n. 486.

500 1 Cfr. n. 481.

502

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 808/302. Londra, 2 luglio 1904 (perv. il 9).

Ho ricevuto il telegramma n. 1148 direttomi da V.E. in data del 26 giugno\ nel quale, prendendo argomento dalle risposte rispettivamente date dal conte Goluchowski e dal conte Lamsdorff ai nostri rappresentanti circa un'eventuale azione per ottenere dalla Sublime Porta un aumento degli ufficiali esteri addetti alla gendarmeria di Macedonia, ella esprime il dubbio che una certa sconcordanza rilevata fra quelle risposte sia il sintomo di un accentuata divergenza nella condotta dei due Gabinetti, oppure di un crescente disinteressamento della Russia verso gli affari di Turchia coll'effetto di prepararvi l'influenza isolata dell'Austria-Ungheria. V.E. m'invita ad indagare quali siano in proposito gli intendimenti del marchese di Lansdowne, per decidere circa una linea di condotta ch'ella desidera concordare coll'Inghilterra sia per l 'avvenire, sia frattanto, in ordine alla questione degli ufficiali di cui l'AustriaUngheria avrebbe preso l'iniziativa.

Una conversazione preliminare da me avuta sull'argomento col ministro degli affari esteri mi aveva dimostrato non essere Sua Signoria preparata a trattarne ex profèsso, non possedendo egli, come mi disse, notizia di nuovi fatti, tali da modificare la situazione che sembrava svilupparsi normalmente sulle basi prestabilite: soltanto egli aveva soggiunto in generale essere il Governo britannico sempre desideroso di procedere in tutti questi affari in perfetto accordo coll'Italia. Approfittai quindi di una favorevole occasione che oggi mi si offerse di parlame con lord Percy, il sottosegretario di Stato, che, anche per la conoscenza personale da lui posseduta dei Paesi di Turchia, se ne occupa più specialmente al Foreign Office. Circa gli ufficiali esteri, lord Percy mi disse dividere il parere che non converrebbe esercitare immediatamente una pressione sul Governo ottomano per costringerlo a completarne il numero, prima che la necessità ne fosse dimostrata; ciò potrebbe meglio farsi in via graduale, valendosi delle riserve già espresse in proposito alla Sublime Porta, e dopo che il comandante, avendo sperimentato i risultati della iniziata riorganizzazione, fosse per richiedere l'aggiunta di qualche ufficiale nell'una o nell'altra stazione; non gli risultava del resto che il Governo di Vienna avesse, almeno sinora, fatto alcun passo per forzare la cosa. Riguardo alla gendarmeria, il conte Percy mi domandò se io avessi alcuna notizia sul come procedessero le misure di pubblica sicurezza nel distretto di Monastir, al che dovetti rispondere che non ne possedevo di speciali. Quanto alla questione più generale riguardante la eventualità di un disinteressamento della Russia dalle riforme o di una importante divergenza fra essa e l'Austria-Ungheria, tale da menomare la loro comune azione, il sottosegretario di Stato mi confermò quanto avevo gia sentito dal marchese Lansdowne, non vedersene da qui, finora, verun serio

indizio; le discrepanze da me segnalategli, nel senso indicato dal telegramma di V.E., fra le parole dei due ministri riguardo alla domanda di nuovi ufficiali, egli riteneva potessero spiegarsi dal non essere quella proposta stata ancora deliberatamente ventilata fra i rispettivi Gabinetti; esse non toccavano, del resto, che al modus procedendi circa un punto d'importanza non primaria. Che una differenza sussista nell'intimo pensiero della Austria e della Russia riguardo a queste riforme, è lecito ammetterlo, nel senso che la seconda non nutre forse come la prima un vivo desiderio di vederle riuscire ad un durevole consolidamento dell'Impero ottomano. Ma le cause che hanno determinato fra esse l 'accordo sia pure negativo del 1897, non hanno per questo cessato di esistere. La principale fra quelle cause, cioè l'interesse di allontanare una violenta prematura dissoluzione della Turchia, si può considerare in oggi come divenuto anche più importante per la Russia, mentre i suoi attuali imbarazzi in Estremo Oriente le impedirebbero di dedicare tutta la propria energia al trar profitto da un simile evento. Non è ammissibile d'altra parte, che la Russia possa abbandonare la sua politica tradizionale verso gli Stati slavi dei Balcani, permettendo un'azione isolata dell'Austria, dato e non concesso che questa volesse tentarla. Lord Percy mi disse che l'essenziale era adesso di introdurre in Macedonia una qualche misura di ordine finanziario e in complesso egli mi si mostrò piuttosto fiducioso dell'effetto pacificatore cui mira l'attuale intervento delle Potenze. Non è inutile il notare che lord Percy, come la maggior parte di coloro che ebbero occasione di apprezzare sul luogo certe qualità del popolo turco, ma non si trovarono a trattare personalmente col Governo in Costantinopoli, è, per sua confessione, di tendenze piuttosto turcofile; e ciò forse contribuisce al suo ottimismo, del quale diranno gli eventi fino a qual punto esso sia fondato. Comunque si possa argomentare pro e contro la capacità della Turchia di riformarsi, il Governo britannico si fece partecipe volonteroso a questo tentativo, nella speranza di riuscire se non altro ad assicurare per un paio di anni una relativa tranquillità in Macedonia. Il marchese Lansdowne, come risulta dalle sue prime dichiarazioni, avrebbe preferito un programma più completo e da applicarsi col concorso a parità di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Sotto l'influenza di considerazioni politiche sulle quali non occorre qui ritornare, egli tuttavia accettò il programma austro-russo a titolo almeno di esperimento. Ed a questo impegno egli quindi tiene a rimanere scrupolosamente fedele fino a che un qualche nuovo fatto non sopravvenisse a dimostrare l 'insuccesso di quel programma. A prescindere da complicazioni estranee alla questione balcanica propriamente detta -come per esempio un rinnovarsi su grande scala dei massacri in Armenia, che sollevasse l'opinione pubblica inglese -quel nuovo fatto potrebbe essere uno straordinario aggravarsi della situazione locale in Macedonia, o potrebbe essere pur-anco il caso di un sostanziale dissidio fra l'Austria e la Russia circa la politica da seguirsi. Ma per determinare da parte dell'Inghilterra una specie di denuncia della attuale combinazione, codesto caso dovrebbe presentarsi in modo chiaro e potente e non soltanto in forma di indizì di contestabile importanza.

Le considerazioni che mi sono permesso fin qui di sottoporre a V. E., non tolgono che si debba da noi seguire con attenzione lo sviluppo di questa difficile situazione; e sarà mia cura di tener presenti le raccomandazioni di lei per continuare il nostro scambio d'idee col marchese Lansdowne, il quale è, come dissi, sempre disposto a mantenere coll'Italia una fiduciosa intimità nella condotta di questi affari. Il prossimo arrivo di un ambasciatore di Sua Maestà a Costantinopoli mi fornirà una opportuna occasione per promuovere l 'invio di particolari istruzioni a quel rappresentante britannico, sui rapporti che è desiderabile veder stabiliti fra esso ed il suo LOllega d 'Italia.

Mentre accuso pure ricevuta del dispaccio di V. E. in data del 16 giugno (n. 29503)2 che si riferisce all'argomento del presente rapporto ...

502 1 Cfr. n. 493.

503

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 957/406. Vienna, 2 luglio 1904 (perv. il13).

Col dispaccio n. 29506 in data del 16 giugno scorso 1 l'E.V. si compiacque comunicarmi copia d'un rapporto direttole dal r. incaricato d'affari a Costantinopoli in cui si addita all'attenzione di lei alcuni fatti che potrebbero far ritenere che l'accordo russo-austro-ungarico per le riforme in Macedonia non sia così completo come per il passato o che la Russia preoccupata da altre e più dirette cure non sia aliena dal disinteressarsi da ciò che accade ne' Balcani lasciando alla sola Austria-Ungheria il compito che i due Imperi eransi assunto per tacito mandato delle Potenze.

L'E.V. m'ingiunse quindi di fornirle sull'argomento tutte quelle ulteriori informazioni che mi sarà dato di procurarmi.

Dai colloqui da me avuti, in via riservata, coi miei colleghi d'Inghilterra e di Francia ho potuto constatare che essi non ricevettero finora sia direttamente da Costantinopoli, sia dai rispettivi Governi, indizio alcuno che faccia supporre che siano sorte in questi ultimi tempi divergenze tra i Governi d'Austria-Ungheria e di Russia o che il secondo sembri deciso a disinteressarsi, entro una certa misura, dalle riforme, assorbito com'è dalla guerra col Giappone.

Alcune divergenze erano bensì sorte, a quanto mi affermò il marchese di Reverseaux, all'inizio delle riforme, ma non gli risultava che si fossero ora rinnovate, quantunque sia noto come la Russia consideri, nel suo intimo, l'opera di queste con alquanto scetticismo.

Non potei intrattenermi in proposito con gli ambasciatori di Russia e di Germania, perché partirono già in congedo.

Da alcune parole poi dettemi dal signor de Mérey potei rilevare che il signor von Milller sarebbesi da prima dimostrato poco soddisfatto della condotta piuttosto incerta tenuta dal signor de Giers allorquando fu chiamato a sostituire, in via provvisoria, il signor Demerik, partito in congedo per ragioni di salute. I rapporti però da lui diretti posteriormente al Ministero imperiale e reale degli affari esteri farebbero con

503 1 Non pubblicato, ma cfr. l'analogo n. 469.

statare che, dacché il signor de Giers aveva acquistata la speranza di essere assunto in modo definitivo al posto lasciato vacante dal signor Demerik, aveva modificato il suo contegno e dimostrava maggiore interesse all'opera delle riforme.

iVla le re.:enti Jichiarazioni fatte da S.M. l'imperatore ad un ~lto personaggio, che me le riferì in via confidenziale, e che mi feci premura di far conoscere alla E.V. col mio telegramma n. 142 in data del 30 giugno ultimo2 , non lasciano più dubbio sulle intenzioni in cui perdurerebbe il Governo russo di procedere d'accordo col Governo imperiale e reale per ciò che riguarda la questione delle riforme in Macedonia e vengono quindi a togliere, almeno per ora, ogni fondamento alle supposizioni contenute nel rapporto suddetto.

Se si considera infatti i notevoli interessi che la Russia ha nella penisola balcanica ed i vincoli che la legano a quelle popolazioni, che la riconoscono come la naturale loro protettrice, appare poco verosimile che essa possa decidersi ad abbandonarle in balì a d eli' Austria-Ungheria dandole così libero campo di disporre delle loro sorti all'infuori del suo intervento. Una tale decisione sarebbe in completa contraddizione con quella politica tradizionale che la spinge, per i fini che si prefigge, a non disinteressarsi dagli eventi che possono sopravvenire in quella regione.

Quantunque le precipue sue cure sieno rivolte alla guerra in cui è impegnata col Giappone, questa non può consigliarla a dipartirsi da quella stessa politica, ma a vegliare anzi con maggiore attenzione a che non sorgano nei Balcani complicazioni che potrebbero porre a rischio la situazione che vi occupa, giacché non sarebbe ora in grado di fronteggiarle, non potendo disporre di tutte le sue forze. E tanto più deve tenere a non menomare quella situazione, in quanto che, se nuovi rovesci fossero per subire le sue armi, questi non potrebbero che scuoterla del tutto e danneggiare gravemente il suo prestigio nei Balcani.

Per queste ragioni alla Russia deve premere anzi tutto, nel momento attuale, di mantenere saldo l'accordo con l'Austria-Ungheria, che, mentre le assicura una tranquillità relativa nella penisola, le permette di provvedere alla tutela dei suoi interessi in Europa, come nell'Estremo Oriente.

502 2 Non pubblicato, ma cfr. l'analogo n. 469.

504

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 962/408. Vienna, 4 luglio 1904 (perv. il 10).

l giornali viennesi riproducono la notizia, data dal Tiroler Tagblatt, giusta la quale il decreto ministeriale concernente la separazione dei corsi italiani sarebbe già stato comunicato al Senato accademico dell'università di Innsbruck. Tale separazione, secondo il giornale suddetto, dovrà aver luogo al principio del semestre invernale ed essere effettuata in maniera che ne risulti ripristinato il carattere prettamente tede

sco di quella università. Durante le ferie autunnali verrebbe data più precisa e particolareggiata forma all'organico relativo al decreto in parola.

Si annunzia frattanto che gli studenti italiani di Innsbruck hanno colà tenuto un'adunanza, alla quale intervennero pure dei professori italiani di quell'università, allo scopo di discutere sulla situazione presente. Vi fu votato un ordine del giorno nel quale fu affermata la decisione di non abbandonare Innsbruck che alla creazione di un'università italiana a Trieste, venne declinata ogni responsabilità, rigettandola sul Governo imperiale e reale, delle conseguenze di ogni tentativo di sopraffazione fatto a danno degli studenti italiani e vennero emessi voti perché i deputati italiani si adoperino con ogni mezzo a far riconoscere dall'imperiale e reale Governo il diritto degli italiani ad un ateneo in Trieste.

503 2 Non pubblicato.

505

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. SEGRETO 1536/76. Londra, 6 luglio 1904, ore 22,40 (perv. ore 7 del 7).

In base al telegramma di V.E. n. 11891, ho parlato oggi, in via preliminare e generica, al marchese Lansdowne rappresentandogli la convenienza che, nell'accordo relativo all'Etiopia, i nostri eventuali diritti sui territori interposti tra l'Eritrea e la Somalia risultino specificati in modo analogo alla proposta specificazione degli interessi britannici nel bacino del Nilo. Sua Signoria ammettendo, in massima, equità delle mie osservazioni, si è riservato di considerare la nuova redazione annunziata da VE. In tesi generale, egli preferirebbe, però, la parità mediante un qualche attenuamento della propria redazione per modo da evitare l'apparenza di un troppo categorico riparto anticipato di territorio abissino.

506

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1512/112. Innsbruck, 8 luglio l904.

Ho l'onore di portare a conoscenza della E.V. che, disgraziatamente, si sono ieri notte avverati nuovi disordini per la questione universitaria. Il Governo si illudeva forse e sperava di evitarli per ora, tenendo fino al 21 corrente mese sospesa o per meglio dire segreta la decisione di lasciare le cattedre parai

lele ad lnnsbruck, giunti al21 chiudendosi la sessione di esami l'università si sarebbe completamente spopolata: però avvennero indiscrezioni e saputasi la cosa sorse più viva che mai l'opposizione dei due partiti e l'agitazione prodottasi è la prova evidente che il provvedimento ideato per mantenere calmi gli animi ed accontentare tutti, è invece a tutti inviso e non farà che far crescere le animosità fra le due nazionalità della provincia.

Questa volta la provocazione, almeno apparentemente, è partita dagli studenti italiani che, decisi a fare una dimostrazione in senso ostile all'idea avanzata dal Governo, presero il pretesto di dimostrare contro una Commissione esaminatrice composta di professori tedeschi e di impiegati dello Stato, nella quale non erasi chiamato (contrariamente alle disposizioni usuali) nessuno dei sei professori italiani e della quale però si allegava l'illegalità e certamente, se devesi deplorare la manifestazione ostile fatta dagli italiani, devesi però ammettere che fu sicuramente poco prudente e sensato creare una Commissione esaminatrice, tanto più in questo momento, senza chiamare nessuno dei professori italiani a farne parte.

Ad ogni modo, avvenuta la clamorosa dimostrazione degli italiani contro la Commissione esaminatrice, ne seguì come naturale conseguenza quella più violenta ancora dei tedeschi; e di qui i disordini che si prolungarono poi fino a tarda ora nella notte dal 6 al 7 corrente mese nelle birrerie e caffè frequentati dagli studenti.

Un particolare che aggrava sensibilmente questi disordini è che fra le persone ferite, che si dice ammontino in tutto a l O circa, vi fu il dottor A. P inali i, deputato alla Dieta provinciale, ed appartenente al partito radicale-socialista trentino, il quale trovavasi presente fra gli studenti dimostranti.

L'università venne chiusa, e sarà forse ancora aperta fra giorni, ma però per i soli esami, finché gli studenti partiranno a poco a poco e penso non vi saranno per ora altri chiassi: però i fatti avvenuti mostrano chiaramente e nel modo più preciso ed assoluto che il provvedimento ideato è del tutto insufficiente per calmare gli animi dopo le avventate ed ora non mantenute promesse del Governo; e che in ottobre si avrà ancora una nuova agitazione sempre più forte e vivace; tanto più che anche alcuni professori, sia dell'uno che dell'altro partito, per malsano desiderio di popolarità e fors'anche per fini politici, tengono discorsi atti ad eccitare sempre più i giovani e portarli a commettere eccessi, anziché esercitare, come sarebbe loro dovere, sopra di essi una prudente e sana azione moderatrice.

Purtroppo la questione per le volute esagerazioni dei giornali e dei partiti, esce ora dal campo universitario per estendersi anche alle altre classi di cittadini ed allargandosi si farà sempre più grave.

I giornali di Trento pubblicano telegrammi dicenti che venne ferito un operaio regnicolo e vennero aggrediti due avvocati romani che protestarono presso il r. consolato, trattasi però di notizie non vere perché, da informazioni assunte, mi risulta fino ad ora che non venne ferito alcun operaio regnicolo, e fino a tutto oggi nessuno, assolutamente nessuno, si è presentato in questo r. consolato a protestare per danni od insulti patiti.

505 1 Cfr. n. 501.

507

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

R. CONFIDENZIALE 1521. Innsbruck, 10 luglio 1904.

A riscontro del dispaccio della E.V., e come risulta anche dalle copie dei rapporti da me inviati al Ministero, penso poter affermare che gli attuali disordini erano preparati e che gli italiani, i quali erano già precedentemente decisi a provocarli ad ogni costo, seppero però scegliere abilmente un valido pretesto che loro venne fornito dalla insipienza del decano professore Schipfner.

La lotta dei tedeschi per escludere il più possibile i professori italiani dalle commissioni di esame e dei professori italiani per entrare a farne parte, causa-non confessata però -la propina credo di 40 corone, è sempre stata assai viva; e nei discorsi che ebbi, a varie riprese, con professori italiani questi si lamentavano sempre della piccola parte loro fatta in tali proventi. È però certo che nel caso attuale data l'incompatibilità del professore Menestrina (fratello di un esaminando), il rifiuto per impedimento del consigliere d'appello Marconi (incaricato del diritto civile), doveva essere chiamato a far parte della commissione esaminatrice il professore conte P. Laura (professore di diritto penale), ciò che a torto non si fece, e che giustifica però pienamente la dimostrazione degli italiani contro la illegale costituzione della commissione esaminatrice, anche che questa dimostrazione fosse precedentemente preparata e stabilita: i tedeschi ebbero -secondo me -ogni torto, perché dovevano sapere di certo quanto si preparava e che avrebbero quindi fornito essi stessi un motivo e plausibile ancora alla dimostrazione degli italiani.

Circa le relazioni dei giornali trentini può dirsi che queste sono esageratissime. La ferita del dottor A. Pinalli è cosa da nulla, fu necessario un solo punto di sutura, ed egli era del resto al suo ufficio a riferire in affari provinciali il giorno dopo: gli altri feriti non sono che sette ad otto (di cui tre tedeschi) e tutti, mi si dice, con semplici contusioni leggiere. Nessun regnicolo venne ferito, né si manifesta agitazione di sorta contro i nostri lavoratori; il fatto dei due avvocati romani non mi consta, giacché, nessuno essendo mai venuto a reclamare in consolato, devo ritenerlo una pura invenzione del corrispondente del giornale l'Alto Adige.

Circa i professori italiani questi non possono purtroppo, a mio avviso almeno, tutti e completamente lodarsi: l'intervista del professore Farinelli pubblicata dal Resto del Carlino e che certamente l 'E.V. conosce, ed i discorsi di qualche altro che eccitano le menti dei giovani, sono condannevoli tanto quanto gli intempestivi sproloqui pangermanici del professore De Scala e di altri tedeschi, che non tànno così che acuire inutilmente e ad arte una questione per se stessa tanto irritante.

Però il solo ed unico colpevole e responsabile è, secondo me, il Governo il quale avanzò sempre promesse che sapeva di non poter poi mantenere; e che anche ora usa di continuo di mezzi termini, dilazionando le decisioni, ed offrendo sempre in ritardo -quando la cosa non può più venir accettata -quanto ebbe a rifiutare prima; stornando la pazienza e la longanimità di tutti, senza sapere o volere mai prendere la sola decisione ragionevole ed energica che sarebbe al presente il trasporto delle cattedre i tal i an e a Rovereto, a base del paragrafo 14, od in difetto la chiusura della università od almeno della facoltà legale (italiana e tedesca naturalmente) ad Innsbruck al primo accenno a disordini.

L'opposizione dei roveretani è di sola forma e dovuta unicamente alle pressioni esercitate dai giornali trentini e dal partito radico-socialista; ma per discorsi riferitimi, penso con ragione e sono certo che il trasporto delle cattedre italiane colà sarebbe favorevolmente accolto dalla popolazione; e che, passati i primi mesi e sbolliti i primi furori artificiali, la cosa finirebbe per accomodarsi e darebbe almeno, in attesa di Trieste, un provvisorio possibile e calmo, senza i periodici disordini che turbano ora le relazioni fra le due parti della provincia non solo; ma anche quelle internazionali.

Dette cattedre sarebbero è vero assai poco frequentate, data la rivalità e poca simpatia esistente fra trentini e triestini; ma almeno verrebbe a cadere il pretesto alle continue chiassate che poi compiacenti persone estendono anche nel Regno.

È evidente che da queste autorità politiche si segue con somma cura ogni movimento ed ogni agitazione che i forse troppo frequenti convegni ciclistici od altri e le continue dimostrazioni irredentistiche producono nel Regno, e che ogni frase, ogni discorso ed ogni atto delle personalità in vista ed elevate è oggetto di accurate disamine e discussioni; e che però sarebbe oltremodo utile togliere una spina, come quella dei periodici e cronici disordini universitari, che tanto vale ad esacerbare -senza frutto-gli animi e produrre continue diffidenze.

Purtroppo il Governo austriaco non vuole avanzarsi sopra la via delle concessioni ragionevoli e non penso, senza tener conto della esperienza derivante dai fatti passati, che egli potrebbe di [ ... ] 1 accordando i postulati di una università o facoltà italiana a Trento o Rovereto, se non subito a Trieste; dell'autonomia amministrativa del Trentino, quale la ha di già il Vorarlberg; e se non un appoggio almeno nessuna opposizione alla tramvia di Fiemme, seppellire per sempre ed in modo assoluto e definitivo ogni manifestazione irredentista: può dirsi sopra questo punto -e senza tema alcuno di venir smentito -che il Governo austriaco è il più grande fautore delle manifestazioni irredentistiche che avvengono nel Trentino e nelle limitrofe provincie del Regno 2 .

2 Appunto a margine: «Informare Roma farne estratto».

507 1 Parola illeggibile.

508

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. SEGRETO 33628/288. Roma, 11 luglio 1904.

Rispondo al rapporto del 23 giugno u.s. n. 769/2841, e confermo il mio telegramma del2 corrente2 .

Tra gli scopi dell'accordo che si sta per concludere tra Italia ed Inghilterra è precipuo quello del riconoscimento formale, per parte dell'Inghilterra, dei Protocolli 24 marzo e 15 aprile 1891 che mettono l 'Etiopia nella sfera di influenza italiana. È naturale che, in una eventuale disgregazione dell'Etiopia, tenendo presente la posizione di diritto acquisita all'Italia da quei protocolli, sia l 'Italia stessa quasi arbitra, di fronte all'Inghilterra, dei territori compresi nei limiti dei detti protocolli. È ugualmente naturale, però, che date le intime relazioni esistenti tra di due Paesi e le mutate condizioni dei possedimenti britannici nella valle del Nilo, si tenga da noi conto delle esigenze degli interessi inglesi in Etiopia, ma in relazione diretta con i nostri ed in misura tale da non distruggere gli effetti dei due protocolli succitati.

Ora nell'articolo dell'accordo relativo alla eventualità del disgregamento dell'Etiopia, i delegati dei due Governi, avevano appunto tenuto conto in modo generico dei reciproci interessi nei seguenti termini: «That any eventual partition of territory shall be made on the basis of the agreements enumerated in arti cl e 2, but with su c h modifications as in the interest of the one or the other Power may be considered necessary for safeguarding the interests of Great Britain in the Nile Basin and the interests of ltaly in Ethiopia, having regard to Eritrea and Somaliland (including Benadir) and particularly in the intervening zone between these two italian possessions with a view to establishing territorial connection between them.

The two contracting parties will enter into special agreements for giving practical effect to the preceding paragraph, should occasion arise»3•

In questo articolo così formulato si aveva la conservazione della tutela generica degli interessi britannici nel Bacino del Nilo, e degli interessi italiani in Etiopia in genere (secondo appunto lo spirito dei protocolli dell891), con speciale riguardo alla zona intercedente tra Eritrea e Somalia affinché tra queste due colonie non vi fosse soluzione di continuità. Contemporaneamente si conveniva di dar pratica attuazione a tale intesa, nel caso di disgregazione dell'Etiopia, con speciali accordi.

Ora, nel testo di quell'articolo ultimamente comunicatoci, mentre si specificano gli interessi britannici in modo reciso e largo, si attenua grandemente la formola riguardante gli interessi italiani in Etiopia, riducendo questi ultimi «to secure to ltaly

2 Cfr. n. 501.

3 È 1'art. IV del progetto di accordo, che presenta qualche modifica di forma rispetto a quello ed. nella nota 2 del n. 486.

free communication between these possessions», e indicando gli altri «in possessing indisputed contro! over the waters ofthat river and its affluents».

La tutela dei nostri interessi si ridurrebbe ad una semplice guarentigia di libertà di transito tra Eritrea e Somalia, annullando implicitamente gli effetti dei protocolli del 1891, mentre la tutela degli interessi britannici rimarrebbe affermata nella padronanza delle acque del Nilo e dei suoi affluenti, i quali attraversano quasi la intera Etiopia nei bacini del Tacazze-Setit, dell' Atbara, del N ilo Azzurro, del Sobat, ecc., toccando direttamente interessi italiani in Eritrea, nella concessione mineraria fattaci da Menelik oltre Mareb, e nel Wallega; senza tener conto di tutte le altre regioni nelle quali potrebbero stabilirsi interessi industriali e commerciali italiani.

Ciò premesso, ove non si voglia adottare la prima formula proposta dai delegati dei due Governi è necessario: l) completare la parte dell'articolo relativo agli interessi italiani enunciando che essi debbono esser tutelati in Etiopia (e ciò secondo i protocolli del 1891) e, specialmente, nella zona intermedia intercedente tra Eritrea e Somalia per non aversi soluzione di continuità tra le due colonie; 2) aggiungere una guarentigia, per l 'Italia, rispetto ali 'affermazione inglese sulla padronanza delle acque degli affluenti del Nilo che scorrono in Etiopia.

In altre parole, io desidero che risulti ben chiaro come, in caso di disgregazione della Etiopia, l'Italia, in base ai protocolli più volte citati ed in virtù dell'accordo che si sta per conchiudere, si trovi nella possibilità di tutelare i suoi interessi in tutta la Etiopia in genere avuto riguardo all'Eritrea ed alla Somalia, e in specie nella zona intercedente tra quelle due colonie onde aversi tra di esse «territorial connection».

Propongo pertanto la seguente dizione: «Se gli avvenimenti conducono ad una disintegrazione dell'Impero etiopico, i due Governi si obbligano a cooperare affinché una eventuale sistemazione dei territori avvenga in base agli accordi enunciati nell'art. l e con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per salvaguardare gli interessi britannici e dell'Egitto nel bacino del N ilo, che consiste nel possesso del controllo delle acque del Nilo e dei suoi affluenti, in quanto non leda gli interessi agricoli ed industriali locali, e per la salvaguardia degli interessi italiani in Etiopia, per quanto riguarda l'Eritrea e la Somalia (compreso il Benadir), e specialmente nella zona intercedente tra questi possedimenti italiani onde ottenere che fra di essi non vi sia soluzione di continuità».

Sono troppo evidenti le ragioni che ci inducono a queste osservazioni perché possiamo dubitare che esse siano accolte dal marchese di Lansdowne, al quale vorrà sottoporre la nostra formala, pregando che essa sia letteralmente tradotta4 .

508 1 Cfr. n. 486.

508 4 A margine dell'originale pervenuto a Londra appunto di Pansa: «Rimesso progetto di articolo a Lord Lansdowne. Scritto a Roma 21 luglio». Cfr. infatti n. 52 I.

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA

L. PARTICOLARE 1153/1904. Roma, 12 luglio 1904.

Ho ricevuto la lettera dell'E. V., in data 25 giugno1 , nella quale ella confidenzialmente mi comunica alcune lagnanze di codesto Governo relativamente al modo come il generale De Giorgis disimpegna l'ufficio che gli venne affidato dalla fiducia delle Potenze.

Ora io debbo dirle che le notizie che io possiedo conducono a conclusioni ben diverse da quelle a cui giunge codesto Governo.

Risulterebbe a me che la riorganizzazione della gendarmeria procede, se pure con inevitabile lentezza, con molta serietà e con fondate speranze di ottenere risultati veramente utili. Si prevede anzi che la riorganizzazione della gendarmeria sarà l'unica riforma concreta che l'opera delle Potenze avrà saputo imporre in Macedonia. Posso aggiungere che i buoni risultati ottenuti e la previsione di quei maggiori che si sperano è dovuta all'opera intelligente, abile, attivissima del generale De Giorgis. È probabile che tutto ciò abbia destato una qualche gelosia nel signor von Mliller, il quale vede che non eguali successi coronano l'opera dei commissari civili.

D'altra parte è vero che il generale De Giorgis ha ritenuto e ritiene come condizione essenziale del successo d eli'opera a lui affidata, la fiducia e la cooperazione leale del Governo ottomano e del sultano. Ciò lo costringe ad una linea di condotta che è probabile che spiaccia qualche volta ali'Austria, ma che deve essere approvata da chiunque sinceramente desideri l'attuazione delle riforme.

In tali condizioni di cose, mentre, da un canto, mi spiego il malumore austriaco, dall'altro canto non ritengo che sia da dare ad esso un'eccessiva importanza; e ritengo poi sopratutto che non sia da rivolgere al generale De Giorgis alcun consiglio od ammonimento.

Ringraziandola dell'interessante comunicazione, e pregandola di tenermi informato anche in avvenire, nel modo che le parrà migliore, di quanto, relativamente a tale argomento, venisse a conoscenza di lei, ...

510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL GENERALE DE GIORGIS

Roma, 13 luglio 1904, ore 23,30.

lo mi rendo perfettamente conto delle considerazioni tecniche2 per le quali ella ritiene superfluo attualmente aumento ufficiali, benché non mi paia che esso possa riuscire dannoso. Rinnoverò oggi stesso le pratiche presso i Gabinetti per farli entra

51 O1 Il telegramma fu inviato tramite il consolato a Salonicco. 2 Risponde al T. 1563, del 12 luglio, non pubblicato.

re, se possibile, nell'ordine di idee dalla S.V. sostenute. Ma, qualora queste nuove pratiche, del cui risultato sarà mia cura tosto informarla, (sic) ella vorrà riconoscere come sarebbe assolutamente impossibile al Governo italiano di opporsi esso solo alle domande fatte da tutte le altre Potenze. Sarebbe per me un vero rammarico di dovere agire in contrasto con lei. Per tale eventualità pregola anche di considerare non essere probabile che la Porta possa resistere ad una simile domanda appoggiata da tutti gli Stati. E siccome la Porta fonda il suo rifiuto sul parere della S.V., una soluzione contraria a tale parere potrebbe compromettere l'alto prestigio di cui ella è oggi circondato e che deve mantenersi integro affinché possa condurre a termine l'opera intrapresa con tanta intelligente abilità e con sì grande abilità e nella riuscita della quale il

R. Governo, che ha nella S. V. la più assoluta fiducia, vede anche un elemento di dignità e di prestigio nazionale.

509 1 Cfr. n. 491.

511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, E AL MINISTRO DEL TESORO, LUZZATTI

L. PARTICOLARE. Roma, 13 luglio 1904.

Ti mando, qui unita, una memoria 1 sul riscatto della colonia del Benadir e sulla domanda di concessione di una stazione a Kisimaio. Come vedrai, le condizioni poste dal Governo inglese sono notevolmente buone.

Non volendo ritardare a rispondere al Gabinetto di Londra che già dai primi di giugno ci ha comunicato le sue proposte, desidererei che la questione fosse sottoposta ad un prossimo Consiglio dei ministri dopo che tu l'avrai esaminata.

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IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1545/114. Innsbruck, 13 luglio 1904.

In aggiunta al mio precedente rapporto n. 1535/119 del 12 luglio 19041 ho l'onore di portare a conoscenza della E.V. due nuovi avvenimenti i quali aggravano ancora sensibilmente la penosa questione universitaria, e rendono in modo assoluto necessario che il Governo austriaco prenda in tempo qualche energico provvedimento per evitare probabili e serissimi disordini a ottobre.

Trattasi in primo luogo che in questi giorni venne rieletto e riconferrnato nella carica di rettore magnifico della università il signor professore dottore Demelius, il

512 1 Non rinvenuto.

quale non seppe, nell'anno accademico testé decorso, tenere quella imparzialità assoluta e quella larghezza di vedute che il fatto di essere rettore in una università nella quale vi è un certo numero di professori e studenti italiani avrebbe dovuto consigliargli e che è però a questi ultimi oltremodo inviso. Tale nomina è di tanto più grave perché infrange una consuetudine già da lungo tempo invalsa per la quale il rettore magnifico era sempre eletto per turno nelle varie facoltà (esclusa la teologia) sicché la rielezione attuale, la quale rompe una tradizione costante, denota nei professori tedeschi una grande animosità contro gli italiani, animosità che di certo non potrà a meno di influire tristamente anche sugli animi già eccitati degli studenti. Di più è ancora a notarsi che la nomina essendo avvenuta si può quasi dire ad unanimità, ciò indica assai chiaramente che anche i professori della facoltà teologica, che prima erano almeno neutrali, si accostano ora essi pure ai tedeschi dividendo la loro intolleranza e rendendo così sempre più intollerabile, nel Senato accademico, la posizione dei professori italiani, ridotti ora solamente a cinque colla partenz.a del professore Pacchioni.

E secondariamente che ieri a sera si tenne l'adunanza di protesta, indetta dal deputato dottor Erler e dal dottor Venin, vice borgomastro di Innsbruck, per protestare contro ogni passo o provvedimento che possa alterare il carattere prettamente tedesco della città ed università di Innsbruck. Non credo fare inutili commenti e mi limito ad allegare un estratto di giornale2 in cui si riferisce circa l'adunanza stessa; ma non posso a meno però di far rilevare la gravissima significazione di tale riunione, e cioè che essa denota palesemente il tramutarsi della questione da universitaria in politica; e che quindi trasportandosi la lotta in un campo più vasto e meno sereno, estendendosi essa a tutte le classi di cittadini e divenendo piattaforma a scopi politici, acquista un'inquietante gravità perché i disordini avvenire saranno sempre più estesi, più duraturi e più gravi; e perché, tolti dall'ambiente universitario, diverranno pretesto a lotte di nazionalità non solamente ma eziandio a rivalità fra operai italiani (anche regionali) e tedeschi, le quali potranno avere funestissime conseguenze per le buone relazioni fra i due Paesi limitrofi.

Sino ad ora gli studenti si eccitavano momentaneamente; ma non eravi in essi quella calma decisione di volere ad ogni costo provocare disordini che purtroppo oggi si rivela, e che proviene dalla idea, del resto non tutto erronea e profondamente in tutti radicata, che il Governo nulla farà mai se non vi sarà assolutamente costretto da gravissimi ed impellenti motivi; e che quindi devono prodursi ancora disordini sempre più gravi; non si deve paventare che vi siano feriti anche numerosi e che l'agitazione si estenda; perché allora solamente che vi sarà una gravissima minaccia per lo Stato, allora si potrà ottenere qualche provvedimento favorevole e nel senso desiderato dagli italiani.

Una fortuna straordinaria ebbe sino ad ora il Governo e cioè che nei disordini avvenuti non vi furono mai feriti gravi; ma se disgraziatamente così ancora non avvenisse in ottobre; ma vi fosse invece allora qualche grave ferito, se per disgrazia qualcheduno fosse mortalmente colpito, ciò che pure è possibile; allora non vi può esser dubbio di sorta pel movimento che si avrà nella parte italiana della provincia, colle inevitabili repressioni che avranno un eco profondo nel Regno.

Tanto mi permetto ancora riferire alla E.V. per dimostrare che se dal Governo austriaco non si prenderanno provvedimenti di sorta, e si avvereranno i fatti pur trop

po fino ad ora chiaramente prevedibili; risulterà così più grave ed intera la responsabilità delle autorità locali, o meglio del Governo centrale, che non avrà saputo prevedere e prevenire fatti, che da altri, che pure non disponevano che di mezzi d'informazione assai meno completi, furono agevolmente previsti.

Per tema di dimostrazioni ostili da parte delle persone che avevano partecipato all'adunanza di protesta, la polizia locale esercitò questa notte una attivissima sorveglianza sulla piazza nella quale trovasi questo r. consolato.

511 1 Manca.

512 1 11 testo che si pubblica è quello inviato per conoscenza ad A varna. L'allegato manca.

513

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T.1578/117. Therapia, 14 luglio 1904, ore 4,30.

Ambasciatore di Russia, tornato da congedo, mi ha detto che intende insistere, d'accordo con ambasciatore d'Austria-Ungheria, per aumento ufficiali; ufficiali, secondo la decisione due Potenze, debbono sorvegliare procedimento truppe verso la popolazione, e numero attuale insufficiente; generale De Giorgis opponendosi, non tiene conto essere investito mandato internazionale e si dimostra troppo favorevole ai turchi; se continuerà opporsi, ambasciatori ne riferirà suo Governo e ritiene due ambasciate passeranno oltre parere di lui.

Ambasciatore di Russia mi disse pure che intende insistere per nota Commissione mista riforme, comprendente riorganizzazione gendarmeria, ciò che ritiene conforme decisione di Miirzsteg. Insiste necessità mantenere accordo Potenze per non incoraggiare Turchia ostacolare riforme, ciò che costituisce vero scopo di essa.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 34304/268. Roma, 14 luglio 1904.

Mi riferisco al precedente carteggio sull'argomento 1•

Ho fatto presentire i Governi dei tre Stati più interessati nella questione, per conoscere il loro pensiero circa l'opportunità di pratiche, concordi e simultanee presso la Sublime Porta dirette ad ottenere la effettiva applicazione in Tripolitania delle norme dell'atto di Bruxelles sulla schiavitù.

514 1 Cfr. nn. 241 e 252.

Ho potuto convincermi che i Governi francese e germanico non sarebbero ora disposti ad iniziare tali pratiche; che il Governo britannico invece sarebbe disposto ad appoggiare l'azione a Costantinopoli qualora il nostro ambasciatore ricevesse l'autorizzazione di fare uffici presso la Porta.

lonsiderando che un 'azione diploméltira n nn cnnrnrdt> avrebbe scarsa probabilità di successo, ho pensato che sia miglior consiglio di non dare per ora altro seguito alla nostra iniziativa.

Di ciò informo V.E. per sua notizia e perché abbia norma di linguaggio, qualora tosse interrogato da codesto ministro degli affari esteri.

513 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 219.

515

L'AMBASCIATORE A MADRID, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 497/182. Madrid, 14 luglio 1904 (perv. il 19).

Confermando i miei rapporti del 23 e 24 ultimo scorso nn. 149, 152 1 , ho l'onore d'informare V.E. che l'accordo tra la Francia e la Spagna relativo al Marocco, sebbene concordato nelle basi sue principali, non è pronto ancora per la firma, e le difficoltà vengono da Madrid. Il ministro San Pedro ha ricevuto in questi giorni da Parigi il testo sul quale sinora è intervenuta l'intesa, e si propone di studiarlo a San Sebastiano, dove attualmente si trova, ed introdurvi quelle aggiunte e modificazioni che valgano ad assicurare alla Spagna senza ambiguità e reticenze la libertà del commercio in tutto il Marocco, ossia quella penetrazione pacifica alla quale S.E. alludeva nella sua conversazione del 24 corrente.

L'ambasciatore di Germania parlando con me dei suddetti negoziati lodava il contegno esitante del signor San Pedro dinanzi alla mal celata premura della Francia, e credeva che tale esitazione era riuscita e riuscirebbe vantaggiosa agli interessi spagnoli. Il signor de Radowitz sosteneva che essendosi oramai vulnerato al Marocco il principio dello statu quo le Potenze dovevano almeno adoperarsi perché vi si riconoscesse e si proclamasse, come già si fece per altri territori africani, il principio della libertà di commercio per tutti, e l'esclusione dei monopoli. Ed il suo discorso lasciava quasi l'adito a supporre che la Germania abbia iniziato in questo senso qualche pratica a Londra e a Parigi.

Simili dichiarazioni di piena libertà commerciale sono quasi sempre accettate senza difficoltà dalle grandi Potenze più gelose dei loro traffici, ciò che mostra assai chiaramente quanto sia scarso nella pratica il loro valore. lo non saprei farmi perciò troppe illusioni sulla loro portata, né trovarvi quella consolazione della quale sembrava compiacersi il mio interlocutore. Purtroppo la Germania colla sua pertinace rilut

5 I 5 1 Non pubblicati.

tanza ad esercitare, quand'era ancora tempo, un'azione efficace nelle questioni mediterranee ha la colpa principale nella situazione attuale; e non è quindi da stupirsi che cerchino adesso delle scuse a Berlino e si accontentino di semplici palliativi.

Sta il fatto che l'accordo ora prossimo a stipularsi abbisognerà per la propria ?.tttnzione :wvenire del beneplacito costante e continuo della Francia e metterà auindi senza riserve la Spagna nell'orbita della politica francese.

La riluttanza sopraccennata della Germania mentre già rese molto effimera l'accessione della Spagna alle nostre alleanze ha adesso per conseguenza finale di gettarla completamente in braccio alla Francia. Il signor de Radowitz ne conveniva pienamente con me in stretta confidenza ma attribuiva specialmente all'Inghilterra la colpa dei mancati accordi per lo statu quo del Mediterraneo2•

516

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2000/860. Parigi, 15 luglio 1904 (perv. il 26).

Alcuni giorni or sono, l'agenzia Havas ebbe da Vienna che a Costantinopoli correva voce di discussioni aperte attualmente fra la Francia, l'Inghilterra e la Russia per la elaborazione di un progetto di riforme da applicarsi nelle provincie asiatiche della Turchia abitate dagli armeni. Ieri l'agenzia stessa riceveva da Costantinopoli la notizia che, in seguito ad iniziativa del Governo francese, le ambasciate di Francia, d'Inghilterra e di Russia aveano elaborato un progetto di riforme per i vilayets di Anatolia abitati dagli armeni e che il progetto era stato rimesso alla Porta dalla ambasciata di Russia.

Ho domandato oggi al signor Delcassé quale fede meritassero tali notizie e, nel caso le medesime fossero vere, quali ragioni avessero determinata l'intesa e l'azione di sole tre delle Potenze contraenti del Trattato di Berlino.

li signor Delcassé mi rispose senza esitazione che la politica della Francia nella questione armena non avea subito modificazioni dopo che egli era stato condotto a fame pubblica dichiarazione alla tribuna. Il sentimento pubblico francese si era a più riprese commosso, per le notizie che arrivavano dalle provincie asiatiche della Turchia abitate dagli armeni. Più per avere sui luoghi degli agenti in grado di esercitare un'azione pacificatrice e di controllare l'azione delle autorità ottomane, erano stati istituiti alcuni uffizi consolari francesi in località dove ben scarsi erano gli interessi commerciali della Francia. L'Inghilterra e la Russia erano le altre due sole Potenze che in quelle stesse località aveano degli agenti. l rapporti consolari ricevuti dalle rispettive ambasciate a Costantinopoli aveano naturalmente condotto i titolari delle medesime a pre

sentare alla Porta simultanee ed identiche osservazioni. Era però prematuro il dire che un progetto di riforme, discusso fra le tre Potenze, fosse già stato presentato alla Porta. Per quanto concerneva la Francia, egli mi poteva assicurare che non si voleva affatto riservare a tre sole Potenze l'azione da esercitare in favore delle popolazioni armene. La Francia non avrebbe potuto astenersene senza andare contro il sentimento nazionale. Ma se le altre Potenze, sottoscrittrici del Trattato di Berlino, intendevano prendere parte esse pure ali 'azione tendente alla pacificazione delle provincie abitate da quelle popolazioni, il loro concorso riuscirebbe al Gabinetto di Parigi sommamente gradito.

Siccome da altri colloqui avuti con me circa l'azione separata di alcune Potenze nelle questioni relative all'Impero ottomano, il signor Delcassé conosceva perfettamente il mio modo di vedere in proposito; così io non ebbi bisogno, per ottenere queste dichiarazioni, di manifestare una volta dippiù il mio pensiero sovra il vantaggio comune di conservare all'azione diplomatica fondata nei trattati costituenti il diritto pubblico dell'Impero ottomano il carattere collettivo che essa deve avere. E siccome la dichiarazione del signor Delcassé non escludeva in alcun modo che l'azione per le provincie armene tale carattere dovesse avere; così mi parve superfluo di insistere sovra considerazioni siffatte, tanto più che, in mancanza di istituzioni del R. Governo, il compito mio dovea restringersi ad accertarmi delle notizie pubblicate dalla agenzia Havas per essere in grado d'informare V.E. al riguardo.

515 2 Tittoni rispose con D. personale riservatissimo 36553/375 del 27 luglio che non si pubblica.

517

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1048/453. Vienna, 15 luglio 1904 (perv. il 21).

Mi pregio di accusare ricevuta del dispaccio n. 301 in data del 20 giugno scorso1 , col quale l'E.V., nel comunicarmi copia di un rapporto direttole dal r. console in Monastir2 circa l'azione spiegata da quei consoli d'Austria-Ungheria e di Russia e le relazioni che passano attualmente tra i medesimi, mi ingiunge di farle conoscere i miei apprezzamenti in proposito e di informarla se mi risulti qualche circostanza che valga ad avvalorare le asserzioni in essa contenute.

La lotta di propaganda che, secondo il conte di Visart, sarebbe ora impegnata tra i consoli d'Austria-Ungheria e di Russia in Monastir, non è che un episodio di quelle rivalità che avvengono di consueto tra i funzionari consolari esteri in Oriente specialmente tra i rappresentanti di quei due Governi.

Né è da supporre che l'accordo di Murzsteg abbia potuto farle cessare del tutto e di un tratto non essendo esse che il risultato naturale della politica tradizionale seguita dai loro Governi ispirata a fini divergenti.

2 Cfr. n. 461.

Onde non è da escludere che, nonostante le istruzioni loro impartite in seguito a quell'accordo, i consoli d'Austria-Ungheria e di Russia siano indotti a perseverare in una certa misura nella stessa linea di condotta da essi adottata per l'innanzi sorvegliandosi a vicenda e adoperandosi ad aumentare a danno dell'altro o a mantenere quell'influenza già acquistata sulle popolazioni che formavano prima il campo della loro disparata azione.

Ciò che parebbe poco verosimile si è la voce riferita nel detto rapporto, secondo la quale il console d'Austria-Ungheria cercherebbe «d'incitare i bulgari ad insorgere di nuovo facendo loro intravedere il miraggio dell'indipendenza», giacché tali incitamenti sarebbero contrari non solo al buon esito delle riforme che al Governo imperiale e reale preme di conseguire, almeno in parte, per ovviare a complicazioni immediate, che neiie circostanze presenti non può desiderare, al pari deiia Russia, bensì agli interessi suoi stessi che la spingono ad intralciare qualsiasi evento che possa condurre all'indipendenza di quelle popolazioni, dalle quali verrebbe menomata l'influenza che tiene ad esercitare sopra di esse.

Non mi risulta però, fino al momento in cui scrivo, alcuna circostanza che venga a corroborare le informazioni fomite dal conte di Visart, né mi sarebbe possibile di procurarmi dati al riguardo tutti i miei colleghi, all'eccezione di quello di Spagna, essendo già partiti in regolare congedo.

Come feci conoscere all'E.V., col mio rapporto n. 406 del2 corrente3 , la Russia sembra considerare l'opera delle riforme con alquanto scetticismo, né avere molta fede nel loro risultato pratico, pur riconoscendo il salutare effetto che ne potrebbe derivare momentaneamente per la pacificazione della penisola. Ed infatti essa non può farsi illusione a tale riguardo, giacché, oltre alle difficoltà inerenti aiia situazione di cose nei Balcani, che la loro applicazione incontra ed aii'opposizione latente che a questa vien fatta dall'amministrazione ottomana, non ignora come le riforme siano state accolte a malincuore dal sultano. Né può prestare piena fiducia alle disposizioni manifestate dalla Bulgaria e dalla Serbia di agevolarle conoscendo meglio d'ogni altra Potenza le loro intime intenzioni, come le ragioni che le indussero a modificare il loro contegno apparente sostando nella via da esse battuta per l'innanzi.

Nei colloqui da me avuti col conte di Kapnist, dacché assunsi la direzione della

r. ambasciata, potei rilevare come egli non considerasse in modo dissimile l'opera intrapresa dalle Potenze e tale del pari fu l'impressione che dai loro colloqui con esso ritrassero i miei colleghi di Francia e d'Inghilterra.

A questo Ministero imperiale e reale degli affari esteri però, si è soddisfatti, almeno in apparenza, dell'azione spiegata dalla Russia in pro delle riforme, e non si tralascia infatti occasione per dichiarare che, nonostante le sue presenti preoccupazioni, essa continua a camminare d'accordo coll'Austria-Ungheria per assicurare l'attuazione del programma di Miirzsteg.

Non si può invero mettere in dubbio tale dichiarazione essendo troppo evidente l'interesse che ha la Russia di mantenere saldo, neiie attuali circostanze, l'accordo coll'Austria-Ungheria. Tuttavia lo scetticismo col quale sembra considerare le riforme, farebbe nascere quasi la supposizione come la Russia, senza disinteressarsi da

ciò che avviene nei Balcani, non presti alle medesime l'attenzione che vi porterebbe l'Austria-Ungheria e che segue i suoi passi per non abbandonare in sua balìa le sorti di quelle popolazioni, lasciando così a lei sola il compito che ambedue eransi assunto per tacito consenso delle Potenze.

Non sarebbe quindi da meravigliare se l'azione degli agenti russi nei Balcani si risentisse in certa guisa più o meno lontanamente di tali disposizioni del Governo imperiale, ridestando quella lotta di propaganda segnalata dal conte di Visart e dalla quale non è da presumere che i consoli d'Austria-Ungheria, che prima vi prendevano parte attiva, si astengano ora del tutto dal parteciparvi per il solo fatto della stipulazione dell'accordo di Murzsteg.

L'antagonismo esistente nei Balcani tra l'Austria-Ungheria e la Russia non ha potuto certo esser troncato interamente da quell'accordo. Esso ha permesso bensì d'assopire per il momento le rivalità che apparivano per l'innanzi in piena luce, ma queste non possono a meno che perdurare tuttora allo stato latente e sarebbero per manifestarsi di nuovo qualora l 'accordo, che ha impresso, nell'interesse dei due Paesi, una sosta momentanea nell'evoluzione naturale delle cose nei Balcani, fosse per venir meno per circostanze che non è dato di prevedere per ora.

517 1 Non pubblicato. Il dispaccio era stato inviato anche a Pansa, cfr. n. 477.

517 3 Cfr. n. 503.

518

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Therapia, 17 luglio 1904.

Ho l'onore di comunicare a VE. qualche ulteriore notizia circa l'argomento della mia lettera particolare in data 4 corrente 1•

Com'è noto a V.E., il distretto di Drama, assegnato agli inglesi per la riorganizzazione della gendarmeria, è molto limitato, senza gravi difficoltà da superare ed il numero attuale degli ufficiali britannici che vi si trovano è notoriamente sufficiente; d'altra parte, secondo risulta dalla mia corrispondenza d'ufficio, il Governo inglese è risoluto ad aumentare i proprì ufficiali al tempo stesso che le altre Potenze. Vi è quindi luogo di supporre che l'Inghilterra abbia il progetto di collegare l'estensione della riforma della gendarmeria al limitrofo vilayet di Adrianopoli con l'aumento dei proprii ufficiali che, per tal guisa, troverebbero modo di essere impiegati.

Allo scopo di chiarire questo punto, chiesi a sir N. O'Conor, il quale mi diceva che stava tutt'ora occupandosi della estensione della riforma della gendarmeria al vilayet d'Adrianopoli, se intendeva impiegar in quelle regioni i nuovi ufficiali che avrebbe avuto in numero sovrabbondante, secondo egli stesso altra volta conveniva. L'ambasciatore mi confidò in risposta che tale era il suo progetto, che si trattava appunto di stabilire a suo tempo una riforma della gendarmeria nel vilayet d'Adrianopoli col con

corso degli ufficiali inglesi ed italiani (Romei e Tornassi, mia lettera citata), che tale riforma non avrebbe potuto dipendere dal generale De Giorgis perché I'AustriaUngheria vi avrebbe fatto opposizione come fa ora pel sangiaccato di Koritza, ma che il colonnello Fairholme, aggiunto militare inglese, che è in ottimi termini col generale De Giorgis, avrebbe trovato modo di procedere sempre d'accordo con lui. In ultimo sir N. O'Conor mi disse che all'ambasciatore d'Austria-Ungheria egli aveva semplicemente fatto presente l'utilità che fosse estesa la riorganizzazione della gendarmeria, al che il barone di Calice rispose che ciò che la Turchia stabilisce all'infuori delle riforme concertate dalle Potenze non lo riguarda. Sir N. O'Conor mi raccomandò poi di mantenere il segreto circa il proponimento del sultano di servirsi dei nostri due ufficiali, e ciò per la riuscita del progetto. Concluse infine che l'unico ostacolo è l'assoluta mancanza di fondi in cui si trova letteralmente il Governo ottomano.

All'E.V. non sfuggirà certamente come le parole di sir N. O'Conor abbiano carattere confidenziale e strettamente personale.

518 1 Non pubblicata.

519

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA l

D. 35411/309. Roma, 20 luglio 1904.

Segno ricevuta all'E.V., del rapporto n. 603/223 delli 18 maggio u.s. 2 relativo all'assetto definitivo del Soma1iland.

In detto rapporto la E.V. accennando ad una conversazione avuta col marchese di Lansdowne, riferisce che Sua Signoria le avrebbe detto non sembrargli che vi fosse inconveniente nel tentativo di iniziare trattative col Mullah a mezzo di una o di altra tribù vicina.

A questo proposito, gradirei che la E. V. domandasse esplicitamente al marchese di Lansdowne, se il Governo inglese consentirebbe a che l'Italia iniziasse trattative col Mullah per conto dell'Inghilterra, ed in caso affermativo, su quali basi. Il

R. Governo sta per affidare una missione in Somalia a funzionari di sua tìducia3 , e terrebbe moltissimo ad avere una risposta al riguardo per quanto possibile sollecita4 .

519 1 Ed. a firma di Fusinato in LV 103, pp. 27-28. 2 Non pubblicato. 3 La missione fu aflìdata a Pestalozza con istruzioni del 19 luglio che non si pubblicano. 4 Per la risposta cfr. n. 526.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. SEGRETO 35606/883. Roma, 21 luglio 1904.

Segno ricevuta del rapporto dell'E .V. in data 20 giugno ultimo scorso, n. 7 42 riservato1 .

Le trattative col Gabinetto di Londra per l'accordo anglo-italiano relativo all'Etiopia, sono prossime ad una conclusione, la sola divergenza rimasta da appianare essendo quella di una più esatta determinazione dei rispettivi interessi italiani e britannici nell'Etiopia medesima e territori adiacenti. La formala proposta dal Gabinetto di Londra tendeva a garantire alla Gran Bretagna «l'indisputato possesso del controllo sulle acque del Nilo e dei suoi affluenti» laddove all'Italia, tenuto conto dei suoi interessi in Etiopia, per riguardo all'Eritrea ed alla Somalia (compreso il Ben adir) si assicurava «libera comunicazione fra quei due possedimenti».

Parve a questo Ministero che la formala inglese, mentre tendeva ad estendere smisuratamente la sfera degli interessi inglesi, ché gli affluenti del Nilo, di cui è fatto parola, attraversano quasi la intera Etiopia toccando direttamente interessi italiani in Eritrea, non consentisse per noi una sufficiente guarentigia in quelle regioni dell'Africa Orientale, dovendo noi avere in mira non già la semplice «libera comunicazione» fra i nostri possedimenti del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano, bensì il loro congiungimento territoriale.

Onde la nuova formala da noi proposta al Gabinetto di Londra fu la seguente: «Se gli avvenimenti conducono ad una disintegrazione dell'Impero etiopico i due Governi si obbligano a cooperare affinché una eventuale sistemazione dei territori avvenga in base agli accordi enunciati nell'articolo e con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per la salvaguardia degli interessi britannici e dell'Egitto nel Bacino del Nilo, che consiste nel possesso del controllo delle acque del Nilo e dei suoi affluenti, in quanto non leda gli interessi agricoli ed industriali locali, e per la salvaguardia degli interessi italiani in Etiopia, per quanto riguarda l'Eritrea e la Somalia (compreso il Benadir) e specialmente nella zona intercedente tra questi possedimenti italiani onde ottenere che tra di essi non vi sia soluzione di continuità».

Non appena avremo dal Gabinetto di Londra ottenuta l'adesione a questa formala o ad altra equivalente che tenga nel dovuto riguardo gli interessi nostri, l'accordo verrà allora comunicato a codesto Governo.

Unisco, in copia, il testo inglese dell'accordo quale è stato comunicato al cavalier Pausa dal Governo britannico con la variante da noi proposta2•

Il Governo francese, da canto suo, vorrà guarentirsi l'hinterland della Colonia di Gibuti sulla base del trattato con l'Etiopia dell897 e dell'accordo con l'Inghilterra dell"88 e regolare la questione della ferrovia fino ad Addis Abeba.

2 Cfr. nn. 486 e 508.

Per la prima e per la seconda questione abbiamo bisogno di conoscere, quando l'accordo anglo-italiano sia comunicato a codesto Governo, quali siano precisamente le proposte della Francia.

Su di esse determineremo il nostro atteggiamento.

Noi dobbiamo premunirei da una espansione francese ad ovest della Colonia di Gibuti, cercando di limitare le pretese di essa; e per far questo ci gioveremo delle facilitazioni che possiamo rendere nella questione detta ferrovia, che molto interessa al Governo francese.

520 1 Cfr. n. 478.

521

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 901/337. Londra, 21 luglio 1904 (perv. il 27).

Ho l'onore di accusare ricevuta all'E.V. del suo dispaccio dell'Il luglio (n. 288) 1 consegnatomi ieri dal corriere di Gabinetto. Esso contiene la proposta di una redazione modificata dell'articolo 4 del progettato accordo coll'Inghilterra circa l'Etiopia da sostituirsi a quella da ultimo presentataci dal marchese di Lansdowne.

Ieri stesso mi sono recato a rimettere il testo di quella proposta a Sua Signoria, che mi promise di esaminarla, riservandosi di prevenirmi del giorno in cui potremo discuterne ulteriormente.

Lord Lansdowne era già preparato alle nostre obiezioni, perché fino dal giorno in cui egli mi consegnò il suo contro-progetto, io gli osservai che l'inciso relativo al «controllo sulle acque del N ilo e dei suoi affluenti» mi sembrava, prima facie, meritare qualche riserva, facendogli rilevare sulla carta come quegli affluenti scendano da regioni molto addentro n eli 'interno dell'Abissinia. Ebbi nuovamente occasione di parlargliene in seguito al telegramma di V.E. del 3 luglio2 , e fu in riferenza a ciò che Sua Signoria mi espresse allora la sua preferenza (accennata nel mio telegramma del 6)3 per una redazione attenuata, in modo da evitare l'apparenza di un troppo categorico riparto anticipato di territori abissini.

Debbo quindi riservami di scriverle ancora su ciò dopo un mio nuovo convegno col ministro, che questi mi disse cercherà di fissare per la prossima settimana, malgrado gli altri molto gravi affari che lo preoccupano in questo momento.

Mi sarebbe utile frattanto sapere, per mia norma se, allo infuori di questo articolo, la dicitura dell'accordo possa considerarsi come stabilita nella forma del testo inglese approvato dal marchese di Lansdowne (annesso al mio rapporto del 23 giugno n. 284)4, salvo, ben inteso, a ricostituirlo col testo italiano utilizzando i termini

2 Cfr. n. 50 l. 3 Cfr. n. 505. 4 Cfr. n. 486, nota 2.

deli'ultimo progetto nostro (annesso al dispaccio del l o giugno n. 231 )5 laddove non siano stati modificati6 .

521 1 Cfr. n. 508.

522

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI FUSINATO

Roma, 22 luglio 1904.

È venuto da me l'ambasciatore di Russia per fare al R. Governo amichevoli comunicazioni relativamente alla situazione in Macedonia specialmente in rapporto all'attitudine del generale De Giorgis. Le lagnanze del Governo russo, delle quali il principe Ouroussoff si è fatto interprete, si riferiscono anzitutto al fatto che il generale De Giorgis rifiuterebbe ogni e qualunque ingerenza degli agenti civili in tutto ciò che si riferisce alla gendarmeria. Gli si fa accusa altresì di modi bruschi e poco concilianti. Si cita particolarmente il fatto di una adunanza che egli avrebbe avuto con Hilmi Pascià e coi due agenti, nella quale si sarebbe espresso in termini vivaci contro il modo d'applicazione delle riforme, e, si dice, contro l 'opera degli stessi aggiunti militari. Si rimprovera, infine, al generale De Giorgis di essere esclusivamente preoccupato di rendersi grato alla Turchia, dimenticando di essere, insomma, un delegato delle Potenze, e di essersi così posto in assai cattivi rapporti coi due agenti civili e collo stesso Hilmi Pascià.

Ho risposto all'ambasciatore che le due accuse fondamentali mi sembravano ingiuste. Le attribuzioni degli agenti civili sono parallele, ma diverse da quelle del generale De Giorgis, e gli agenti civili non hanno diritto di mescolarsi nell'opera della riorganizzazione della gendarmeria più di quello che De Giorgis non abbia diritto di mescolarsi nelle riforme civili. Il che non toglie che qualora le due opere di riforma possano venire in contatto, sia utile o conveniente che il generale De Giorgis e gli agenti civili scambino le loro idee e amichevolmente si intendano.

Quanto all'altra accusa d'essere troppo ligio alla Turchia, essa o significherebbe troppo o significa troppo poco. Il vero è che il generale De Giorgis non ha che una sola e grande preoccupazione: quella di riuscire nel compito che gli venne affidato. Egli è convinto di non potervi riuscire che con la fiducia del sultano, al cui servizio temporaneo del resto si trova, e della Sublime Porta. Di ciò potrebbero fargli rimprovero soltanto coloro che effettivamente non desiderassero la riuscita della riforma. Che se, accusando il generale De Giorgis di essere troppo ligio alla Turchia, si volesse dire che egli si occupa degli interessi turchi più che degli interessi europei, l'accusa non potrebbe evidentemente venire rilevata da noi.

Quanto ai modi bruschi e poco concilianti, è difficile giudicarne da Roma. È probabile che la stessa accusa sia rivolta agli agenti civili dal generale De Giorgis.

Quello che purtroppo par vero, è che fra le autorità preposte alla attuazione delle riforme in Macedonia, non regna quella cordiale intimità e quell'accordo che sarebbe desiderabile; e in ciò sta il vero e maggiore pericolo.

La conversazione si aggirò lungamente sulla base di queste reciproche dichiarazioni.

L'ambasciatore russo dichiarò che la preoccupazione maggiore del suo Governo era appunto quella di vedere compromesso il risultato delle riforme. Alla domanda sua, se il Governo italiano sarebbe disposto a mandare istruzioni concilianti al generale De Giorgis, risposi che di istruzioni in proprio senso non si poteva parlare, perché il generale De Giorgis non dipende attualmente da noi: ma ritenevo che non vi sarebbe stata difficoltà a inviargli dei consigli a condizione che i medesimi consigli fossero inviati agli agenti civili; i consigli cioè di abbandonare le reciproche diffidenze, stabilire i propri rapporti sopra un piede di mutua e sincera fiducia, e cooperare sinceramente, senza nascoste preoccupazioni, al risultato dell'opera iniziata dalle Potenze in Macedonia.

Ho specialmente e ripetutamente insistito sul punto di vista esclusivamente tecnico assunto dal generale De Giorgis, sulla assenza assoluta di qualunque preoccupazione politica nell'opera sua, e sul consenso e l'approvazione che la sua attitudine dovrebbe assicurargli.

Del resto il principe Ouroussoff inspirò sempre le sue osservazioni alla più amichevole intonazione; e non è inopportuno ricordare che egli ebbe a dirmi che la Russia procede certamente d'accordo coli'Austria, ed è consenziente con essa nelle essenziali questioni; ma ciò non significa che essa ne accetti a priori tutte le opinioni e rinunzi ali 'indipendenza dei propri giudizi e dei propri apprezzamenti 1•

521 5 Cfr. n. 441. 6 Allegato il seguente appunto: «Rispondere affermativamente. È bene, però, che l'ultima redazione sia presentata a questo Ministero».

523

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2075/888. Parigi, 22 luglio 1904 (perv. il 28).

Lo stato delle relazioni fra il Vaticano e la Francia essendo diventato, in questi ultimi giorni, quasi il solo soggetto sul quale la pubblica attenzione si sia fissata, mi parve di potere, senza infrangere la riserva che sempre osservo in ordine a questa questione, conversarne familiarmente con il signor Delcassé e così mi trovo in grado di far conoscere confidenzialmente a V.E. il punto di vista che questo Governo ha adottato nella fase recente dei suoi dissidì con la curia pontificia.

Benché nel Gabinetto presieduto dal signor Combes il signor Delcassé rappresenti certamente la parte più moderata nelle questioni di anti-clericalismo, tuttavia egli pure considera che gli inviti mandati ai diocesani di Lione e di Lavai di dimettersi e le intimazioni ai prelati stessi fatte di presentarsi al tribunale del Santo Ufficio in Roma,

costituiscono atti e procedimenti contrari alla lettera ed allo spirito del Concordato. Non occorre riferirsi agli articoli che il Vaticano dichiara non essere mai stati accettati dalla Santa Sede, per dimostrare che nei vescovi lo Stato considera un amministratore della diocesi ch'egli interviene a costituire e che non può quindi essere rimosso dall'uffizio od allontanato dalla residenza senza il suo preventivo consenso. Pretende il signor Delcassé che i processi canonici aperti da assai tempo [quello del vescovo di Lavai per fatti denunciati da oltre un triennio] non sarebbero che un pretesto trovato dalla Curia per ispingere le cose in Francia ad una rottura. Sicché al torto che, secondo lui, è manifesto dal punto di vista dell'interpretazione del Concordato, la Santa Sede aggiungerebbe l'intenzione prestabilita di creare imbarazzi al Governo della Repubblica suscitandogli difficoltà interne in omaggio alla massima «oportet ut adveniant scandala».

Gli atti di questo affare sarebbero stati finora le lettere del cardinale Serafino Vannutelli che, in qualità di prefetto di una delle Congregazioni, eccitava l'arcivescovo di Digione ed il vescovo di Lavai a dimettersi per evitare lo scandalo del processo canonico; le lettere del cardinale segretario di Stato che, con le forrnole comunitarie d'uso, chiamavano a Roma e citavano i due prelati davanti il tribunale ecclesiastico; la nota del Governo francese che fa conoscere al Vaticano essere tali procedimenti contrari al Concordato ed inammissibili. Quest'ultimo documento è partito da Parigi soltanto la sera del 20 corrente; ma è stato preceduto da conversazioni che questo Ministero degli affari esteri ebbe con monsignor Montagnini, uditore della nunziatura e reggente di essa in assenza di monsignor Lorenzelli che è fuori da Parigi.

L'atteggiamento assunto dalla Sede Apostolica soddisfa le due intransigenze estreme dei partiti politici in Francia le quali si trovano d'accordo per affrettare la separazione della Chiesa dallo Stato. Ma non credo errare nel dire che la maggioranza del Governo e lo stesso signor Com bes non erano affatto preparati a spingersi nella via della piena rottura con la Santa Sede. Questo presidente del Consiglio, or sono circa 15 giorni, esponendomi, in familiare conversazione, che il compito del suo Ministero era ormai compiuto, mi addiceva fra i motivi per lui di ritirarsi dal Governo la scissura esistente nel gruppo dei partiti governativi sovra la questione della separazione dello Stato dalle Chiese, questione ch'egli stesso considerava come prematura.

Prima di mandare la nota al Vaticano, il signor Delcassé ha consultato l'opinione di personalità parlamentari che non votano con il Gabinetto attuale e pare abbia trovato un consenso unanime per preparare la separazione se il Vaticano con i suoi adoperamenti la renderà inevitabile.

Non vorrei pronunciarrni sovra la questione di merito che, posta nei termini espressi dal signor Delcassé, sarebbe forse assai più semplice di quello che in realtà potrebbe comparire se venisse da altri punti di vista esaminata. Neppure ho raccolto notizie che mi permettino una previsione certa di ciò che seguirebbe se, dopo la comunicazione della nota francese al Vaticano, questi persistesse nelle sue pretese e non recedesse dall'atteggiamento assunto tanto verso il Governo della Repubblica, quanto verso i vescovi incriminati. Le gazzette parlano di completa rottura diplomatica e di prossimo invio di passaporti al nunzio; ma un articolo del Temps di due giorni or sono protestava contro un tale provvedimento dimostrando che ciò che importava dalle due parti era di spiegarsi ed intendersi sulla interpretazione del Concordato e che era un mettere il carro avanti i buoi il licenziare il nunzio ed il richiamare l'ambasciata prima di avere denunziato il Concordato stesso.

Le Camere sono in vacanza. Il presidente della Repubblica è in procinto di recarsi a villeggiare ed il signor Delcassé si propone di essere nel suo dipartimento prima della fine del mese e di prendere un riposo prolungato di cui pare che la sua salute senta il bisogno.

Queste disposizioni attesterebbero in coloro che le prendono nessuna previsione di imbarazzi politici pei quali pronte decisioni sarebbero necessarie.

522 1 L'appunto fu oggetto del D. 36880/354 del 28 luglio a Imperiali che non si pubblica. Il contenuto dell'appunto fu anche inviato a Vienna (cfr. n. 527, nota 2).

524

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 1288. Roma, 23 luglio 1904, ore 14.

*II generale De Giorgis per usufruire opera ufficiali svedesi belgi che già si trovavano Macedonia per riorganizzazione gendarmeria li destinò a quei cazà dei vilayets di Monastir, Kossovo, Salonicco, ai quali era stato deciso che riorganizzazione gendarmeria sarebbe stata applicata più tardi. Al generale De Giorgis parve opportuno porre quegli ufficiali nella stessa condizione degli altri e cioè sotto dipendenza aggiunto militare preposto vilayet e generale De Giorgis. In seguito a ciò gli ambasciatori Austria e Russia inviarono loro agenti civili istruzioni colle quali contestano legalità provvedimento De Giorgis e con sottili argomenti formali facilmente refutabili giungono conclusione che ufficiali svedesi belgi vilayet Monastir dovrebbero dipendere direttamente Turchia escluso De Giorgis e ufficiali svedesi belgi vilayet Kossovo Salonicco dovrebbero dipendere esclusivamente aggiunto militare austriaco russo escluso De Giorgis. Prescindendo altre considerazioni tale disparità trattamento che farebbesi vilayet Monastir in confronto Salonicco e Kossovo non potrebbe a meno di urtare nostra suscettibilità e noi non potremmo accettarla. È evidente altresì come qualora ambasciatori Austria Russia insistessero loro pretese sarebbe gravemente compromesso prestigio De Giorgis risultato riforme*. Devesi altresì osservare come materia riorganizzazione gendarmeria decisa d'accordo rappresentanti tutte Potenze non avrebbe dovuto formare argomento decisioni ambasciatori Austria Russia senza previa intesa altri ambasciatori con che si sarebbe evitata attuale spiacevole condizione di cose né agenti civili Austria Russia Salonicco privi ingerenza riorganizzazione gendarmeria avevano veste per ricevere istruzioni in proposito e trasmetterle De Giorgis loro superiore in rango. Pregola portare tutto ciò amichevolmente conoscenza codesto Governo pregandolo inviare proprio rappresentante Costantinopoli opportune istruzioni senso da me desiderato 1•

524 1 Con T. 1289, pari data, Tittoni comunicò a Avarna ed a Morra la parte fra asterischi del telegramma pubblicato nel testo e proseguì: «Prego V. E. di recare ciò amichevolmente a conoscenza di codesto ministro degli affari esteri dimostrandogli necessità non compromettere intesa Potenze per argomento relativamente di così lieve importanza». Per la risposta da Pietroburgo cfr. n. 528.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 23 luglio 1904, ore 20,10.

Decifri da sé.

Personalità tedesca che occupa un'alta posizione discorrendo con me confidenzialmente mi diceva come in questo momento la politica della Germania e della Austria miri ad un'intesa colla Russia distaccandola dalla Francia; che a Parigi si è di ciò impensieriti e ciò spiegherebbe l'annunciato viaggio di Delcassé a Pietroburgo che avrebbe per i scopo di parare il colpo; che l'Austria fa di tutto per ottenere dalla Russia il permesso di avanzare nel Balcani offrendo alla Russia compensi a spese della Turchia; che la Germania messa a parte di ciò è esitante perché non vorrebbe abbandonare la Turchia.

(Per l'ambasciatore a Londra) Autorizzo V.E. a recar ciò a notizia di lord Lansdowne affinché anche egli possa controllare l'esattezza di tali voci e ad ogni modo

V.E. ne prenderà occasione per insistere ancora col nobile lord sulla necessità dell'intima intesa tra l'Inghilterra e l'Italia e per procurare di ottenere dichiarazioni precise circa ciò che farebbe l'Inghilterra se un accordo austro-russo per dividersi le spoglie della Turchia si concludesse ripetendo all'uopo che noi siamo pronti a seguire l'Inghilterra nella sua azione.

(Per l'ambasciatore a Berlino) Io ebbi già a significare a VE. il timore che qui si nutriva che Germania ed Austria cercassero di ricostruire la alleanza dei tre imperatori, V.E. rispose che non gli risultava che la Germania avesse tale intenzione ed infatti parrebbe che l'Austria l'avesse più della Germania. Ad ogni modo veda V.E. di scoprire nel modo che più le parrà opportuno le vere intenzioni del Governo tedesco al riguardo e soprattutto se in data eventualità sarebbe disposto a sacrificare l'Italia consentendo alla spartizione della Turchia tra l'Austria e la Russia fatto che distruggerebbe per sempre la Triplice Alleanza.

526

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 916/345. Londra, 23 luglio 1904 (perv. il 30).

Ho l'onore di accusare ricevuta degli ultimi dispacci di V.E. del 20 corrente (nn. 307 1,3092 , e 310 1) relativi agli affari di Somalia.

Quanto alla voce riprodotta nella seconda di quelle comunicazioni e che ella mi domanda di controllare, che, cioè, il Mullah si troverebbe a 50 miglia da Berbera, mi fu detto al Foreign Office non aversene alcuna conferma. Secondo le ultime notizie qui pervenute al principio di luglio, il Mullah si sarebbe allora trovato nei dintorni di Halin (lat. 8.30. long. 48.18) all'estremità sud-est della Somalia britannica e ad una distanza da Berbera di quasi 300 miglia.

Colla stessa occasione mi sono occupato di scandagliare le disposizioni di questo Governo riguardo alla idea da V.E. accennata di approfittare, cioè, del prossimo invio di una nostra missione in Somalia per tentare un accomodamento col Mullah per conto dell 'Inghilterra. Di ciò ho stimato utile intrattenere in via preliminare questo sovrintendente dei Protettorati africani sir Clement Hill, il funzionario al quale per ragione d'ufficio lord Lansdowne suole affidarsi in simili questioni. Gli dissi dunque che, nell'occasione di una visita che le nostre autorità stavano per fare a quelle tribù somale, era possibile che si offrisse maniera di entrare in qualche comunicazione col Mullah; che potrebbe forse allora aver luogo uno scambio di proposte di accomodamento e che, in vista di tale eventualità, ci converrebbe di sapere se il Governo inglese la riguardasse con occhio favorevole ed anzi se esso avesse alcun suggerimento a offrire circa le condizioni da considerarsi, nella trattazione delle quali saremmo naturalmente desiderosi di tener conto delle sue idee. Sir Clement Hill senz'altro mi rispose che qualunque passo verso la pacificazione non potrebbe riuscire che gradito al Governo britannico, suo unico desiderio essendo di veder finite le agitazioni che da anni hanno perturbato quelle tribù. Quanto a condizioni, egli poteva dire soltanto che il Governo inglese, se assicurato delle intenzioni del Mullah di mettersi quieto e rinunziare a molestare i vicini, non avrebbe difficoltà a che esso si stabilisse in qualche località per es. del Paese dei Dolbahanti ed avesse anche comunicazione con qualche punto della costa, dove i sambuchi possano approdare, per modo da poter accudire al traffico dei prodotti del Paese: una cosa però doveva escludersi, e cioè che si trattasse di traffici d'armi, o che, come era da sospettarsi, il Mullah pretendesse ottenere armi dalle autorità, mentre queste certamente non si consentirebbero.

Approfitterò di una prossima occasione per intrattenere direttamente il marchese di Lansdowne di questo affare. Mentre le cose dettemi da sir Clement già permettono di prevedere quale sarà ad un dipresso la risposta di Sua Signoria, l'E.V. avrà frattanto agio di considerare se, e in qual forma, sarà il caso di meglio concretare le proposizioni di cui si tratta.

2 Cfr.n.519.

526 1 Non pubblicato.

527

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL GENERALE DE GIORGIS

Roma, 24 luglio 1904, ore 14.

È venuto oggi da me ambasciatore di Russia per comunicarmi le preoccupazioni del suo Governo per i rapporti poco cordiali che esisterebbero fra l'E.V. e i due agenti civili e Hilmi Pascià2 . Mi dichiarò che il Governo russo si preoccupa di ciò specialmente perché vi ravvisa una grave minaccia all'opera delle riforme. Ha insistito fra altro sull'opinione dell'E.V. di voler escludere qualunque ingerenza degli agenti civili nella riorganizzazione della gendarmeria sui modi poco concilianti che ella adoprerebbe nei suoi rapporti con detti agenti e su alcuni duri giudizi che ella avrebbe espresso in una conferenza con Hilmi e gli agenti. Io ho risposto giustificando l'attitudine di lei in cui è riposta la piena fiducia del Governo. Particolarmente ho dichiarato di ritenere con lei che gli agenti civili non abbiano diritto di mescolarsi nella gendarmeria senza escludere che possano e debbano avvenire intese amichevoli qualora le due opere di riforma vengano in contatto. Ciò premesso non posso tacerle la mia grave preoccupazione per tutti questi sintomi di discordie e di malintesi che possono creare una situazione assai grave.

Comunicazioni analoghe a quelle fattemi da questo ambasciatore di Russia vennero fatte a Vienna dal conte Goluchowski al duca A varna e mi attendo altre comunicazioni in proposito da questo ambasciatore d'Austria. Io non ho da darle istruzioni ma le rivolgo la più viva preghiera affinché ella faccia quanto le riesce possibile per evitare discordie ed attriti che potrebbero avere ben più larghe e serie ripercussioni e creare all'Italia una posizione difficile.

528

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1651/46. Pietroburgo, 25 luglio 1904, ore 7,15.

Non avendo potuto vedere subito il conte Lamsdorff, mi sono rivolto al direttore politico del Ministero degli affari esteri onde intrattenerlo circa gli intendimenti dell'E.V., di cui telegramma n. 12591• A questo Ministero degli affari esteri non era pervenuta da Costantinopoli nessuna informazione in proposito, e detto direttore si

mostrò assai sorpreso di quanto gli esponevo, e mi disse essere convinto che il conte Lamsdorff, tosto da lui informato della cosa, avrebbe telegrafato a Costantinopoli onde dichiarare che suo intendimento era che si continuasse a mantenere il massimo accordo fra le Potenze intorno all'opera del generale De Giorgis, al quale naturalmente era devoluta la direzione di tutti gli ufficiali, compresi svedese e belga, non potendosi poi ammettere differenza alcuna tra quelli addetti al vilayet di Monastir e quello di Kossovo, e Salonicco. Intorno alle istruzioni date ai due addetti civili conviene il detto direttore con me sulla poca convenienza di servirsi di loro per quanto riguarda la gendarmeria, osservandomi però che d'altra parte era assai utile che esistesse tra loro tre rapporti continui. Egli poi ebbe ad informarmi circa attriti sorti tra il generale De Giorgis e gli ufficiali austriaci, dei quali V.E. deve essere informata. Da essi parmi scaturire tutto ciò che tratta il telegramma di V.E., e quindi parmi sia a raccomandare al generale per mezzo del nostro ambasciatore a Costantinopoli di procurare di evitare qualsiasi controversia con detti ufficiali. In conclusione dalla conversazione avuta al Ministero degli affari esteri ho potuto rilevare, come già altra volta, che la Russia desidera assai il più completo accordo con noi mentre AustriaUngheria suscita continue questioni: confido tuttavia che l'opera di questo Ministero degli affari esteri riuscirà anche questa volta a dissipare gli attriti.

527 1 Il telegramma fu inviato tramite il consolato a Salonicco. 2 La notizia del passo fatto a Roma (cfr. n. 522) fu comunicata a Lamsdorff che si trovava a Vienna. Ne diede informazione A varna con T. confidenziale 16451152 del 25 luglio, non pubblicato. 528 1 Si tratta in realtà del T. 1289 del 23 luglio. Cfr. al riguardo n. 524, nota l.

529

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .../116. Berlino, 25 luglio 1904, ore 17,28 (perv. ore 18,35).

Ringrazio l 'E.V. della comunicazione fattami con il telegramma riservato del 23 1; questo è preziosissimo alla r. ambasciata per norma della direzione da dare alle sue indagini ed io ne terrò gran conto; anzi nella imminenza della mia partenza in congedo lascio apposite relative istruzioni all'intelligente consigliere che mi surrogherà durante la mia assenza, sulla sagacità e prudenza del quale ella può fare particolarmente affidamento. Per il momento presente però io non vedo alcuna probabilità che l'eventualità, cui si accenna nella conversazione dalla E.V. gentilmente riferitami, possa verificarsi. È fuori di dubbio ed è ben naturale che l'alleanza franco-russa non sia vista di buon occhio dalla Germania e che, non avendo potuto impedirla, il Governo imperiale abbia fatto e faccia tuttora ogni sforzo per mantenere intimi rapporti con la Russia e far sì che a Pietroburgo Francia non venga sostenuta nelle sue idee di rivincita. Di ciò ho fatto parola in vari rapporti di questa ambasciata e non escludo ora che Blilow nei suoi recenti colloqui con Witte abbia toccato questo argomento cercando ottenere di più dalla Russia.

È però poco probabile che la Russia voglia mutare suo orientamento politico e tanto meno ingolfarsi in complicazioni nell'Oriente europeo fino a che è alle prese colle gravi difficoltà con le quali è impegnata nell'Oriente asiatico. Che l'idea della ricostituzione dell'alleanza dei tre imperi sia stata o sia tuttora avanzata a Vienna ed anche a Berlino non potrei negare in modo assoluto, senonché ciò va in ogni caso considerato come una aspirazione per il caso in cui Triplice Alleanza abbia a sciogliersi, eventualità che purtroppo e in causa dei recenti fatti avvenuti in Italia in occasione visita Loubet è stata presa in considerazione tanto qui che a Vienna. Non vediamo noi in questo momento Austria-Ungheria accrescere sue difese confine italiano? Qual altro motivo spinge a ciò se non la preoccupazione che Triplice Alleanza per fatto nostro possa non venire rinnovata alla sua scadenza? Per ciò che riguarda Austria-Ungheria nei Balcani V.E. ha avuto sufficienti assicurazioni da Goluchowski e anche in ciò non vedo pericolo fino a che duri e salda Triplice Alleanza. Al ristabilimento di questa salvezza noi dobbiamo dedicare tutti i nostri sforzi.

529 1 Cfr. n. 525.

530

IL MINISTRO DEL TESORO, LUZZATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

L. PERSONALE. Roma, 26 luglio 1904.

Ho esaminato ponderatamente il promemoria che mi trasmettesti2 circa l'acquisto della colonia del Benadir e circa la concessione a noi di una stazione a Chisimajo, collegata da una striscia di terra, attraverso i possedimenti inglesi, col Giuba e, quindi, con le regioni a nord di quel fiume, all'Italia sottoposte.

In questo esame, più che sulla semplice portata finanziaria delle condizioni, alle quali il Gabinetto di Londra si mostra proclive a concludere l'accordo, e più che sui singoli patti di cui l'accordo dovrebbe constare, la mia attenzione ha dovuto fermarsi sulle conseguenze che nei rispetti col nostro Paese avrebbe la divisata trasformazione di un possesso precario, per semplice titolo di affitto, quale il nostro attuale del Benadir, in un possesso definitivo, per una vera e propria cessione di sovranità: trasformazione indiscutibilmente grave, come quella che, mentre potrebbe accollarsi nuovi e più ardui doveri, anche di carattere internazionale, renderebbe all'Italia, divenuta padrona assoluta di quei territori, ben più malagevole l'abbandonarli quando l'avvenire e i fatti attestassero non conveniente il conservarli, mentre invece, perdurando l'alta Signoria del sultano di Zanzibar, una eventuale loro retrocessione, alla scadenza del contratto d'affitto, incontrerebbe, per ogni verso, difficoltà di gran lunga minori.

Una trasformazione di tal fatta, importando inevitabilmente una più o meno prossima intensificazione della nostra azione non soltanto negli scali cedutici dal sultano Said Alì con l'atto 12 agosto 1892 e nelle loro adiacenze, ma anche, e più anco

2 Cfr. n. 511.

ra, fra le tribù Somale della vasta regione, sembra doverci condurre, per forza di cose, a sostanziali mutamenti negli ordinamenti amministrativi e militari del possedimento. Io non intendo qui entrare nella quistione delicata e difficile della Società milanese. Osservo soltanto come un possesso definitivo e sovrano, portando più o men presto a una più sentita organizzazione politica, ci avvierebbe a nuove spese, le quali, data la vastità del Paese e l'indole de' suoi abitatori, non potrebbero non essere sensibili specialmente ove il Governo dovesse assumersi la gestione diretta della colonia, su di che l 'Eritrea ci dà seri ammaestramenti; spese, che soltanto correndo incontro a troppo facili e dolorose delusioni potrebbesi, verisimilmente, sperar di vedere in un remoto avvenire sostenute dalla colonia stessa con proventi propri. Inoltre, una tale modificazione nel reggimento del Benadir e degli annessi territori potrebbe agevolmente finire col condurci ad analoghe misure pel sultanato di Obbia e per la Somalia settentrionale: donde nuovi aggravi per la finanza italiana.

Nuovi aggravi -e aggiungo -nuovi pericoli. Sarà infatti possibile concludere col negus un accordo soddisfacente per la delimitazione della nostra sfera d'azione e de' suoi possedimenti dal Giuba alla frontiera della Somalia britannica; e, per quanto la grande lontananza delle regioni in questione dalla capitale dell'Impero non escluda del tutto qualche timore di eventuali colpi di testa da parte di capi o di bande Amhara scorazzanti presso il confine, è dato di sperare fondatamente che un accordo siffatto, una volta concluso, verrà lealmente osservato. Ma ciò che mi preoccupa sono i rapporti con le tribù somale, rozze, feroci, restìe alla civiltà, facili al fiero e cieco fanatismo islamico, mal sofferenti un predominio straniero. Già ora, col regime del semplice affitto degli scali e loro dintorni del Benadir, scorrendo i nostri Libri Verdi, non raro veggo apparire un accenno a probabili se non quasi inevitabili necessità di fiaccare la burbanza e la avversione di locali tribù, come, per esempio, i Bimal e, più, i Uadan; un definitivo insediamento dell'Italia in quelle regioni potrà agevolmente acuire nei funzionari civili e militari di laggiù un tale sentimento, mentre più difficile renderà di tollerare e lasciar passare inosservate le meno amichevoli manifestazioni di popolazioni comprese nella nostra zona, e un incidente sciagurato un atto men prudente -voglia escludere una sventatezza-possono farci all'improvviso trovare in un non desiderato stato di rappresaglie e di lotte. Ora, l'esempio del Mad Mullah e dell'Inghilterra, la cui partita è aperta tuttora, ci ammaestra come lunghe, costose, incerte sieno le operazioni della specie, specialmente in Somalia. La rivolta stessa del Mahdi somalo deve renderei assai peritanti ad assumerci oggi nelle cose di Somalia una parte e una responsabilità maggiori di quelle che già si hanno. Quindi la necessità, anche nei riguardi finanziari, d'andare molto cauti.

Osserva la memoria da te inviatami che l'attuale stato di cose esercita una influenza sullo sviluppo di quelle terre, poiché il capitale italiano, non presentando il nostro possedimento un carattere di stabilità, è più ancora ritroso a cercarvi investimenti, sia a scopo di colonizzazione sia per avviamenti di speciali coltivazioni e di commercio. Ma più imperioso presentasi il quesito del valore coloniale del Benadir.

Le spese, che per il Benadir l'Italia si accingerebbe ad affrontare, saranno in qualche misura e pur col tempo redditizie? Ora, il valore economico del Benadir non sembrami ancora sufficientemente dimostrato: del resto l'Africa ha dato già delusioni sì ampie che un certo triste scetticismo s'impone.

Parmi intanto da escludere che il Benadir possa mai diventare colonia di popolamento. Se non è stato possibile finora -o né io so se lo sarà mai -avviare le nostre colonne migranti verso l'Eritrea, il cui altipiano offre tante maggiori probabilità di buon esito, vano sarebbe confidare di riuscirvi per il Benadir, posto sull'equatore. Del resto, molti competenti avvertono: il comandante Incoronato, del R. Avviso «Staffetta», che pur è giudice al Benadir favorevole, dice esplicitamente impossibile per ragioni climatiche, che quella regione sia sfogo della nostra emigrazione. E al clima si aggiunge l'ostilità delle popolazioni. Così in un rapporto del console generale Pestalozza, presentato al Parlamento dal ministro Morin, trovo additata la ragione della avversione assoluta dei Bimal contro il forestiere appunto nell'amore geloso delle loro terre che sarebbero le migliori lungo il Uebi Scebèli; già prima, un altro rapporto del comandante Ruelle, presentato dal ministro Blanc, dichiarava, addirittura che soltanto sopprimendo l'elemento indigeno o respingendolo agli estremi confini dell'interno potevasi pensare a un affiusso della emigrazione paesana. L'apparire di nostri emigranti -così essendo -rischierebbe di farci sollevar contro tutto il Paese, anche le tribù che oggi possono, per proprio interesse, mostrarcisi amiche.

Non contendo che specialmente la parte meridionale del Benadir possa prestarsi a uno sviluppo agricolo e in particolar modo alla coltura del cotone. Ma, anche ciò ammesso, varie domande si affacciano: quali affidamenti abbiamo che l'estensione delle terre industrialmente sfruttabili sia veramente tale da rendere economicamente produttivo il possesso del Benadir? e il costo della messa in valore di tali terre, per lavori al Uebi e al Giuba, per la riapertura del canale Gofca Scebèli, per buone strade e via dicendo, non risulterà poi eccessivo? Tutti punti sui quali, prima d'impegnarci definitivamente, sarebbe necessario di avere eliminati con sicurezza i dubbi che ora presentansi. Inoltre, nelle coltivazioni, esclusa sarebbe la mano d'opera italiana: poco o nessun affidamento danno i somali, i quali (documenti presentati dal tuo Ministero alla Camera lo affermano) rifuggono in genere dali 'agricoltura, cui adibiscono gli schiavi in gran parte Galla e Suahili; noi, d'altronde, sull'opera servile non possiamo contare, anzi, dobbiamo cercare di eliminare la schiavitù. Resta la locazione d'opera di elementi liberi del luogo. Ma tu sai quanto alti salari in tal modo si possono dover pagare, sino a rendere vana ogni speranza di lucro, e a trattenere qualsiasi speculazione.

Resta a dire dei commerci. Per un buon svolgimento di questi con l'interno il possesso definitivo degli scali apparisce men necessario: cinquanta anni d'affitto costituiscono già un termine bastevolmente esteso per intraprendervi qualsiasi speculazione commerciale. Quale oggi è, il commercio di laggiù non può dirsi gran cosa; nell'ultimo Libro Verde sulla Somalia trovo indicato, per l'anno 1901-2, un movimento complessivo di circa 1.600.000 talleri. E, tutto considerato, parmi ancora da domandarsi se in realtà il Benadir possa commercialmente rendere in avvenire molto più di quanto rende attualmente. La difficoltà, anzi l'impossibilità di approccio ai suoi scali per buona parte dell'anno costituisce, per una vivace corrente di scambio un impedimento serissimo, cui soltanto in parte sembra potersi sperare di ovviare con la stazione di Chisimajo.

Inoltre, prescindendo dall'influenza che può eventualmente avere sull'andamento dei commerci il regolamento della piazza di Lugh nei rapporti col negus, occorrerebbe potere esattamente valutare l'influenza che nelle relazioni degli scali del Benadir con le regioni dell'interno ha e in avvenire maggiormente avrà lo stabilimento della dominazione abissina nelle regioni stesse. La memoria commerciale annessa al rapporto 9 febbraio 1903 del comandante Di Monale dimostra come già il traffico dell'avorio, che in Etiopia è privilegio dell'imperatore, sia quasi tutto perduto per il Benadir; e, se come tempo fa ne corse pur voce, le comunicazioni di Adis Abeba col mare dovessero divenire sollecite e facili, è a temersi, parmi, che anche altri prodotti di non poche regioni facenti dianzi capo al Benadir ed oggi soggetti all'Abissinia finiscano coll'affluire su quel mercato.

Ho voluto manifestarti francamente le considerazioni per le quali non troverei prudente la rinuncia, per ora, alla posizione di savia aspettativa e di prova ed alla libertà d'azione, che gli attuali patti col sultano di Zanzibar ne consentono. In breve: a me non sembra dimostrato che già il Benadir abbia dato argomenti positivi di ritenere fondatamente che l'Italia, rinunciando alla sua situazione privilegiata e addossandosi la sovranità definitiva di quella regione, non faccia un affare cattivo, non vada ad affrontare nuove grosse spese, nuovi sacrifici d'ogni genere, nuove delusioni senza adeguati compensi.

In ogni caso, debbo sin d'ora nettamente dichiarare che mai non potrei consentire che, a somiglianza di quanto si praticò per il regolamento delle pendenze finanziarie col negus, si provvegga al pagamento del prezzo di riscatto del Benadir con una operazione di portafoglio. Tale provvedimento sarebbe doppiamente illegale, anzitutto per le modalità del pagamento, e poscia perché, essendo con la legge approvata la convenzione 12 agosto 1892 (legge 11 agosto 1896, n. 373), parimenti con la legge sono da approvarsene le modificazioni, specialmente poi modificazioni sostanziali e profonde come queste. Inoltre, è mio saldo convincimento che un provvedimento sì importante come l'acquisto in parola, da cui potrebbero anche scaturire per il nostro Paese conseguenze oggi incalcolabili, non debba sottrarsi alla discussione e al voto preventivo della rappresentanza della nazione.

P.S.: Non possiamo difenderci in Italia! Non possiamo svolgere in Italia le nostre ricchezze! Sono contrario perciò a queste avventure pericoloseP

530 1 ACS, Carte Luzzatti.

531

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 340/111. Janina, 26 luglio 1904 (perv. il 31).

Decisamente la nostra Scuola d'Arti e Mestieri, sta attraversando un brutto quarto d'ora. Alla sleale partigiana opposizione fatta dal console ellenico, che non per influenza personale, né per aver fatto vibrare la scarsa corda patriottica degli

alunni, ma bensì a suon d'oro, li strappa dal nostro istituto approfittando della loro povertà e facendo ad essi balenare lusinghieri collocamenti in Grecia, sì è ora aggiunta la violenta opposizione di questa autorità locale. Questo eterno valy, eternamente nostro nemico, pare si sia lasciato trascinare dall'agente ellenico, e richiamato l'antico livore contro di noi, ha cominciato anche lui apertamente a muovere aspra guerra a quel nostro istituto.

Avevamo nelle nostre officine una quindicina di giovanetti albanesi di religione musulmana, di cui buona parte nel laboratorio fabbro-meccanico, tutti dai 14 ai 18 anni, e dei quali giustamente andava orgoglioso, perché frequentavano le scuole da quasi due anni, e già cominciavano ad essere artisti discreti. Sabato mattina la polizia fece chiamare i parenti di questi giovanetti, ed intimò loro che, se avessero seguito a mandare i fanciulli alla nostra Scuola, sarebbero stati tutti esiliati; anzi il dopo pranzo, quando i fanciulli uscirono dall'officina, furono fatti comparire essi stessi in polizia, e s'intimò loro di non più frequentare le officine italiane. Uno di essi che osò dire di non poter ubbidire, poiché non voleva sprecare due anni di tempo, passato nelle nostre officine, senza essere licenziato e diplomato debitamente, fu trattenuto in arresto per parecchie ore. Così ora i nostri migliori operai fabbri-meccanici, e tutti gli altri musulmani in numero di quindici, hanno dovuto abbandonare i nostri laboratori. Oramai fra i giovanotti toltisi dal console ellenico e quelli che oggi ci sottrae colla violenza Osman Pascià, arriviamo già alla cifra di 30 alunni, e questo è un grave colpo per il nostro istituto.

Immediatamente m'andai a lamentarmi aspramente col governatore, chiesi la ragione di quella vessazione ed insistetti che venisse tolto il divieto. Il valy rispose che aveva avuto ordini superiori, di non lasciar frequentare i giovani musulmani nelle scuole straniere; in vano fu risposto al valy, che il nostro istituto non era una scuola ma bensì una officina, egli soggiunse che l'ordine non faceva distinzione, che egli doveva ubbidire alla legge; feci allora rammentare al valy che in molte cose non si stava alla legge, specialmente nel permettere che uno straniero, come il professor Caludis, insegnasse nella scuola ortodossa, nonostante il divieto categorico della legge sull'istruzione pubblica; il valy chinò il capo, ma si limitò a concludere ironicamente, che, se io avessi potuto provocare degli ordini di recedere da quel divieto, egli l'avrebbe fatto. Ma che fintanto non avesse avuto quegli ordini, non poteva far a meno che ubbidire ai suoi superiori.

Io suppongo che nessun ordine gli sia giunto e che il valy sia spontaneamente e personalmente d'accordo col console di Grecia, nell'ostacolare la nostra scuola, giacché l'emissario del console ellenico, che cerca sempre di sobillare i ragazzi ad abbandonare le nostre scuole, offrendo moneta e promesse, ultimamente aveva pure tentato di indurre alcuni giovanetti musulmani allo stesso scopo, ma questi avendolo minacciato, egli rispose loro: «Giacché non mi ascoltate, io vi farò chiamare dalla polizia e vi farò mettere in prigione;» e ciò fu esattamente fatto.

Osman Pascià dunque ha preso con gioia feroce quest'occasione per sguinzagliare i suoi agenti contro di noi, e lo fa con immensa soddisfazione, ridendosela sotto i baffi.

Egli però non ha nessuna ragione per far ciò, e lo fa semplicemente per compiacere il suo istinto di vendetta contro di noi. Le nostre officine non sono scuole, e perciò qualsiasi ordine in merito alle scuole, seppur esiste, non si può ad esse applicare,

e dato il caso che si volessero considerare i nostri laboratori come scuole, per le scuole che noi avevamo abolito, e che poi furono ripristinate, esiste una viziriale, mediante la quale i ragazzi musulmani che conoscono le loro preghiere, sono autorizzati a frequentare i nostri istituti. Ora i giovanotti toltici dal valy, sono tutti dai 14 ai 18 anni, cioè conoscono perfettamente tutti le loro preghiere.

Per parte mia, la vigilanza è continua non solo, ed anzi mi moltiplico in ogni senso, ma ad eccezione del console di Francia che è vero nostro amico, del vescovo ortodosso, uomo retto e sincero, il quale non permette al clero di asteggiarci, tutti sono contro di noi; il console di Grecia coi mezzi già detti, quello d'Austria e di Russia, coi consigli ed istigazioni al valy, quest'ultimo colla violenza, tutti ci fanno una guerra senza tregua; io solo e coi soli miei mezzi personali, rimango a far fronte a tanta reazione.

Ora V.E. comprenderà di leggeri, che, per quanto possa essere la mia vigilanza, la mia buona volontà, non potrò da me solo sostenere l'urto di tutte queste forze collegate, specialmente contro l'autorità locale, che usa la forza, alla quale non ho nulla da opporre, ed è perciò necessario anzi indispensabile, che il R. Governo intervenga con quei mezzi che egli crederà convenienti.

Profittando della venuta della nostra squadra di riserva in questi porti, sarebbe dunque ora il caso di far fare a Costantinopoli delle vigorose pressioni, finirla una volta per sempre, e non !asciarla partire dalle acque albanesi, finché tutte le questioni qui pendenti non saranno esaurite.

Il valy, dall'incidente di Prevesa1 in poi, non ha fatto che attaccarci sia sotto mano che apertamente, e tutte le questioni in pendenza, si devono alla sua cattiva volontà, malafede, ed alla costante opposizione sistematica a tutto ciò che suona italiano. Finché resterà questo governatore, noi non potremo nulla ottenere; né riconoscimento delle nostre poste, non un locale per l'agenzia della «Puglia» a Santi Quaranta, non scorta pel trasporto dei fondi postali, non stabile dimora del nostro docente in Argirocastro, né qualsiasi altra cosa. Osman Pascià è stato e sarà sempre il cattivo ispiratore a nostro riguardo verso la Sublime Porta; e quando la sua ispirazione malvagia, non può prevalere a Costantinopoli, allora con sotterfugi, intrighi e con bugie, si scansa dall'ubbidire i suoi stessi superiori. Che razza di uomo sia questo governatore, V. E. può rendersene conto dai miei passati rapporti, e specialmente da un ultimo, in cui di lui parlo ex professo.

Se si potesse ottenere, nella contingenza della fermata della nostra flotta in questi porti, il suo richiamo, si troncherebbe così la testa all'idra, questo forse sarebbe il momento psicologico, giacché siamo oramai al colmo, essendo egli esecrato da tutti. Il gran vizir, tutti i ministri del sultano, lo odiano a morte, le popolazioni lo detestano, coi suoi scandali continui fa raccapricciare il Paese; egli è diventato l'incubo generale. E ora dunque tempo di metterei rimedio una buona volta, perché così non si può più andare innanzi. Oggi trova un pretesto per le scuole, domani mi cercherà un altro per l'agenzia commerciale, e forse più tardi per le nostre poste, inventerà qualche altra storia per Argirocastro. È persona incorreggibile cui le lezioni ricevute non hanno per nulla giovato, e che qui si ritiene generalmente sia affetto da vera pazzia.

Finché ho potuto rimediare al male da me stesso coi miei mezzi personali, l'ho sempre fatto senza menomamente disturbare VE., ma contro la violenza brutale dell'autorità, io sono impotente perché non ho mezzi per reprimerla, e perciò siamo giunti al punto, in cui sento l'obbligo di segnalare questo stato di cose a V.E., affinché essa vi provveda come meglio crederà2 .

530 3 A margine la seguente annotazione: «Di pugno di S.E. il ministro del Tesoro. Personale al solo ministro con la preghiera che non capiti [nelle] mani del terribile Ufficio coloniale». Della lettera sono stati trovati due esemplari, uno (qui pubblicato) conservato in ACS, Carte Luzzatti, e un altro in ASMA!. Solo l'esemplare conservato in ACS reca l'annotazione di Luzzatti. A giudizio dell'agente diplomatico a Zanzibar «Qualunque somma Italia fosse da pagare riuscirebbe sempre ottimo affare per sultano, mediocre, forse cattivo per Italia, cui resterebbero superare con gravi sacrifici difficoltà natura costa, indole selvaggia popolazione interna». T. 1586 di Mercatelli del 12luglio.

531 1 Cfr. serie III, vol. VI, n. 245.

532

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1668/155. Vienna, 28 luglio 1904, ore 6,05.

Signor de Mérey mi ha detto che dietro istruzioni impartitegli conte Goluchowski aveva telegrafato ieri al conte Liitzow incaricandolo fare a V.E. comunicazioni identiche a quelle di codesto ambasciatore di Russia relativamente al generale De Giorgis di cui è cenno mio telegramma 152 1 , facendole rilevare come questo fosse troppo turcofilo e non usasse sufficienti riguardi verso gli ufficiali esteri in generale in particolare verso quelli austro-ungarici.

533

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

D. RISERVAT0 1. Roma, 28 luglio 1904.

Codesto Governo è a giorno, per i rapporti che gli pervengono dal suo console generale in Canea, delle peculiari condizioni in cui si svolge, da parecchio tempo, la amministrazione della cosa pubblica in Creta, né può essere sfuggito alla attenzione

sua come, a creare la situazione attuale, non certamente normale e non scevra di pericoli per l'avvenire, abbiano contribuito l'atteggiamento e l'azione personale dell'alto commissario, consigliato da persone di sua particolare fiducia, ma prive di qualsiasi responsabilità.

È noto come, alle lagnanze contro questo indirizzo politico ed amministrativo, il principe Giorgio abbia risposto in modo atto ad accrescere, piuttosto che a scemare, il malcontento; e come, di fronte alle manifestazioni del persistente malcontento, siano, poi, stati fatti seguire atti e provvedimenti di rigore, che, mentre non gioveranno alla pacificazione degli animi, fanno apparire l'alto commissario non, quale dovrebbe essere, siccome supremo moderatore delle gare dei partiti, ma anzi, come fautore, egli stesso, di quelle gare di quei partiti.

L'interesse generale dell'isola, frattanto, che richiederebbe, e per il compimento dell'assetto amministrativo, e per lo ulteriore sviluppo economico del Paese, tranquillità e lavoro operoso, va, così seriamente compromesso, e le sterili e pericolose agitazioni rinascono ed assumono forma anche più accentuata che per il passato.

Le Potenze protettrici di Creta non possono non preoccuparsi di tale stato di cose, ed io desidero pertanto che la E.V. intrattenga opportunamente di ciò codesto ministro degli affari esteri, per conoscerne il modo di vedere sopra il delicato argomento, e con lo scopo di sapere, soprattutto, se egli non ritenga opportuno che le quattro Potenze, anche a sgravio di ogni loro responsabilità, prendano fra di loro, nella forma che parrà più adatta, intelligenze speciali per una azione concorde, che valga a rimediare agli attuali inconvenienti, e a prevenime di maggiori.

531 2 Si pubblica il seguente passo del R. 1004/404, del 30 agosto, col quale Imperiali riferiva su un colloquio avuto con Ghalib bey: «Riassunti pertanto i motivi, che noi abbiamo da anni, di dolerci del valì di Janina, io dichiarai a Ghalib bey che, a mio avviso, in Osman pascià il sultano ha un cattivo servitore, il quale segue una linea di condotta diametralmente opposta alla politica del suo sovrano, con l'osteggiare da un lato sistematicamente ed apertamente l'influenza italiana tendente soltanto ad assicurare sempre più il mantenimento dello statu quo in Albania, e col favorire dall'altro quella dei greci, di cui le aspirazioni in Epiro sono note lippis et tonsoribus». In seguito il Governo ottomano diede ampie assicurazioni di provvedere nei confronti del valì di Janina.

532 1 Cfr. n. 527, nota 2.

533 1 Inviato a Londra, Parigi e Pietroburgo rispettivamente con i numeri di protocollo 36884/326, 36885/908 e 368861138.

534

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1677/157. Vienna, 29 luglio 1904, ore 15.

Ho comunicato signor de Mérey telegramma di V. E. n. 1315 1•

Egli mi ha detto, come sua opinione personale, per ciò che riguarda istruzioni che V.E. desidererebbe fossero impartite agente civile austro-ungarico, che questi ebbe già ricevuto istruzioni senso da lei indicato, alle quali non gli risultava fosse mai venuto meno, onde non sembravagli necessario rinnovarle. Rispetto facoltà Sublime Porta servirsi opera generale De Giorgis per riorganizzazione gendarmeria distretto Goritza, ha osservato come argomentazione V.E. a questo riguardo non fosse del tutto conforme programma Miirzsteg. Se era esatto che De Giorgis si trovasse al servizio Sublime Porta, egli però assunse tale ufficio per consenso Potenze ed in forza quel programma

da esso accettato, nel quale si stabilivano limiti in cui dovevasi esercitare sua azione. Questa era circoscritta ai vilayets di Kossovo, Monastir, Salonicco, esclusione però dei distretti albanesi, per cui Sublime Porta non poteva servirsi opera De Giorgis per riorganizzare gendarmeria quei distretti, dai quali era stata tassativamente esclusa dal programma di Milrzsteg, né questi poteva accettare invito che fosse direttogli da Sublime Porta senza venire meno al compito affidatogli consenso Potenze. Signor de Mérey ha aggiunto che non avrebbe mancato di riferire mia comunicazione conte Goluchowski cui spettava decidere circa argomenti in essa accennati.

534 1 T. 1315 del 28 luglio, non pubblicato, con il quale Tittoni dava istruzioni ad A varna nel senso riportato nel presente telegramma, difendendo l'operato del De Giorgis e sollevando la questione dei distretti di competenza del generale.

535

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1322. Roma, 29 luglio 1904, ore 16,35.

Vengo adesso informato dal console generale a Tripoli di alcuni spiacevoli fatti avvenuti a Derna che specialmente pel loro immediato susseguirsi mi preoccupano. Il 5 luglio veniva commesso furto nella agenzia consolare; il giorno 8

r. -suddita Grazia Fidone demente veniva arbitrariamente detenuta in una casa musulmana. Quel caimacan accoglieva scortesemente rimostranze agente consolare e solo dopo vive insistenze veniva consegnata agenzia consolare dove recavasi subito dopo tumultuando minacciando folla arabi rimanendo pressoché indifferente polizia. Il giorno stesso giungeva a Derna r. nave «Flavio Gioia» e contro ogni principio diritto internazionale autorità turche pretendevano opporsi armata mano sbarco marinai e più tardi soldati turchi tentavano impedire imbarco r. agente e ufficiale sbarcato. Infine giorno I l cavas italiano veniva ferito di coltello da sconosciuto. Tutto ciò dimostra stato fermento malevolenza verso Italia tollerato fomentato autorità locali che si esplica in mancanza di rispetto verso il nome la rappresentanza e la bandiera italiana. Prego V.E. esprimere codesto Governo mie vive doglianse necessità assoluta porre rimedio a tale stato cose dare giusta riparazione. Ho pertanto risoluto inviare quanto prima a Derna r. nave. Le autorità turche civili militari dovranno far visita ufficiale comandante esprimere ad esso e r. -agente consolare loro rammarico per deplorevoli fatti avvenuti. Risultandomi poi caimacan principale colpa tale stato di cose pregola ottenere amichevole assicurazione prossimo trasloco suo e commissario polizia. Indispensabile inoltre si proceda massima sollecitudine energia punizione colpevoli furto ferimento risultandomi debolissima azione polizia in proposito.

Voglia ottenere altresì precisa assicurazione che in considerazione delle lunghe e difficili comunicazioni con Derna Sublime Porta terrà personalmente responsabili quelle autorità di qualunque danno offesa r. agente consolare cavas rr. sudditi in quello scalo. Non dubito che cordiali rapporti fortunatamente esistenti colla Turchia renderanno possibile sollecita soddisfacente soluzione incidente che per il ritardo potrebbe inasprirsi contro ogni desiderio R. Governo.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1321. Roma, 29luglio 1904, ore 16,55.

Rispondo lettera particolare di De Martino 17 luglio1•

Mentre confermo mio telegramma n. 12952 , aggiungo peraltro, che di fronte espresso invito, desiderio Inghilterra essendo base della mia politica in Oriente, l'accordo costante ed intimo con quella nazione, non rifiuterei nostra cooperazione previi opportuni accordi indispensabili provvedimenti politici tecnici. Tanto comunico a

V.E. autorizzandola ad esprimersi eventualmente in tali sensi con O'Conor.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1328. Roma, 30 luglio 1904, ore 23.

Ammiraglio Bettòlo che trovasi Adriatico squadra riserva telegrafa da Vallona avere inviato ufficiale informare caimacan suo arrivo stabilire sua prima visita essendo ciò conforme precedenti anche approdo ammiraglio Resasco corrispondendo caimacan grado tenente colonnello. Caimacan rispose aver ricevuto ordini valì Janina attendere prima visita ammiraglio. Avendo valì persistito nonostante intervento console Janina, ammiraglio costretto partire domattina Durazzo senza scambiata visita 1• Pregola portare ciò immediata conoscenza codesto Governo facendo rilevare dolorosa impressione R. Governo per tale fatto che contemporaneo incidenti Derna sembra dimostrare premeditata malevolenza autorità ottomane. Urge ottenere assicurazione che saranno dati ordini perché spiacevole incidente non si rinnovi Durazzo e soprattutto si ottenga formale promessa che dovendo ammiraglio Bettòlo ritornare subito da Durazzo a Vallona riceverà quivi prima visita caimacan2 .

536 1 Cfr.n.518. 2 T. personale 1295 del24 luglio, non pubblicato. 537 1 La notizia era stata comunicata dal console a Janina, Millelire, con T. 1685/4, pari data, non pubblicato. 2 Per il seguito cfr. n. 539.

538

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1687/133. Therapia, 30 luglio 1904, ore 23.

Appena ricevuto il telegramma di V.E. 13221, ho creduto, malgrado prescrizione cerimoniale che vieta ambasciatori visitare Sublime Porta prima consegnare lettere credenziali, dovere recarmi in persona conferire col ministro degli affari esteri

S.E. trovavasi presso il gran visir che saputo la mia presenza Porta ha desiderato vedermi. Ecco il risultato conferenza Governo imperiale desiderosissimo coltivare sempre più buone relazioni col Governo di Sua Maestà il re, non appena informato fatti Derna, ha senz'altro destituito mutessariff Bengasi, successore già partito. Caimacan commissario polizia furono altresì destituiti. Oggi successori partiranno al più presto nuovo governatore riceverà la categorica istruzione di fare procedere prontamente arresto, punizione colpevoli e di vegliare a che non abbiano più a ripetersi deplorati incidenti. Governo imperiale ritiene con ciò averci dato spontaneamente soddisfazione anche più ampia di quella da noi domandata. Gran visir mi ha quindi vivamente pregato di intercedere presso V.E. affinché si rinunci annunciato invio nave da guerra, osservando al riguardo che tale misura servirebbe solo accreditare voci ad arte messe in giro da coloro cui importa gettare falsa luce su vere relazioni Italia e Turchia. Crederei opportuno condiscendere; se esecuzione promesse fatteci oggi solennemente, tardassero troppo, saremo sempre a tempo mandare nave.

539

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1697 Il 34. Therapia, 31 luglio 1904, ore 11.

Ministro affari esteri, a nome e per incarico del gran visir, ha preso formale impegno. Ordine categorico sarà dato oggi stesso autorità imperiali Durazzo Valona di far prima visita ammiraglio Bettolo 1•

Ricordando sentimenti poco amichevoli verso noi del valì di Janina e nota sua riluttanza obbedire talvolta ordini della Sublime Porta, ho insistito ed ottenuto perché istruzioni relative visita caimacan Valona ammiraglio Bettolo vengano confermate iradé imperiale.

Di ciò prevengo, ad ogni buon fine, rr. vice consoli a Durazzo e Valona.

539 1 Risponde al n. 537.

538 1 Cfr. n. 535.

540

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1700/22. Canea, 1° agosto 1904, ore 5.

Agente consolare Derna avvisa col mezzo piroscafo postale giunto oggi stesso che ha abbassato bandiera e stemma, in seguito soprusi dell'autorità locale e che si trova in critica situazione.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1331. Roma, 1° agosto 1904, ore 12,15.

Le amichevoli disposizioni dimostrate Sublime Porta pronta risoluzione incidenti Derna Vallona 1 sono riuscite particolarmente grate al R. Governo che ha veduto in ciò manifesta prova di quella sincera cordialità a cui noi non meno che codesto Governo desideriamo che siano sempre ispirati i rapporti fra i due Stati. Voglia farsi interprete presso Sublime Porta di questi sentimenti. In pari tempo esprimo a V.E. tutto il mio compiacimento, per così favorevole inizio sua missione.

542

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1336. Roma, 1° agosto 1904, ore 22,15.

R. console generale Canea telegrafa: (vedi telegramma in arrivo n. 1700)1 . Evidentemente trattasi di fatti che si rinnovano contro intenzioni volontà Sublime Porta. È peraltro indispensabile che essi siano portati immediata sua conoscenza perché ordini efficaci siano trasmessi colla massima sollecitudine possibile, caso contrario riuscirebbe impossibile evitare invio stazionario Suda. Attendo risposta2•

2 Cfr. n. 544.

541 1 Cfr. nn. 538 e 539.

542 1 Cfr. n. 540.

543

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1338. Roma, 2 agosto 1904, ore 11,15.

Per i noti equivoci squadra riserva, partita Valona Durazzo senza scambiare visita, ha ricevuto ordine ritornare in quei due scali, attendendo prima visita due autorità secondo assicurazioni codesto Governo. Per evitare nuovi malintesi, prego accertarsi modo sicuro che precisi ordini in tale senso furono dati.

544

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. l 712/ l 3 7. Therapia, 2 agosto 1904, ore 11,20.

Risposta al suo telegramma n. 13361•

Gran vizir ha dato lettura istruzioni già impartite al nuovo mutasserif di Bengasi, le quali prescrivono immediata destituzione commissario polizia, pronto arresto e punizione colpevoli, misure energiche efficaci proteggere sudditi italiani, impedire il rinnovarsi deplorevoli incidenti sotto responsabilità autorità. Nuovo telegramma venne oggi spedito in questo senso, valì di Tripoli per Bengasi.

545

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 17131138. Therapia, 2 agosto 1904, ore 11,30.

Rispondo suo telegramma n. 13381•

Ministro degli affari esteri ha rinnovato oggi al primo dragomanno formale assicurazione che, recandosi squadra Durazzo e Valona, quelle autorità faranno prima visita ammiraglio.

545 1 Cfr. n. 543.

544 l Cfr. n. 542.

546

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. CONFIDENZIALE 828/344. Therapia, 2 agosto 1904 (perv. il 10).

La questione dell'aumento degli ufficiali russi ed austriaci addetti alla riorganizzazione della gendarmeria era, fino a ieri almeno, ancora insoluta. Le due ambasciate mantengono l'opinione già espressa, avere cioè i loro Governi pieno diritto di inviare nuovi ufficiali, essendo stato già stabilito dalle Potenze che la cifra complessiva dei medesimi può essere portata a 60. Il Governo ottomano basa, per contro, la sua opposizione l) sul parere negativo del generale De Giorgis; 2) sulle ristrettezze del bilancio della gendarmeria e sulla impossibilità assoluta in cui esso trovasi al presente di accrescerne i fondi; 3) sull'opportunità di utilizzare eziandio quelli ufficiali belgi e svedesi assunti al suo servizio l'anno scorso, in seguito alle pressioni delle Potenze. Malgrado tali obiezioni, è opinione generale che la Sublime Porta, questa volta ancora, non sarà in grado di resistere alla forte pressione delle due ambasciate e finirà per cedere.

Discorrendo della cosa con questo ambasciatore britannico, egli mi manifesta il suo avviso favorevole ali 'aumento, non potendosi contestare il diritto a nessuna Potenza di inviare ufficiali sino a concorrenza di 12. Egli non ha ancora deciso se chiederà o pur no l'invio di nuovi ufficiali inglesi, ma, ad ogni buon fine, si è riservato già da tempo il diritto di farlo, qualora lo giudichi opportuno. *Sir Nicolas O'Conor osservava inoltre che il generale De Giorgis non si è mai pronunziato contrario in massima all'aumento eventuale degli ufficiali, ma soltanto ha emesso il parere che al momento presente la necessità di un aumento non si faceva ancora sentire. A

S.E. sembra ora più che mai indispensabile di mantenere vivo ed intatto l'accordo e la concordia tra le Potenze, se si vuole che l'opera della riorganizzazione della gendarmeria abbia un risultato pratico. Sir Nicolas-a me lo ha significato nella massima confidenza-ritiene debbasi soprattutto evitare il pericolo che, accrescendosi i dissapori e le contestazioni tra la Porta, il generale De Giorgis, e le due Potenze, quest'ultime non prendano per avventura, un giorno o l'altro, qualche iniziativa per sottoporre la questione ad una riunione sia di ambasciatori sia di addetti militari. Se a tal passo si dovesse venire, l'Italia e l'Inghilterra correrebbero il grave rischio di trovarsi in minoranza, in una questione assai interessante è vero, ma a causa della quale né l'una né l'altra sono disposte ad impegnarsi a fondo. Né è il caso di fare affidamento su di un appoggio eventuale da parte della Francia, non potendosi, in oggi, sperare che il signor Delcassé voglia rischiare di spiacere a Pietroburgo, non seguendo le traccie russe in un affare nel quale al postutto gli interessi francesi sono secondari.

Per quanto mi concerne, e per quel pochissimo che mi è riuscito di osservare e di ascoltare dacché mi trovo qui, non posso che manifestare all'E .V. un parere pienamente conforme a quello del collega britannico.

Non è certo passata inosservata l'azione preponderante e dirigente che, nella presente fase incidentale della questione della gendarmeria, ha ostentatamente assunto l'ambasciata di Russia. Il signor Zinovieff ha difatti, nelle osservazioni e nelle lagnanze contro il generale De Giorgis, spiegato una virulenza, un'acredine che va specialmente notata se posta soprattutto in raffronto con la riserva in apparenza serbata dal collega austro-ungarico. Errerebbe secondo me chi da tale diversità di atteggiamento volesse trarre argomento per affermare l'esistenza di dissidio fra le due Potenze. L'accordo austro-russo, se ha potuto forse per un momento vacillare, si è oramai novellamente solidificato. Se i due ambasciatori hanno seguito o seguitano una tattica differente, hanno per ciò le loro brave ragioni. Da una parte è evidente quanto poco convenevole sarebbe stato per l'Austria Ungheria, nostra alleata, il prendere pubblicamente una recisa posizione di combattimento contro un generale italiano. L'Austria pertanto, sicura di raggiungere l'intento, si è limitata a fare un accompagnamento in «sordina» ed ha lasciato alla Russia la parte odiosa. Quest'ultima, d'altro canto, non ha voluto lasciarsi sfuggire -e si comprende benissimo -la prima occasione propizia che le si è parata dinanzi per porre bene in sodo di fronte alla Turchia ed alla Europa, che né i rovesci de' suoi eserciti in Corea, né le attuali gravi difficoltà interne, valgono un momento solo a distogliere la sua attenzione dalle questioni relative al vicino Oriente, nelle quali, oggi come per lo passato, intende essa conservare la medesima azione preponderante*.

546 1 Ed., con l'omissione del brano fra asterischi, in LV 104, p. 225.

547

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1723/84. Londra, 4 agosto 1904, ore 5,40 (perv. ore 6 del 5).

Ho avuto una lunga discussione col marchese Lansdowne circa articolo quattro1• Sua Signoria insistette per eliminare la frase nel nostro ultimo progetto sulla riserva degli interessi locali, riguardo alle acque, obiettando che essa potrebbe dar luogo a malintesi e contestazioni, ma accettò:

«Nel caso di disintegrazione dell'Impero etiopico, i due Governi coopereranno in vista di un eventuale riordinamento territoriale in base agli accordi enumerati nell'articolo uno, ma con quelle modificazioni che siano considerate necessarie: per la salvaguardia degli interessi della Gran Bretagna e dell'Egitto nel bacino del Nilo e più specialmente nel regime delle acque di quel fiume e dei suoi affluenti; e per la salvaguardia degli interessi italiani in Etiopia, per quanto riguarda l 'Eritrea e la Somalia, compreso il Benadir e, specialmente nella zona intercedente tra questi due possedimenti italiani, onde ottenere che fra essi non vi sia soluzione di continuità»2 .

547 1 Cfr. n. 521. 2 Con R. riservato 1000/368 del 5 agosto, che non si pubblica, Pansa riferì in modo più esteso sullo stesso argomento.

548

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA

T. PERSONALE 1345. Roma, 4 agosto 1904, ore 11.

Sarebbe intenzione di S.M. il re di inviare a Belgrado per la incoronazione del re Pietro un generale comandante di Corpo d'Armata, conferire al sovrano di Serbia l'Ordine della S.S. Annunziata. Pregola indagare quali sono in proposito le intenzioni di codesto Governo'.

549

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI PASQUALINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1722/117. Berlino, 4 agosto 1904, ore 19,30.

Rispondo suo telegramma 1345 1• Mtihlberg, che regge ora Dipartimento di Stato, mi ha detto avergli mio collega di Serbia dato testé annunzio incoronazione senza invii di sorta.

Circa partecipazione a quella solennità nessuna decisione è stata presa, però, secondo il parere di S.E., sarebbe da escludersi che abbia luogo invio di missione a Belgrado o conferimento decorazioni; tutt'al più potrebbe essere scritta lettera di felicitazioni, che il ministro di Germania presenterebbe.

Secondo recente rapporto del barone Heyking, ministri esteri a Belgrado avrebbero intenzione proporre rispettivi Governi affidare ad essi missione speciale in occasione incoronazione.

550

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3668/390. Trieste, 4 agosto 1904 (perv. il 6).

L'agitazione, che fece nascere le pubbliche dimostrazioni', di cui ho avuto l'onore d'intrattenere l'E.V. in recenti rapporti, si è da qualche giorno calmata, rassicurando così la gran maggioranza della popolazione triestina che, per il momento, è

allontanato il pericolo di sanguinosi conflitti e di provvedimenti politici eccezionali, che ne sarebbero stati conseguenza. Pochi son quelli che, sperando di trar vantaggio dai torbidi e dai disordini, rimpiangono in cuor loro il ritorno della calma nella vita cittadina.

La nota caratteristica delle passate dimostrazioni è degna di essere novamente segnalata all'E.V., benché non trattisi di cosa ignota, che si riveli per la prima volta. Essa consiste nel contegno parziale e scorretto tenuto dalla polizia, che si è vista incoraggiare e proteggere apertamente i provocatori, cioè i nemici degl'italiani, mentre questi ultimi al più piccolo movimento di reazione alle ingiurie e contumelie, cui erano fatti segno, venivano maltrattati ed arrestati senza riguardi e spesso senza discernimento dagli agenti della pubblica forza.

La politica a Trieste, forte, a quanto si dice, del! 'appoggio del ministro, agisce con una certa indipendenza. Assumendosi una missione politica, essa crede essere vitale interesse dello Stato austriaco in questa città l'opporsi con ogni mezzo possibile alla influenza ed allo sviluppo dell'elemento italiano, indigeno o regnicolo che sia. Ond'è che profitta di tutte le occasioni favorevoli per inveire contro di esso, suscitargli antipatie, alimentare diffidenze, far nascere sospetti sui suoi intendimenti e finalità, tanto sotto il rapporto politico, quanto sotto l'economico. I regnicoli sono presi particolarmente di mira.

I poteri onde si trovano investite le autorità di polizia qui, in base a vecchie patenti imperiali non abolite ed al desiderio del Governo centrale, sono ancora abbastanza estesi, e, quindi, permettono il compimento di atti più o meno arbitrari. Né c'è il rimedio, come in altri Paesi, di un'azione efficace contro eventuali abusi della politica a danno dei diritti politici dei cittadini, mediante l'opera dei deputati al Parlamento di Vienna, poiché la loro voce, dato il sistema parlamentare austriaco, può non essere tenuta in alcun conto, senza inconvenienti per il Governo.

Ho voluto toccare questo argomento perché in esso sta la spiegazione di diversi incidenti occorsi durante il periodo delle manifestazioni testé cessate, nonché il pericolo di futuri conflitti.

548 1 Per le risposte cfr. nn. 549, 551, 573. Morra di Lavriano rispose con T. 1777 del 13 agosto, non pubblicato.

549 1 Cfr. n. 548.

550 1 Cfr. in proposito ToMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., p. 415.

551

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1730/85. Londra, 5 agosto 1904, ore 6,40.

Risposta al telegramma n. 13451•

Qui si considera non essersi verificato nella situazione interna della Serbia un mutamento sufficiente per giustificare una modificazione dell'attitudine assunta dalla Gran Bretagna.

A titolo confidenziale mi risulta che agente ufficioso serbo a Londra avendo cercato conoscere se in occasione dell'incoronazione del re si pensasse rannodare relazioni diplomatiche, gli fu risposto negativamente.

551 1 Cfr. n. 548.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. RISERVATO 38546/263. Roma, 5 agosto 1904.

Mando, qui unita, all'E.V. la copia di un dispaccio da me direttamente inviato al

r. console generale a Tripoli di Barberia. Le istruzioni ivi contenute è mio desiderio che, nella loro sostanza, siano pure trasmesse agli altri rr. consolati dipendenti da codesta ambasciata. Di ciò lascio a lei l'incarico. Ella vorrà farlo in quei modi che le sembreranno più convenienti, secondo le speciali condizioni politiche locali dei diversi consolati nell'Impero ottomano.

Desidero, poi, che di ciò ella dia comunicazione, nella forma opportuna, a codesto Governo, così come già ne ho dato comunicazione a questo ambasciatore di Turchia aggiungendo che io sono sicuro che la Porta, dal canto suo, non mancherà di rendere noto ai suoi agenti all'estero, che troppo e troppo spesso mostrano di ignorarlo, come essa intenda che gli agenti stessi cooperino, colla loro attitudine, a mantenere ed a consolidare gli amichevoli rapporti coll'Italia.

A tale proposito converrà che sia richiamata, in modo specialissimo, l'attenzione della Sublime Porta sopra l'atteggiamento del valì di Janina.

Già in numerosi suoi precedenti rapporti (la maggior parte dei quali sono noti a codesta ambasciata), il r. console generale in Janina ebbe a rilevare e a dimostrare come l'atteggiamento di quel valì, in tutto ciò che concerne i nostri più legittimi interessi in quella provincia e la nostra equa azione intesa a tutelarli, è dettato da una costante e sistematica opposizione, assolutamente ingiustificata ed intollerabile. Il nuovo rapporto 1 che testé ho ricevuto dal cavalier Millelire, e che trasmetto ali'E.V., con preghiera di restituzione, è una nuova prova di ciò. In esso rapporto sono riferiti i procedimenti, inspirati a malevoli e partigiani preconcetti, che quel valì ha adottato a danno della nostra scuola d'arti e mestieri, e in seguito ai quali le sorti di quell'istituto sono gravemente minacciate. Qualche efficace provvedimento in proposito si rappresenta ormai come necessario. E non dubito che l'abilità deii'E.V., associata alle favorevoli disposizioni di codesto Governo, saprà attenerlo.

Attenderò che ella mi informi del risultato di tali suoi uffici2 .

2 Per la risposta cfr. n. 567.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

D. 37918/213. Roma, 2 agosto 1904.

Il mio telegramma in data 21 luglio3 le ha recato la notizia della soluzione, altrettanto sollecita quanto soddisfacente, degli incidenti di Derna; rimane dopo di ciò senza ragione d'essere il dispaccio che le ho spedito in data del30 luglio u. s., n. 2123 .

La pronta soddisfazione dataci dalla Sublime Porta, superiore alle stesse nostre domande, è un indizio sicuro del pregio che essa pone a coltivare i cordiali rapporti oggi esistenti fra i due Stati. Di queste favorevoli disposizioni del Governo ottomano a nostro riguardo ho avuto in questi ultimi tempi molti altri indizi; e il R. Governo, dal canto suo, pone altrettanto interesse a che questa cordialità rimanga e sempre più si rafforzi, ravvisando in essa un mezzo efficacissimo per l'incremento dei nostri interessi commerciali e politici nell'Impero ottomano.

A questo indirizzo politico io desidero, pertanto, che si inspiri la condotta dei rr. agenti diplomatici e consolari nei loro rapporti colle autorità turche.

Mentre, pertanto, essi agenti dovranno essere sempre abili ed energici protettori degli interessi italiani, e inflessibili difensori del prestigio nazionale in quei Paesi, essi dovranno, d'altra parte, evitare, nei rapporti colle autorità locali, ogni inutile asprezza ed ogni alterigia, dando ai rapporti medesimi quella intonazione di cordialità che si addice ai rappresentanti di due Governi che vogliono dare così amichevole intonazione ai loro rapporti politici generali.

lo desidero che queste istruzioni che io mando a lei, ella, alla sua volta, in quella forma che crederà più conveniente, comunichi agli uffici consolari che da lei dipendono.

Gradirò un cenno di ricevuta.

552 1 Cfr. n. 531.

553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE 38549/339. Roma, 5 agosto 1904.

Già ebbi ad esprimere all'E.V. le mie preoccupazioni circa le probabili conseguenze che gli attuali impegni della Russia nell'Estremo Oriente avrebbero esercitato sull'Oriente europeo, determinando un maggiore disinteressamento di quel Governo da queste ultime questioni e una maggiore acquiescenza alla politica dell'Austria, che facilmente sarebbe stata tentata a profittare di tale favorevole situazione1 . Di tale acquiescenza ho potuto constatare in questi ultimi tempi varì indizi. E delle tendenze

austriache trovo una nuova prova in un rapporto testé ricevuto dal r. console generale a Salonicco. Il cav. Milazzo mi riferisce infatti di un colloquio da lui avuto col suo collega d'Inghilterra, al quale l'agente civile d'Austria, signor de Mtiller, avrebbe fatto comprendere che l'Austria ben volentieri avrebbe molto facilitato e garantito altresì alla Turchia un forte prestito per provvedere ai suoi bisogni economici in Macedonia contro la cessione della dogana di Salonicco per un dato periodo di anni.

È superfluo che io rilevi all'E.V. l'importanza di una tale dichiarazione, la quale sempre più addita quali siano le mire e le tendenze politiche dell'Austria in quella regione. Non v'è dubbio che, di quella sua conversazione coll'agente civile d'Austria, il console inglese avrà dato comunicazione al suo Governo.

Io vorrei pertanto che l'E.V. prendendo, a momento opportuno, occasione da ciò, nuovamente si intrattenesse con codesto ministro degli affari esteri sul grave e delicato argomento, procurando di ben conoscerne le impressioni e le opinioni, specialmente sulla convenienza di una intesa più precisa e più positiva tra l'Italia e l'Inghilterra, conformemente a quanto in precedenti lettere e telegrammi ho avuto occasione di manifestare a V.E. 2 .

552 3 Non pubblicato. 553 1 Tittoni espresse analoghe preoccupazioni all'incaricato d'affari francese, Legrand, che ne riferì a Delcassé il 7 agosto. Cfr. DDF, II serie, t. V, n. 298.

554

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2239/952. Parigi, 5 agosto 1904 (perv. il 20).

La notizia di conflitti armati che si sarebbero prodotti all'estremo sud tunisino sui confini dell'Eyalet di Tripoli, non mi era sfuggita quando i giornali francesi ne fecero un accenno ed allora ne parlai con il signor Delcassé, il quale mi rassicurò dicendomi che nulla assolutamente gli era stato riferito a tale riguardo. Questo ministro degli affari esteri non manca mai l'occasione di colloqui sovra soggetti siffatti, per dirmi una volta dippiù quanto egli sia sicuro che il comando delle truppe in Tuoisi si conservi alieno da disturbose iniziative.

La stampa francese non ritornò, ch'io sappia sovra questo soggetto; ma avendomi il R. Ministero trasmesso con il suo dispaccio delli 29 giugno ultimo copia del rapporto del r. console generale in Tripoli delli 18 dello stesso mese1 , mi parve riscontrare, fra la notizia anzidetta e le informazioni trasmesse dal signor cavalier Medana, una non trascurabile relazione.

Il soggetto è certamente quanto mai delicato e le prime smentite del signor Delcassé lo renderebbero anzi delicatissimo. Questo ministro degli affari esteri è assente e le comunicazioni verbali che intanto io posso avere qui con il direttore degli affari politici del Ministero, non condurrebbero a pratiche conclusioni se egli non si fa anticipatamente autorizzare dal ministro a fare determinate dichiarazioni. Non tanto per provocarne d'immediate, quanto per mettere formalmente in sodo che certe disposizioni d'indole militare nella zona limitrofa alla Tripolitania non isfuggono alla nostra attenzione ed avrebbero una singolare gravità agli occhi nostri, ho stimato occorresse rimettere al signor direttore predetto un memoriale che accompagnai ieri con un biglietto particolare, nel quale scrissi che faceva precedere il memoriale stesso, insieme ad altri di soggetto diverso, ad una prossima mia visita, acciocché al colloquio ch'io mi propongo avere con lui fra breve, egli possa predisporsi.

Mi aspetto cionondimeno che quando, fra qualche giorno, mi recherò dal signor Louis, questi mi ripeterà soltanto le generiche assicurazioni che qui ho sovente udite e che, ben mio malgrado, debbo considerare come poco concludenti e serie. Ognuno sa che la politica di penetrazione proseguita dalla Francia nel sud algerino, nel Sahara e nella regione del Tchad, ha messo questo Paese in conflitto con le indomite popolazioni, designate sotto il nome di Tuaregs, le quali scorrazzano nel deserto. Fin dove queste popolazioni dovranno essere inseguite per punirle delle loro scorrerie, per rintuzzarne l'audacia, per dare qualche sicurezza alle zone dove la penetrazione francese si estende, nessuno potrebbe preventivamente determinare. Disgraziatamente la Tripolitania, con le sue oasi più o meno soggette al dominio ottomano e presidiate dalla Turchia, non cessa di essere un rifugio dei Tuaregs, che le forze francesi possono avere interesse ad inseguire. Perciò io stimo che in questo affare ci convenga tener conto anzitutto delle circostanze di fatto che non possiamo ignorare, affinché, affidandoci troppo a generiche dichiarazioni del Governo francese, non ci avvenga di imbatterci in qualche dispiacevole sorpresa.

Ad ogni modo, il pro-memoria da me rimesso ieri e che qui unisco in copia2 , avrà per effetto di far avvisato questo Governo che da parte nostra l'attenzione è rivolta su ciò che accade, o potrebbe accadere, nella regione della Tripolitania che viene in contatto con lo estremo sud tunisino3 .

3 Il rapporto fu comunicato ai consoli a Tunisi e a Tripoli con dispaccio del 24 agosto (per Tunisi 41588/308, per T ripoli 41587/231 ). Delcassé dichiarò a Tornielli che «gli ultimi rapporti da lui ricevuti lo autorizzavano ad assicurarmi che, non solamente nei propositi del Governo, ma anche nell'atteggiamento delle autorità che sono sui confini della Tunisia verso la Tripolitania, nessun mutamento si era verificato», R. riservato 2734/1167 del21 settembre, che non si pubblica.

553 2 Pansa rispose con T. riservato 1745/87 dell'8 agosto, del quale si pubblica il brano seguente: «Quanto alle intenzioni attribuite al Governo austro-ungarico, Sua Signoria mi confermò non avere, finora, a tale riguardo, alcuna indicazione positiva. Avendo io fatto allusione alla notizia raccolta dal r. console a Salonicco riferita nel dispaccio di V.E. n. 339 giuntomi oggi, Sua Signoria mi disse non risultargli che quelle informazioni fossero state qui trasmesse dal console britannico, né egli parve annettervi seria importanza, pur ammettendo che conveniva vegliare con attenzione».

554 1 R. 670/23 del 18 giugno. non pubblicato.

554 2 L'allegato non si pubblica.

555

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO 1357. Roma, 6 agosto 1904, ore 23,40.

Il duca Avarna mi telegrafa 1 che il conte Goluchowski avendo proposto al Governo russo di fare, di accordo, una comunicazione al R. Governo intesa a determinare la situazione del generale De Giorgis, il Governo russo ha tosto aderito a quella proposta, ed istruzioni identiche già sono state inviate ai due ambasciatori a Roma2 .

Il concetto di tale comunicazione sarebbe il seguente: «che riorganizzazione gendarmeria non può essere considerata, in certo modo, come separata dalle riforme studiate e concretate a Mi.irzsteg, ma essa ne costituisce parte, che forma un tutto colle riforme stesse, alla cui testa venne posto ispettore generale, coadiuvato agenti civili austro-ungarici e russi e sotto la dipendenza del quale trovasi riorganizzazione».

Questo concetto implicherebbe un radicale mutamento nell'attuazione della riforma quale fu voluta dalle Potenze, dall'accordo delle quali si verrebbe, ora, così, a prescindere; ed il generale De Giorgis verrebbe a trovarsi in una posizione menomata alla dipendenza degli agenti civili russo ed austriaco e nella impossibilità, quindi, di proseguire l'opera intrapresa, la sola che abbia dato fino ad ora, fra le escogitate riforme, affidamento di riuscita.

La mia risposta alla comunicazione che attendo, dovrà tener conto della situazione che ci è fatta, per la egemonia che l'Austria va arrogandosi negli affari balcanici, di fronte al sempre maggiore disinteressamento della Russia. Il mio linguaggio sarebbe, invece, più libero e sicuro, se avessi da codesto Governo l'assicurazione che esso si associa a noi nello esigere che l'accordo di tutte le Potenze resti la base della situazione, e che nessuna alterazione possa esservi arrecata dai singoli Governi, e quindi che le questioni riguardanti la gendarmeria debbano essere risolute dagli addetti militari delle Potenze presieduti dal generale De Giorgis e non già dagli agenti civili austriaci e russi all'infuori del generale De Giorgis e contro il suo parere.

Tale assicurazione io prego vivamente l'E.V. di volermi procurare, recandosi, ove ciò le risulti necessario, personalmente a tenerne parola con codesto ministro degli affari esteri, dove ora trovasi, ed attenendone esplicite e formali dichiarazioni circa al punto fino al quale l'Inghilterra è disposta a spingersi con noi per resistere alle pretese austro-russe, che tanto più mi riusciranno gradite, quanto più sollecitamente mi perverranno3 .

555 1 Con T. 1728/159 del 5 agosto, non pubblicato. 2 La comunicazione fu fatta a Roma il 9 agosto, cfr. n. 559. 3 Per la risposta cfr. n. 558.

556

IL TENENTE COLONNELLO GARIONI AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

L. Roma, 6 agosto 1904.

Mi sono regolarmente pervenute le gradite sue lettere del 2, l O, 17 e 24 scorso luglio e vivamente la ringrazio delle notizie interessanti che si è compiaciuto di fornirmi.

Il mio ritardo nel riscontrarle, pel quale le chiedo venia, è dovuto ad una rapida successione di assenze da Roma per esigenze del servizio.

Con tutto suo comodo io la pregherei di volermi favorire le notizie e gli schiarìmenti che seguono:

1) La cannoniera Said el Bahr è poi partita per Costantinopoli ed è stata sostituita da altra? Nel caso, quali sono le caratteristiche della nuova nave? (costruzione, armamento, equipaggio, ecc.).

2) La conduttura che portava in città l'acqua di Bumeliuna, distrutta dall'alluvione dello scorso febbraio, è stata riattata? E il sobborgo di Fom el Bab?

3) La venuta a Tripoli del generale Abdallah ha proprio per iscopo l'applicazione dell'iradé che portava l'obbligo generale al servizio militare in Tripolitania? Nel caso, a che punto sono le cose tanto in Tripolitania quanto in Cirenaica?

4) A Tripoli sono stati sbarcati dal Bahri el Iedid sei cannoni da montagna, tutti sistema Krupp; ma da principio si era anche parlato di 7 cannoni da fortezza. Questi ultimi sono o non sono stati sbarcati? E nel caso, qual'è il loro calibro e dove sono stati messi? È interessantissimo a sapersi.

5) Si è preso nota delle stazioni della nuova linea telegrafica fra Misurata e Murzuk, che sono: Misurata, Sirt, Latmad, Cammunia, Sokna, Zighen, Sabha, Gadua, Murzuk. Sta bene? Se ne chiede la conferma definitiva perché tali stazioni sono variate di sovente, sia nel numero come nei nomi delle località.

6) Dei lavori e delle guarnigioni inglesi nel golfo di Solum si parla in vario modo, sia per l'entità di essi come per gli scopi a cui sono intesi. Chi attribuisce agli inglesi l'idea di inghiottirsi la Cirenaica e chi invece nella ferrovia progettata non vede che una speculazione personale del kedivé, che vi dimostra quasi una mania. Non potrebbe il signor Mondello (vice console di Bengasi) sincerare?

7) Il forte contrabbando di fucili da guerra a retrocarica e di polvere, segnalato dal signor Mondello, per ordine ed interesse di chi è fatto? Dove vanno tutti questi fucili? Forse tutti a Kufra agli Snussi, oppure sono venduti singolarmente agli indigeni? E quanti possono essere? E di che tipo sono? E donde vengono?

8) In occasione dell'ispezione alle armi che stanno facendo gli ufficiali venuti da Costantinopoli, potrebbe conoscersi con maggior esattezza il numero dei fucili depositati qua e là.

9) Pregare il signor Mondello di riferire intorno agli scopi e ai risultati dei viaggi di quel mutasserif, Taher Pascià. Le tribù che si sono impegnate di difendere una parte delle coste della Cirenaica dove prenderebbero i fucili? Che si sappia, a Dema non ve ne sono e sono inve

ce tutti a Bengasi (20.000?). Avranno gli indigeni i vantaggi promessi? E se il mutasscrif non mantiene la sua promessa, mantenanno essi la loro'?

l 0) Si dice che l'attuale attività difensiva che mostrano i due governatori di Tripoli e Bengasi, e i nuovi cannoni spediti da Costantinopoli, siano dovuti ai suggerimenti dell'Inghilterra. Ciò pare strano c anche più strana sembra l'altra voce che s'intenda di fortificare Tobruk, Bomba ed altri siti ancora.

Il generale Zanelli ha presentato testé domanda pcl suo collocamento in posizione ausiliaria. È una vera perdita per l'esercito, ma si comprende che. date le sue condizioni di età per le quali non avrebbe assolutamente potuto raggiungere il grado superiore, egli abbia preferito di andarsene. Si stabilirà a Lerici.

557

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1360. Roma. 7 agosto 1994, ore 21.

Convengo pienamente nelle conclusioni del telegramma odierno di V.E. 1•

Pur riconoscendo giuste le obiezioni d'indole tecnica presentate dal generale De Giorgis all'aumento degli ut1ìciali voluto dalla Russia e dall'Austria-Ungheria, a noi non conviene opporci poiché nota l'attitudine assunta nella questione dall'Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania saremmo sicuri di rimanere soli e quindi infine di dover cedere. Ma tale questione dell'aumento degli utlìciali non è che un pretesto per aprire la via ad una misura ancor più grave cui mirano Austria-Ungheria c Russia e cioè a mettere il generale De Giorgis alla dipendenza dei loro agenti civili. Questo è il tranello che V. E. intravedeva nelle parole di Zinoviev. La riforma della gendarmeria iniziata col concorso di tutte le Potenze sarebbe avocata esclusivamente all'Austria ed alla Russia e le ultime tracce del concerto europeo scomparirebbero. Ma anche in tale questione nulla noi potremo t~lre se saremo soli. Ritenendo che l'Inghilterra dovrebbe sostenerci io ho diretto al nostro ambasciatore a Londra il seguente telegramma che qui le trascrivo:!.

Occorre che V. E. veda subito O'Conor c dimostrandogli come l 'Inghilterra non possa disinteressarsi da tale questione senza rinUI1i:iare all"azione che ad essa in Oriente legittimamente spetta, lo induca a telegraf~1re al suo Governo insistendo fortemente perché si unisca a noi per impedire che il generale De Giorgis sia posto alla dipendenza degli agenti civili. Attendo sue ulteriori comunicazioni 1 .

'5'57 1 T. 173~, 140 del 7 agosw, non pubblicato.

o

Cfr. n. 555.

3 Imperiali rispose con T. 1742/144 lkln: agosto, 11011 pubblicato. dando notizia del colloquio avuto con l'ambasciatore inglese. il quak <Jv·cva espresso con1idcn:rialmentc di an;r già altre volte manifestato ai rappresentanti rw,'fl c austro-ungarico avviso contrario a che il generale Oc Giorgis fosse posto alla dipcnden:ra degli agenti civili.

558

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1744/86. Londra, 8 agosto 1904, ore 6,20.

Ho parlato al marchese Lansdowne nel senso del telegramma di Y.E. 13571 in connessione anche alle altre comunicazioni di lei sullo stesso oggetto, delle quali lo avevo già in precedenza avvertito. Sua Signoria mi ha autorizzato a riferire a V. E. che le proposte di Milrzsteg sulle quali si è stabilito l'accordo delle Potenze non gli sembrava (sic) determinare in modo sufficientemente chiaro i rapporti fra gli organi di controllo delle riforme civili e quelle per la gendarmeria; che, però, non ne risulta, a parere suo, che la riorganizzazione della gendarmeria possa propriamente riguardarsi come una semplice derivazione sussidiaria di quelle riforme; che non avendo il Governo britannico finora ricevuto la comunicazione austro-russa, di cui si tratta, egli non è in grado di pronunziarsi in termini definitivi prima di aver conosciuto almeno il testo di quella tuttora attesa da V.E.; ma che, in massima, egli non riterrebbe conveniente che gli addetti militari né tanto meno il generale comandante avessero a trovarsi alla diretta dipendenza degli agenti civili.

559

L'AMBASCIATA DI RUSSIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

NOTA. Roma, 9 agosto 1904.

Le manque d'accord qui paraìt s'ètre produit en dernier lieu en Macédoine entre les agents civils russe et austro-hongrois d'une part, et le commandant de la gendarmerie de l'autre, sont (sic) de nature à engendrer de graves inconvénients qu'il est de l' intérèt de toutes !es Puissances d'écarter. D'après !es rapports d es représentants officiels à Salonique età Constantinople, ce manque d'accord a pour point de départ une appréciation inexacte, par le général De Giorgis, du ròle qui lui est dévolu dans l'oeuvre de la réorganisation de la gendarmerie dans !es trois vilayets. Dans la pensée des Cabinets de Saint-Pétersbourg et de Vienne, le général n 'est pas soumis à l'autorité des agents civils; d'autre part cependant ces deux Cabinets ne sauraient lui reconnaìtre une indépendence complète, qui affranchirait son activité de tout contròle. On ne doit pas perdre de vue que l'organisation de la gendarmerie, à la tète de laquelle, et par suite de l'accord des Puissances, a été placé le général, ne constitue qu'une partie du programme des réformes qui s'accomplit sous la surveillance de la Russie

et l' Autriche-Hongrie. Dans c es conditions o n ne saurait priver !es agents civils du droit de veiller à l'application des mesures concemant la réforme de la gendarmerie. Le général De Giorgis est un des organes exécutifs de l'une des branches de la vaste tàche confiée à l'inspecteur général, auprès du quel sont placés en qualité de conseillers !es agents civils des deux Puissances, chargés spécialement de surveiller l 'introduction des réformes en Macédoine 1•

558 1 Cfr. n. 555.

560

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 86/172. Pietroburgo, 10 agosto 1904 (perv. il 15).

Sono in grande ritardo a rispondere ai due dispacci dell'E.V. del 16 e del20 giugno n. 29505 e n. 29941 1 riflettenti ambedue i rapporti esistenti fra l' Austria-Ungheria e la Russia nei riguardi della loro azione comune nei Balcani.

Ragione di questo mio ritardo fu la speranza di potere col tempo appoggiare i miei apprezzamenti a qualche cosa di più positivo che delle semplici impressioni. Il mio scopo non è finora raggiunto, tuttavia mi decido a non indugiare maggiormente non parendomi probabile che possano per ora accadere fatti concreti tali da trame induzioni precise. Convinto della grande importanza che hanno per noi i fatti che si svolgono nei Balcani, non tralascerò di attentamente vigilare sull'attitudine di questo Governo e intanto sottometto brevemente all'E.V. i miei apprezzamenti.

A parer mio l'intesa fra i due Imperi, di cui l'ultima espressione è data dal programma di Miirzsteg, non è in via di allentarsi per quanto gli scopi finali a cui tendono le due Potenze siano probabilmente diametralmente opposti. L'AustriaUngheria confinante coi Paesi in ebollizione tende ad aspirazioni territoriali preparandole con infiltrazioni d'influenze morali, mentre la Russia coscienziosamente ad altro non aspira che al mantenimento dello statu quo; ed è logico che sia così. Le sue antiche e costanti aspirazioni su Costantinopoli non si possono raggiungere mediante meschini intrighi o piccoli successi diplomatici, né può convenirle un nuovo riparto degli Stati balcanici; è innegabile il suo interesse alla momentanea consolidazione dello stato attuale.

Io credo che si tratti di un accordo tàtto per evitare il conflitto; in realtà le due Potenze camminano assieme per sorvegliarsi. Tuttavia, a meno di qualche fatto importante che troppo chiaramente metta in evidenza le aspirazioni austriache, è

assai dirtlcilc che l'accordo venga a ces-,are, perché continueranno a sussistere le ragioni della sua esistenza, e noi dobbiamo di ciò compiacerci.

Nel luglio 1902 il conte LamsdorfT m una conversazione avuta eoì marchese Prinett1, allora ministro degli esteri, si rendeva conto degli interessi dell'Italia nella questione ha !cani ca, li metteva quasi a p~tro con quel l i della Russia e dell'Austria. Poco dopo i due Imperi si assumevano un mandato tacitamem.: ammesso dalle altre Plllenzc. Se in quel momento più non si parlù deli.ltalia, 10 non e~ito a ritenere che ciò fu dovuto ad influenze austriache, Cl1111C sono portato a credere che ~c la sccll<l di un g:ener:lle straniero per la gendarmeria maccdone cadde· testé s~1pra un generale it:JIiano, ci\') fu dovuto all'intluen7a russa.

Con cii1 tino ad un certo punto essa ripann~l alla esclusione nostra dagli aflari dei Balcani e lavorava nel proprio interes~c sapendo beni~simo che per noi come per lei è per ora altamente desiderabile il mantenimento dello statu quo. L'influenza che ci dava la presenza di un generale italiano pote\ a aiutarla ad intralciare l'opera di assimilazione dell'Austria, la sua tendenza acl allargare il 'ìUO campo d'azione.

Stnma ~ituazione: *siamo alleati dell'Austria. questa c un'intesa speciale colla Russia.. e le circostanze sono tali che Russia cd Italia de\ono più o meno intendersi per sorvegliarla e trattcnerla!*~.

Rammenterò sempre. e credo già a\ erv i accennato in precedenti comul!icazioni, che nello scambio di idee più volte amichevolmente avuto col conte Lamsdorff a proposito dei Balcani egli ebbe ripctutamente a dirmi che Russia ed Italia non potevano mirare ad altro che allo statu quo: con ciò rimaneva implicito che altro era lo scopo dell'Austria.

Nelle varie questioni che si ebbero a discutere dacché il generale De Giorgis e alla testa della gendarmeria macedone. a cominciare da quella dell'assegnazione dei distretti fì·a gli ufficiali delle diverse nazionalità per giungere all'ultima d1 cui il telegramma 11. !251)1 per la destinazione degli ufficiali s\cdcsi e belgi, a me sempre risultò chiaramente che la Russia si studiava costantemente di attutire gli attriti nostri coll'Austria, che purtroppo si fanno ogni giorno più palesi. Per conto mio ebbi sempre 13 maggior cura di scivolare su tutto quanto poteva mettere in maggior luce tali attriti, ripugnandomi di mettere in chiaro uno stato di cose cosi singolare per cui due Potenze alleate sono quasi sempre in contrasto di interessi. Ma i colloqui miei al Ministero degli esteri sono improntati a sifTatta curdialit<ì che la verità tacitamente vi si fa strada. Il direttore politico signor llartwig ultimamente mi diceva che conveniva porre attenzione non solo al modo di fare della Turchia, ma non di rado anche sorvegli are l'Austria .. conchiudendo col dire che l;• nomina del generale i tal i ano era stato ;ttto veramente felice e che costituiva tra Russia ed Italia un vero trait d'uniun. Noi dobbiamo quindi vivamente desiderare che l'opera della Russia non subisca alcun allentamento, c credo che ti n'ora ciò non sia successo per quanto la poderosa guerra in cui t:~ impegnata chiami altrove la sua maggiore energia. È naturale che l'Austria procuri :-.fì·uttarc a suo vantaggio gli attuali momenti, c t'On sarei <llJcno dal credere

56() è Il paso,o 1'ra asterischi c citato con qu;Iichc \'Jriatlk di 1òrma in G S.\1\'i ~Jii\L La polirico nll'ru irc~/imw da/1871 al 19/5, Milanu. i970. p..1h5.

• Il riléritncnt'' è erralo. Si lratla in rea:tù del T 12K9 dcl23 luglio per il q< tale cii·. n. 524. nota l.

che in ciò non sia abbastanza contrastata dai rappresentanti russi a Costantinopoli e Vi enna, abituati a tener stretta l'intesa coli' Austna senza badare agli interessi italiani, mentre a Pietroburgo si tiene la bilancia in giusta misura. Io ritengo molto utile che i nostri rapporti con questo Ministero imperiale sulla questione macedone siano costanti ed improntati ad un'oculata fiducia, anche quando le apparenze possano t~tr creden: ad un certo malvolere. In realtà io sono convinto che la buona volontà a nostro riguardo qui non ha mai fatto difetto.

In quanto ai fatti speciali ai quali -.,i riferiscono i succitat1 dispacci, per quanto riguarda l' agenlé civ i le signor Dernerik. la sua pwlungata asscnnt dipende realmente da rnallCrma o-:alute: qui mi si assicura che Jì·a nDn nwltu ritornerù al suo posto, ed ad ogni modo non credo che il signor dc Gicrs ~ia destinato a Jarnc stabilmente le veci.

E per la sp.:cie di contlittn sorta iìa 1cor;~o]i dci due Imperi a \1onastir, rikritomi col dispaccic• del ::o giugno, esso pn>l a a rnio pan.:r~ c!H: li con:;olc au~triacn !mora troppo apertamente in un sen~o che. se dt?lt" c~;.ere dc~idcrat,) dall' /\u~tria. non può certo piacere alla Rus~ia. A noi cdtl\ ÌL'llc induhbtiilllCntc. aliche a 1\,!l,ma~tir. pro·· pendere verso la Russia.

Nel riassumere questi miei apprazamcnti. che non credo lallaci, per quanto io non sia del tutto al corrente dell'andamento degl1 avvenimenti in l\hcedonia in tutti i loro parttcolari. non pos~o che ripdcrl' che per noi è di utilità indtscutibilc che b Russia non si disinteressi di tak qucstiC>Ill', c che rupcra di un geill?l"ilk italiano itt quelle regioni può volgersi a grande no~tro v~m!aggiu. per qu~1nto essa c,.;iga somma prudenza diplomatica speci:dmcnte n et r~tpport i cogli ui"lìcial i austriaci. Rih:ngo che la Russia mant..:rrà intera la sua 1 igilan/a nei Paesi balcanici: ad ogni modo a noi conviene sopra ogni cosa curar molto k nostre relazioni Cl>n essa e I\10strarle fiducia.

559 1 Si pubblica solo la nota russa, uguale a quella austriaca.

560 1 Il D. 29505/75, diretto in pari data anche a Vienna con numero di protocollo 29506/75, ritrasmetteva il R. 521/220 del 5 giugno da Costantinopoli, non pubblicato. Il D. 29941/107, diretto in pari data anche a Londra con numero di protocollo 29940/261 ed a Vienna con numero 29942/30 l, ritrasmetteva il R. 77/29 da Monastir del l O giugno, per il quale cfr. n. 461.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE S.S. Roma, l l agosto 1904.

Le scrivo per cosa delicata ed in forma strcttainentl' per:-,onale.

Dopo i colloqui di Windsor dello scor-,u novemhrc 1 la situazione, soprattutto 111 quanto concerne la questione balcanica. si ì: ·•cnuta S\ olg:cndo. Epperù. quantunque i due Gabinetti abbiano rortunatamenlè potut(l pro.:cdcr-: di pienu c C<mliale accordo nei singoli incidenti, non è meno vivo in me il dc~,idcrio di avere lll<XIo c certcna dte altrettanto avvenga anche in m venire. Poiché. pii1 d'una volta accadrù di do\-er, da parte nostra, decidere il quid ugend11111 assai mi preme di sapere fino a qual punto la nostra azione potrà essere assecondata dalla atione di cocks1o Governo, pl'r non csporci, andando troppo oltre, ,d pericolo eli trovarci isolati: mentre. per converso. a noi preme del pari di assecondare, in ogni più larga misura del possibile, l'azione britannica.

561 CJì·. nn. 31 ~ 32.

I ministri inglesi sogliono passare nel continente parte delle loro vacanze; probabilmente così farà pure lord Lansdowne. In tale ipotesi, trovandomi io nel prossimo autunno in una mia villa di Lombardia, in località vicina alla frontiera e lontana da qualsiasi ambiente politico, sarei ben fortunato di ricevervi la visita dell'illustre uomo di Stato, al quale, naturalmente, la restituirei dove e quando a lui meglio piacesse.

V.E. intenda essere sopratutto mio desiderio, salvo che a lord Lansdowne piacesse altrimenti, che al nostro eventuale incontro sia risparmiata ogni ombra di studiata pubblicità; mio intento è questo solo: avere l'opportunità di uno scambio intimo di idee dal quale poter trarre utile norma per le ulteriori nostre deliberazioni.

Raccomando in particolar modo al tatto di V.E. l'argomento di questa mia lettera. Quando l'idea fosse in massima accolta, sarà agevole concordare i particolari di esecuzione.

562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1387. Roma, 12 agosto 1904. ore 19,35.

Non senza meraviglia dal telegramma di V.E. n. 162 1 rilevo come nel definire i rapporti tra il generale De Giorgis e gli agenti civili, il signor de Mérey vada ben oltre la memoria rimessami dai due ambasciatori2 . Mentre la memoria esclude che il generale De Giorgis sia subordinato agli agenti civili, il signor de Mérey afferma espressamente questa subordinazione. Y.E. riceverà posdomani a tale riguardo un mio dispaccio con precise considerazioni ed istruzioni3 . Desidero però che, fin d'ora, ella cordialmente discorrendo col conte Goluchowski gli tàccia intendere quanto sia desiderabile che al nostro buon volere corrisponda identico atteggiamento da parte di codesto Governo. l nostri sforzi sono costantemente diretti a promuovere, anche presso la pubblica opinione in Italia, i buoni rapporti tra i due Paesi alleati. Sarebbe grandemente spiacevole se persistesse tra i due Governi e si rendesse manifesto, nella questione macedone, un dissidio che non ha ragione di essere e del quale la condiscendenza nostra non avrebbe bastato ad assicurarne un equo componimento.

562 1 T. 1768/162 dell'Il agosto. non pubblicato. ' Cfr. n. 559. 3 ctr. n. 566.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. CONFIDENZIALE 1386. Roma, 12 agosto 1904, ore 20,15.

Circa la questione dei rapporti tra il generale De Giorgis e gli agenti civili mi riferisco alle istruzioni e considerazioni contenute nel dispaccio che le giungerà posdomani1 . Debbo intanto osservare che secondo un telegramma ora pervenutomi dal r. ambasciatore a Yienna2 , il capo-sezione che suppliva Goluchowski durante la sua assenza si è espresso a tale riguardo in termini eccedenti le conclusioni stesse della memoria rimessami dai due ambasciatori, avendo egli esplicitamente affermato il concetto della subordinazione del generale agli agenti civili che nella memoria è invece esclusa.

Desidero che VE. intrattenga confidenzialmente lord Lansdowne di questo nuovo sintomo della pericolosa tendenza che sembra prevalere a Yienna, sopratutto dopo che la Russia lascia alla Austria-Ungheria mano più libera nelle cose balcaniche, essendo ogni giorno più manifesto il proposito del Governo austro-ungarico di non tenere sufficiente conto delle ragioni e legittime suscettibilità altrui, malgrado il rischio di così compromettere l'indispensabile unione di tutte le Potenze di fronte alla Turchia. Io penso che se l'ambasciatore britannico a Yienna avesse istruzioni di far sentire una voce amichevole che avverta il Governo imperiale e reale del pericolo, sarebbe un notevole servizio reso alla causa per cui si adoperano le Potenze. Gioverebbe però che l'avvertimento non fosse differito, essendo evidente che l'effetto ne sarebbe dubbioso quando il Gabinetto di Yienna si trovasse già impegnato troppo oltre coi suoi atti e con le sue dichiarazioni. Del colloquio che V.E. avrà su questo delicato tema con lord Lansdowne, gradirò essere sollecitamente informato.

564

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1390. Roma, 12 agosto /904, ore 23,55.

Le istruzioni di cui le annunciai l'invio col mio telegramma d'oggi 1 metteranno Y.E. in grado di conferire amichevolmente col signor Delcassé circa la questione dei rapporti tra il generale De Giorgis e gli agenti civili per le riforme in Macedonia. L'occasione che tornerà anche opportuna per intrattenerne il signor Delcassé, in

2 T. 1768/162 dell'Il agosto, non pubblicato. 564 1 T. 1384 del 12 agosto, non pubblicato, ma cfr. n. 566.

genere, della situazione che si vit:ne t:reando per la remissività ed indifferenza con la quale da alcun tempo procede la Russia, la quale anche dopo di avere espresso convincimento contrario, suole dipoi costantemente cedere al volere dell'AustriaUngheria. mettendo a dura prova il mantenimento di una cordiale intesa Ji·a tutte le Potenze. lo penso che il signor Delcassé farebb~: opera utile se mettesse in luce a Pictroburgo questo lato della questione balcanica. ottenendo così che la Russia continui ad essere, accanto alla Austria-Ungheria, elemento di equilibrio e di concordia. A V.E. di cui ben conosco il tatto c l'abilità non ho d'uopo di additare la particolare delicatcna dell'argomento.

563 1 Cfr. n. 566.

565

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO. AL MINISTRO DEGLI ESTER L TITTONI

T. 11R5136. Addis Abeba. 13 agosto 1904 1

Harrington sta trattando con l'imperatore frontiera sud Etiopia e ritcngl) sia prossima dcJìnitiva sistemazione: in mas:-.ima Menelik accetta proposta inglese, basata sulla condizione che tutti i Borana rimangano territorit) Etiopia. Conte~tazioni che a noi interessano riguardano specialmente bacino Daua. pretendendo Menclik conser\ are tribù Cìhcri che abitano lungo k due rive lìume; mentre Harrington insiste perché fronttera dalla conl1uenza (iiuba rimonti cur-;o Daua fino a Burore. Soluzione che lasciasse interam::nte in territorio Etiopia bacino Daua sarebbe per noi molto ptù conveniente come dimostrai mia rci<vione: ma mio diretto inten ento sarebhe contrario accordo stabilito a Roma da Harrington. !Vlenelik si è rivolto a me per a\ ere informazioni relatin: front iera. Nel dare le comLm!ca;ioni Cl'rco cautamentL: l~1r L'omprenden: suo interesse cunsenarc bacino Daua per non tagliare via Lugh. Mi sarL·bbe stato utile a\ere copia miei rilie\ i eseguiti quella regione. Prego VE. im tate con sollecitudine. Prego VE. anche inviare copia dt:lla cH·ta missimw Marcl1alld'

56) 1 Il t<:ki.>J"amma futrasmcs:-o da \sJiltlra il l 5 aL>,o:-tu, ,,rL·lJ. ~ 1\..·r la~rispu~ta -:l'r. n. 5'72. ,_

566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI PIETROBURGO E VIENNA 1

Roma, 13 agosto 1904.

Gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia mi hanno, in questi giorni, consegnato, circa i rapporti reciproci tra il generale De Giorgis c gli agenti civili dei due imperi in Macedonia. una memoria identica di cui qui acchiudo una copia3 .

l Gabinetti di Yienna e di Pietroburgo si preoccupano della mancanza di accordo che, secondo le loro informazioni. si verificherebbe tra il generale e gli agenti civili. Essi ritengono che la cosa dipenda da inesatto apprezzamento, da parte del generale, del compito a lui assegnato, c concludono in questi termini: non essere naturalmente il caso di sottoporre il generale agli agenti civili, ma, poiché la riforma della gendarmeria è una delle riti_mne costituenti il programma di Miirzsteg, non può il genaale sottrarsi ad ogni controllo, né può negarsi agli agenti civili il diritto di vegliare alla applicazione di quella. come di ogni altra ritòrma.

La comunicazione dei due ambasciatori muove da un concetto a cui non esito, da parte mia, a pienamente associarmi: il concetto cioè che debba esistere una cordiale intesa ed un perfetto affiatamento tra gli organi ai quali. per iniziativa dei due imperi e per consenso delle grandi Potenze. è stata affidata una missione di pacificaLione e di riordinamentu in Macedonia. Sarebbe. però. a nostro avvtso. andare oltre il sègno, se l'opera dd generale Dc Giorgis dovesse essere sottoposta alla vigilanza. al controllo dègli agenti ci\ ili.

Nelle proposi/ioni in cui si compendia il programma di ML"lrzsteg, c precisamente nelle prime, si legge bensì che la istituzione degli agenti civili ha per i:;,copo <<un contròle de l 'activité cles autorités locaks ottomanes quant à l'application cles rétòrmcs», donde potrebbe argomentarsi che niuna delle riforme, e quindi neppure la rifòrma della gendarmeria, debba sfuggire al controllo degli agenti civili; però. quando sì esaminino, nel testo di i\:1i."lrzsteg, l'intera proposizione prima, che concerne le attribuzioni degli agenti civ ili, cd indi la proposizione seconda. che concerne la riforma della gendarmeria alfidata ad un generale di na7ionalità straniera, lusto si scorge che il generale ha un suo proprio compito da esplicare in piena libertà ed indipendènza. c che gli agenti civili non hanno da occuparsi della rilorma della gendarmeria, se non in quanto questa si coordini con l'intero piano delle riforme. Tale è la ovvia conclusione a cui conduce l'esame :)tesso del testo di I\1Urzsteg, quale le Potenze hanno dovuto intcnderlo nello aderirvi; rna alla conclusione stessa conduce ancora più cflicacementc

5(>h 1 Dèl prt'st:nlc dispaccio non è stato rinvenuto l'originale. s~ ne pubblica pertanto una copia d~i LJocl!ill<'llfi Dij!lomarici a stampa i m iati per conoscenL'a alle rappr<?sentan/e diplomatiche all'estero, seri.: CVII. \lacedonia. fi)(J,:J. ,·ccondo lc/IWIIrc.

' ln1·iato alle amb;rsciat<.; a Berlino. Londra. Parigi. Pietruburgo e Vicnna ric,petti1amente con i numeri di protocollo 3'!')61):.'1_'0. 3')l)~X .ì5·+. Jl)l))ì/lJn\. 39961:151. 3')')5<!,-l\-f. C.m D. 39%-1:227, pari data. Titt<lni lo i m iò anch<? a l'<btantmopuli.

; Cii. IL)~<),

la considerazione che gli agenti civili, non avendo nella materia competenza alcuna, non potrebbero che intralciare e paralizzare l'opera del generale, compromettendo il felice risultato di quella che, tra le riforme invocate in Macedonia, è, senza dubbio, la più provvida e la più ardentemente desiderata dalle popolazioni stesse.

A noi sembra, quindi, che l'intento a cui mirano i due Gabinetti imperiali debba piuttosto conseguirsi col raccomandare, tanto al generale, quanto agli agenti civili, di tenersi in contatto ed in amichevoli rapporti, comunicandosi a vicenda ogni notizia atta a dirigere la loro propria azione, ma astenendosi dallo ingerirsi nell'azione altrui, acciocché questa possa svolgersi con reciproca indipendenza e sotto la piena responsabilità di ciascuno.

Desidero che di questi miei concetti ella si valga nel conferire del presente soggetto con codesto ministro degli affari esteri. Se, come confidiamo, essi troveranno adesione presso i vari Gabinetti, tàcile sarà stabilire i punti tecnici delle istruzioni da impartire agli agenti civili, e delle raccomandazioni da farsi pervenire, in via officiosa, al generale De Giorgis. Attenderò, quindi, che dell'esito del suo colloquio con codesto ministro degli affari esteri ella mi informi sollecitamente, con suo telegramma4 .

567

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 894/363. Therapia, 13 agosto 1904 (perv. il 26).

Ringrazio vivamente l'E.V. per la cortese comunicazione fattami, col dispaccio qui contro segnato 1 , del dispaccio da Ici inviato al r. console generale in Tripoli. L'opportunità di impartire analoghe istruzioni di massima in quel senso ai r.r. utliciali consolari si faceva veramente sentire. Nel breve tempo dacché mi trovo alla testa di questa ambasciata, avendo proceduto ad un esame accurato degli affari in corso, non ho durato tàtica a constatare che se il contegno della maggioranza dei nostri consoli, di fronte alle autorità ottomane nulla lasciava a desiderare, non era men vero però che alcuni tra essi, animati certo da uno zelo lodevole nello adempimento dei loro doveri, non pongono soverchio studio a coltivare, con le autorità del Paese con cui trovansi in contatto, quei cordiali ed intimi rapporti ufficiali e personali che tanto valgono all'occorrenza a risolvere in via amichevole noiose controversie evitando per tal modo quei spiacevoli incidenti che non possono sicuramente giovare al mantenimento ed allo sviluppo dei rapporti fra l'Italia e l'Impero ottomano.

Le istruzioni con tanta saggezza emanate dal R. Ministero vengono pertanto in buon punto. Sarà mia cura di comunicarne la sostanza ai rr. consolati dipendenti, attagliandole alle speciali condizioni politiche locali dei diversi consolati.

567 1 Cfr. n. 552.

Non mancherò poi naturalmente di rendere di quelle istruzioni edotta anche la Sublime Porta, presso la quale non ometterò certo di insistere in termini chiari e precisi, affinché, dal canto suo venga ingiunto ai funzionari ottomani di cooperare con la loro attitudine in perfetta consonanza con la cordialità dei rapporti intercedenti fra i due Paesi.

Desiderando inoltre di non andare all'incontro della tradizione costante, in forza della quale le prime conferenze tra un novello ambasciatore e la Sublime Porta non vanno al di là di uno scambio di complimenti e cortesie reciproche, aspetterò che questo periodo -oramai pressoché al suo termine -sia interamente passato per intrattenere a fondo ed in termini amichevolissimi, ma non per ciò meno chiari ed espliciti, il gran visir delle varie questioni pendenti. Sarà quella una buona occasione per rappresentare a Sua Altezza l'impellente necessità di far impartire al valì di Janina ordini precisi e categorici perché muti una buona volta di registro e smetta quello atteggiamento sistematicamente ostile all'Italia ed all'elemento italiano, di cui ben a ragione si duole il Governo di Sua Maestà.

V.E. può essere sicura che nulla da parte mia sarà lasciato intentato. Purtroppo però -credo opportuno il dichiararlo tìn da ora -non nutro soverchia speranza di riescire nelle mie pratiche. Osman pascià appartiene a quella categoria di funzionari turchi che, per godere la fiducia e la protezione personale del sultano, si considerano e sono di fatto indipendenti dall'autorità del gran visir. Di qui avviene-lo insegna l'esperienza-che delle lagnanze mosse dalla r. ambasciata contro quel valì, il gran visir assai raramente ha osato di rendere avvertito il sultano: quelle poche volte poi in cui venne timidamente arrischiata qualche insinuazione, il risultato ottenuto fu diametralmente opposto allo intento, in quanto Osman pascià ha, non più tardi dell'indomani, ricevuto o un dono imperiale, o la espressione dei ringraziamenti sovrani, pubblicamente manifestata a mezzo del giornale ufficiale.

lo non avrei alcun ritegno, qualora, riescite assolutamente infruttuose le reiterate mie istanze presso la Porta, il valì perdurasse nel suo sconveniente contegno, di intrattenere della cosa direttamente il sultano. Un tale mio diretto intervento rivestirebbe tuttavolta un carattere di eccezionale gravità, e potrebbe forse anche andare al di là delle intenzioni del Governo di Sua Maestà. L'intervento mio sarebbe del resto intempestivo in oggi giacché, data la nota diffidenza di Sua Maestà imperiale, perché un ambasciatore prenda l'iniziativa di parlargli di affari, conviene che si adoperi a inspirargli dapprima una relativa fiducia e conciliarsene la simpatia. In caso contrario non riescirebbe ad altro che a compromettere fino dall'inizio il risultato della sua missione.

Riservandomi di ritornare sull'argomento dopo la mia conversazione con Ferid pascià, e di restituire allora il rapporto del comm. Millelire3 ••.

566 4 Si pubblica la risposta da Vienna, cfr. n. 574.

567 1 Cfr. n. 531.

568

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLJ, AL MINISTRO DEGLI ESTERL TITTONI

R. RISERVATO 2339/996. Parigi, 13 Agosto 1904 (perv. il 20).

Ieri sera rict:vctti il telegramrna 1 col quale l'E.V., annunciandomi che dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria c di Russia le era stato rime~sd un memoriale rehltivo ai recirroci rapporti fra gli agenti civili in Macedonia e ii gcnen:le Dc Giorgis, mi avvisò che avrei ricevuto rros:,imamente quel documento accompagnato da istnuioni le quali mi avrebbero abilitato a conferire con il signor Delcassc in proposito.

Nella notte arrivò poi l'altro telegramma~ che, riferendosi al primo, m'indica\ a il colloquio allliche\Ole che io dO\rei a\ere con questo ministro degli amm ,~:,tcri SOV!a il precitato soggetto. come l'occasione propiLia per intratknermi con lui in gen,~rc della situazione che si \ienc creando per la ren11S:-,ihilità e l'indiftl:Tcn1a con cui da qualche tempo procede la Russia la quale, anche dopo di avere espre~so comincimcnLo contrario. suole piegarsi costantemente alle volontù dell' ;\ustria-L:ngheria mettendo a dura prcl\a il mantenimento della intesa cordiale di tutti i Governi. L'F. V,. pur adchtandomi la speciale delicatezza del .,nggctto di tale colloquio, me ne prcçisa lo scop(l che c di ottenere che l'attenzione del Gabllletto di Pietroburgo ve11ga chiamat~l da! signor Dclcassé sovra questo lato della que:-.tionc balcanica acciocché la Russia cunti·nui ad essere a fianco dell'Austria-Ungheria un elemento di equilibrio e d1 concordia.

li signor Uelcas:·;é, ritornato qucsl<:1 mattina dali'Arri2gc per assiStere ai fu;Jendi di \\aldech:-Romd::~ltL s1 krma\a poche ore :1 Parigi. Lgli consentì ciò non di meno a rice\l:rmi nel pomeriggio c. nel cnr~o di una conversa/ione intinta, glt annunziai c11..: mi erano state spedite da V.L. delle istruzit'ni circa i rapporti <kl generale Dc Giorgi;. cnn i COI1lllli,.sari civili crAustria-LJilg.heria l: di f{us:-;ia. Mi di~piaceva assai elle quelle istrm'ioni non mi tòs"~ro giunte in tempo per potermi intrattenere COl! lui oggi st~.:so-o in proposito, tanto più che mani ic~tamenk si trattava in esse di una condizione dì cose la quale contribuiva a mettere 111 evidenn una situazione generale di cui m1 prerncva di non ritardare maggiormente una intima, amichevole c confidenziale e~pusizione tendente sovra tutto ad evitare. nl·ll'intcresse conHtlle, delle prevedibili dirtlcultù. R1cnrdai quindi come. fin dal momento in cui la guerra dell'Estremo Oriente pane dover occupare tutta l'attività della Russia. io a\ea manifestato la rrcoccupaLione chL·. pure prokssando~i impegnato a non ritirar'>i menomamcnte dalla pos1zione presa per l'intmdulione delle rirorme in rvlacedonia. il Cìabinetto di Pietrnburgo o rallcntas:;c la vigile sua azione. così necessaria per controbilanciare quella Lkll' Austria-Ungheria. o, per btalità di cose. apparisse troppo intento altnl\c per non lasciare prenderl' al ()ahinetto di Vienn:\ una preponderarva di cui questi avrebbe cercato di trarre pro!ìtto. Lra stato escluso dalle lòrmal i dichiara1ioni del (io\ crno russo eh' cgl i inten;ionalnh~nte

'<'S 1 T. I.'S-1 tkl 12 a:}>J'ito. JHlli puhhlic:no, 1lld ,·!r. tl. 5<16

C t'r n. 564

volesse rallentare la sua azione. Ma l'altra delle due sucspresse ipotesi andava verificandosi. Importava assai, anche senza entrare nell'esame delle singole circostanze che contribuivano a creare un'impressione in questo senso, procurare che questa svanisse prontamente; ciò che si sarebbe ottenuto soltanto se la Russia ripigliasse, nelle questioni relative alla Macedonia, un contegno che apparisse meno inditferente e sembrasse meno remissiva verso i desideri dell'Austria-Ungheria. Feci notare, con una certa insistenza, al signor Delcassé eh' io invertiva l'ordine naturale delle mie comunicazioni. Avrei dovuto infàtti prima intrattenerlo delle difficoltà alle quali aveano dato causa le relazioni del generale De Giorgis con gli agenti civili dci due Imperi e poscia par!argli di ciò che formava il soggetto del mio discorso d'oggi. Ma l'imminente sua partenza da Parigi m'impediva di seguire tale ordine nelle mie comunicazioni. Gli avrei pertanto tatto pervenire per 1l tramite del signor Louis, direttore degli allàri politici, le osservazioni del mio Governo circa i rapporti fra il generale e gli agenti anzidetti. tostoché queste mi fossero pervenute; ma intanto avrei ritenuto incauto e poco confom1e al carattere delle relazioni nostre con la Francia l'aggiornare f(Jrse di parecchie settimane una comunicazione dalla quale ci ripromettevamo che le cose sarebbero rimesse in più sicuro stato mediante l'amichevole e direi quasi spontaneo intervento della diplomazia francese a Pietroburgo.

Mentre io parlava, il signor Delcassé prendeva delle nnte dimostrando con ciò di precorrere il mio pensiero c di accettarne le conclusioni. Sicché.. appena ebbi tìnita la pacata e sobria esposizione del rnedesimo, egli subito poté dirmi che delle cose udite si sarebbe giovato presso il Gabinetto di Pietroburgo con i riguardi c le cautele suggerite dali 'indole stessa della fattagli comunicazione.

Mi lusingo che ella vorrà approvarmi di non avere indugiato a fare a questo ministro degli aftàri esteri la comunicazione sovra riferita. Se non avessi colta l'occasione della breve presenza a Parigi del signor Delcassé per avere con lui questo colloquio, avrei dovuto aspettarne il ritorno ed il ritardo avrebbe potuto riuscire pregiudizievole.

569

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. RISFRVAIO \792/932 . Londra. 15 agosto 1904. ore 10.

Non essendo ancora pervenuto annunziato dispaccio di VE. circa Macedonia'. e nel dubbil; di non riceverlo in tempo utile per intrattenerne marchese Lansdownc prima della sua partenza, mi sono procurato t)ggì un colloquio con Sua Signoria *con la quale mi espressi sulla base ddl'ultimo suo telegramma n. 13~6*4 . Trovai La n

2 Comuni(a\o :1 Cos\;mtinopoli e a Vien1w con T. 140~ del 16 agosto.

' C l'r. Il. 561. tlOLl l.

"Cfr. n. 5(,3.

sdowne già favorevolmente disposto dalle mie precedenti intese con lord Percy ad accogliere modo di vedere di V.E. *sulla utilità di una comune vigilanza sebbene, a quanto egli mi disse, questo ambasciatore di Austria-Ungheria gli abbia ripetutamente dato le più formali assicurazioni circa i propositi del Gabinetto austriaco.

In conclusione, Lansdowne* mi disse che avrebbe mandato istruzioni all'ambasciatore d'Inghilterra a Vienna per una amichevole raccomandazione sia riguardo al punto speciale della dipendenza del generale De Giorgis dagli agenti civili (nel senso dei miei telegr. 865 e 926) sia, in generale, riguardo all'attitudine di quel Governo nell'applicazione delle riforme.

569 1 Ed.. con dlcum: varianti c !"omissione dci brani tra askrischi. in rv /1/.1, p. 227.

570

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 906/374. Therapia, 15 agosto 1904 (perv. il 26).

Il corrispondente del Figaro -lo rilevo dalla Tribuna del 2 agosto -ha voluto ravvisare nel fatto che al mio giungere a Costantinopoli io sia andato con mia moglie ad ascoltare la messa nella chiesa dei francescani italiani un indizio delle intenzioni mie di adoperarmi per assicurare al Governo del re il protettorato dei religiosi italiani, il quale, in seguito al dissidio con la Santa Sede, starebbe oggi per essere sottratto alla Francia.

Senza abusare del tempo prezioso di V.E., mi è assai facile di confutare le fantasticherie del Figaro. Giunti a Costantinopoli di domenica, ci recammo, come era naturale, a sentir messa, nella chiesa che ci fu indicata dai signori dell'ambasciata come quella frequentata dai miei predecessori. Non vidi un solo religioso all'infuori di una specie di sagristano che ci aprì le porte della tribuna riservata ai diplomatici. Ecco tutto.

Non intendo certo di dare peso alle deduzioni fantastiche del Figaro, le quali sono in tutti i casi premature, visto e considerato che la questione del dritto della Francia al protettorato dei religiosi in Oriente non potrebbe sorgere se non dopo la denunzia non ancora avvenuta del concordato tra la Santa Sede e la Repubblica. Desidero però profittare dell'occasione per attirare ad ogni buon fine l'attenzione di

V.E. su di un fatto che mi ha piacevolmente sorpreso e di cui-non lo nascondoho provato sincera compiacenza.

Dal giorno in cui sono qui giunto, ho ricevute visite di un numero considerevole di religiosi regolari e secolari, e di suore di carità, di nazionalità italiana. Da tutti e da tutte mi vennero manifestati sentimenti di schietto patriottismo e di affettuoso ossequio pel nostro augusto sovrano.

569' Cfr. n. 558. 6 T. 1784/92 del 14 agosto, non pubblicato.

Anche il delegato apostolico, monsignor Sonetti, che trovasi attualmente alquanto indisposto, mi ha inviato la sua carta e mi ha fatto in pari tempo sapere che non appena guarito si propone di venirmi a vedere, desiderando vivamente di mantenere meco, al pari che con i miei predecessori, i migìiori rapporti.

Non ho durato fatica a scorgere, discorrendo con i vari religiosi, e traverso prudenti riserve ben comprensibili, il desiderio vivissimo che li anima di liberarsi dalla protezione straniera e di mettersi apertamente e definitivamente sotto quella del Governo patrio.

Per ovvie ragioni di prudenza, tenendo presenti le raccomandazioni verbalmente fattemi da V.E., ho dovuto astenermi dal prendere impegni, dall'alimentare speranze, dal pronunziare in altri termini parole di natura a creare al Governo di Sua Maestà imbarazzi e difficoltà con la Francia.

Ho giudicato tuttavolta opportuno di dichiarare a tutti apertis verbis che, rivestito in virtù del mio ufficio della tutela naturale di tutti gli italiani residenti nell'Impero ottomano, io non verrò mai meno al dritto ed al dovere di assicurare in ogni circostanza la protezione dell'Italia a tutti indistintamente i miei concittadini che quella protezione verranno ad invocare, senza badare alla classe, alla confessione religiosa cui essi appartengono od ai principi politici che professano.

Sulla utilità per noi di rivendicare, quando le circostanze lo permettano, il dritto a proteggere i religiosi italiani, parmi superfluo di insistere. La questione è stata ampiamente dibattuta sotto tutti i suoi aspetti; nulla quindi di nuovo io sono in grado di aggiungere relativamente ai vantaggi che, per lo sviluppo sempre maggiore della nostra influenza e per l'affermazione sempre più accentuata dei nostri interessi in Levante, potrebbero derivare dal passaggio nelle nostre mani della protezione degli istituti e comunità religiose italiane.

Quale ad ogni modo che possa essere il risultato del dissidio tra la Francia e la Santa Sede, per quanto concerne la questione del protettorato sui religiosi, quello che a me sembra di vitale importanza per noi si è di vegliare, con la massima oculatezza, allo scopo di impedire, con tutti i mezzi a nostra disposizione, che quel protettorato, qualora dovesse sfuggire definitivamente alla Francia, abbia per avventura a passare nelle mani di un'altra potenza. A tale, per noi perniciosissima, eventualità, ho letto qualche accenno nella Neue Freie Presse, la quale però pubblicava la notizia desumendola da un giornale di Parigi.

Informazioni che dovrei ritenere esatte tenderebbero a togliere qualsiasi fondamento alla notizia in discorso. Non sarebbe però, a mio modesto avviso, superfluo, che il R. Ministero procedesse, dal canto suo, ad accurate indagini le quali valgano a rassicurarci completamente 1•

570 1 Per il punto di vista francese sulla questione del protettorato religioso nel Levante cfr. DDF, Il serie, t. V, nn. 178,264,277,300 e 307.

571

L AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 2357/1010. Parigi. 15 agosto 1904 (perv. il 23).

Quando, nei primi giorni di questo mese, lessi nei giomali che l'agenzia, intitolata la Presse Associée, dava la notizia di trattative aperte tì·a l'Italia, l'Inghilterra e la Francia per un accordo concernente l'Abissinia. temetti sulle prime che i l segreto dei nostri n~?goziati con Londra fosse stato indiscretamente svelato. Ma avendo io dippoi avuto cognizione del preteso schema di convenzione sovra il quale si aggirerebbero le trattative -schema che la Trihuna pubblicò nel numero del 4 agosto ---mi sembrò trattarsi invece di una notizia tendenziosa, destinata a promuovere un movimento di opinione, o. come direbbero i francesi, di un hai/un d'essai. Che il supposto progetto di convenzione sia architettato nell'esclusivo interesse della Società ferroviaria dell'Etiopia è facile indovinare. Mi è risultata l'esistenza di una grande intimità fra la Società stessa e la Presse Associée. Inoltre la comparsa della notizia che si fa credere venuta da Londra precedette di pochi giorni il ritorno in Francia del signor Hugucs Le Roux. il quale da parecchi mesi era andato a raggiungere i signori llg, Chetneux e compagni in Abissinia dove egli, in occasione di altri soggiorni, si era acquistato le speciali simpatie del negus. Ciò che dal complesso di questi indizi è lecito dedutTc. può avere soltanto il valore di una supposizione, poiché prove dirette non si hanno. lo inclinerei però a vedere nei capitoli dello schema di convenzione di cui parlo il programma degli accordi che i francesi ricercano, o per lo meno, la base sulla quale essi sarebbero disposti a trattare con noi c con l'Inghilterra. E. dicendo i francesi, voglio indicare coloro che. con gli interessi connessi alle costruzioni terroviarìe, rappresentano in Etiopia il maggior nucleo di affari della Francia in quel Paese e coloro che qui tali affari patrocinano cd appoggiano sapendo, all'occorrenza, imporsi al Governo. Per questo riguardo, una intervista di Robert d'Arlon con il signor Hugucs Le Roux, pubblicata oggi nella Patrie, ha un'importann speciale perché rivela un fatto nuovo e grave: l'appoggio ed il patrocinio cioè accordati dal gruppo coloniale e dal suo potente presidente l'onorevole Etiennc. agli interessi della Società ferroviaria d'Etiopia. Il signor Hugues Le Roux si attribuisce paiesemente la qualità di mandatario del gruppo anzidetto e spiega quale fu la sua azione presso Menelik durante l'ultimo suo viaggio in Abissinia. Incaricato di esporre al negus ìl programma dei suoi committenti, egli avrebbe ottenuto l'assenso del medesimo alle due idei? sustan;;iali del prograrnma stesso: neutralizzazionc del territorio abissino; interna~:ionalizzazione dell'intera rete ferroviaria di quell'Impero. L'applicazione di questi punti sostanziali richiede l'accordo della Francia con l'Italia c l'Inghilterra; epperò il signor Hugues Le Roux afferma che le trattative sono giù aperte per conseguirlo.

Non mi pare dubbia la connessione Ira quesk dichiarazioni dd Le Roux e le rivelazioni della Presse Associc;c. Se la diplomazia francese avesse già làtte sue le proposte del gruppo coloniale,

V. E. ne sarebbe stata prima d'ora avvertita. È dunque più probabile che le cose attuai

46R

mente stiano nella 1~1sc in cui il gruppo coloniale peserà con tutte le forze per far accettare al Governo il suo programma, cioè quello che la Società ferroviaria dcii 'Etiopia ha elaborato.

Se veramente così stessero le cose, converrebbe che il R. Governo se ne rendesse conto. Quando si parla al signor Delcassé del gruppo coloniale e dell'onorevole Etienne, egli affetta la massima indipendenza. La loro influenza sarebbe nulla; l'eventuale loro opposizione alle viste del Ministero sarebbe totalmente trascurabile. Ma che ciò non sia insegnano, fra tanti altri minori affari, quello del Siam e quello del Marocco. È alla resistenza del gruppo coloniale che è dovuta l'impotenza del Govemo di mettersi finalmente in grado di ratitìcare i più volte riformati trattati stipulati con lo Stato siamese. È sul programma tracciato dallo stesso gruppo e quasi più personalmente dall'onorevole Etienne, che si intraprende la penetrazione pacitica della Francia in Marocco. Ne conchiudo che J"esistenza di un programma del gruppo coloniale tì·ancese per l'Abissinia è un fatto grave e tale da creare un ostacolo molto serio alla accettazione da parte della Francia di qualunque accordo che con il programma stesso non sia conciliabile.

Questa avve1ienza mi sembra necessaria al momento in cui VE. mi annunzia con il suo dispaccio dciii 21 luglio1 essere ormai stabilito l'accordo nostro con l'Inghilterra e prossimo conseguentemente il momento di dare di esso comunicazione alla Francia c di richiedere l'adesione della medesima. I l confronto delle clausole dello schema di convenzione pubblicato dalla Presse Associée con gli articoli dell'accordo in discussione a Londra ci può utilmente preavvisare delle ditììcoltà che incontreremo per ottenere l'adesione della Francia. La conciliazione della clausola con cui l'Italia, la Francia c l'Inghilterra guarantirebbero l'indipendenza e la integrità dell'Etiopia con la previsione contenuta nell'articolo quarto del progetto di accordo italobritannico non sarebbe forse impossibile, ma richiederebbe il rimaneggiamento di quest'accordo separandone le disposizioni che potrebbero essere pubbliche da quella che, in previsione della eventualità speciale di cui nel citato articolo IV, dovrebbe rimanere assolutamente segreta.

Profìtto della partenza del signor cavaliere Garbasso che si reca in Italia per anticipare di qualche giorno l'arrivo a mani di VE. di questo rapporto che non potrebbe essere prudentemente atììdato alla posta e del quale il carattere urgente mi pare manifesto.

Gradirei che VE. ordinasse che di questo rapporto mi sia dato un sollecito cenno di ricevuta.

57! 1 Cfr. n. 520.

572

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

Roma, 16 agosto 1904, ore 20.

Ricevuto telegramma 362 .

Delegati italiani e britannici riuniti Roma 19 dicembre scorso non procedettero ad accordi, ma formularono solamente proposte ai rispettivi Governi, proposte su cui nessuna determinazione è finora intervenuta. Alla S.V. pertanto non sarebbe impedita azione diretta. Senonché R. Governo per amichevole riguardo verso Governo britannico, ed essendo ancora tra essi aperto negoziato, non ho difficoltà dare alla S.V. istruzioni agire secondo spirito delle intese firmate a Roma nel dicembre scorso, mettendosi d'accordo con suo collega britannico, perché questione frontiera sud Etiopia sia regolata secondo dette intese onde non ne venga nocumento agli interessi dei due Paesi. In ogni modo, ella dovrà tenersi in continuo scambio di comunicazioni con Harrington facendogli notare che con lo scambio di note tra questo Ministero e questa ambasciata inglese del gennaio-febbraio 19033 , Governo inglese ci assicurò che nessuna stipulazione implicante mutamento frontiera 24 marzo 1891 sarebbe stata fatta senza informarne R. Governo ed averne consenso. La S.V. avrà certo preso conoscenza dei documenti relativi che furono a lei stessa consegnati.

Approvo quanto ha tàtto presso Menelik per bacino Dana.

Manderò documenti chiesti4 .

573

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 18081165. Vienna. 17 agosto 1904. ore 8,40.

Goluchowski mi ha detto che Governo i. e r. si sarebbe fatto rappresentare incoronazione re di Serbia dal ministro d'Austria-Ungheria a Belgrado, il quale non sarebbe incaricato in tale occasione di alcun messaggio imperiale speciale1•

2 Cfr. n. 565.

-'Cfr. serie III. vol. VII. nn. 321 e 336.

4 Questo telegramma fu comunicato a Londra con T. 1410 del 16 agosto. del quale si pubblica il passo seguente: «Prego V.E. voler dar lettura del mio telegramma al reggente la legazione in Etiopia a codesto Governo, interessandolo perché analoghe istruzioni siano inviate al colonnello Harrington». 573 1 Risponde al n. 54R.

572 1 Il telegramma fu inviato tramite Asmara.

574

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1811/168. Vienna, 17 agosto 1904, ore 8,40.

Ho esposto oggi al conte Goluchowski considerazioni contenute dispaccio di VE. n. 4341 relativo rapporti tra il generale De Giorgis ed agenti civili austro-ungarici e russi. Goluchowski ha detto che agenti civili erano stati posti a lato ispettore generale quali suoi consiglieri coll'incarico vegliare applicazione tutte le riforme stabilite programma di Miirzsteg. Per cui questi avevano diritto vegliare su quelli della gendarmeria che, di esso, faceva parte. Tale vigilanza doveva esercitarsi, all'esclusione quelle puramente tecniche, su tutte le questioni aventi correlazione intero programma Miirzsteg. Ha contestato conclusioni cui V.E. era venuto circa seconda proposizione programma stesso, dichiarando generale De Giorgis non avere un compito proprio da esercitare piena libertà e indipendenza. Quantunque fosse servizio Turchia, egli non poteva, nell'esecuzione compito affidatogli, emanciparsi dalla vigilanza agenti civili, alla quale era sottoposto l'insieme riforme. Tale vigilanza era necessaria, perché riforme, compresa quella riorganizzazione gendarmeria, avessero risultato pacifico riordinare Macedonia, a cui dovevano attenersi tutte le Potenze aventi aderito programma Miirzsteg. Conoscendo le benevoli disposizioni di VE. aveva creduto incaricare conte Liitzow farle comunicazione memoria perché si adoperasse in via uftìciosa presso il generale senso in essa memoria contenuto, ma era dolente non potere, nonostante suo buon volere, dividere considerazioni di lei, perché contrarie a quel programma, alla cui esecuzione era impegnata responsabilità Potenze che lo avevano stipulato".

575

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

L. CONFIDENZIALE. Roma, 17 agosto 1904.

Quando ella vedrà il conte Goluchowski gli dica pure che noi continuiamo ad appoggiare il programma austro-russo nei Balcani ed egli quindi deve aver confidenza in noi e proporsi di risolvere con noi le questioni che si presentano. Ora è sul tappeto la questione della gendarmeria. lo già le telegratài 1 che i tàtti attribuiti al

'Con T. 1~10/167 pari data Avarna comunicava avergli Ci<>luchowski detto che <<non credeva opportuna proposta fatta da ambasciata di S.M. a Costantinopoli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russta ritardare a due mesi invio nuovi ufficiali)). Con R. 12271557 pari data. non puhhlicato. A\arna riferì più estesamente quanto detto nel testo.

generale Dc Giorgis si riducevano a meschini pettegolezzi e che !'.C avessi voluto avrei potuto sollevare uguali pettegolezzi per i signmi Muller e Giesr'. Il generale Dc Cìiorgis si è dedicato alacremente alla sua missione senza vedute politiche di sorta e nell'opera sua s'ispira soltanto a considerazioni tecniche. Ciò è opportuno tener presente. L" Austria dovrebbe quindi veder di buon occhio ed incoraggiare la sua missione. Cominciano già i giornali a parlare di dissensi del generale con l"Austria cd alcuni ne traggono conseguenze di possibili attriti tra !"Austria e l'Italia. Ciò avrebbe conseguenze non buone in Oriente. ed in Austria cd in Italia darebbe nuovi pretesti agli elementi (che purtroppo non mancano) che vorrebbero turbare la buona armonia tra i due Paesi. lo credo che il conte Goluchowski sia desideroso quanto me che ciò non avvenga. Anzi a questo proposito io ritengo che se egli credesse di restituirmi la visita che gli feci ad Abbazia avremmo una buona occasione di riparlare ins1eme delle cose d'Oriente, e !"impressione sarebbe eccellente nell"opinione pubblica dei due Paesi. Veda ella di trattare !"argomento col suo consueto tatto quando avrù occasione di vedere il conte Cìoluchowski. L'occasione per la restituzione della visita si presenterebbe opportuna tra i l l O e i l 30 settembre. nei quali giorni io sarò nella mia villa di Desio tra Milano e Como. c cioè vicino alla frontiera svi7Zera. Lì. potrei fare al conte Golucho>vski ugualmente un"accoglien7a privata o ufficiale secondo che nelle sue vedute entri di preferire l'una o l'altra. Poiché Desio è un piccolo paese e la mia villa è una delle più grandi e più belle di Lombardia, il conte Goluchowski sarebbe ospite in casa mia.

Ritengo che le sarà facile combinare col conte Goluchowski la restituzione della visita che io gli feci, poiché ovc questa mancasse l'opinione pubblica italiana non ne sarebbe tàvorevolmente impressionata ed alla riapertura della Camera gl 'irredentisti non mancherebbero di rilevare e sottolineare l'omissione.

574 1 Cfr. n. 566.

575 1 l tt:lcgrammi. tra cui il T. 1411 del16 agosto, non sono pubblicati.

576

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 1817/155. Therapia, 18 agosto 1904, ore l0,40.

Oggi ho conferito col gran vizir a proposito del valì di Janina deplorando il suo contegno sistematicamente ostile ali' Italia ed in manifesta contraddizione coi sentimenti di cordiale amicizia manifestati dal sultano e dal Governo imperiale. Sua Altezza mi ha detto avere noi completamente ragione essendo il valì «persona spregevole».

Confidenzialmente poi ha aggiunto purtroppo trovarsi egli nell'impossibilità assoluta di punirlo, valì godendo protezione personale del sultano. Due vizir suoi predecessori tentarono, ma non riuscirono soltanto che a procurargli onori.

575 è Ai contrasti fra De Giorgis c il colonnello Giesl addetto militare austriaco a Costantinopoli, accenna Tm1~1ASINI. L "Italia alla l'igilia della guerra. vol. l. cit., p. 316.

Dall'insieme delle confidenze fattemi dal gran vizir, ho capito chiaramente che se a Y.E., profittando presenza in Italia missione ottomana, fosse possibile conferire con Ghalib bey incaricandolo di tàr notare al sultano dispiacere di S.M. e del Governo per la condotta del valì, si riuscirebbe forse a scuoterne la posizione. Occasione è buona e varrebbe la pena di non !asciarla sfuggire. Ghalib hey è in grande stima presso il sultano. Quanto precede è, ben inteso, per informazione esclusiva di V.E. 1 .

577

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1819/Y5. Londra. 18 agosto /904, ore 10.40.

In assenza del marchese Lansdowne diedi lettura al suo capo di Gabinetto del telegramma di V. E. n. 14101 , pregando lo di volere ottenere che istruzioni analoghe a quelle telegrafate al capitano Colli vengano inviate al colonnello Harrington. Egli prese nota per iscritto della mia comunicazione per trasmetterla subito a Sua Signoria.

Capo Gabinetto teme sia occorso equivoco, non sapendo abbiano luogo attualmente tra Menelik ed Harrington negoziati per delimitazione.

578

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCATORE A VI ENNA, AVARNA

T. RISERVATO PERSONALE 1424. Roma, 19 agosto 1904, ore 19,30.

Risposta al telegramma n. 1671•

Proposta ritardo invio a due mesi nuovi ufficiali non fu fatta dal nostro ambasciatore a Costantinopoli a colleghi austriaco e russo, ma bensì fu fatta al nostro ambasciatore dall'ambasciatore russo Zinoviev motivandola col proposito di dar tempo all'Italia di persuadere il generale Dc Giorgis a dar parere favorevole in guisa che lo

57R 1 Clì·. n. 574, nota 2.

aumento degli ufficiali potesse avere luogo senza detrimento del prestigio del generale De Giorgis. In seguito mie istruzioni, nostro ambasciatore si atTrettò a dichiarare che accettava la proposta Zinoviev. Ora Goluchowski respingendo la nostra non volere avere per noi quei riguardi che la Russia sarebbe desiderosa di usarci. La questione è di forma, non di sostanza, perché io non ho nulla da ù~;c~~..... ..-ll'.ìli;r,c;;i.::J dc;;li u~~~ciali, ma mi pare che anche in questioni di forma l'Austria potrebbe avere per noi quei riguardi che hanno Stati che non sono alleati. È evidente che tutto ciò tìnirà per venire a cognizione del pubblico e darà luogo agli avversari dell'alleanza austro-italiana per dire che l'Austria ha voluto di proposito infliggere uno scacco al generale De Giorgi s. Mi riservo scrivere circa questione dei rapporti tra De Giorgis e gli agenti civili, facendo rilevare che siccome promisi all'ambasciatore Uitzow, non ho mancato di tàre replicatamente pervenire al generale De Giorgis consigli di usare condiscendenza nei rapporti cogli agenti civili e di fare tutto il possibile per andare d'accordo con loro.

576 1 Imperiali riferì più estesamente sull'argomento con R. 943/382 del 21 agosto, concludendo: <<Conviene ora attendere un poco per vedere quale risultato avrà l \~spediente. Qualora non si riescissc a nulla cd Osman pascià continuasse a serbare l'attuale suo deplorevole contegno, converrà ricorrere ad altro mezzo. Di ciò si potrà discorrere a tempo opportuno». Allegato a questo R. c'è il seguente appunto: «Ringraziare e riferirsi al suo T. di oggi (30) 17(h>. Si tratta in realtà di un telegramma del 29 agosto, per il quale cfr. n. 600.

577 1 Cfr. n. 572, nota 4.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, EA VIENNA, AVARNA

T. 1425. Roma, 19 agosto 1904, ore 22,25.

Marchese Lansdowne ha inviato il 16 corrente istruzioni ambasciatore inglese a Vienna per una amichevole raccomandazione, sia riguardo al punto speciale della dipendenza del generale De Giorgis dagli agenti civili, sia, in generale, riguardo all'atteggiamento del Governo austro-ungarico nella applicazione delle riforme.

R. incaricato d'atfari in Londra mi telegratà quanto segue:

«Marchese Lansdowne si è espresso ... (vedi telegramma n. 1820 in arrivo) 1».

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1426. Roma, 19 agosto 1904, ore 24.

Governo austro-ungarico e russo intendono aumentare numero ufficiali e sott'ufficiali rispettivi, addetti servizio gendarmeria in Macedonia. Generale De Giorgis avendo in passato per ragioni tecniche e finanziarie espresso, in massima, parere che, per ora, tale aumento era da ritenersi prematuro, ho fatto, per parte mia, rilevare a

Vienna che, pur non avendo nulla da obiettare all'aumento di cui si tratta, desideravo che si soprassedesse, per salvaguardare prestigio del generale. Conte Goluchowski insistette nella sua decisione, ma ambasciatore russo in Costantinopoli, di sua iniziativa, in un colloquio del 6 corrente, domandò ad Imperiali se non si riuscirebbe a mettersi tutti d'accordo proponendo di ritardare per un altro mese l'invio degli ufficiali che era deciso per i primi di settembre. Imperiali, da me autorizzato ad accettare tale espediente, ne intrattenne di proposito Calice e Zinoviev 1• Il primo sollevò obiezioni circa competenza di De Giorgis in questa questione che egli dichiarava più politica che tecnica; Zinoviev, in via confidenziale, ammise di aver riferito proposto espediente a Pietroburgo, siccome unica soluzione pratica per dirimere difficoltà, e recentemente, poi, assicurò Imperiali di aver ripetute costì le proprie raccomandazioni.

Intanto Goluchowski dichiarò il 17 corrente2 ad A varna che non crede opportuno ritardare invio ufficiali, e che questi dovevano partire probabilmente fra tre settimane non appena codesto Governo abbia scelto i propri.

A me premono due cose: che il prestigio di De Giorgis non sia menomato e che l'accordo fra le Potenze si conservi inalterato, ritenendo io che l'una e l'altra sia indispensabile al buon esito delle riforme.

Prego la S.V. di tenere di urgenza, di ciò, parola a Lamsdorff, facendogli comprendere come la attuazione dell'espediente escogitato dal suo ambasciatore a Costantinopoli e da me accettato, corrisponda egregiamente a quei due scopi, cosicché io vivamente lo interesso a volervisi prestare, sia persuadendo Goluchowski a consentirvi, sia rinviando, dal canto proprio, la designazione dei nuovi ufficiali russi, in modo che l'aumento, al quale il generale (siccome ho ragione di ritenere) non farà più tardi opposizione, si verifichi ai primi del prossimo ottobre.

579 1 T. 1820/96 del 18 agosto, non pubblicato, con il quale Carignani informava che oltre alle istruzioni date all'ambasciatore inglese a Vienna, Lansdowne si era espresso nello stesso senso con l'incaricato di atfari d'Austria-Ungheria a Londra.

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 40819/366. Roma, 20 agosto 1904.

Le confermo il mio telegramma del 14 corrente' circa lo schema di accordo inviatomi col rapporto del 5 corrente n. l 000/368 riservato2•

Essendo l'Etiopia nella sfera di influenza dell'Italia in virtù dei protocolli del 1891 con la Inghilterra3 , che ne riconosce formalmente e solennemente tutto il loro valore, è naturale che il Governo del re si preoccupi, in caso di disintegrazione di quell'Impero, di quanto potrà avvenire nel regime delle acque, nel bacino del Nilo,

2 Cfr. n. 547, nota 2.

3 Cfr. serie II, vol. XXIV, nn. 151 e 222.

non solo in Etiopia. ma soprattutto pei fiumi che, appartenendo a quel bacino, scorrono in territorio eritreo e hanno origine nell'altipiano etiopico.

Fu questa la ragione per cui nel primitivo schema di accordo formulato dai delegati dei due Governi, si contemplò genericamente la tutela degli interessi britannici nel bacino del N ilo e la tutela degli interessi italiani in Etiopia, in Eritrea e in Somalia, non facendo alcun cenno al regime delle acque che, però, per l'una e per l'altra parte, dovea intendersi compreso nella generica espressione: «interessi». Dovendosi provvedere ad un riordinamento territoriale dell'Etiopia in base agli atti enumerati nell'accordo stesso, era naturale che vi si provvedesse con le modilicazioni che fossero considerate necessarie per la tutela degli interessi delle due parti, e tra di essi non ultimo è quello del regime delle acque che scorrono in Etiopia e vanno al Nilo o direttamente o indirettamente, passando per territori dove possono esservi interessi italiani.

Quando posteriormente codesto Governo in una formula concreta (vedi rapporto 23 giugno n. 284)·1 specificò i suoi interessi nella valle del Nilo «which consist in possessing undisputed contro! over the waters ofthat river (Nile) and its at1luents», il Governo del re credette necessario mettere una riserva «in quanto non leda gli interessi agri col i ed industriai i locali» a tutela appunto dei suoi interessi in Etiopia, Eritrea per le ragioni addotte nel mio dispaccio dell'Il luglio segreto n. 2885 .

Se non che, il marchese Lansdowne credette di non poter accettare la nostra riserva obiettando che essa potrebbe dar luogo a malintesi e contestazioni. Ora, sebbene Sua Signoria abbia, poi, consentito a ridurre a termini generici la menzione degli interessi della Inghilterra e dell'Egitto nel bacino del Nilo e più specialmente nel regime delle acque di quel tìume e dei suoi atlluenti, la specifica menzione del «regime delle acque degli affluenti del N ilo» rimane senza che da parte nostra "i sia un accenno a quel regime o una riserva che tuteli i nostri interessi, attuali in Eritrea e attuali o eventuali in Etiopia.

Per queste ragioni, onde evitare possibili contestazioni quando si giungesse appunto alla determinazione dei reciproci interessi è bene risulti chiaramente dali 'accordo che tra quelli che l'Italia deve tutelare in Etiopia, in Eritrea vi è anche qudlo del regime delle acque. Né credo che l'Inghilterra possa avere obiezioni a che tale menzione sia fatta anche a nostro favore, poiché non si può ammettere che la tutela degli interessi britannici nel bacino del Nilo e più specialmente nel regime delle acque di quel fiume e dei suoi allluenti si risolva in un danno per la nostra Eritrea o per concessioni da noi ora sfì·uttate e da sfruttarsi in Etiopia. Siccome, poi, data la nostra posizione in Etiopia di fronte alla Inghilterra, per virtù dei protocolli del 189 l, siamo noi sostanzialmente che, in caso di disintegrazione della Etiopia. ci troveremo ad essere, dirò così, arbitri della situazione, e disposti, in virtù dell'accordo che sta per formarsi. a consentire un riordinamento territoriale di quella vasta regione, così parmi equo che tutti gli interessi dell'una e dell'altra potenza amica siano giustamente tutelati nel comune reciproco vantaggio e senza danno di alcuno.

Propongo, pertanto, per l'articolo quarto la seguente formula <1nel caso della disintegrazione dell'Impero etiopico i due Governi coopereranno in vista di un eventuale

581 ~ Cfr. n. 4X6.

' Cfr. n. 508.

riordinamento territoriale in base agli accordi enumerati nel! 'art. l, ma con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per la tutela degli interessi della Gran Bretagna e dell'Egitto nel bacino del Nilo e più specialmente nel regime delle acque di quel fiume e dci suoi atllucnti diretti, e per la tutela degli interessi italiani in Etiopia, in Eritrea e in Somalia, compreso il Benadir (anche nei riguardi del regime delle acque che ai detti interessi può riferirsi), e specialmente nella zona intercedente, fra questi due possedimenti italiani onde ottenere che fra di essi non vi sia soluzione di continuità».

Prego V. E. di voler presentare questa nuova formula al marchese di Lansdowne rappresentandogli la convenienza che essa sia accettata.

Le rinvio intine il testo completo dell'accordo!' con qualche lieve modificazione di forma.

580 1 l telegrammi 1737 e 1765 del 7 e II agosto con cui Imperiali rispose all'autorizzazione di Tittoni non sono pubblicati. 2 Cfr. n. 574, nota 2.

581 1 T. segreto 1396 del 14 agosto, non pubblicato.

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AI CONSOLATI AD ALEPPO, BEIRUT, COSTANTINOPOLI, GERUSALEMME, HODEIDA, SMIRNE, TREBISONDA E TRIPOLI 1

0. CONFIDEN7IALE2 . Roma. 20 agosto 1904.

Ella conosce come, tra la Francia e l'Italia, sia intervenuto il più cordiale avvicinamento e come la sincera amicizia ha le due nazioni taccia parte del programma di politica estera del Governo italiano. In tale condizione di cose, per quanto riguarda la protezione dei cristiani, ella procuri di evitare qualunque dissenso coi rappresentanti del Governo francese, ed ove qualche questione dovesse sorgere, non compia atti senza riferirne al Ministero, nei cui intendimenti è che nulla si muti all'indirizzo seguito finora.

583

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 2425/1041. Parigi, 20 agosto 1904.

Tolgo dal giornale La Patrie c segnalo a V.E. il ritaglio qui unito 1 nel quale si ripete la notizia che sarebbe comparsa nel Birmingham-Post circa pretese trattative fra l'Italia, la Francia e l'Inghilterra relative alla Tripolitania. Suppongo che se qual

che nuovo negoziato fosse in corso, ne avrei avuto avviso altrimenti che dalle pubblicazioni dei giornali.

581 6 Manca nel testo pubblicato, che è la minuta in partenza. 582 1 Ed. in traduzione francese in DDF, Il serie. t. V, n. 300, allegato. 2 Inviato ai consolati rispettivamente con i numeri 40941 !13, 40935/96. 40940/134, 40938/73, 40936/57,40939/200,40942/20 e 40937/226. 583 1 Non si pubblica. Secondo il giornale, fra i Governi di Roma, Parigi e Londra era stato raggiunto un accordo che attribuiva all'Italia il protettorato sulla Tripolitania.

584

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. Londra, 20 agosto 1904.

I am much obliged to you tor your interesting letter of august 16th and for the enclosed copy ofthe aide memoire communicated by the Austro-Hungarian and Russian ambassadors to the Jtalian Govemment1•

lt is perhaps not unnatural that there shouid be some confusion of thought with regard to the position of the generai and officers in command of the gendarmerie. I am afra id our projects of reform are no t always drawn in such a manner as to deprive them of ali ambiguity, and i t does not surprise me to find that the Miirzsteg scheme is not interpreted in the same manner by ali who read it.

lt seems to me however that the aide memoire contains some very important admissions. I refer particuiarly to the statement that in the view of the Cabinets at Vienna and Saint Petersburg the generai commanding the gendarmerie is not subject to the authority of the ci vii agents. This passage is in itseif a vaiuabie an tidote to the statement said to have been made at Vienna, that the general's position was to beone of véritable subordination.

On the other hand I take note of M. Tittoni's full admission that there must be une étroite concordance between ali the different Macedonian reforms and that the officer in command of the gendarmerie and bis assistants must tberefore act in perfect harmony witb the inspector generai and tbe civil agents.

It does not, in these circumstances, seem to me unreasonabie to argue, as the writers ofthe aide memoire do, that ifthe inspector generai and the civil agents are to be entrusted, as they must be, with a generai surveillance of the Macedonian refonns, they must bave some knowledge of and some rigbt to express an opinion upon the progress of the gendarmerie scheme. W e ha ve iately heard that our gendarmerie officers are allowed to visit the prisons and to be present at triais in which members of tbe gendarmerie torce are concerned. This seems to me to be quite right, but does it not indicate tbe necessity of maintaining points of contact between the authorities entrusted with the affairs of the gendarmerie and those w ho bave charge of the ci vii administration ofthe Country.

The word «contrale» wich evidently aiarms you is a difficult word to transiate into English but it is certainly not the equivalent of «contro l».

The fact is that ifthe Miirzsteg scbeme is to work properly, a good dea) of «give and take» will be necessary and we sball have to rely upon the tact of ali concerned rather than upon minute definitions and distributions of duties.

l am however entirely of your opinion that w e could not acqui esce in any arrangement or in any interpretation of the scheme which had the effect of placing generai De Giorgis and the international officers in a position of mere subordination to the inspector generai an d the ci vi l agents2 .

584 1 Cfr. n. 559.

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Roma, 21 agosto 1904.

Scrissi io stesso lettera riservata 1 a V.E. circa restituzione visita da parte conte Goluchowski e non ne parlai ad alcuno perché cosa restasse segreta. Oggi direttore Tribuna è venuto mostrarmi telegramma da Vienna annunziante mio nuovo colloquio con conte Goluchowski. Ho autorizzato direttore Tribuna a smentire notizia poiché se conte Goluchowski non può ora restituirmi visita è bene che non se ne parli e se può restituirmela è bene che come già per Abbazia se ne parli solo alla vigilia. Di ciò mi affretto ad avvertire V.E. per norma di linguaggio affinché conte Goluchowski comprenda che smentita Tribuna è dovuta a prudente riserva mentre io desidero vivamente ricevere conte Goluchowski a Desio. Per norma di V.E. le significo che dal giorno 25 in poi può dirigermi a Desio lettera o telegramma che si riferisce a tale argomento.

586

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 405/183. Pietroburgo, 21 agosto 1904 (perv. il 26).

Facendo seguito al mio telegramma di oggi n. 571 mi faccio premura di trasmettere qui unita in copia la nota di questo Ministero imperiale degli affari esteri in esso indicata2 , inviatami in seguito al colloquio da me avuto con il conte Lamsdorff relativamente al contenuto del dispaccio ministeriale del 13 agosto corrente n. 39.961115 J3.

Da detta nota si rileva come questo Governo imperiale pare entrare ne Il' ordine di idee da noi sostenuto, che cioè il generale De Giorgis ha un suo proprio compito,

2 Del 20 agosto, non pubblicata.

3 Cfr. n. 566.

una propria sfera d'azione dentro la quale deve restare padrone indipendente, e che la sua attività forma oggetto di controllo solo quando eo.sa viene a coordinarsi con tutto il programma delle riforme. Per quanto riguarda l'aumento degli utlìciali, io sostenni con il conte LamsdorfT il nostro punto di vista, ma egli, con argomenti assai validi, mi dimostrò che tale ctumento non può considerarsi come esclusivamente tecnico. Per tal questione sarebbe stato assai utile l'accordo preventivo di tutte le Potenze che si occupano delle riforme in Macedonia. ed il conte Lamsdorff deplorò che, quando si mosse la questione dell'aumento. l'Italia non fòss..: rappresentata a Costantinopoli dal suo ambasciatore.

Ad ogni modo. malgrado che non sia stato possibile ottenere da questo Gabinetto quanto era da noi desiderato, pure parmi che per quanto riguarda la questione di principio, possiamo compiacerci dell'intonazione della nota in questione, assai diversa da quella del!'aide-mémoire-+. Osserverò, per ultimo, che la speranza espressa da l Govemo imperiale che ogni ditlìcoltà possa es:->ere eliminata mediante uno scambio di vedute fra gli ambasciatori di Russia. Austria-Ungheria ed Italia. deve riuscirei specialmente gradita:', per il fatto che il nostro ambasciatore viene così ad essere ammesso quasi come rappresentante di una terLa potenza che ha interessi speciali nelle questioni balcaniche.

Questo Governo imperiale dunque, mentre cura di mantenere I'accordo con l'Austria, non manca di tener conto dei nostri interessi.

584 2 Il testo, conservato n eli 'archivio dell'ambasciata a Londra, reca la seguente annotazione: «A Roma n. 400, 22 agosto 1904». È il R. l 088/400 del 22 agosto di Carignani, che non si pubblica. Pansa, sebbene destinatario della lettera di Lansdowne, si trovava in ferie in Italia.

585 1 Cfr. n. 575.

586 1 T. 1833/57 del21 agosto, non pubblicato.

587

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE S.N. Vienna. 2 2 agosto l 904.

Notizia cui accenna odierno telegramma V.E. 1 e eh~: venne fatta da lei smentire Tribuna fu pubblicata jer sera da Tagblatt come proveniente Roma e non è stata finora riprodotta da altro periodico viennese. Sarà mia cura uniformare mio linguaggio con conte Goluchowski senso indicato telegramma suddetto.

' A questa notizia, ricevuta per telegramma. Tittoni a\ eva risposto con T. 1435 dd 21 agosto: <d lo preso buona nota di tale dichiarazione. secondo la quale. nel pensiero di codesto ministro degli afrari esteri. i tre ambasciatori debbano cooperare. di comune accordo, a raggiungere lo s<.:opo)).

SS7 1 Cfr. n. 585.

586 4 Cfr. n. 559.

588

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERL TITTONI 1

R. C00/FIDENZJALE 950/387. Therapia, 22 agosto 1904 (perv. il 30).

L'ambasciatore austro-ungarico venne a vedermi mercoledì scorso e si intrattenne a discorrere meco un gran pezzo.

Scopo della sua visita. mi disse il barone di Calice, era di intrattenenni in via affatto amichevole di alcune questioni relative ai rapporti tra l'aggiunto militare austro-ungarico ed il generale De Giorgis. Questi rapporti non sono come dovrebbero essere c di ciò è causa una falsa interpretazione da parte del nostro generale del programma di Murzsteg. Secondo quel programma il compito degli aggiunti militari è triplice. Essi debbono organizzare, istruire. controllare. Il generale Dc Giorgis ritiene che nello adempimento della triplice mansione, gli aggiunti dipendono da lui. Ciò non è. Gli aggiunti dipendono soltanto in quanto concerne la organizzazione. Ali 'istruzione dei loro uomini essi debbono provvedere come meglio credono, salvo beninteso il diritto d'ispezione riservato al generale. Per quanto riguarda il controllo essi sono affatto indipendenti.

Partendo da questa premessa, il barone Calice si addentrò in una minuta critica dell'opera della riorganizzazione. Non abuserò del tempo prezioso di V. E. riferendo particolareggiatamente gli addebiti che il mio collega faceva al generale De Giorgis.

Il barone Calice non mancò poi di ritornare sull'argomento favorito, cioè sulla piena libertà spettante agli aggiunti militari di chiedere l'invio di altri ufficiali. S.E. non omise nemmeno di insistere sulla opinione che il generale De Giorgis, stato da lui informato per semplice atto di cortesia della relativa decisione dei due Governi, non aveva alcun avviso da emettere al riguardo e conchiuse facendomi l'onore di informarmi che la proposta conciliativa da me formulata nello intento di giungere facilmente ad una intesa formava in quel momento l'oggetto di esame a Vienna.

Risposi al barone Calice che la questione dei rapporti in generale tra S. E. De Giorgis e gli agenti civili formava al momento oggetto di scambio di vedute tra i nostri Governi e che quindi ritenevo preferibile di non discorrerne per il momento. Delle critiche da lui mosse contro il modo in cui procede l'organizzazione della gendarmeria, delle quali io non potevo, per ragioni a lui già note, rendermi l'interprete presso il generale De Giorgis, avrei avuto cura di informare il mio Governo e ciò per la naturale deferenza dovuta all'eminente collega. Non potevo, soggiunsi, esimermi tuttavolta dal rilevare che le idee da lui enunciate mi sembravano di natura a creare nuove complicazioni.

In tale ordine di idee osservai:

l) Che mi riesci va molto difficile di concepire in qual modo si potesse riorganizzare la gendarmeria quando si tendeva a restringere il potere del riorganizzatore nella parte appunto che forma la base essenziale dell'opera, cioè l'istruzione dei soldati.

2) Che le critiche del colonnello De Salis, in ordine alla chiamata delle 500 reclute dell'Anatolia e della Rumelia mi parevano fuori posto, in quanto esse vertevano su di una questione essenzialmente tecnica nella quale la competenza esclusiva del generale De Giorgis è indiscussa ed indiscutibile.

3) Che, ammesso il principio da lui sostenuto della indipendenza dal generale degli aggiunti militari per tutto ciò che concerne il controllo e, non potendosi un momento solo ammettere che gli ufficiali delle diverse Nazioni abbiano a dipendere da Hilmi pascià, o dagli agenti civili, sorgeva naturalmente la necessità di chiarire agli ordini di chi quegli ufficiali verrebbero per avventura a trovarsi. A tal domanda, la risposta derivante logicamente dalle sue premesse era che negli affari relativi al controllo gli aggiunti militari dovrebbero dipendere in futuro direttamente dai loro Governi rispettivi.

A queste mie obbiezioni il collega austro-ungarico non era forse preparato a rispondere, perché si affrettò a dirmi che egli non intendeva farmi alcuna comunicazione ufficiale, ma desiderava solo intrattenersi meco cordialmente ed intimamente, come si addice ai rappresentanti di due Governi alleati. Ringraziai il collega delle cortesi dichiarazioni, presi atto con piacere della intenzione da lui manifcstatami, imitando il suo esempio mi adoperai il meglio che mi era possibile a fargli intendere come, a mio avviso, sarebbe assai preferibile, allo stato attuale delle cose, di non venir fuori con nuove proposte destinate non certo a semplificare, ma a complicare piuttosto le cose e ad allontanarci dallo scopo pratico e benefico che tutti ci prefiggiamo, quello cioè di vedere tradotta presto in atto la riforma della gendarmeria.

S.E. imprese allora a dimostrarmi l'utilità di discorrere tra noi di questi affari delicati con la massima franchezza e con reciproca fiducia. Importava, mi disse, assai, ai suoi occhi, di dissipare eventualmente malintesi e chiarire infondati ed inesistenti sospetti sulla politica austro-ungarica, niente subdola, ne macchiavcllica, ma chiara, invece, limpida e mirante al fine unico, non già di dividersi con la Russia le spoglie dell'Impero ottomano, come taluni vogliono pretendere, ma, per contro, di assicurare sempre più lo statu quo c la pace nei Balcani e di mantenere con l'Italia le migliori relazioni. S.E. volle da ultimo fare una punta in Albania, dicendomi che, se l'Austria si vede forzata, per poter respirare, a non incoraggiare le eventuali aspirazioni italiane, non nutre per conto suo alcun disegno palese. o recondito in quelle legioni.

Replicai al barone Calice esprimendogli, prima di tutto, il mio compiacimento per le dichiarazioni da lui spontaneamente fattemi. La politica dell'Italia, soggiunsi, è altrettanto chiara, altrettanto limpida quanto quella dell'Austria-Ungheria e mira a scopi identici. Su questo punto non è possibile a chicchessia di formulare alcun dubbio. alcuna riserva.

Per quanto concerne l'Albania. i due Governi hanno dato c ricevute reciproche spiegazioni, giudicate pienamente rassicuranti. Se l' Austria-U nghcria ha desiderio di mantenere buone relazioni con l'Italia, da uguale e non minor desiderio è animato il Governo di Sua Maestà, cui non è balenato, né può balenare un momento solo l'idea di dubitare della lealtà e della buona fede del Governo alleato. A prova di tali sentimenti dissi al barone di Calice che fra le istruzioni di massima a me impartite da VE., una delle principali era appunto quella di stabilire e conservare i migliori rapporti col mio collega austro-ungarico. Premesse queste dichiarazioni circa gl'intendimenti del mio Governo, io non celai all'ambasciatore che deploravo, al pari di lui, i sospetti e le diffidenze a cui egli aveva accennato, e che forse possono effettivamente aver fatto qua e là capolino nell'opinione pubblica in Italia, contrariamente ai desideri del Governo stesso. Tali sospetti, osservai, non sarebbero a parer mio mai nati, se, fin dall'inizio della crisi macedone, l'Austria-Ungheria, siccome era ovvio e naturale, avesse insistito più energicamente presso la Russia perché, a cooperare alla soluzione del problema, fosse intervenuta anche la sua alleata, l'Italia, la quale ha nell'Impero ottomano interessi di primo ordine.

Oggi ancora, aggiunsi, sarebbe agevolissimo di annientare qualsiasi voce sospettosa e diffidente, se i ministri degli esteri dei due Paesi potessero categoricamente dichiarare ai rispettivi Parlamenti che non esiste più una sola questione circa la quale non sieno tra i due Governi intervenuti accordi tassativi, chiari e precisi, in contemplazione di qualsivoglia eventualità.

Queste osservazioni, conchiusi, io faceva non già come ambasciatore d'Italia, perché come tale non avevo, per farle, alcuna qualità, ma semplicemente per manifestare al collega il mio pensiero personale e rispondere alla prova di fiducia da lui datami con l'intrattenermi liberamente di argomento così importante quale è quello delle relazioni tra i nostri due Paesi.

Non mi parve che il linguaggio franco ed aperto da me usato producesse cattiva impressione sul mio interlocutore. Egli mi ringraziò molto e mi disse che se, per disgrazia sua, si trovasse alla testa della politica estera del suo Paese, molti affari che interessano l'Italia sarebbero stati diversamente regolati. Il barone Calice volle da ultimo significarmi che le mie osservazioni gli riescivano tanto più gradite e meritavano maggiormente l'apprezziazione sua, in quanto gli era nota la sincerità e la cordiale intimità dei rapporti da me avuti a Sofia col rappresentante austro-ungarico, nonché i miei sentimenti tàvorevoli alla Triplice Alleanza.

Replicai, ripetendo al barone Calice quanto ebbi occasione di dichiarare già al principe di Bulgaria, cioè che se, come funzionario, non mi riconosco il diritto di discutere la politica del mio Governo, non avevo alcuna difficoltà a confessargli che io sono anche, qual semplice cittadino, un fautore convinto della Triplice Alleanza, ed appunto per questo, desiderando sinceramente che essa diventi sempre più efficente e sempre più apprezzata in Italia, io ritengo opportuno che nessuna nube venga ad offuscare, dinanzi all'opinione pubblica dei due Paesi. la serenità dei rapporti italo-austriaci.

588 1 Non rinvenuto l'originale; si pubblica una copia dei Documenti Diplomatici a stampa inviati per conoscenza alle rappresentanze diplomatiche all'estero, serie CVII, Macedo11ia, 1904, seco11do semestre.

589

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 1853/165. Therapia, 24 agosto 1904, ore 11.45.

D'ordine del suo Governo, ambasciatore di Russia mi ha oggi comunicato telegramma, di cui riproduco approssimativamente la sostanza: «Governo imperiale non potendo, in principio, modificare sue vedute circa aumento ufficiali russi in Macedonia. mantiene decisione presa al riguardo. Senonché utlìciali non saranno pronti a partire che fra qualche tempo, un mese circa. Govemo imperiale a suo tempo ha manifestato intesa rialzare prestigio Dc Giorgis in cui ha tutta la tìducia e di cui apprezza opera: spera che nel ritardo d eli 'invio degli ufficiali, generale vorrà vedere prova deferenza desiderio ùtrgli, nei limiti del possibile, cosa gradita. e dissipare qualsiasi malinteso con la Russia>>.

*Dopo dimostrazione sentimenti concilianti suo Governo Zinoviev, per mio mezzo. prega caldamente VE. volere intervenire presso De Giorgis esortandolo a desistere opporsi aumento uffìciali russi*; Zinoviev ha nuovamente insistito su ferma volontà Governo imperiale mantenere salda unione Potenze, nonché sulle disposizioni di esso pertèttamente amichevoli verso l'Italia.

A mio avviso, dichiarazione russa ammette in pratica nostra proposta; *tiene conto suscettibilità generale e salvaguarda perfettamente prestigio di lui. Credo quindi potremmo dichiararglisene soddisfatti. Domandando di più corriamo rischio creare serie complicazioni e, soprattutto, rimanere soli. O'Conor è del mio avviso.

Sarebbe ciò stante opportuno provocare senz'altro adesione definitiva esplicita De Giorgis soluzione proposta dalla Russia ed autorizzarmi ad informarne sollecitamente Zinoviev che aspetta con impazienza risposta di VE.2 .

Circa relazione fra gli agenti e generale, ho spedito col corriere postale particolareggiato rapporto, rifèrendo conversazione con O'Conor e Calice3 . Ho comunicato De Giorgis telegramma di VE. n. 1452*4 .

2 Cfr. n. 596. nota 3.

1 Cfr. n. 588 sulla conversazione di Calice.

4 T. 1452 del 24 agosto. non pubblicato. Si tratta della trasmissione del T. confidenziale 1846/56 del 23 agosto da Pietrohurgo, non puhblicato.

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589 1 Ed., con numerose varianti e l'omissione dei brani fra asterischi. in IY 104, p. 233.

590

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 1857/166. Therapia, 25 agosto 1904, ore 13,15 (perv. ore 16,40).

Importa vivamente, a mio avviso, che Governo di Sua Maestà si adoperi con tutti i mezzi a sua disposizione, affinché scelta eventuale successore delegato apostolico1 cada su prelato di nazionalità e di sentimenti italiani e che non si presti a diventare strumento né della Francia, né dell'Austria-Ungheria.

591

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1467. Roma, 26 agosto 1904, ore 23,25.

Mi viene adesso annunciato arrivo Roma principe Giorgio l 0 settembre. È noto a me come certamente lo è a codesto Governo che principe Giorgio si propone di porre nettamente ai Governi delle quattro Potenze Protettrici questione annessione Creta Grecia1 . È pure noto avere egli ripetutamente dichiarato che qualora dovesse ritornare dal suo giro senza risultati pratici sarebbe deciso abbandonare Governo isola. Mi pare opportuno, necessario che le risposte che il principe riceverà dai quattro Governi non siano in contraddizione fra loro e che quindi vengano previamente concordate. Quanto a me non ritengo certamente opportuno il momento attuale per una annessione sia perché l'attuale malcontento nell'isola non dipende da cause politiche ma dalla non buona amministrazione, sia per l'effetto che l'annessione potrebbe produrre in questo momento in Macedonia, sia per altre considerazioni ancora che non sfuggono illuminato apprezzamento V.E. In tale condizione di cose neppure volendo dare al principe una recisa risposta negativa che potrebbe spingerlo a risoluzioni che è preferibile sieno evitate, mi proporrei di mantenermi assai riservato considerando essere argomento troppo grave importanza per potermi pronunziare in proposito prima che sia intervenuto uno scambio di vedute con gli altri tre Gabinetti e dichiarandomi disposto ad

agire perché tale scambio di vedute possa avvenire nel modo più conveniente. Io la prego pertanto di volersi porre in rapporto con codesto ministro degli affari esteri con quella sollecitudine che è imposta dalla ristrettezza del tempo e di volermi comunicare con la maggiore sollecitudine possibile la risposta che ne riceverà2 .

590 1 Imperiali aveva dato notizia del decesso del delegato apostolico con T. 1828 del 20 agosto, non pubblicato.

591 1 Già il 28 luglio Tittoni aveva sollevato la questione con un dispaccio inviato a Londra, Parigi e Pietroburgo per il quale cfr. n. 533. Pansa e Tomielli avevano risposto in modo interlocutorio, il primo con il rapporto l 005/370 dell'8 agosto, non pubblicato, e il secondo con il rapporto per corriere 2238/95 del4 agosto e con il rapporto 2342/999 del 14 agosto, non pubblicati.

592

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A DESIO

T. PERSONALE S.N. Vienna, 26 agosto 1904.

Non prima oggi ho potuto parlare oggetto lettera confidenziale V.E. 17 corrente1 conte Goluchowski con cui mi sono espresso senso da lei indicato.

Conte Goluchowski mi ha detto che era sua intenzione restituire V.E. visita fattagli Abbazia e che sarebbe stato lietissimo incontrarsi di nuovo con lei per intrattenersi quistioni interessanti due Paesi. Ma era dolente trovarsi impossibilità assoluta assentarsi Vienna durante mese settembre a causa dei negoziati commerciali ora in corso Italia e quelli da intavolarsi con Germania che avrebbero comportato riunioni conferenze ministri comuni [ ... ]2 a cui doveva assistere essendo suo compito speciale servire di conciliatore tra disparate tendenze che circa quei negoziati fossero per sorgere tra Governi austriaco e ungherese e provvedere fissazione relative istruzioni negoziatori. Inoltre S.M. l'imperatore avrebbe ripreso sua stabile dimora Schonbrunn prima metà settembre e si annunziava per mese stesso, sebbene non ne fosse ancora stabilita data precisa, passaggio da Vienna re di Rumania durante il quale egli doveva trovarsi capitale e non avrebbe potuto prendere che ottobre breve licenza cui aveva bisogno per curare sue proprietà Galizia.

Credeva tuttavia che gli sarebbe stato più facile restituire visita V.E. durante inverno anno venturo e stabilire allora comune accordo data e luogo incontro.

Avendogli osservato che in tale epoca riunione nostro Parlamento avrebbe potuto forse rendere meno agevole assenza V.E. Roma, egli replicò che non sarebbe stato difficile fissare incontro in una data in cui questo avrebbe preso sue momentanee vacanze.

Conte Goluchowski mi ha espresso di nuovo suo vivo rincrescimento non potere aver piacere visitare ora V.E. sua villa Desio e mi ha pregato ringraziarla ospitalità che era sua intenzione offrirle. Ma ha ripetuto che avrebbe colto prima occasione propizia nel corso inverno per restituirle visita essendo suo sincero desiderio incontrarsi con lei per parlare insieme questioni interessanti due Paesi.

2 Parola illeggibile. «Impero»?

591 2 Per le risposte da Pietroburgo, Londra e Parigi cfr. rispettivamente i nn. 594, 602 e 602, nota l.

592 1 Cfr. n. 575.

593

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2481/1064. Parigi, 26 agosto 1904 (perv. il 30).

Mi pervenne con l'ordinario tramite postale il dispaccio di V.E. delli 22 corrente con cui mi venne trasmessa copia di una circolare 1 da lei diretta ai principali consolati italiani di Levante acciocché essi procurino di evitare qualunque dissenso con i rappresentanti del Governo francese per ciò che riguarda la protezione dei cristiani.

Ringrazio l'E.V. di tale comunicazione della quale mi sembra desiderabile sia conservato il più assoluto segreto.

Alla pretesa della Francia di esercitare la protezione dei cattolici in Levante, il R. Governo ha sempre opposta la distinzione fra gli enti ecclesiastici cattolici e le persone fisiche che dei medesimi fanno parte. Anche nel fare tale distinzione il Governo di Sua Maestà si è sempre astenuto da formali riconoscimenti delle pretese francesi, sicché reputo di esattamente interpretare le intenzioni di V.E. nel ritenere che se un alto senso di opportunità consiglia di evitare, nelle presenti circostanze dei rapporti fra la Francia e la Santa Sede, qualunque incidente che risvegli la questione di massima, importa del pari che nell'atteggiamento prescritto agli agenti consolari italiani il Governo francese non creda di scorgere una nostra tacita adesione alle sue antiche pretese.

Mi propongo pertanto, per quanto sta in me, di lasciare completamente ignorare al signor Delcassé la circolare che ricevetti da V.E. in copia.

594

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1869/60. Pietroburgo, 27 agosto 1904, ore 7.

Conte Lamsdorff, da me visto testé, condivide pienamente modo di vedere espresso da V.E. nel telegramma n. 1467 1; egli ritiene che il principe Giorgio vorrebbe rimpiazzare le truppe internazionali con truppe greche, il che non è ammissibile, e che consideri ultimato il suo mandato in Creta con il fine dell'anno, mentre il tempo ne è illimitato. In conclusione, conte Lamsdorff reputa impossibile prendere ora una risoluzione qualsiasi, ed in ogni caso indispensabile che intervenga un accordo fra le quattro Potenze.

594 1 Cfr. n. 591.

593 1 Cfr. n. 582.

595

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE S.N. Vienna, 27 agosto 1904.

Il signor Ficher, redattore in capo della Politische Correspondenz, con cui intrattengo già dall'ultima mia dimora in Vienna amichevoli rapporti, venne ieri a vedermi e nel corso del colloquio privato che ebbi con esso mi fece conoscere che in questi centri politici circolavano da qualche tempo voci di un eventuale e prossimo conflitto tra l'Austria-Ungheria e l'Italia, a cui darebbe luogo la questione albanese e le altre questioni balcaniche. Egli non comprendeva come voci siffatte potessero essere messe in giro, giacché gli risultava che erano in opposizione col linguaggio che si teneva a questo Ministero imperiale e reale degli affari esteri.

Ad avvalorare tali voci si affermava che tanto da parte dell'Austria-Ungheria quanto da quella dell'Italia si procedeva ad armamenti militari e navali, ed a fortificare le rispettive frontiere e che, al dire di persone provenienti dal Regno, numerose erano le truppe italiane che erano disposte presso il confine della Monarchia.

Gli era stato inoltre riferito che il direttore di un istituto militare austriaco nel discorso di chiusura dei corsi di quest'anno aveva accennato ad una prossima guerra che sarebbe stata combattuta dali' Austria-Ungheria ed alla quale conveniva che questa si preparasse. Sebbene in quel discorso non si fosse pronunciato il nome della Potenza contro la quale tale guerra sarebbe avvenuta tuttavia si credeva generalmente che in esso si avesse voluto fare allusione ali 'Italia.

Egli però dubitava che quel discorso fosse stato realmente pronunziato, giacché contrastava colle abitudini di prudente riserva da cui non si dipartivano mai i funzionari austriaci. Ma la circostanza che una tale voce come le altre riferitemi si divulgassero e fom1assero oggetto di discussione sembravagli dimostrare come l'idea d'un conflitto coll'Italia si ritenesse quasi come cosa non del tutto improbabile.

Pur riconoscendo ch'esso non era giustificato da motivi reali, aveva creduto dovermene parlare per conoscere ad un tempo il mio parere al riguardo.

Dissi al signor Ficher che le voci da esso riferitemi non avevano alcuna ragione d'essere e non potevano essere messe in giro che da persone male intenzionate, nemiche dell'Italia ed ostili alla Triplice Alleanza, contro la quale erano rivolti gli sforzi di certi partiti austriaci al fine di diminuire l'efficacia e di annientarla ove ciò fosse possibile.

Era però da meravigliare come si potesse affermare che l'Italia procedeva ora ad armamenti militari e navali straordinari allo scopo di provocare un conflitto coll'Austria-Ungheria. Coloro che divulgavano tali notizie come quelli che vi prestavano fede facevano prova di una completa ignoranza delle cose del nostro Paese, giacché era notorio che alcun credito nuovo per l'esercito e per la marina non era stato votato nell'ultima sessione parlamentare e che le condizioni generali militari del Regno non erano state modificate. Per contro, straordinariamente elevati erano stati i crediti militari votati di recente dalle delegazioni dell'Impero, ciò che non aveva potuto a meno di sorprendere l'opinione pubblica in Europa, non scorgendosi nella situazione politica estera presente motivi sufficienti per giustificarne la richiesta. Ma se anche l'Italia avesse adottato o pensasse adottare provvedimenti militari, essi non potevano essere interpretati come aventi uno scopo ostile all'Austria-Ungheria, come quelli adottati da questa non erano considerati in Italia come diretti contro di essa.

Tali provvedimenti non erano che la conseguenza della responsabilità che incombeva ad ogni Governo di provvedere alla tutela dei propri interessi. E ricordai a tale proposito le osservazioni fatte dall'E.V. al Parlamento, in occasione delle sue dichiarazioni circa la politica estera, che avevano riscosso il plauso della stessa stampa austro-ungarica che le aveva citate come la dimostrazione più evidente che i crediti chiesti dal Governo i. e r. non avevano alcun scopo aggressivo.

Nessuna Potenza era più dell'Italia desiderosa di pace, al cui consolidamento erano rivolte le sue mire col mantenere i migliori rapporti con tutte le Potenze e rendere più intimi specialmente quelli coll'Austria-Ungheria, seguendo a suo riguardo una linea di condotta franca e leale adoperandosi ad eliminare ogni malinteso e ad attutire ogni manifestazione irredentista. Mi risultava del resto che il Governo imperiale e reale era convinto delle sincere intenzioni del R. Governo a suo riguardo come questo alla sua volta non dubitava ch'esso fosse animato degli stessi sentimenti verso l'Italia e non meno desideroso di rendere più intimi i reciproci rapporti.

Tanto più quindi io era meravigliato delle voci che si divulgavano in questi circoli politici e della fede che vi trovavano, in quanto che non solo non mi constava fossero divisi dai circoli politici italiani, ma erano anche in completa contraddizione coi fatti stessi e cogli amichevoli rapporti che esistevano presentemente tra i due Governi e che era fermo loro proposito di mantenere tali.

Ma era da domandarsi a quale scopo l'Italia farebbe la guerra ali' AustriaUngheria e questa all'Italia.

Il supporre che l'Albania ne sarebbe stata la causa era ignorare del tutto cosa ormai notoria, che l 'intesa intervenuta in proposito fra i due Governi era diretta appunto ad eliminare qualsiasi conflitto.

Ma prescindendo da tale questione io non ne scorgeva alcuna altra che potesse dar luogo ad un conflitto tra i due Paesi, che avevano un interesse comune a collaborare insieme alla soluzione di tutte quelle che attualmente esistevano, come lo dimostrava l'appoggio premuroso che l'Italia prestava all'applicazione del programma di Miirzsteg.

Di fronte all'azione che i due Governi esercitavano e che era ispirata alla mutua fiducia, era in vero da lamentare che l'opinione pubblica di questo Paese facesse così falsa strada e lavorasse in certa guisa in senso inverso di quello a cui mirava il proprio Governo. Era quindi da desiderare che le persone che erano in grado di usare della loro influenza su di essa si servissero dei mezzi che erano a loro disposizione adoperandosi col maggiore impegno possibile a dissipare i malintesi e a confutare ogni falsa insinuazione per chiarire la situazione.

Il signor Ficher mi ringraziò di quanto eragli andato dicendo e, dimostrandosi lieto di avere avuto dalla mia propria bocca la conferma del niun fondamento delle voci in discorso, mi fece conoscere che avrebbe colto con piacere un'occasione propizia per ribatterle a mezzo della Politische Correspondenz e ristabilire le cose nel vero loro stato'.

Alcuni giorni prima che io avessi avuto col signor Ficher il colloquio sopra riferito era venuto a visitarmi uno dei principali redattori della Neue Freie Presse, molto amico del nostro Paese, il quale avevami parlato nello stesso senso. Non mancai di tenere a quel redattore, ch'io conosceva pure dall'ultima mia residenza in Vienna, un identico linguaggio e gli rivolsi un uguale consiglio.

Le false voci che circolano in questi centri politici circa un probabile conflitto tra l 'Italia e l'Austria-Ungheria non dovendosi considerare che come il risultato della poca fiducia che qui si nutre generalmente a nostro riguardo. Come feci conoscere ali'E.V., col mio rapporto n. 319 del9 giugno ultimo 2 , l'opinione pubblica di questo Paese non ha dimenticato i fatti avvenuti durante il precedente Gabinetto, il ricordo dei quali non si è ancora del tutto dileguato, come mi venne confessato dallo stesso signor de Mérey in un colloquio privato da me avuto con esso prima della sua recente partenza in congedo. Quei fatti, che scossero la fiducia che prima esisteva nelle relazioni coll'Italia, e che accreditarono qui la voce che la maggioranza della popolazione del Regno fosse ostile all'alleanza coll'Austria, contribuirono ad accrescere la corrente a noi poco favorevole, che, dopo aver subito una sosta in seguito al convegno di Abbazia ed alle esplicite e formali dichiarazioni dell'E.V. al Parlamento italiano ed a quelle del conte Goluchowski alle delegazioni dell'Impero, ha ripreso da qualche tempo il suo andazzo, come lo si rileva dalle ripetute e poco benevoli pubblicazioni a nostro riguardo che si riscontrano in certi giornali viennesi3 , e della quale si ha ora una prova evidente nelle voci surriferite.

A dare poi maggiore consistenza a questi sentimenti di sfiducia si aggiungono i sospetti che si manifestano talvolta in questa stampa, di cui feci cenno nella mia corrispondenza anteriore, ed ai quali darebbe argomento la nostra politica nella penisola balcanica e l'azione da noi esercitata colà a tutela dei nostri interessi.

Questa politica sembra sia qui interpretata come intesa a contrapporsi in certa guisa a quella seguita dali' Austria-Ungheria, perché mirerebbe ad acquistare tra le popolazioni balcaniche una propria influenza, a danno dell'influenza della Monarchia, ciò che non potrebbe che provocare ad un dato momento spiacevoli attriti tra i due Stati.

Tale giudizio poco esatto della nostra politica nei Balcani è originato dalla gelosia che desta in questo Paese, che si considera insieme alla Russia come la Potenza più interessata nelle questioni balcaniche, ogni ingerenza più o meno diretta nelle medesime di qualsiasi Potenza e specialmente dell'Italia, gelosia che la spinge ad eliminare o a circoscrivere l'azione che potesse essere da esse esercitata nella loro soluzione.

Non tanto quindi la questione irredentista quanto quella orientale sarebbe ora da considerarsi, a parere almeno di questi circoli politici, come quella che potrebbe coll'andar del tempo formare oggetto di un eventuale conflitto tra l 'Italia e l'Austria-Ungheria.

595 1 In effetti il 30 agosto la Politische Correspondenz pubblicò una nota ufficiale d'intesa col Ministero degli esteri austro-ungarico e rivista da A varna (la notizia nel T. 1898/173 del 31 agosto, non pubblicato).

595 2 Cfr. n. 454. 3 Avama aveva in proposito inviato due rapporti il 1246/564 e il 1257/570 del 24 agosto, non pubblicati.

596

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1874/45. Salonicco, 28 agosto 1904, ore 12,50.

Comunico risposta generale De Giorgis telegramma di V.E. n. 1462 1 .

«Inspirandomi convenienza mantenere accordo Potenze, anticipando di qualche mese sulle mie previsioni, acconsento richiedere, fin d'ora, a tutti gli aggiunti parere proposta circa aumento ufficiali e, più tardi, sott'ufficiali.

Dalle loro risposte avrò [ ... ]2 per formulare mie proposte definitive. Ad ogni buon fine, tengo stabilire che il massimo buon accordo, cordialità regnarono costantemente con l'aggiunto e gli altri ufficiali russi» 3 .

597

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. URGENTE 1908/... Addis Abeba, 28 agosto 1904 1

Lagarde ha ottenuto da Menelik autorizzazione scritta proseguire ferrovia per Addis Abeba. Ignoro ancora particolari e modalità concessione che Lagarde ha ottenuto ad insaputa di Harrington, col quale anzi sembrava completamente d'accordo aspettando decisione ordini dai rispettivi Governi. Oggi avrò in proposito conversazione con Harrington che già ha protestato presso Menelik, ma non so ancora in quali termini. Attendo istruzioni se e come intervenire.

598

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE S.N. Vienna, 28 agosto 1904.

Ho creduto opportuno di profittare d'un colloquio da me avuto col conte Goluchowski per accennare, in via privata ed amichevole, alle voci da me riferite nell'altra mia lettera particolare del 27 corrente 1 , nonché al linguaggio tenuto da qualche

2 Gruppo mancante, forse «norma».

3 Questo telegramma fu comunicato da Tittoni a Imperiali con T. 1475 pari data.

tempo verso il nostro Paese da alcuni principali giornali viennesi, voci e linguaggio che erano in completa contraddizione colle intenzioni dei due Governi e coi rapporti cordiali che tra di essi esistevano e volevano mantenere tali.

Osservai che ciò non avrebbe potuto, coll'andar del tempo, che essere nocivo a questi stessi rapporti e che mi sembrava altamente desiderabile che a tale malsana esaltazione fosse tagliato corto al più presto possibile.

Il conte Goluchowski si dimostrò sorpreso, almeno apparentemente, di quanto avevagli riferito circa le voci suddette e mi disse che ad esse come al linguaggio dei giornali non aventi carattere speciale non dovevasi dare soverchia importanza, perché non avevano alcun fondamento, né erano tali da recar danno ai reciproci rapporti non potendo avere influenza sulle intenzioni e deliberazioni dei due Governi.

Nel comune interesse però converrebbe che tale esaltazione del tutto fittizia e queste manifestazioni così poco favorevoli all'Italia cessino una buona volta.

Per quanto mi riguarda io mi adopero e non tralascerò di adoperarmi in tal senso col maggior impegno in via privata, sia direttamente che indirettamente, presso i principali redattori dei più accreditati giornali viennesi, ma crederei conveniente che, dal nostro lato, si agisse in modo conforme, giacché è necessario che l'opinione pubblica dei due Paesi non finisca per acquistare la convinzione che l'alleanza tra l'Italia e l'Austria-Ungheria non ha più ragione d'essere, perché contraria alle aspirazioni delle rispettive popolazioni.

Un lavoro serio e continuo dovrebbe essere intrapreso per cessare questa disarmonia che si constata tra le manifestazioni dell'opinione pubblica e le intenzioni dei due Governi e gli scopi che si prefiggono e modificare quindi una situazione, che non è scevra di pericoli, creata da malintesi, da esagerazioni e da notizie false, inventate da coloro che, tanto in Austria-Ungheria quanto in Italia, mirano ad annientare l'alleanza.

A discarico della mia responsabilità mi permetto di far conoscere, con tutta franchezza, all'E.V. il mio pensiero circa la questione suddetta, che mi sembra richiedere l'attenzione di lei, come di coloro che, nell'interesse del nostro Paese, riconoscono necessario il mantenimento d eli' alleanza.

PS.: Mi risulta da buona fonte che la Politische Correspondez pubblicherà in questi giorni una nota ufficiosa circa i rapporti tra l'Austria-Ungheria e l'Italia e le assurde voci che circolano rispetto ai medesimi.

596 1 T. 1462 del 25 agosto che non si pubblica.

597 1 Il telegramma fu trasmesso tramite Asmara il l o settembre alle ore 16.

598 1 Cfr. n. 595.

599

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE PER L'ERITREA, PECORI GIRALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1881/209. Asmara, 29 agosto 1904, ore 10,30.

Lazzaristi francesi Alitiena hanno avuto ordine negus lasciare Agamè. Missione ha telegrafato da Senafè al ministro francese Addis-Abeba invocando suo intervento. Dato contegno sempre tenuto da lazzaristi a nostro riguardo, sarebbe opportuno ordìne non fosse revocato, tanto più che essi potrebbero ostacolare eventuale passaggio nostro territorio del distretto Alitiena connesso con questione confine Muna per timore di essere ivi sostituiti da prefettura apostolica Eritrea. Prego partecipare S.E. Governatore. Ministro Addis-Abeba informato.

600

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1888/170. Therapia, 29 agosto 1904, ore 11,35.

Ghalib bey, tornato ieri mattina, venne nel pomeriggio ad annunziarmi da parte del sultano che S.M. imperiale ha inviato al valì di Janina ordini perentori assumere contegno decisamente amichevole per l'Italia. Gran vizir mi ha detto oggi ordini analoghi partiti dalla Sublime Porta. Prevengo di ciò, in via confidenziale, Millelire.

601

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 1000/400. Therapia, 29 agosto 1904 (perv. il 7 settembre).

L'ambasciatore di Germania è tornato dal congedo or sono pochi giorni.

Andai a fargli la prima visita giovedì scorso, e, giusta le istruzioni impartitemi verbalmente da V.E., non mancai di significargli la mia intenzione ed il mio desiderio di intrattenere col rappresentante della nostra fida amica ed alleata i rapporti più cordiali e più intimi, non soltanto personali ma anche politici. Di che il barone Marschall mi ringraziò assai, dicendomi che di tali intenzioni, conformi agli ordini di V.E., egli era già al corrente.

La conversazione essendo naturalmente caduta sugli affari di Macedonia, sulle riforme, in genere, e sulla riorganizzazione della gendarmeria, in ispecie, S.E., a titolo di opinione personale e premesso che il Governo imperiale, siccome è noto, prende in tutti questi affari un interesse d'indole semplicemente generale, senza addentrarsi nei particolari, mi mise, in via strettamente confidenziale, a parte di talune sue vedute delle quali riproduco qui appresso la sostanza.

Il barone Marschall ritiene anzitutto che la controversia, sorta circa l'aumento degli ufficiali e circa le relazioni tra il generale De Giorgis ed i rappresentanti civili e militari austro-ungarici e russi, non merita l'onore di essere elevata a vera questione. Essa non è che un incidente passeggiero che può e devesi facilmente comporre senza turbare menomamente la buona intesa tanto desiderabile fra le Potenze.

Ciò posto, l'ambasciatore imperiale si compiaceva del fatto che l'indipendenza del generale De Giorgis dagli agenti civili è stata oramai assodata in modo definitivo. In tal punto ritiene egli deve essere corso un equivoco, stato ora fortunatamente chiarito, essendo addirittura assurdo l'ammettere un momento solo che un tenente generale possa dipendere da due consoli. In quanto alle relazioni con gli aggiunti militari, il barone Marschall formulava qualche riserva sulle teorie enunciate dal barone Calice, in quanto gli pare pericoloso di attribuire a quegli ufficiali il diritto di criticare e discutere le decisioni del generale, alle quali, quando pure fossero da loro ritenute inopportune, essi debbono, a parer suo, sottomettersi, salvo naturalmente la facoltà dei rispettivi Governi di presentare eventualmente osservazioni. Agendo diversamente, si viene ad organizzare non la gendarmeria ma semplicemente l'anarchia.

Non celai al mio interlocutore la soddisfazione mia per sentire da lui emettere un avviso così pratico, così pieno di buon senso e così perfettamente conforme alle nostre vedute. Profittai pure de li'occasione per esprimere la speranza che del suo modo di vedere egli avrebbe reso anche edotto il collega austro-ungarico, esercitando su di lui salutare influenza allo scopo di indurlo a recedere da quel suo atteggiamento così inflessibile, il quale, per avere l'aria di aperta e recisa ostilità contro il generale De Giorgis, non può certo produrre favorevole impressione in Italia, soprattutto poi se paragonato al contegno senza alcun dubbio più conciliante e remissivo dell'ambasciatore di Russia.

Il barone Marschall replicò che, al momento opportuno, e con i debiti riguardi, avrebbe volentieri intrattenuto di tutto ciò il barone Calice. In via affatto confidenziale, osservò tuttavolta che il dibattere con lui l'argomento delle riforme non è cosa agevole e richiede molto tatto e molta delicatezza. L'ambasciatore austro-ungarico ha, egli reputa, il torto di voler discutere giuridicamente il programma di Miirzsteg, considerandolo come un'opera magistrale pienamente rispondente allo scopo. Tale concetto sembra erroneo a S.E. Il programma di Miirzsteg è una !ex imperfecta elaborata in fretta e rispondente alla necessità del momento. Esso non può quindi considerarsi quale monumento di sapienza politica ed amministrativa, né è di natura ad ispirare cieca ed illuminata fiducia nei risultati che se ne possono attendere. Circa tali risultati, osserverò incidentalmente, l'ambasciatore germanico mi pare nutra sentimenti che non vanno al di là di un amabile e benevolo scetticismo.

Le difficoltà, le obbiezioni, diciamolo pure, i cavilli e gli arzigogoli sollevati dal barone Calice, in base al programma di Miirzsteg, vanno attribuiti in parte alla ammirazione di lui pel detto programma ed in parte anche alla influenza efficace, indiscutibilmente esercitata su di lui da un uomo intelligentissimo, energico ed ambizioso all'eccesso. Di colui essendo note le antiche aspirazioni al posto di riorganizzatore capo della gendarmeria, non deve certo destare meraviglia la manifesta animadversione contro l'opera del generale De Giorgis.

In quanto all'atteggiamento generale dell'Austria-Ungheria, il barone Marschall mi manifestava la sua radicata convinzione essere cioè la Duale Monarchia, quanto e più di qualsivoglia Potenza, desiderosa del mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica, ed assolutamente aliena da una politica di avventura. Ciò per ragioni di varia indole, fra le quali, precipua, quella della decisiva avversione dell'Ungheria a così fatta politica. S.E. non negava che le apparenze sono di natura ad ispirare qualche sospetto, qualche diffidenza a chi non è bene al corrente delle condizioni interne della Monarchia, né delle disposizioni eminentemente pacifiche del Governo. Si tratta, però, a suo avviso di sole apparenze, le quali traggono origine sia talvolta da eccessivo ed intempestivo zelo di funzionari, sia anche dalla circostanza innegabile ed inevitabile che, col trovarsi la Russia impigliata in sì gravi difficoltà all'interno e all'estero, l'Austria-Ungheria è divenuta, per la forza stessa delle cose, la parte dirigente nell'esecuzione delle riforme, l'accordo tra le due Potenze pur rimanendo intatto, solido e completo come prima.

In conclusione, il barone Marschall esprimeva l'avviso che, quali che possano essere le previsioni circa il risultato finale delle riforme, è indispensabile di mantenere l 'unione fra le Potenze allo scopo di vederle tradotte in atto nei limiti del possibile e conservare sopratutto lo status quo, di gran lunga preferibile alla vagheggiata e dai bulgari caldeggiata autonomia, la quale a lui sembra assolutamente inattuabile a causa dell'odio feroce e dell'inconciliabile antagonismo esistente tra le varie popolazioni cristiane in Macedonia.

602

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1892/102. Londra, 30 agosto 1904, ore 6,45.

Ecco la risposta del marchese Lansdowne circa Creta 1 , che praticamente si accorda colle idee di V.E.: Governo britannico ritiene inopportuno sollevare ora questione di annettere Creta alla Grecia, ma d'altra parte considera che il principe Giorgio sarebbe probabilmente indotto a dare dimissioni, qualora si opponesse reciso rifiuto alla sua domanda, dimissioni che costituirebbero un grave inconveniente. Governo britannico crede sia meglio che ciascuna Potenza protettrice lasci al principe modo di esporre sue ragioni, quindi le quattro Potenze procederebbero ad un scambio di idee, potendo, forse, trovare qualche mezzo atto a rendere più tollerabile posizione di S.A.R. Re d'Inghilterra, al quale fu sottoposto per telegrafo questo modo di vedere, lo ha approvato.

Una nota nei termini qui indicati sarà ora diretta alle ambasciate di Francia e di Russia a Londra2 .

602 1 Risponde al telegramma di Tittoni pubblicato al n. 591. 2 Risposta nella sostanza analoga diedero Delcassé, trasmessa da Tomielli con T. 1901/70 del 31 agosto, non pubblicato e il sovrano russo (T. 1924/104 del 3 settembre, non pubblicato).

603

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. S.N. Desio, 30 agosto 1904.

Grazie suo telegramma 1 .

Dica conte Goluchowski che comprendo ragioni che lo obbligano rinviare visita al prossimo inverno. Sarebbe però opportuno che salvo accordo più preciso al momento si stabilisse prima metà gennaio nella quale epoca Parlamento italiano è in vacanza.

604

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

APPUNTO. Roma, 30 agosto 1904.

È stato oggi da me il conte Somssich, incaricato d'affari d'Austria-Ungheria. Mentre egli abitualmente, in conformità dell'indole provvisoria delle sue funzioni, non mi parla che di affari correnti, cominciò col parlare, genericamente, dei rapporti politici fra l'Austria e l'Italia, dicendomi quanto a lui stia a cuore che tali rapporti si mantengano sempre quali si conviene fra due Stati alleati, riconoscendo che l'azione dell'ambasciata in questo senso aveva trovato sempre piena corrispondenza da parte del Governo italiano. Prese occasione da ciò per dirmi che non certo dai rapporti dell'ambasciata traeva la sua origine e la sua inspirazione l'articolo pubblicato nel Pester Lloyd del 28 corrente.

Gli risposi subito che di quell'articolo io non aveva notizia, al momento attuale, che da un telegramma pubblicato nella Tribuna di ieri sera; che, dato il noto carattere ufficiale, ancor più che ufficioso, di quel giornale, la cosa mi aveva prodotto viva impressione, tanto che ritenevo non esatto il riassunto della Tribuna e attendevo appunto che mi si portasse quel giornale per leggere integralmente l'articolo, quando il conte Somssich si era fatto annunziare. Quanto egli mi aveva detto mi faceva credere che, quanto meno, l'intonazione dell'articolo fosse malauguratamente quale la Tribuna Io aveva rilevato.

Il conte Somssich mi riferì allora, sommariamente, il contenuto dell'articolo in questione, non esitando a dirmi che egli, dal canto suo, personalmente, non approvava quell'articolo, ed esprimendomi la sua convinzione che l'articolo non fosse inspirato né dal conte Goluchowski, né da alcuno dei capi sezione del Ministero degli

esteri. Mi aggiunse che era curioso di sapere ciò che si sarebbe risposto a Ball-Platz al duca A varna.

Gli dissi che non so se il duca A varna spontaneamente si proponesse di intrattenere su di ciò il conte Goluchowski; che da parte nostra finora nessuna istruzione gli era stata data, né poteva essergli data, sino a conoscenza del testo integrale dell'articolo stesso.

La conversazione si prolungò sui rapporti generali fra i due Stati. Il conte Somssich mi disse che egli, appartenente alla scuola che ritiene che il primo pregio e dovere della diplomazia sia la lealtà, vedeva con profondo dolore tutte quelle manifestazioni della stampa e di una parte dell'opinione pubblica italiana che miravano a rendere meno cordiali i rapporti fra Italia e Austria, contrariamente all'interesse comune dei due Stati.

Io gli risposi essere indubitato che esistono così in Italia come in Austria delle correnti non favorevoli ai buoni rapporti fra i due Paesi. Che peraltro a tali correnti, per ciò che riguardava l'Italia, il Governo austriaco non doveva dare troppa importanza; che l'esistenza di tali correnti doveva essere anzi, per i due Governi, una ragione di più per continuare a rafforzare i loro rapporti di alleati e di amici; che, quanto a una parte della stampa italiana, io era costretto a dichiarare l'impotenza del Governo di esercitare una influenza nel senso corrispondente alla linea che esso ha data e vuoi mantenere alla sua politica estera; che appunto per ciò il Governo aveva ufficialmente dichiarato per l'Agenzia Stefani e alla Camera di non riconoscere come manifestazioni del proprio pensiero in materia di politica estera che i comunicati Stefani e le dichiarazioni parlamentari 1; che in tale condizione di cose il Governo austriaco avrebbe torto di attribuire a manifestazioni di una parte della stampa italiana una seria importanza e soprattutto di renderne in qualunque modo responsabile il Governo; che evidentemente la situazione è diversa di fronte a manifestazioni di giornali o ufficiali o dichiaratamente ufficiosi, come il Frendenblatt o il P ester Lloyd.

Il punto più importante delle dichiarazioni del conte Somssich è costituito evidentemente dall'apprezzamento sull'articolo del Pester Lloyd. Ma l'importante sarebbe di sapere se egli sia stato incaricato dal suo Governo di fare dichiarazioni atte a prevenire o attenuare l'impressione che si supponeva avrebbe prodotto l'articolo in questione nelle nostre sfere ufficiali, ovvero se (come egli insistentemente ha dichiarato), si sia trattato di un passo fatto di sua spontanea iniziativa, e di apprezzamenti suoi personali soltanto. La prima ipotesi dovrebbe essere non solo la più verosimile, ma, in sostanza, la sola accettabile. Non posso peraltro tacere che la forma delle dichiarazioni, l'accento del Somssich e tutto il complesso della conversazione mi ha lasciato qualche dubbio in proposito.

Forse le risposte che saranno date a Vienna al duca Avarna, qualora egli sia incaricato di chiederle, ci potranno dare la risposta a questo dubbio.

603 1 Cfr. n. 592.

604 1 Cfr. n. 458.

605

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1486. Roma, 31 agosto 1904, ore 10.

Non sarà sfuggito a V.E. articolo pubblicato 28 del P ester Lloyd relativo rapporti Austria-Italia. Articolo produsse qui assai spiacevole impressione dato carattere ufficiale ancor più che ufficioso di quel giornale. Più volte questo ambasciatore d'Austria si dolse presso di me per manifestazioni stampa italiana. Io potei sempre rispondere, secondo verità, che R. Governo non aveva modo di impedirlo e non poteva che rammaricarsene. Anzi per troncare increscevole questione, dichiarai, per mezzo Agenzia Stefani 1 ed alla Camera che Governo non riconosce come espressione proprio pensiero materia politica estera che comunicati Agenzia Stefani dichiarazioni ufficiali. Importanza attuale articolo ?ester Lloyd invece notissimo carattere giornale. Prego quindi recarsi codesto Ministero degli esteri per chiedere amichevolmente fin qual punto tale articolo sia stato ispirato o quanto rappresenti modo di vedere Governo austriaco2•

606

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1899/174. Vienna, 31 agosto 1904, ore 19,30.

Conte Goluchowski, cui ho parlato oggi amichevolmente senso telegramma di

V.E. n. 14861 , mi ha detto non avere avuto che ieri l'altro soltanto notizia articolo ?ester Lloyd, che ha negato avere carattere ufficiale o ufficioso, ed ha dichiarato che non era da pensare affatto che suo tenore fosse stato ispirato o rappresentasse in alcun modo pensiero del Governo imperiale e reale. Ha lamentato sua pubblicazione che era conseguenza di polemiche che da qualche tempo esistevano tra stampa due Paesi circa false notizie che a [ ...]2 mettevano in giro. Non aveva modo impedire tali pubblicazioni che non dovevano essere riconosciute come esprimenti pensiero del Governo imperiale e reale, non avendo egli alcun potere stampa che attribuivagli anzi, frequentemente, come era avvenuto in questi ultimi giorni, dichiarazioni circa politica estera che non aveva mai fatte.

2 Per la risposta cfr. n. 606.

2 Gruppo indecifrato.

605 1 Cfr. n. 458.

606 1 Cfr. n. 605.

607

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE

T. 1491. Roma, 31 agosto 1904, ore 18.

Giornale ufficioso austriaco afferma avere ella esortato gli allievi Scuola arti e mestieri fondare loro speranze unicamente sull'Italia «che con futura occupazione assicurerà agli albanesi splendida esistenza». Ritengo insussistente, almeno ultima parte sua pretesa dichiarazione. Pregola darmi in proposito precisa assicurazione intendendo eventualmente comunicare smentita per mezzo Agenzia Stefani 1 .

608

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1900. Monsummano, 31 agosto 1904, ore 18,40.

Credo che sia necessario astenerci da ogni intervento nella questione1 . Più di una volta lazzaristi furono espulsi e sempre riuscirono a ritornare Etiopia; così avverrà più presto o più tardi se Menelik mantenga ordine espulsione. Nostro intervento sarebbe certamente conosciuto e ci procurerebbe imbarazzi troppo di quello [sic] che lazzaristi ci hanno dato negli ultimi anni durante i quali, tranne per questione confini in cui loro azione fu senza influenza, loro contegno verso noi fu sempre corretto2 .

607 I Millelire rispose con T. 1938/8 del 5 settembre nel quale smentiva categoricamente le insinuazioni avanzate dal giornale ufficioso austriaco, attribuendole alla volontà di rendere sospetti gli italiani presso il Governo ellenico e le autorità locali ed alla gelosia per i buoni rapporti dell'Italia con la Turchia.

608 I Si tratta della questione di cui al n. 599.

2 Con T. 1495 del l o settembre, ore 19,45 Tittoni comunicava all'Asmara: «Ritengo opportuno Colli astengasi qualunque azione relativamente espulsione lazzaristi. Voglia telegrafargli in tale senso mio nome».

609

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DELLA GUERRA, PEDOTTI

L. RISERVATA. Roma, 31 agosto 1904.

Rimetto, qui unita, all'E.V. copia di un promemoria segreto del quale ella già in massima ha cognizione, rimesso a questo Ministero dal marchese Cusani, r. ministro a Cettigne.

So che col marchese Cusani l'E.V. ebbe un opportuno colloquio, nel quale sarebbe stato deciso di affidare il delicato incarico al tenente Solari: e tale soluzione sembra anche a me ottima.

Copia del medesimo promemoria trasmetto all'ammiraglio Mirabello, con il quale certamente ella si sarà già posto d'accordo o si disporrà a farlo.

ALLEGATO

PROMEMORIA SEGRETO

Le assicurazioni scambiate anche recentemente fra l'Italia e l'Austria-Ungheria danno attualmente la garanzia che lo status quo nei Paesi balcanici, specialmente per quanto riguarda l'Albania, sarà mantenuto. Ma l'età avanzata dell'attuale sovrano austro-ungarico impone il dovere di spingere le previsioni al di là di un mutamento di regno che i limiti naturali della vita umana non permettono di considerare come molto lontano. Partendo pure dalla base di una lealtà assoluta da ambe le parti, cui nessun fatto o indizio permette di revocare in dubbio, la differenza fra l'Italia e l'AustriaUngheria è che questa, padrona già di quasi tutta la costa orientale adriatica, sta facendo fin d'ora tutto quanto è necessario per assicurarsene eventualmente anche il restante, mentre finora l'Italia ha dovuto rimanere spettatrice passiva di una simile attività ogni giorno crescente. È superfluo il dire che per noi il solo punto di appoggio possibile sull'altra riva è il Montenegro, questo piccolo Stato che, per la sua situazione, potrebbe dare occasione a grandi mutamenti.

Per ragioni ben note, anche all'infuori dei vincoli dinastici felicemente esistenti, tutte le simpatie del principato convergono verso l'Italia, ma poiché la produzione naturale del Montenegro è molto inferiore alle necessità del suo sviluppo, e d'altra parte l'aiuto finanziario della Russia, impegnata altrove, non appare più sicuro come lo fu finora, è evidente che, se esso non potesse far d'ora innanzi qualche assegnamento sull'appoggio effettivo dell'Italia, sarebbe necessariamente spinto a soffocare la sua innata avversione e darsi in braccio all' Austria per necessità economica.

Senonché fortunatamente questa eventualità è ancora lontana. Come è noto, nel recente viaggio dello Stato Maggiore l. e R. sul litorale, il capo di Stato Maggiore generale Beck ha ordinato molti ampliamenti e molte costruzioni nuove nei forti, specialmente nelle bocche di Cattaro. Risulta da fonte attendibile che, dopo avere ispezionato accuratamente quelle località, egli avrebbe detto ai suoi ufficiali: «Per il momento siamo forti, ma il giorno in cui il Montenegro sia provvisto degli ordigni moderni di guerra, noi saremo inesorabilmente cacciati di qui».

Il principe di Montenegro, preoccupato di questo stato di cose, si è espresso confidenzialmente col r. ministro in Cettigne in questi termini:

«So benissimo quali sono i patti esistenti fra l'Italia e l'Austria-Ungheria, e non dubito che il mio reale congiunto li osserverà scrupolosamente, con quella doverosa lealtà che gli è propria. Ma nulla vi è di immutabile quaggiù e, qualora avvenisse qualche rivolgimento, certo sarebbe sommo interesse dell'Italia aver pronto un punto d'appoggio su questa sponda. Io ho in mano tutti i dati possibili sulle fortificazioni austriache. La maggior parte degli operai che vi lavorarono e vi lavorano sono montenegrini, o abitanti delle province occupate, a me devoti. Io conosco la situazione delle mine e ho perfino in mano i campioni delle miccie, sicché, volendo, avrei modo di farle scoppiare a danno dell'Austria stessa. Inoltre mi sarebbe facile far mettere segretamente un sistema di mine sotterranee o subacque nelle stesse bocche di Cattaro e potrei all'occorrenza fornire l 'Italia, in qualche giorno, come vettovagliamento, di molte migliaia di buoi e di pecore. Se l'Italia ha interesse a ciò, io non domando altro se non che mi fornisca fin d'ora gli esplosivi od ordigni necessari per mezzo della Casa Armstrong, come se fosse materiale da me commesso, visto che sto appunto per farle qualche ordinazione per mio conto».

È a notarsi che il principe fece recentemente interpellare la detta Casa circa i prezzi e le condizioni di una eventuale fornitura di batterie da campagna, sicché sembra sarebbe facile al

R. Governo fornirgli, senza destare sospetti, i materiali di cui si tratta.

A tale uopo sarebbe necessario che il R. Ministero della guerra mandasse a Cettigne il colonnello Del Mastro, addetto militare a Vienna, accreditato anche presso il Montenegro, allo scopo di studiare in ogni caso le costruzioni e i lavori ordinati dall'Austria, ed eventualmente prendere qualche accordo per la fornitura in discorso.

All'infuori di ciò sarebbe indispensabile che (come già fu fatto nel 1887 a Odessa coll'attuale generale Zanelli) si mandasse in Antivari un abile ufficiale delle armi dotte, il quale figurerebbe come viceconsole, o forse come ispettore governativo, presso quella stazione radio-telegrafica1 , e potrebbe di mano in mano riferire esattamente sui lavori di difesa austriaci, tanto più ora colla facilitazione della via radio-telegrafica diretta.

Questa destinazione dovrebbe essere fatta con segretezza assoluta, in modo che la vera qualità di tale incaricato non fosse nota laggiù a nessuno, all'infuori del r. ministro, e quindi nemmeno al principe.

610

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1302/597. Vienna, 31 agosto 1904.

Fra le manifestazioni ostili o poco benevole verso l'Italia che videro la luce, in questi ultimi tempi, in una parte di questa stampa e sulle quali mai mancai di riferire a codesto R. Ministero merita di essere segnalato all'attenzione dell'E.V. un articolo pubblicato dalla Deutsche Zeitung, organo del partito cristiano sociale, nel suo numero di ieri sotto forma di una corrispondenza dal Tirolo meridionale e col titolo «Dal Paese dell 'irredentismo».

Dopo aver accennato alle manovre dell'esercito italiano al confine, al contegno degli italiani nel Tirolo, i quali si «considerano così come in casa propria» e alla correttezza dell'attuale Gabinetto, l'articolo suddetto dichiara che i sentimenti antiaustriaci traggono la loro origine, da qualche tempo a questa parte, nei circoli militari. La ragione di tale fatto andrebbe ricercata nel desiderio, da parte di coloro che hanno tutto l'interesse allo sviluppo dell'esercito, di disarmare l'opposizione dei repubblicani contro ogni aumento di spese militari, coll'imporre all'esercito un compito ben determinato e universalmente comprensibile tale da renderlo un fattore di speranze nazionaliste. Simile tattica è però pericolosa perché, come l'esperienza insegna, le masse possono prendere la mano al Governo e precipitare gli avvenimenti.

Sarebbe altamente desiderabile-continua l'articolo-che, colla conclusione del trattato di commercio, ritornasse in Italia la calma, la riflessione, ma per chi osserva il contegno della stampa italiana al di qua e al di là dei confini non è possibile di farsi troppe illusioni. Il peggio si è che la stampa gialla del Regno, mediante notizie tendenziose e false circa le disposizioni dell'opinione pubblica in Italia, cerca di addormentare la vigilanza del Governo austriaco trovando in ciò appoggio nei figli israeliti della Monarchia, specialmente viennesi, i quali fanno il giuoco dell'irredentismo col dichiarare continuamente che l'Italia non aspira ad alcun aumento territoriale a danno dell'Austria, il che si dimostra falso da una semplice corsa nel nord dell'Italia o nelle province di lingua italiana dell'Impero. La propaganda irredentista, allo scopo di distaccare il Tirolo meridionale dal resto dell'Impero, sarebbe fatta tanto in Italia quanto in Austria in segreto e apertamente, in tutte le società e specialmente in seno ai corpi rappresentativi nonché nei circoli politici del Regno, quantunque il mondo ufficiale lo neghi per non essere compromesso. La stampa giudaica nasconde accuratamente ogni fatto che possa mettere in chiara luce tali macchinazioni e quindi essa passa sotto silenzio le oltremodo numerose violazioni di frontiera da parte delle truppe italiane(!), i sistemi ingegnosi e intensivi di spionaggio eccetera. In una parola essa favorirebbe il movimento irredentista a vantaggio dell'Italia massone e socialista per indebolire la Monarchia cattolica dell'Europa centrale. Le prossime elezioni al Landtag del Basso Tirolo -a dire del giornale -rappresenteranno una vittoria per il partito radico-irrendentista, il quale non vuole riforme ma bensì lo sconvolgimento e la rovina economica della regione per affrettare il distacco del Tirolo dall'Austria. L'articolo termina coli' asserire che gli irredentisti al confine si adoperano costantemente per creare motivi di conflitto, quindi ingrandiscono ogni minimo incidente di frontiera e ravvisano una spia in ogni innocente touriste tedesco od austriaco che casualmente si avvicini ad uno dei numerosissimi forti di sbarramento della cinta lombardo-veneta, mentre si potrebbero citare mille capi di violazione di confini o di spionaggio da parte di ufficiali italiani i quali si sarebbero persino introdotti, travestiti da operai, in vari forti durante i lavori di riparazione, ma su questo tema il giornale promette di ritornare più minuziosamente quanto prima.

609 1 Sulle vicende della sua inaugurazione il 3 agosto cfr. TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. l, cit., p. 418.

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, SALVA GO RAGGI

T. 1499. Roma, l° settembre 1904, ore 18.

Giornali insistono circa negoziato in corso delimitazione frontiera Egitto Cirenaica alludendo probabilità spiacevoli sorprese. Prego indagare per quanto possibile verità riferirmi largamente per dispaccio stato questione 1•

612

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. URGENTISSIMO 1923/31. Addis Abeba, l° settembre 1904 1.

Facendo seguito al mio telegramma in data 28 agosto2: Harrington, da me informato concessione ottenuta da Lagarde, ha presentato Menelik protesta basata sulla formale assicurazione data da Menelik ai ministri d'Italia e d'Inghilterra che non avrebbe modificata situazione ferrovia Gibuti, né accordata autorizzazione proseguire lavori senza prima dame avviso ed ottenere consenso Potenze interessate, aspettando decisione che, di comune accordo, prendessero in Europa rispettivi Governi.

Menelik ha accolto protesta di Harrington, soggiungendo che egli, non considerando assolutamente modificata situazione, dichiara che autorizzazione concessa alla Compagnia di proseguire lavori da Harrar ad Addis Abeba, riservandosi discutere termine concessione contenuta nella lettera consegnata a Lagarde, deve essere subordinata alla accettazione dei Governi britannico ed italiano.

Dietro richiesta Harrigton, Menelik ha mandato a Lagarde altra lettera, nella quale ufficialmente dichiara che autorizzazione accordatagli deve essere soggetta approvazione Governi Inghilterra, Francia, Italia. Lagarde tentò respingere questa lettera, ma Menelik verbalmente dichiarò averla già comunicata ministro Italia ed Inghilterra. Non so quale atteggiamento assumerà Lagarde che evidentemente ha cercato approfittare circostanza deferimento questione Governi Europa per ottenere da Menelik lettera negando non avrebbe pregiudicato questione.

In attesa decisione Governo francese, Harrington ha intanto ottenuto concessione linea concorrente da Berbera. Domani intratterrò il negus senza uscire dal prudente riserbo imposto dalle precedenti istruzioni di V.E. ed in attesa di ordinP.

2 Cfr. n. 597.

3 Con D. 4913/453 del IO ottobre l'ambasciata a Londra venne informata del contenuto di questo telegramma e del precedente, di cui al n. 597. Per la risposta di Tittoni cfr. n. 620.

611 1 Per la risposta cfr. n. 616.

612 1 Il telegramma fu trasmesso tramite Asmara il 3 settembre, ore l 0,30.

613

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Belgrado, l° settembre 1904.

Credo opportuno unire ai miei rapporti ufficiali riservati 1 anche questa lettera particolare per te.

Quantunque tu sia certo in grado di apprezzare la situazione politica molto meglio di me, pure non debbo tacerti, ad ogni buon fine, che siamo in un quarto d'ora piuttosto difficile e che la mia posizione è molto delicata.

L'Austria conosce ormai le tendenze dell'Italia nelle questioni balcaniche e se non le conoscesse, i giornali serbi glielo imparerebbero ogni giorno (vedi l'allegato). Essa forse corre anzi colla immaginazione oltre i confini del vero. L'attitudine irredentista e apertamente ostile di tutta la stampa italiana, compresi gli organi ufficiosi più autorevoli, come la Tribuna, mettono in sospetto e irritano la nostra vicina. Il linguaggio dei suoi giornali, tanto al di là che al di qua della Leitha, rispecchiano [sic] ogni giorno questi sospetti e questa irritazione. Non è ora il caso di discutere se essa abbia torto o ragione, ma certo, in questa condizione d'animi, si può venire facilmente ai ferri corti, perché io ritengo che il Gabinetto di Vienna voglia veder chiaro e prendere le sue determinazioni prima che la Russia abbia le mani libere dalla guerra dell'Estremo Oriente e volga di nuovo il pensiero verso queste contrade.

Io non credo che l'Austria aspiri a grandi annessioni, ma senza dubbio vuole, in una certa misura, affermare e assodare il suo predominio, svolgere i suoi interessi commerciali ed industriali in questa regione. Io non pongo minimamente in dubbio che da noi si abbia un concetto molto preciso di quello che si vuole, ma però bisogna decidersi sul da fare.

A mio avviso, vi sono due vie: intendersi col Gabinetto di Vienna sulla base di un do ut des, cercando conciliare i reciproci interessi dei due Paesi e mettendo fine una buona volta alle punture di spillo, che potrebbero diventare punture di baionetta, oppure adottare recisamente una politica anti-austriaca, ma in questo secondo caso bisogna misurarne bene tutte le conseguenze e prepararvisi sul serio, non soltanto coll'azione diplomatica, ma con tutti quei mezzi materiali che sono necessari all'uopo.

I turchi, i serbi, i bulgari sono tutti brava gente e che si batte anche bene, ma se a Costantinopoli la Germania, a Belgrado l'Austria, a Sofia la Russia fanno la voce grossa, temo si debba assistere ad uno squagliamento generale, al quale noi pure dovremo prender parte, non facendo la migliore delle figure. Io intanto uso della massima prudenza. Vedo tutti, ascolto molto, parlo poco e prometto niente. Debbo d'altronde dire, a lode del vero, che qui nessuno ancora mi ha accennato al desiderio di eventuali formali impegni da parte nostra. Ma una richiesta di tal natura potrebbe venir fatta. Vi sono dei momenti critici in cui la gente non si contenta più di frasi vaghe e generiche. Questi momenti bisogna, a mio avviso, prevederli ed esservi preparati.

Scusa, caro amico, la franchezza del mio linguaggio, ma quando così gravi interessi sono in giuoco si ha il dovere di dire tutto ciò che si crede essere la verità ai superiori e agli amici.

ALLEGATO

La Politica del 30 agosto scrive che la tensione delle relazioni fra l'Austria e l 'Italia è prodotta non già dalle dimostrazioni irredentiste, ma dalla politica balcanica dell'Italia ed afferma essere oggi vera ironia parlare di Triplice Alleanza. Tale stato di cose non potrà che essere utile alla Serbia se saprà trame partito.

Il dottor Patchich si recherà a Parigi per la conclusione di un prestito di 20 milioni che servirà all'acquisto di cannoni a tiro rapido.

La Opozitzija del 30 agosto ha da Costantinopoli che colà sono contenti della coalizione che va organizzandosi contro l'Austria-Ungheria. Intanto sono lieti dell'accordo tra Turchia e Italia al quale sperano vedere unite anche la Serbia e la Bulgaria (telegramma simile è stato pure pubblicato dal Die Zeit di Vienna).

613 1 R. 5231113 del 28 agosto e R. 532/166 del l o settembre, non pubblicati.

614

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1501. Roma, 2 settembre 1904, ore 9,30.

Voglia manifestare Goluchowski favorevolissima impressione prodotta Governo opinione pubblica comunicato Politische Correspondenz1 e voglia esprimergli per ciò miei vivi ringraziamenti. È mia intenzione pubblicare smentita pretesa dichiarazione console Millelire2 e prendeme occasione analogo comunicato agenzia Stefani3• Ma non ancora ricevuto risposta Millelire assente residenza.

2 Cfr n. 607.

3 Il giornale ufficioso tedesco Kreuzzeitung del 7 settembre si augurava la pubblicazione di un comunicato italiano analogo a quello della Politische Correspondenz secondo quanto riportato da Berlino nel R. 1425/502, del 7 settembre, non pubblicato.

614 1 Cfr. n. 595, nota l.

615

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1915/180. Vienna, 2 settembre 1904, ore 18,25.

Ho comunicato telegramma di V.E. n. 1501 1 conte Goluchowski, che mi ha incaricato ringraziarla, manifestando speranza che sforzi comuni possano produrre permanente salutare effetto opinione pubblica due Paesi. Conte Goluchowski si assenterà domani per due giorni visitare suo fratello gravemente ammalato Kissingen.

616

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, SAL VAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1919/22. Il Cairo, 3 settembre 1904, ore 10,40.

Incaricato d'affari inglese assicura non sono vere notizie delimitazione frontiera Tripolitania1 . Presso il mare frontiera è perfettamente indicata e vi si trova costantemente corpo di guardia turco. Nell'interno già lord Cromer mi ha dichiarato ripetutamente, ed ora incaricato d'affari conferma, che l'Egitto non ha interesse avanzare verso l'Occidente.

617

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, SAL VAGO RAGGI

T. 1514. Roma, 4 settembre 1904, ore 21,55.

Per troncare insistenti polemiche suscitate scopo di opposizione ma che agitano opinione pubblica intenderei far pubblicare Tribuna, non peraltro come comunicato ufficiale, dichiarazione che non esiste nessun accordo anglo-turco che modifichi frontiera Cirenaica o quanto meno se qualche accordo di tale genere esiste non si

616 1 Risponde al n. 611.

riferisce che semplice rettifica confini e non diminuisce in nulla valore politico commerciale Tripolitania. Pregola telegrafarmi subito magari dopo essersi abboccato con codesto incaricato d'affari Inghilterra se ritiene corretta tale dichiarazione. Pregola mandarmi risposta in tempo pubblicazione giornali sera 1•

615 1 Cfr. n. 614.

618

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, SALVA GO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1930/22. Il Cairo, 5 settembre 1904, ore I 2.

Incaricato d'affari inglese è in campagna e non vi è treno occidentale questa sera1 .

Da quanto egli ha detto ed io credo esatto, dichiarazione della quale V.E. mi telegrafa potrebbe consistere nella affermazione «non esistono trattative fra l 'Egitto e la Turchia per delimitazione frontiera Tripolitania. Confine perfettamente indicato presso la costa, ove Egitto e Turchia mantengono guardia frontiera. Nell'interno, ove confine non è così evidentemente segnato, una rettificazione di frontiera non diminuirebbe valore politico-commerciale Tripolitania, ma, ad ogni modo, attualmente, nemmeno tale eventualità c'è». Per ciò che mi riguarda credo che sia conveniente non accennare ad accordi anglo-turchi, sui quali nulla posso dire, giacché qualora stessero negoziandosi, il che non ho alcun motivo di sospettare, sarebbero negoziati fra Governo inglese e Governo ottomano, senza che incaricato d'affari inglese ed io se ne debba essere informati.

619

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO 1932/105. Londra, 5 settembre 1904, ore 14 (perv. ore 18).

Facendo seguito al mio telegramma 97 1 sono stato chiamato al Foreign Office per ricevere comunicazione della risposta di Harrington. Quel ministro d'Inghilterra telegrafa in data 28 agosto: l) che informò Ciccodicola prima che questi partisse dei

618 1 Risponde al n. 617. 619 1 T. 1867/97 del27 agosto, non pubblicato, ma cfr. n. 577.

negoziati con Menelik per frontiera sud Etiopia che sarebbero condotti in base a quanto fu convenuto anno scorso Roma e che nostro ministro disse non avere nulla da opporre; 2) che comunicò a Colli, 24 luglio e 14 agosto, essere in trattative per linea Dana; 3) che queste sue trattative sono ora ostacolate dall'attitudine di Colli.

Sottosegretario di Stato aggiunse che marchese di Lansdowne desidererebbe

V.E. prendesse in speciale considerazione quest'ultime.

617 1 Per la risposta cfr. n. 618.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO 1

Roma 6 settembre 1904, ore 13,30.

Per ferrovie confermo precedenti istruzioni ella si manterrà d'accordo rappresentante inglese sostenendolo in modo cauto nella sua azione ogniqualvolta non apparisca contraria nostri interessi.

621

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

L. PRIVATA 43725/336. Roma, 6 settembre 1904.

Faccio seguito, con questa mia lettera privata, al dispaccio in data l o settembre,

n. 3351 , col quale rispondevo al rapporto dell'E.V. in data 15 agosto, n. 3742 , relativo al protettorato dei religiosi in Oriente. Scopo di questa mia lettera privata è di ben chiarirle la ragion d'essere e la portata della circolare relativa allo stesso argomento, che io le ho comunicata con mio dispaccio in data 22 corrente3 , e la quale non pone né deve porre alcun impedimento alla esplicazione della sua opera in conformità di quanto ella mi scrive col ricordato rapporto del 15 agosto.

In verità quella circolare non esprime e non vuole esprimere altro che il mio proposito di evitare ogni dissenso colla Francia, e di non pregiudicare le questioni che potessero sorgere, riservandone al Ministero la decisione. Essa non esprime né implica il riconoscimento di speciali diritti della Francia nel grave e contestato argomento.

2 Risponde al n. 612.

2 Cfr. n. 570. 3 Non rinvenuto, ma per la circolare cfr. n. 582.

Io mi sono indotto a spedire quella circolare in seguito a insistenti preghiere di questo ambasciatore di Francia, il quale affermando come la recente visita del capo della Repubblica francese in Italia e il modo come essa si era compiuta e, in generale, i rapporti della Francia con l'Italia, avevano contribuito alla rottura col Vaticano, manifestava la speranza e la fiducia che il Governo italiano non avrebbe profittato di tale rottura per intendersi col Vaticano ai danni della Francia.

Due proposte di circolari da mandarsi concordemente dai due Governi ai rispettivi consoli in Levante, mi furono presentate dall'ambasciata di Francia4; e l'una e l'altra io respinsi appunto perché implicavano un riconoscimento delle pretese francesi in ordine al protettorato religioso.

Per troncare la questione che, prolungandosi, diveniva incresciosa, e non volendo rifiutarmi ad un atto che mi veniva chiesto come prova di cortesia e di amicizia, compilai io stesso il testo della circolare, la quale non contiene, di concreto, che un'affermazione di amicizia e l'espressione di un desiderio, di mantenere cioè in ogni forma i buoni rapporti con la Nazione vicina. Ma quanto a speciali diritti o a pretese della Francia essa nulla innova a quell'attitudine che il Governo italiano ha sempre mantenuto in proposito, e non inceppa la prudente azione che ella si propone di esercitare.

Queste spiegazioni ho creduto conveniente di darle, per evitare malintesi o interpretazioni che sarebbero contrarie ai miei intendimenti e agli interessi della legittima influenza italiana5 .

620 1 Il telegramma fu trasmesso tramite Asmara.

621 1 Non pubblicato.

622

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1342/617. Vienna, 6 settembre 1904 (perv. il 9).

Quantunque non dubito che il reggente il r. consolato generale di Budapest abbia segnalato all'E.V. l'importante articolo testé pubblicato dal Pester Lloyd sull' Albania1 , credo tuttavia farne cenno nella corrispondenza di questa ambasciata, perché in esso si fa risaltare l'assurdità delle aspirazioni che su quella regione vengono attribuite a vicenda ora all'Austria-Ungheria, ora all'Italia, da una parte della stampa dei due Paesi.

Dopo avere tracciato brevemente la storia dell'Albania e messo in rilievo il carattere indomito e quasi selvaggio di quelle popolazioni, le quali non hanno mai riconosciuto e continuano a non voler riconoscere alcuna autorità, il detto giornale osserva come nella Monarchia austro-ungarica nessun uomo politico e nessun organo serio della pubblica opinione desideri od approvi una simile politica di avventura.

Il Paese ne ha già abbastanza di una missione civilizzatrice in Bosnia ed Erzegovina perché voglia ancora sprecare le sue forze, senza congruo corrispettivo, in una regione, nella quale, da secoli, nessun romano, nessun greco, nessun bizantino, e nessun turco è riuscito ad introdurre la più modesta cultura. Per ciò che concerne l'Italia soltanto il suo peggiore nemico potrebbe incoraggiarla a spingersi in una avventura albanese. L'estensione delle sue coste è sufficiente per permetterle di seguire una politica commerciale a grandi proporzioni. Essa possiede fin troppe città marittime, che una volta erano ricche ed in comunicazione non solo col Levante, ma anche con tutto il mondo ed ora sono abbandonate, perché senta il bisogno di accrescerne il numero con i miserabili porti di Durazzo e di Vallona.

In Italia si ha ragione di apprezzare le colonie albanesi di Napoli e della Sicilia, giacché da esse sono usciti uomini politici del valore di Crispi e di Seismit-Doda, nonché numerosi professori e commercianti; ma occorre non dimenticare che se gli albanesi emigrati nel Mezzogiorno dell'Italia se ne sono appropriati la cultura, quelli rimasti in patria continuano ad essere, come in passato, indomiti e refrattari ad ogni principio di civiltà.

Sarebbe adunque miglior cosa per tutti di non parlare più del cosidetto problema albanese, neppure come politica di congetture. Dal punto di vista poi di una politica pratica e di attualità anche il progetto di un'autonomia o della indipendenza di quella regione perderebbe ogni significato, giacché a nessuna potenza firmataria del Trattato di Berlino viene oggi in mente di scostarsi dal principio della conservazione dello status quo territoriale.

«Qualora poi -così conclude il P ester Lloyd-tale stato di cose non potesse più essere mantenuto, l'Austria-Ungheria sarebbe certamente l'ultima Potenza che si lascerebbe smuovere dalla sua politica difensiva e pacifica. Chi avrà delle velleità di conquista potrà allora fame la prova: però sarà bene che il conquistatore rifletta seriamente al modo con cui possa profittare della conquista e conservarne il frutto durabilmente».

Nell'intonazione dell'articolo ora menzionato si scorge chiaramente l'influenza del comunicato ufficioso pubblicato il 30 agosto scorso2 dalla Politische Correspondez, sopratutto se si mette a confronto il linguaggio benevole che in esso si usa verso l'Italia, con quello dell'ultimo articolo pubblicato dal P ester Lloyd nel suo numero del 28 agosto u.s. 3 .

621 4 Cfr. DDF, II serie, t. V, n. 178, allegato e n. 264. 5 Analogo dispaccio fu spedito in pari data a Tomielli col n. 43728/1085, non pubblicato. 622 1 L'articolo era stato infatti segnalato da Chiaramonte Bordonaro con R. 1502/240 del 2 settembre, non pubblicato.

623

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. PERSONALE 1584. Roma, 7 settembre 1904, ore 17, 15.

Di fronte rinnovate voci raccolte giornali francesi circa richiamo di V. E. il Ministero ha mandato agenzia Stefani comunicato ufficiale per smentirle1 .

3 Cfr. nn. 605 e 606.

622 2 Cfr. n. 595, nota l.

623 1 Le voci del ritiro di Tomi e Ili erano state messe in giro dal Peti t Parisien del 20 aprile e riprese in estate. Il comunicato Stefani di smentita fu pubblicato il 9 settembre. Cfr. TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., pp. 375-376.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI

T. 1527. Roma, 7 settembre 1904, ore 19,30.

S.M. il re ha deciso farsi rappresentare incoronazione da V.S. alla quale invierà lettera autografa da presentare re Pietro.

625

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1528. Roma, 8 settembre 1904, ore 19,25.

D'accordo ministro poste telegrafi intenderei istituire ufficio postale italiano Valona affidando servizio vice console inaugurando ufficio possibilmente l o ottobre. Pregola telegrafarmi se V.E. vedrebbe a ciò difficoltà 1 .

626

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1354/626. Vienna, 8 settembre 1904 (perv. il 13).

La Zeit ha pubblicato, nel suo numero di ieri, una corrispondenza da Roma in cui il suo autore si dimostra piuttosto scettico circa l'effetto moderatore che sarà per avere in seguito sull'opinione pubblica italiana il recente comunicato ufficiale comparso sulla Politische Correspondenz circa i rapporti tra l'Italia e l' Austria-Ungheria1 .

I corrispondenti viennesi di parecchi giornali italiani ~così esordisce la corrispondenza ~hanno riferito che tale comunicato ufficiale ha prodotto nella Monarchia una straordinaria impressione.

Certamente è d'uopo convenire che i due Governi non disponevano quasi di nessun altro mezzo per manifestare pubblicamente le loro vedute per ciò che concerne i rapporti fra l'Austria-Ungheria e l 'Italia, ed il fatto poi che il detto comunicato sia stato pubblicato d'intesa gli attribuisce senza dubbio una certa importanza. Però

626 1 Sul comunicato cfr. nn. 614 e 615.

le speranze che in esso si ripongono, quale freno della stampa italiana ostile all'Austria-Ungheria, si dimostreranno vane.

Infatti simili moniti possono soltanto convincere chi è in buona fede e questa manca assolutamente ai consueti e peggiori istigatori che esistono in Italia contro l'Austria-Ungheria. Ciò appare evidente dal modo con cui il suddetto comunicato venne accolto. E una parte dei giornali della penisola si è limitata a riprodurlo senza osservazioni non volendo, per diversi motivi, mettersi male col Governo, altri l'hanno accompagnato con un paio di frasi maligne a titolo di commento, colle quali si biasima il Governo italiano di essersi mostrato servile verso il Governo alleato.

Qualcuno potrebbe osservare che si tratta già di giornali e non già del pubblico, ma questo «legge veramente le dichiarazioni del Governo, oppure le legge colla premura istessa colla quale presta attenzione alle notizie a sensazione anti-austriache?». È da prevedersi, ad ogni modo, che se domani la Gazzetta di Venezia o Il Secolo oppure un altro giornale qualunque riprenderà la sua campagna di menzogne, i lettori continueranno, come in passato, a tendere l'orecchio, anche «perché i sentimenti anti-austriaci rispondono agli istinti delle masse in parecchie regioni d'Italia».

Il solo mezzo atto a porre un termine a tale stato di cose sarebbe ~secondo la detta corrispondenza~ che il conte Goluchowski autorizzasse l'ambasciata imperiale e reale a Roma a smentire in tono reciso, su tutti i fogli più importanti del Regno, le false notizie mano a mano che vengono pubblicate, indicando il titolo, il numero e il luogo d'origine del giornale che l'ha per primo messe in circolazione.

I lettori comprenderebbero alla fine e l'effetto sarebbe duraturo, mentre il comunicato in pochi giorni sarà passato nell'oblio.

625 1 Per la risposta cfr. n. 627.

627

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 19521174. Therapia, 9 settembre 1904, ore 13.

Telegramma 1528 1•

Relativamente istituzione uffici postali esteri Sublime Porta ha preso posizione ed enunciato suo modo di vedere nei due documenti allegati rapporto Malaspina l o settembre 1902, n. 311 2 . Vi ha, ciò stante, ogni motivo di ritenere assai difficile, per non dire impossibile, autorizzazione esplicita istituzione ufficio postale Valona. Ufficio potrebbe forse venire aperto senza chiasso, senza pubblicità, in modo da non attirare subito attenzione autorità e fare poi trovare Governo ottomano in presenza fatto compiuto. Precedente Janina consiglia tuttavia prevedere eventualità incidente, a risolvere il quale potremmo forse vederci costretti assumere atteggiamento minaccioso. Se tale

2 Non pubblicati nel vol. VII della serie III.

contegno, contegno destinato fatalmente radicare nell'animo sultano innegabile, per quanto ingiustificata, sua diffidenza circa reconditi fini Italia in Albania, coincide con linea generale nostra politica amichevole Turchia, spetta R. Governo di esaminare.

Ricordo, ad ogni buon fine, questione orfanotrofio Scutari d'Albania, Berca e per la quale, stante manifesta riluttanza Governo ottomano, non è da escludere nemmeno necessità di dovere, presto o tardi, ricorrere rimedì drastici.

627 1 Cfr. n. 625.

628

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 19531175. Therapia, 9 settembre 1904, ore 13,55.

Mi riferisco telegramma di V.E. n. 15181•

Tutto ben considerato ho inviato Stranieri telegramma seguente: «Autorizzazione solleva tensione Sublime Porta. Credo opportuno, in attesa soluzione definitiva, riaprire di fatto scuole senza però dare alla cosa alcuna pubblicità. Qualora le venissero dirette osservazioni, risponda che, scuola funzionando già da tempo, ella non ricevette dall'ambasciata alcuna istruzione di chiuderla. Confido pienamente nel tatto di V.S., importando assolutamente evitare incidente». In pari tempo ho diretto Sublime Porta nota ribattendo infondati argomenti addotti per rifiutare autorizzazione. Verbalmente, poi, ho fatto prevenire gran vizir e Ministero degli affari esteri che scuola funzionando già e trovandosi in piena conformità regolamenti ottomani, non potevo assumere responsabilità di farla chiudere.

629

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 1535. Roma, 11 settembre 1904, ore 11.

Atteggiamento capitano Colli 1 si spiega col fatto che proposizioni formulate a Roma 19 dicembre 1903 da delegati inglesi ed italiani non hanno ancora condotto ad un accordo fra i due Governi, e l'adozione della linea del Daua fu accettata dal delegato italiano in via subordinata come controproposta di cui faceva parte l'adozione di altri provvedimenti. Dichiarazione Ciccodicola, sebbene non possa interpretarsi se

629 1 Risponde al n. 619.

non come espressione idea personale, deve necessariamente riferirsi a tutto il complesso della controproposta dei delegati e non alla sola linea del Daua. Ora, se dichiarazione Harrìngton a Ciccodicola che negoziato per confine sud Etiopia sarebbe stato da lui condotto in base a proposizioni formulate a Roma significa che Governo britannico è disposto ad accettare quelle proposizioni, il modo migliore dì eliminare ogni equivoco è che il Governo inglese ci dia di ciò notificazione, dopo di che i due Governi potranno impartire ai loro rappresentanti in Etiopia analoghe istruzioni dì agire concordi in base alle dette proposizioni. Prego la S.V. di fare ciò presente al Foreign Office ed averne esplicite dichiarazioni per concordare subito istruzioni al capitano Colli.

628 1 T. 1518 del 5 settembre, non pubblicato.

630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. PERSONALE S.N. Roma, 11 settembre 1904.

Mentre negoziato commerciale con l'Austria-Ungheria è ancora pendente ed elementare correttezza obbliga le due partì al segreto durante le trattative, con stupore e rammarico vivissimo abbiamo visto che la Neue Freie Presse pubblica in tutti i dettagli le proposte austro-ungariche circa il regime del vino. Io non posso supporre che il conte Goluchowski od altri del Ministero austriaco ed ungherese abbiano commesso tale leggerezza e mancanza alle buone norme internazionali. Ho più tanto ragione dì supporre che tali notizie siano state comunicate dalla ambasciata austroungherese al noto pubblicista de Fiore il quale le avrebbe vendute alla Neue Freie Presse. Ad ogni modo la prego di vedere subito conte Goluchowskì e dì lagnarsi con lui delle [ ... ] 1 esprimendogli il mio rammarico e la sorpresa. Io credo che l'unico modo di rimediare sarebbe che la Politische Correspondenz pubblicasse subito due righe dicendo che le notizie che i giornali pubblicano sul trattato di commercio con l'Italia non sono esatte.

A lei personalmente faccio rilevare che se effettivamente risultasse l'indicazione dell'ambasciatore d'Austria-Ungheria la sua posizione qui diventerebbe difficile.

630 1 Parola mancante.

631

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE .. ./189. Vienna, 13 settembre 1904, ore 14,10.

Non ho potuto parlare che oggi appena col conte Goluchowski senso telegramma personale V.E. di ieri 1• Conte Goluchowski mi ha detto che non aveva letto articolo Neue Freie Presse che lamentava e che supponeva fosse da attribuirsi forse a comunicazioni provenienti da de Fiori. Ho replicato che mi risultava in modo positivo che alcuna indiscrezione non era stata commessa da nostra parte. Conte Goluchowski ha aggiunto che se particolari contenuti articolo Neue Freie Presse di cui gli ho riferito sostanza corrispondessero realtà non avrebbe potuto far dichiarare a mezzo Politische Correspondenz che non erano esatti, perché domanda essi esser resi di notorietà pubblica tra alcuni giorni avrebbe così tolto ogni autorità alle ulteriori note ufficiose che fosse stato in grado fare inserire in seguito quel periodico. In tal caso però avrebbe fatto pubblicare nota dichiarante su per giù che notizie messe in giro circa trattato commercio con l'Italia erano premature, i due Governi non avendo preso ancora alcuna determinazione al riguardo. Per contro se particolari in discorso fossero inesatti li avrebbe fatti smentire da Politische Correspondenz. Ma gli era anzi tutto necessario di conferire con capo ufficio stampa Ministero imperiale e reale per stabilire tenore nota ufficiosa che avrebbe fatto inserire subito nel detto giornale2 .

632

IL VICECONSOLE A BENGASI, MONDELLO, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

L. Bengasi, 14 settembre 1904.

Le restituisco la qui acclusa 1: alla più parte dei quesiti è soggiunta risposta nei separati rapporti che le invio. l fucili sono depositati (ahi quante volte detto), in Bengasi vicino la caserma del Berca: circa 20.000. Non credo né mi consta che l'Inghilterra abbia consigliato una maggiore attività difensiva.

2 Il Correspondenz Bureau del 13 settembre pubblicò una nota secondo la quale le notizie giornalistiche sulla avvenuta stipulazione del trattato commerciale con l'Italia dovevano considerarsi «come premature e accogliersi con riserva relativa pubblicazione ufficiale».

Il contegno delle tribù indigene dell'interno sarà improntato a sospettosa diffidenza verso un invasore. Mercé un atteggiamento savio e fermo si potrebbe riuscire a ammansirle e a evitare conflitti sanguinosi. Altrimenti darebbero del filo da torcere. Non si tratta di fortificare né Bomba né Tobruk né altri siti ma di costruire piccoli fortilizi o meglio rifugi per le relative microscopiche guarnigioni.

Quello di cui bisogna preoccuparsi si è di una possibile risvolta del fanatismo mussulmano di soldati turchi e della plebaglia araba della città in caso di una imminente invasione e quindi della responsabilità in cui si incorrerebbe anche verso quelle Nazioni che hanno sudditi da proteggere come l'Inghilterra e la Francia.

Tutto starà nel modo dello sbarco e nella segretezza. La novità del telegrafo in Bengasi aumenta tale difficoltà. Dico questo accademicamente, ma non credo inutile richiamare l'attenzione di cui spetta in quest'ultimo caso. La ringrazio della cortese accoglienza fatta a mio fratello il quale mi ha fatto una graditissima sorpresa. La mia salute è buona ma sono sempre torturato da melanconici pensieri. E come non esserlo.

Che ne dice del movimento consolare?

Quando verrà la mia volta? Ah se potessi riuscire presto e bene: che Dio mi aiuti.

A bordo dell'«Amerigo Vespucci» c'era imbarcato con gli allievi ufficiali il principe Ferdinando di Savoia figlio di S.A. il duca di Genova. Nessuno degli allievi è sceso a terra. Che bel tipo quel comandante. Io sono cascato dalle nuvole: meno male che mi ha promesso che a Dema farà il debito suo. Io sono rimasto mortificato: se devono fare di queste magre figure, che non vengano.

Il pascià aveva fatto preparativi con musica e rinfreschi di sua iniziativa. Ho soppresso ogni cosa tranne gli onori resi da una compagnia militare che fu anche troppo. Mi conservo la sua preziosa benevolenza.

P.S.: La grave sciagura che ci colpì nella persona del povero Emanuele è venuta proprio a proposito!! Che Iddio ci protegga. La ringrazio2 .

631 1 Cfr. n. 630.

632 1 La lettera si riferisce evidentemente alle richieste di cui al n. 556.

632 2 Mondello il l O ottobre scrisse il rapporto (236/135) relativo al contrabbando di armi in Cirenaica di cui si pubblica il passo seguente: «Questo lucroso commercio è ormai di vecchia data: ma io mi domando se non vi sia un mezzo per frenarlo; se noi pur essendo dettagliatamente informati dobbiamo continuare ad assistere impassibili a questo cotidiano rifornimento di armi degli indigeni della Cirenaica. Grazie a questi mercanti, gli indigeni della Cirenaica sono armati di eccellenti fucili, e provvisti abbondantemente di cartucce, che un giorno potrebbero essere rivolti contro il petto dei soldati di quel Governo qualsiasi che volesse occupare questo Paese».

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1553. Roma, 15 settembre 1904, ore 12,30.

Jersera quando negoziati trattato erano considerati completamente esauriti ci è stata fatta dalla delegazione austro-ungarica comunicazione seguente: «Governo ungherese in presenza grave commozione suscitata notizie diffuse' circa concessione fatta vino si preoccupa grave responsabilità stipulazione applicazione d'un regime non ancora approvato Parlamento. Aprendosi questo 13 ottobre Governo austroungarico nell'intento soddisfare Governo ungherese chiede modificare accordo provvisorio nel senso che nuovo regime doganale vino e relativi compensi decorra solamente dal l o novembre o almeno dal 28 ottobre prorogando fino a quella data accordo provvisorio vigente». Tale proposta fu categoricamente respinta dal R. Governo per ragioni tecniche e politiche che V. E. facilmente comprende. Debbo aggiungerle per sua notizia che ambasciatore austro-ungarico ebbe a dire confidenzialmente senatore Malvano che si rendeva conto del rifiuto del Governo italiano e lo prevedeva. È mia impressione che conte Goluchowski abbia trasmesso proposta per condiscendenza di fronte pressioni Governo ungherese pur comprendendone poca convenienza nessuna speranza accettazione. Ad ogni modo desidero che ella si rechi dal conte Goluchowski comunicandogli come siano stati costretti respingere proposta che in verità non ci attendevamo stato attuale negoziati. Voglia fargli rilevare altresì che diffusione notizie che determinarono agitazione Ungheria dovuta indiscrezioni giornali austriaci, mentre Governo negoziatori italiani dimostrarono ancora una volta loro attitudine serbare assoluto segreto. Del resto faccia notare che Governo italiano assume responsabilità ben più gravi facendo conoscere alle popolazioni che nel trattato definitivo è abbandonato il vino senza poter fin d'ora enunciare compensi per l'obbligo del segreto sul trattato definitivo che come V.E. sa è richiesto dall' Austria-Ungheria per suoi ulteriori negoziati e sapendo d'altronde che tali compensi non possono equivalere gravissima rinunzia.

633 1 Cfr. n. 630.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, P ANSA, A PARIGI, TORNIELLI E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO 1

D. RISERVAT02 . Roma, 17 settembre 1904.

Siccome era stato annunziato, Sua Altezza Reale il principe Giorgio di Grecia, alto commissario in Creta, iniziò il suo viaggio per le capitali delle quattro Potenze protettrici, cominciando dalla Russia, e, dopo aver avuto, il l 0 di questo mese, un lungo colloquio, alla Consulta, col sottosegretario di Stato, si recò a visitarmi a Desio, ove diffusamente ci intrattenemmo delle cose di Creta.

Per informazione della E.V./S.V., riassumo le dichiarazioni fatte e le cose dette da Sua Altezza e le risposte che ne ebbe. Egli parlò a lungo delle condizioni dell'isola che non esitò a giudicare assai gravi. Dichiarò essere sua convinzione che qualora le Potenze non consentano ad una risoluzione conforme ai voti delle popolazioni, la rivoluzione scoppierà, sia che egli rimanga, sia che egli si ritiri. Particolarmente ha insistito sulla difficile situazione personale che a lui vien fatta da questo stato di cose creato provvisoriamente, e che ormai si prolunga da sei anni, senza poter vedere quando e come finirà. Dichiarò nel modo più assoluto la sua intenzione di dimettersi in dicembre, allo scadere del secondo triennio del suo mandato.

Non risparmiò le sue lagnanze verso le quattro Potenze che, a suo dire, anziché facilitargli il difficile compito, lo renderebbero ancora più difficile col rifiuto costante a tutte le sue domande, col ritardo e spesso colla omissione delle risposte alle sue richieste.

Se le Potenze, esso disse, per un riguardo alla Sublime Porta, non credono di poter consentire ad una annessione formale, egli propone la creazione di uno stato di cose corrispondente a quello creato per la Bosnia Erzegovina, il quale, mantenendo in principio l'alta sovranità della Porta, darebbe alla Grecia l'amministrazione e l'occupazione militare. Se l'Italia (disse il principe) non può assumere un'iniziativa di tale genere, che almeno essa non si opponga, qualora tale iniziativa fosse assunta da un'altra potenza.

Tali in sostanza le dichiarazioni del principe, svolte in una lunga conversazione.

Le mie risposte furono assai riservate, insistendo sulla necessità di conservare l'accordo fra le Potenze e di far precedere quindi qualunque risposta concreta da uno scambio di vedute che ancora non aveva avuto luogo. Gli fu dichiarato che l'Italia non avrebbe potuto prendere un'iniziativa come quella desiderata dal principe, ma che egli non poteva dubitare della nostra costante, sincera simpatia per la popolazione di Creta. Si accennò agli inconvenienti della soluzione da lui proposta. Si rilevò la gravità della decisione che egli annunziava delle sue dimissioni, ritenendo e sperando che non vi avrebbe dato seguito. Di fronte alle insistenti e qualche volta perfin troppo

vivaci rimostranze contro il contegno delle Potenze, gli fu detto che se egli si doleva delle Potenze, queste alla loro volta si dolevano della sua amministrazione, specialmente dal punto di vista finanziario. A ciò nulla di concreto rispose il principe.

Sua Altezza Reale mi consegnò, inoltre, un memorandum3 sulle condizioni attuali dell'isola e sui provvedimenti che le Potenze protettrici dovrebbero adottare per migliorarne ed assicurarne la sorte ed io ho assicurato il principe che per parte mia avrei portato su quel documento la più benevola attenzione.

Del memorandum stesso la E.V./S.V. troverà parimenti qui compiegata una copia.

634 1 Il documento è firmato da Fusinato ma scritto in nome di Tittoni. 2 Il dispaccio fu inviato all'ambasciata a Londra con n. 45411/413, a Parigi con n. 45412/1121 e a Pietroburgo con n. 45413/182.

635

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1983/75. Parigi, 19 settembre 1904, ore 5,30.

Mentre ho disposto per la pubblicazione nel!' Agenzia Ha vas di una comunicazione da Roma rassicurante per il nostro credito', alcuni giornali del mattino recano notizie gravi mandate dai loro corrispondenti. Si riproduce dal Gazzettino del popolo di Genova che nella sommossa della notte del 17, vi furono 80 morti. Si aggiunge che lo stato d'assedio è proclamato in quella città. Si annuncia da Milano che i dimostranti vollero fare ritirare bandiera dal consolato di Francia il quale l'avrebbe mantenuta esposta malgrado il tafferuglio che ne seguì. L'assemblea popolare della Arena avrebbe fatto delle ingiunzioni ai deputati della estrema sinistra. Gli scioperanti avrebbero assalito gli omnibus degli alberghi. Il servizio delle ferrovie sarebbe disorganizzato. Gli oratori che nel meeting consigliarono cessazione dello sciopero sarebbero stati aggrediti a sassate. Se come giova sperare questi particolari sono falsi occorre una recisa smentita. Finora la Borsa non pare risenta di queste notizie le quali fanno dire ad alcuni giornali che si crederebbe essere in presenza di una vera rivoluzione. Più tardi telegraferò circa contegno della Borsa nella giornata d'oggi.

634 3 Non pubblicato.

635 1 Con T. 1557 del 18 settembre Tittoni aveva incaricato Tornielli di dare notizie rassicuranti alla stampa francese in merito allo sciopero generale avvenuto in Italia.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI

L. Roma, 19 settembre 1904.

Non mi riesce facile di rispondere alla tua lettera privata del l o settembre1• Per farlo in maniera adeguata, dovrei trattare dei nostri rapporti generali con l'Austria, e della nostra politica nei Balcani; che è quanto dire i due punti più difficili e più delicati della nostra politica estera.

Ma sarà sufficiente che io ti dica alcune cose essenziali, per rispondere alle domande precise che mi rivolgi.

Dal punto di vista logico il tuo dilemma è perfetto: o intenderei (come tu scrivi) col Gabinetto di Vienna sulla base di un do ut des mettendo fine una buona volta alle punture di spillo, oppure adottare recisamente una politica an ti-austriaca.

È evidente come questo secondo indirizzo sarebbe inconciliabile colle attuali alleanze, e con quella lealtà politica alla quale sopratutto io tengo. D'altronde i nostri patti con l'Austria per ciò che riguarda la reciproca azione nei Balcani sono appunto inspirati al criterio della vicendevole garanzia.

Ma tu mi insegni che una politica saggia e prudente deve andare al di là dei trattati, e preoccuparsi delle mutevoli condizioni politiche in mezzo alle quali i trattati medesimi vengono applicati, e le quali inevitabilmente ne alterano la efficienza e la portata.

Io consento con te nel ritenere che l'attuale politica austriaca nei Balcani non aspiri ad annessioni territoriali. Essa tende a mantenervi ed accrescervi il proprio prestigio morale, a svolgervi i propri interessi materiali, e a conservare una situazione di cose la quale le permetta anche un'espansione territoriale, qualora le mutate condizioni politiche le facessero apparire ciò utile o necessario.

In tale condizione di cose, l'Italia che, aliena in modo assoluto da qualunque occupazione territoriale, mira, nel presente momento politico, al leale mantenimento dello status quo, diventa la naturale alleata di tutte quelle tendenze, di tutte quelle forze e di tutte quelle resistenze, le quali, pur essendo determinate da moventi e interessi assai diversi, indirettamente cooperano a quel risultato finale, e quindi ho veduto con simpatia l'unione più intima che si è formata tra Serbia, Bulgaria e Montenegro.

I buonissimi rapporti che tu intendi di mantenere, e naturalmente devi mantenere, col ministro austriaco non sono quindi in nessun modo incompatibili con la simpatia con cui noi dobbiamo considerare ed eventualmente favorire quei ravvicinamenti fra gli Stati balcanici che costituiscono una notevole garanzia diretta e indiretta per il mantenimento dell'attuale situazione politica.

Tu prevedi la possibilità di una domanda di eventuali formali impegni da parte nostra.

Non so quali impegni di tal genere ci potrebbero esser chiesti, non vedo quale atto da parte nostra giustificherebbe una tale richiesta. Cosicché, nonostante tutto, credo che la possibilità da te preveduta non sarà per verificarsi.

Qualora si verificasse, questo è certo: che io non consentirei mai ad impegnare il Paese in una subdola politica di pericolose avventure, contraria a quella linea di condotta che ci impongono le nostre alleanze e la funzione di pace che l'Italia, fedele alle sue tradizioni, vuoi continuare ad esercitare.

Del resto il contegno che tu mi scrivi di aver assunto e di voler continuare ad assumere, di veder tutti, di ascoltar molto, parlar poco, promettere niente, è quello che si inspira alla maggiore prudenza, e che corrisponde alle delicata situazione, che io non mi nascondo, del rappresentante d'Italia, tra tante rivalità, fra tanti sospetti, fra così diverse ambizioni e tendenze.

636 1 Cfr. n. 613.

637

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 431/140. Janina, 20 settembre 1904 (perv. il 23).

Ho ricevuto il pregiato foglio che V.E. mi ha fatto l'onore di dirigermi in data 13 settembre corrente al n. 44692/85 di Posiz. 17 1 , in merito ai buoni rapporti fra l 'Italia e la Turchia, ed agli ordini che furono impartiti a questo valì, acciò voglia mutare condotta a nostro riguardo 2 .

Se V.E. vuoi riandare i miei passati rapporti, ella si accorgerà facilmente che io sono sempre stato fautore di una stretta intesa colla Turchia, colla quale infatti ci legano interessi reciproci di primo ordine, ed anzi più che buoni rapporti io ho sempre desiderato, come lo desiderano non pochi albanesi musulmani influenti, una vera e propria alleanza, con patto scritto.

Ciò premesso, io dirò a V.E. che non dubito come S.M. il sultano sia animato verso di noi da buoni sentimenti; sono quasi certo che gli stessi sentimenti nutre il gran vizir Ferid pascià, di cui conosco intimamente due fratelli, per averli avvicinati ed essere stato con essi in domesticità a Vallona, ma purtroppo ho il dubbio che il valì, nonostante gli ordini ricevuti, voglia cambiar sistema.

Bisogna conoscere questo governatore da vicino per poter giudicare di lui. Quando egli ha in capo un'idea fissa, quando ha preso un'avversione, egli, da vero tartaro che è, non può mutare il suo istinto che per frenologia, forse, lo spinge al male; egli non può mai vincere se stesso in virtù di una forza arcana, di una suggestione che lo domina; mi permetta V.E. l'esempio scurrile, egli è come le scimmie che, per quanto ammaestrate, istintivamente commettono certi atti osceni. E di ciò che espongo, ne sottopongo ora a V.E. delle prove irrefutabili.

Non appena il governatore seppe ultimamente che io mi sarei recato per quindici giorni ai Bagni di Conitsa per salute, e lo seppe da me stesso, che andai in persona ad annunciarglielo, inviò quasi subito ai Bagni un commissario di polizia per sorve

2 Cfr. n. 600.

gliarmi, non prendendo neppure le precauzioni di farlo vestire in borghese, giacché venne infatti coi suoi abiti militari, usati dalla polizia.

Oltre ciò appena venne a sapere indirettamente che il Nicola Craia aveva dato la dimissione da dragomanno del consolato d'Italia, senza aspettare che io gliene dessi comunicazione ufficiale, che infatti ancora non fu data, egli telegrafò subito a Scutari, dove si era recato il Nicola Craia, acciò gli fosse fatta una minuta perquisizione, credendo di scoprire chi sa quali segreti. L'Autorità di Scutari, in seguito a tali ordini, e dietro istigazione di questo governatore, non tenendo alcun conto che il Craia era ancora virtualmente dragomanno, perché nessuna comunicazione in proposito alla sua dimissione era stata fatta, lo assoggettò infatti nel suo domicilio ad una perquisizione minuziosissima, sequestrando tutte le carte, libri, giornali, che egli aveva.

Ora non vi è punto di dubbio che questa sua maniera di agire non solo mostra il suo livore contro di noi, ma è anche scorrettissima, in quanto che la visita nel domicilio di un dragomanno di un consolato straniero non poteva aver luogo senza l'intervento del console, e mi consta che il console nostro a Scutari, cavalier Leoni, non fu punto avvertito per intervenire.

Non contento di queste sue aperte misure di diffidenza, ne ha voluto ancora aggiungere un'altra, che passa, secondo me, tutti i limiti del tollerabile.

Siccome stanno per riaprirsi in Vallona le nostre scuole, io mi pregio di accludere qui in seno, in traduzione, un manifesto3 dell'Autorità ecclesiastica di Vallona, nel quale apertamente, senza raggiri, si diffidano i parenti ortodossi a non mandare i loro figliuoli alle scuole italiane, perché il vilayet, ossia il valì, esprime il suo malcontento per questo fatto.

Come vede V.E., questo manifesto passa la misura, e si può chiamare non solo scortese, ma del tutto sconveniente, perché scende persino a nominare tassativamente le nostre scuole, mentre gli ordini ricevuti avrebbero dovuto renderlo più guardingo, se non fosse altro, almeno in apparenza verso di noi, in vista precisamente dei buoni rapporti esistenti.

Capisco benissimo che probabilmente il governatore non avrebbe desiderato che quelle sue istigazioni fossero pubblicate, ma il facente funzione di vescovo ortodosso a Vallona, per eccesso di zelo e per troppa ignoranza ed ingenuità, ha con quel manifesto scoperte e messe in pubblico le maligne disposizioni del valì a nostro riguardo.

Il governatore avrebbe almeno dovuto per prudenza sconfessare o far togliere quelli affissi appena conosciutili e pubblicati, ma non lo fece affatto ed essi rimangono ancora attaccati alla porta delle chiese, in prova della sua animadversione.

Tutto ciò dimostra chiaramente che egli non ha non solo mutato condotta, ma che non intende mutarla, giacché questi fatti si sono svolti ultimamente, anzi in questi ultimi giorni, e quindi senza dubbio dopo gli ordini duplici ricevuti.

Ora se le nostre buone relazioni colla Turchia dovranno trovare la loro applicazione soltanto in parole, io non saprei vedere quale vantaggio ne potremmo noi ricavare4 . Il governatore non ascolta nessuno, egli disubbidisce tutti i ministri del sultano, il gran vizir per il primo, col quale ha un astio personale, perché crede di essere

sostenuto ad oltranza da S.M. il sultano ed in una parola fa tutto quello che vuole, senza render conto a nessuno, e se qualche volta il Palazzo gli chiede conto di certi fatti che non piacciono neppure al sultano, egli risponde o travisando del tutto i fatti, ovvero mentendo spudoratamente, negando ciò che egli effettivamente ha compiuto.

Questa razza di governatori, che disgraziatamente non sono rari in questi Paesi, sono quelli che daranno il tracollo alla Turchia.

In questi ultimi giorni, Osman pascià, senza un plausibile motivo, fece ancora imprigionare quel tale Ahmed Culiussi, uno dei più facoltosi musulmani della città, lo stesso che già incarcerò e mandò in esilio tempi addietro. Tutto ciò per sfogare la sua avversione ed antipatia contro di lui, e mi fu detto in confidenza che l'accusò di reato insussistente, e che il procuratore del re avendo timidamente osservato come non vi fosse luogo a procedere contro il Culiussi, il valì irato disse al procuratore di far ben attenzione che se egli avesse liberato l' Ahmed Culiussi, egli avrebbe preso il di lui posto nella prigione, cosicché il procuratore del re tiene quel notabile in prigione senza sapere che cosa fare.

Ritornando ora alle nostre scuole, è evidente che se non si mette un freno a queste insistenti persecuzioni del valì, in un tempo più o meno lontano saremo obbligati a chiuderle. Quale suddito ottomano manderà i suoi figli alle nostre scuole dopo quel manifesto, quando sa che ciò provoca il malcontento del valì e quando purtroppo conosce per esperienza che il malcontento del valì si traduce per lui nel carcere e completa rovina!!

637 1 Non pubblicato.

637 3 Non si pubblica. 4 Annotazione a margine: «Confrontare con quanto scrive Imperiali colle stesse parole».

638

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1442/687. Vienna, 23 settembre 1904 (perv. il 26).

L'articolo del senatore Villari comparso sulla Neue Freie Presse e da me trasmesso alla E.V. col rapporto del 15 settembre n. 1408/6681 , ha provocato da parte della Triester Zeitung risposte e commenti che ad ogni buon fine stimo opportuno di segnalar!e.

In tali commenti, che sono riportati dalla Zeit e dal Vaterland, la Triester Zeitung, dopo aver dichiarato che tutta la stampa italiana, salvo poche eccezioni, è più o meno irredentista, passa a descrivere, prendendo a testo gli stessi giornali italiani, le feste di Udine dello scorso anno e le manifestazioni di irredentismo cui diedero luogo. Ricorda un discorso irredentista tenuto in Udine dal sottosegretario di Stato

italiano dell'istruzione pubblica, e un altro tenuto pure in Udine da Ricciotti Garibaldi, e fa rilevare che mentre le bandiere di Trieste, di Gorizia, di Trento, della Dalmazia sventolarono, senza ostacoli da parte dell'autorità italiana, a Venezia, a Milano, a Brescia, a Roma, in quest'ultima città si metteva pubblicamente il fuoco a bandiere austriache. Il giornale in parola osserva pure che l'ambasciata austro-ungarica in Roma deve essere sempre custodita da numerose guardie, e passando alle associazioni irredentiste in Italia, le rappresenta come una estesa associazione i cui non dissimulati intenti sono essenzialmente ostili all'Austria. Con una di queste società si sarebbe trovata in rapporti quella ginnastica di Trieste ora disciolta in seguito alla scoperta delle bombe da essa detenute; le bombe stesse sarebbero state di provenienza milanese. A tutto ciò la Triester Zeitung contrappone il quadro dei numerosi italiani che vivono e prosperano in Austria sotto la protezione del Governo imperiale e conclude dicendo che l'irredentismo in Austria è puramente immaginario.

Nel trasmettere all'E.V. i due articoli della Zeit e del Vaterland che riportano in riassunto quello pubblicato dalla Triester Zeitung ...

638 1 Non pubblicato. Secondo Villari, l'opinione pubblica tedesca e austriaca riteneva erroneamente che l'irredentismo «si propaghi dall'Italia nelle province italiane dell'Austria, mentre in realtà è esattamente l'opposto che si verifica».

639

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 46489/1I45. Roma, 24 settembre 1904.

Segno ricevuta a V.E. dei due rapporti n. 1110, 1112, in data 5 corrente 1 , relativi l 'uno alla proposta della Russia circa il prestito di 5 milioni al Governo cretese, e l'altro alla comunicazione fatta all'E.V. da codesto Ministero degli affari esteri, in ordine all'opportunità di una intesa fra i Gabinetti delle Potenze protettrici per quanto concerne l'assetto dell'isola di Creta.

Su quest'ultimo punto ella, in previsione delle ulteriori comunicazioni da fare a codesto Ministero, mi esprime il desiderio di conoscere sin d'ora il mio pensiero su

questo punto: se, cioè, sarebbe sufficiente il concorso delle sole quattro Potenze protettrici per modificare sostanzialmente la condizione politica dell'isola di Creta, o se invece (come all'E.V. sembra) non dovrebbe richiedersi il consenso di tutti gli Stati garanti dell'Impero ottomano.

Io non esito a consentire nell'opinione di lei, tendente a mantenere e riaffermare il principio del concerto europeo in tutte le questioni relative all'Impero ottomano. Questa tesi noi abbiamo sempre sostenuta e sosteniamo nella questione balcanica, e non potremmo senza contraddizione e pericolo abbandonarla per Creta.

È certo peraltro che, anche a prescindere dal vincolo puramente formale che unisce tuttora Creta all'Impero ottomano, per nessun'altra regione appartenente all'Impero stesso, la prevalenza degli interessi e della azione di talune Potenze si è manifestata in una maniera così precisa e formale come per Creta. Sicché, ad ogni modo, è ben giusto che qualunque mutamento alla situazione politica dell'isola sia previamente esaminato e approvato dalle Potenze protettrici. Dopo di ciò sarà il caso di esaminare se, prima di dare effettiva esecuzione alle deliberazioni delle quattro Potenze, non sia il caso di sottoporle anche agli altri Stati firmatari del Trattato di Berlino. Tale questione dovrà essere esaminata d'accordo tra le quattro Potenze. Io mi propongo sin d'ora di sostenere la tesi alla quale anche l'E.V. accede, quando se ne presenti l'occasione. Ma anche in ciò sarà conveniente che le quattro Potenze procedano di pieno accordo; ond'è che prima di conoscere l'opinione in proposito degli altri tre Stati, sarà conveniente che il linguaggio nostro si mantenga alquanto riservato.

639 1 Si pubblica solo il passo seguente del primo dei due rapporti: «"L'agenzia Havas d'oggi pubblica, in forma di corrispondenza da Atene, un articolo tendente a dimostrare che l 'annessione della Creta al Regno ellenico è il solo modo di risolvere le difficoltà nelle quali è impigliato il Governo dell'alto commissario". Trasmetto qui unito l'articolo pubblicato dell'agenzia anzidetta. Nella mia comunicazione al Governo francese mi sono attenuto strettamente al contenuto delle impartitemi istruzioni telegrafiche e conseguentemente ho fatto cenno soltanto dell'opportunità che le risposte dei quattro Stati protettori siano preventivamente fra i medesimi concordate e della buona disposizione di V. E. ad agire perché uno scambio di vedute possa effettuarsi a tale riguardo. Ma, nell'ipotesi in cui, nel corso delle conversazioni che io dovessi ulteriormente qui avere sovra questo soggetto, sorgesse l'osservazione che, non il concorso delle sole quattro Potenze protettrici, ma quello di tutti gli Stati garanti dell'Impero ottomano sarebbe necessario per modificare sostanzialmente la condizione politica della Creta, mi premerebbe conoscere anticipatamente il pensiero del Governo di Sua Maestà sovra tale assunto. Questo infatti si collega con la tendenza palesatasi negli ultimi tempi ad ammettere la prevalenza degli interessi di talune Potenze nelle singole questioni relative all'Impero ottomano, tendenza che, a parer mio, è in opposizione al concerto europeo nel Congresso di Parigi ed il medesimo si è confermato in quello di Berlino».

640

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO E A VIENNA, AVARNA

Roma, 24 settembre 1904.

Lo svolgersi successivo della corrispondenza non telegrafica fra la r. ambasciata in Costantinopoli e questo Ministero ha messo in chiaro che un errore di cifra, verificatosi sulla interpretazione del telegramma di questa r. rappresentanza del 7 agosto p.p., n. 1432 , aveva dato luogo ad un equivoco circa l'iniziativa presa da questo ambasciatore di Russia nella questione relativa all'aumento degli ufficiali esteri in Macedonia.

Il signor Zinovieff, in realtà, prese bene la iniziativa del colloquio col marchese Imperiali, riferito in quel suo telegramma, e della proposta che il R. Governo facesse qualche passo presso il generale De Giorgis per rimuoverlo dalla sua opposizione a

n. 46492/541. 2 T. 1737/143, non pubblicato.

detto aumento, ma non andò oltre; finché l'espediente, di ritardare di un altro mese l'invio degli ufficiali, fu escogitato e additato a questo Ministero, che lo approvò, personalmente dal marchese Imperiali.

(Per Vienna) Ciò posto debbo rettificare il contenuto del telegramma, riservato alla persona di lei, che le trasmisi li 19 agosto successivo3 per quanto riguarda l'origine del proposto espediente. Per ciò che concerne, però, gli apprezzamenti che, in quel momento, mi erano suggeriti dal contegno di codesto Governo, non ho, per verità, neppure ora ragione di modificarli. A parte il fatto che la proposta non era di iniziativa russa, l'accoglienza, però, incontrata da quella nostra [ ... ]4 così presso gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia a Costantinopoli, come presso i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna, presentò, come la S.V. rileverà dai documenti diplomatici che le perverranno, differenze abbastanza sostanziali da giustificare ad ogni modo interamente qui miei apprezzamenti.

Per quanto si tratta, ormai, di una fase definitivamente chiusa per quanto ci concerne della questione generale, ho creduto necessario fornirle queste delucidazioni per ristabilire, anche riguardo al passato l'esattezza della cosa ed eliminare così la possibilità di qualsiasi malinteso.

(Per Pietroburgo) Ciò posto, mi conviene rettificare la parte del mio telegramma in data del 19 agosto p.p., n. 14265 , che riferisce la genesi di quella proposta, il che non toglie che la medesima sia stata, effettivamente, comunicata, daprima e raccomandata di poi, costì, dal signor Zinovieff.

Per quanto si tratta di una fase ormai chiusa, in quanto ci concerne, della questione generale, ho creduto opportuno di partecipare quanto precede, per ristabilire, anche riguardo al passato, la esattezza delle cose, e perché ella conosca la ragione per cui dal testo del telegramma ora ricordato, che apparirà sulla raccolta dei documenti diplomatici, è stata tolta la parte che si riferiva alla iniziativa comunemente attribuita all'ambasciatore russo in Costantinopoli.

640 1 Inviato all'ambasciata a Pietroburgo con il n. 46523/186 e all'ambasciata a Vienna con il

641

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1607. Roma, 25 settembre 1904, ore 11,20.

Prego recarsi subito dal conte Goluchowski per esprimergli la mia grande soddisfazione per la conclusione delle trattative commerciali che consolideranno i buoni rapporti tra i due Stati 1•

640 3 Cfr. n. 578. 4 Parola illeggibile. 5 Cfr. n. 580.

641 1 Per la risposta cfr. n. 643.

642

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A CONSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1608. Roma, 25 settembre 1904, ore 12,45.

Rapporto da Derna in data l Osettembre1 assicura che commissario polizia continua restare a funzionare in quella località. Non potendo mettere in dubbio affermazione r. agente consolare pregola di esprimere a codesto Governo mia indignazione per così palese mancanza di fede e la mia risoluzione ricorrere ai più energici provvedimenti, qualora non ci venga data immediata soddisfazione. In pari comunico a V.E. che alcuni giornali italiani affermano mutasseriff Bengasi e caimacan Derna non destituiti ma solamente trasferiti ed a sedi migliori. Non posso credere notizia, prego, ad ogni modo, assumere precise sicure informazioni2 .

643

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 20081197. Vienna, 25 settembre 1904, ore 17,15.

Ho comunicato subito il telegramma di V.E. n. 16071 al conte Goluchowski che mi ha pregato di ringraziarla e di manifestarle, alla sua volta, la sua vivissima soddisfazione per la conclusione delle trattative commerciali che consolideranno i buoni rapporti tra i due Stati.

644

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 581/181. Belgrado, 25 settembre 1904 (perv. il 20 ottobre).

Come la E.V. sa l'Inghilterra, che non ha più a Belgrado il suo rappresentante diplomatico, non ha modificato per nulla la sua attitudine ostile verso questo Governo nemmeno in occasione della incoronazione. Ciò non meraviglia, ma riesce però meno spiegabile la raddoppiata violenza nel linguaggio della stampa inglese, soprattutto di un giornale così autorevole e ponderato quale è il Times.

2 Cfr. n. 646. 643 1 Cfr. n. 641.

Certo l'Inghilterra in molte occasioni ha voluto far credere che, in certe quistioni di ordine morale, essa ha l'epidermide più sensibile di quella delle altre nazioni; ma se si pensa che, quando il suo interesse lo esigeva, ha assistito con serena impassibilità a delitti e ad eccidi terribili di cui altri Paesi orientali sono stati il teatro, vi è da chiedersi se in questa recrudescenza d'indignazione britannica la politica non entri proprio per nulla.

L'attitudine di Londra non si lega forse a quella di Pietroburgo, mediante un filo che passa attraverso Copenaghen? È certo che la condotta della Russia qui è riescita inesplicabile dacché, sola fra tutte le grandi Potenze, non ha incaricato di una missione speciale il suo rappresentante in occasione della incoronazione. Il fatto è stato molto commentato, destando dolorosa impressione fra la gente slava.

Una persona in grado di conoscere i retroscena della Corte russa mi diceva a questo proposito: «Ce sont des intrigues de femme». La E.V. sarà in grado, per mezzo dei nostri ambasciatori a Londra e a Pietroburgo, di poter sapere cosa vi sia di serio in queste supposizioni.

642 1 Non rinvenuto.

645

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2009/13. Pechino, 26 settembre 1904, ore 10,10.

Monsignor Fiorentini, qui giunto, mi prega far pervenire Associazione seguente telegramma: «Dichiaro volere e potere rimettere Missioni sotto il protettorato Governo italiano».

Monsignore insistendo per fare codesta dichiarazione alla Associazione, non alla legazione di Sua Maestà, e per altre circostanze del nostro colloquio, temo possibile qualche equivoco e ritengo necessaria una domanda esplicita del vescovo alla legazione di Sua Maestà di voler tornare sotto il protettorato italiano ed una domanda formale dei passaporti. Senza che Associazione dovrebbe rifiutare di dar corso regolamento indennità.

646

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2010/178. Therapia, 26 settembre 1904, ore 10,40.

Rispondo telegramma n. 16081•

Gran vizir ha ricordato oggi sua precedente dichiarazione, cioè che commissario polizia non dipende direttamente dalla Sublime Porta, ma dal mutessarif Bengasi,

cui venne, a suo tempo, data istruzione destituire quel funzionario. Ciò premesso, nel dare piena, intera, soddisfazione Governo di Sua Maestà, Sua Altezza ha, seduta stante, in mia presenza, inviato telegramma mutessarif Bengasi rinnovando ordine perentorio destituire immediatamente commissario polizia Derna.

Gran vizir ha, inoltre, dichiarato assolutamente infondata notizia giornali circa trasloco, migliori sedi, mutessarif, caimacan, i quali furono messi in disponibilità, e trovansi tuttora senza posto.

646 1 Cfr. n. 642.

647

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PERSONALE 1177/456. Therapia, 27 settembre 1904 (perv. il 5 ottobre).

Venne giorni sono a trovarmi il padre Giuseppe Caneva, minore conventuale, superiore della parrocchia di Sant'Antonio in Costantinopoli, per sottomettermi un suo progetto di costruzione di una chiesa italiana a Pera e per chiedermi, in vista di un suo prossimo viaggio in Italia, una lettera di presentazione a V.E.

Premetto che l'attuale chiesa di Sant'Antonio era in origine sotto la protezione della Repubblica di Venezia e passò quindi sotto la protezione francese. Ma quella chiesa, dovendo ora essere espropriata e demolita per l'allargamento della via principale di Pera, il padre Caneva ha in progetto di costruirne una interamente nuova su un altro terreno da acquistare nel medesimo quartiere ed assicura che per tal modo sarebbe eliminata ogni difficoltà a che la nuova chiesa passi sotto la protezione italiana senza che la Francia possa elevarvi alcun contrasto. A tal proposito il padre Caneva mi fece conoscere che da qualche anno, cioè da quando si sono installate in Costantinopoli talune corporazioni religiose prettamente francesi, questa ambasciata della Repubblica, anziché proteggere i frati italiani di Sant'Antonio, li aveva in ogni modo ostacolati, anzi perseguitati. Ed il padre Caneva, che si doleva di questo atteggiamento dell'ambasciata di Francia, mi fece chiaramente comprendere che se il Governo italiano non credesse di accogliere favorevolmente le sue aperture, egli si sarebbe trovato, suo malgrado, costretto da ineluttabili circostanze di fatto, a provvedere altrimenti agli interessi della parrocchia a lui affidata. E con ciò il padre Caneva faceva chiara allusione all'imperiale e reale Governo austriaco il quale, per vero, non lascia sfuggire alcuna occasione di affermare ed accrescere la sua influenza politica in Levante, per mezzo degli istituti religiosi sui quali esercita la sua protezione.

Il preventivo detta spesa, compilato all'ingrosso, sarebbe, secondo il padre Caneva, il seguente:

per l'acquisto del terreno fr. 500.000 per l'edificazione della chiesa e convento fr. 350.000 spese straordinarie fr. 50.000 Totale fr. 900.000

Per farvi fronte, il padre Caneva fa il calcolo seguente: l) valore del terreno o ve si trova attualmente la 2) economie di cui può disporre la parrocchia 3) dalla «Propaganda Fide» 4) presunte contribuzioni ed ablazioni 5) indennizzo della Municipalità di Pera per la parte espropriata, almeno chiesa Totale fr. 300.000 fr. 80.000 fr. 50.000 fr. 100.000 fr. 80.000 fr. 610.000

Vi è quindi uno sbilancio preventivo di franchi 290.000 che il padre Caneva sta cercando in qual modo si possa coprire. Egli mi chiese a tale effetto se non fosse possibile di interessarvi l'Associazione nazionale per la protezione dei missionarii, colla quale si dichiara pronto di prendere gli opportuni accordi.

Ho risposto al padre Caneva elogiando i sentimenti patriottici e prettamente italiani da lui manifestatimi in questa occasione e, senza prendere naturalmente alcun impegno, gli ho dato il consiglio di intendersi anzitutto, in modo chiaro e preciso, col cardinale prefetto di «Propaganda Fide», allo scopo di assicurarsi non solo la prevista contribuzione, ma anche e principalmente determinare bene a priori il carattere essenzialmente italiano che dovrebbe avere la nuova chiesa, affine di evitare poi qualsiasi difficoltà in ordine ad eventuali pretese da parte della Francia, per quanto riguarda la protezione. Dopo di ciò, consigliai al padre Caneva, egli dovrà intrattenere il commendatore Schiaparelli del contributo che desidera ottenere dali' Associazione Nazionale, e così, avendo stabilito le basi di un progetto concreto, egli avrebbe potuto presentarsi all'E.V.

Il padre Caneva riconobbe la giustezza dei miei suggerimenti e manifestò l'intendimento di uniforrnarvisi.

Dopo aver per tal modo edotta l'E.V. della sostanza del progetto che il padre Caneva intende di sottometterle personalmente, credo mio dovere di fornire a V.E. talune notizie di fatto che meglio valgano ad illuminare l'importanza del progetto medesimo. Non fa mestieri che io ripeta all'E.V. gli argomenti già troppo noti sulla efficacia della protezione religiosa in Levante come strumento effettivo di influenza politica e di prestigio: e neppure insisterò sul pericolo che la circostanza della costruzione di una nuova chiesa per la parrocchia di Sant'Antonio possa eventualmente fornire occasione all'ambasciata d'Austria-Ungheria di procacciarsi un nuovo ed importante elemento di influenza in questa capitale. Ometterò parimente di sofferrnarmi sugli inconvenienti che talvolta occasionò la mancanza di una chiesa italiana, come, ad esempio, allorquando si dovette chiedere l'ospitalità ali'ambasciata d'AustriaUngheria, che sollevò ogni sorta di difficoltà, per avere una chiesa allo scopo di celebrare il servizio funebre del compianto nostro sovrano, S. M. il re Umberto. Desidero solamente far presente a V.E., come notizia opportuna, che oltre le ambasciate d'Austria e di Francia, tutte le altre ambasciate e anche la maggior parte delle legazioni possiedono una chiesa o per lo meno una cappella nazionale. L'Italia è la sola Nazione che ne sia priva, mentre, d'altra parte, ho potuto constatare come la numerosissima ed importante nostra colonia sia composta nella quasi totalità di elementi che, pur coltivando sentimenti schiettamente patriottici, sono però sinceramente credenti. E tutti questi nostri compatrioti vanno ad assistere alle funzioni religiose nelle chiese straniere, nelle quali, appunto a scopo politico, si accentua in ogni modo il carattere straniero, quand'anche i religiosi siano di nazionalità italiana e di sentimenti italiani.

La necessità di una chiesa italiana in Costantinopoli, a parte ogni considerazione religiosa, e limitandosi puramente all'aspetto politico, fu rilevata già da molto tempo, e presa in considerazione attenta da vari miei predecessori. Ma l'occasione di tradurre in atto un progetto concreto non si era favorevolmente offerta, mentre ora non può disconoscersi che la circostanza della forzata espropriazione dell'attuale chiesa di Sant'Antonio ci porge il destro di metterei, su questo punto, a livello delle altre Potenze e colmare una lacuna quanto mai dannosa al nostro prestigio ed alla nostra influenza. Difatti, non si tratta solamente della costruzione di una chiesa italiana in un quartiere eccentrico, come forzatamente sarebbe in ordinarie circostanze, ma si tratta di avocare all'influenza italiana l'importante parrocchia di Sant'Antonio, sita nel punto più centrale di Pera, frequentatissima non pure dalla nostra colonia ma dalle colonie estere e dall'elemento indigeno, ricca d'influenza e di prestigio. E, come dissi al padre Caneva, qualora il suo progetto venisse ad attuazione, il R. Governo, in cambio d eli' accordata sua protezione ufficiale, esigerebbe che alla nuova chiesa venissero senza restrizione attribuiti quei caratteri della nazionalità italiana che sono speciali ed attentamente mantenuti nelle chiese di altre nazionalità. Così sarebbe l'inalberamento della bandiera non solo, com'è d'uso in Levante, nelle domeniche e feste, ma ben anche nelle nostre solennità nazionali, come la festa dello Statuto e la festa del re. E si dovranno inoltre fare in chiesa le consuete orazioni pro rege, come si pratica nelle altre chiese di diversa nazionalità.

Io mi auguro che il progetto del padre Caneva, che però, come l'E.V. ben scorge, è affatto embrionale e destinato ad incontrare molte difficoltà, possa condursi a favorevole soluzione. L'E.V. giudicherà se è il caso che ella ne discorra previamente col commendatore Schiaparelli per dare una risposta al padre Caneva, allorché egli avrà l'onore di chiederle una udienza. E perché l'E.V., quando il padre Caneva si presenterà al Ministero, possa ricordarsi della questione che formerà oggetto della sua visita, non mi sono rifiutato a fornirlo di una lettera di presentazione per lei.

648

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 441/143. Janina, 27 settembre 1904 (perv. il 30).

Ho ricevuto il pregiato foglio di V.E. in data 8 agosto u.s. al n. 39163/72 di Posiz. P 844, riservato 1 , al quale andavano uniti due rapporti, uno del r. ambasciatore a Vienna2 , l 'altro del r. ministro in Atene 3 , in merito al supposto accordo fra l'Austria e la Grecia, in riguardo ali' Albania.

2 Si tratta del R. 580/332 del 7 luglio, non pubblicato.

3 Si tratta del R. 1090/473 del24luglio, non pubblicato.

Ho letto colla massima attenzione quei due pregiati fogli. Nel mentre il r. ambasciatore a Vienna pensa in modo categorico che tale accordo non possa esistere, e ne fornisce le ragioni, per le quali a suo modo di vedere lo condurrebbero a quella opinione, il r. ministro in Atene, pur non essendo disposto a credere a quell'accordo, non nasconde però di nutrire qualche lieve sospetto, basandosi su certe parole, già sfuggite al primo ministro Theotokis, al barone Fasciotti, e delle quali non ne declina il tenore, ma che egli ammette avere un certo e non dubbio significato.

Nel mentre anch'io desidero ardentemente e faccio voti che quel supposto accordo non esista, pure se V.E. me lo concede, vorrei esporle ancora alcune riflessioni in merito a tale argomento.

Certo con ciò io non intendo contrastare menomamente la ricisa opinione del r. ambasciatore a Vienna, ma mi pare naturale che meglio spieghi ora il concetto già sottomesso col mio rapporto\ che diede origine ai due altri di sopra citati.

Il r. ambasciatore a Vienna è condotto a non credere a quell'accordo, basandosi principalmente su tre ragioni.

l) Perché l'Austria-Ungheria è realmente in buona fede nel proposito di mantenere lo statu quo, ed aliena dal fomentare qualsiasi mutamento in Turchia.

2) Perché se la Grecia avrebbe senza dubbio interesse per addivenire ad un patto coll'Austria, questa potenza non avrebbe alcuna ragione per essere spronata a questo accordo.

3) Finalmente perché le popolazioni delle quali tratterebbe l'intesa in quistione non avrebbero finora dimostrato segni di malcontento da indurne il desiderio di un cambiamento politico.

Io, forse erroneamente, do a queste tre premesse un'interpretazione che differisce alquanto da quella del r. ambasciatore.

Non voglio dubitare, e non dubito punto anche oggidì, della pretesa buona fede dell'Austria, e del suo proposito di voler mantenere lo sta tu quo in Turchia più lungamente possibile, così pure mi astengo di voler attribuire alla stessa velleità di voler fomentare qualsiasi avvenimento prematuro in questi Paesi, e far quindi una politica di avventura, della quale non si potrebbero prevedere a priori le conseguenze, ma a mio modo di vedere, l'accordo supposto colla Grecia non potrebbe in nessun modo essere in contrasto colla condotta sia pur leale dell'Austria, anzi questo potrebbe perfettamente sussistere senza punto escludere le buone intenzioni della stessa, senza intaccare la sua buona fede pel mantenimento dallo statu quo in Turchia.

L'accordo di cui si tratterebbe, più che ai danni della Turchia, sarebbe evidentemente stipulato a danno nostro.

Per quanto si dice e si crede, quell'accordo non sarebbe affatto diretto per provocare ed affrettare la soluzione della quistione d'Oriente, ossia la caduta della Turchia in Europa, ma sarebbe uno scambio di vedute, un'intesa, pel giorno in cui la Turchia, esauriti tutti gli espedienti, sfinita, dovesse, per naturale successione delle cose, dare il tracollo fatale.

Sarebbe dunque non un'aggressione ma una preparazione, un'intesa reciproca in vista di quell'avvenimento acciò esso non possa cogliere quelle due Nazioni all'improvviso, in fondo dunque una previdenza politica della quale non se ne potrebbe disconoscere la saggezza.

Quantunque tutti in Europa più o meno desiderino la conservazione dello statu quo in Turchia, cionullameno è oramai opinione generale che nonostante tutti gli sforzi per mantenerlo, in un'epoca più o meno lontana gli avvenimenti si imporranno da loro stessi e lo statu quo dovrà allora cessare; ora si è precisamente per quel momento che l'Austria e la Grecia si sarebbero messe d'accordo, e lavorerebbero fin d'ora, non già per affrettare la caduta della Turchia, ma per prepararsi a quell'avvenimento indeclinabile, coi criteri che ad esse sembrano più acconci ai reciproci interessi.

Da quanto ho esposto, dunque, parmi emerga chiaramente che quell'accordo non sia stipulato tanto a danno della Turchia, quanto invece a danno esclusivo dell'Italia, preparando naturalmente un avvenire poco confacente ai suoi interessi; in una parola dunque, quest'accordo non sarebbe diretto immediatamente contro gli interessi ottomani, ma piuttosto mirerebbe a preparare il terreno perché all'epoca di quella caduta, quell'avvenimento si svolgesse propizio agli interessi austro-greci e non a quelli itala-albanesi.

lo ritengo poi che in questo preteso accordo, tanto l'Austria che la Grecia abbiano avuto ambedue interessi preziosi da congiungere; anzi oso persino dire che quest'accordo dovrebbe, quasi quasi, essere più desiderato dali' Austria che dalla Grecia, quantunque questa dovrebbe accoglierlo a braccia aperte: mi spiegherò brevemente.

Bisogna riconoscere che l'Austria, quantunque insediata da lungo tempo commercialmente in questi Paesi, essa finora non vi esercita che una influenza ben meschina; assolutamente nulla sulle popolazioni ortodosse, e ben poca cosa sulle musulmane. Il clero cattolico, che come nell'Alta Albania essa ha nelle sua mani, qui non le è di nessun giovamento, perché non vi esistono cattolici; d'altra parte, il commercio italiano va prendendo, di giorno in giorno, singolare sviluppo in Paese, l'influenza italiana, specialmente sulle popolazioni albanesi, batte alla porta con crescente insistenza: ora non si può in nessuna guisa negare che la Grecia, per mezzo del clero ortodosso e del Sillogo, abbia una notevolissima influenza sulle popolazioni ortodosse di questo vilayet, influenza tale da poter per mezzo dei preti, del maestro di scuola, tener testa a qualsiasi altra. È precisamente dunque di quest'influenza che l'Austria ha di bisogno, e si vuoi servire per combattere quella italiana, della quale si è oramai impaurita; ecco dunque l'interesse che l'Austria avrebbe nello stipulare l'accordo colla Grecia, accordo che essa reputa prezioso per conseguire l'agognato possesso di Vallona.

Che nell'avversione della Grecia contro di noi vi sia il dito dell'Austria, è cosa che oramai non si può negar neppur dai ciechi. Il popolo greco, così intimamente legato al nostro, sia per affinità di razza, che di ricordi storici linguistici, per il quale l'Italia ha sempre, prima o dopo della sua redenzione, dato non indubbi [sic] segni di simpatia, per il quale notabilità italiane hanno versato il loro sangue, per il quale il R. Governo ha sempre mostrato non solo simpatia, ma aperta protezione, che conosce a fondo i sentimenti liberali del nostro Paese, non potrebbe ora dimostrarci tanta animadversione così marcata, se non vi fosse un centro, un focolare di opposizione costante, dal quale dessa possa irradiarsi, un elemento che costantemente soffi nel fuoco. Ora evidentemente questo elemento, questo focolare parte dali' Austria, e si direbbe che essa voglia cogliere i marroni dal fuoco colla zampa del gatto, e che si serva perciò della Grecia, perché l'unica che, sotto ogni riguardo, riunisca gli estremi da essa desiderati per combatterci.

Qui per esempio, non solo nella mia impressione, ma in quella di tutti i miei colleghi, e di tutte le altre persone che si occupano di politica, prevale l'idea che piuttosto il console d'Austria faccia la corte a quello di Grecia, che non quest'ultimo al pnmo.

Si è perciò osservato che quando il nuovo console di Rumania giunse in città, si propagò la voce, oramai certa, che il console d'Austria avrebbe accordata la sua protezione al nuovo venuto, e che la istituzione di un consolato rumeno in Epiro aveva avuto luogo dietro l'intervento della Austria, subito il console austriaco di qui ha raddoppiato di zelo, di cortesie verso il console greco, per dissuaderlo da quella credenza, affinché ne dissuadesse pure le popolazioni ortodosse, giacché precisamente in questa protezione rumena sta il lato debole dell'Austria di fronte alla Grecia, essendo, come ognuno sa, gli interessi rumeni diametralmente opposti agli ellenici, ed è precisamente da questo fatto che i ben pensanti opinano che se l'accordo esiste, la Grecia sarà mistificata.

Che le popolazioni di questo distretto sieno malcontente dello stato presente, non vi può essere il ben che minimo dubbio. Bisogna vivere in questi luoghi perché questo fatto salti agli occhi da se stesso. Del resto se V.E. vuoi riandare i miei passati rapporti, vi troverà che io ho analizzato non poche volte tutte le ragioni per cui queste popolazioni aveano diritto a non essere soddisfatte della presente amministrazione, e se, come sempre ho detto, non credo ancora maturi i tempi, a cagione della discordia che ancor regna fra gli albanesi musulmani, per una sollevazione generale, cionullameno siamo certamente nel periodo di preparazione, in cui l'idea albanese cerca ogni mezzo per avviarsi su quella strada.

Con queste mie brevi considerazioni ho cercato di dimostrare a V.E. che, se il fatto non è confermato, esistono però le ragioni per l'accordo da me segnalato e supposto. Se poi quest'accordo realmente esista o meno, è quistione che solo il tempo potrà dimostrare.

In ogni modo anche se non esistesse e che io non mi fossi apposto al vero nei miei apprezzamenti, sarei tuttavia ben lieto di averne indicato il pericolo, il sospetto della sua possibilità, acciocché lo stesso non ci colga impreparati, e perché noi fin d'ora possiamo, con animo sereno e tranquillo, discuterne i mezzi per scongiurarlo.

Qui l'idea da me esposta di un accordo austro-greco continua ad interessare i politicanti, e la maggioranza di essi, non esclusi tutti i miei colleghi, vi credono fermamente. Non si dice se quest'accordo sia un patto scritto ovvero un'intesa verbale, ma taluno ne vuoi persino precisare gli estremi, che per titolo unicamente di curiosità io sottometto a V.E.

Si dice che il giorno nel quale per ragioni naturali delle cose, per sfinitezza la Turchia dovrà abdicare al suo potere in Europa, l'Austria abbia fin d'adesso per quell'epoca garantito alla Grecia l'annessione dell'Epiro fino a Berat, esclusa però la costa di Vallona, e questa città che, essendo il perno delle sue aspirazioni, naturalmente resterebbe col resto dell'Albania nelle mani del!' Austria; che in contracambio di questa garanzia la Grecia adoprerebbe tutta la sua influenza sulle popolazioni di razza ellenica, e sulle albanesi, valache, ortodosse ellenizzate per combattere l'influenza italiana che si avvanza a danno dell'Austria; quindi guerra ad oltranza a tutti gli istituti italiani, scuole, poste, agenzia commerciale, ecc. ecc.; un lavoro lento, metodico, ma costante per controbilanciare ed annullare possibilmente la nostra influenza in questo Paese.

Disgraziatamente col concorso incosciente di questo governatore generale, che in materia di politica non ha idee fisse, l'opposizione greca contro le nostre scuole ha ottenuto qualche successo; ma in quelle discipline in cui gli interessi particolari sono in giuoco, né l'influenza greca, né quella dello stesso governatore sono bastate ad arrestare il progresso e l'incremento giornaliero del nostro commercio, delle nostre poste, il quale cammina a gonfie vele, nonostante tutti i conati in contrario.

Il tempo galantuomo dirà in seguito chi abbia avuto ragione, intanto io chiedo venia a V.E., se, per un eccesso di amor patrio, ho segnalato un pericolo che forse non esiste, ma che ne aveva almeno tutte le parvenze5 .

648 1 Non pubblicato.

648 4 R. riservatissimo 273/74 del 14 giugno, non pubblicato.

649

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1482/709. Vienna, 29 settembre 1904 (perv. il 2 ottobre).

La Wiener Zeitung ha oggi pubblicato un'ordinanza del Ministero dell'istruzione in virtù della quale, a partire dal prossimo anno scolastico, i corsi giuridici italiani saranno staccati dali 'università di Innsbruck e verrà istituita in quella città una «facoltà provvisoria di diritto e di scienze politiche con l'italiano come lingua d'insegnamento». l corsi italiani risultano per tal modo costituiti in facoltà autonoma con sede a parte-a Wilten, in vicinanza immediata di Innsbruck-con un suo proprio decanato o consiglio accademico avente le funzioni medesime attribuite al rettore dell'università e non avranno altro vincolo con l'università stessa che quello stabilito dalla legge relativamente agli esami, che rimarranno sottoposti alla giurisdizione universitaria.

I giornali viennesi commentano la creazione della nuova facoltà rilevandone l'importanza e, pur non risparmiando le critiche, si dimostrano in generale soddisfatti della soluzione momentaneamente data alla questione universitaria di lnnsbruck.

Il Fremdenblatt riconosce per esempio, malgrado la sua ufficiosità, che l'ordinanza ministeriale non risponde completamente ai voti degli interessati, ma la giusti

fica dimostrando che senza il concorso del Parlamento era impossibile di procedere all'istituzione di una scuola superiore indipendente e che non restava quindi altro da fare se non istituire un'organizzazione provvisoria che assicurasse ai tedeschi del pari che agli italiani la libertà delle loro tendenze nazionali. Il Fremdenblatt non esclude però che venga giorno in cui la Camera, scioltasi dalle difficoltà che attualmente la imbarazzano, si trovi in grado di studiare altre soluzioni più conformi alle aspirazioni degli italiani, ma consiglia frattanto questi ultimi ad appagarsi della quasi autonoma facoltà loro accordata, mediante la quale è sperabile che gli attriti nazionali vengano a cessare col cessare del contatto che ne era la prima cagione. Così pure la Deutsche Zeitung si dichiara favorevole alla recente disposizione destinata, a suo avviso, a rimettere l'ordine e il normale funzionamento nell'università di lnnsbruck. Essa è del resto-soggiunge il predetto giornale-conforme all'opinione a più riprese ripetuta a tale riguardo dalla facoltà giuridica e dal Senato accademico di quella università. In modo non dissimile si pronuncia il Neue Wiener Tageblatt che ravvisa nel nuovo ordine di cose il minor male, se non il maggior bene ottenibile, tenuto conto delle molteplici difficoltà che si frappongono a qualsiasi altra soluzione.

Ma la Neue Freie Presse non vede senza preoccupazioni l'applicazione dell'ordinanza. Secondo questo giornale, la separazione dei corsi italiani non impedirà i conflitti fra questi ultimi e i tedeschi e la popolazione di lnnsbruck si chiederà come mai, dal momento che uno studio italiano viene creato, non lo si collochi in una città italiana. Il problema resta quindi insoluto e si farebbe meglio, conclude la Neue Freie Presse, ad accordare agli italiani una volta per tutte ciò che essi domandano, visto «che i pericoli derivanti dall'istituzione di un'università italiana a Trieste non esistono che nella fantasia dei burocratici [sic] austriaci».

La favorevole disposizione della Neue Freie Presse verso tale soluzione tanto desiderata dagli italiani è degna di nota, molto più che essa viene manifestata per la prima volta in modo così esplicito dal suddetto periodico. Alla sua voce fa pure eco quella della Zeit che sostiene essere dovere d eli'Austria il provvedere ai bisogni intellettuali degli italiani dell'Impero, bisogni che sono in ragione della loro estesa coltura e che non possono quindi venir soddisfatti con una sola facoltà giuridica, mentre dovrebbero esserlo con una completa università. Per questa università, conclude la Zeit, non v'ha che una sola sede ed è Trieste, ove l'elemento italiano predomina dai tempi più remoti.

648 5 Questo rapporto fu trasmesso ad A varna con D. 48314/570 del 5 ottobre, non pubblicato, sulla cui minuta si leggono i seguenti due brani cancellati: «Come V.E. rileverà, il commcndator Millelire espone in modo particolareggiato quali sono le ragioni che lo indurrebbero a ritenere non del tutto infondata la notizia dell'accordo predetto, il quale soprattutto avrebbe per iscopo di combattere l'influenza e le eventuali aspirazioni italiane in Albania». «Non occorre raccomandare a V.E. di continuare ad indagare, cautamente, al riguardo, e di riferirmi, colla consueta sollecitudine, qualsiasi ragguaglio od anche semplice indizio o sospetto le fosse dato di raccogliere, in via indiretta, circa tale importante argomento».

650

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, ANCILOTTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE .../8. Lisbona, 30 settembre 1904, ore 5,30 (perv. ore 24).

Riferisco conversazione testé avuta con ministro di Spagna. Polo di Bernabé mi comunica presidente del Consiglio Hintze Ribeiro avergli detto che se invitato a Roma in occasione del battesimo del principe ereditario, S.M. il re non avrebbe potuto non accettare invito. Data questa eventualità, nunzio apostolico avrebbe ordini rompere relazioni Portogallo, ciò che non modificherebbe decisioni sovrane. Se disposizioni nostro augusto sovrano favorevoli, credo converrebbe prima presentire, dovute riserve e per ogni evenienza, Governo S.M. Fedelissima. Inviai avantieri rapporto confidenziale in argomento 1 . Partenza reali per Inghilterra fissata metà novembre.

651

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 2031/63. Pietroburgo, 1° ottobre 1904, ore 11,59.

Conte Lamsdorff mi informa confidenzialmente che il Governo imperiale accoglie premurosamente proposta d'un nuovo accordo commerciale1 , coll'avvertenza che le trattative potranno soltanto avviarsi alla fine ottobre, epoca ritorno Witte Pietroburgo. Osserva, poi, che vantaggi offerti sarebbero compenso lieve facilitazioni richieste. Segue lettera2 .

652

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. RISERVATO 47644/389. Roma, 1° ottobre 1904.

Ho ricevuto il rapporto di V.E. in data 30 agosto n. 4041 avente per oggetto: Le relazioni fra i rr. consoli e le autorità ottomane-valì di Janina.

Pei ragguagli fornitimi in particolar modo la ringrazio.

Per quanto concerne le istruzioni che codesto Governo afferma di aver testé impartite al valì di Janina le trasmetto in originale con preghiera di restituzione un rapporto del r. console commendator Millelire in data 20 corrente n. 431/1402 . Richiamo in tale rapporto e specialmente nel documento annesso in copia al medesimo l'attenzione.

Malgrado le rinnovate ed esplicite assicurazioni di codesto Governo, malgrado le costanti prove di amicizia date dall'Italia alla Turchia, il R. Governo ha avuto ripetutamente l'occasione di deplorare il contegno, sistematicamente ostile all'Italia, del valì di Janina, ed ora deve ripetere le sue proteste in presenza di questo nuovo atto di mal talento di quel funzionario tassativamente ed esplicitamente diretto contro i nostri legittimi interessi.

2 Non rinvenuta.

2 Cfr. n. 637.

V.E. rileverà che il manifesto, affisso alla porta di tutte le chiese, accenna chiaramente ad ordini dati al vescovo dal valì. Anche ammettendo che tali ordini siano anteriori alle recenti istruzioni che, secondo V.E. mi ha riferito, sarebbero state fatte pervenire dalla Porta e dal sultano personalmente ad Osman pascià, è chiaro che costui avrebbe dovuto sconfessare le pubbliche dichiarazioni del vescovo, quanto meno far togliere il manifesto.

La E.V. vorrà intrattenere di tale incidente, colla possibile sollecitudine, codesto gran vizir, richiamando, in proposito, l'atteggiamento adottato dal R. Governo colle istruzioni diramate non ha guari ai rr. agenti in Turchia e le assicurazioni dateci da codesto Governo quando ella ebbe a sottoporre al gran vizir il testo della nota circolare, oggetto del suo rapporto in data 21 agosto3 . Vedrà, anzi, l'E. V. se non sia questa occasione propizia per intrattenere direttamente S.M. il Sultano (secondo che ella ne prevedeva la possibilità, in passate sue comunicazioni) circa l'atteggiamento incompatibilmente avverso di Osman pascià per tutto ciò che si riferisce al nostro Paese.

E poiché anche la condotta del vescovo è, in ogni caso, da censurarsi severamente, io gradirei che l'E.V. facesse rilevare a chi di ragione quanto vi ha di scorretto e di aggressivo per il nostro Paese nel documento di cui si tratta e nella pubblica affissione che ne fu fatta.

650 1 Non rinvenuto.

651 1 La proposta era stata fatta da Tittoni il 25 agosto.

652 1 Non pubblicato.

653

IL SEGRETARIO GENERALE DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER SOCCORRERE I MISSIONARI ITALIANI, SCHIAPARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. 3085. Torino, 2 ottobre 1904 (perv. il 4).

Prontamente riscontrando la riverita lettera di V.E. in data delli 30 p.p. 1 , mi fo premura significarle che la dichiarazione, fatta a questa associazione da monsignor Fiorentini pel tramite della r. legazione, corrisponderebbe appunto ai convenuti accordi, come può rilevarsi dal seguente passo della nostra lettera allo stesso monsignor Fiorentini in data 20 ottobre 1903: « ... Da ultimo mi corre l'obbligo di confermare a V.E. reverendissima che, a mente di questa associazione, essa non potrebbe dar seguito agli accordi sopra mentovati se non quando l'E.V. dia al signor presidente generale, formale e precisa assicurazione di volere e potere rimettere e mantenere il vicariato dello Shansi settentrionale sotto il protettorato italiano, e cioè nella posizione in cui il vi cariato stesso si è trovato ufficialmente a partire dal 28 giugno 190 l, a termine della comunicazione inserita nel Libro Verde (Avvenimenti Cina, seconda parte, documento n. 173, pag. 88) ... »2•

653 1 Non rinvenuta ma cfr. n. 645.

2 LV99.

Quella dichiarazione «dichiaro volere e potere rimettere missioni sotto il protettorato italiano» è d'altra parte così esplicita e precisa che non potrebbe ammettere dubbi né riserve nella sua pratica attuazione, né sulla domanda dei passaporti, da farsi, naturalmente, alla r. legazione, né sui rapporti che debbono esistere direttamente fra la r. legazione e quel vicariato.

Se nella conversazione avvenuta fra S.E. il conte Gallina e monsignor Fiorentini poté ancora nascere in proposito qualche malinteso, questa presidenza suppone ciò possa derivare dalla natura dei rapporti personali fra il r. ministro e quel vicariato apostolico: i quali rapporti, a motivo dei malintesi e degli attriti passati, rimangono tuttora ispirati a sentimenti di reciproca diffidenza.

Questa associazione è profondamente convinta che, dati i nobili sensi e i retti intendimenti di quei due egregi uomini, anche quest'ultimo residuo di passati dissensi potrà completamente eliminarsi. Ma, all'uopo, questa presidenza riterrebbe assolutamente necessario il prendere intanto atto, e senza riserve, della dichiarazione che monsignor Fiorentini ci rivolge pel tramite ufficiale della r. legazione, e pregherei V.E. a volersi compiacere di far pervenire a monsignor Fiorentini e pel medesimo tramite una risposta telegrafica così concepita: «Monsignor Fiorentini, Legazione d'Italia-Pechino. Lieti comunicazione fattaci per mezzo r. legazione, confermiamo accordi convenuti 20 ottobre 1903; teniamoci sua disposizione per attuarli, bene augurando avvenire vicariato. Per passaporti preghiamo rimettere elenco missionari alla r. legazione, che certo vorrà provvedere colla antica premura. Bassi, Schiaparelli».

Qualora V.E. si compiaccia approvare e trasmettere il telegramma surriferito, questa presidenza ritiene che monsignor Fiorentini, ricevutolo, chiederà subito i passaporti al conte Gallina3 . Che se, contro le nostre previsioni, un nuovo contrattempo dovesse verificarsi, questa associazione non mancherebbe di sospendere da parte sua l'esecuzione dei convenuti accordi, pure non dissimulandosi che ciò potrebbe intralciare e notevolmente ritardare la felice risoluzione delle trattative che, nel medesimo senso, si stanno facendo coi vicari apostolici del Hupé orientale, del Hunan meridionale, del Shansi settentrionale, del Honan meridionale e del Honan settentrionale.

652 3 Non rinvenuto.

654

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 1647. Roma, 4 ottobre 1904, ore 19,30.

Dichiari monsignor Fiorentini essere indispensabile si rivolga formalmente legazione'.

653 3 Così infatti avvenne, come comunicò Gallina col T. 2071 dell'Il ottobre, non pubblicato.

654 1 Risponde al T. 2035/14 del4 ottobre, col quale Gallina chiedeva di essere autorizzato a fare a monsignor Fiorentini la dichiarazione di cui nel testo.

655

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1519/733. Vienna, 5 ottobre 1904 (perv. l' 8).

Il noto deputato di parte tedesca, dottor Erler, pubblica nella Zeit del 2 corrente un risentito articolo contro la decisione presa dal Governo di creare una facoltà giuridica italiana a Innsbruck. Il dottor Erler ravvisa in questo provvedimento un gran pericolo per l'avvenire del germanismo in Tirolo, ove la penetrazione degli elementi italiani si va costantemente facendo più intensa. Né vale il dire, giusta l'autore dell'articolo in parola, che il provvedimento è chiamato provvisorio; il provvisorio è sovente in Austria lo stabile, né si può aver fede in un Governo che ha già mancato tante volte alle proprie promesse, a quella per esempio fatta a parecchie riprese di allontanare dal Tirolo i corsi universitari stranieri (?). Il dottor Erler spera che la cittadinanza di Innsbruck saprà opporre tutte le sue forze contro la permanenza in quella città dei corsi italiani, e non si lascerà sgomentare dalla minaccia vagante fatta circolare dell'abolizione della sua Università. Il Governo, egli conclude, dovrà dunque pensare ad un'altra soluzione del problema.

Quasi a confermare le apprensioni del deputato Erler, la Zeit pubblica in altra parte una corrispondenza da Trieste che riferisce sulla riunione, ch'ebbe luogo colà, del comitato universitario dell'associazione «Patria» con intervento numeroso di studenti, dei deputati Hortis, Basevi, Bennati, Mazorana, Antonelli e dei consiglieri municipali Venezian, Depiera e Spadon. In questa riunione venne votato un ordine del giorno, l) per adoprarsi a far concorrere ad lnsbruck il maggior numero possibile di studenti italiani, 2) per invitare i deputati italiani al Parlamento ad assistere alla inaugurazione della nuova facoltà al fine di manifestare in quest'occasione il malcontento degli studenti italiani pel provvedimento governativo, e constatare de visu il contegno dei tedeschi verso gli italiani e mettersi in grado di riferirne in seno alla Camera, 3) per disporre che al primo scandalo occorso ad Innsbruck, i sindaci dei comuni italiani siano chiamati a solenne riunione in Trieste.

Dal canto suo il Tiroler Tagblatt organo della Deutschen Volks Partei, prevede -siccome riferisce il Fremdenblatt-che la nuova facoltà italiana sarà un focolare di pericolose agitazioni e fa voti perché la cittadinanza di Innsbruck, compresa del proprio dovere nazionale e memore delle sue tradizioni, non sopporti lo stabilirsi colà di una facoltà straniera. Dovrebbe essere il pensiero di ogni buon tedesco, essa conclude, di non attendere dal Governo, ma di procurare da sé stesso, le garanzie sufficienti perché la facoltà italiana altro non sia che un espediente provvisorio di breve durata.

656

L'AMBASCIATORE A MADRID, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 711/264. Madrid, 6 ottobre 1904 (perv. il 10).

Ringrazio V.E. dell'importante dispaccio del 27 luglio pp. n. 3751 , inviatomi a Roma durante il congedo.

Sta il fatto che l'Italia non trarrà certamente alcun vantaggio al Marocco dal libero scambio e dall'esclusione dei monopoli non avendo in quell'Impero interessi finanziarì o commercì, ma per logica e necessaria conseguenza, gli stessi impegni ci verranno chiesti presto o tardi riguardo alla Tripolitania, dove altre Potenze di noi più intraprendenti non mancherebbero, con nostro detrimento, di ricavarne profitto.

Io credo quindi mio debito di chiamare l'attenzione di V.E. sui pericoli dell'eventuale azione comune proposta dalla Germania per accompagnarla almeno se possibile da qualche riserva diretta a scongiurarli2 .

657

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1540/738. Vienna, 7 ottobre 1904 (perv. il 10).

Un redattore della Neue Freie Presse ha recentemente avuto un'intervista con

S.E. l'ambasciatore austro-ungarico in Roma, che trovasi attualmente qui in congedo, la quale è stata riprodotta nel numero odierno del citato giornale. Il colloquio che si è aggirato principalmente sul nuovo trattato di commercio ha pure avuto per oggetto le relazioni italo-austriache in generale, non senza accennare alle questioni di politica orientale che interessano i due Paesi. S.E. il conte Liitzow ebbe ad esprimersi in termini di grande soddisfazione e riconoscenza verso gli uomini di Stato italiani coi quali ebbe l'occasione di trattare e specialmente verso l'E.V. Concluse poi dicendo che ritornerà prossimamente in Italia con l'impressione che oramai nessuna nube turba più le relazioni piene di fiducia fra i due Stati, e che queste hanno acquistato maggior vigore ed intensità dalla conclusione del trattato di commercio.

Nel trasmettere, qui unito, all'E.V. il testo dell'articolo in parolal, ...

656 1 Non pubblicato. 2 Sul punto di vista tedesco nella questione marocchina cfr. le dichiarazioni rese a Lansdowne ill5 agosto dall'ambasciatore di Germania a Londra (GP, vol. XX/l, n. 6527). 657 1 L'allegato manca.

658

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Vicenza, 7 ottobre 1904.

Come sai già ufficialmente, sono venuto a passare quassù il mio piccolo congedo e di qui non mi moverò fino alla mia partenza, se non per recarmi ad ossequiare

S.M. il re e per venire da te, qualora tu ritenga dovermi parlare, o a Roma o nell'alta Italia ove tu capiti di tanto in tanto.

Ora le condizioni della Serbia, per quanto concernono soprattutto i rapporti coll'estero, non presentano pericoli. Credo anzi che se i serbi hanno giudizio, vedranno migliorate rapidamente le loro relazioni politiche e commerciali con parecchi grandi Stati d'Europa. Certo l'attitudine dell'Austria presenta sempre delle incognite, perché, se da un lato fa a noi, ai tedeschi, ai russi le dichiarazioni più formali e rassicuranti, dall'altra, raddoppia di attività negli intrighi, nella propaganda ed assolda dappertutto spioni ed uomini di azione. È probabile che per ora non si muova e che forse non abbia nemmeno ben chiaro in mente cosa possa o voglia fare, in che modo e quando. Certo prepara localmente il terreno per un avvenire più o meno prossimo.

Vi è anche il caso che dopo aver tanto lavorato, ponderato ed esitato finisca all'ultimo momento per far nulla, ma ciò dipenderà in gran parte dalle condizioni della politica generale interna ed esterna.

659

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. RISERVATO 49131/404. Roma, 10 ottobre 1904.

Col rapporto in data 27 corrente, n. 1177/4561 , V. E. mi ha riferito relativamente ad un progetto comunicatole dal padre Caneva di costì, per la costruzione di una chiesa italiana a Pera.

Approvo il linguaggio da V.E. tenuto al riguardo ed apprezzo al loro valore le considerazioni mosse da V.E. per dimostrare l'interesse che il R. Governo può avere ali' attuazione di tale progetto.

A seconda delle cose che il padre Caneva verrà per riferirmi a voce mi riservo di giudicare se sia il caso di raccomandare fin da ora il progetto in parola all'attenzione della Associazione nazionale dei missionari italiani.

659 1 Cfr. n. 647.

660

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. S.N. Pietroburgo, 10 ottobre 1904.

Durante la reggenza di questa ambasciata il marchese Torretta, incaricato d'affari, ebbe a scrivere a V.E. una lettera riservata e personale che si proponeva spedire con il primo corriere di Gabinetto.

Non essendovene stati prima d'ora, trasmetto a V.E. la lettera in questione, non avendo da parte mia nulla ad aggiungere e osservare a quanto il marchese Torretta riferisce intorno all'importante argomento e alle notizie riservate da lui attinte.

Non mancherò, presentandomene l'opportunità, di indagare e riferire all'E. V. in proposito.

ALLEGATO

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, TOMASI DELLA TORRETTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PERSONALE RISERVATISSIMA. Pietroburgo, 19 settembre 1904.

Voglia scusarmi se mi permetto rivolgermi direttamente all'E.V., ma la delicatezza dell'argomento mi impone di farlo.

Con dispaccio del9 settembre u.s. n. 44188/177 1 ricevevo istruzioni di indagare e fornire al R. Ministero schiarimenti sul fatto che il Gabinetto dell' Aja, dopo aver fatto pervenire alle Potenze interessate talune proposte relative all'applicazione dell'art. 60 della Convenzione 1899, ha poi dichiarato di ritirare per il momento le proposte fatte.

In obbedienza a tali istruzioni toccai l'argomento in via confidenziale con un alto funzionario del Ministero degli affari esteri, ma nulla potei sapere, e riportai anche l'impressione che nulla di preciso qui si conoscesse in proposito. Pensai allora di parlame con il mio collega, incaricato d'affari di Olanda, con il quale sono in amichevoli rapporti personali. Egli dapprima si mostrò riservatissimo, ma poi a titolo personale, in via assolutamente confidenziale, e con promessa che le sue informazioni non avrebbero formato oggetto d'un rapporto a V.E., mi disse quanto segue: «Fanno parte del nostro Gabinetto tre ministri cattolici. Il ministro degli esteri è calvinista. Egli, come è noto, fece le proposte in discorso alle Potenze in ordine all'applicazione dell'art. 60 della Convenzione dell' Aja; ma in uno dei consigli di ministri tenutosi dopo che l'affare era in corso, inaspettatamente i tre ministri cattolici imposero al ministro degli affari esteri il ritiro dei passi fatti. I ministri cattolici, molto probabilmente, agirono dietro invito dell'intemunzio all' Aja». Il ministro degli esteri dovette cedere perché, come è noto a V.E., il presente Gabinetto olandese si regge sopra un compromesso fra calvinisti e cattolici (chiamato in Olanda «accordo mostruoso»), e perciò la questione si riattacca a considerazioni

d'ordine interno. Questo è il fatto. Quali siano stati i moventi di tale condotta da parte dei ministri cattolici (e del nunzio) non sono in grado di saper! o, mancandomi i dati necessari, e specialmente sconoscendo l'attitudine del R. Governo sopra l'eventuale adesione della Santa Sede alla Conferenza deli'Aja. Se il R. Governo si era mostrato contrario, allora è evidente che il Vaticano si è servito dei ministri cattolici per far naufragare le trattative ed evitare uno scacco. In caso diverso sarei portato a credere che la Santa Sede in previsione di future difficoltà provenienti dal fatto di avere aderito alla Convenzione de li'Aja, abbia preferito di lasciare aperta la questione. Presentandosene l'occasione, il papa non avrebbe potuto non aderire alla Convenzione, e nello stesso tempo per la sua situazione sui generis, sarebbe stato molto imbarazzato in avvenire a tener degnamente il posto di firmatario della Convenzione stessa nelle differenti questioni politiche che eventualmente potessero sorgere. Tale è il mio modesto apprezzamento che sottometto all'illuminato esame dell'E.V.

Del resto, ripeto, non ho alcun dato per dedurre certe conclusioni dal fatto che con la massima riservatezza mi è stato confidato, e che affido a VE. nell'interesse del r. servizio. Attenderò il prossimo corriere per spedire la presente lettera ...

660 1 Non pubblicato.

661

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. RISERVATO 1282/483. Londra, 12 ottobre 1904.

In attesa della prossima occasione di un corriere per Roma, vengo ad esporre a

V.E. lo stato delle trattative sul progetto di convenzione per l 'Etiopia, cui si riferiva per ultimo il dispaccio ministeriale n. 3662 , indirizzato colla data del 20 agosto al r. incaricato d'affari marchese Carignani ed a questi pervenuto il20 settembre u.s.

La questione si riduce attualmente alla dicitura da adottarsi per l'art. 4° destinato a determinare gl'interessi che l'Italia e la Gran Bretagna avranno rispettivamente a tutelare, nell'eventualità di una futura disgregazione dell'Impero abissino. Mercé le ultime modificazioni da me ottenute nello scorso agosto, prima della mia partenza in congedo, il marchese Lansdowne aveva accettato integralmente la definizione da noi desiderata degl'interessi territoriali italiani, egli aveva consentito altresì a limitare la specificazione degl'interessi anglo-egiziani ad una riserva generica quanto al «regime delle acque del Nilo e dei suoi affluenti», ma Sua Signoria non aveva creduto poter aderire alla controriserva da noi proposta circa quest'ultimo punto, riguardo agli «interessi agricoli ed industriali locali».

Col dispaccio sovra citato del 20 agosto, V.E. insisteva però su questa contro riserva, suggerendo di aggiungere alla menzione degli interessi italiani l'inciso: «anche nei riguardi del regime delle acque che ai detti interessi può riferirsi» e di adottare la dicitura «affluenti diretti» del N ilo.

Codesta proposta venne debitamente comunicata al Foreign Office dal r. incaricato d'affari, come egli ebbe ad informarne col suo rapporto del 21 settembre a V.E.3 , né egli mancò di appoggiarla con tutti gli argomenti indicatigli dal R. Ministero.

Nell'occasione della prima visita da me fatta al marchese Lansdowne dopo il mio ritorno in Londra, gli chiesi dunque se egli avesse esaminato la nostra nuova proposizione e se, come speravo, questa fosse accettata dal Governo britannico.

Sua Signoria insisté però vivamente affinché io pregassi V.E. di volersi attenere alla formola comunicata col mio rapporto del 5 agosto4 , né riuscirono a rimuoverlo le ragioni colle quali cercai di dimostrargli il fondamento delle nostre obbiezioni.

A proposito della dicitura «affluenti diretti del N ilo» (che gli avevo io stesso già raccomandato durante i negoziati della scorsa estate) lord Lansdowne tornò a chiedermi che cosa precisamente da noi s'intendesse con quella qualificazione. Dissi che mi pareva potersi designare come diretti gli affluenti di un fiume nel loro ultimo tronco, inferiormente cioè al punto ov'essi raccolgono le acque superiori arrecate da affluenti secondari o indiretti. Con questa limitazione, aggiunsi si mirava ad evitare che gli eventuali diritti riservati dall'articolo al Sudan si estendessero anche ai piccoli corsi d'acqua che si ramificano attraverso l'intera Abissinia, col possibile effetto di crearci un'ingerenza eccessiva e imbarazzante. Sua Signoria obbiettava però che la distinzione tra affluenti diretti ed indiretti riuscirebbe assai difficile a stabilirsi nella pratica: in certi casi, vi sono affluenti da chiamarsi, seconda la nostra definizione, indiretti, ma che in realtà costituiscono il corso principale di un fiume; la idrografia dell'Abissinia essendo finora ben poco conosciuta, l'applicazione del criterio da noi proposto darebbe luogo a infiniti dubbi e contestazioni.

Del resto, soggiunse Sua Signoria, era da escludersi che la riserva invocata dall'articolo in questione potesse mai avere le conseguenze che io gli segnalavo, non era da supporsi una sua interpretazione irragionevole ed eccessiva, mentre la contemplata riserva degli interessi idraulici dell'Egitto e Sudan elemento vitale della prosperità di quei Paesi i quali già vi dedicarono e ancora stanno per dedicarvi ingentissime spese, non può riferirsi che ad eventuali lavori di entità, come sbarramenti o deviazioni atte a perturbare il corso naturale delle acque e non ali 'uso delle acque stesse per i bisogni locali ed ordinari. Notai a mia volta, circa questo punto, che una tale distinzione non sarebbe sempre facile a stabilirsi in casi di contestazioni. Avevo per esempio udito parlare di certe concessioni industriali ottenute da qualche italiano in Abissinia, le quali probabilmente implicavano l'uso dell'acqua come forza motrice; ora, se un giorno, l'art. 4° venendo a trovare applicazione, accadesse che quelle località avessero a passare sotto una qualche specie di sovranità o protezione italiana, potrebbe allora verificarsi il caso singolare che una tale concessione, attualmente in vigore sotto l'egida delle leggi abissine, venisse a trovarsi, anziché consolidata dal nuovo regime, resa contestabile dallo zelo di qualche agente anglo egiziano. Non intendevo, dissi, attribuire ad un simile caso un valore categorico, ma lo accennavo soltanto a titolo di esempio, per dimostrare l'equità di una qualche controriserva nel senso suggerito dal mio Governo.

661 3 R. 1211/450 non pubblicato. 4 Cfr. n. 547, nota 2.

A questo replicò lord Lansdowne che le cose da me esposte confermavano piuttosto che i principi generali enunciati dal progettato articolo richiederebbero di venire sviluppati, con le debite distinzioni, il giorno in cui si trattasse di applicarlo.

Quell'articolo, osservò Sua Signoria, contemplava un'eventualità remota, non desiderata, che era anzi scopo precipuo della convenzione di allontanare il più possibile: malgrado ogni nostra cautela, in contrario, una disintegrazione della Abissinia era però un caso da considerarsi e perciò si era fatto questo articolo; ma esso non poteva per ora contenere che una semplice enunciazione della materia degl'interessi che le due Potenze finitime consentivano a riconoscersi reciprocamente dichiarando in basi generali che questi erano per l'Italia interessi di ordine territoriale e per l'Egitto interessi di ordine idraulico, era evidente che, il giorno in cui la prevista eventualità si presentasse, in circostanze a noi finora ignote, sarà necessario addivenire ad un ulteriore scambio d'idee, per determinare a seconda delle circostanze stesse l'applicazione dei principi così sommariamente stabiliti e nello stesso modo che il Governo britannico avrà allora da essere consultato circa i limiti e le modalità dell'espansione territoriale italiana, così il Governo italiano avrà da dire la sua (will have his scry) circa le riserve anglo-egiziane in materia di acque; se l'Italia volesse entrare fin d'ora in un'anticipata specificazione delle condizioni che la interessano, anche il Governo britannico potrebbe formolarne qualcuna per proprio conto (alludendo forse con ciò il mio interlocutore a qualche clausola relativa p. es. alla libertà di commercio, di comunicazione e simili); ma ciò condurrebbe ad una discussione altrettanto difficile quanto prematura, col risultato di alterare il carattere dell'articolo ch'egli riteneva formulato in termini giustamente equilibrati.

Queste dichiarazioni di lord Lansdowne sembrandomi avere un certo valore dal punto di vista dell'eventuale interpretazione del nostro accordo, gli dissi-nel riservarmi di scriverne a V.E. -che sarebbe per ogni caso stato opportuno di farle positivamente risultare. Al che rispose Sua Signoria ch'egli senz'altro mi autorizzava a consegnarle nella mia corrispondenza come cose da lui dettemi in forma ufficiale.

All'uscire dalla mia visita a lord Lansdowne, sebbene avessi l'impressione che quanto avevo udito rappresentava il suo definitivo convincimento, pensai di fare ancora un tentativo a favore della soluzione da VE. preferita recandomi a parlame a sir Eldon Gorst per le mani del quale passano al Foreign Office tutti gli affari concernenti l'Egitto. Riprendendo con lui gli argomenti da me esposti al ministro e le risposte di questi, cercai di interessarlo a indurre possibilmente Sua Signoria ad accogliere una qualche limitazione preventiva alla formola del suo articolo circa il regime delle acque, giacché infine, osservai, si era d'accordo nell'ammettere che una limitazione era giustificata, ma pareva che non dovesse esservi difficoltà all'inserzione di una frase qualunque che vi alludesse. Dopo alcuni scambi d'idee in questo senso, sir Eldon si mostrò disposto a intratteneme egli stesso il ministro, il che egli fece nella sera stessa. Ma ricevetti l'indomani una sua lettera, nella quale egli mi diceva che il ministro era rimasto neli'opinione a me già espressa.

Di codesta lettera stimo utile rimettere qui unito il testo anche perché vi si contiene la conferma sostanziale di quanto il marchese Lansdowne mi ha dichiarato, che cioè gl'interessi sommariamente enunciati nell'articolo di cui si tratta dovranno formar oggetto, a tempo debito, di una più precisa qualificazione.

Spetta ora a VE. di giudicare se codeste dichiarazioni, completate dalle parole più sovra riferite dal marchese Lansdowne che ne dimostrano lo spirito, costituiscono una sufficiente guarentigia a favore dell'accettazione dell'articolo proposto da Sua Signoria.

ALLEGATO

IL VICE SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI BRITANNICO, GORST, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

L. Londra, 6 ottobre 1904.

I spoke to Lord Lansdowne this moming about the modification you desired in the draft Art. IV ofthe proposed Convention with regard to Abyssinia, -vig: some qualizying words that would indicate that due regard was to be paid to !oca! requirements in the arrangement for the contro! of the Nile and its affiuents. Lord Lansdowne remains ofthe opinion he expressed to you yesterday.

The artici e only deals with what the main interests of the two countries would be in any such eventuality as the disintegration ofAbyssinia and states them as broadly as possible. The detailed considerations and qualifications ensuing from these principles would be more properly taken into consideration when some definite arrangement became necessary. Ifwe began adling qualifications to what is stated to be the interest ofthis country there would probably be other qualifications which we might want to the Italian interest.

For these reasons Lord Lansdowne hopes that the Italian Govemment will see their way to accepting the text h e gave you on August.

661 1 Ed. in Africa Italiana, Programma massimo e programma minimo di sistemazione dei possedimenti italiani nel/ 'Africa orientale e settentrionale, Roma, Tipografia del Senato, 1917-1920, vol. Il, p. 42. 2 Cfr. n. 581.

662

L'AMBASCIATOREA VIENNA,AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1564/752. Vienna, 12 ottobre 1904 (perv. il 14).

Prendendo occasione dalla mia recente visita a S.E. il conte Goluchowski, la Neue Freie Presse ha pubblicato nel suo numero dell'8 corrente un articolo di fondo nel quale pone in relazione quel colloquio coll'intervista di S.E. il cavalier Giolitti col cancelliere germanico' e col desiderio dell'Italia di chiarire presso questo Governo i malintesi esistenti fra di essa e l'Austria-Ungheria. Il giornale in parola continua facendo rilevare che se i rapporti austro-italiani hanno subito alterazioni, ciò è dovuto ali'opera degli irredentisti che non cessano dal diffondere la leggenda delle mire austriache nei Balcani e dal sollevare sospetti nell'opinione pubblica italiana. La Neue Freie Presse esprime inoltre la propria fiducia nel leale desiderio del Ministero Giolitti di dissipare i dubbi e ristabilire la buona armonia fra i due Paesi, molto più che l'Italia ha ora altre preoccupazioni d'ordine interno, come ne fa prova il recente richiamo sotto le armi della classe del 1880. Questa misura, secondo l'articolo predetto, avrebbe potuto ridestare i sospetti che il presidente del Consiglio italiano cerca

appunto di dileguare, ed essa avrebbe perciò formato oggetto del colloquio fra il conte Goluchowski e l'ambasciatore d'Italia in Vienna.

L'E.V. conosce già dai miei telegrammi dell' 8 corrente2 l'argomento della mia conversazione con S.E. il conte Goluchowski, ed anche senza ciò sarebbe superfluo il dimostrarle l'inconsistenza assoluta di quanto asserisce e suppone l'articolo surriferito, che sarebbe reso innocuo dalla sua patente inverosimiglianza se non insinuasse implicitamente nell'opinione pubblica il sospetto che fra l'Italia e l'Austria-Ungheria persistono ancora i malintesi e gli screzi. Mi sarei del resto astenuto dall'intrattenere l'E.V. di questa pubblicazione, molto più ch'essa ha incontrato l'indifferente accoglienza che meritava in questi circoli ufficiali, se non avessi rilevato in questi ultimi giorni che la stampa italiana se n'era occupata.

P.S.: Qui unita una lettera particolare urgente per S.E. il sottosegretario di Stato3 .

662 1 Cfr. n. 669.

663

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2138/l59. Innsbruck, 12 ottobre 1904.

Con rapporto n. 2109/l56 del 7 corrente', io mi permisi di far note all'E.V. le prime impressioni che avevo ricevuto, arrivando in questa nuova residenza, a proposito della questione universitaria. Poi, tornando oggi sull'argomento dopo un meno affrettato esame della situazione, duolmi dover confermare l'eccezionale gravità della situazione stessa, la portata della quale potrebbe, in date circostanze, avere qualche contraccolpo anche fuori dell'ambiente locale. Non molti sono gli studenti italiani finora arrivati (giacché le iscrizioni non avranno principio se non fra due o tre giorni) e il loro contegno si mantiene ancora assai corretto. Pel momento essi sembrano animati da seri e dignitosi propositi, ma poiché da altri sentimenti sono ispirati i loro compagni tedeschi, non è difficile prevedere che spirito di reazione e di rappresaglia influiranno ben presto sopra i loro animi giovanili. La popolazione tedesca è irritatissima ed ormai la questione politica e nazionale ha preso il sopravvento sopra quella universitaria. Per dare un'idea dei sentimenti e delle intenzioni che corrono, credo opportuno unire qui, tradotto, un sintomatico manifesto2 che da stamane gira fra le mani dei cittadini, è riportato dai giornali e, mi si assicura, venne anche affisso in qualche punto della città.

Certo occorre far la debita parte alle esagerazioni ed alle intemperanze d'indole transitoria, ma non è men vero che molti la pensano come gli anonimi autori di quel

Manca. 663 1 Non rinvenuto. 2 Non si pubblica.

manifesto, e basterebbero poche decine di audaci per organizzare un vero sistema di persecuzione a danno degli italiani, sistema di cui non tarderebbero a sentir i tristi risultati anche i non pochi operai regnicoli che si trovano al lavoro ad Innsbruck e nei dintorni.

Nei quattro anni che passai or non è molto tempo a Trieste ebbi continue occasioni di assistere alle lotte del sentimento italiano contro l'oppressione politica e contro l'antagonismo di razza. Ma in ben altro ambiente la lotta stessa colà si esplicava, cioè in territorio proprio, con una maggioranza compatta, con un complesso di tradizioni e di fattori invincibili, con uno spirito di opposizione che, pur dovendo per lo più dimostrarsi in piccole manifestazioni, dava costante prova della sua indomabile potenza. Qui invece la lotta è in terra inospitale, in condizioni di assoluta inferiorità, e non avrebbe quindi ragione di essere se non come un episodio ed un mezzo della gran lotta che altrove si combatte.

A Trieste, poiché le repressioni e i soprusi danneggiavano cittadini regnicoli, il consolato d'Italia aveva giustificate ragioni d'intervento e di tutela, qui invece una tale contingenza non constami siasi finora avverata. Ma pei motivi sopraccennati non è impossibile che anche a questo ufficio s'imponga una diversa attitudine.

Partito dall'Italia, in seguito ad invito telegrafico dell'E.V., non fui in tempo, come ne avevo l'intenzione, di recarmi a Roma e ricevere istruzioni circa la condotta da seguirsi da me in una situazione che, ripeto, può dar luogo a complicazioni. Epperò mi permetto ora attirare l'attenzione dell'E.V. sullo stato presente delle cose affinché le piaccia darmi quelle indicazioni sia generali che particolari che ella credesse necessarie per il conseguimento delle funzioni affidatemi, sperando potermi così dimostrare meritevole della fiducia che volle in me riporre designandomi a questo posto. Posso peraltro assicurare l'E.V. che non mi lascio soverchiare da eccessiva inquietudine e che, mentre mi dedico alla semplice ed oggettiva osservazione del fenomeno, cerco, ove se ne presenti l'occasione, di rassicurare e di calmare i miei amministrati.

Mi consta, per averlo saputo da un autorevole professore della nuova facoltà, che uno dei punti più scabrosi sarà quello riguardante la cerimonia inaugurale del nuovo istituto, cerimonia che l'imperiale e reale Ministero avrebbe volentieri abbandonata, ma che né studenti né professori per un legittimo senso di fierezza vogliono tralasciare. Tale questione non mancherà di sollevare per se stessa incidenti (a parte che non possa servire di pretesto per qualche clamorosa dimostrazione anti italiana) e certo l'argomento degli inviti costituisce da solo una prima difficoltà. Sembra però che prevarrà l'opinione di togliere ogni carattere meno che corretto alla cosa, e il primo degli invitati sarebbe pertanto Sua Altezza imperiale e reale l'arciduca Eugenio Ferdinando comandante del locale corpo d'esercito.

Ritengo altresì probabile che a me pure si faccia un invito particolarmente insistente per tale riunione, e parmi che, ove le alte autorità locali intervenissero o si facessero rappresentare, non ci sarebbe motivo di rifiutare. Ma qualora la mia presenza potesse assumere il carattere d'una speciale affermazione, io crederei prudente di astenermi, benché ciò susciterebbe immancabilmente le disapprovazioni del partito italiano. Epperò anche su questo punto sarei desideroso di avere norme dali 'E.V.

Confermo oggi le difficoltà, a cui ho incidentalmente accennato nel mio primo rapporto, per poter trovare una decorosa abitazione, e ciò devesi attribuire alla condizioni politiche attuali. Sugli imbarazzi personali che mi crea questa circostanza mi permetterò di attirare un'altra volta l'attenzione dell 'E.V.

662 2 TT. 2048/20 I, 2049/202 e 2050/203 del 7 ottobre, non pubblicati.

664

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .. ./133. Berlino, 13 ottobre 1904, ore 17,06 (perv. 18,35).

Al mio ritorno qui ho avuto premura di procurarmi, nella assenza del cancelliere dell'Impero, una conversazione col barone Richthofen. Questi mi ha detto quanto la visita dell'on. Giolitti a Homburg 1 sia tornata [gradita] a Biilow e quanto la visita stessa abbia contribuito a rimettere le relazioni italo-germaniche sul piede di reciproca cordiale fiducia. Barone Richthofen è nelle sue manifestazioni molto riservato, specialmente quando si tratta di affari di cui si occupa personalmente il cancelliere dell'Impero. La espansione di Richthofen nella nostra recente conversazione, le cose da lui dettemi con effusione e accento di sincerità stanno a provare, ed io ne sono convinto, che gli equivoci ed i malintesi passati sono del tutto scomparsi. Barone Richthofen mi ha detto inoltre quanto a S.M. l'imperatore sia riuscito ben accetto il cordiale invito contenuto in un'affettuosa lettera di S.M. il re, il quale ha avuto cortese pensiero di richiedere l'imperatore Guglielmo di essere testimonio a battesimo del principe di Piemonte, l'invito è stato [premurosamente] accettato da imperatore. Appena cancelliere dell'Impero tornerà a Berlino, mi procurerò conversazione con lui in vista di che mi permetto chiedere mi sia comunicato se è stato redatto il resoconto scritto della intervista di Homburg. Giolitti volle cortesemente raccontarmene a voce i particolari: sarebbe utile però, allo scopo evitare qualsiasi malinteso, che io avessi fissati per iscritto almeno i punti principali delle dichiarazioni di Btilow al presidente del Consiglio.

665

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2881/1231. Parigi, 13 ottobre 1904 (perv. il 26).

Dopo che, nell'agosto scorso, esposi particolareggiatamente a questo signor ministro degli affari esteri il punto di vista del Governo di Sua Maestà nella questione che, circa i rapporti del generale De Giorgis con gli agenti civili, era stata posta nel memoriale presentato a V.E. il 9 di quello stesso mese dalle ambasciate d'Austria-Ungheria e di Russia in Roma 1 , ho domandato, replicatamente e sempre inutilmente, al signor Delcassé di farmi conoscere il suo modo di vedere sovra la questione medesima.

665 1 Cfr. n. 559.

Ottenni da lui qualche generica considerazione sovra la convenienza che, mercé la buona volontà ed il tatto, si mantenessero l'accordo e la cooperazione cordiale di tutti coloro che sono incaricati di assicurare il buon esito delle riforme in Macedonia. Seppi che da Vienna era stato scritto qui essere il conte Goluchowski più che mai fermo nella sua opinione che l'Austria-Ungheria e la Russia ebbero mandato esclusivo di curare l'esecuzione del piano di riforme da loro stesse elaborato, sicché nulla di ciò che in tale piano è compreso può essere sottratto alla vigilanza degli agenti civili dei due Imperi. Questa fermezza non aveva, però, alcun speciale carattere di acrimonia verso l'Italia. Il Governo francese avrebbe voluto informarsi del modo di vedere degli altri Gabinetti; ma non gli era riuscito di conoscere, al riguardo, ciò che si pensava a Londra ed a Berlino. Queste scarse indicazioni neppure mi furono date in una sola volta. Le riunisco qui, raccogliendole dalle varie conversazioni che ho impegnate, successivamente, col signor Delcassé sovra questo soggetto.

Io temo che noi troveremo questo stesso atteggiamento ogni volta che ricercheremo questo Governo in questioni, sovra le quali la Russia si sarà diggià pronunciata in senso diverso del nostro. Dacché l'alleata sua si trova avvolta nelle difficoltà dell'Estremo Oriente, la condotta della Francia è divenuta sempre più riguardosa verso di essa e si direbbe che l'unica linea direttiva qui seguita è quella di assecondare l'azione del Gabinetto di Pietroburgo in tutte le sue manifestazioni. Epperò, quando queste si saranno diggià prodotte, sarà cosa ben difficile che il signor Delcassé si decida a contrastare con esse.

664 1 Cfr. n. 669.

666

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 14 ottobre 1904, ore 19,30.

Ho ricevuto con molta soddisfazione suo telegramma riservatissimo', del quale affrettomi ringraziarla. Resoconto scritto della intervista di Homburg non venne redatto dal presidente del Consiglio, il quale anzi prega V.E. di volerlo redigere in base alla relazione che del colloquio egli le fece2 e di spedirlo quindi per mio mezzo a lui che vi introdurrà eventuali modificazioni.

666 1 Cfr. n. 664. 2 Cfr. n. 669.

667

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 518/120. Pechino, 14 ottobre 1904 (perv. il 23 novembre).

Confermando il mio telegramma dell' 11 corr.1 , ho l'onore di trasmettere qui unita a V.E. la copia della lettera direttami da monsignor Fiorentini per dichiararmi che intendeva lasciare la missione dello Shansi sotto la protezione del R. Governo e chiedermi i passaporti. Siccome riferii in detto telegramma, ho fatto subito vidimare i passaporti stessi dal Wai-wu-pu e li consegnai al vescovo. Vi è quindi ogni ragione di ritenere questa lunga vertenza come definitivamente e soddisfacentemente terminata.

Col mio rapporto del 4 novembre 1903 n. 1582 avevo bensì riferito a V.E. che il prof. Schiaparelli, reduce dallo Shansi, mi aveva detto di aver tutto aggiustato con monsignor Agapito, ma, lui partito, questi aveva nuovamente mutato avviso ed invece della lettera, chiedente la protezione italiana, che aspettavo, mi scriveva di dover sollecitare ancora istruzioni a Roma. Analogo telegramma riceveva il prof. Schiaparelli giungendo ad Hankow e le cose si trovavano così quasi allo stesso punto di prima.

Non riferii questa nuova fase a V.E. aspettando da un momento all'altro una soluzione, alla quale il prof. Schiaparelli mi dava affidamento di giungere appena fosse di ritorno a Roma. Ma non fu che il 20 luglio scorso che monsignor Agapito accennò alla possibilità di un mutamento nei suoi propositi, e soltanto in seguito alla recente sua venuta a Pechino che si è potuto concretare qualche cosa. Recatosi subito da me, egli mi disse di ritenersi autorizzato a rimettere la sua missione sotto la protezione del Governo italiano, ma insistette per fame la dichiarazione non alla legazione bensì ali'Associazione, esibendomi una lettera nella quale il pro f. Schiaparelli gli diceva che ciò sarebbe bastato perché l'Associazione desse corso al regolamento dell'indennità. Visti i termini della lettera stessa, non credetti di potermi esimere dall'inviare a V.E. il telegramma del 26 scorso mese (n. 13)3 diretto all'Associazione, nonché quello del 4 ottobre4 . Ma spiegai subito a monsignor Fiorentini che egli interpretava erroneamente la lettera in questione e che in ogni caso avrei avvertito io stesso il Governo di impedire qualsiasi versamento di fondi alla missione se la questione del protettorato non fosse prima definita formalmente e senza possibili equivoci. Egli si mostrò un po' riluttante, trovandosi imbarazzato a farmi la domanda dei passaporti dopo il passo da lui personalmente fatto nel febbraio scorso alla legazione di Francia; ma poi si persuase essere quella una condizione sine qua non e vi si adattò. Non posso dire di aver trovato in lui quella sincera spontaneità e compiacimento che potevo sperare, ora che egli era libero di agire secondo i propri sentimenti e traspariva troppo chiaro dal suo atteggiamento il movente principale che lo aveva deciso al

2 Il rapporto è ed. in LV99.

3 Cfr. n. 645.

4 Cfr. n. 654, nota l.

passo fatto; ma tenute in conto la lunga abitudine, le pressioni dei compagni tutt'ora ligi alla Francia, l'incertezza delle intenzioni della Curia ed altre minori considerazioni, si può usare indulgenza nel giudicarlo.

Una grande influenza sulla decisione presa da monsignor Fiorentini va certamente attribuita agli attuali dissidi fra la Francia e la Santa Sede dai quali devono essere dipese in massima parte le istruzioni più larghe pervenutegli ed è forse questo il momento più opportuno che da lungo tempo si sia presentato per condurre a noi anche le altre missioni italiane, poiché codesto stato di cose, unito ai mezzi di cui dispone ora l'Associazione, renderà a questa più facile di esplicare utilmente la sua opera a tale scopo.

667 1 T. 2071, non pubblicato.

668

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 49989/422. Roma, 15 ottobre 1904.

Con telegramma del 24 giugno scorso, n. 1101 , V. E. mi riferiva che il barone Richthofen ci aveva, in via strettamente confidenziale, fatto esprimere il suo desiderio di procedere, nelle questioni d'indole economica, risultanti dagli accordi internazionali che riguardano il Marocco, d'intesa col R. Governo.

Tale apertura del Governo germanico, come partecipavo a V.E. con telegramma in data 26 giugno u.s., n. 11492 , ha, in massima, incontrata la mia adesione.

Riferendomi alla corrispondenza telegrafica predetta, le significo ora che, con rapporto in data 6 ottobre, n. 711/264, del quale le trasmetto copia3 , il r. ambasciatore a Madrid addita alla mia attenzione i danni che ci potrebbero, a suo avviso, eventualmente derivare, riguardo alla Tripolitania, dall'associarci all'azione proposta dalla Germania all'Italia e all'Austria per quanto concerne gli interessi economici rispettivi al Marocco.

Il commendator Silvestrelli esprime, in proposito, il dubbio che le pratiche della Germania, intese a far proclamare pel Marocco, come già si fece per altri territori africani, il principio della libertà di commercio e l'esclusione dei monopoli, possano fra qualche tempo estendersi, eventualmente, anche alla Tripolitania, dove altre Potenze, di noi più intraprendenti, non mancherebbero, con nostro detrimento, di ricavarne profitto.

Tanto le partecipo, per opportuna sua confidenziale notizia, pregandola di esprimermi il suo avviso sulle cose esposte dal commendator Silvestrelli su questo argomento.

2 Cfr. n. 495.

3 Ctr. n. 656.

668 1 Cfr. n. 487.

669

INTERVISTA DI HOMBURG 1

Berlino, 15 ottobre 1904.

S.E. l'on. Giolitti, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell'interno, si propose, colla sua visita a S.E. il conte Btilow, cancelliere dell'Impero, principalmente:

l) di togliere ogni base alla credenza che S.M. il re non sia troppo favorevole alla Triplice Alleanza ed aspiri ad un cambiamento della politica estera italiana in senso francese.

2) di richiamare l'attenzione del conte Biilow sulle relazioni tra l'Italia e l'Austria-Ungheria.

Non fu difficile al cavaliere Giolitti di dimostrare al conte Btilow, colla esposizione dei fatti, la insussistenza delle tendenze attribuite a Sua Maestà. Il re, d'accordo col suo Governo, cercò bensì un riavvicinamento colla Francia: ma questo riavvicinamento, negli intendimenti del re e del suo Governo, non doveva in nessun caso andare oltre il limite consentito dall'interesse dell'Italia né oltre quello conciliabile con gli impegni dell'alleanza. Questo riavvicinamento non poteva in tal modo affatto scuotere la solidità della Triplice, che veniva così nei suoi intenti pacifici rafforzata e, osteggiata soltanto da alcuni dei partiti estremi, doveva rimanere la base della politica estera nazionale.

Circa le relazioni coli' Austria-Ungheria il cavaliere Giolitti espresse al conte Biilow il suo vivo desiderio e la sua ferma volontà di togliere, da parte dell'Italia, ogni motivo ad attriti prevenendo e all'occorrenza soffocando qualsiasi manifestazione irredentista. L'Austria-Ungheria però, da parte sua, doveva porre ogni cura ad evitare tutto ciò che può ferire il sentimento italiano. La politica del Gabinetto di Vienna verso le popolazioni italiane, invece, serviva a seminare il malcontento tra esse, che, messe in tal modo in urto coll'elemento tedesco, restavano naturalmente spinte verso l'elemento slavo.

Il conte Btilow accolse con vivo compiacimento le dichiarazioni del cavaliere Giolitti. Il cancelliere non nascose la sua soddisfazione per il riavvicinamento conseguito nelle relazioni italo-francesi, il quale doveva apprezzarsi come coefficiente di pace. Egli assicurò il presidente del Consiglio che, per mezzo dell'ambasciatore imperiale a Vienna, avrebbe fatto richiamare l'attenzione del conte Goluchowski sui pericoli cui l'Austria-Ungheria può andare incontro seguendo una linea di condotta politica la quale non dia per quanto possibile soddisfazione ai giusti desideri delle sue popolazioni italiane: anche per l'Austria è d'interesse l'evitare tutto ciò che può mettere quelle popolazioni in urto coll'elemento tedesco.

Nel corso delle conversazioni vari altri argomenti di politica estera furono toccati. Fu constatata la situazione creata dalla guerra russo-giapponese deplorando l'im

possibilità per l'Italia e per la Germania di mettervi fine. Venne esaminata inoltre la questione dei Balcani. A questo proposito l'on. Giolitti diede al conte Biilow le più ampie assicurazioni che l'Italia aspira soltanto a vedervi mantenuto lo statu quo. Il conte Biilow, da sua parte, poté esprimere, sulla fede di dichiarazioni più volte fattegli dal conte Goluchowski, la ferma convinzione che neppure l'Austria-Ungheria ad altro miri se non a mantenere il più a lungo possibile la situazione attuale. Se verrà il giorno in cui lo statu quo non si potrà più mantenere occorrerà, secondo il parere del conte Biilow, provvedere ad un'altra ripartizione degli Stati balcanici mediante l'ingrandimento di essi2 ed escludendo ogni nuova annessione od occupazione austriaca. L'Albania naturalmente3 dovrà pure essere eretta a Stato indipendente: l'Italia e l'Austria non vi aspirano né l 'una di esse potrebbe tollerarne l'occupazione da parte dell'altra.

Anche delle relazioni tra il Governo italiano e la Santa Sede fu fatta menzione. Quelle relazioni hanno assunto un carattere, dalle due parti, conciliante il quale nel mentre risponde agli interessi dell'Italia è anche conforme alle tendenze della politica germamca.

L'incontro del presidente del Consiglio col cancelliere fu improntato alla massima cordialità. I due ministri dirigenti si separarono convinti che le loro franche reciproche dichiarazioni avranno la migliore influenza nelle relazioni tra i due Governi; le leggere nubi sorte sull'orizzonte politico in occasione della visita del presidente della Repubblica francese a Roma vennero, col convegno di Homburg, facilmente del tutto dispersé.

669 1 È l'incontro di Giolitti e Biilow del 26-27 settembre. Il verbale che si pubblica è allegato al rapporto di Lanza 1607/585 del 15 ottobre, non pubblicato.

670

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. 50446/422. Roma, 18 ottobre 1904.

Il r. console generale in Tripoli di Barberia mi informa di aver trasmesso a V.E. copia di un rapporto del r. vice-console in Bengasi, in data 22 settembre n. 219/1241 , circa l'oasi di Kufra.

Come V.E. avrà rilevato da tale documento, quel r. vice-console esprime l'avviso che, per evitare che l'oasi sopra menzionata abbia eventualmente a passare nella sfera d'influenza anglo-egiziana, sarebbe opportuno che la Sublime Porta fosse interessata ad affermare, in modo efficace e tangibile, e nella forma che ravviserà più acconcia, la sovranità dell'Impero ottomano sul territorio in parola.

3 Giolitti sostituì questa parola con «in specie».

4 Il documento, così moditìcato, fu restituito da Giolitti a Tittoni il 31 ottobre, poi comunicato alle ambasciate a Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna con dispaccio del 16 novembre, e a Berlino del 14 novembre. La versione dell'incontro in GP, vol. XX/l, n. 6422. Le reazioni francesi in DDF, Il serie, t. V, nn. 352,353,354,355,359,369,381,442,455.

Le cose esposte dal signor Mondello sembrano meritevoli di essere tenute presenti; ma lascio alla prudenza della S.V. il giudicare se sia il caso di far giungere costì i suggerimenti cui accenna il suddetto r. agente e quale, nell'affermativa, possa essere il mezzo più cauto per raggiungere l'intento.

In attesa di conoscere il suo pensiero in proposito.

669 2 Giolitti, cui questo documento fu sottoposto usò a questo punto la frase seguente: « ... o la creazione di Stati autonomi e procurando la federazione degli Stati balcanici».

670 1 Non pubblicato.

671

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2155/186. Therapia, 21 ottobre 1904, ore 9,25.

Mi riferisco al rapporto n. 5091•

Dopo nuove contestazioni e tergiversazioni, gran vizir finì per confessarmi ieri, esprimendomene rammarico, che valì di Janina, dichiarandosi assolutamente ignaro incidente Valona e riluttanza espiare colpa che pretende non avere commessa, si rifiuta obbedire ordini ricevuti di far visita console generale. Ciò stante, in seguito mie energiche rimostranze [ ...]2 di cui caldamente spero V.E. vorrà accontentarsi: l) valì infliggerà biasimo caimacan di Valona; 2) scriverà lettera console generale annunziando biasimo inflitto, ed assicurando che provvedimenti furono presi per evitare ripetersi simili fatti; 3) caimacan Valona farà visita Ancarano per dare necessarie spiegazioni.

Riparazione offertaci mi sembra adeguata. Non parendomi, per ovvii motivi, consigliabile al momento sollevare grosso incidente col domandare, dopo due mesi, rimozione valì, che il gran vizir ritiene questa volta innocente, crederei conveniente mostrarci arrendevoli, accettando senz'altro soluzione offertaci, la quale viene a togliere Sua Altezza da gravi imbarazzi in cui trovasi per la impossibilità di far rispettare impegni formali presi con me. Se V.E. approva, le sarei grato telegrafarmelo; reputo più che mai indicato avvertimento per l'avvenire, suggerito mio rapporto. Insisto egualmente sull'opportunità dare lettura Rescid telegramma che V.E. sarà per dirigermi.

671 1 Cfr. n. 681, nota 3. 2 Gruppo indecifrato.

672

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1298/490. Londra, 21 ottobre 1904.

Qualora in seguito allo stato di cose esposto nel mio precedente rapporto n. 483 1 divenisse completo il nostro accordo con l'Inghilterra circa la convenzione etiopica, sarà presto da prepararsi la sua prevista comunicazione al Governo francese.

Mi risulta che negli ultimi tempi questo ambasciatore di Francia ha più di una volta interrogato in proposito il marchese Lansdowne e ciò ancora mercoledì scorso, al ritorno di M. Cambon da una delle sue frequenti visite a Parigi. In vista delle incertezze tutt'ora mantenutesi intorno a quell'affare, io ho sempre evitato di entrare a parlame con questo mio collega. Ebbi però su di esso, giorni sono, una privata conversazione con sir Eldon Gorst; dalla quale rilevai che non si ha qui, finora, una positiva nozione di ciò che realmente deciderà la Francia riguardo alla sua ferrovia, né di ciò che di fatto potrebbe combinarsi su quella questione, che pur risulta costituire il punto più interessante per il Governo francese.

Si è fatto allusione, mi disse sir Eldon, ad una eventuale «intemazionalizzazione» di quella ferrovia per riguardo in specie al suo prolungamento in territorio abissino. Ma in qual modo potrà ciò praticamente attenersi? L'azione ora esercitata a Parigi pel tramite di alcuni membri del partito coloniale è in realtà l'azione dei portatori di titoli di quell'impresa che non offre di per sé alcun serio elemento rimuneratore, mentre il Governo francese probabilmente non sarebbe scontento di poter riprendere i sussidi da lui promessi e in parte già prestati all'impresa stessa. Per lo stesso motivo, però, il Governo britannico non ha veruna tentazione di partecipare a quei sacrifici, come sarebbe per esempio coll'assumere in proprio una quantità delle azioni della ferrovia.

Se, d'altra parte, si esclude l'idea di una partecipazione diretta dei tre Governi (non essendo verosimile che neanche l'Italia vi si voglia sobbarcare), come potrà quella linea essere veramente internazionale? Avendo io nel corso della conversazione fatto allusione alle clausole della nota convenzione Chefneux, alle quali la Francia sarebbe probabilmente disposta a rinunciare (divieto di altre linee, protezione della ferrovia in territorio abissino per mano delle autorità francesi, ecc.), sir Eldon osservò che ciò era da attendersi, ma che appunto in compenso di una tale rinuncia si richiederanno forse garanzie (a favore degli azionisti) assai difficili a trovarsi. Quanto alla costruzione di una linea da Zeila a Berbera, quando questa fosse consentita, si tratterà poi di cercare chi voglia fame le spese, considerando fra altro che se è già passiva l'unica linea per Gibuti, una nuova linea concorrente aggraverà la passività totale dell'impresa. E se, malgrado tutto, si trovassero per questa nuovi azionisti privati delle tre diverse nazionalità, come impedire che in un qualunque momento le azioni cambino di mano allo scopo di conservare alla compagnia un carattere interna

zionale? Sir Eldon conchiudeva quindi col ripetere che non si vedeva chiaro quale potesse essere una pratica soluzione di queste difficoltà.

Stamane poi, avendo io incontrato il marchese Lansdowne, questi mi disse che desiderava appunto vedermi per prevenirmi ch'egli si aspettava a dover dire qualcosa sulla convenzione abissina a M. Cambon, nell'occasione del prossimo suo ricevimento mercoledì venturo. Se, come era probabile, l'ambasciatore francese ritornasse con lui su quell'argomento, Sua Signoria si proponeva di indicargli sommariamente le linee generali dell'accordo in discussione coll'Italia, riservandosi di dame di concerto con questa formale comunicazione a Parigi, subito dopo la definitiva fissazione dei suoi termini. Egli accennerà in ispecie all'articolo 4 destinato ad indicare in modo generale la natura degli interessi che l'Inghilterra e l'Italia desiderano guarentirsi per l'eventualità di una futura disgregazione della Abissinia, soggiungendo essere da noi augurata una adesione della Francia a quella convenzione mediante analoga indicazione degli interessi che più la concernono e se, conchiuse lord Lansdowne, M. Cambon gli dirà che per la Francia si tratta sopratutto di salvaguardare le sue imprese ferroviarie, egli pregherà l'ambasciatore di volergli esporre le intenzioni del suo Governo a tale riguardo2 .

Riservandomi di riferirle quanto mi risulterà in seguito su codesto argomento ...

672 1 Cfr. n. 661.

673

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2956/1269. Parigi, 21 ottobre 1904 (perv. il 26).

La Commissione del bilancio di questa Camera dei deputati, riprendendo, or sono pochi giorni, i suoi lavori, ha udito la verbale relazione dell'onorevole Chautemps sulla Tunisia. Il relatore ha conchiuso per il passaggio degli affari relativi al protettorato tunisino dal Ministero degli affari esteri a quello delle colonie. Il signor Emilio Chautemps fu ministro delle colonie nel Gabinetto Ribot nel 1895 e questa circostanza spiega, in una certa misura, il desiderio suo di riunire a questo Ministero tutto ciò che potrebbe accrescerne l'importanza. Egli si è fatto, sembra, il portavoce di un gruppo parlamentare al quale si attribuisce il disegno di costituire, sotto una sola amministrazione coloniale, insieme ai protettorati ed alle colonie che già appartengono al Ministero per esse esistente, anche l'Algeria, la Tunisia e gli affari relativi alla penetrazione in Marocco. Ciò che è avvenuto del protettorato del Madagascar dopo che il Ministero dello colonie ebbe ad occuparsene, ognuno sa. Sussistono ancora i protettorati del Cambodge e de li'Annam; ma la loro importanza è nominale. Vorrebbesi fare lo stesso con la reggenza tunisina? In tale caso è prevedibile che le tendenze delle colonie sarebbero nel senso di assimilare in tutti i modi possibili la Tunisia alle altre colonie francesi.

Finché il signor Chautemps non avrà deposto il suo rapporto scritto e questo non sarà stato pubblicato, è difficile il precisare gli argomenti ch'egli adduce per introdurre un cambiamento che la stampa più autorevole parigina ha combattuto appena fu annunziato. Il Temps, i Debats consacrarono importanti articoli al mantenimento delle cose come stanno. Nel Journal del 17 corrente il signor G. Hanotaux ha scritto un articolo per combattere il progetto vagheggiato dall'onorevole E. Chautemps e accettato in massima dalla Commissione parlamentare. Unisco qui l'articolo del Journal perché esso è destinato ad avere un peso speciale nel dibattimento della questione a causa della autorità del suo autore 1•

Mi premeva sapere se il Governo avesse già preso posizione in questo affare. Ne parlai col signor Delcassé durante la visita che gli feci il 19 corrente. Egli mi disse che nel Consiglio dei ministri non si era finora esaminata la cosa; ma nel tempo stesso non mi nascose che la sua opinione era in un senso assolutamente contrario alla accettazione della proposta dell'onorevole Chautemps. La conversazione dilagò alquanto sovra le condizioni attuali della Tunisia e conseguentemente si accennò pure a quelle relative alla colonizzazione degli europei in quel Paese. Ciò mi fornì l'opportunità di dire al signor Delcassé che se la Commissione della Camera ed il suo relatore non avessero appunto in questo momento messo in discussione l'ordinamento della Tunisia, io avrei voluto chiamare l'attenzione del Governo della Repubblica sovra la convenienza reciproca di dare agli interessi importanti che alla esistenza e prosperità della numerosa nostra colonia nella Reggenza si connettono, la sicurezza e la stabilità che ormai non erano più assicurate dalle convenzioni del 1896 recentemente arrivate al termine utile per la denunzia. Quelle convenzioni aveano fatto buona prova e, sebbene la loro esistenza non fosse in pericolo, poiché per tacita riconduzione la durata di sei mesi, o di un anno, loro era assicurata dal giorno della denunzia, non conveniva tuttavia, a parer mio, né per gli interessi locali esistenti in Tunisia, né per quelli generali riferentisi alle relazioni politiche dell'Italia con la Francia, trascurare ciò che poteva mettere una questione così delicata a riparo d'ogni sorpresa. Il signor Delcassé, dopo di essersi dimostrato non esattamente informato dei termini della scadenza dei nostri trattati per la Tunisia, disse che non avea avuto finora l'occasione di esaminare la questione ed osservò soltanto che conveniva lasciar passare la fase presente di agitazione parlamentare prima di ricercare ciò che, nel senso mio, si sarebbe potuto fare.

Ho stimato non convenisse, dal momento che la Commissione del bilancio, con la proposta di trasferire gli affari del protettorato tunisino al Ministero delle colonie rimetteva in discussione le condizioni della reggenza, di lasciar ignorare a questo ministro degli affari esteri il nostro desiderio di non abbandonare alle incertezze di una improvvisa denunzia il complesso di interessi che ebbe un legittimo e normale sviluppo sotto la garanzia costituita dalle convenzioni del 1896.

Se il signor Delcassé non ebbe a pronunciarsi subito in favore della proroga pura e semplice delle convenzioni stesse per un nuovo periodo di anni; neppure egli formulò l'idea di una revisione delle medesime. Recentemente m'incontrai con il signor Chautemps col quale ho parlato della sua proposta nella Commissione del bilancio. Egli si palesò favorevole a nulla intraprendere per arrestare il movimento di

colonizzazione siciliana in Tunisia. Però egli fece due riserve, l'una concernente gli esperimenti fatti di suddividere dei latifondi in piccole proprietà destinate agli immigranti; l'altra relativa all'esercizio della pesca. Il signor Chautemps osserva che la suddivisione delle vaste proprietà non ebbe l'esito che coloro che l'immaginarono se ne attendevano. I coloni francesi ed italiani che vi presero parte fecero cattivi affari e ciò non giova naturalmente alla prosperità generale del Paese. E per la pesca egli non nascose che gli pare eccessiva una concessione che ne permette l'esercizio da barche armate in Italia, che neppure, in molti casi, approdano alla costa tunisina.

Accenno alle cose dettemi dall'onorevole Chautemps unicamente perché esse permettono la previsione dei punti sui quali lo stato esistente delle cose nostre in Tunisia potrebbe incontrare prossimamente delle obbiezioni2 .

672 2 Il progetto di accordo con l'Italia fu infatti comunicato da Lansdowne a Cambon, cfr. DDF, II serie, t. V, n. 408.

673 1 Non si pubblica.

674

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINION 1, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2211/166. Innsbruck, 21 ottobre 1904 (perv. il 24).

Fra i diversi incidenti cui da luogo, si può dire quotidianamente, la questione universitaria credo opportuno segnalare all'E.V. quello della soppressione di alcune lezioni in lingua italiana all'università e quello della posizione delle tabelle di due istituzioni accademiche italiane.

Come è noto, già dal 1864 quando sorsero le «cattedre parallele» alla facoltà giuridica d'Innsbruck, furono introdotti anche presso la facoltà di medicina e di filosofia corsi fatti in italiano dagli stessi professori tedeschi o dai loro assistenti. Sino a tutto lo scorso anno scolastico due corsi, specialmente importanti, godettero di questo privilegio, quello di chimica dettato dal prof. Loebisch e quello di anatomia dell'assistente dottor Poda. Ora ai due docenti suddetti, che stavano di questi giorni per riprendere le loro lezioni, venne in modo formale inibito di usare la lingua italiana dal Senato accademico, il quale ha dichiarato d'inspirarsi con questa decisione al concetto informatore dell'ordinanza ministeriale del 22 scorso settembre creante una facoltà giuridica italiana appunto per ridonare il carattere p rettamente tedesco ali 'università leopoldina. Fu fatto osservare che questa interpretazione non era del tutto esatta perché la nuova istituzione, non avendo corsi completi, lascia pur sussistere la necessità per gli studenti italiani di diritto di frequentare tuttora per certi corsi l'università e d'altronde non sembrava nella competenza del «presidio universitario» stesso di sopprimere d'un tratto diritti acquisiti da lunghi anni. Davanti alle ripulse del Senato accademico, fu giuocoforza agli interessati ricorrere al Ministero del culto e dell'istruzione, ciò che fecero con vibrata protesta presentata dai deputati trentini, ma di cui ancora si ignora l'esito.

Né meno importante, malgrado l'apparenza piccina, è l'altro incidente della soppressione delle tabelle. Le due istituzioni italiane «Circolo accademico» ed «Associazione di beneficenza fra studenti» avevano, come tutte le altre istituzioni accademiche riconosciute, il diritto di affiggere in apposite tabelle situate nell'atrio del Palazzo universitario, le comunicazioni interessanti i rispettivi soci. Dal rettorato si fecero alcuni giorni sono pratiche indirette per persuadere professori e studenti italiani dell'opportunità di asportare tali albi per ricollocarli nell'edifizio della facoltà provvisoria, ma siccome a questo invito non fu aderito appunto per la ragione che diversi membri di quelle associazioni non avevano a che vedere colla facoltà giuridica ma dovevano continuare a frequentare l'università, si ricorse all'espediente, che non si saprebbe come qualificare, di far sottrarre notte tempo le tabelle stesse.

Di fronte alle proteste per un tale agire ed alla minaccia di denunciare alla giustizia il reato commesso, le tabelle furono ritrovate e fatte consegnare dallo stesso rettore alle presidenze dei due sodalizi, ma coll'inibizione, fondata su motivi d'ordine pubblico, di rimetterle a posto, anche nel caso che dovessero portare comunicazioni scritte in lingua tedesca. La questione ha sollevato, come si può supporre, recriminazioni infinite ed avrà certo un seguito.

Di più è stata emanata dal Senato accademico una ordinanza che impedisce agli studenti il porto di emblemi non riconosciuti dallo stesso Senato. Anche questa misura colpisce unicamente gli innocui distintivi del Touring Club Italiano, della «Corda Fratres», della «Dante Alighieri», di cui gli studenti italiani amano fregiarsi, mentre lascia piena libertà a certi emblemi pangermanici che qui dovrebbero avere un significato ben altrimenti irrispettoso-non voglio usare l'aggettivo pericoloso!

Infine è altra causa d'agitazione lo strano invito fatto dal Senato accademico alla sola studentesca tedesca di cooperare con esso, mediante la presentazione di opportune proposte, alla soluzione definitiva della questione universitaria.

Come facilmente si può dedurre dai rapidi cenni che precedono, la situazione, ben !ungi dal migliorare, come alcuni ottimisti speravano in seguito al recente provvedimento ministeriale, si è inasprita; e soprattutto impressiona, in chi segue la questione con spirito sereno, il partito preso dal corpo accademico -il quale pur dovrebbe dar esempio d'oggettività e d'imparzialità -di trarre occasione da ogni minima circostanza per dar torto agli studenti italiani e per esercitare verso di essi la frase non è esagerata-una vera persecuzione. Si direbbe che esso vuole redimersi in faccia al partito tedesco dall'accusa di cui era stato fatto segno, di essersi acquetato al fatto compiuto e di aver fatto buon viso alle ordinanze governative.

Non è a meravigliarsi quindi se queste, che gli italiani chiamano, e forse non a torto, provocazioni, e che sono vivacemente sfruttate dagli agitatori irredentisti del Trentino e di Trieste, condurranno fra breve a qualche scoppio d'indignazione ed a nuovi disordini, sulla portata e sulle conseguenze dei quali sarebbe temerario il far ora previsioni. Bizzarra situazione, invero, questa in cui due partiti si aizzano e pericolosamente contendono per raggiungere uno scopo comune: l'allontanamento da Innsbruck delle cattedre italiane imposte dall'imperiale e reale Governo!

È da segnalarsi peraltro una circostanza importante, che mi fu confidata, non senza rammarico, da uno dei professori della nuova facoltà e cioè che le iscrizioni vi procedono stentatamente e che il numero degli studenti italiani finora qui convenuti è lontano dal raggiungere quello che si aveva motivo di prevedere. Manca ancora qualche settimana all'apertura regolare dei corsi ed il termine per le iscrizioni potrà ancora venir prorogato, ma coloro che avevano calcolato su una grande affluenza di studenti, a scopo d'affermazione, temono ora di non veder corrisposte le loro speranze. È certo che a molte famiglie non sorride l'idea delle lotte e dei pericoli a cui sarebbero esposti i loro figli in questa città, mentre sarebbe illusione il pensare a studi seri e regolari; perciò, contrariamente alle voci diffuse nei primi giorni, sembra ora che vi saranno non poche astensioni e diserzioni, che alcuni vorranno poi spiegare col proposito, nuovamente messo in campo, di «boicottare» la nuova facoltà.

Pare intanto smessa l'idea di inaugurare con certa cerimonia le lezioni, giacché all'università tedesca non si vorrebbe, date le speciali circostanze, tener quest'anno alcuna solenne prolusione. La stampa locale è sempre aggressiva e violenta, ma la cittadinanza si mantiene calma benché serpeggi una generale e non ben definita preoccupazione che il partito ultratedesco sa abilmente tener desta. Di questa malaugurata situazione si afferma che cominciano a soffrire alcuni esercenti italiani, i quali si vedono abbandonati dalla clientela tedesca, timorosa dei sospetti e delle proteste dei «nazionalisti».

673 2 Per la risposta cfr. n. 688.

675

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1736. Roma, 24 ottobre 1904, ore 14,05.

II r. agente e console generale in Sofia telegrafa quanto segue: «Da buona fonte ho saputo ... » (vedi teleg. 2145 in arrivo)'. È evidente che se la Sublime Porta non si affretta a regolare questa vertenza dei rifugiati di Adrianopoli si espone a gravi complicazioni con non lieve sua responsabilità verso le Potenze. Desidero che V.E. non tralasci di tenere costì, in questo senso, un amichevole ma fermo linguaggio2 .

2 Si pubblica qui il seguente passo del T. 2130/182 del 20 ottobre di Imperiali: «Dal rapporto particolareggiato scritto martedì, V.E. rileverà come io abbia, prima ancora colloquio agente principesco, attirato, su delicata questione, speciale attenzione del gran vizir. Rinnovo ora amichevole raccomandazione, sembrandomi indicata, importando impedire, ad ogni costo, nuovi inasprimenti relazioni turco-bulgare. Mie pratiche avrebbero, però, maggior peso, se fatte a nome e per ordine di V.E.». Imperiali allude al colloquio col gran vizir riferito nel rapporto 1311 del 18 ottobre che non si pubblica.

675 1 Si tratta del T. 2145/19 del 23 ottobre, non pubblicato, con il quale Cucchi Boasso riferiva circa l'atteggiamento polemico del Governo principesco verso la Turchia e circa l'intenzione di sollecitare la chiusura della vertenza sui rifugiati di Adrianopoli.

676

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

D. 513511212. Roma, 24 ottobre 1904.

In risposta al foglio n. 11801/5 delli 12 ottobre' corrente autorizzo codesto commissariato ad inviare la propria adesione al I Congresso coloniale italiano, ma non a farvisi rappresentare essendo opportuno che il R. Governo, pur guardando con simpatia quella nobile iniziativa, si mantenga estraneo2 .

677

IL MINISTRO AD ATENE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 923/494. Atene, 24 ottobre 1904 (perv. il 28).

Questa r. legazione già ebbe occasione di accennare incidentalmente in precedenti rapporti alla mania di persecuzione da cui sono affetti i greci del giorno d'oggi, mania che fa loro scorgere in ogni straniero un nemico, e che fa attribuire alle altre Potenze, grandi e piccole, vicine o lontane, ogni sorta di neri disegni a danno delle aspirazioni nazionali elleniche. l loro attacchi, da qualche tempo in qua, sono frequentemente diretti anche contro l'Italia, che viene sospettata non solo di mire conquistatrici sull'Albania e sull'Epiro, ma perfino di tendenze d'assorbimento di una parte del Regno di Grecia.

Ho raccolto, a tal proposito, in recenti articoli di giornali ateniesi, talune elucubrazioni letterarie che, a puro titolo di curiosità, credo dover riferire all'E.V. Pochi giorni or sono, una corrispondenza da Corfù ali' Esperi n i parlava, con accento di terrore e d'indignazione, dei pericoli che minacciano l'ellenismo in quell'isola, per l'opera assidua della «propaganda italiana» associata alla propaganda cattolica. Essa enumerava le diverse società di beneficenza e di mutuo soccorso, le scuole, maschili e femminili, religiose e laiche, colà esistenti, sovvenzionate dal Governo italiano, e dirette tutte dal «famigerato» console De Gubernatis. E, dopo di aver deplorato la tolleranza del Governo greco e la indifferenza degli ortodossi di fronte a simile spetta

2 Con riferimento alla richiesta circa l'opportunità o meno che il re concedesse il suo patronato al prossimo congresso coloniale, Mattini aveva risposto: «Ii reale favore è desiderabile a questa come ad ogni altra civile e nobile impresa; tuttavia è pur desiderabile che al proposto congresso non si dieno proporzioni troppo vaste e solenni. E però credo che dalla domanda fatta si debba recedere opportunamente affinché poi una volontaria remissione non appaia sovrano rifiuto».

colo, conchiudeva coll'attirare l'attenzione di tutti i buoni patrioti su quanto avviene a Corfù, in vista delle coste d'Epiro tanto agognate dalle avide brame degli italiani!

Poco dopo, era la decorazione concessa dal R. Governo (in seguito a proposta di questa r. legazione, vedi mio rapporto n. 614/346 del 16 luglio u.s.) 1 al sindaco di Patrasso, signor Votzis, che forniva argomento ad un altro giornale di qui per tessere nuove variazioni sul tema della propaganda italiana, della quale quel funzionario si sarebbe fatto docile e venduto istrumento, meritandosi così la croce dei SS. Maurizio e Lazzaro. Ciò sarebbe stato dimostrato ad evidenza da quanto compare in un periodico del «Comitato italiano di propaganda sedente in Roma (!?)» il quale pubblicò recentemente il ritratto del signor Votzis e di due suoi amici di Patrasso, con la menzione «amici dell'Italia ali' estero» ...

Certo, non è soltanto in Grecia che le degenerazioni del sentimento nazionale hanno condotto a manifestazioni, come queste, ridicole e assurde. Ma benché, giova aggiungerlo, i giornali che le hanno stampate non siano né fra i più diffusi né fra i più accreditati di Atene, essi rappresentano però una corrente che esiste in una parte notevole dell'opinione pubblica di questo Paese, e della quale non si può non tener conto.

676 1 Non pubblicato.

678

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

D. 51740/307. Roma, 25 ottobre 1904.

Col rapporto in data 14 ottobre V.S. 1 mi ha trasmesso copia di quello che il r. vice console in Bengasi ha a lei diretto in data 10 ottobre corr. 236/1352 , fornendo nuovi ragguagli sul noto argomento del contrabbando delle armi in Cirenaica ed insistendo sulla necessità di una opportuna azione del R. Governo per procurare le misure di sorveglianza atte ad infrenare quell'illecito traffico.

Per non suscitare ingiustificati sospetti sono d'avviso che gli eventuali offici da farsi a tal uopo, debbano aver luogo, anziché a Costantinopoli, di preferenza presso codeste autorità locali, allo scopo di indurle a provvedere, efficacemente e sollecitamente, alla vigilanza di cui si tratta.

In tal senso V.S. potrà, nel miglior modo e nella forma che ravviserà più acconcia, adoperarsi, previ gli opportuni concerti coi colleghi di lei.

677 1 Non pubblicato.

678 1 R. 1212/447 del 14 ottobre, non pubblicato. 2 Cfr. n. 632, nota 2.

679

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 1334/522. Therapia, 25 ottobre 1904 (perv. il 2 novembre).

Faccio seguito al mio rapporto n. 1304/512 delli 18 corrente'.

Alla comunicazione loro diretta dalla Sublime Porta2 per notificare e ribadire l'opposizione della Turchia ali' invio dei nuovi ufficiali per la gendarmeria internazionale in Macedonia, hanno replicato, sabato scorso, le ambasciate delle due Potenze cooperanti con altro pro-memoria, consegnato dai rispettivi dragomanni. Le ambasciate austro-ungarica e russa hanno novellamente dichiarato che i loro Governi rispettivi insistono, più che mai, nella decisione relativa all'invio, giudicato indispensabile dai loro aggiunti militari, degli ufficiali per ora, ed ulteriormente dei sotto-ufficiali.

Il gran vizir mi intrattenne ieri nuovamente di questo argomento, ripetendo quanto ebbe a dirmi precedentemente, cioè che il Governo imperiale è deciso a non cedere. Esso non può impedire a quelli ufficiali di giungere, ma si rifiuta categoricamente ad assumerli al suo servizio, a permettere loro di rivestire l 'uniforme turca e ad impartire alle autorità ottomane l'istruzione di prestar loro obbedienza. Sua Altezza mi confidò, poi, che la questione dell'aumento degli ufficiali riesce particolarmente ostica e sgradevole al sultano, al punto che egli si trova sempre a disagio quando è costretto a tenerne parola con Sua Maestà imperiale.

Quanto al minacciato invio dei sotto-ufficiali, il gran vizir lo qualificava di assurdo addirittura, in quanto non solo praticamente inutile per l'opera della riorganizzazione, ma di natura tale da creare complicazioni, imbarazzi e difficoltà tra il Governo ottomano e le varie Potenze. Ferid pascià non ometteva nemmeno quella ovvia osservazione, cioè che dalla presenza in Macedonia di sotto-ufficiali potrebbero trar vantaggio, per i loro fini speciali, soltanto le due Potenze che sono in grado di mandare in Macedonia sotto-ufficiali al corrente delle lingue del Paese. Il gran vizir concludeva il suo dire, scagliandosi con veemenza contro l'addetto militare austro-ungarico, al quale, secondo Sua Altezza, per l'influenza perniciosa, ma efficace esercitata sul barone Calice, devesi far rimontare la responsabilità, non solo della presente intricata questione, ma in generale di tutti i maneggi ed intrighi degli agenti imperiali e reali in Macedonia.

In una conversazione avuta, or sono pochi giorni, con l'ambasciatore di Germania, avendo io accennato alla tenacia inaspettata con la quale la Sublime Porta, contrariamente alle previsioni delle due ambasciate, lotta contro l'aumento degli ufiìciali, il barone Marschall mi diceva che, a suo avviso, la causa della resistenza va cercata nel fatto che la direzione pratica dell'opera delle riforme è passata dalle mani della Russia in quelle dell'Austria-Ungheria. A torto od a ragione, prevale ora qui l'opinione che la Russia, impigliata siccome è in gravi difficoltà nell'Estremo, si interessi per il momento negli affari del Vicino Oriente un poco meno del passato.

2 Il giorno 21 .

Da tale convincimento il sultano, che pur non desistendo mai dai suoi sospetti contro l'Austria-Ungheria, non teme quella come e quanto teme la Russia, trae la forza necessaria per resistere ad oltranza, senza rinunziare, d'altra parte, alla tradizionale e favorita abitudine di fare a fidanza con i dissidi e le scissioni che possono sorgere tra le due Potenze cooperanti e le altre.

Questa resistenza, però, opina il collega germanico, non potrebbe durare a lungo, quando alle insistenze austro-russe si unissero anche quelle dell'Italia, della Francia e della Gran Brettagna. È probabile, però, che i due ambasciatori, l'austroungarico in ispecie, i quali annettono speciale importanza a conservare il carattere di direttori assoluti ed indipendenti, si decideranno a malincuore ad invocare la cooperazione degli altri colleghi, e lo faranno solo quando sarà loro precluso ogni altro mezzo di fiaccare l'ostinazione del sultano.

Alle osservazioni del barone Marschall va, a mio avviso, attribuito un gran peso. Che i timori e le apprensioni del sultano, a riguardo della Russia, siano in questo momento molto attenuati, sono indotto a ritenerlo anche da un particolare narratomi dall'incaricato d'affari britannico, il quale assistette, secondo la prammatica, ad una udienza concessa la settimana scorsa da Sua Maestà imperiale al generale sir John French. Durante l 'udienza, la conversazione essendo caduta sugli eserciti europei, in generale, e sul russo in particolare, il generale inglese ebbe ad osservare come, malgrado la grande quantità di truppe impegnate in Manciuria, il fiore dell'esercito russo trovasi tuttora disponibile in Europa. Al che si affrettò a replicare il sultano, e non senza fame trasparire il suo compiacimento, risultargli in modo positivo che i russi hanno inviato in Manciuria le loro migliori truppe, ciò che non ha impedito ai giapponesi d'infligger loro terribili disfatte. Per quanto concerne, d'altra parte, il contegno dei due ambasciatori verso di me, e credo pure verso gli altri colleghi, per tutto ciò che si riferisce agli affari di Macedonia, è impossibile il contestare che esso sia improntato, per lo meno, alla massima riserva.

Quali, ad ogni modo, che possano essere le decisioni del R. Governo circa il modo ed il tempo dell'invio dei nostri ufficiali, nonché sulla linea di condotta che ci converrà di tenere di fronte all'opposizione della Sublime Porta, sembrami, signor ministro, doveroso di attirare, fin da ora, tutta l'attenzione deli'E.V. sulla questione dell'invio dei sotto-ufficiali, al quale parrebbe che le due Potenze non intendano rinunziare. Oltre le ragioni tecniche che ampiamente giustificano l'opposizione recisa del generale De Giorgis, altre ve ne ha di indole politica che non ho bisogno di additare e che dovrebbero, a mio modesto avviso, consigliarci di prendere, fin da ora, gli opportuni provvedimenti per trovarci pronti al momento opportuno a far andare a monte il piano austro-russo.

Qualora l'opinione che mi permetto, signor ministro, di esporle rispettosamente, incontrerà, siccome io spero, l'approvazione di lei, giudicherà I'E.Y. nell'alta sua saggezza se e quali passi sia il caso di fare per preparare o concretare con l'Inghilterra e la Francia una linea di azione comune che ci permetta di raggiungere lo scopo, evitando il pericolo di sollevare manifesto dissidio tra le Potenze.

Dall'insieme delle cose dettemi dal barone Marschall, al pari che dalle vedute, pienamente conformi a quelle del generale De Giorgis, manifestate in seno alla Commissione, riunitasi non ha guarì a Salonicco, dall'aggiunto militare tedesco, sarei indotto a ritenere che l'invio di sotto-ufficiali in Macedonia non dovrebbe esser visto di buon occhio nemmeno dalla Germania.

679 1 Non pubblicato.

680

IL CAVALIERE PESTALOZZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2161. Aden, 26 ottobre 1904, ore 11,50.

Il 16 e 17 corrente ebbi lungamente conferenza in lllig col Mullah, il quale mi aspettava da l O giorni con 300 uomini. Fummo accolti molto bene; parlai nome, conto Italia, evitando menzionare Inghilterra, poiché animosità sempre forte contro essa. Mad Mullah con proposta scritta accetta pace generale con i Migiurtini cogli inglesi ed abissini; egli chiede stabilire sede fissa in punto da determinare tra Garaiid e Gabbee sotto bandiera, protezione italiana con residenti, ascari e dogana italiana. Se lo crede a proposito Governo del re, egli si è riservato Governo proprio, gente e tribù interne, assumendo sicurezza strade, chiede libertà religione, commercio astenendosi da quello armi e schiavi. Promette con giuramento mantenere parola; se sarà aiutato dal Governo, darà garanzie denaro ovvero ostaggi purché facciano altrettanto tribù limitrofe. Egli accorda tregua generale 50 giorni precisi dal 18 corrente. Egli aspetterà risposta in Illig. Passato termine, senza risposta, tornerà libero come prima. Egli incarica Abdallah e me sostenere sue ragioni, sola importante quella libertà tribù pascolare lungo linea confine tra Bohotle e Nogal secondo consuetudini precedenti. Ritiro Mad Mullah Mecca, per ora difficile; potrà essergli gradito più tardi. Risultato soddisfacente inaspettato; credo Mullah sincero, manterrà impegni se sarà assicurato nostra protezione e libertà commercio lecito. Converrà consigliare sorveglianza, iniziando azione continuata; per ciò sarà utilissimo, anzi necessario, Abdallah Sceri, che gode effettivamente fiducia Mullah; alla sua cooperazione si deve questo primo gran passo. Prego V.E. di attenergli dal Foreign Office libertà sbarcare, immunità sotto la mia responsabilità. Crederei utile Swayne venisse conferire, stante ristrettezza termine. Prego V.E. di sollecitare pratiche istruzioni ed assicurare servizio r. nave per ripartire Illig al più tardi 30 novembre. Andai Obbia ordinare Ali Yusuf rispettare tregua. Trovai tutto tranquillo. Ascari ritirati da Mudug in Obbia. Diedi medesimo ordine gente Osman Mohamed e ne scrissi al Mullah2 .

2 Nel corso del mese di ottobre suscitò qualche preoccupazione un movimento di rivolta capeggiato da un «nuovo Mullah» che minacciò il Benadir. Ma alla fine del mese la situazione era decisamente migliorata: T. 2083, Zanzibar 13 ottobre; T. 1716 del 18 ottobre ad Asmara; T. 1962 del27 ottobre a Londra; T. 2202, Zanzibar 31 ottobre, non pubblicati.

680 1 Ed. con alcune varianti in LV 103, pp. 47-48.

681

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE

T. 1751. Roma, 2 7 ottobre 1904, ore 18, l 5.

L'incidente relativo al manifesto del vescovo di Valona1 sta per essere risoluto mediante le seguenti soddisfazioni concordate tra la Sublime Porta la r. ambasciata. l) Il valì infliggerà biasimo al caimacan di Valona2; 2) Scriverà a lei una lettera annunciando il biasimo inflitto ed assicurando che provvedimenti furono presi per evitare ripetersi simili fatti; 3) caimacan Valona farà visita ad Ancarano per dare necessarie spiegazioni. Di quanto precede, informo, ad ogni buon fine lei pregandola avvertire del pari confidenzialmente Ancarano. Non posso poi tralasciare di osservare che l'incidente avrebbe certamente avuto più efficace soluzione se ella appena conosciuto il manifesto del vescovo ne avesse fatto rimostranza al valì, ed in ogni modo, ella avrebbe dovuto fino d'allora riferime alla r. ambasciata ed al R. Ministero3 .

2 Il biasimo andava inflitto non al caimacan ma al vescovo di Valona (disguido dovuto ad un errore di cifra): T. 21911188 Costantinopoli 30 ottobre e T. 1770, pari data, a Costantinopoli, non pubblicati.

3 L'ultimo periodo riprende quanto scritto da Imperiali con R. 1301/509 del 18 ottobre del quale si pubblica il seguente passo: «Giunto a questo punto, credo mio dovere di sottoporre francamente a V. E. il mio rispettoso parere, che, cioè, non convenga più al prestigio ed alla dignità dell'Italia di rivolgere al Governo ottomano nuove proteste e nuove lagnanze, non seguite da energica azione, contro l'operato di Osman pascià, il quale ha più che abusato della nostra pazienza. Se la Turchia vuole l'amicizia deli'Italia è tempo che ce ne dia prove tangibili, accondiscendendo alle nostre giuste domande. Per questa volta è giuocoforza accontentarsi delle spiegazioni e delta riparazione dateci, ma è bene far apertamente sentire qui che il Governo di Sua Maestà, avendo oramai date ampie e ripetute prove del suo desiderio di mantenere rapporti intimi ed amichevoli col Governo ottomano, non è disposto più a tollerare che il vali di Janina perseveri, malgrado tutte le ammonizioni e tutte le esortazioni pervenutegli dai suoi superiori, in un contegno così sistematicamente ostile contro tutto ciò che sa di italiano. Per conseguenza, alla prima occasione in cui avremo da lagnarci nuovamente del vali, non esiterà un momento solo a chiederne l'allontanamento da Janina ed insisterà, con tutti i mezzi a sua disposizione, affinché alla sua domanda, ampiamente giustificata, sia fatto assolutamente diritto.

In tale ordine d'idee, e, non potendosi nemmeno escludere la possibilità che il vali, forte dell'appoggio incontestabile di cui gode a Palazzo, si rifiuti, ora, malgrado gli ordini categorici del gran visir, a fare la promessa visita al console, io mi permetto di rappresentare a V. E. l 'utilità che vi sarebbe di dirigermi, al ricevere del presente, un telegramma col quale ella. pur ratificando il mio operato e dichiarandosi per questa volta soddistàtto per la riparazione ottenuta, mi dia in pari tempo ordine di tàre, a scanso di equivoci per lo avvenire, dichiarazioni alla Sublime Porta nel senso accennato dianzi. Di questo telegramma sarebbe anche opportuno che V. E. desse lettura previamente a codesto ambasciatore di Turchia, cui non sarà superfluo far bene intendere. affinché a sua volta ei possa riferirne accuratamente alla Porta ed a Palazzo, che il

R. Governo, avendo dato abbastanza prove di longanimità, provvederà senza esitazione, qualora il deplorevole atteggiamento del vali di Janina non muti radicalmente di indirizzo, alla tutela etlìcace del prestigio e degli interessi dell'Italia nel vilaiet. I l miglior mezzo, lo insegna l'esperienza, per cattivarsi l'amicizia della Turchia è quello di incuterle rispetto non disgiunto da salutare timore».

681 1 Cfr. n. 637.

682

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .../138. Berlino, 27 ottobre 1904 (perv. il 28).

Ieri sera dopo un pranzo a cui il conte Btilow mi aveva cortesemente invitato (la contessa trovasi in Italia presso la madre) ho potuto avere col cancelliere dell'Impero una lunga, cordiale, confidenziale conversazione che versò quasi esclusivamente sullo scambio di idee avvenuto fra lui e l'on. Giolitti in Homburg. Non farò il resoconto particolareggiato della conversazione. Desidero però constatare che la narrazione fattami dal conte Biilow sul colloquio di Homburg collima perfettamente con quella che l'on. Giolitti fece a me. Biilow ebbe parole di vivo compiacimento per il programma di politica estera espostogli da Giolitti e non dubita che quel programma verrà svolto da lei col tatto e l'intelligenza che la distinguono. Anche sul programma di politica interna del

R. Governo il conte Btilow, che ben conosce le condizioni nostre ed ha tanta fiducia e stima presidente Consiglio, si pronunziò meco favorevolmente. Egli fa voti che le prossime elezioni diano al Governo il mezzo di svolgerlo a vantaggio delle nostre istituzioni. Il punto più saliente della nostra conversazione sta nella esplicita dichiarazione del conte Biilow che le assicurazioni dategli dall'on. Giolitti a Homburg dileguarono i dubbi sull'orientamento della nostra politica estera e sulla nostra fede alla Triplice Alleanza. Resta ancora in taluno e forse anche nello stesso imperatore una traccia di rincrescimento per le accoglienze ufficiali fatte a Loubet più cordialmente che all'imperatore. Ma a cancellare siffatta impressione valse già molto la lettera così amichevole scritta da S.M. il re all'imperatore per pregarlo di essere testimonio al prossimo battesimo e contribuiranno certamente le accoglienze che si faranno costà al principe inviato per rappresentare S.M. l'imperatore in questa circostanza. Secondo ogni probabilità sarà prescelto il principe Alberto di Prussia, reggente il Ducato di Brunswick. Ma annunzio verrà dato direttamente dall'imperatore a S. M. il re 1 .

682 1 Tittoni comunicò al re a San Rossore questo telegramma che fu restituito il 30 dal primo aiutante di campo.

683

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. S.N. Lisbona, 27 ottobre 1904.

Ieri l'altro ho fatto capire al ministro affari esteri che, se re di Portogallo, come qui è corsa voce, è disposto andare Roma per essere padrino principe ereditario e, come si è detto se l'aspettasse l'invito gli sarebbe fatto mi permetta presuntiva assicurazione non mancare un'altra volta. Il ministro nuovo agli affari in un Gabinetto, da pochi giorni al potere, si riservò di darmi tra breve una risposta. La regina Maria Pia fa di tutto per riuscirvi, in ogni caso il re di Portogallo non può mancare all'invito del re di Inghilterra precedentemente fatto, parte il 12 e rimarrà quindici giorni almeno. Da Londra potrebbe rendersi a Roma se il battesimo sarà fino allora differito. Prego V.E. di telegrafarmi se interrogato che debbo rispondere circa data. Ministro Portogallo a Roma partito prima del mio arrivo.

684

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3069/1314. Parigi, 29 ottobre 1904 (perv. l'11 novembre).

L'onorevole Denys Cochin che, durante le vacanze parlamentari, avea presentato la domanda di interpellare il Governo circa la protezione dei cattolici d'Oriente, ha ritirato dall'ordine del giorno d'ieri la sua interpellanza probabilmente proponendosi di presentare, sotto altra forma, in occasione dei prossimi dibattimenti relativi ai rapporti dello Stato con la Chiesa, le considerazioni ch'egli ora rinuncia a svolgere.

Benché la connessione di questo soggetto con la questione delle condizioni della Chiesa cattolica in Francia non sia così necessaria da non potersi figurare che il protettorato sussista anche dopo introdotta la separazione della medesima dallo Stato, tuttavia è da siffatta connessione che traggono uno dei più poderosi argomenti coloro che, pur ammettendo il principio della separazione, vorrebbero che i mutamenti da introdurre nello stato attuale di cose fossero, se non previamente concertati con la Curia pontificia, almeno dalla medesima facilmente accettabili.

È ben naturale che di questa tendenza e disposizioni la Curia vaticana cerchi di trarre profitto e se, come ritengo, essa non ha formalmente dichiarato che il pro

tettorato dei cattolici non potrebbe essere conservato ad uno Stato che abbandonasse il sistema concordatario, lascia però che l'opinione in Francia si formi in questo senso, salvo poi a provvedersi in seguito secondo le circostanze ed in conformità dei propri interessi.

Alcuni giornali politici parigini hanno dato, in questi giorni, un'importanza che mi pare eccessiva ad un articolo della Civiltà Cattolica riprodotto in extenso nell' Univers. Essi l'attribuiscono all'inspirazione diretta della segreteria di Stato pontificia. La questione del protettorato vi è posta in termini molto più assoluti di quelli, in altri tempi, adoperati dalla Congregazione di propaganda. I diritti della Francia che le vengono dalle capitolazioni colla Turchia non sarebbero diversi di quelli che la Porta ottomana ha successivamente riconosciuti all'Austria, all'Inghilterra, alla Russia. Il carattere speciale del protettorato esercitato dalla Francia gli viene unicamente dal beneplacito pontificio. Sono per noi interessanti ed istruttivi gli argomenti che, in appoggio di questa tesi, sono addutti dallo scrittore della Civiltà Cattolica. Egli c'informa che la Santa Sede obbliga i cattolici di Oriente ad indirizzarsi agli agenti diplomatici e consolari francesi e loro proibisce di far appello ad altri, eccettuato nei luoghi dove l'Austria esercita il suo protettorato. Poco importa che la Turchia ammetta il diritto degli altri Stati a tutelare le persone e gli istituti dei cattolici della loro nazionalità e riconosca per tal guisa il diritto naturale che a quegli Stati spetta. Il divieto della Santa Sede impedisce ai missionari di ricorrere ad altri che agli agenti francesi perché la Francia esercita sola la protezione in forza di un mandato o missione ricevuta dall'autorità pontificia. La situazione privilegiata che in diritto e in fatto spetta alla Francia dipende da una concessione della Sede apostolica e se questa lasciasse che il divieto fatto ai missionari di ricorrere ad altre Potenze andasse in disuetudine, la posizione della Francia sarebbe ipso facto perduta e nulla impedirebbe che, per volontà della Santa Sede, la sua situazione privilegiata passasse ad altra Nazione. L'articolo della Civiltà Cattolica, cita la circolare 22 maggio 1888 della Propaganda e lo dice il più recente titolo dato dalla autorità pontificia alla Francia per il protettorato non soltanto in Levante, ma anche nell'Estremo Oriente. Dovunque però il protettorato, fin qui esercitato dalla Francia, ebbe per base il divieto imposto ai missionari di tutti i Paesi di rivolgersi ad altri che alle autorità diplomatiche e consolari francesi. Se il divieto cessasse, il Governo della Repubblica conserverebbe il diritto di proteggere i missionari e gli istituti francesi e quelli degli Stati che non hanno rappresentanti propri; ma tutti gli altri invocherebbero per certo la protezione degli agenti del proprio Paese.

Mi sono alquanto soffermato a riprodurre il senso dell'articolo al quale, come dissi, qui sembra si annetta una specialissima importanza, perché fin qui non si era, a ricordanza mia, così positivamente affermata l'esistenza dell'accordo fra la Santa Sede ed il Governo francese dal quale risulterebbe la posizione privilegiata della Francia come protettrice non soltanto degli enti morali e dei missionari cattolici di nazionalità francese, ma anche di qualunque altro interesse risguardante beni o persone delle missioni cattoliche in Turchia ed in Cina. Sarà bene non perdere di memoria le rivelazioni che, nell'enfasi della discussione, oggi si fanno perché da esse ricevono luce non solamente le situazioni anteriori, ma pur quelle che presumibilmente si presenteranno in un non lontano avvenire.

683 1 Il documento reca la sigla L.E.

685

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2277/192. Innsbruck, 29 ottobre 1904.

La sera del 26 corrente è stato tenuto per iniziativa del partito nazionale tedesco un comizio di protesta contro la facoltà giuridica italiana. Preceduto da un attivo lavoro di propaganda per mezzo della stampa e di altisonanti proclami, tal comizio doveva riuscire, secondo la mente degli organizzatori, una manifestazione impressionante e una clamorosa sfida al Governo. Invece l'effetto fu scarso sia per la poca affluenza (gli intervenuti, forse anche per causa del mal tempo, non raggiunsero i duemila) sia per la mancanza d'una pratica decisione qualsiasi. Il comizio si riassunse in un discorso del deputato Erler, vice borgomastro, il quale scagliò le solite accuse contro l'imperiale reale Governo tacciandolo di mala fede, ed arrivando ad allusioni antidinastiche, non risparmiò gli italiani «provocatori» né il Senato accademico «transigente» e finì con plateali ingiurie contro il partito clericale di Innsbruck il quale non ha consentito nella lotta ingiusta e sleale che qui si muove contro gli italiani. Dopo il discorso Erler fu organizzato un corteggio che si recò dapprima sotto le finestre della luogotenenza a fischiare e ad urlare contro il Ministero Korber e contro la facoltà italiana, quindi al Palazzo di città ad applaudire e ad intonare la «Sentinella al Reno» e «l'Inno a Bismark», mentre una piccola banda tentava di portarsi alla sede della facoltà giuridica, impeditane dalle guardie di pubblica sicurezza che ivi stazionavano. Non vi fu nemmeno gran spiegamento di forze, la truppa non essendo stata richiesta ed il servizio d'ordine essendo stato affidato ai pochi agenti della Polizia municipale. Anche la sede del r. consolato era sorvegliata pel timore di possibili dimostrazioni.

Non sembra però che i dirigenti il partito nazionalista, che della presente agitazione soprattutto si valgono per consolidare una popolarità vacillante, vogliano accontentarsi della manifestazione dell'altra sera e quindi loro si attribuiscono i propositi più violenti quale sarebbe un assalto al palazzo dell'Istituto della Liebengasse, cacciandone brutalmente professori e studenti italiani. È ovvio che queste voci peccano d'esagerazione ed è da supporsi che il Governo prenderà eventualmente dei provvedimenti per assicurare la tutela dell'ordine pubblico: non è men vero che i discorsi pubblicamente fatti da persone che pure hanno autorità e seguito giustificherebbero sentimenti d'apprensione.

La stampa si è molto occupata in questi giorni dell'increscioso incidente occorso ad uno studente trentino che, a proposito d'una spilla coll'effigie di Dante, venne alle mani con un condiscepolo tedesco e fu da questo leggermente ferito. Si tratta d'un incidente minuscolo a cui si vollero dare proporzioni maggiori delle reali, ma che è un indizio ben caratteristico dell' «elettricità» che qui domina. Il ripetersi di simili episodi sarebbe pericoloso anche perché sarebbe il principio di rappresaglie a Trento contro quelle scolaresche tedesche. Come pure è indubbio che la stampa ultratedesca e con essa molti degli studenti locali desiderano che alla prossima riapertura delle università del Regno si avverino manifestazioni gravi dell'attesa agitazione anti austriaca per poter avere un nuovo pretesto di sfogare il loro malanimo verso gli italiani, che hanno, mi si conceda l'espressione, sotto mano.

Le iscrizioni alla nuova facoltà hanno raggiunto il numero di cinquantadue che, mi si assicura, non potrà essere di molto superato. Saranno ora presenti circa novanta studenti italiani delle diverse facoltà, i quali pur tenendo continue riunioni e mantenendosi in continuo contatto coi maggiorenti del partito italiano di Trento, serbano (salvo qualche rara eccezione) un'attitudine calma e dignitosa. Dai deputati italiani è stato richiesto al Ministero di provvedere in modo speciale alla loro difesa personale. Pare verrà quanto prima sollevata da alcuni professori dell'Università una delicata questione, d'ordine giuridico, sulla costituzionalità della nomina a decano della nuova facoltà del professore Sartorio il quale, coll'autorizzazione del Ministero, ha voluto conservare la precedente sua situazione all'Università Leopoldina.

Gravi sarebbero evidentemente le conseguenze d'una decisione che infirmasse siffatta nomina e gli atti compiuti da detto professore in questa sua qualità. Si ha però motivo di credere che la maggioranza del Senato accademico voglia opporsi all'azione progettata in quell'incidente.

686

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2198/22. Sofia, 31 ottobre 1904, ore 3,15.

Re di Serbia partito in questo momento soddisfattissimo accoglienza ricevuta dal principe Ferdinando, dai circoli ufficiali e militari, dalla popolazione. Nessun incidente. Ho saputo da buona fonte che, anche stanotte, dopo il ballo, re di Serbia conferì col principe di Bulgaria1•

687

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

T. RISERVATO 1773. Roma, 31 ottobre 1904, ore 16,45.

Faccio seguito mio telegramma circa Mad Mullah2 . Con prossimo corriere di Gabinetto V.E. riceverà istruzioni annuziatele. Intanto, per guadagnare tempo, l'E.V. potrebbe dare generica notizia Foreign Office colloquio Pestalozza col Mul

2 T. 1766 del 29 ottobre, non pubblicato, ma cfr. n. 680.

!ah, domandando generale Swayne sia autorizzato recarsi Aden conferire con Pestalozza stante ristrettezza termine, e Abdallah Sceri sbarcare Aden immunità sotto responsabilità nostro inviato che telegrafa che Abdallah Sceri soffre per prolungata vita a bordo3 .

686 1 Con R. 649/198 del 28 ottobre Romano Avezzana aveva riferito che il Governo serbo aveva voluto dare alla visita reale un tono minore allo scopo di: «Placare il Gabinetto di Vienna e lo stesso sultano, i quali si mostravano irritatissimi per questo viaggio, e non hanno mancato di farlo sentire a questo Governo per mezzo dei loro rappresentanti a Belgrado».

687 1 Ed. con varianti in LV 103, p. 64.

688

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 52729/1292. Roma, 31 ottobre 1904.

Segno ricevuta e ringrazio V.E. dell'interessante rapporto che ella mi ha diretto in data 21 ottobre corrente n. 2956/1269I, prendendo occasione dal noto progetto per il passaggio degli affari del protettorato tunisino dal Ministero degli affari esteri a quello delle colonie.

Approvo il cenno opportunamente fatto da V.E. al signor Delcassé in ordine alla convenienza di provvedere, mercé la stipulazione di un'opportuna proroga, per un congruo periodo di tempo, a che il regime sancito, con reciproco vantaggio della Francia e dell'Italia, dalle convenzioni del 1896 abbia ad essere mantenuto in vigore.

Convengo nondimeno coll'E.V. che, per ora, giovi differire ogni pratica più concreta in proposito a momento più propizio.

689

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO PERSONALE S.N. Lisbona, 31 ottobre 1904.

Il ministro degli affari esteri è venuto oggi da me per dirmi che dopo parecchie adunanze di ministri si è riconosciuto che il momento non è opportuno per consigliare il re di Portogallo di recarsi a Roma; le condizioni politiche interne del Paese sembrerebbero tali, agli occhi del Governo portoghese, da non permettere la visita reale al nostro augusto sovrano nella capitale del Regno. Invece a mio modo di vedere le condizioni del Paese non sono mutate, sono tali e quali esse erano durante il Ministe

ro Hintze Ribeiro; ciò che è mutato è la possanza del Governo; il ministero Hintze Ribeiro dopo 4 anni di Governo si sentiva forte di prendere una risoluzione come quella di portare il re di Portogallo a Roma anche se le relazioni diplomatiche col Vaticano avessero per questo da essere interrotte, il Ministero Luciano da Castro insediato appena da 20 giorni è timoroso e non ardisce agli altri grattacapi aggiungere quello di una rottura colla Sante Sede: ecco la ragione vera, se non mi sbaglio, delle due differenti opinioni, di quella cioè del precedente Ministero favorevole e di quella del presente sfavorevole al viaggio del re a Roma -e noto che quello era un Ministero conservatore e questo s'intitola progressista, progresso al rovescio. Il cambiamento del Ministero è venuto in mal punto.

Il ministro mi ha però ripetutamente fatto sentire che non intendessi per ciò non essere nel! 'intenzione del Governo portoghese di riserrare le relazioni coli 'Italia e guadagnarsene l'amicizia coll'andata del re a Roma, mi persuadessi che la visita era soltanto rinviata, e mi lasciava capire che una risoluzione come questa non la poteva prendere che un Governo consolidato al potere e con una Camera in maggioranza ministeriale, e non un giovane Governo di 20 giorni e con una Camera contraria. Questo è vero: la Camera attuale fu eletta nello scorso agosto col Ministero Hintze Ribeiro, e la maggioranza è rimasta per il passato Ministero che non cadde per un voto della Camera, ma spontaneamente si è dimesso per sfuggire agli imbarazzi in cui si era messo colla provvisoria conclusione del contratto colla Compagnia dei tabacchi. Il Ministero progressista ha deciso di domandare lo scioglimento della Camera, e non c'è dubbio che i nuovi eletti saranno per tre quarti ministeriali; le elezioni le fa il Ministero a modo suo, né si è mai dato caso del contrario in Portogallo.

Mi sono limitato a rispondere rincrescermi che il Governo portoghese lasciasse sfuggire una così bella occasione per riavvicinare le due Corti ed i due Paesi, il nostro augusto sovrano coll'invito che avrebbe mandato al re di Portogallo allorquando ne avesse avuto la certezza che questi all'invito non avrebbe un'altra volta mancato, scordava quel doloroso fatto, e l'abbraccio dei due augusti cugini in Roma sarebbe stato arra d'un'affezione sicura ed imperitura tra le due famiglie reali, e per essa si sarebbero ristretti in solida amicizia i due popoli. Invece d'afferrare questa propizia occasione il Governo portoghese la lascia passare, augurandosi se ne presenti un'altra, tanto peggio per lui. Debbo aggiungere che S.E. Villaça accennò alla disposizione del re di Portogallo a farsi rappresentare ed io finsi di non intendere. Se però l'E.V. non fosse di questo mio avviso e giudicasse che il re di Portogallo dovesse essere rappresentato al battesimo di S.A.R. il principe ereditario mi voglia far l'onore di avvertirmi ché farei presto a correggermi.

687 3 Pansa rispose con T. 2217/117 del 3 novembre di cui si pubblica il passo seguente: «Conferito con il generale Manning, ho constatato che le disposizioni sono molto favorevoli ad una intesa sulla base delle condizioni esposte in nome Mad Mullah».

688 1 Cfr. n. 673.

690

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

D.489. Roma, l° novembre 1904.

Faccio seguito al mio telegramma del 29 ottobre2 .

Il Mullah, con proposta scritta, promettendo con giuramento di mantenere la parola, accetta la pace generale cogli inglesi, cogli abissini e con i Migiurtini, domanda di stabilirsi sulla costa tra Garad (Ras Garaiid) e Gabbee (piccolo villaggio presso 1'8° parallelo circa al sud di Ras Bowen), in un territorio non ben precisato, ma che comprenderebbe il Uadi Nogal fino al confine inglese, ed avrebbe indi per limite dapprima questo confine fino al territorio deli'Ogaden, poi l'attuale confine del Sultanato di Obbia, cui resterebbe Mudug; si riserba il Governo della gente e delle tribù dell'interno, assumendo la sicurezza delle strade; chiede libertà di religione e di commercio, astenendosi da quello delle armi e degli schiavi; domanda libertà di pascolo lungo la linea di confine tra Bohotle e il Nogal secondo le consuetudini precedenti; darà garanzia di danaro o di ostaggi, purché facciano altrettanto le tribù limitrofe che sarebbero quelle degli Ogaden, quelle del protettorato inglese sul confine anglo-italiano, quelle di Obbia e gli Issa Mahmud; egli si metterà sotto la bandiera e la protezione italiana con residente italiano, ascari italiani e dogana italiana, se il Governo del re lo crederà opportuno, ed attende risposta in Illig entro cinquanta giorni dal 18 ottobre, trascorso il qual termine, riprenderà la sua libertà d'azione.

Il cavalier Pestalozza ritiene che il Mullah si sincero nelle sue proposte e che manterrà gli impegni se sarà assicurato della nostra protezione e della libertà del commercio lecito.

Non le nascondo che, siccome tutta la grave questione presente si risolve nel fatto, specialmente per l'Inghilterra, di avere il Mullah amico o nemico, la certezza o meno della sincerità del Mullah è il punto capitale della situazione.

E a questo riguardo importa aver presente essere contro l'Inghilterra che combatte il Mullah, il quale ha costantemente manifestato proposito di rimanere in buone relazioni con l 'Italia, anche dopo il passaggio per Obbia accordato alle forze inglesi, contro di lui combattenti, fino al punto da consentire un abboccamento alla costa con un rappresentante del R. Governo, in presenza di una nave da guerra. Epperò se il R. Governo si è prestato a cooperare alla pacificazione della Somalia, ciò ha fatto non solamente nel proprio interesse, ma anche in quello de li 'Inghilterra.

Per questa ragione, mentre noi siamo disposti dal canto nostro ad accogliere la proposta del Mullah con tutte quelle maggiori guarentigie che ci sarà possibile ottenere, tanto più che riteniamo contribuisca a diminuire il prestigio religioso il fatto che egli si riduca a prendere il posto di un sultano protetto per fare il commercio, desideriamo, prima di nulla decidere, che il Governo britannico, che è tuttora virtualmente

in lotta col Mullah, conscio delle responsabilità che stiamo per assumere, tenga presente la posizione che ne risulterà all'Italia di fronte al Mullah.

Come alla E.V. è noto il Governo britannico non si è mostrato alieno dal fare qualche concessione al Mullah (rapporto di V.E. 9 agosto 1904Y. Il Governo del re, dal canto suo, sarebbe disposto ad adoperarsi presso i due sultani protetti, dei Migiurtini e di Obbia, fra i cui territori si troverebbe compresa la zona da riconoscersi al Mullah, affinché la loro acquiescenza alla nuova sistemazione sia ottenuta nel modo più opportuno.

Prego la E.V. di voler comunicare al marchese di Lansdowne la proposta del Mullah insieme con le brevi considerazioni svolte in questo dispaccio, mettendo bene in evidenza il proposito dell'Italia di ottenere la pacificazione della Somalia del nord nel ben inteso reciproco interesse dei due protettorati, permettendo al Mullah di stabilirsi in territorio sottoposto alla sovranità dell'Italia.

Come le ho telegrafato il 31 ottobre, sarà bene che il generai Swayne si affretti a recarsi in Aden, dopo aver avuto le istruzioni del suo Governo, per conferire col cavalier Pestalozza il quale riceverà da noi istruzioni definitive quando ci saranno noti gli intendimenti del Governo britannico.

È superfluo che io le aggiunga esser richiesta la massima sollecitudine nella trattazione di questo affare; l'avverto soltanto che il cavalier Pestalozza non più tardi del 30 novembre lascerà Aden per Ilii g.

690 1 Ed. in LV 103, pp. 65-66. 2 T. 1766, non pubblicato.

691

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1368/535. Costantinopoli, l° novembre 1904 (perv. il 9).

Col dispaccio cui ho l'onore di rispondere 1 , V.E. mi chiede se io reputi fondate le notizie trasmesse dal r. console a Monastir2 , circa la supposta connivenza delle autorità turche con la bande greche.

Non ho nessuna ragione di mettere in dubbio l'esattezza delle informazioni del conte de Visart del quale, oltre i meriti e le qualità di zelante funzionario, ho avuto occasione, dacché sono a questo posto, di apprezzare la serietà, la ponderatezza e l'obiettività degli apprezzamenti. Per tal motivo, come l'E.V. avrà potuto rilevarlo da alcuni miei recenti rapporti, ho creduto più di una volta già di dover attirare, in via affatto amichevole, l'attenzione del gran vizir sul nessun vantaggio che può cavare e, per contro, sul serio pericolo cui si espone il Governo ottomano col prendere ostentatamente le parti dei greci nelle loro controversie con i bulgari in Macedonia.

2 Si tratta del D. l 37/47 del 7 ottobre, non pubblicato, con il quale il r. console a Monastir. de Visart. riferiva di incidenti fra bande greche e bulgare.

A tutte le mie esortazioni, il gran vizir ha sempre risposto nello stesso modo, qualificando di infondate le accuse mosse contro le autorità ottomane, e dichiarando che il Governo imperiale non parteggia né per i greci né per i bulgari, ma si limita solo a far osservare la legge ed a mantenere l'ordine pubblico. Di fronte a dichiarazioni consimili, ogni replica è impossibile; non si può che deplorare l'estrema cecità, la colpevole aberrazione con la quale questo Governo, sordo ai consigli che gli vengono dagli amici veramente disinteressati, si ostina a camminare per una via, in fondo alla quale, presto o tardi, ma fatalmente, dovrà incontrare complicazioni tali che metteranno fortemente a repentaglio, se non comprometteranno addirittura il dominio del sultano in Macedonia.

Ci vorrebbero altri caratteri, altre intelligenze, altre tempre di uomini, per governare questo Paese in momenti tanto burrascosi. Ma tali uomini oramai o non esistono, o, se esistono, non saranno mai in grado di sperimentare le loro qualità a vantaggio del Paese. Oggi, la Porta, in realtà non è più che un ricordo, l'autorità del gran vizir e dei ministri effimera e irrisoria: il vero Governo risiede a Palazzo, dove imperano soltanto l'intrigo, il favoritismo, la denunzia, il sospetto, la paura di tutti e di tutto.

690 3 R. l 023/373, non pubblicato.

691 1 D. 50442/418 del 18 ottobre, non pubblicato, con il quale Tittoni chiedeva ad Imperiali se riteneva fondate le notizie di connivenza dei turchi con le bande greche in Macedonia e se riteneva necessari eventuali passi presto il Governo ottomano.

692

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Costantinopoli, 1° novembre 1904.

Il conte de Visart mi ha comunicato il rapporto confidenziale da lui diretto all'E. V. 1 per fornire alcune informazioni sul modo col quale si procede dai nostri ufficiali alla riorganizzazione della gendarmeria nel vilayet di Monastir. Era stata, fin da qualche tempo, mia intenzione di chiedere direttamente a quel distinto funzionario le medesime informazioni: non Io feci però perché, avendo subodorato una certa tal quale freddezza nelle relazioni sue col colonnello Albera, non volli senza ordini superiori, contribuire, chiedendo informazioni, ad accrescere la deplorata freddezza.

La lettura di quell'interessante rapporto mi ha purtroppo dimostrato che le critiche e gli appunti mossi da sir Nicholas O'Conor e riprodotti poi nel Times non erano destituiti di fondamento. Ho pure rilevato come l'avviso del r. console a riguardo del criterio che deve guidare nella scelta dei nuovi ufficiali coincida con quello da me manifestato a V.E. ed al commendatore Fusinato. D'altra parte il rapporto su accennato è venuto a confermare la supposizione in cui ero, che cioè il colonnello Albera non crede decisamente di dover tenere l'ambasciata al corrente della opera sua. Vedo, ad esempio, che un ufficiale ebbe a Perlepé discussioni con quelle autorità, che un altro è oggetto ad Ocrida di accanita guerra da parte del vescovo bulgaro. Di questi fatti non una parola, non un accenno è stato a me fatto dal colonnello nella sua corrispondenza,

la quale del resto, dal 24 luglio in oggi, si riduce a quattro soli rapporti. L'atteggiamento del colonnello Albera mi preoccupa non poco, in quanto, mettendo lo a rapporto con quello del generale De Giorgis, il quale, per conto suo, sembra aver dimenticato completamente l'esistenza a Costantinopoli d'un ambasciatore d'Italia, fa sorgere in me il sospetto che l'inesplicabile silenzio del colonnello sia dovuto ad ordine ricevuto dal generale. Per questa ragione ho creduto più conveniente di astenermi dal rivolgere, come me lo suggeriva V. E. col dispaccio 4162 , lagnanze all'Albera.

Occorre assolutamente uscire da questa situazione, dalla quale nessun bene può venire al servizio. Dopo un accurato esame di coscienza, io non mi riconosco colpevole di alcuna mancanza verso il generale De Giorgis, cui credo, al contrario, di aver dimostrato in ogni occasione la massima deferenza e la miglior buona volontà di rendergli servigio e di andare di accordo con lui. Quale sia la ragione di questo strano contegno, non sono in grado di dichiarare. L'insieme però delle cose narratemi sugli episodi del suo primo soggiorno a Costantinopoli, e sulle relazioni sue col mio predecessore, ha destato in me l'impressione che tutto questo non sia altro che il risultato della diffidenza e della nessuna simpatia professata dal De Giorgis all'indirizzo del commendator Cangià e del capitano Zampolli, ambedue oggetto della sua speciale animadversione. Forse il generale aveva creduto che, mutato l'ambasciatore, sarebbero scomparsi questi due personaggi a lui invisi: ciò non essendosi verificato, egli si è persuaso che il cambiamento del capo non ha avuto per conseguenza il cambiamento di indirizzo e quindi, prevenuto siccome era contro l'ambasciata, ha creduto più semplice e più espediente di troncare con essa ogni rapporto. Debbo almeno riferirlo visto che S.E. non ha nemmeno stimato opportuno di rispondere ad una mia cordiale e cortesissima lettera particolare del 22 settembre3 , con cui, benché non ne avessi nessun obbligo, credetti di comunicargli il mio rapporto relativo all'incidente sollevato dal barone Calice per la supposta gita a Coriza del colonnello Albera.

Ed ora che, come è mia abitudine, ho manifestato chiaramente e nettamente il mio pensiero, mi vedo costretto ad invocare l'alto, efficace intervento dell'E.V. allo scopo di porre una buona volta termine a questa situazione nociva agli interessi del servizio e lesiva anche alla mia dignità. Così le cose non possono andare. Se il generale ha degli appunti a farmi, sarebbe meglio che li manifestasse e mi mettesse in grado di dargli opportune e rassicuranti spiegazioni.

Per conto mio, ho la coscienza tranquilla, ed in questi tre mesi credo di aver diretto, bene o male, l'ambasciata con la testa mia. V.E. comprenderà però che io non posso assolutamente rassegnarmi a fare, agli occhi del generale De Giorgis, la parte di un semplice strumento nelle mani di una persona da lui accusata niente altro che di poca fedeltà al re ed al Paese.

Mi perdoni eccellentissimo signor ministro se, confidando nella sua buona e benevolente amicizia per me, mi sono permesso di annoiarla intrattenendola di una quistione che ha alquanto carattere personale, ma, creda pure che ho obbedito ad un

3 Non rinvenuta.

sentimento di dovere mettendola esattamente al corrente di uno stato di cose dal quale, ripeto, son persuaso che nessun bene può derivare. Con vivissimi ed anticipati ringraziamenti pel provvido ed efficace intervento di lei ...

692 1 Non rinvenuto.

692 2 Si tratta del D. 50440/416 del 18 ottobre 1904, non pubblicato, con il quale Tittoni invitava Imperiali a lagnarsi con Albera per averlo tenuto completamente all'oscuro delle riunioni tenute a Salonicco sul tema dell'aumento degli ufficiali esteri nella gendarmeria macedone.

693

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINION 1, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2223/8. Innsbruck, 4 novembre 1904, ore 20.

In seguito apertura facoltà italiana, stanotte gravi incidenti; intervenuta forza; si assicura vi sono morti, feriti. Regna minaccioso fermento 1 .

694

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2232/10. Innsbruck, 5 novembre 1904, ore 3,45.

Situazione grave 1• Non mi risultano, fino ad ora, violenze contro regnicoli; però, replicatamente, chiesi misure di sicurezza speciali per i nostri operai, ottenendo assicurazioni autorità locali. Tentativo dimostrazione ostile consolato d'Italia impedito truppa. Preveduti nuovi disordini domani funerali cittadino ucciso soldati.

695

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ATENE, BOLLATI

D. 53358/218. Roma, 5 novembre 1904.

Mi è regolarmente pervenuto il rapporto di VS. in data 27 ottobre u.s.,

n. 9311499 1 , relativo ad un recente colloquio da lei avuto con codesto ministro degli affari esteri, in ordine agli affari di Macedonia.

Senza voler discutere la questione di responsabilità, non posso non deplorare che manchi, tra gli Stati balcanici, tra cui la Grecia ha parte così notevole, quella reciproca intesa e cordialità, che sarebbe efficace pegno e guarantigia per il mantenimento dello statu quo e della tranquillità nella penisola, per il quale le Potenze, concordemente, si adoperano.

Ad ogni modo, confido che, da parte sua, il Governo ellenico saprà serbare un contegno corretto e prudente, evitando, per quanto da lui dipenda, tutto ciò che possa aggiungere, ancora, elementi di disordine e di complicazione alla situazione, già così torbida, in Macedonia.

In tal senso la S.V. potrà esprimersi, nella prossima propizia occasione, con codesto ministro degli affari esteri2 .

693 1 Per il seguito della questione cfr. nn. 694 e 697.

694 1 Si riferisce agli incidenti di cui al n. 693.

695 1 Con cui Bollati riferiva sulle preoccupazioni manifestategli da Romanos per i cattivi rapporti della Grecia con la Serbia. con la Bulgaria e con la Romania.

696

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1720/830. Vienna, 5 novembre 1904 (perv. 1'8).

I dolorosi fatti di Innsbruck che il r. console in quella città avrà già segnalati all'E.V.1 , hanno provocato nella stampa di Vienna diffusi e vari commenti che credo opportuno riferirle in riassunto come quelli che riproducono l'impressione che quei fatti hanno destato nei circoli ufficiali e nell'opinione pubblica di questa capitale.

Il Fremden Blatt tenta naturalmente di scagionare il Governo dalle accuse che da varie parti gli vengono mosse, osservando essere sempre stata intenzione di quest'ultimo di creare una università italiana indipendente, come ne fa fede la sua proposta di Rovereto, ma non potersi ciò effettuare che per mezzo di un voto del Parlamento; aver del resto il Senato dello Studio di Innsbruck completamente approvato e consigliato il provvedimento provvisorio di Wilten ravvisando in esso l'unica garanzia attualmente possibile pel mantenimento del carattere tedesco di quella università. Ché, se i capi dello sciovinismo tedesco han voluto essere più tedeschi del Senato, se nella loro esaltazione hanno dato credito alla ridicola preoccupazione di veder menomata in Innsbruck la preponderanza tedesca, se non han voluto persuadersi che la recente misura era effettivamente provvisoria, di tutto ciò non può essere incolpato il Governo che ha cercato ogni mezzo per metter d'accordo gli interessi delle due nazionalità. In merito ai fatti, il giornale in parola osserva che ove pure i tedeschi fossero stati i primi ad aggredire gli italiani, questi non avrebbero dovuto ricorrere all'uso delle rivoltelle, ma che però questa colpa non scusa punto quella della cama

rilla ultra-tedesca, che da lungo tempo ha preparata l'attuale situazione coll'aggiungere esca al fuoco delle discordie nazionali e che è poi giunta al risultato opposto che si proponeva rendendo più facile agli italiani l'ottenimento di una loro università indipendente.

La Neue Freie Presse manifesta il suo profondo rammarico per il conflitto di due nazionalità le cui colture hanno tanti vincoli comuni sul terreno della scienza e della civiltà, e dichiara che la cagione dei luttuosi avvenimenti deve ricercarsi nella incerta misura che non aveva definitivamente risolto il problema dell'università italiana senza appagare alcuna delle due parti contendenti. Esso giunse inoltre troppo tardi allorché le passioni erano divenute così veementi da richiedere ben altri rimedi che delle mezze misure. Ciò dimostra sempre più, secondo il precitato giornale, che le lotte nazionali in Austria non possono venir trattate che in una sola maniera: con la separazione.

Anche la Zeit accusa il Governo di non aver dato ascolto ai voti dei tedeschi e degli italiani entrambi contrari all'istituzione della facoltà italiana ad Innsbruck e soggiunge che esso è responsabile se i sanguinosi fatti di ieri creano non solo difficoltà d'ordine interno ma ben anche probabili imbarazzi nella politica estera.

La Wiener Allgemeine Zeitung in un articolo intitolato «l giacobini di Innsbruck» rende responsabili degli avvenimenti i tedeschi, i quali da mesi, e specialmente nelle ultime settimane, non hanno fatto altro che eccitare l'opinione pubblica con innumerevoli riunioni, manifesti e proteste contro gli studenti italiani senza rendersi conto della puerilità crudele di un'impresa diretta contro 120 studenti accusati di compromettere il carattere tedesco di una città di 30.000 abitanti. Il giornale suddetto continua dicendo che i tedeschi del Tirolo non si avvedono del pregiudizio ch'essi cagionano con le loro agitazioni sia agli interessi della coltura, come a quelli del germanesimo. Essi predicano l'odio contro una nazionalità che è la naturale alleata dei tedeschi e la spingono a cercare amicizie presso coloro che come gli cechi nulla hanno a che fare con essa. I giacobini di Innsbruck, prosegue la Allgemeine Zeitung, non raggiungeranno però i loro intenti. Agli italiani dev'essere in ogni modo accordato ciò che loro spetta ed è dovere dello Stato di soddisfare ai bisogni della loro coltura. Ma è sommamente deplorevole che le erostatiche avventure di quei giacobini possano avere influenza sulle relazioni estere della Monarchia. Per fortuna, conclude il giornale, la politica estera dell'Italia si trova oggi nelle mani di un esperto uomo di Stato e i rapporti itala-austriaci sono perfettamente cordiali, ciò che lascia sperare in un imparziale giudizio dei fatti da parte degli italiani che sapranno ravvisare su chi incombano le vere responsabilità dei deplorevoli fatti.

La Reichswehr generalmente poco favorevole agli italiani e che dichiara essa stessa nell'odierno suo articolo di non avere mai risparmiato questi ultimi ogni volta che ne ebbe l'occasione, dice che in onore della verità conviene riconoscere il torto non essere da parte loro nella circostanza presente, ma bensì di quelli che negli ultimi tempi, da quando cioè fu pubblicata l'ordinanza per la facoltà di Wilten, hanno provocato in Innsbruck una pericolosa agitazione e, con questa sistematica preparazione, hanno reso inevitabili i conflitti.

Siccome I'E.V. avrà potuto rilevarlo da questo sommario-rivista dei principali organi della stampa viennese, quest'ultima, sebbene quasi tutta tedesca di sentimenti, non disconosce le responsabilità che gli studenti tedeschi di Innsbruck si sono assunte nei recenti avvenimenti. Giornali che pur non passano per antigovernativi fanno risalire le indirette responsabilità al Governo e tutti manifestano poi l'apprensione che i fatti di lnnsbruck possano avere una ripercussione in Italia e turbare per un momento le ottime relazioni dei due Stati. Questo timore, che nulla potrebbe finora giustificare, dà l'indice dell'impressione fortissima che le notizie di Innsbruck hanno qui tradotta, e che non è per venir meno a cagione del non ancora ristabilito ordine in quella città e dell'assenza di disposizioni governative. Nei circoli che avvicinano il Ministero dell'interno si assicura che il Governo è sempre incerto circa le decisioni da prendere, relativamente all'Università ed alle facoltà italiane di Innsbruck. Nel Ministero stesso si sarebbe poi concordi nell'attribuire la maggiore responsabilità al governatore del Tirolo, barone di Schwartzenau che non seppe segnalare in tempo al Governo la eccezionale gravità della situazione e dargli modo di prevenirne le tristi conseguenze.

695 2 Questo dispaccio e il rapporto di Bollati furono comunicati a Vienna con D. 53341/540 del 5 novembre.

696 1 Cfr. nn. 693 e 694.

697

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 2309/173. lnnsbruck, 5 novembre 1904.

Faccio seguito ai telegrammi che ieri e stamane 1 ebbi l'onore di indirizzare a V.E., riassumendo i dolorosi fatti che hanno all'improvviso complicato la grave situazione già da me descritta nei precedenti rapporti.

La mattina del 3 corrente, venne privatamente inaugurata la nuova facoltà giuridica con una lezione del prodecano professore Galante. Ad essa intervennero tutti gli studenti italiani delle varie facoltà di Innsbruck più un certo numero di loro colleghi arrivati espressamente da Graz e da Vienna, in tutto circa 150. Assistettero pure alcuni deputati parlamentari e dietali italiani e diversi pubblicisti ed uomini politici del Trentino. La cerimonia si svolse ordinata e senza alcun incidente o segno di ostilità da parte dei tedeschi che lasciarono passare indisturbato il corteo degli italiani che si recava alla Liebengasse e che ne ritornava. La sera verso le nove gli italiani si raccolsero all'osteria della «Weissen Kreuz» per deliberare circa il contegno da usare qualora il Senato accademico, come ne correva la voce, avesse sospeso anche le lezioni di letteratura italiana, ma, tale voce essendo stata riconosciuta infondata, furono espressi propositi di calma e di serenità in guisa da non dare pretesto a verona provocazione. Alla fine dell'adunanza, seguita all'infuori da ogni idea politica tanto che vi erano intervenuti anche i clericali, fu notato che un forte gruppo di studenti e di «teppisti» tedeschi stazionava nelle adiacenze dell'osteria con attitudine ostile. Non erano presenti che pochi agenti della polizia municipale, i sentimenti dei quali per gli italiani non sono un mistero per alcuno. I professori ed i deputati, usciti per primi, furono

lasciati allontanare tranquillamente, ma quando cominciarono a comparire gli studenti, si udirono le più atroci ingiurie al loro indirizzo. Quanto accadde in seguito è difficile ancora di precisare, giacché diverse sono le versioni: sembra però che uno degli studenti italiani abbia inconsultamente fatto partire un colpo di rivoltella. Quel colpo fu il segnale di una lotta corpo a corpo sulla quale fu vana l'opera della poca forza presente: al primo seguirono in un attimo molti altri colpi che fecero cadere nove tedeschi ed un italiano, quest'ultimo gravemente ferito mentre degli altri nessuno sembra lo sia stato in modo pericoloso. Al rumore dei colpi accorse una gran folla: gli italiani, circondati e sopraffatti, a stento poterono salvarsi nel vestibolo dell'albergo della «Goldene Rose». Giunto in quel posto il borgomastro dottor Greil con un forte nucleo di poliziotti fece procedere all'arresto di tutti gli italiani presenti mentre la folla, !ungi dal calmarsi, iniziava una violenta sassaiola contro le finestre dei locali ove supponeva potesse trovarsi qualcuno sfuggito all'arresto. I prigionieri furono tratti in mezzo ai tumultuanti sino al palazzo di città e quindi alle carceri giudiziarie. L'eccitazione dei tedeschi era al colmo ed il loro contegno dei più sfrenati sicché la luogotenenza, malgrado l'opposizione del borgomastro, fece uscire due compagnie di truppa, che cominciarono a manovrare a passo di carica per sciogliere gli assembramenti. Durante una di tali evoluzioni cadde, purtroppo mortalmente ferito da una baionettata alla schiena, il giovane pittore innsbruckese Augusto Pezzey.

La mattina seguente la più viva emozione regnava nella città. I giornali nazionalisti pubblicavano supplementi con tendenziose versioni dei tristi avvenimenti e dovunque coloro che nei giorni precedenti avevano fatta la propaganda da me dettagliatamente segnalata predicavano esplicitamente «la caccia agli italiani». Rinuncio a descrivere le scene selvagge e pazze che si sono passate da ieri in qua. Mi limito a dire che parecchi furono gli italiani, studenti impiegati e professionisti percossi sulla pubblica strada o per lo meno minacciati in nome della scienza e della civiltà tedesca, tanto che ben pochi sono ormai quelli che osino mostrarsi nelle vie della città. Negozi di italiani, o anche di tedeschi che avevano semplicemente scritte in italiano, furono fatti segno a violente aggressioni, vennero divelte a forza varie tabelle, perché portavano nomi di professionisti italiani; ai venditori ambulanti di legumi o di frutta che sono tutti italiani fu proibito di esercitare il loro commercio! Una banda frenetica ieri mattina poi si portò alla sede della nuova facoltà giuridica italiana, vi penetrò, senza alcuna opposizione della polizia, distruggendo ogni cosa perfino le stufe e raccogliendo per questi atti di vandalismo gli encomi della stampa locale.

Né l'esasperazione si arrestava agli italiani giacché il Governo, la luogotenenza e la truppa erano pure fatti segno all'esecrazione generale. Ben presto si organizzarono nuove dimostrazioni, una delle quali ruppe i vetri del palazzo ove abita il barone di Schwartzenau nonché quelli dell'abitazione di parecchi ufficiali. Il Consiglio comunale si riunì in seduta straordinaria ed ali 'unanimità votò violentissimi ordini del giorno chiedenti, fra altro, al Governo il ritiro immediato dell'ordinanza che accorda agli italiani una facoltà giuridica, nonché il richiamo del luogotenente, colpevole, soprattutto, di aver dichiarato ufficialmente che gli attuali incidenti erano dovuti alla smoderata agitazione fatta nei giorni precedenti da parte dei nazionalisti.

Nella giornata di ieri, mi recai dal luogotenente per segnalargli la critica situazione fatta ai 200 e forse più operai regnicoli che presentemente sono qui addetti ai lavori di canalizzazione od altre opere, e pregandolo di voler provvedere alla loro tutela. Nello stesso tempo lo interessavo alla sorte del corrispondente del Secolo, signor Goldbacher, cittadino italiano che sapevo essere stato arrestato nella notte precedente mentre, semplice spettatore, assisteva alla lotta fra gli studenti italiani e i loro avversari. S.E. accolse con molta cortesia le mie istanze e mentre mi dava assicurazioni circa la protezione degli operai, mi prometteva pure un interessamento (che in fatto si mostrò efficace) a favore del signor Goldbacher, il quale fu scarcerato appena compiute le formalità d'uso. Di più, rispondendo ad una domanda che in forma opportuna gli indirizzai, S.E. mi informava d'aver provveduto perché la villa, dove solo dal giorno precedente io aveva installato l 'ufficio, fosse specialmente sorvegliata.

In fatti un forte reparto di truppa -circa l 00 uomini di linea e 25 gendarmi da ieri staziona nelle vicinanze della mia abitazione pronto ad ogni evento. Verso sera un gruppo di una quarantina di studenti tedeschi, che sulla voce messa in giro, non so come, che stava per arrivare dal Regno una banda di individui per prestar man forte alle dimostrazioni per l'apertura della facoltà(!?) si era recata alla stazione con intenzioni ostili, volle sfogare la disillusione avuta recandosi al consolato d'Italia, ma avendo trovata la strada sbarrata dalla truppa si ritirò accontentandosi di emettere grida contro i militari.

La giornata d'oggi è passata, meno alcuni brutali incidenti isolati, più tranquilla di quella di ieri, e ciò devesi soprattutto allo straordinario spiegamento di forza, a piedi ed a cavallo, con rinforzi venuti dalle guarnigioni vicine, usati dalla luogotenenza in seguito agli ordini perentori avuti dal Gabinetto, il quale esige in prima cosa il ristabilimento dell'ordine a qualunque costo. Ciò nondimeno si nutrono serie apprensioni per la giornata di domani in causa del funerale del disgraziato Pezzey che sarà fatto con grande solennità per iniziativa del Consiglio comunale e che servirà di pretesto a nuove manifestazioni facilmente degenerabili in eccessi.

Oggi pure ho avuto occasione di recarmi alla luogotenenza ove mi si diedero nuovi affidamenti circa la protezione degli operai regnicoli contro i quali infatti non risultami finora che sieno state commesse violenze.

Stanotte il dottor Antonio Albertini corrispondente viennese del Corriere della Sera fu brutalmente aggredito da un tedesco e rimproverato d'aver pubblicato notizie false circa gli incidenti di lnnsbruck. L' Albertini, rimasto leggermente ferito alla testa, fu condotto alla Polizia cittadina, e ciò fece spargere la voce che egli fosse stato arrestato, voce che fu anche telegrafata a Milano, mentre la luogotenenza mi ha assicurato che tale circostanza non era vera. L'aggressore dell' Albertini venne deferito all'autorità giudiziaria ed egli fu accompagnato alla stazione perché partisse non molestato. Partirono pure i diversi professori della facoltà italiana pei quali la sicurezza personale era problematica, e dovettero pure lasciare la città il barone Malfatti e gli altri deputati italiani dietro le esigenze della folla sfrenata.

Gli studenti italiani arrestati sono 136, dei quali una ventina feriti di bastone. Si sta procedendo alacremente al loro interrogatorio, mentre i tedeschi insinuano che si sono già raccolti gli elementi per provare il complotto, e mentre, d'altra parte, da alcuni si vorrebbe far credere che il Pezzey sia morto non per una baionettata, ma per un colpo di coltello vibratogli «naturalmente» da un italiano.

Riservandomi di fornire maggiori notizie sull'attuale dolorosa situazione che tanti errori e tanti fatti sleali ed infami hanno contribuito a formare, ...

697 1 Cfr. nn. 693 e 694.

698

IL CONSOLE A ZARA, CAMICIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2235/17. Zara, 6 novembre 1904, ore 10,25.

Per i recenti fatti di Innsbruck1 iersera a Zara in teatro per strada e dinanzi palazzo luogotenente ebbero luogo clamorose dimostrazioni antitedesche e antigovernative; polizia fece interrompere rappresentazione, schiamazzi, operò arresti. Truppe consegnate.

699

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2246/12. Innsbruck, 7 novembre 1904, ore 3,50.

Dichiarazione del presidente del Consiglio austriaco riaccende eccitazione 1; prevedo ulteriori manifestazioni. Nell'ipotesi sia stata telegrafata ai giornali voce propalata mia aggressione, ferimento, originata equivoco che riferirà, prego di smentire; nessuna violenza fattami, sebbene obbligato recare giornalmente luogotenenza regnicoli finora incolumi. Forti truppe sorvegliano sempre stemma, insegne nuova sede del consolato.

698 1 Cfr. nn. 693, 694, 696 e 697.

699 1 Cfr. in proposito quanto si legge nel Corriere della Sera dell'8 novembre: «Nell'incontro tra il ministro-presidente von Koerber e il vice-borgomastro e deputato di Innsbruck Erler, quest'ultimo dichiarò che l'attuale agitazione della cittadinanza non potrà venire calmata se non con l'abrogazione della disposizione governativa riguardante l'Università italiana ad Innsbruck e il trasloco del luogotenente. Koerber dichiarò prima di tutto che gli studenti italiani che spararono con le rivoltelle saranno puniti secondo la legge. In quanto alla questione universitaria, disse che l'attuale stato di cose è notevolmente migliorato, perché la facoltà italiana è interamente divisa dall'Università tedesca. Del resto, il Governo dichiarò, sempre esplicitamente, trattarsi di una misura provvisoria, che durerà finché il Governo potrà presentare e far approvare al Parlamento il progetto di legge per l'istituzione a Rovereto di una facoltà giuridica italiana. La Costituzione non permette al Governo di fare né di più né di meglio. Dopo la recente devastazione dei locali della facoltà italiana di Innsbruck, gli studenti italiani dovranno naturalmente iscriversi all'Università tedesca, il che da nessuno può venir loro impedito. Ciò corrisponde a rendere permanenti i disordini in tutte le università dell'Impero. E se si fosse badato alle parole del Governo, non si dovrebbero ora deplorare i recenti gravi fatti. Il Governo non vuole e non può cedere di fronte alle dimostrazioni e alle agitazioni; ma deve, prima di tutto, ricondurre la calma a Innsbruck, e soltanto dopo prendere altre disposizioni. Per tutte queste ragioni Koerber si dichiarò spiacente di non poter aderire ai desideri espressigli da Erler [ ... ]».

700

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2247. Londra, 7 novembre 1904, ore 6,45.

Ho seguito comunicazione al Foreign Office circa progetto di trattative col Mullah nel senso del dispaccio di V.E. l o novembre2 . Confermo disposizioni generalmente favorevoli del marchese Lansdowne, che si è riservato però di pronunziarsi più particolarmente, circa le singole proposte, dopo sentito parere del generale Swayne sul risultato del suo scambio d'idee con Pestalozza. Si ritiene al Foreign Office che il generale arriverà Aden venerdì prossimo3 .

701

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2250/10. Janina, 8 novembre 1904, ore 2,24.

Valì con sua nota in data 7 corrente al n. 220, giuntami iersera, comunica questo

r. consolato che biasimo rappresentante vescovo Valona fu partecipato e che diede ordini simili fatti non si rinnovino in avvenire.

702

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1424/545. Costantinopoli, 8 novembre 1904 (perv. il 16).

La questione del rimpatrio degli emigrati in Bulgaria, provenienti dal vilajet di Adrianopoli, rimane tuttora insoluta. La Sublime Porta continua a sollevare difficoltà ed a ricorrere ai favoriti sistemi dilatorì. Il signor Natchovitch, che ho visto in questo momento, mi ha detto essere egli profondamente scoraggiato per questo modo di pro

2 Cfr. n. 690.

3 La sostanza di questo telegramma fu comunicata a Pestalozza con T. 1815 de11'8 novembre, non pubblicato.

cedere e per questa sistematica ostilità contro i bulgari. L'agente diplomatico non mi ha celato che a Sofia si diviene ogni giorno di più impazienti. A dimostrare il suo malumore, il principe Ferdinando è partito per il castello di Euxinograd, senza ricevere il nuovo commissario ottomano.

Il signor Natchovitch è convinto che a meno di una energica pressione da parte delle Potenze, non si concluderà nulla. Egli mi ha ringraziato per i passi da me già fatti, aggiungendo che al medesimo scopo sono intervenuti anche gli ambasciatori di Russia e di Germania, nonché l'incaricato d'affari britannico.

Giusta le istruzioni dell'E.V. non ho mancato di rinnovare alla Sublime Porta le più calde e le più amichevoli istanze, raccomandando una pronta ed equa soluzione. Tali raccomandazioni ho fatto anche rivolgere al primo segretario del sultano dal commendatore Cangià, il quale, come io avevo fatto al gran vizir, si è adoperato a dimostrare con opportuni ed inoppugnabili argomenti quanto desiderabile sarebbe di porre senz'altro termine ad una situazione dalla quale nessun vantaggio può sperare il Governo imperiale. Dal linguaggio di Tahsin pascià, pienamente conforme a quello del gran vizir e del ministro degli affari esteri, non si dura gran fatica a vedere la poco buona volontà di cui si è qui animati di dare soddisfazione ai bulgari. Pur non escludendo assolutamente la possibilità di una decisione, se non totalmente almeno parzialmente favorevole alle domande del Governo principesco, al Palazzo al pari che alla Porta si lascia abbastanza chiaramente intendere come oramai poco o nessuno affidamento si faccia sulla lealtà delle intenzioni e delle disposizioni del Principato verso la Turchia. Malgrado le incessanti dichiarazioni in contrario del signor Natchovitch, malgrado i sentimenti turcofili dell'attuale Gabinetto bulgaro, qui si è intimamente persuasi che il principe Ferdinando non è e non sarà mai un vero amico della Turchia e per conseguenza si ritiene perfettamente inutile ogni nuova concessione. La Turchia e la Bulgaria -mi sembra vano e pericoloso il dissimularselo si trovano, in fondo, pressoché nelle medesime disposizioni reciproche in cui si trovavano il Piemonte e l'Austria-Ungheria durante l'epoca gloriosa del nostro Risorgimento nazionale. Se una conflagrazione è stata finora evitata si deve unicamente all'opera delle Potenze, e sopratutto al fatto che la Turchia, considerando i bulgari quali protetti della Russia, non ha mai osato attaccarli, come ne avrebbe avuto la massima voglia, per tema di vedersi trascinata poi ad un conflitto con quella Potenza, che, siccome è noto, le ha sempre incusso salutare terrore. I disastri russi in Estremo Oriente e la persuasione qui prevalente che per il momento nulla vi sia da temere da parte del grande Impero slavo, valgono a spiegare il contegno meno remissivo adottato in questi ultimi tempi di fronte al Principato vassallo. D'altra parte conviene pure ricordare novellamente che se le intenzioni de li'Austria-Ungheria destano qualche sospetto, questo sospetto, a torto od a ragione, non va fino al punto di generare seria apprensione.

Queste le disposizioni dell'oggi: al domani, siccome è noto, niuno pensa in Turchia e niuno provvede.

Un tale stato di cose, messo a raffronto con quello che avviene in Macedonia, dove, dopo quasi un anno di prova, sia per l'insufficienza manifesta dei rimedi escogitati nel programma di Miirzsteg, sia sopratutto per la deplorevole oscitanza degli agenti civili, siamo ben !ungi da quel ristabilimento della tranquillità e dell'ordine pubblico, da quella pacificazione degli animi che le due Potenze si erano assunte l'incarico di stabilire e di conservare, non può non inspirare preoccupazione in chi osserva obbiettivamente lo svolgersi degli avvenimenti colà.

I turchi sono od hanno l'aria di essere rassicurati perché la Russia è impegnata in Manciuria, ma non si rendono conto che, se le cose di Macedonia continuano ad andare per l'attuale verso, potrebbe sorgere all'improvviso per l'integrità dell'Impero grave ed imminente pericolo, e non da quella parte donde essi l'hanno sempre e soltanto paventato.

Si ha un bel parlare della politica «conservatrice» austro-ungarica nella penisola balcanica; non è men vero però e ne acquistiamo novella prova tutti i giorni (v. da ultimo annesso cifrato al rapporto del r. agente diplomatico in Sofia1 trasmesso con dispaccio n. 429) che le apparenze almeno dinotano diversa tendenza.

Come ho avuto l'onore di scriverlo altra volta, non è tanto la previsione di un intervento armato austro-ungarico in questa o quella provincia ottomana che m'inspira maggiore apprensione, giacché non ignoro che contro tale ipotesi si possono fare efficacemente valere molti serì argomenti di varia indole, ed in tutti i casi tale intervento non sembrerebbe ora imminente. Quello che più specialmente mi preoccupa oggi è l'eventualità di una nuova azione diplomatica austro-ungarica, mediante la quale la duale Monarchia riesca, profittando dei momentanei imbarazzi della Russia, a conseguire lo scopo cui, senza alcun dubbio, mira precipuamente, di consolidare e ribadire cioè viemmaggiormente quella posizione privilegiata che si è venuta arrogando in Macedonia d'accordo con l'altro Impero e di precludere sempre più alle rimanenti Potenze firmatarie del Trattato di Berlino ogni più diretta ingerenza nella questione macedone.

Pur desiderando sinceramente che gli avvenimenti dimostrino infondate le mie apprensioni, crederei di mancare al mio dovere non segnalandole all'attenzione del Governo di Sua Maestà2•

700 1 Ed. con alcune varianti in LV l 03, p. 68.

703

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1739/844. Vienna, 8 novembre 1904 (perv. il 10).

A quanto mi viene assicurato da buona fonte, il signor di Hartel, ministro dell'istruzione, avrebbe oggi convocato a Vienna i professori della facoltà italiana di Innsbruck per interpellarli in via confidenziale sull'opportunità di proseguire i corsi o di sospenderli e ciò nella lusinga che gli insegnanti stessi si pronunzino spontaneamente in senso contrario al primo partito, il che evidentemente faciliterebbe una via d'uscita al Governo, dopo la sua categorica dichiarazione di non voler chiudere la facoltà italiana.

Qualunque sia l'esito di tali pratiche, è chiaro che il Governo, il quale di fronte alle pressioni del Municipio di Innsbruck ed alle minacce dei deputati Erler e Derschatta non ha voluto cedere per non compromettere la propria autorità e prestigio con un atto che poteva essere tacciato di debolezza, riconosce però a sua volta come ormai la continuazione dei corsi della facoltà italiana, anche se in altro locale, sia divenuta impossibile nelle presenti circostanze ed a ciò può aver pure contribuito il telegramma inviato ieri al ministro dell'istruzione dal Senato accademico di quella Università, col quale si dichiara che «data la situazione completamente mutata» la ripresa dei corsi nella facoltà italiana avrebbe costituito un costante pericolo.

È infatti sintomatico che quello stesso Senato accademico il quale poche settimane or sono aveva consigliato l'istituzione della facoltà italiana, debba ora così apertamente contraddirsi sia per sincera convinzione sia perché non ha potuto sottrarsi alle violente pressioni dell'ambiente. Entrambi questi motivi non potevano che offrir materia a serie riflessioni da parte del Governo ed invitarlo forse a modificare le sue intenzioni primitive.

702 1 Non rinvenuto. 2 Tittoni rispose con D. confidenziale 55864/499 del 22 novembre, che non si pubblica.

704

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. RISERVATO 1379/520. Londra, 9 novembre 1904.

Come ebbi l'onore di far conoscere a V.E. coi telegrammi n. I 17, 1182 , comunicai al marchese di Lansdowne le offerte di pace fatte dal Mad Mullah al cavaliere Pestalozza, esponendo a Sua Signoria, e poi al sovrintendente dei protettorati africani, il pensiero e le disposizioni di V. E. su quelle proposte, giusta il dispaccio 1 o novembre n. 4893 . Informai anche l'E.V. della favorevole accoglienza che trovò in massima la mia comunicazione presso lord Lansdowne, sir Clement Hill e il generale Manning, e degli ordini dati al generale Swayne di recarsi tosto in Aden a conferire con il cavaliere Pestalozza4 .

Il marchese di Lansdowne mi conferma ora tutto ciò con una nota che mi do premura di inviare qui acclusa in traduzione. In essa è detto che il Governo britannico, apprezzando l'intenzione amichevole che anima in questa circostanza il Governo italiano, si riserva di sentire il parere del generale Swayne sulle accennate proposte, che gli sembrano offrire una base favorevole d'accordo. La frase conclusiva della nota circa la convenienza che i negoziati siano condotti anche per conto del Governo britannico dal cavaliere Pestalozza, è un effetto del!' osservazione da me qui sottoposta nel senso accennato dal predetto dispaccio di V.E. *per riguardo alla animosità del

2 Cfr. n. 687, nota 3. Il T..../118 non si pubblica.

3 Cfr. n. 690.

4 Cfr. n. 700.

Mullah verso gli inglesi*. Mi fu pure assicurato a questo proposito al Foreign Office che le autorità britanniche per parte loro, non hanno alcun preconcetto contro il Mullah: le operazioni furono condotte, mi fu detto, unicamente per l'obbligo di tutelare le tribù protette di fronte alle sue depredazioni, ma se il Mullah è ora realmente deciso a starsi tranquillo, non si esiterà ad entrare in qualsiasi pratico accordo tendente a mantenerlo nelle sue pacifiche disposizioni.

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

NOTA. [Londra], 8 novembre 1904.

Il Governo di Sua Maestà ha preso in esame le comunicazioni da lei recentemente fatte intorno agli abboccamenti avuti dal signor Pestalozza col Mullah ed alle condizioni di pace proposte da quest'ultimo.

Il Governo di Sua Maestà pienamente riconosce lo spirito d'amicizia col quale queste comunicazioni sono state fatte ed ho l'onore d'informare V.E. che il generale Swayne ha ricevuto ordini di recarsi ad Aden per conferire col signor Pestalozza, e di comunicare il suo modo di vedere al Governo di Sua Maestà.

Il generale Swayne è stato inoltre informato che il Governo di Sua Maestà opina che le proposte del Mullah, come sono state comunicate da V.E., offrono una base per un accordo, e che, al pari del Governo italiano, esso crede che negoziati diretti possano esser condotti con vantaggio signor Pestalozza per conto del Governo di Sua Maestà.

704 1 Ed. con alcune varianti e l'omissione del passo fra asterischi, in LV 103, pp. 68-69.

705

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1747/849. Vienna, 10 novembre 1904 (perv. il 13).

L'esito delle elezioni di domenica scorsa viene salutato dalla stampa viennese con unanime soddisfazione. Il Fremdenblatt, la Neue Freie Presse, 1'Ectablatt, e gli altri più autorevoli giornali rilevano la portata internazionale della vittoria del Gabinetto Giolitti, specialmente in riguardo alle relazioni italo-austriache e ricordano come queste abbiano ricevuto incremento e stabilità per opera degli uomini di Stato italiani che fanno parte di quel Ministero. Alcuni di essi, come la Neue Freie Presse e il Neues Wiener Journal esprimono la speranza che il risultato delle elezioni italiane abbia anche per effetto di temperare l'impressione prodotta dai fatti di Innsbruck e d'impedire che questi ultimi possano venir sfruttati come mezzo di agitazione.

706

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2341/174. Jnnsbruck, 10 novembre 1904 (perv. il 14).

Da quarant' otto ore la calma può dirsi ritornata: calma apparente, se si vuole, giacché la sovreccitazione degli animi è sempre grande ed un minimo pretesto potrebbe occasionare nuovi dolorosi incidenti, ma intanto la cronaca cittadina non ebbe da registrare altre scene di quella follia collettiva da cui fummo rattristati nelle scorse giornate. La città è ancora occupata militarmente, ed il Governo che, malgrado le sue ripetute dichiarazioni, era affatto impreparato agli eventi fa ora pubblicare d'essere del tutto padrone della situazione.

Il deputato Erler ed i suoi consorti, alquanto impressionati dalla piega presa dagli avvenimenti, lanciano appelli all'ordine ed alla tranquillità, ma ormai troppe sono le passioni scatenate, troppi gli interessi ed i puntigli in gioco, perché si avveri tanto presto una sincera pacificazione degli spiriti. Da troppo tempo gli avvenimenti si preparavano ed il terreno era stato seminato con troppa cura perché non avesse a dare i tristi frutti di cui siamo testimoni. Tutti i dettagli delle violenze erano stati machiavellicamente previsti: così la campagna che i fogli nazionalisti avevano da pochi giorni iniziato contro le scritte italiane di alcuni negozi doveva portare al saccheggio ed alla demolizione dei negozi stessi, le insinuazioni contro coloro che occupavano o ricevevano italiani dovevano condurre al licenziamento di tanti impiegati, alla disdetta di tanti contratti, alla rovina ingente di tante famiglie italiane.

Come ebbi occasione di telegrafare, non mi fu mai segnalata alcuna aggressione personale contro cittadini regnicoli, i presi di mira essendo specialmente trentini. Solo un bresciano, che aveva una modesta bottega da barbiere ebbe rotte le vetrine e devastato il piccolo deposito di profumerie: raccomandai il suo caso alle autorità e diedi all'interessato le direzioni necessarie per ottenere l'accertamento, e, quando sarà possibile, la rifusione del danno. Tutti o quasi tutti però i regnicoli, che formano la piccola colonia permanente d'Innsbruck, ebbero a soffrire dalle attuali circostanze, giacché essi pure sono vittime d eli'ostracismo e del boicottaggio che ormai colpisce tutto quanto sa d'italiano. Molti di essi già lamentano la perdita della clientela e dell'impiego, e diversi saranno costretti a lasciare, dopo tanti anni di soggiorno, questa città divenuta tanto inospitale. In miglior condizione degli esercenti, degli impiegati, e dei piccoli commercianti di frutta e di legumi, trovansi i nostri lavoratori, propriamente detti, i quali, malgrado la propaganda che fu anche contro di loro esercitata, non vengono congedati dai loro principali: ciò si spiega non solo perché la loro mano d'opera è necessaria, ma anche per l'attitudine assunta in loro difesa dal partito socialista, col quale i tedeschi nazionali devono pur contare.

È con viva impazienza che qui si attende l'apertura del Reichsrat, dove, fin dalla prima seduta, la questione universitaria dovrà essere trattata. Del resto, qualunque sieno le decisioni che in allora saranno prese, non si può concepire un ulteriore funzionamento della facoltà giuridica italiana in questa città. I luttuosi fatti di sangue, da molti previsti ed anzi dichiarati necessari perché la questione universitaria avesse un principio di soluzione, hanno marcato l'impossibilità della convivenza delle due studentesche, divise ormai da un odio immenso: negli uni la memoria dei soprusi, dei dileggi, delle persecuzioni incessanti, negli altri quella degli inconsulti colpi di rivoltella della sera del 3 novembre ha segnato un abisso insormontabile. E poiché l'università a Trieste sembra un ideale d'avveramento ancor troppo lontano, si assicura che il progetto d'una facoltà a Rovereto non troverebbe più fra gli italiani quell'opposizione che trovò precedentemente, e molti già sarebbero rassegnati ad una simile misura. È da dubitarsi in ogni modo che in ciò convenga la maggioranza degli italiani di Trieste, più che mai intransigente nel proclamare la necessità dell'università triestina.

Intanto l'autorità ha cominciato a procedere ali' arresto od alla denuncia di alcuni che, più materialmente, si distinsero nei fatti degli scorsi giorni: i veri colpevoli, però, coloro che della loro posizione si sono valsi per meglio predicare la barbara crociata, sono finora indisturbati. Fra quelli, contro i quali, ancora nulla si è osato, malgrado la flagranza del reato, va notato il deputato pangermanista Stein, che in un discorso tenuto alla moltitudine domenica, dopo i funerali del pittore Pezzey, aveva senz'altro proposto illinciaggio del luogotenente barone di Schwartzenau.

Al consolato d'Italia, dopo il tentativo di sabato, non furono più fatte dimostrazioni, anche perché lo si sapeva continuamente sorvegliato da un riparto di truppe, il quale, la sera della sepoltura di Pezzey, ebbe uno straordinario rinforzo di cavalleria. In quella stessa sera giunse alla luogotenenza la notizia che io venivo attaccato sulla pubblica via nelle vicinanze della Hofburg, ma i funzionari, accorsi immediatamente, ebbero campo di constatare il nessun fondamento della notizia sparsasi non si sa come. Mi sono permesso di segnalare telegraficamente tale voce all'E.V. perché fosse tosto smentita nel caso che potesse servire, come l'altra, pure falsa, di gravi oltraggi al consolato, ad eccitare maggiormente la pubblica opinione in Italia. Fu invece effettivamente fatta violenza la sera stessa di domenica ad un giovane laureando trentino, ufficiale di riserva nell'esercito austriaco, che da pochi giorni aveva assunto quale segretario di cancelleria. Egli dovette abbandonare la città dietro varie minaccie avute, minaccie che però non erano rivolte al mio impiegato, bensì al trentino ed al compagno di molti degli arrestati.

Vivissima perdura a Trento e nella provincia italiana l'impressione dei fatti qui occorsi, ma non risulta che sieno state commesse brutali rappresaglie. E sì che tutti i mezzi continuano ad essere usati per provocare gli italiani: da ieri, per esempio, vien posta in vendita una cartolina commemorativa del disgraziato Pezzey, o meglio Pezzei (oriundo italiano, ma fanatico tedesco nazionale) ed il ricavo è a favore delle scuole tedesche del Trentino!

La stampa, tranne la clericale, che anche nelle giornate più terribili ha coraggiosamente conservato il contegno equanime di cui aveva già dato prova il suo partito nella questione universitaria, continua ad essere d'una violenza ed una malafede di cui credo esistino ben rari esempi.

Degli studenti e degli italiani arrestati nell'infausta notte, solo due o tre furono rilasciati, avendo provato l'alibi: contro gli altri prosegue, colla massima alacrità e segretezza, l'istruttoria.

Mi sono già recato dal luogotenente a compiere il dovere di prevenirlo che, in occasione del genetliaco di Sua Maestà avrei esposto la bandiera regionale sulla casa consolare. S.E., che era già preavvisato dello scopo della mia visita, mi diede tosto le maggiori assicurazioni circa la speciale protezione che, per tale circostanza, avrebbe avuto il consolato, ma non mi tacque le sue apprensioni per gli incidenti che avrebbero potuto sorgere in questo momento di singolare eccitazione, tanto più perché si erano qui esagerate di molto le notizie delle dimostrazioni fatte a Milano contro il consolato generale d'Austria-Ungheria, pretendendosi perfino che vi fosse stata vilipesa ed abbrucciata la bandiera austriaca. Lasciò infine facilmente capire il suo desiderio che il Ministero venisse interpellato in proposito, ed io, pure mantenendo col barone di Schwartzenau il necessario riserbo, non ho potuto esimermi, a scarico di mia responsabilità, di riferire telegraficamente a V.E. il colloquio avuto.

In seguito al telegramma di stamane 1 , sono ritornato da S.E., confermando la circostanza dell'esposizione della bandiera per domani, e ricevendo nuove assicurazioni di tutela. Il signor luogotenente a cui, secondo le istruzioni avute, parlai della possibilità di un cenno nella stampa colla ricorrenza del natalizio reale, mi dichiarò che preferiva astenersene per non dare occasione a curiosi od a male intenzionati di riunirsi sotto le finestre del consolato, riservando un'eventuale pubblicazione quando la festa fosse trascorsa.

707

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

D. 54403/847. Roma, 12 novembre 1904.

Ringrazio l'E.V. del rapporto 23 ottobre ultimo scorso n. 1268/3751 testé pervenutomi.

Il quadro che il barone Aliotti ha fatto ali'E.V. della situazione al Venezuela corrisponde esattamente a quanto egli è venuto riferendo nei suoi rapporti al R. Ministero.

Tale stato di cose è tanto più a deplorare in quanto concerne la condotta del Venezuela verso gli Stati esteri e la sua intenzione ormai evidente di sottrarsi in ogni maniera possibile alla esecuzione degli impegni assunti con essi.

Sarò grato ali'E.V. se vorrà tenermi informato di ciò che specialmente riguarda l'atteggiamento degli Stati Uniti a questo proposito e intanto ecc ....

706 1 Il carteggio telegrafico non è stato pubblicato perché riassunto nel testo.

707 1 Se ne pubblica solo il passo seguente: Aliotti «ha dipinto la situazione del Venezuela sotto assai foschi colori: il Paese sottomesso all'arbitrio di un uomo tracotante, onnipotente all'interno e non curante dei suoi impegni verso l'estero».

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1840. Roma, 13 novembre 1904, ore 19.

Non senza penosa meraviglia ho preso conoscenza della nota verbale annessa al rapporto di V.E. 1 . Non provocata da nostra comunicazione alcuna essa è concepita in termini che si discostano dalle consuetudini e che certo non corrispondono ai cordiali rapporti esistenti tra i due Governi. Desidero che V.E. abbia in proposito col gran vizir una schietta spiegazione. Noi non possiamo riconoscere come base di diritto il criterio empirico che siano ammessi a funzionare in Turchia i soli uffici postali esteri già esistenti e ne sia esclusa l'istituzione di nuovi. A prescindere da fatto che questo criterio è stato più volte ed anche di recente, negletto, noi riteniamo invece per fermo che in questa materia come in ogni altra attinente a reciproci rapporti economici, debba imperare il principio del trattamento della nazione più favorita e che non possa in conseguenza essere vietato di istituire uffici postali italiani là dove esistono uffici postali di altra estera nazionalità. In base a questo principio noi abbiamo effettivamente il proposito di fondare prossimamente un ufficio postale a Valona, dove la cosa è ampiamente giustificata dal periodico approdo di nostri piroscafi postali, e noi fermamente confidiamo che, da parte delle autorità locali, non sorgerà opposizione la quale creerebbe solo tra i due Governi uno spiacevole incidente senza distoglierlo dal fare ciò che reputiamo nostro indiscutibile diritto2 .

709

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1841. Roma, 13 novembre 1904, ore 19,10.

Mi riferisco al precedente telegramma 1 .

Autorizzo V.E. a dame integrale lettura al gran vizir. Aggiungo essere nostra intenzione di predisporre l'istituzione di un nostro ufficio postale anche a Salonicco. Lascio lei giudice se le convenga o meno, di far cenno di questa nostra intenzione nel suo colloquio col gran vizir.

708 1 Non rinvenuto, ma con ogni probabilità si riferiva alla questione accennata nei documenti nn. 625 e 627. 2 Per la risposta cfr. n. 712. 709 1 Cfr. n. 708.

710

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1393/525. Londra, 13 novembre 1904 (perv. il 19).

Secondo il dispaccio 19 agosto scorso n. 3641 , il r. incaricato di affari fece conoscere a suo tempo al Foreign Office il pensiero di V.E. circa l'opportunità di giungere ad un ulteriore accordo a fine di esercitare un'azione più efficace per reprimere il traffico di armi sia sulla costa arabica che a Gibuti, e suggerì che i Governi italiano e britannico facessero le occorrenti pratiche a Costantinopoli ed a Parigi.

Profittando ora del dispaccio 4 corrente n. 4932 , ho sollecitato una risposta dal Foreign Office ed ho fatto presente la favorevole occasione che ora si offre per dette pratiche a causa della gran quantità di armi possedute dai Dankali e delle preoccupazioni che conseguentemente nutrono le autorità di Gibuti.

Il sottosegretario di Stato mi fa ora sapere che il ritardo al rispondere alla prima comunicazione della r. ambasciata è dipeso dall'aver dovuto il Governo britannico chiedere informazioni in proposito alle competenti sue autorità. Il sottosegretario di Stato aggiunge che è molto importante non perdere la propizia occasione presentatasi per far le progettate pratiche a Parigi e che egli si dispone a tosto occuparsene.

711

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1844. Roma, 14 novembre 1904, ore 19,45.

Prego V.E. di volere rimettere a codesto ministro degli affari esteri, appoggiandola col massimo impegno, una nota concepita nei seguenti termini: «l ministri italiani degli affari esteri e del tesoro, incaricati più particolarmente delle negoziazioni commerciali cogli altri Stati, non credono alla efficacia delle lunghe negoziazioni e fanno appello al potente acume del signor Lamsdorff e del signor De Witte mettendo innanzi a loro le seguenti proposte: il Governo italiano accorderebbe la diminuzione di un terzo del dazio attuale sul petrolio per i primi due anni dalla data dell'accordo che ne durerebbe dieci, e la riduzione di questo dazio alla metà dopo il biennio.

Accorderebbe inoltre la riduzione di L. 2,50 il quintale sul dazio del grano duro a cominciare dal 1906.

2 Non rinvenuto.

In cambio di ciò il Governo italiano domanda la esenzione da dazio per i limoni, la riduzione del dazio sugli aranci ad un massimo di 5 franchi per quintale, ossia 30 kopeki per pud, l'abolizione del dazio sull'olio di oliva ed il mantenimento del dazio vigente di un rublo e mezzo per pud sulla seta greggia». Queste concessioni recherebbero alla Russia una perdita finanziaria di circa 7 milioni di rubli, pari a lire italiane 19 milioni circa (calcolando il rublo a 2,67 giusta l 'ukase imperiale del 21 luglio 1899), mentre il tesoro italiano, quando il dazio sul petrolio fosse ridotto alla metà, si addosserebbe in tutto una perdita annua di circa 30 milioni di lire.

«La Russia e l'Italia che, per tanti titoli, hanno ragione di intendersi e di amarsi, con un accordo su queste basi, stringerebbero vieppiù i loro vincoli politici ed economici»'.

710 1 D. 40649/364, non pubblicato.

712

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 22851193. Pera, 14 novembre 1904, ore 21.

Rispondo suoi telegrammi 1840 e 1841 1• Ho dato oggi del primo integrale comunicazione al Ministero degli affari esteri ed al gran vizir.

Sua Altezza non mi ha dissimulato sua vivissima contrarietà. Pur esprimendo rincrescimento per tono nota, pur rifiutando discutere lato giuridico questione, ha voluto dimostrarmi istituzione uffici affatto inopportuna, perché destinata dispiacere particolarmente sultano, senza arrecare alcun vantaggio positivo sviluppo nostra influenza Albania. Sua Altezza quindi ha vivamente insistito per persuadermi intervenire presso V.E. affine di ottenere Governo di Sua Maestà receda decisione presa. Ho nettamente rifiutato condiscendere desiderio di Sua Altezza, allo stato attuale delle cose ho dichiarato che dopo che questione è stata sollevata non da noi ma dalla stessa Sublime Porta, a me non spettava più di consigliare, ma incombeva semplicemente obbedire. Uffici postali, dovrebbero, ciò stante, venire infallibilmente aperti non solo a Valona, ma, fra non molto, anche a Salonicco; importare che Sublime Porta dia categoriche istruzioni autorità locali, onde impedire da parte di quelle atteggiamento ostile tale da sollevare poi spiacevoli incidenti che è desiderabile evitare nell 'interesse buone relazioni tra i due Paesi.

Non posso dire miei argomenti abbiano convinto gran vizir. Giunte le cose a questo punto, e reputando superflua ogni ulteriore discussione verbale, credo che, ormai, non ci resti che annunziare, al più presto, per iscritto data apertura ufficio Valona con nota concisa, redatta in termini fermi, ma concilianti. Importando assai

712 1 Cfr. nn. 708 e 709.

battere il ferro fin che è caldo, prego telegrafarrni urgenza data apertura, autorizzandomi dirigere alla Sublime Porta nota nel senso precitato.

Per evitare più tardi nuove discussioni sopra medesimo increscioso argomento, ho creduto conveniente menzionare, fin d'ora, istituzione ufficio Salonicco, tanto più poi perché in quella località, dove ne esistono già altri quattro esteri, ed agente navigazione generale italiana, non è possibile attribuirci fini reconditi; apertura nostro ufficio dovrebbe riuscire relativamente meno amara al sultano.

711 1 Per il seguito della questione cfr. n. 720.

713

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. RISERVATISSIMA. Roma, 14 novembre 1904.

Ho comunicato a S.E. il presidente del Consiglio il riassunto dei colloqui da lui avuti a Homburg con S.E. il conte Btilow, che andava annesso al rapporto dell'E.V. in data 15 ottobre u.s. n. 5851 .

S.E. Giolitti mi fa ora conoscere che tale riassunto compendia fedelmente quanto fu detto nel convegno di Homburg e soltanto ha ritenuto opportuno di apportarvi due leggere modificazioni verso la fine, là dove si tratta della questione balcanica.

L'E.V. potrà rilevare queste modificazioni dalla copia del riassunto che qui acchiudo, mentre trattengo l'originale nell'archivio segreto del Ministero.

714

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. PARTICOLARE. Roma, 14 novembre 1904.

I fatti deplorevolissimi che, anche quest'anno, e con gravità assai maggiore si sono rinnovati ad Innsbruck, come da tutti facilmente si prevedeva, hanno prodotto in me la più viva preoccupazione.

La comunità della razza implica una comunità di sentimenti che non possono essere impunemente offesi; ed i contraccolpi e le reazioni che ne derivano, specialmente in una popolazione facilmente eccitabile come la nostra, possono avere conseguenze assai gravi.

Fin dallo scorso mese di giugno 1 io interessavo su tale argomento il duca A varna. Conscio della delicata situazione nostra e della sconvenienza di dare consigli ad un Governo estero su tali questioni riguardanti la sua politica interna, io credevo d'altronde dover mio di prevedere la possibilità di nuovi disordini, che avrebbero reso più dif

714 1 Cfr. n. 472.

ficili gli sforzi dei due Governi rivolti ad ottenere che anche tra le popolazioni si compia quell'opera di conciliazione e di reciproca fiducia che è il reciproco complemento dell'alleanza. In questo senso io incaricavo il duca Avarna di intrattenere con fidente schiettezza il conte Goluchowski, additandogli il pericolo, sicuro che il Governo austriaco, nella sua saviezza, avrebbe saputo apprestare in tempo acconci rimedi.

Il conte Goluchowski accolse ringraziando quella comunicazione del nostro ambasciatore, assicurando che non avrebbe mancato di parlare di ciò al presidente del Consiglio, e che qualora avvenissero disordini, questi sarebbero stati repressi2 .

Malauguratamente i fatti hanno dimostrato che il Governo austriaco non ha saputo né prevenire né reprimere.

Il Governo italiano, dal canto suo, ha esercitato ed esercita in Italia, in tutte le forme possibili, la sua azione moderatrice; alla quale hanno dato finora aiuto efficace le preoccupazioni elettorali e la chiusura delle università.

Ma le agitazioni non gravi, per ora, accennano a crescere piuttosto che a cessare; e non si può prevedere quello che avverrebbe in Italia qualora si verificasse l'insano proposito che si attribuisce al Governo austriaco, di volere ad ogni costo mantenere e riaprire in Innsbruck i corsi della facoltà italiana.

lo non ho mancato di intrattenere opportunamente sull'argomento questo incaricato d'affari austriaco. Ma (anche indipendentemente dalla momentanea assenza del duca Avarna) non crederei né conveniente né efficace di rinnovare a Vienna quelle pratiche che hanno già avuto un esito negativo.

Io penso invece che una azione in tal senso potrebbe venire esercitata molto utilmente dal Governo germanico, comune alleato ed amico.

Di ciò io prego l'E.V. di voler confidenzialmente parlare al conte Biilow.

L'istituzione della università italiana in terra italiana (qualunque questa sia) è evidentemente l'unica soluzione possibile. Ed è strano che il Governo, esso solo, vi resista, mentre a ciò lo sospingono tutti i partiti, tutte le nazionalità, tutta l'opinione pubblica della Monarchia pur così difficilmente concorde.

Sembra che per ciò fare, il Governo austriaco ritenga indispensabile la cooperazione del Parlamento. Ma quel Governo, in condizioni ed in circostanze assai meno gravi, ha evitato la necessità di quella cooperazione, valendosi della facoltà che il paragrafo 14 della Costituzione gli acconsente.

L'urgenza del provvedimento non potrebbe essere più evidente, sia per troncare, nell'uno e nell'altro Stato, un'agitazione così dannosa alla quiete interna ed ai buoni rapporti internazionali, sia per evitare che l'agitazione si estenda nei due Parlamenti dei quali è prossima la riconvocazione, sia, infine, per non esporre gli studenti italiani al pericolo di perdere, senza loro colpa, un semestre.

Io la prego, signor generale, di voler persuadere di tutto ciò il conte Biilow con quella autorità che ella possiede e con quel tatto che le è abituale. La prego in pari tempo di volermi informare, quanto più sollecitamente le sia possibile, delle disposizioni che egli sarà per dimostrarle al riguardo e dell'azione che eventualmente egli si dichiari disposto a voler esercitare3 .

3 Per la risposta cfr. n. 717.

713 1 Cfr. n. 669.

714 2 Cfr. n. 490.

715

IL CAVALIER PESTALOZZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 2287. Aden, 15 novembre 1904, ore 18.

Swayne molto favorevole pacificazione telegrafa al Foreign-Office che, d'accordo con me, egli riconosce necessità accordare uso pozzi pascoli del Uadi Nogal ai seguaci del Mad Mullah, secondo precedenti consuetudini, però non oltrepassando linea estrema dai pozzi di Halin a quelli di Hodin verso ovest e da questi verso sud ai pozzi di Tifafli Las Anod Yaelli Baran Damot Kurmis conservando libera la zona intermedia tra questa linea e quella da Bohotle a Bur Anod. Hodin non marcato sopra carta north-west Somaliland sheet sessantotto trovasi sul tracciato del Uadi Nogal, poco a sud ovest di Bur Anod. Swayne sconsiglia deposito ostaggi denari crede preferibile affidare a commissione di delegati notabili del Mad Mullah e di delegati delle tribù inglesi l 'incarico di determinare, secondo usanze somale, ricambio matrimoni fra loro a garanzia pace. Quella delegazione si riunirebbe in Aden o meglio in Bender Cassim e stabilirebbe anche norme passaggio carovane scambio traffici. Sono dello stesso parere e spero Foreign Office non abbia difficoltà accettare. Desiderando partire 23 corrente per conferire con Migiurtini prima di proseguire per Illig, prego V.E. di volermi sollecitare istruzioni. Ringrazio per Abdallah e Yusuf prego autorizzare [ ... ]2 trasporto Swayne Berbera qualora mancasse altro mezzo in settimana.

716

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI E VIENNA

T. 1857. Roma, 16 novembre 1904, ore 20.

L'ambasciatore degli Stati Uniti mi ha comunicato la circolare del suo Governo relativa alla convocazione di una seconda conferenza per la pace. In questi giorni l'ambasciatore di Russia mi aveva ripetutamente dichiarato che il suo Governo riteneva proposta inopportuna e sperava che le Potenze europee avrebbero atteso, per aderire, la fine della guerra. Forse accompagnando una accettazione di massima con la riserva di ulteriore scambio di idee per il programma e per l'epoca della convocazione, si terrebbe un sufficiente conto della preoccupazione russa 1 . Ad ogni modo,

prima di pronunciarmi, desidererei conoscere accoglienza costì fatta alla proposta del presidente Roosevelt. Prego informarmi e telegrafarmi sollecitamente2•

715 1 Ed. con alcune varianti in LV 103. pp. 71-72. 2 Nota del documento: «gruppo errato». 716 1 Queste idee coincidevano con quelle di Lansdowne e dell'ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, comunicate da Pansa con T. 2262/119 del l O novembre, non pubblicato.

717

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE S.N. Berlino, 18 novembre 1904, ore 17, 12 (perv. ore 19).

Ricevuta sua lettera particolare del 14 corrente1 , ho conferito ieri a lungo con conte Biilow su argomento in essa trattato. Conte Biilow rende piena giustizia e loda politica moderatrice di V.E. e saggia fermezza presidente del Consiglio verso agitazioni irredentiste; biasima, per ciò, tanto più, attitudine Governo austro-ungarico, che non seppe prevenire fatti di Innsbruck e urta con la sua condotta, nella questione università italiana, sentimenti di cui dovrebbe, nel suo stesso interesse, tener conto. S.E. è disposta intrattenere di nuovo di ciò, privatamente, questo ambasciatore d'AustriaUngheria, che sta appunto per ritornare da Vienna, ma non crede poter fare colà passi ufficiali nel senso da noi desiderato. Questi passi, così apina il conte Biilow, potrebbero fare più male che bene e svegliare il sospetto (che il cancelliere dell'Impero vuole assolutamente non lasciar sorgere) che egli, occupandosi ora ufficialmente dei fatti di Innsbruck e dell'elemento italiano, voglia un giorno poi prendere partito per l'elemento pan-germanico, largamente rappresentato in Austria-Ungheria, per quanto in Germania conti pochi aderenti e abbia poca importanza. Conte Biilow apina, inoltre, che corsi «facoltà italiana» Innsbruck non saranno riaperti; ad impedire questo fatto, se anche il Governo austro-ungarico insistesse, penseranno gli stessi deputati tedeschi del Paese. Per quanto non mi persuade troppo il timore espresso dal conte Biilow, che finora non può certamente essere accusato di favorire il movimento pangermanico, non mi nascondo che consigli ufficiali, vengano pure da Berlino, su questioni di politica interna, sarebbero male accolti a Vienna. Questo è il vero motivo per cui il conte Biilow esita ad intervenire. Ma se, anche senza forma ufficiale, l'autorevole parere del conte Biilow sui fatti recenti, sulle misure da adottarsi per prevenire in avvenire il loro rinnovarsi, giungerà certamente a Vienna, per mezzo di questo mio collega austriaco, e io ne ho fiducia, non resterà senza frutto2 .

2 Sui fatti di lnnsbruck Monts riferiva a Btilow il 19 novembre (GP, vol. XX/l, n. 6423).

716 2 Sostanzialmente analoghe al parere di Tittoni le risposte dei Governi di Vienna, Parigi, Londra e di Berlino comunicate rispettivamente con T. 2300/226 del 17 novembre, T. 2305/88 del 18 novembre, T. 2308/121 del 18 novembre e T. 2329/156 del22 novembre, non pubblicati.

717 1 Cfr. n. 714.

718

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1407/531. Londra, 18 novembre 1904 (perv. il 24).

La Westminster Gazette di ieri sera pubblica sotto il titolo «Anglo-French relations» una conversazione che il suo corrispondente a Parigi avrebbe avuto col signor Deloncle. Come l'E.V. osserverà leggendo l'unito brano di quel giornale 1 , il signor Deloncle vorrebbe che la Francia e la Gran Bretagna s'intendessero ora anche circa le altre questioni interessanti i due Stati, riguardo in specie all'Abissinia ed al Siam e ciò nel senso che l'Inghilterra lasciasse mano libera alla Francia nel Siam, in compenso del che essa riconoscerebbe alla Gran Bretagna una analoga posizione in Etiopia. Dei diritti e degli interessi dell'Italia in questo ultimo Paese il signor Deloncle non fa menzione di sorta.

Questa pubblicazione non rappresenta naturalmente che un voto personale di quell'uomo politico o forse del gruppo coloniale cui egli appartiene. A questo titolo però credo doverlo segnalare a V.E., tenendo conto dell'influenza che, come ebbe più volte a menzionare il r. ambasciatore a Parigi, quel partito esercita sull'attuale Gabinetto della Repubblica.

Non credo che di ciò vi sia luogo ad allarmarsi per ora, mentre il Governo britannico è moralmente vincolato dall'accordo ormai quasi stabilito coll'Italia e mentre il Gabinetto francese ne attende la comunicazione per aprire i negoziati relativi alla sua adesione sulle basi a noi note.

Se una conclusione può trarsi dall'articolo di cui si tratta, questa mi sembra essere, però, la convenienza per noi di non troppo indugiare su una decisione circa i termini del nostro accordo coll'Inghilterra; giacché più si ritarda e più si lascerà adito al formarsi in Francia di correnti di opinioni del genere di quelle sovrasegnalate, che potrebbero poi creare imbarazzi. Il solo punto rimasto in dubbio circa quell'accordo consiste ormai in qualche abbiezione sollevata sulla dicitura dell'art. 4, che, come l'ho esposto nel mio rapporto del 21 ottobre n. 4902 , il marchese di Lansdowne non crede potere ulteriormente modificare. Voglia V.E. considerare se quelle obiezioni siano tali veramente da meritare che per esse abbia ancora a rinviarsi la nostra intesa col Governo britannico3 .

2 Cfr. n. 672.

3 Allegato il seguente appunto: «Rispondere per l'articolo 4 dell'accordo dopo aver parlato con Martini e Ciccodicola».

718 1 Non allegato.

719

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. S.N. Belgrado, 18 novembre 1904.

Nel mio passaggio per Vienna ho avuto due volte l'occasione d'incontrarmi col conte Goluchowski, il 13 corrente al Ministero degli esteri, l'indomani a pranzo da una mia zia. Egli fu meco estremamente amabile. Parlammo di molte cose. Tu lo conosci e sai quale sia il suo modo di conversare. Ama ascoltarsi e siccome sa di avere una conversazione piacevole, parla un po' di tutto, passando volentieri da un argomento all'altro. Evitò di parlare della Serbia. Vi fece soltanto allusione quando, con frase e pensiero per me molto amabili, esternando un poco di sorpresa perché io avessi accettato un posto come quello di Belgrado, aggiunse maliziosamente «tanto più che trattasi di un Paese che per voi ha poco interesse!». Mi sembra che a Vienna, per le questioni balcaniche, la parola d'ordine sia di mostrare che, in fondo, non hanno pel momento grande importanza e che, in ogni caso, riguardano soltanto Austria e Russia.

Il conte mi parlò dell'irredentismo, dicendomi che capiva benissimo che un radicale come lo Zanardelli, legato da lunga mano ai partiti sovversivi, avesse lasciato libero corso alle agitazioni irredentiste, ma che non si spiegava come il Prinetti, malgrado le sue origini conservatrici, avesse fatto altrettanto, anzi peggio. Si mostrò però ora pienamente fiducioso, par quanto riguarda i rapporti dell'Italia coll'Austria e in generale colla Triplice, tanto di Giolitti come di te, del quale fece i più grandi elogi.

A proposito della nostre elezioni politiche per le quali egli ti aveva telegrafato rallegrandosi e de li'intervento di molti clericali alle urne, parlò delle migliorate relazioni fra il Governo italiano e il Vaticano, compiacendosi che il Gabinetto di Vienna avesse indirettamente contribuito a questo risultato, favorendo la scelta di un papa le cui cure non sono rivolte alla politica e alle cose terrene, ma alla religione e al regno delle anime.

Sorvolando sulla guerra dell'Estremo Oriente, espresse il pensiero che un completo trionfo dei giapponesi costerebbe nell'avvenire ben caro alle Nazioni europee.

Il conte Goluchowski mi parve molto preoccupato delle condizioni interne della Monarchia ove la lotta aspra e infeconda fra i vari gruppi etnici paralizza l'azione del Governo. Questo sentimento di scoraggiamento è molto diffuso a Vienna fra tutti coloro (ma non sono molti) che si occupano di politica. l cinque anni di Governo del Koerber non hanno fatto fare un passo verso la pacificazione degli animi e hanno invece dimostrato quali invincibili ostacoli si oppongono a raggiungere almeno un modus vivendi tollerabile. In questo momento i più malcontenti sono i tedeschi e, a giudicare dalle apparenze, i giorni del Ministero Koerber sembrano contati.

720

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2314/73. Pietroburgo, 19 novembre 1904, ore 15.

Mercoledì I 6, prendendo occasione del solito ricevimento ebdomadario, intrattenni il conte Lamsdorff sulle nostre proposte del trattato di commercio, giusta telegramma di V.E. n. 1844 1 giunto il giorno precedente. Inviai la nota solo ieri, avendo dovuto aspettare ripetizione piccola parte detto telegramma ed accompagnai la nota con lettera particolare al conte Lamsdorff per appoggiare quanto gli avevo detto a viva voce e quanto ufficialmente gli comunicavo. Non potrei pronunziarmi sull'accoglienza che sarà fatta alle nostre proposte, che saranno esaminate all'infuori del Ministero degli affari esteri; mi propongo di vedere al più presto possibile il signor Witte per appoggiare nostre proposte e non mancherò di far notare il beneficio esclusivo della Russia di cui è cenno nel telegramma di V.E. n. 18682 .

721

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1878. Roma, 19 novembre 1904, ore 19,45.

È oggi venuto da me questo ambasciatore di Turchia per parlarmi della progettata istituzione uffici postali Valona e Salonicco 1 . Ho confermato nostra decisa intenzione, giustificata specialmente dalla necessità di meglio garantire sicurezza nostro servizio postale. L'ambasciatore alla sua volta ha vivamente insistito, invocando cordiali rapporti fra i due Stati, necessità non indebolire autorità Porta con nuovi attentati sua sovranità territoriale.

Per dimostrare mio buon volere ho consentito che si dichiari Porta che noi istituiremo due uffici postali a titolo di esperimento per un periodo di cinque anni, purché a tale condizione Porta dichiari di non opporsi in nessun modo.

Voglia quindi V.E. fare analoga dichiarazione verbale motivandola specialmente col desiderio nostro di evitare al sultano cosa che, a quanto ci viene detto, gli riuscirebbe personalmente spiacevole e senza che ciò pregiudichi il diritto che ci compete a titolo trattamento Nazione più favorita2 .

720 1 Cfr. n. 71 I. 2 Con T. 1868 del 18 novembre, non pubblicato, Tittoni dava istruzioni di far notare che la riduzione del dazio restringendosi ai grani duri avrebbe portato beneficio esclusivo solo alla Russia. 721 1 Sulla questione cfr. nn. 709 e 712. 2 Per la risposta cfr. n. 728.

722

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO, VIENNA E WASHINGTON

T. 1875. Roma, 19 novembre 1904, ore 22.

Alla nota dell'ambasciatore degli Stati Uniti 1 con la quale mi comunicava la circolare relativa ad una nuova conferenza per la pace, ho risposto oggi con una nota di cui trascrivo qui la parte sostanziale per sua notizia e norma di linguaggio: «La circolare del signor Hay riconosce che la materia da trattarsi nella divisata conferenza debba formare oggetto di un ulteriore scambio di idee fra gli Stati chiamati ad intervenirvi. In occasione di tale scambio le Potenze avranno naturalmente ad accordarsi anche sull'epoca in cui la conferenza dovrà essere convocata. Riservati questi due punti rispetto ai quali stimiamo non potervi essere divergenza, il Governo del re si affretta ad aderire col maggiore compiacimento alla nobile iniziativa del presidente Roosevelt, lieto di contribuire, ancora una volta, ad opera di pace e di civiltà».

723

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA 1

T. 1880. Roma, 19 novembre 1904, ore 24.

Ricevuto rapporto 9 corrente n. 5202 .

Pestalozza telegrafa3 Swayne, molto favorevole pacificazione, propone al Foreign Office accordare al Mullah uso pozzi pascoli Uadi Nogal, in determinati limiti, sconsiglia deposito ostaggi denaro crede preferibile affidare a commissione mista delegati tribù Mullah e tribù protettorato britannico ricambio matrimoni e norme passaggio carovane scambio traffici. Pestalozza condivide opinione e, desiderando partire per costa Somali il 23 corrente per conferire con Migiurtini prima incontro Mullah, sollecita istruzioni.

Per poter dare con sicura coscienza queste istruzioni è necessario che il R. Governo sia messo in grado di guarentire trattamento al Mullah [con] l'osservanza delle condizioni che questi domanda all'Inghilterra.

Noi trattiamo col Mullah non come intermediari dell'Inghilterra, ma direttamente, seppure per conto e nell'interesse suo e però per potere noi rispondere della osservanza dei patti che stiamo per assumere in suo nome è necessario che codesto Governo si dichiari disposto a darcene assicurazioni scritte relativamente a tutti i punti cui si riferiscono le domande del Mullah, il quale dovendo diventare un nostro

2 Cfr. n. 704.

3 Cfr. n. 715.

protetto, reclamerà da noi l'osservanza di quei patti da parte dell'Inghilterra e delle tribù che ne dipendono. Questi punti riguardano la pacificazione generale, la libertà di commercio e di religione, e la questione dei pascoli. Siccome poi è probabile che, nonostante i patti, possano sorgere nell'avvenire fra i due protettorati finittimi contestazioni delle quali noi non possiamo a meno di seriamente preoccuparci fin d'ora per la responsabilità che stiamo per assumere dinnanzi al Mullah, è necessario preordinare il modo perché tali contestazioni possano facilmente risolversi. A tale uopo noi intendiamo di proporre al Mullah, qualora dal canto suo l'Inghilterra ci dichiari di consentirvi, che qualsiasi contestazione sorgesse tra i due protettorati finittimi, sia portata innanzi ad una commissione composta da delegati delle due parti e da una terza persona nominata dall'Italia.

Delle assicurazioni e delle guarentigie che ci darà l'Inghilterra è conveniente consti in uno scambio di note tra I'E.V. ed il marchese Lansdowne.

Prego pertanto l'E.V. di volere subito vedere Sua Signoria e concordare con lui ogni cosa in modo che un suo telegramma ci metta in grado di dare istruzioni chiare e precise al cavalier Pestalozza prima del 23 corrente.

722 1 Cfr. n. 716.

723 1 Ed. con alcune varianti in LV 103, p. 75.

724

IL REGGENTE L'AGENZIA E IL CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, ARRIVABENE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 697/239. Il Cairo, 19 novembre 1904 (perv. il 25).

Secondo notizie fomite al dragomanno indigeno di questa r. agenzia da notabili marocchini qui dimoranti nonché da uno di essi giunto recentemente da Fez, risulterebbe che i francesi cercano d'indurre il sultano del Marocco Abd-el-Aziz pur'egli discendente del profeta ad accettare il califfato musulmano in contrapposizione a quello del sultano di Turchia.

Com'è risaputo i marocchini non riconoscono al sultano Abdul-Hamid la qualità di califfo ed i francesi vorrebbero quindi servirsi di tale loro animosità per convincere il sultano del Marocco ad accettare la protezione francese promettendogli in compenso di adoperarsi nel mondo musulmano per farlo riconoscere califfo e di fondargli un vasto Impero nei popoli musulmani de li'Africa Orientale.

Il sultano del Marocco ha inviato allo sceicco Abd-el-Ramnan-Eleisch duemila talleri in dono, muschio, ambra e una mula con sella d'oro e per mezzo suo nonché del Senussi di Cufra potrebbe questa r. agenzia informarsi direttamente sull'azione non palese che la Francia spiegherebbe in Marocco.

Ho creduto opportuno segnalare tali informazioni all'E.V. perché un'azione francese in tal senso non mancherebbe di farsi sentire anche in Tripolitania1•

724 1 Il contenuto di questo rapporto fu comunicato a Tangeri con D. confidenziale 57354/78 del lo dicembre, con istruzioni di verificame l'esattezza. Malmusi rispose con il n. 780.

725

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1423/534. Londra, 20 novembre 1904 (perv. il 28).

Ricevo il telegramma 1 che V.E. mi ha fatto l'onore di indirizzarmi per sollecitare la conclusione delle trattative concernenti il Benadir e Kisimajo, in vista della necessità di preparare i relativi progetti da presentarsi al nostro Parlamento.

Mi trovo infatti in debito di risposta all'ultimo dispaccio che il R. Ministero mi inviò in proposito in data del 27 settembre u.s. n. 4242 e che mi pervenne al mio ritorno in Londra sul principio dello scorso mese. Ho indugiato a rispondervi perché avrei preferito poter prima terminare, come lo sperava, l'altra convenzione relativa all'Etiopia. Sopravvennero poi le gravi complicazioni politiche di queste ultime settimane che distolsero il marchese di Lansdowne da ogni altro affare; ed anche l'assenza del capo ufficio dei protettorati, tornato solo da pochi giorni di licenza, mi impedì finora d'intrattenere privatamente il Foreign Office delle nostre nuove proposte, come lo avrei ritenuto opportuno prima di fame oggetto di una comunicazione formale a questo Governo.

lnvero, il numero degli emendamenti suggeriti dal citato dispaccio ministeriale e la natura di taluni di essi riescono nel loro complesso ad alterare in modo così sensibile il progetto qui per ultimo accettato, da farmi molto dubitare della loro riuscita. Mi farò a trattarne partitamente nell'ordine seguito dal dispaccio stesso.

Giurisdizione consolare a Zanzibar. La rinuncia a codesto diritto, il quale non credo abbia per l'Italia alcun valore positivo, è in sostanza l'unico compenso da noi offerto nelle attuali trattative all'Inghilterra: se dato senza riserve, esso avrebbe per questa il pregio di giovare ad una più pronta riuscita delle sue pratiche col Portogallo e gli Stati Uniti, le sole due Potenze che ancora mantengono intero quel diritto di giurisdizione. La Francia infatti vi ha recentemente rinunciato e la Germania è già impegnata a fare altrettanto, tosto che, oltre a noi, gli Stati predetti vi avranno consentito. La proposta di V.E. equivarrebbe a farci assumere una posizione analoga a quella della Germania, significando che l'Italia intende essere l'ultima a rinunciare, ciò anzi avrebbe per effetto di rinviare a tempo indeterminato la soluzione qui desiderata, in quanto che la Germania potrà sempre attendere l'esempio dell'Italia e l'Italia quello della Germania. Non giungo fino a dire che una nostra simile offerta produrrebbe impressione come di un atto malevolo, ma certo essa perderebbe ogni sembianza di quella buona grazia che debbo ritenere sia intenzione dell'E.V. di mantenere. Il progetto inglese dell'agosto fissava al 15 settembre successivo la data della rinuncia alla giurisdizione; ora che quella data è trascorsa, si potrebbe forse stabilire un'altra calcolata in modo da farla cadere dopo la probabile approvazione di questi accordi per parte del nostro Parlamento. Ma più si porrà vicina la scadenza, e più si farà cosa grata a questo Governo.

2 D. 47013/424, non pubblicato.

Trattamento della Nazione più favorita. Questa condizione, che fu posta dal Governo britannico a tutela dei sudditi proprii e del sultano in territorio benadiriano, si riferisce nel progetto inglese propriamente al commercio ed alla navigazione; il che rilevo per osservare che, a rigore, essa non tocca allo stabilimento di quei sudditi esteri, in materia alla quale più specialmente si applicano le restrizioni adottate in alcuni Paesi verso le genti di colore. Vi è d'altra parte a notare che la cessione territoriale di cui si tratta deve esserci fatta direttamente dal sultano di Zanzibar ed il Governo britannico potrebbe trovare qualche difficoltà a raccomandargli un accordo mediante il quale egli stesso dovrebbe in certo qual modo sottoporre i proprii sudditi attuali ad una condizione di inferiorità. Mi riservo tuttavia di far qui presenti le considerazioni da V.E. esposte al riguardo e vedrò se vi fosse maniera di ottenere una qualche riserva nel senso desiderato.

Concessione a Kisimajo. Art. I. L'ubicazione del terreno fu specificata in questo articolo, sulla fede della descrizione fattane dal capitano Coke il quale, per avere a lungo frequentato quella località, la conosce esattamente. Per soddisfare il desiderio di V.E., cercherò tuttavia di far accettare una dicitura nel senso indicatomi, per modo da non escludere la contiguità fra lo sbarcatoio e il resto della concessione, nel caso che i delegati sul luogo non la riconoscessero impraticabile. Osservo però che nel nuovo articolo proposto si è fatto scomparire la determinazione dell'area, che nell'ultimo progetto era limitata a non più di due ettari. Riferendomi alle dichiarazioni del marchese di Lansdowne da me a suo tempo comunicate, ed a ciò che a tale riguardo mi risulta delle disposizioni di queste autorità, credo dover avvertire fin d'ora che quella limitazione sarà inevitabile3 .

Art. V Il proposto emendamento tendente a rinviare rispettivamente a 33 ed a 66 anni l'eventualità di una spesa di 5 o IO mila sterline nella nuova concessione temo si presti ad una interpretazione non troppo lusinghiera dal punto di vista dello sviluppo che se ne attende; non mancherò tuttavia di presentarlo e credo che potrò farlo accettare.

Art. VII. Per questo articolo si chiede di ritornare alla dicitura secondo la quale per l'eventuale passaggio di truppe italiane sul territorio dellease debba bastare un semplice preavviso alle autorità britanniche, senza bisogno del consenso di queste. Anche su codesto punto debbo ricordare le dichiarazioni fattemi da lord Lansdowne; il quale quando (nell'agosto) obiettai a quella modificazione introdotta nella precedente memoria del 16 giugno, tosto si appellò alle riserve sin d'allora formulate circa il carattere preparatorio di quel documento, significando che il Governo britannico non poteva rinunciare alla condizione così espressa. Ciò egli mi confermò in una lettera nella quale diceva: «W e could scarcely accept an arrangement under which foreign troops would be sent through our territory at any moment, whether we liked it or not». In un lungo periodo di anni, nessuno può prevedere che il Governo italiano non si trovi nel caso di decretare una spedizione in momento o circostanze nelle quali essa forse recherebbe imbarazzi o pericoli al Protettorato, e non vi è Stato, mi osservava4 Sua Signoria, che possa consentire a cedere senza riserve un simile diritto ad una Potenza straniera.

4 Annotazione a margine di Tittoni: «Si fa appunto per questi motivi altrimenti non avremo bisogno di stabilirlo: anche senza accordo non ci sarebbe mai proibito di passare se si chiede passo preventivamente».

Art. VIII. Domanderò la modificazione da V.E. desiderata, affinché un qualche sistema di drawback si sostituisca all'effettivo pagamento dei dazi doganali sulle merci sbarcate nellease in transito verso il territorio italiano.

Art. IX. Le conversazioni da me già avute al Foreign Office circa codesto articolo mi fanno ritenere come assai difficile la sua rinunzia alla condizione che il territorio dellease ed i suoi residenti rimangano soggetti alle leggi del Protettorato britannico.

Questo punto si connette a quello di cui ho più sopra trattato circa il passaggio delle truppe, essendo entrambi subordinati alla questione del carattere che al lease di Kisimajo s'intende attribuire dal Governo inglese e da noi. Il Governo inglese intende farci con esso una concessione graziosa, a scopo essenzialmente commerciale e che costituisce con qualche estensione una agevolezza per il nostro effettivo godimento dei diritti a noi virtualmente acquisiti mercè gli anteriori accordi relativi a quel porto. Oltre a trattarsi di una concessione del terreno a titolo gratuito e per un termine praticamente indefinito, è da notarsi che senza di essa, né il protocollo del 1891 né l'accordo provvisorio del 1898 non ci darebbero diritto di occupare un terreno appartenente al Governo britannico, ove questo non consentisse a cederlo. Ma come ebbi fin dal principio a riferirlo, questo Governo non intende che ciò implichi una qualunque cessione di diritti politici territoriali, il che gli imporrebbe forse la necessità di attenervi l'approvazione parlamentare e, se non altro, gli procurerebbe critiche ed opposizioni che esso non è disposto ad affrontare. Fu appunto con queste vedute che il Foreign Office si studiò di mantenere alla offerta concessione tutti i caratteri esteriori di un lease, nella forma comunemente adottata per simili contratti in Inghilterra. Se, come ne fa dubitare l 'insistenza di V.E., nello esigere il diritto assoluto di usare a nostro beneplacito quel territorio per usi militari e di proclamarvi le leggi italiane, il R. Governo avesse a tale riguardo intenzioni diverse, meglio vale dissipare fin d'ora un equivoco che potrebbe condurre a spiacevoli conseguenze5 .

Considerando da un punto di vista generale i due accordi dei quali tratta il presente rapporto, Benadir-Zanzibar e Kisimajo, noto che essi sono non soltanto fra essi distinti, ma di merito diverso.

Dato che, per molteplici ragioni sulle quali non mi occorre entrare, convenga all'Italia di conservare i suoi possedimenti del Benadir, mi sembra che il riscatto di quei porti presenti un certo vantaggio, dovendone risultare il consolidamento e la semplificazione della nostra posizione e la necessaria libertà d'azione del R. Governo per qualunque misura esso credesse adottare in vista del loro futuro sviluppo. Ciò posto, il prezzo di quel riscatto non è certamente eccessivo; se così vasti territori non valessero assai più di tre e mezzo milioni di lire, non vi sarebbe ad esitare un istante a farne totale abbandono. Né credo che l'assistenza prestataci dal Governo britannico per la conclusione di quell'affare possa considerarsi come troppo caramente compensata colla nostra rinuncia alla giurisdizione consolare in Zanzibar, priva per noi di ogni effettivo valore.

Quanto al lease di Kisimajo, esso ha il vantaggio di essere gratuito e non è da escludersi che possa riuscire di qualche utilità per le nostre comunicazioni col Giuba. Ma ciò non potrà attenersi se non dopo di avervi dedicate spese considerevoli e se

-per motivi finanziari od altri -il R. Governo non si risolvesse ad intraprenderle, vi è luogo a dubitare se meglio non converrebbe conservare la situazione presente, mercè la quale già abbiamo il diritto di approfittare, a parità degli inglesi e senza alcun costo, delle facilità di approdo e di transito che può offrire quel porto. Da vari indizi mi è parso rilevare che le autorità coloniali britanniche non vedono di troppo buon occhio la cessione di cui si tratta, e ciò si comprende-all'infùori di ogni sfavorevole prevenzione -per la semplice considerazione che quel porto con le sue ristrette dipendenze offre già assai poco spazio al traffico, e l'incastrarvi una concessione straniera non potrà non recare qualche imbarazzo. Codeste opposizioni furono superate dal desiderio di lord Lansdowne di far cosa grata all'Italia; esse spiegano però la necessità in cui egli si è trovato di stabilire certe limitazioni nel senso sopratutto di dare alla concessione il carattere di un vero e proprio lease per scopi commerciali, questa essendo stata, del resto, la ragione principale da noi stessi addotta a favore della nostra domanda. Ora mi sembra -salvo errore -scorgere nell'ultima comunicazione del R. Ministero l'indizio di una certa qual esitazione riguardo a ciò che potrà farsi di quella località a uso commerciale, mentre essa accenna piuttosto a considerarla dal punto di vista del suo valore politico-militare. Se ciò fosse, è mio dovere avvertire che l'equivoco al quale ho più sopra fatto allusione potrebbe dar luogo in un prossimo avvenire a non desiderabili attriti, e ciò tanto più tenendo conto delle condizioni speciali di quei Paesi che, come è noto, purtroppo favoriscono i malumori, talvolta anche personali, tra coloro che sono obbligati a risiedervi.

Mentre mi permetto di rassegnare queste considerazioni all'alto giudizio deiI'E.V., attenderò di ricevere le sue definitive istruzioni circa i diversi punti sovra esposti per norma dei negoziati da condursi a loro riguardo.

725 1 T. 1879 dell9 novembre, che non si pubblica.

725 3 Annotazione a margine, probabilmente di Tittoni: «Vedere fin dove si può arrivare».

725 5 Annotazione a margine di Tittoni: «Bisogna intendersi: non possiamo ammettere che i nostri funzionari siano sottoposti alla legge britannica».

726

IL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO S.N. Lisbona, 20 novembre 1904.

Ieri sera apparve nel Correu da Noite, giornale non direi officioso perché il Governo lo negherebbe ed il direttore urlerebbe come se gli avessero calpestato un piede, anche qui la stampa soffre della mania del giornalismo in genere di voler parere indipendente e di non ricevere mai l'imbeccata dai Governi, ma certo il Correu da Noite ha attinenza nei Ministeri, apparve dico il seguente trafiletto: «Infante Dom Affonso. Sua Alteza partirà para Paris no Sud-express de quarta feira, seguindo d'allì para Roma, a fin de representar Sua Magestade El Rei seu augusto irmào, na cerimonia do baptisado de Sua Alteza o Principe Rea! de Italia. O Senhor Infante Dom Affonso è acompanhado por dois ajudantes e por tres creados particulares».

Quantunque possa essere semplicemente una inesattezza del giornale tuttavia leggendo quella notizia, riprodotta su altri giornali, mi è venuto il sospetto che si voglia dare all'intervento dell'infante Don Alfonso nella cerimonia del battesimo di

S.A.R. -il principe ereditario un carattere che, a parer mio, esso non ha, e che forse al R. -Governo non piacerebbe si credesse avere, e perciò credo mio dovere informarne

V.E. telegraficamente, per darle il tempo di correggere, se ne sarà il caso, l'errore, se errore vi è. L'infante parte già fra tre giorni per Parigi e di là per Roma. Da quanto mi consta S.M. il Re Nostro Augusto Sovrano non ha invitato il re Don Carlo, ma soltanto la regina madre e l'infante; la mancanza d'invito toglie al re Don Carlo la facoltà di farsi rappresentare. Non so però se a mia insaputa, o direttamente fra le due Corti o per mezzo del ministro di Portogallo a Roma, si sia convenuto che il re Don Carlo possa farsi rappresentare in tale fausto avvenimento da suo fratello, nel dubbio e per norma del mio linguaggio chiedo col mio telegramma odierno istruzioni.

L'incaricato d'affari di Francia mi domanda se è vero che l'infante va a Roma per rappresentare il re e giustifica la sua domanda colla necessità in cui si trova d'informarne il Governo della Repubblica per le onoranze [ ... ]1 all'infante al suo passaggio in Francia se egli rappresentasse il re. Gli rispondo che per quanto io sappia l'infante va a Roma per conto proprio, invitato dal Nostro Sovrano, e non come rappresentante del re suo fratello.

Nel mio telegramma mi riferisco al mio rapporto riservato del 31 ottobre ultimo scorso2 in cui io accennavo all'intenzione della rappresentanza del re Don Carlo ed all'altro mio rapporto del 12 novembre n. 357/1383 in cui comunicavo l'itinerario del viaggio dell'infante.

Dal Governo portoghese io non ebbi nessun avviso della partenza del principe Alfonso4 .

727

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2324/124. Londra, 21 novembre 1904, ore 7,18.

Marchese Lansdowne ha ricevuto dal generale Swayne comunicazione analoga al contenuto del telegramma di V.E. n. 18801 dalla quale è confermato perfetto accordo con Pestalozza. Sua Signoria approva in massima tutte le proposte fra essi concordate e telegrafa questa sera in tal senso al generale. Avendo però notato che tra i pascoli da questi indicati come chiesti dal Mullah ve ne sarebbero stati qualcuno appartenenti forse agli Ogaden, mi fu osservato, ad ogni buon fine, che gli impegni assunti dal Governo britannico potrebbero beninteso applicarsi soltanto ai territori del suo protettorato. Siamo rimasti intesi che quando saranno pervenute le proposte combinate da Pestalozza col Mullah io ne darò comunicazione scritta al marchese Lansdowne il quale mi risponderà in conseguenza. Quanto alle possibili contestazioni

2 Cfr. n. 689.

3 Non pubblicato.

4 Per la risposta cfr. n. 7 41.

future Lansdowne trova opportunissima idea di V.E. di ottenere possibilmente dalle tribù impegni da discuterne pacificamente mediante riunioni di delegati sotto gli auspici di un funzionario italiano ed ha aggiunto che quando si trattasse di indigeni dipendenti dal protettorato britannico quelle autorità potrebbero anche essere autorizzate a farli accompagnare da un proprio agente2 .

726 1 Parola illeggibile.

727 1 Cfr. n. 723.

728

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2320/195. Pera, 21 novembre 1904, ore 7,25.

Ho fatto oggi gran visir, ministro affari esteri, comunicazione prescrittami telegramma 1878 1• Sviluppato argomento opportunamente enunciato da V.E. ho aggiunto, a titolo mio personale amichevole, avvertimento che decisione Governo di Sua Maestà essendo irrevocabile, valeva meglio che Sublime Porta apprezzando disposizioni concilianti V.E. non sollevasse nuove difficoltà destinate ad aver infallibile negativo risultato. Gran visir ha replicato dover egli sottomettere affare Consiglio dei ministri provocandone necessaria [ ...]2. Qual che essa possa essere, a me parrebbe preferibile astenerci dall'entrare in ulteriori discussioni. Se pertanto, passato un termine, ma non lungo, risposta Sublime Porta fosse negativa od anche soltanto dilatoria, converrebbe dichiarare che uffici postali Valona e Salonicco saranno senz'altro aperti ad una data indicata.

729

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 1501/582. Costantinopoli, 21 novembre 1904 (perv. il 10 dicembre).

Il reggente la delegazione apostolica, venuto a vedermi giorni fa, mi disse essere stato incaricato dal cardinale segretario di Stato di chiedermi qualche informazione circa la notizia pubblicata da un giornale cattolico di Milano, relativamente ad un firmano imperiale, col quale venne riconosciuto al r. consolato in Gerusalemme il diritto di farsi rappresentare dal dragomanno all'interrogatorio dei francescani italiani, in seguito all'aggressione di cui quei frati furono vittime da parte dei greci. (Vedi rapporto del marchese Malaspina del IO maggio 1902, n. 481/109) 1•

728 1 Cfr. n. 721. 2 Nota del documento: «Gruppo errato forse "decisione"». 729 1 Non pubblicato nel vol. VI della serie lll.

Trattandosi di un affare che non presentava carattere segreto, non credetti di rifiutarmi ad accondiscendere al desiderio manifestatomi da monsignor Borgomanero. Gli fornii pertanto le chiestemi indicazioni, non senza fargli tuttavolta osservare che gli ordini impartiti al governatore generale di Gerusalemme avevano formato oggetto non già di un firmano, ma di un iradè imperiale.

Monsignore mi chiese poscia se io potevo dargli copia del documento precitato che egli desiderava spedire al cardinale Merry del Val. Risposi esprimendo il mio rincrescimento per non poterlo accontentare, in omaggio al regolamento che vieta di rilasciare copia di documenti senza il permesso del R. Ministero. Aggiunsi, però, che, forse, a Sua Eminenza non sarebbe mancato il modo di farmi pervenire da V.E. tale ordine, al quale avrei eventualmente obbedito col massimo piacere.

La conversazione essendo naturalmente caduta sul tema del protettorato francese sui cattolici in Oriente, mi parve di intravedere, a traverso le reticenze e le mezze parole del cauto e circospetto prelato, che l'importante questione forma attualmente l'oggetto di accurati studi da parte della segreteria di Stato pontificia. Sembra che al Vaticano si preoccupino seriamente delle difficoltà e degli imbarazzi in cui la Santa Sede potrebbe trovarsi, qualora venisse tolta alla Francia la protezione dei cattolici. Difatti, se semplice sembra la soluzione della questione del protettorato sui cattolici sudditi esteri, il quale potrebbe venire affidato definitivamente ai rappresentanti delle rispettive Potenze, tutt'altro che facile ed agevole si presenta quella della protezione dei cattolici sudditi del sultano.

L'istituzione di una nunziatura o legazione apostolica a Costantinopoli contribuirebbe solo in parte a risolvere l'arduo problema, giacché è evidente che al rappresentante pontificio farebbe sempre difetto il mezzo di esplicare efficacemente la protezione, mancando egli di quei mezzi coercitivi che costituiscono nelle controversie con la Sublime Porta l'argomento sine qua non.

Per quanto concerne più specialmente la protezione dei religiosi italiani, monsignor Borgomanero lamentava che essa sia oramai ridotta quasi a nulla da parte delle autorità francesi, che la vogliono conservare in apparenza, per motivi unicamente politici, mentre in realtà spiegano la loro attività protettiva a vantaggio unico degli istituti e delle congregazioni francesi che negli ultimi anni si son venute moltiplicando.

Le allusioni, le speranze timidamente espresse, le mal celate aspirazioni formulate da monsignor Borgomanero che, forse per convincimento, forse anche per ragionevole prudenza, conserva i migliori rapporti con l'ambasciatore di Francia, verso il quale si mostra più che ossequioso, potendo forse mascherare il recondito fine di indagare le vedute e le intenzioni del Governo del re e mie sul delicato argomento, credetti opportuno di assumere un contegno prudente e riservato. Conformando pertanto il mio linguaggio alla linea di condotta che mi sono tracciata fin dal mio giungere qui e che ha avuto la ventura di essere approvata dall'E.V. replicai, senza volere addentrarmi a discutere la questione in generale, molto complessa e di non agevole soluzione, che il mio compito era per niente difficile, in quanto esso si restringeva ad assicurare la più larga e la più ampia protezione a tutti indistintamente quei sudditi del re che vengono a sollecitarla. Con questa mia categorica dichiarazione ebbe termine il già lungo colloquio.

Se, come ho già accennato dianzi, la Santa Sede si è occupata e si occupa della questione, non meno, a quanto pare, se ne è occupato il presidente del Consiglio in Francia. Infatti, da informazioni confidenziali, datemi da un alto prelato ortodosso, amico dell'Italia, ho saputo che, due mesi fà, venne qui un giornalista francese, incaricato di una missione segreta, affidatagli personalmente dal signor Combes. Scopo di tale missione era di studiare ed esaminare sopra luogo tutti i lati della questione del protettorato francese sui cattolici, per poter mettere il presidente del Consiglio in grado di giudicare se, allo stato attuale delle cose, sarebbe meglio per gli interessi della Repubblica conservare il protettorato, ovvero rinunziarvi una buona volta. Secondo mi ha assicurato l'amico prelato, che ha più volte conferito col giornalista francese, il rapporto che quest'ultimo si proponeva di sottomettere al signor Combes, concludeva in favore dell'abbandono.

727 2 Per il seguito cfr. n. 731.

730

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1826/883. Vienna, 21 novembre 1904 (perv. il 25).

Gli studenti italiani dell'Università di Vienna reduci da Innsbruck hanno ricevuto l'ordine da questo rettore di non rimettere il piede nell'Università e furono, in pari tempo, informati che sarà proceduto in via disciplinare contro di essi per la loro condotta nei recenti avvenimenti.

Gli studenti italiani di Vienna hanno, dal canto loro, rimesso a questo Senato accademico un «memorandum» nel quale lamentano le incessanti minaccie di cui sono oggetto da parte degli studenti tedeschi e chiedono la protezione delle autorità accademiche; essi hanno deciso, inoltre, di porsi d'accordo con gli studenti di nazionalità non tedesca in vista di una comune azione di difesa e di mandare frattanto un indirizzo di ringraziamento ai colleghi d'Italia per le testimonianze di simpatia loro date in questi ultimi tempi.

731

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1892. Roma, 22 novembre 1904, ore 20.

Ricevuto suo telegramma 21 corrente 1•

Dovendo io impartire chiare istruzioni a Pestalozza per accordo con Mullah circa tutti i punti pei quali dobbiamo obbligarci per l 'Inghilterra, ho bisogno, per uno di essi, di qualche spiegazione che mi metta in grado concertarne pienamente termini. Desidero, cioè, conoscere se codesto Governo accetta senz'altro nostra proposta di

deferire soluzione qualsiasi contestazione che sorgesse tra tribù Mullah e tribù protettorato britannico ad una commissione mista di rappresentanti delle due parti presieduta da un funzionario italiano. Ho fatto ritardare di un giorno la partenza di Pestalozza per Illig. Occorre pertanto la risposta di codesto Governo entro domani2 .

731 1 Cfr. n. 727.

732

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2432/181. Innsbruck, 22 novembre 1904.

Nell'ultimo rapporto che ebbi l'onore di indirizzare all'E.V. sugli avvenimenti locali (n. 2341/174 dellO corrente)!, ho accennato alle tristi conseguenze economiche che questi stavano esercitando anche in molte famiglie della nostra colonia. Devo oggi confermare l'informazione. La guerra a oltranza predicata contro <d'italiano» ha positivamente danneggiato diversi nostri esercenti ed impiegati, pur non raggiungendo gli estremi rovinosi risultati che molti con cieco fanatismo si auguravano immancabili e rapidi.

Preoccupati della situazione loro fatta dai continui e svariati proclami con cui, da fonte interessata, si inculca a tutti i buoni tedeschi di fornirsi solo da ditte nazionali, alcuni piccoli commercianti del Regno, qui stabiliti da anni, si sono rivolti a me, a voce e per iscritto, perché possibilmente mi adoperassi a far cessare l'iniqua campagna.

Non ho mancato di far comprendere a chi in tal modo richiedeva la mia assistenza, l'immensa difficoltà della cosa, tanto immensa che lo stesso Governo austriaco non credeva d'intervenire a tutela di tante centinaia di suoi sudditi, che, ancor più dei nostri, soffrivano di quella propaganda, e lasciava a supreme leggi economiche ed al ritorno del buon senso la sconfitta, in un'epoca più o meno prossima, del boicottaggio ora bandito con tanta ostentazione.

Nondimeno, presentatasene l'occasione, ho intrattenuto la luogotenenza delle recriminazioni che con forma ingenua, ma con commovente sincerità mi erano pervenute.

Come prevedevo, le autorità hanno in tal questione assunto un contegno passivo al punto di non volere nemmeno procedere, coll'energia mostrata in altri luoghi ed in altre occasioni, contro società sportive ed artistiche che, esorbitando completamente dalla sfera d'attività sociale, si erano fatte iniziatrici e collaboratrici della campagna a cui sopra alludevo. La parola d'ordine, che ho inteso in luogotenenza, è «di non mettere olio sul fuoco», e di lasciare la tempesta svanire naturalmente. Né i connazionali vittime delle mene dei tedeschi nazionalisti o pangermanici posson troppo contare su di un'azione, in loro pro, dei partiti locali, che da principio più si erano mostrati loro favorevoli: non sui cattolici paralizzati ora dalle minaccie di una vigorosa ripresa della lotta per il «Los von Rom», non sui socialisti che si sono limitati, anche in un

732 1 Cfr. n. 706.

recente congresso, a voti p !atonici sull'affratellamento umano ed a proteste contro l'opera ministeriale nella questione universitaria.

D'altra parte gli attacchi di molti giornali irredentisti ed italiani, a base di rettorica, di volgari ingiurie e di notizie false non fanno che acuire maggiormente lo spirito di persecuzione e ridondano a tutto danno delle persone che si vorrebbero difendere.

Però, malgrado il momento di aberrazione generale, non è sfuggito a molti che la lamentata campagna potrebbe ritorcersi contro la città stessa la quale ritrae tanta parte della sua floridezza economica dal concorso di forestieri e di turisti d'ogni Paese, non escluso il nostro. Ed il pericolo d'una seria propaganda intesa a dimostrare che altre località sono assai preferibili per cura e per soggiorno climatico ad Innsbruck ed al Tirolo, ha già cominciato, a quanto mi consta, ad impensierire più d'un cittadino maggiormente sollecito di interessi materiali che non di puntigli nazionali. Sarebbe augurabile che tali preoccupazioni non mancassero di base perché allora vedremmo a poco a poco modificarsi l'attuale atteggiamento.

Confermo pure, per le informazioni quotidianamente assunte, che per contro i nostri operai non hanno risentito degli avvenimenti e la notizia, che ho visto riprodotta anche in giornali del Regno, di licenziamenti in massa non ha fortunatamente fondamento. Vero è che, come al solito, in questa stagione la maggioranza dei braccianti qui venuti a primavera dalle provincie venete se ne ritorna in patria, e forse qualche compagnia avrà quest'anno prudentemente anticipato il rimpatrio. Vero è pure che, come di consueto, i manovali italiani vengono ora sostituiti in certi cantieri da muratori e minatori tedeschi i quali, pur di non restare in ozio, si adattano durante l'inverno a mestieri più bassi.

A favore dei lavoratori che si dicevano brutalmente congedati, la direzione della Società Ginnastica di Como, a nome di altri sodalizi patriottici di quella città, ha fatto tenere al direttore Lorenzoni, professore d'economia politica alla facoltà italiana, una somma di lire 185. Interpretando le intenzioni degli oblatori, il professor Lorenzoni mi ha rimesso tale somma che, per la forma e per lo scopo con cui veniva offerta, ho creduto di dover accettare, sebbene, giova ripetere, fino ad oggi non mi risultino casi giustificanti un'erogazione della stessa fra operai regnicoli, ed è possibile pertanto debba restituirla intatta.

L'istruttoria contro gli studenti arrestati tocca ormai al termine; una ottantina di essi fu già messa in libertà provvisoria ed in questi giorni, con ogni probabilità, saranno scarcerati anche gli altri. Sul modo con cui l 'istruttoria stessa ha proceduto corrono voci impressionanti, ma occorre fare la debita parte alle esagerazioni degli interessati, il contegno di molti dei quali, massimamente dopo la scarcerazione, ha meritato il biasimo anche degli imparziali del partito italiano. È certo però che viene considerato come indizio di voler sopprimere ogni testimonio di difesa, la circostanza per cui furono coinvolti nel processo quali complici tutti si può dire gli italiani che assistettero alle dolorose scene del 3 novembre o che in qualunque modo avevano relazione cogli arrestati in quell'occasione.

La crudele animosità di questa popolazione, dimostratasi tanto primitiva e tanto suggestionabile, ha avuto ancora ultimamente una disgustante manifestazione il giorno della partenza della prima comitiva degli studenti scarcerati. Si giunse perfino a tentare d'impedire che fossero muniti di viveri pel viaggio, ed impiegati della stazione ed inservienti gareggiavano di zelo in quest'opera inqualificabile.

Ignoro se sarà mantenuta l'accusa di complicità anche contro i corrispondenti viennesi del Corriere della Sera e del Secolo la presenza dei quali ad Innsbruck per l'apertura della facoltà fu interpretata da alcuni, che qui vanno per la maggiore, ma che non si direbbero al corrente delle esigenze dei grandi giornali moderni, come una provocazione o come una calcolata inframettenza nelle lotte locali. Intanto essi figurano tuttora fra gli indiziati.

Avendo nominato più sopra il dottor Lorenzoni, mi permetto ricordare che i giornali italiani hanno già additato al pubblico encomio l'azione energica ed indefessa di questo valente professore il quale noncurante dei pericoli e delle minaccie rimase al suo posto dedicandosi completamente a favore degli arrestati e della loro difesa e riuscendo ad ottenere loro ogni possibile facilitazione.

Nell'attuale doloroso momento testimone di tante prepotenze e di tante bassezze, la figura del professor Lorenzoni e la sua semplice abnegazione risaltano di una luce singolarmente simpatica.

731 2 Per la risposta cfr. n. 734.

733

IL PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER SOCCORRERE I MISSIONARI ITALIANI, BASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. 3222. Torino, 22 novembre 1904 (perv. l'11 dicembre).

Dal nostro delegato in Han-Kaw avevamo già ricevuto un rapporto analogo a quello del r. console conte Prat, che V.E. si è compiaciuta comunicarmi e che qui accluso mi fo premura restituire, sull'increscioso incidente avvenuto in occasione della consacrazione di monsignor Landi, nuovo vicario apostolico del Hupé meridionale.

Io confido che se questa presidenza avesse avuto notizia preventiva della cerimonia che doveva compiersi, avrebbe trovato modo di impedire quanto è avvenuto: ma il tempo mancò al nostro rappresentante di Han-Kaw di informarci ed a noi di agire, sia presso la Santa Sede, sia presso monsignor Carlassane, che deve ritenersi responsabile dell'accaduto, e che nondimeno già aveva dato non dubbie prove del suo desiderio di sciogliersi dal protettorato francese.

Ho motivo di dubitare che questa resipiscenza, che mi auguro momentanea, sia dovuta a due motivi: primo dei quali il grande apparato di forza navale spiegato recentemente dalla Francia in Han-Kaw, in occasione del massacro dei missionari belgi-dieci navi da guerra al comando dell'ammiraglio della squadra dell'Estremo Oriente -e le ripetute visite che lo stesso ammiraglio fece a monsignor Carlassane, usando al medesimo le più deferenti cortesie, e probabilmente facendogli delle promesse che possono aver impressionato quel vicario apostolico.

D'altra parte, fino a che non fosse completamente risoluta la vertenza con monsignor Fiorentini, non poteva questa associazione inoltrare utili trattative cogli altri vicariati: ma queste trattative ora sono in corso e daranno, ne son certo, dentro l'anno prossimo i risultati desiderati.

Posso frattanto assicurare VE. che, fin ad oggi, a nessuno dei vicari apostolici, mentovati nel rapporto del conte Prat, è stata versata da questa associazione alcuna indennità, e che non lo sarà se prima non intervenga da parte di ciascuno di loro una formale ed esplicita dichiarazione analoga a quella già fatta da monsignor Fiorentini, di volere e potere mettere e mantenere il rispettivo vicariato sotto il protettorato italiano.

734

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2334/125. Londra, 23 novembre 1904, ore 4.

Ricevo telegramma di VE. n. 18921•

Mi è impossibile vedere oggi marchese Lansdowne, il quale ha ora appunto mandato avvertire che sarà assente. Se il dubbio accennato da VE. si riferisce specialmente alla presidenza della contemplata commissione, posso assicurarla fin d'ora che ciò non farà difficoltà, avendo marchese Lansdowne perfettamente apprezzato la situazione derivante dalle responsabilità assunte dal Governo italiano verso quelle tribù. Potrò, del resto, ciò confermare, ad ogni buon fine, in un prossimo colloquio con Sua Signoria comunicandogli il testo della clausola raccomandata Pestalozza. Per non mostrare alcuna diffidenza, che produrrebbe impressione sfavorevole, potrei aggiungere non intendere con questo escluso che i delegati delle tribù protette inglesi vengano all'occorrenza accompagnati da un funzionario britannico.

735

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 1902. Roma, 24 novembre 1904, ore 22.

Prego V.E. telegrafarmi urgenza se, in base dichiarazioni lord Lansdowne all'E.V., possiamo, con sicurezza, autorizzare Pestalozza firma accordo Mullah secondo intesa intervenuta tra Pestalozza e Swayne, e secondo intesa fra E.V. e Sua Signoria, sebbene non sia intervenuto scambio note di cui mio telegramma 19 corrente1 , potendo noi ritenerci sicuri che codesto Governo ratificherà verso di noi per iscritto gli obblighi che noi assumiamo per esso verso il Mullah. Io non posso a meno di preoccuparmi del pericolo che un ritardo nella firma oltre termine stabilito con Mullah possa compromettere negoziato.

735 1 Cfr. n. 723.

734 1 Cfr. n. 731.

736

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 2341/126. Londra, 25 novembre 1904, ore 5,25.

Ho fatto al marchese Lansdowne comunicazione di cui nel mio telegramma 125 1 , e Sua Signoria se ne è mostrata pienamente soddisfatta.

Ricevo telegramma di V.E. 19022 . Come l'ho riferito, siamo intesi con marchese Lansdowne che, quando sarà stabilito l'accordo col Mullah sulle basi convenute fra Pestalozza e Swayne, ne faremo qua oggetto di uno scambio di note. Non aveva interpretato il telegramma di V.E. 18803 nel senso che ad un tale scambio di note occorresse procedere anche per la fissazione anticipata di quelle basi preliminari e generiche, ma le dichiarazioni del marchese Lansdowne non lasciano il menomo dubbio circa la loro accettazione nei termini del telegramma stesso.

737

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CAVALIER PESTALOZZA 1

Roma, 26 novembre 1904, ore 13.

Governo del re accetta proposte Mullah rapporto 31 3 con temperamenti concordati tra la S.V., Swayne e accettati in massima dal Governo britannico, al quale quelle proposte sono state da me comunicate con espressa domanda di essere messo in grado garantire direttamente al Mullah osservanza condizioni che questi richiede ali 'Inghilterra, relative pacificazione generale, libertà commercio, religione, questione pascoli.

Lord Lansdowne è rimasto inteso col cavalier Pansa che quanto sarà stabilito accordo col Mullah, se ne faccia oggetto scambio note, nel senso di garantire da parte dell'Inghilterra la osservanza delle condizioni suddetté. Lansdowne fa solamente osservare che impegni Inghilterra per pascoli non possono naturalmente applicarsi che a territorio protettorato britannico. Inghilterra ha altresì accettato nostra proposta deferire qualsiasi contestazione sorgesse tra tribù Mullah e tribù protetti inglesi ad una commissione composta di delegati delle due parti e presieduta da un funzionario

2 Cfr. n. 735.

3 Cfr. n. 723.

2 Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

3 R. 31 del 26 ottobre, non pubblicato.

4 Cfr. n. 736.

italiano rimanendo in facoltà Governo britannico far accompagnare delegati sue tribù da funzionario inglese5 . Questa clausola da sottoporsi al Mullah dovrà essere compresa nell'accordo.

Quanto all'Etiopia, per consiglio anche di Ciccodicola, crediamo più conveniente e pratico far comunicazione a Menelik a fatti compiuti. Dobbiamo però lealmente dichiarare che non possiamo obbligarci per Etiopia come facciamo per Inghilterra. Promettiamo però interessarci presso Menelik perché anche da parte Etiopia non sorgano complicazioni per la pace. Su di ciò faremo, a suo tempo, comunicazioni al Mullah.

Quanto infine tribù nostre protette finitime al territorio Mullah, lascio alla S.V. regolare miglior modo questione presso Osman Mahmud, Yusuf Ali e capi tribù maggiormente interessati. Anche per questioni tra tutti questi nostri protetti e tribù Mullah sarà bene fare accettare clausola che cose siano deferite commissione mista presieduta da funzionario italiano.

Interessa molto questione armi schiavi. Se potesse ottenere parziale disarmo Mullah, accordo si presenterebbe più efficace e più utile. Circa punto da scegliersi sulla costa per installazione Mullah, facciamo solo riserve per spesa relativa. Per Abdallah Sceri si provvederà in base proposte generale future S.V.

In base a queste istruzioni, autorizzo la S.V. firmare accordo. Inutile aggiungere esser indispensabile che ella si trovi puntuale al convegno Mullah. Prego accusare ricevimento.

736 1 Cfr. n. 734.

737 1 Ed., con alcune varianti, in LV 103, pp. 76-77.

738

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Racconigi, 26 novembre 1904.

La ringrazio delle informazioni portoghesi. Come ella sa il re di Portogallo non fu invitato battesimo. Regina Maria Pia invece annunciò la sua venuta col duca Alfonso che l'accompagna sempre, ma essendo stata nominata reggente dovette rinunziare al viaggio progettato e scrisse che avrebbe inviato invece duca Alfonso a rappresentarci.

Intendo con ciò voglia dire rappresentare la famiglia, i parenti, non in via ufficiale. Il generale Brusati mi ha comunicato la di lei lettera1 circa invio missione Olanda; sono d'avviso di rispondere che non intervengono Potenze estere. E ciò per evitare che per la ristrettezza del tempo venga anche la missione di qualche Potenza dando così luogo a commenti e anche perché in questo momento la presenza eventuale di un arciduca austriaco a Roma susciterebbe certamente inconvenienti da evitare.

738 1 Non rinvenuta.

737 5 Cfr. n. 727.

739

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2345/198. Pera, 27 novembre 1904, ore 6,45.

Senza nemmeno sottomettere questione Consiglio dei ministri, gran visir, evidentemente uniformandosi ordini Palazzo, ha invitato Ministero degli affari esteri far sapere che Governo imperiale, per motivi già noti, non può in alcun modo consentire apertura nuovi uffici postali quando anche a titolo esperimento provvisorio. Analoga comunicazione sarà fatta a V.E. da codesto ambasciatore di Turchia. Giunte le cose a questo punto non posso che confermare rimessivo parere, già più volte sottoposto a

V.E. Ogni discussione diventa superflua. In questione così fatta la Porta non cede se non in presenza eccezionale pressione. Converrebbe pertanto agire e presto.

Spetta ora a V.E. giudicare se non sia il caso di autorizzarmi spedire senz'altro nota, giusta mio telegramma 193 1 , indicando data apertura uffici postali Valona, Salonicco. Dobbiamo aspettarci a che autorità locali ricevano istruzioni impedire funzionamento nostri uffici. Converrebbe quindi tenere pronte navi, le quali sarebbe opportuno si trovassero sul posto giorno apertura e vi si trattenessero fino a che completo accordo non sia intervenuto. Come io lo avevo preveduto andiamo così incontro serio incidente. Ad evitarlo si potrebbe forse ancora riuscire se, in presenza linguaggio reciso, energico di VE., Rechid si decidesse telegrafare, una buona volta, verità sultano, facendogli bene entrare in mente che decisione R. Governo è irrevocabile. Ad ogni buon fine debbo prevenire V.E. che ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto stamane ad informarmi, con lo scopo evidente di dissipare ogni nostra eventuale apprensione, che, in seguito rifiuto Sublime Porta concedere adeguata riparazione per incidente Scutari, circa il quale quel r. console deve aver già direttamente riferito2 , non sarebbe improbabile che Governo imperiale e reale, deciso ad ottenere, ad ogni costo, soddisfazione, ricorresse mezzi coercitivi, inviando navi costa albanese. Se, dal canto nostro, si decidesse invio navi, mi parrebbe corretto V.E. mi dia ordine avvisarne collega a titolo reciprocità.

739 1 Cfr. n. 712. 2 L'incidente era intervenuto fra l'ufficio postale austriaco di Scutari e l'autorità doganale turca a proposito della spedizione di pacchi postali.

740

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 23531199. Pera, 27 novembre 1904, ore 19,25.

Accennando incidentalmente questione aumento ufficiali e mostrandosi, come al solito, nullamente preoccupato perdurante resistenza Sublime Porta, ambasciatore di Austria-Ungheria mi diceva ieri che se il Governo ottomano persiste rifiuto ammettere suo servizio nuovi ufficiali austro-russi, potranno, in base programma di Miirzsteg essere utilmente impiegati dai rispettivi aggiunti militari in altra mansione non attinente esclusivamente riorganizzazione gendarmeria. Dal linguaggio di Calice trassi impressione due Potenze più che mai decise tirare dritto per la loro strada senza occuparsi di quanto faranno le altre. Questa situazione è anormale e francamente non mi piace. Occorre, a mio avviso, escirne al più presto. Continuando così le cose, si verrà a consacrare e consolidare sempre più posizione privilegiata Austria Russia col fornire loro buon pretesto accentuare azione isolata indipendente in una questione il cui carattere prettamente internazionale è essenziale sia, in ogni circostanza, sempre accentuato, mai attenuato. Ignoro al riguardo vedute De Giorgis. Penso, però, che situazione attuale non possa piacere nemmeno a lui, sembrandomi inammissibile che in Macedonia rimangano, operino ufficiali russi, austriaci dipendenti non già dal generale in capo, ma dagli agenti militari. Ciò era appunto quanto Calice desiderava e che noi abbiamo con ragione combattuto l'estate scorsa. Giudicherà, dopo ciò, V.E. se non sia venuto il momento di procedere scambio di idee tra Gabinetti interessati per concretare energica azione collettiva costringere sultano assumere senz'altro suo servizio nuovi ufficiali delle cinque Potenze. Per regolare mio eventuale linguaggio, sarei particolarmente grato a V.E. manifestarmi telegraficamente suo pensiero al riguardo 1•

741

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A LISBONA, GUASCO DI BISIO

T. S.N. Roma, 27 novembre 1904.

Decifri da sé. Re di Portogallo non fu invitato battesimo né ufficialmente né privatamente da S.M. Vittorio Emanuele 1• Regina Maria Pia invece annunciò la sua venuta coll'infante Don Alfonso.

Essendo stata nominata reggente dovette rinunciare al viaggio e scrisse che avrebbe inviato Don Alfonso a rappresentarci.

741 1 Cfr. n. 738.

Questa parola è stata qui interpretata nel senso che don Alfonso verrà a rappresentare la famiglia reale di Portogallo come parente, ma non in via ufficiale non essendovi stato invito. Reco ciò a sua notizia per sua norma. Per ora non credo utile che prendiamo iniziativa per rettificare inesattezze giornali. Se ce ne saranno che meritino rettifica V.S. ne avvertirà telegraficamente attendendo istruzioni.

740 1 Per il seguito cfr. n. 743.

742

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. 56895/516. Roma, 28 novembre 1904.

Segno ricevuta e ringrazio, in particolar modo, l'E.V. del rapporto in data 15 corrente n. 563 1 , relativo alla questione dell'aumento degli ufficiali esteri in Macedonia, e all'atteggiamento dell'Austria-Ungheria e della Russia, per ciò che concerne la questione macedone.

Convengo pienamente nelle considerazioni espostemi dall'E.V. nel succitato rapporto. L'E.V. avrà, già, ricevuto, su questo argomento, il dispaccio del 22 corrente,

n. 4982 nel quale è espresso chiaramente il pensiero del R. Governo, che, come ella avrà constatato, coincideva con quello da lei manifestato.

Restituire autorità ed efficacia al concerto europeo e ricondurre alla sua competenza la questione balcanica, contro la tesi implicitamente sostenuta col fatto dall' Austria e dalla Russia, e secondo la quale, come ella ben dice, il programma di Miirzsteg avrebbe reso caduco il Trattato di Berlino è stato l'indirizzo costante della mia politica, e non senza qualche pratico risultato. E bene io sono disposto e risoluto a continuare ancora più energicamente per quella via, come ella mostra di suggerire. Soltanto che un'azione isolata dell'Italia in tale senso sarebbe inevitabilmente destinata a deboli risultati. È con l'Inghilterra che tale azione dovrebbe essere concordata, non solamente nella finalità sua, sulla quale già esiste la generica intesa, ma nelle procedure immediate e più convenienti per conseguire lo scopo. La supposizione, altra volta manifestata dall'E.V. e fondata su convincenti indizii, che l'Inghilterra intende svolgere una maggiore attività nella politica balcanica, non sarebbe confermata dalle impressioni raccolte a Londra dal cavalier Pansa. Ad ogni modo, io non sarei alieno dal fare dirette aperture in proposito presso il marchese di Lansdowne. Ma esse, a mio giudizio, dovrebbero essere precedute da analoghe aperture che I'E.V. dovrebbe procurarsi costì col suo collega d'Inghilterra. Solo quando ella si fosse accertato che il signor O'Conor è nello stesso nostro ordine di idee, ed ella avesse potuto attenerne l'assicurazione che egli si propone di mandare al suo Governo suggerimenti in tale senso, io potrei utilmente provocare uno scambio di vedute col Gabinetto di Londra.

Attendo una sua risposta che mi dia informazioni e norma.

2 D. 55863/498, non pubblicato.

742 1 R. 1454/563, non pubblicato.

743

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI 1

T. 1928. Roma, 29 novembre 1904, ore 15,10.

Il r. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa che ieri i suoi colleghi di AustriaUngheria e di Russia hanno inviato alla Sublime Porta una nota identica annunziando arrivo nuovi ufficiali insistendo perché vengano senz'altro preparati contratti per ammissione in servizio e dichiarando che, intanto, gli ufficiali resteranno in Macedonia indossando uniforme rispettivi eserciti. L'ambasciatore di Austria-Ungheria aveva già in precedenza detto al r. ambasciatore che se il Governo ottomano persiste suo rifiuto ammettere suo servizio nuovi ufficiali austro-russi, potranno, in base programma di Mtirzsteg essere utilmente impiegati dai rispettivi aggiunti militari in altra mansione non attinente esclusivamente riorganizzazione gendarmeria. *Aggiunge il marchese Imperiali avere tratto dal linguaggio del suo collega austro-ungarico che le due Potenze siano più che mai decise tirare diritto per la loro via senza occuparsi delle altre2 .

(Per Londra) Evidentemente la situazione, ove non si provveda, va facendosi sempre più anormale ed importa invece rimetterei sulla buona via per non consacrare e consolidare sempre più la posizione che Austria-Ungheria e Russia vorrebbero arrogarsi in una questione prettamente internazionale.

(Per Parigi) Ritengo che codesto Governo sia con noi consenziente nel considerare come di somma importanza l'evitare che una questione prettamente internazionale diventi monopolio dell'Austria-Ungheria ora che, essendo la Russia impegnata nell'Estremo Oriente, l'azione dell'Austria-Ungheria è manifestamente la preponderante*.

(Per entrambi) Ad ogni modo e confidando che analoga decisione sia presa da codesto Governo, abbiamo risoluto di inviare anche per conto nostro i nuovi ufficiali in Macedonia ed abbiamo spedito al r. ambasciatore in Costantinopoli un telegramma così concepito3:

«Voglia notificare Sublime Porta decisione R. Governo inviare ufficiali Macedonia similmente Austria Russia, facendo rilevare nostra decisione determinata necessità impedire interesse stesso Turchia accentuazione azione isolata due Potenze. Voglia in pari tempo richiamare tutta attenzione Porta sulla gravità del fatto che ufficiali stranieri non al servizio Governo ottomano e contro sua volontà esercitino loro funzioni territorio turco con loro uniforme nazionale. Unica maniera per evitare gravissimo precedente quella consentire immediatamente ammissione servizio nuovi ufficiali riservando in caso di necessità pel momento questione finanziaria. Sarebbe desiderabile che analoghe istruzioni fossero spedite da codesto Governo al suo ambasciatore in Costantinopoli.

2 Cfr. n. 740.

3 È il T. I 927 pari data che non si pubblica essendo qui riprodotto quasi per intero.

743 1 Ed., con alcune varianti e con l'omissione del brano fra asterischi, in LV /04, p. 250.

744

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 1930. Roma, 29 novembre 1904, ore 15,40.

A questo ambasciatore di Turchia ho confermato la nostra irremovibile determinazione di aprire uffici postali Valona e Salonicco1 esponendogli ragioni che dovrebbero persuadere la Sublime Porta non insistere opposizione. Egli mi ha chiesto come speciale favore dargli tempo comunicare per lettera suo Governo tali considerazioni, attenderne risposta. Considerando non ancora pronto materiale per apertura ufficio Salonicco, convenienza procedere simultanea apertura due uffici, ho stimato opportuno consentire richiesta anche per potere intanto più liberamente risolvere questione ufficiali Macedonia.

745

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PARTICOLARE. Costantinopoli, 29 novembre 1904.

Dalla mia recente corrispondenza ufficiale V.E. avrà rilevato come in questi due ultimi mesi l'atteggiamento chiuso e riservato dei due ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia sia andato sempre più aumentando. Della estrema riserva di Zinoviev non è certo il caso di meravigliarsene. Egli è di sua natura poco espansivo, abbastanza ruvido nelle forme e non rappresenta una Nazione a noi alleata.

Per contro mi cagiona penosa sorpresa il contegno del mellifluo e rugiadoso barone di Calice, col quale, mi affretto ad aggiungere, i rapporti personali vanno diventando sempre più cordiali. Da quando, dopo le discussioni avvenute l'estate scorsa, in occasione delle divergenze tra gli agenti civili ed il generale De Giorgis, io mostrai chiaramente, pur con la dovuta deferenza, che non intendevo diventare presso V.E. il porta-voce ed il patrocinatore dei disegni e degli artificiosi argomenti da lui escogitati sulla base del programma di Miirzsteg, per attenuare l'importanza ed il prestigio del nostro generale, egli ha cessato di parlarmi degli affari di Macedonia. Se a volte, per debito di cortesia, ha dovuto rispondere a qualche mia interrogazione, lo ha fatto evasivamente e con un tono di benevola e condiscendente protezione, quasi volesse farmi capire che dopo tutto eran quelli affari che non mi riguardavano.

Io me lo son tenuto per detto, ed ora, quando non di rado egli viene da me o io vado da lui, parliamo della pioggia e del bel tempo ovvero di affari d'indole generale e di importanza affatto secondaria, ammenoché egli, come pur qualche volta gli avviene, non si creda obbligato di farmi qualche dichiarazione che pecca ... per inesattezza. Non voglio servirmi di un'altra parola. Sono questi i rapporti che debbono intercedere fra i rappresentanti di due Potenze che si sono impegnate «à se communiquer toutes les informations qui sont de nature à les éclairer sur leurs propres dispositions, de mème que sur les dispositions d'une tierce Puissance»? Se la mia memoria non falla, sono queste appunto le parole menzionate in un certo atto internazionale che si chiama la Triplice Alleanza.

Ben diverse, fortunatamente per me, sono le relazioni politiche col collega di Germania, relazioni cordiali, intime, improntate a reciproca fiducia e corrispondenti a quelle esistenti tra i due sovrani e i due Paesi da noi rappresentati.

Discorrendo di questo inesplicabile contegno che Calice serba, non solo con me, ma anche con lui, il barone Marschall mi disse tempo fa: «lo delle confidenze di Calice posso fare a meno, perché dopo tutto i nostri interessi in Macedonia sono secondarii, ma voi no, perché avete accordi speciali con l'Austria a riguardo degli affari balcanici». Una volta condotto il discorso su questo tema, colsi l'occasione per manifestare al collega tutto il mio pensiero. Premesso che io parlavo per conto mio, e che non avevo finora mai intrattenuto VE. al riguardo, dissi che l'atteggiamento di Calice e del suo Governo fin dallo inizio degli accordi con la Russia per le riforme macedoni mi era sembrato poco corretto verso di noi e per nulla rispondente allo spirito ed alla lettera delle disposizioni di quella Triplice Alleanza di cui egli, Marschall, pars magnafuit.

A mio avviso, soggiunsi, dopo gli schiarimenti ampì, precisi, esaurienti dati da

V.E. sulle vere intenzioni e sui fini reali della nostra politica in Oriente e dopo che è noto all'universo che la politica estera dell'Italia è eminentemente conservatrice e non mira ad altro scopo che non sia il mantenimento della pace, dello statu quo, della conservazione dell'integrità dell'Impero ottomano, sarebbe oramai tempo che l'Austria si ricordasse sul serio dei vincoli che la legano a noi e si decidesse ad invitarci a procedere insieme con essa e con la Russia nell'opera delle riforme, invece di adoperarsi come fa con tutti i mezzi a sua disposizione per mantenerci in seconda linea, non potendoci addirittura escludere. Ricordai all'uopo la campagna veramente scorretta menata contro il generale De Giorgis col doppio fine o di metterlo con le spalle al muro ed obbligarlo ad andarsene, ovvero di renderlo un semplice istrumento alle dipendenze degli agenti e non già un vero e proprio fattore in una parte essenziale delle riforme. E ciò per tema che, grazie al suo generale, messo a capo della riorganizzazione della gendarmeria, l'Italia volesse intromettersi in terza a dirigere e controllare l'opera riformatrice.

II barone Marschall mi stette a sentire attentamente e, pur non rilevando quella parte del mio discorso che si riferiva all'azione del Governo austro-ungarico, deplorò assai il contegno di Calice ed aggiunse che molte cose sarebbero andate diversamente se l'Austria avesse qui un altro ambasciatore, meno testardo, meno presuntuoso, meno infatuato della sua importanza e più intelligente per capire ed apprezzare la grande utilità di mantenere col collega d'Italia quei rapporti che si addicono a rappresentanti di Potenze alleate. Secondo il barone Marschall il primo e principale responsabile di questa politica, che a torto o a ragione inspira ovunque tanti sospetti, tante diffidenze, è proprio il Calice, considerato a Vienna come un oracolo per gli affari di Oriente e qui in realtà dominato dall'ambizioso ed intrigantissimo suo addetto militare barone Giesl.

Dopo avermi detto che egli aveva già scritto sull'argomento a Berlino', e che avrebbe ora narrato il colloquio avuto meco, l'ambasciatore mi manifestò il suo vivo compiacimento per la prova di cordiale fiducia da me datagli ed espresse la speranza che d'ora in poi, i nostri rapporti politici s'inspirerebbero a quella mutua e leale confidenza che purtroppo -lamentava egli -ebbe a mancare durante la missione del mio predecessore. Il barone Marschall osservò poi che questa intimità di rapporti era tanto più naturale ed utile in quanto l'Italia e la Germania, oltre all'essere alleate ed amiche, seguono negli affari d'Oriente una linea di condotta affatto identica. S.E. concluse rendendo piena ed ampia giustizia alla perfetta rettitudine ed alla somma lealtà della nostra politica in Oriente e dovunque.

Dopo di averle narrato per filo e per segno il mio colloquio col barone Marschall e dopo di averle manifestata la speranza che il mio franco linguaggio riceverà l'alta approvazione di V.E., debbo, signor ministro, chiederle il permesso di sottometterle, con rispettosa franchezza, alcune considerazioni sulla situazione nostra in Oriente, quale la vedo io.

O io mi sbaglio di molto, o questa situazione non è delle più propizie.

In questo momento l'Austria e la Russia hanno acquistato, e cercano sempre più di consolidarla in Macedonia, una posizione predominante, privilegiata. Noi, per vecchi errori, che ora scontiamo, siamo rimasti indietro. Intanto, passa il tempo, l'orizzonte diventa sempre più fosco, cresce il disordine in Macedonia, i risultati delle riforme diventano ogni giorno più dubbì e problematici di talché basta un lieve incidente per creare pericolose complicazioni.

Se queste complicazioni venissero a verificarsi, l'Italia, come stanno le cose oggi -almeno per quel che ne so io -resterebbe isolata, o lasciata in compagnia della Turchia, ciò che non ci avanza molto. Occorre dunque, prima che sia troppo tardi, di escire da questa posizione pericolosa. A chi rivolgerei per aiutarci a raggiungere lo scopo? Non alla Francia, che non ha interessi vitali in Macedonia ed è ora più che mai infeudata e ligia ai voleri della Russia. Non all'Inghilterra, oggi assorbita negli affari dell'Estremo Oriente, che ha appetiti ed aspirazioni sue particolari verso altri punti dell'Impero ottomano (Yemen, Kuveit ecc. ecc.) e che nella quistione macedone è, in realtà, intervenuta principalmente perché spintavi per scopi umanitarii, dalla pressione dell'opinione pubblica.

Ciò stante non resta per noi altro da fare se non cercare di intenderei seriamente con l'Austria. Mi si dirà; l'intesa esiste sulla base del mantenimento dello statu quo; ed io rispondo: ciò non è sufficiente. È essenziale intervengano accordi non soltanto negativi, ma anche positivi, in contemplazione di ogni eventualità. Senza venir meno all'impegno di mantenere lo statu quo, si può benissimo preparare una situazione di cose che permetta di assicurarsi una posizione privilegiata il giorno in cui la conservazione dello statu quo diventi impossibile. Ecco proprio quello che sta ora facendo l'Austria e che mi inspira non poca preoccupazione.

Sorge ora la domanda: come intendersi con Vienna se Vienna non risponde al nostro appello e giustifica il rifiuto col dichiarare ampiamente bastevoli gli accordi già presi? Rispondo: bisogna rivolgersi lealmente e francamente a Berlino ed invocar l'appoggio efficace, perché faccia sentire al Gabinetto imperiale e reale lo stretto obbligo morale che gli incombe ed a cui è venuto meno finora, di associare lealmente l'Italia all'opera delle riforme e di intendersi pienamente con lei in vista di qualsiasi eventualità. L'Italia non domanda favori, reclama soltanto quello che le è dovuto in forza di un trattato e si rivolge al terzo alleato perché intervenga a ristabilire nell'intesa quella armonia che è indispensabile a darle vitalità, vigore ed efficacia.

In questi termini un appello a Berlino non dovrebbe rimanere inascoltato, oggi che, grazie alla saggia e provvidenziale politica di V.E., le relazioni con la Germania sono ritornate ad essere quelle che furono in passato, cioè particolarmente e sinceramente intime e cordiali.

Posso sbagliarmi ma io ritengo che anche alla Germania, al par di noi seriamente desiderosa di mantenere finché sarà possibile in vita questo pericolante Impero ottomano, dovrebbe convenire la partecipazione alle riforme di una Potenza come l'Italia che inspira, pel noto suo disinteresse, assoluta fiducia ai popoli balcanici e fino ad un certo punto anche alla Turchia, e che, grazie a tali sentimenti di fiducia, potrebbe utilmente ed efficacemente collaborare per giungere a risultati più seri e più pratici di quelli affatto derisori finora ottenuti. Cotale nostra partecipazione potrebbe d'altra parte provocare forse anche quella dell'Inghilterra e della Francia, ed ecco, per tal modo, ristabilita sotto gli auspici della Germania, in piena concordanza con gli interessi dell'Impero, l'azione del concerto europeo, ed eliminato il pericolo di un duale controllo esercitato esclusivamente dalle Potenze maggiormente interessate a violare l'integrità di quest'Impero.

E qui mi arresto, ché ne è tempo.

Voglia, signor ministro, perdonarmi se mi sono permesso di abusare del tempo prezioso di VE. intrattenendola in via particolare di quistioni che eccedono alquanto la mia competenza. Mi affido, per ottenere venia, all'alta benevolenza di cui ella mi onora ed alla quale specialmente mi raccomando.

P.S.: V.E. può essere sicuro della assoluta discrezione dello scrittore, che non è altri che mia moglie.

744 1 Su tale questione cfr. n. 739.

745 1 Cfr. GP, vol. XXII, n. 7464.

746

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2366/61. Salonicco, 30 novembre 1904, ore 1,55.

Comunico quanto segue da parte del generale De Giorgis: «Partecipo a V.E. che aggiunto russo, annunziandomi ieri che sei nuovi ufficiali sono giunti Salonicco, chiese se li avrei ricevuti.

Considerando che all'infuori mio consentimento, si intende accoppiarli in uniforme russa agli altri già in servizio; che ciò, mentre li sottrae mio comando, può ali 'interno provocare gravi incidenti e, ad ogni modo, rendere impossibile loro cooperazione, creando anzi profonda perturbazione riorganizzazione affidatami e, forse, suo insuccesso, decisi non riceverli».

Risposi aggiunto esattamente: «Sarò lieto riceverli dopo firma loro contratto in servizio militare ottomano».

Aggiunto Russia disse pensare che io seguivo istruzioni sultano, Governo ottomano. Siccome ciò non è, replicai che agivo unicamente secondo mie convinzioni in conformità mia posizione.

747

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 23781127. Londra, 30 novembre 1904, ore 7,22.

Marchese Lansdowne ha ricevuto dall'ambasciata britannica a Costantinopoli notizia analoga a quella riprodotta telegramma n. 19432 . *In seguito alla nostra conversazione* Sua Signoria mi disse che egli pure si disporrebbe a promuovere invio del nuovo ufficiale inglese destinato alla gendarmeria di Macedonia ed aggiunse che di questa disposizione darebbe, oggi stesso, notizia all'ambasciatore di Turchia a Londra, esortandolo a decidere suo Governo a consentire immediatamente alla ammissione al servizio ottomano dei nuovi ufficiali proposti. Sua Signoria farà specialmente valere interesse della Sublime Porta a prevenire, per tal modo, inconveniente della presenza sul suo territorio di ufficiali con uniforme straniera e con missione da essa non autorizzata. *Ho compreso, però, che, nelle sue comunicazioni, marchese Lansdowne eviterà ogni commento che agli occhi della Sublime Porta farà apparire il suo atto come effetto di un dissidio coll'Austria-Ungheria e la Russia*.

747 1 Ed., con l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 104, p. 251. 2 Si tratta in realtà del T. 1928, cfr. n. 743.

748

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2367/204. Pera, 30 novembre 1904, ore 16.

Mi riferisco telegramma 1927 1•

In vista influenza indiscutibile esercitata qui dall'ambasciatore di Germania, cui m'importa dimostrare massima fiducia, prego V.E. telegrafarmi se sono autorizzato mettermi con lui in rapporti confidenziali circa questione ufficiali, per il caso in cui egli creda rivolgere Sublime Porta raccomandazioni analoghe alle mie.

749

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 3333/1431. Parigi, 30 novembre 1904 (perv. il 4 dicembre).

Ricevetti ieri sera il telegramma di V.E.1 , relativo alla nota identica presentata, il 28 corrente, a Costantinopoli dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia, per annunciare l'arrivo in Macedonia dei nuovi ufficiali dei due Imperi. V.E. adducendone le ragioni, mi comunica, con il telegramma stesso, le istruzioni date alla r. ambasciata in Turchia in ordine alla decisione presa dal R. Governo d'inviare, egli pure, degli altri ufficiali e mi esprime il desiderio che istruzioni analoghe siano mandate da questo Governo al suo ambasciatore a Costantinopoli.

Questa mattina mi pervenne, poi in un piego affidato da codesto R. Ministero al conte Durini r. addetto alla ambasciata di Sua Maestà in Russia, il dispaccio delli 6 corrente, relativo ad una fase anteriore della questione stessa2 . A quest'ultimo dispaccio va annesso il rapporto del 25 ottobre del marchese Imperiali3 nel quale si tratta, in particolar modo, del progetto di inviare in Macedonia non solamente degli altri ufficiali, ma anche dei sottoufficiali.

Ogni volta che, negli ultimi miei colloqui con il signor Delcassé, si parlò della resistenza che la Porta ottomana opponeva alla domanda di invio di un numero maggiore di ufficiali stranieri per il riordinamento della gendarmeria macedone, questo ministro si limitò a dirmi che la Francia aveva in pronto gli ufficiali da man

2 D. riservato 53572/1307, non pubblicato.

3 Cfr. n. 679.

dare, ma che l'invio avrebbe luogo solamente quando tutte le Potenze si sarebbero concertate in proposito.

Non mi sorprese pertanto la risposta che ebbi oggi dallo stesso signor Delcassé appena gli manifestai il desiderio di V.E. che all'ambasciatore di Francia siano mandate istruzioni analoghe a quelle spedite da lei all'ambasciatore di Sua Maestà in Turchia. Egli aderiva, mi disse, ben volentieri a tale desiderio e, nella premura con cui tale adesione era espressa, mi parve mal dissimulata la soddisfazione di poter fare quanto, probabilmente, da assai tempo, già, domandavano gli ambasciatori dei due Imperi ed in special modo di compiacere al mio collega di Russia senza mettersi in opposizione con l'Italia.

Al quale proposito non vorrei mancare questa occasione per dire una volta dippiù che, da dopo che l'azione della Russia è impegnata nella guerra dell'Estremo Oriente, la preoccupazione del Governo francese di assecondarne le vedute ed i desideri nelle questioni relative ali 'Impero ottomano si è resa sempre più manifesta. La qual cosa riesce, in ultimo, ad assicurare il concorso della Francia a tutto ciò che a Vienna si pensa ed a Pietroburgo si approva.

748 1 Cfr. n. 743, nota 3.

749 1 Cfr. n. 743. Ad esso Tomielli aveva dato una prima succinta risposta con il T. 2375/93 del 30 novembre, non pubblicato.

750

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2392/207. Pera, 2 dicembre 1904, ore 7,15.

Ambasciatore di Germania mi ha, in via riservata, dato lettura sue istruzioni, in base alle quali, se richiesto dai colleghi di Austria e Russia appoggiare loro pratiche circa aumento ufficiali, egli deve dichiarare Governo imperiale, avendo dato ampio appoggio riguardo programma riforme, non è disposto entrare particolare esecuzione. Avendo io fatto osservare trattarsi ora di esercitare salutare influenza per costringere Turchia cessare pericolosa resistenza nell'intento di mettere termine al più presto situazione anormale, delicata, tale da generare anche, eventualmente, sgradevoli complicazioni, ambasciatore, nella massima confidenza, mi ha confessato suo parere personale identico mio. Ha aggiunto avrebbe subito telegrafato Berlino nostro colloquio1. Lascio V.E., dopo ciò, giudice se non sia il caso, siccome a me pare, di rivolgere sollecitazioni Berlino, affinché Governo imperiale metta a profitto indiscutibile sua influenza intervenendo provvidamente nel senso da noi desiderato conforme del resto interessi generali 2•

2 Tittoni rispose con T. 1963 del 3 dicembre, di cui si pubblica il passo seguente: «Approvo il passo ufficioso da lei fatto presso il collega tedesco e confido che ne possa derivare alcun utile effetto. Non mi parrebbe però opportuno fame oggetto di pratiche dirette presso il Gabinetto di Berlino donde assai probabilmente ci verrebbe una delle consuete risposte evasive».

750 1 Cfr. GP, vol. XXII, n. 7458.

751

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI

D. 579151101. Roma, 4 dicembre 1904.

Ho ricevuto il rapporto della S.V. in data 22 novembre ultimo scorso n. 682/2101 , relativo alle attuali relazioni serbo-bulgare.

Per le interessanti notizie fornitemi e per le considerazioni svolte, in particolar modo ringrazio la S.V.

Quali che siano presentemente le effettive intenzioni e disposizioni a Sofia ed a Belgrado, noi dobbiamo, nell'interesse della pacificazione e di un conveniente assetto nella penisola balcanica, nulla negligere che valga a rendere amichevoli i reciproci rapporti tra gli Stati che già vi hanno consistenza ed organismo di Governo regolare, segnatamente tra Bulgaria e Serbia.

A quest'intento, che è salutare per tutti, e di cui niuno ha ragione di adombrarsi, devono continuamente mirare l'atteggiamento ed il linguaggio delle r.r. rappresentanze.

752

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2413/229. Vienna, 6 dicembre 1904, ore 8,45.

Conte Goluchowski, che ho veduto oggi al mio ritorno, si è dimostrato con me soddisfatto della risposta data dalla E.V. ali' interrogazione d eli' onorevole Barzilai 1 , che mi ha detto considerare come del tutto corretta. In tale occasione mi ha chiesto con interesse notizie di lei; al che ho creduto rispondere facendogli conoscere che

V.E. mi aveva incaricato recargli i suoi saluti.

751 1 Non pubblicato.

752 1 L'interrogazione riguardava i fatti di lnnsbruck. La risposta di Tittoni è in Atti parlamentari, Camera dei deputati, tornata del 2 dicembre 1904, pp. 15-17.

753

L'AMBASCIATORE A VIENNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2415/231. Vienna, 6 dicembre 1904, ore 22,45 (perv. ore 0,45 del 7).

Conte Goluchowski mi comunica che, in vista effervescenza che regnava province Gorizia, Trento e Trieste, Governo imperiale e reale aveva intenzione di inviare di nuovo, scaglionandoli in varii punti di quelle province, i cinque battaglioni che si trovavano prima colà di stanza, e che erano stati traslocati poco tempo fa in altre province della Monarchia. Avendogli fatto rilevare come tale invio, di cui l'opinione del Regno non poteva rendersi un conto esatto, avrebbe potuto in questo momento produrre su di essa un'impressione non del tutto favorevole, che era opportuno di evitare, egli ha osservato che tale provvedimento, che non sarebbe stato eseguito che nello spazio di più mesi, era di ordine puramente interno e non poteva essere considerato come diretto contro l'Italia, perché aveva unicamente per iscopo di prevenire incidenti che potrebbero risultare da quella effervescenza e proteggere, all'evenienza, pure le popolazioni italiane di dette province contro gli attacchi di cui fossero fatte segno. Egli credeva per lealtà di far conoscere la cosa al R. Governo per evitare ogni falsa interpretazione e malinteso che desiderava eliminare ed avrebbe incaricato prossimamente Llitzow di dame notizia a V.E.

754

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 1597/617. Costantinopoli, 6 dicembre 1904 (perv. il 14).

Col dispaccio qui contro segnato', V. E. mi ha dato l 'istruzione di richiamare l'attenzione di questo ambasciatore britannico sulla piega sempre più cattiva e minacciosa che vanno prendendo le cose di Macedonia e di indagare il pensiero di lui circa un'eventuale azione comune dell'Italia e dell'Inghilterra in presenza dei pochi e scarsi risultati finora ottenuti dali'opera riformatrice degli agenti civili.

Purtroppo non sono in grado di riferire a V.E. il modo di vedere del mio collega. Egli è tuttora assente; né si sa con precisione quando sarà per ritornare al suo posto. In tutti i casi il ritorno non avverrà prima della metà o della fine di gennaio. Sir O'Conor è stato abbastanza seriamente ammalato ed ha dovuto anche subire un'ope

razione. Le notizie qui giunte circa le attuali condizioni della salute di lui sono vaghe e contraddittorie.

L'incaricato d'affari, giovane intelligentissimo e con cui, legato come sono da antica amicizia, mantengo rapporti intimi e cordialissimi, mi ha più di una volta manifestato sul delicato argomento le sue vedute personali, praticamente concordi con le mie. Obbedendo tuttavolta ad un sentimento di naturale delicatezza e di deferenza verso il suo capo, il signor Townley non crede di potere, nell'assenza temporanea di lui, prendere l'iniziativa di dare suggerimenti al suo Governo circa la linea di condotta che converrebbe di adottare nella presente circostanza.

Se, siccome sinceramente desidero, le condizioni della salute dell'ambasciatore gli permettono ora di occuparsi di affari, V.E. potrebbe forse incaricare il commendatar Pansa, amicissimo di sir O'Conor, di conferire con lui e di indagarne il pensiero ed i propositi.

L'espediente che mi permetto di suggerire mi parrebbe tanto più indicato, in quanto al commendator Pansa riuscirebbe più facile nelle sue conversazioni colmarchese di Lansdowne di accertare se e fino a qual punto le vedute personali di sir Nicholas concordano con quelle del suo Governo.

Dopo uno tale scambio di idee e dopo che saranno note le intenzioni e le disposizioni del Gabinetto di Londra, riuscirà più facile concordare quella qualsiasi azione identica italo-inglese che sarà giudicata più opportuna e meglio rispondente ad apportare, se possibile, pronto e salutare rimedio alla situazione presente, tutt'altro che rassicurante2 .

754 1 Si tratta del D. 55863/498 del 22 novembre, non pubblicato.

755

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2416/211. Pera, 7 dicembre 1904, ore 10.

In questo momento mi è stata dalla Sublime Porta fatta rimettere copia della nota odierna indirizzata due ambasciate. Governo imperiale mantiene intatte sue vedute non ammettere aumento ufficiali; invoca amicizia due Potenze sperando vorranno richiamare ufficiali. Incaricato d'affari inglese ha notificato prossimo arrivo suo ufficiale, rivolgendo consigli conformi miei. Analoghe istruzioni ha ricevuto ambasciatore di Francia il quale però aspetterà per fare sua comunicazione fine imminente festa Bairam. Converrà ora stabilire epoca arrivo nostri ufficiali; mi parrebbe desiderabile che essa coincida, possibilmente, con quella ufficiali inglesi, francesi.

754 2 Tittoni seguì il consiglio di Imperiali e ne diede istruzioni a Pansa con D. 60180/538 del 19 dicembre, non pubblicato.

756

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 1980. Roma, 8 dicembre 1904, ore 19.

Rispondo suo telegramma 231 1•

Di fronte accoglienza fatta conte Goluchowski sue giuste considerazioni, non restami che prendere nota comunicazione fattaci, autorizzandola ripetergli, alla prima propizia occasione, essere anche opinione R. Governo che notizia avrebbe prodotto assai cattiva impressione opinione pubblica italiana.

757

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2427/49. Addis Abeba, 8 dicembre 1904 1

Da Harrington ho appreso essere incominciate a Londra trattative tra Governo britannico e Governo francese per soluzione questione ferrovia Gibuti; pare che il Governo francese abbia accennato necessità stabilire deserto sfera influenza politica in Abissinia pur garantendone integrità. Harrington riconoscerebbe necessità di concedere alla Francia quale sfera di influenza politica tutta la valle dell'Awasch, ciò che pregiudica nostri interessi e diritti sull' Aussa. Riguardo ferrovia, Harrington sarebbe favorevole ad una soluzione che concedesse Francia costruzione ferrovia sino Awasch a circa 200 Km da Addis Abeba, e riserva tratto rimanente ali' imperatore che lo costruirebbe con capitali inglesi, mediante prestito garantito sulla concessione Lago Tsana. In questo ultimo caso, Harrington comunica se il Governo italiano sarebbe disposto fornire a Menelik ingegneri e personale per costruzione ed esercizio linea. Tutte le Potenze interessate avrebbero eguale trattamento doganale Gibuti e trasporto linea Gibuti Addis Abeba. Credo Menelik favorevole questa soluzione. Tanto Harrington che Lagarde sono disposti discutere ora termini accordo per facilitare trattative in corso Londra. Attendo istruzioni da V.E.2 .

756 1 Cfr. n. 753. 757 1 Il telegramma fu trasmesso da Asmara alle ore 3,30 del 9 dicembre. 2 Con T. 2020 del 16 dicembre, non pubblicato, Tittoni rispondeva di non aver avuto notizie da Londra circa le proposte concrete del Governo francese in merito alla questione delle ferrovie.

758

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1473/554. Londra, 8 dicembre 1904.

Hanno creato una certa impressione alcuni recenti articoli del Novoje Vremia e di altri giornali russi che con molta insistenza si sono fatti a raccomandare al proprio Governo un'azione diplomatica per ottenere l'uscita della squadra russa dal Mar Nero allo scopo di potersene giovare nelle operazioni di guerra nell'Estremo Oriente. Ho quindi approfittato di una visita al marchese di Lansdowne per domandargli che cosa egli pensasse di quella campagna di stampa e se alcun indizio gli facesse scorgere in essa il prodromo di un'intenzione del Gabinetto di Pietroburgo di sollevare a breve scadenza la questione del passaggio dei Dardanelli. A quest'ultima interrogazione Sua Signoria rispose senz'altro negativamente: gli articoli in questione, egli mi disse, erano probabilmente l'espressione di una di quelle opinioni individuali che in materia di politica estera la stampa russa ha spesso la facoltà di esporre con una certa libertà; non poteva nemmeno escludersi che si trattasse in questo caso di un ballon d'essai, ma nulla indicava finora che il Governo di Pietroburgo vagheggiasse di mettere in campo quella scabrosa questione; una congettura in senso contrario si poteva anzi trarre dal fatto (a quanto compresi accertato di recente per sua cura) che nessuna preparazione sarebbe nemmeno iniziata nei porti russi del Mar Nero per il restauro e l'allestimento di quelle navi da guerra alcune delle quali stanno attualmente in disarmo.

L'apprezzamento generico che può farsi dell'attuale situazione nei suoi elementi politici e militari sembra invero confermare codesta impressione di lord Lansdowne, nel senso che la Russia non avrebbe ora sufficiente interesse a reclamare l'apertura degli Stretti. Ciò non toglie che in un senso più largo quella questione potrebbe presentarsi a un dato momento come un seguito della presente guerra. Nelle conversazioni cogli uomini politici inglesi sulle possibili conseguenze di questa si rileva la loro preoccupazione di ciò che potrebbe fare la Russia qualora la sorte delle armi continuando a riuscirle avversa essa si trovasse presto o tardi costretta a stipulare col Giappone una qualsiasi pace, a condizioni che per quanto moderate fossero tali da menomare il suo prestigio. L'idea che quella Potenza si trovi indotta a rialzarlo cercando un qualche successo da altra parte non è certamente un'idea da escludersi a priori. Ma in qual parte? Forse nelle Indie, come lo consigliano gli organi più esaltati del panslavismo? Ma contro questa supposizione si obbietta che una spedizione indiana con le relative sue complicazioni nell'Afganistan e altrove non riuscirebbe meno difficile né meno costosa di quella di Manciuria, e la ragione si rifiuta ad ammettere che la Russia, appena uscita con forze stremate da questa avventura, possa commettere la follia di arrischiarne una seconda. Codesta obbiezione però, si osserva, non milita con pari efficacia contro l'eventualità di una qualche impresa in direzione del Bosforo e il Governo di Pietroburgo ben potrebbe trovarsi tentato a cercare un successo su quel terreno famigliare alla sua politica tradizionale per una causa atta a riaccendere gli entusiasmi del popolo russo e nella trattazione della quale prevarrebbe l'azione diplomatica appoggiata dalla Francia verso le altre Potenze, mentre verso la Turchia basterebbe all'occorrenza una piccola parte delle forze militari richiamate dali 'Estremo Oriente.

Sono queste ben s'intende semplici congetture subordinate non soltanto all'esito dubbioso dell'attuale guerra, ma all'influenza incalcolabile delle circostanze che al momento del suo termine saranno create sia da altri eventi esteriori di ordine internazionale, sia dal nuovo fattore che ora sembra affacciarsi riguardo alla situazione interna della Russia. Stimo tuttavia non inutile il renderne conto a V.E. come indizio del senso di grave inquietudine col quale vengono contemplate dal mondo politico di questo Paese le incertezze del prossimo avvenire 1•

759

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1475/556. Londra, 8 dicembre 1904 (perv. il 14).

Non mi è pervenuto finora riscontro al dispaccio del 20 novembre n. 5341 , col quale esponendo a V. E. talune considerazioni relativamente ai progettati accordi pel Benadir Zanzibar e per Kisimajo, le chiedevo di volermi favorire a proposito le sue istruzioni. Tenuto conto, d'altra parte, del desiderio che ella aveva manifestato di

vedere sollecitata la loro definizione, ho cominciato col riprendere i negoziati circa il progetto concernente il riscatto del Benadir e la giurisdizione consolare nel Zanzibar, che, oltre a sembrarmi il più urgente, presenta anche minore difficoltà in rapporto agli emendamenti dal R. Ministero desiderati.

Tali emendamenti erano tre e concernevano:

l) l'epoca da fissarsi per la nostra rinuncia alla giurisdizione nel Zanzibar; 2) le riserve circa il trattamento da applicarsi alla gente di colore nei porti riscattati del Benadir; 3) la forma dell'accordo, per la quale si chiedeva di fare adottare quella della Convenzione anglo-germanica del 1890 pel riscatto della concessione tedesca Ost-Afrika.

Come primo risultato dello scambio di idee da me condotto su codesti punti col Foreign Office, ho l'onore di rimettere qui unito il testo di una nota2 che il marchese di Lansdowne si dichiarò disposto a dirigermi e da scambiarsi con altra mia che, prendendone atto, completerebbe in quei termini l'accordo dei due Governi.

Effetto di codesto scambio sarebbe, dal punto di vista della forma, di risparmiare gli indugi che deriverebbero dalla necessità di una nostra diretta convenzione col sultano di Zanzibar. Come risulta dai termini stessi della nota, le clausole in essa specificate sarebbero gia presentate in nome e per conto del sultano, della cui adesione si porterebbe garante il Governo britannico, né altro più occorrerebbe da parte nostra per rendere definitivo l'accordo. Riesce così praticamente applicato il terzo dei sovra-enunciati emendamenti, secondo il desiderio di V.E.

Quanto al primo di questi emendamenti, esso risulta in parte accettato, nel senso che invece di consegnare la nostra rinuncia alla giurisdizione nel Zanzibar in un atto separato con scadenza fissa (come nelle precedenti proposte inglesi) tale rinuncia viene ora a formar parte dell'accordo pel riscatto del Benadir e per modo da entrare in vigore simultaneamente all'esecuzione del riscatto stesso. Riferendomi alle osservazioni esposte circa questo punto nel mio citato rapporto, rammento che l'attuale soluzione è quella che mi venne verbalmente raccomandata da V.E. quando ebbi l'onore di conferire con lei al mio passagio per Roma. Ritengo quindi che anche questa clausola possa considerarsi come stabilita in modo per noi soddisfacente.

Rimane la questione toccata dall'altro di quegli emendamenti, relativa cioè al trattamento della gente di colore nei territori riscattati. Come lo prevedevo, la domanda da me presentata su codesto punto ha incontrato qualche obbiezione, riuscendo difficile al Foreign Office di stipulare pel sultano di Zanzibar un accordo che apertamente stabilisca una situazione di inferiorità a pregiudizio dei suoi sudditi in un territorio del quale egli stesso cederebbe la sovranità. Vi è di più le considerazioni dei sudditi britannici di razze esotiche verso i quali questo Governo deve pur usare certi riguardi. È vero che gli indiani ed altri simili sudditi britannici sono esposti a un trattamento sfavorevole in certe colonie dello stesso Impero. Ma ciò appunto crea giornalieri imbarazzi al Governo centrale il quale cerca uscirne alla meglio mediante più

o meno monche transazioni fra l'interesse di non offendere la legittima suscettibilità delle razze soggette e l'impossibilità in cui si trova di ingerirsi nelle disposizioni interne di quelle colonie autonome. Ora vi sarebbe una sensibile differenza tra l'ac

conciarsi a simili transazioni e il consegnare in una formale convenzione con estera Potenza il riconoscimento di quella differenza di status.

Pur non potendo io contestare il valore di queste obbiezioni, ho cercato di rappresentare al Foreign Office le ragioni che d'altra parte militavano a favore delle nostre riserve. E poiché mi parve che Jord Lansdowne fosse disposto ad apprezzarle mi permisi di sottoporgli un espediente che potrebbe forse risolvere la difficoltà. Questo consisterebbe nell'aggiungere in fine dell'art. primo le parole: «in conformità dei regolamenti ed usi locali (od altra frase equivalente)»; ed allo scopo di determinare il significato di questa riserva, io dichiarerei in una nota separata al Foreign Office riferirsi quella parola particolarmente alle eventuali restrizioni o norme speciali applicabili alla gente di colore nei territori africani di popolazione mista. Questa nota spiegativa non esigendo di essere pubblicata il testo formale dell'accordo nulla conterrebbe allora che potesse prestarsi a sfavorevoli commenti.

Non ho ancora risposto al Foreign Office circa l'accoglienza fatta a codesta proposizione dalle autorità coloniali che esso si è riservato di consultare.

Per guadagno di tempo informo tuttavia l'E.V. del punto al quale si trova ora condotto questo negoziato circa il quale attenderò le sue definitive istruzioni.

Sono poi in attesa di conoscere le intenzioni del R. Ministero sull'accordo concernente il lease di Kisimajo del quale pure trattava il citato mio rapporto del 20 novembre. Come ebbi ad esporlo a V.E. il progetto da me comunicato era già il risultato di non brevi discussioni sulle condizioni alle quali s'intende qui subordinare quella gratuita concessione. Ciò non menoma ben s'intende il pieno diritto del Ministero di domandare tutte quelle modificazioni che gli sembrano richieste dai nostri interessi. Giacché però, come l 'ho avvertito, è da attendersi che parecchi degli emendamenti proposti non verrebbero accettati, gradirei prima di riaprire le trattative sapere su quali punti dovrò assolutamente insistere, non sembrandomi allo stato delle cose conveniente di mettere innanzi tutta una serie di nuove domande per poi recedere dalla maggior parte di esse.

758 1 Pansa riferì ampiamente sulle relazioni anglo-russe in Asia con R. 1494/568 del 15 dicembre, del quale si pubblicano i passi seguenti: «Le disposizioni militari e politiche sin qui esposte, rappresentanti nel loro complesso una così visibile accentuazione del contegno della Gran Bretagna nelle questioni asiatiche, non possono certamente esser vedute di buon occhio a Pietroburgo, come ben lo indica il malumore manifestato dalla stampa russa. In Inghilterra stessa non mancano le critiche ad una politica che, per quanto difensiva nei suoi intenti, si presta a venir interpretata come un progetto di approfittare degli imbarazzi che ora paralizzano la Potenza rivale. Vi ha chi teme che, a guerra finita, ciò possa provocare da parte della Russia una contro-azione pericolosa; e, oltre agli avversari del Ministero ed a coloro che per principio si professano generalmente più ansiosi del mantenimento della pace, è noto come esista in Inghilterra un gruppo di uomini politici e pubblicisti aperti propugnatori di un'intesa colla Russia. La grande maggioranza della pubblica opinione, animata in oggi da tendenze più o meno imperialiste, si pronuncia però decisamente a favore della politica energica di lord Curzon ... Dalle cose sovra esposte mi sembra però risultare la conferma d eli' opinione da me altre volte espressa, che se, in circostanze favorevoli, sarà possibile una qualche transazione temporanea a base di rinvio delle questioni pendenti, non è d'altra parte verosimile di veder realizzate le speranze di coloro i quali, impressionati dall'esempio del recente accordo anglo-francese, contemplano a breve scadenza lo stabilimento di un'analoga intesa fra la Russia e la Gran Brettagna: trovo già che questa non sia, di per sé, teoricamente possibile. Ma, data la natura immanente degli interessi in conflitto fra i due Stati, oso dire che un simile accordo, per essere duraturo, esigerebbe da entrambi un grado di saggezza superiore a quella che può praticamente attendersi nei rapporti fra le Nazioni quali esistono nei tempi nostri ... Consci di questo stato delle cose nei riguardi verso la Russia, gli uomini di Stato inglesi più riflessivi si rendono conto dei pericoli che, anche ad un potente Impero come il britannico potrebbe in certe evenienze arrecare la presenza simultanea di un secondo formidabile avversario. E perciò essi deplorano l'attuale dissidio colla Germania, dovuto ad antipatie popolari nutrite dalla stampa che vi obbedisce, col risultato di avere già più di una volta compromesso i tentativi fatti per ristabilire le antiche relazioni di amicizia con quella Nazione».

759 1 Cfr. n. 725.

759 2 Non si pubblica.

760

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1926/945. Vienna, 8 dicembre 1904 (perv. il 13).

Al mio ritorno a Vienna ho trovato le condizioni politiche interne della Monarchia sensibilmente turbate.

Le brutali e selvagge aggressioni commesse nella capitale del Tirolo in seguito all'istituzione della facoltà giuridica italiana dalla popolazione tedesca contro gli studenti italiani e contro gl'italiani stessi d'Italia colà dimoranti hanno avuto per conseguenza di rendere più intenso l'antagonismo tra i due elementi e risvegliare ad un tempo l'animosità dell'elemento slavo contro quello tedesco.

La profonda commozione che quegli eccessi hanno destato nelle altre popolazioni italiane della Cisleitania ha provocato vivaci proteste contro il procedere della popolazione tedesca, la condotta del Governo e contro la menomazione dei loro propri diritti.

All'agitazione poi, della quale era stata invasa la popolazione del Tirolo, si sono associate le altre popolazioni tedesche e nella violenza della loro passione politica sono trascese in dimostrazioni pangermaniche contro le quali hanno reagito le popolazioni slave della Boemia e della Dalmazia col votare risoluzioni in cui si rivela la loro avversione contro l'elemento tedesco e la loro simpatia verso quello italiano.

La lotta quindi che erasi prima impegnata per la coltura col trasformarsi in una lotta per l'esistenza ha finito per assumere un carattere eminentemente nazionale che ravvivando gli antichi odi di razza ha avuto una ripercussione nei vari partiti del Parlamento complicandone maggiormente la situazione e rendendo più difficile l'opera di conciliazione intrapresa dal Governo.

Il viaggio effettuato dal presidente del Consiglio in Galizia nella scorsa estate e le dichiarazioni da esso fatte in tale circostanza intese a rassicurare i deputati tedeschi contro l 'istituzione in Moravia dei corsi paralleli czechi come i recenti cambiamenti avvenuti nel Gabinetto che miravano, col ripristinamento di un Ministero speciale per la Boemia, a cattivarsi gli animi dei Governi czechi davano a sperare che lo scopo che il presidente Koerber erasi prefisso sarebbe potuto essere raggiunto inducendo i due partiti avversi a venire ad un compromesso che riattivasse il regolare andamento dei lavori parlamentari.

Ma le vivaci discussioni a cui hanno dato luogo fin dalla riapertura della Camera i luttuosi fatti d'Innsbruck e le accuse delle quali è stata fatta segno la politica seguita dal Governo da parte dei deputati tedeschi ed italiani come pure da parte di quelli socialisti fanno dubitare che le speranze che si nutrivano non sieno per realizzarsi.

Gli incidenti spiacevoli che in tali discussioni avvennero e gli attacchi che da questi ultimi furono rivolti verso la dinastia sono sintomi poco rassicuranti e meritano d'essere rilevati, tanto più in quanto che è la prima volta che in pieno Parlamento si accenna in modo così poco conveniente alla persona del sovrano ed alla condotta privata di membri della famiglia imperiale.

D'altra parte non sembra che le disposizioni che vennero finora manifestate dai Giovani Czechi sieno tali da far supporre che vogliano abbandonare ogni idea d'ostruzionismo se concessioni non fossero fatte dal Governo circa le domande da loro più volte accampate relativamente all'uso della lingua czeca negli uffici amministrativi interni ed all'istituzione d'una seconda università czeca.

Alla lotta che si combatte tra i vari partiti nazionali si è aggiunta l'agitazione promossa da quello socialista che si manifestò nello scorso novembre in Vienna in seguito alle dimostrazioni di simpatia di cui fu fatto segno nell'occasione dell'anniversario del suo 60° anno il borgomastro dottor Lueger per parte del partito cristiano sociale, del quale è uno dei principali capi.

Quantunque il partito socialista non costituisca ancora in Austria una vera forza come in altri Stati d'Europa, esso ha potuto però estendere la sua azione in tutte le provincie e penetrare maggiormente nelle campagne, nonostante la grande importanza data alle quistioni di nazionalità che assorbono le forze vitali delle popolazioni. Da più tempo esso ha preso uno sviluppo naturale nella capitale ed una prova dell'attività della sua propaganda è il nuovo impulso dato al movimento elettorale che si è andato svolgendo nelle provincie.

Né meno turbate sono le condizioni interne politiche dell'Ungheria.

L'E.V. sarà stato informato dal reggente del r. consolato in Budapest della lotta impegnata tra il conte Tisza ed i partiti coalizzati dell'opposizione capitanati dal conte Apponyi, B. Banffy e dal S. Kossuth, per la modificazione del regolamento della Camera dei deputati e della vittoria momentanea riportata dal Governo colla votazione per parte della maggioranza della mozione Daniel, intesa a stabilire in via provvisoria una severa procedura per l'andamento dei lavori parlamentari.

L'agitazione vivissima che in seguito all'adozione di tale mozione si è prodotta nell'opposizione ed a cui questa cerca di associare il Paese e gli sforzi non meno vivaci che fa il conte Tisza per guadagnarlo alla sua causa non permettono per ora di giudicare quali conseguenze saranno per derivarne per le sorti del Gabinetto.

Ma, nonostante la defezione di alcuni principali membri del partito liberale, che pur ammettendo la necessità di venire alla modificazione del regolamento non hanno creduto di approvare i mezzi adoperati dal Governo per far votare la mozione suddetta, la posizione di questo non sembra per ora scossa nel Paese come presso la Corona.

La condizione di cose da me qui sopra delineate non sono invero molto soddisfacenti, ma non conviene esagerarne l'importanza, non essendo esse per ciò che riguarda la Cisleitania che un indice di quel malessere cronico di cui soffre da più tempo e che deriva dalla disparità di aspirazioni delle varie nazionalità che la compongono, ma tale malessere che si manifesta di quando in quando assumendo talvolta un carattere più acuto minaccia la compagine della Monarchia e potrebbe in un dato momento indebolire l'azione del Governo non solo all'interno ma anche ali' esterno.

I tentativi fatti fin dall'istituzione del dualismo dai vari Gabinetti che si succedettero al potere per ovviare alle difficoltà che si oppongono al libero andamento delle funzioni amministrative e parlamentari si sono sempre urtati contro l'impossibilità di dare soddisfazione alle pretese accampate dalle differenti nazionalità la cui accettazione non avrebbe potuto che modificare le basi stesse della Monarchia.

L'imparzialità però alla quale il signor Koerber pretende di volere informare, secondo egli dichiara, la sua politica di fronte alle varie nazionalità se è stata da esso praticata verso la popolazione tedesca e ceca, non è stata seguita verso le popolazioni italiane, alle quali al pari dei suoi predecessori non ha mai voluto concedere le franchigie a quelle attribuite, rifiutando loro la propria autonomia e l'istituzione di una propria università. Si è creato quindi uno stato di cose il quale non ha potuto non suscitare le giuste preoccupazioni della parte più illuminata dell'opinione pubblica che dovrebbe consigliare il Governo a portarvi un pronto rimedio coll'iniziare una politica di pacificazione verso le popolazioni italiane, richiesta non solo da ragioni interne ma anche da considerazioni internazionali, col permettere il normale svolgimento della loro nazionalità, ciò che non potrebbe che cattivargli le loro simpatie e porre termine ad un tempo alla lotta tra due nazionalità che per la loro cultura e civiltà sono destinate a procedere d'accordo.

761

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2443/215. Pera, 11 dicembre 1904, ore 11,50.

Ambasciatore di Austria-Ungheria è venuto oggi a darmi lettura nota che da lui e collega russo sarà spedita domani in replica a quella Sublime Porta menzionata mio telegramma n. 211 1• Calice mi ha inoltre dichiarato che tanto egli, quanto Zinoviev sarebbero lieti stabilire con loro colleghi Potenze aventi ufficiali Macedonia modalità azione collettiva, allo scopo di vincere resistenza Governo ottomano. Ho risposto, benché personalmente favorevole tale azione, non potevo prendere impegni senza ordini. Pur non garantendo risultato azione collettiva, mi sembra, in ogni caso, opportunissimo per fine generale nostra politica. Prego V.E. telegrafarmi di urgenza se sono autorizzato prendere al riguardo accordi con le loro viste.

762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

[Roma, 11 dicembre 1904].

Rispondo contemporaneamente alle due lettere particolari che ella mi ha diretto in data lo e 29 novembre2 , e che si riferiscono, l'una e l'altra, alle cose in Macedonia.

Le lagnanze che da più parti sono giunte a lei e a me sul modo come i nostri ufficiali hanno disimpegnato sinora il loro ufficio in Macedonia non hanno mancato, come ella facilmente può immaginare, di preoccupare grandemente me e il mio collega della guerra.

Ho scritto privatamente al generale De Giorgis per avere esplicite spiegazioni in proposito; le sue risposte3 mi lasciano sperare che ciò che vi è di vero in quelle lagnanze sia dovuto a cause transitorie, che già sono andate parzialmente e sempre più andranno via via eliminandosi.

Ritengo che i criteri con i quali quei primi ufficiali furono scelti abbiano contribuito non poco a creare i deplorati inconvenienti. Confido che ciò non si verificherà pei nuovi ufficiali. Ho rivolto in proposito al generale Pedotti le più vive raccomandazioni.

Anche gli interpreti, che ho potuto ottenere per i nostri ufficiali, ne faciliteranno, io spero, il compito delicato.

2 Cfr. nn. 692 e 745.

3 L. riservata 517 del 4 ottobre, non pubblicata.

Sono giustissime le lagnanze di lei verso il colonnello Albera, che non tiene, come dovrebbe, la r. ambasciata al corrente di tutto ciò che avviene in quella parte del vilayet di Monastir dove si esercita la sua azione e che è di natura da poter interessare l'ambasciata medesima. Non ho mancato di rivolgere in proposito le più precise istruzioni al colonnello. Mi auguro che esse abbiano già avuto buon effetto. Se ciò non fosse, e nuove ragioni ella avesse di dolersi, voglia scrivermene; e più sollecito sarebbe, io credo, che ella ne scrivesse direttamente al colonnello Albera stesso, richiamandosi alle mie precise istruzioni.

Per la conoscenza che ho del carattere del generale De Giorgis, credo di potere escludere che egli possa avere esercitato qualunque influenza sul contegno del colonnello Albera a riguardo della r. ambasciata; benché certamente le considerazioni che ella mi espone possano dar corpo a una simile supposizione.

Per parlarle francamente, io ritengo che il generale De Giorgis abbia preso un po' troppo sul serio la sua qualità di generale al servizio ottomano, considerando da un punto di vista troppo esclusivamente tecnico la sua missione. È così che io credo di dover spiegare il contegno da lui tenuto verso di lei, e, aggiungo ancora, verso il Ministero. Per non ricordare che fatti recentissimi, tanto la decisione di non ricevere, neppure in qualità di ufficiali di Nazioni amiche, i nuovi ufficiali austriaci e russi4 , quanto la proposta da lui fatta per l'anticipazione delle somme occorrenti per il pagamento della truppa e dei funzionari turchi in Macedonia, furono prese dal generale De Giorgis a completa insaputa del R. Governo, il quale ebbe poi a manifestargli il proprio punto di vista differente dal suo5 .

Questo ho voluto dirle perché mi preme togliere dall'animo di lei qualunque supposizione che l'attitudine del generale De Giorgis sia dovuta a ragioni personali, mentre io ritengo, invece, che essa sia il risultato di una linea di condotta generale.

Ciò premesso mi affretto a dirle che, ritenendo giustissime le sue lagnanze, ho scritto e telegrafato al generale De Giorgis esprimendogli il mio avviso sulla necessità che egli proceda d'accordo con lei, e pregandolo anzi di recarsi a tale uopo appositamente a Costantinopoli. Ho altresì pregato il generale Pedotti di scrivergli nel medesimo senso. Vedremo con quale risultato!

La sua lettera del 29 novembre tratta di questioni ancor più gravi, più delicate e difficili.

Anche questa volta io sono perfettamente d'accordo con lei; sia nell'apprezzare la condotta del barone Calice verso di lei, sia nella nostra convenienza di procedere per quanto è possibile d'accordo con l'Austria, e convergere a tale fine ogni nostro sforzo.

Purtroppo ho minore fiducia sull'efficacia dei mezzi che ella propone per raggiungere l'intento.

È evidente che il contegno chiuso e riservato assunto, specialmente in questi ultimi tempi, dal barone Calice, mal si addice ai rapporti di alleanza fra i due Stati, e, come ella ben rileva, è in aperta opposizione con la lettera e con lo spirito del Trattato.

5 T. 1951 del l o dicembre, non pubblicato.

Ma purtroppo la lettera e lo spirito del nostro patto d'alleanza sono stati ben più profondamente vulnerati nel giorno in cui si sono stretti tra l'Austria e la Russia quegli accordi che han creato l'attuale situazione politica.

Fin dai primissimi tempi in cui assunsi la direzione della nostra politica estera, io mi preoccupai di ciò; e pensai, io pure, che la Germania dovesse essere la naturale mediatrice nostra con l'Austria; e in forma particolare io mi rivolsi a tale uopo al Governo germanico6 , sperando di averne delle spiegazioni per il passato, e delle garanzie per l'avvenire.

L'accoglienza fatta dal Governo germanico alle mie confidenziali aperture fu altrettanto cordiale nella forma quanto poco concludente nella sostanza. Il passato rimaneva quel che era; per l'avvenire il Governo germanico si dichiarava profondamente convinto e sicuro della lealtà del Governo austriaco nel voler mantenere lo status quo territoriale in Macedonia.

A questo primo mio passo presso il Governo di Berlino, altri anche recentissimi, ne ho fatti seguire. Il risultato fu sempre lo stesso; e non vi è dubbio che una identica risposta sarebbe riservata a un nuovo tentativo che io mi decidessi a fare nel senso da lei accennato.

Del resto, quand'anche la Germania fosse veramente disposta ad esercitare un'azione energica e continuata, con l'intento di persuadere l'Austria ad associare lealmente l'Italia all'opera delle riforme in Macedonia, non credo che tale azione potrebbe condurre a pratici risultati.

Ho ragione per credere che l'Austria non veda di buon occhio quell'incremento d'influenza che indubbiamente, per varie ragioni e in vari modi, noi abbiamo potuto in questi ultimi tempi assicurarci nella penisola balcanica; ed è certo che nulla essa farà perché tale influenza aumenti ancora di più.

Ciò non ostante, nel nostro interesse, e appunto per le ragioni che ella addita, noi dobbiamo procedere, per quanto ci è possibile, d'accordo con l'Austria, inspirando e ottenendo nei limiti del possibile una maggiore fiducia. E in tale senso io mi propongo di scrivere al duca Avarna7 , affinché nell'occasione e nel modo più opportuno intrattenga di ciò lealmente e amichevolmente il conte Goluchowski. Ma in considerazione appunto degli scarsi risultati chi io mi attendo da una diretta intesa con l'Austria, conviene mantenere e accrescere in ogni modo i nostri contatti con l 'Inghilterra, i cui intenti politici in Macedonia son quelli che più si avvicinano ai nostri. Per quanto sia vero quanto ella scrive sulle ragioni che rendono oggi meno attiva la politica inglese in Macedonia, pure io ritengo che essa non consentirebbe mai la sua adesione a qualche nuovo atto che potesse ancor più radicalmente alterare l'attuale situazione politica, non solo dal punto di vista territoriale, ma da quello altresì della rispettiva influenza.

Quanto alla Francia, è ben vero che, nella politica balcanica specialmente, essa è tutta ligia alla Russia; ma appunto per ciò non è da escludere che, in determinate circostanze, la sua azione politica possa svolgersi in modo parallelo alla nostra, ad integrare l'azione della Russia che, diretta a bilanciare quella dell'Austria, si trova oggi forzatamente diminuita per gli impegni dell'Estremo Oriente.

7 Cfr. n. 764.

È inutile che io le dica con quanto interesse e con quanta vigile attenzione io segua lo svolgersi di tutti gli avvenimenti, piccoli o grandi, che riguardano la penisola balcanica, e che possano preparare le nuove fasi della politica europea in quella regione. Gli indizi e gli elementi di informazione possono essere raccolti e spiati assai più utilmente e facilmente a Costantinopoli che nelle capitali europee. lo le sono pertanto assai grato delle comunicazioni che ella mi manda e delle osservazioni che mi sottopone, e la prego vivamente di volermele continuare nell'avvenire, con quello zelo, con quell'intelligenza e con quella sagacia, delle quali ella ha potuto già dare tante prove in questi primi mesi della sua delicata e difficile missione.

761 1 Cfr. n. 755.

762 1 Il testo che si pubblica è una copia della minuta, priva di data, che però è il giorno Il, come risulta dalla risposta di Imperiali.

762 4 Cfr. n. 746.

762 6 Cfr. n. 4.

763

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. RISERVATA. Roma, 11 dicembre 1904.

L'E.V. ben sa che, dopo i tragici fatti che hanno insanguinato il trono di Serbia, i rapporti diplomatici fra quello Stato e l'Inghilterra sono rimasti e rimangono tuttora sospesi, mentre sono stati via via regolarmente ristabiliti con tutti gli altri Stati.

Re Pietro e il suo Governo sono assai dolenti di questo stato di cose; al nostro augusto sovrano (del quale ella ben conosce i vincoli personali di parentela e di amicizia che lo legano al sovrano di Serbia) e al R. Governo (al quale preme molto mantenere e aumentare le simpatie e i legami di gratitudine con gli Stati balcanici) riuscirebbe assai gradito di poter contribuire acché i rapporti diplomatici fra i due Paesi siano normalmente ripresi.

lo la prego pertanto di voler indagare gli intendimenti e le disposizioni di codesto Governo, in quel!' occasione e in quella forma che ella, nel tatto e nella sagacia sua, giudicherà più convenienti. E qualora, come confido, queste prime indagini siano tali da poter dare qualche affidamento di buon successo, io la autorizzo e la prego di esercitare e di offrire la sua e la nostra opera di amichevole mediazione, nei modi più opportuni.

Di ciò che ella sarà per fare, e delle accoglienze che verranno fatte alla sua apertura, io la prego di tenermi sollecitamente e diffusamente informato 1•

763 1 Pansa rispose in maniera interlocutoria con L. particolare 45 del 17 gennaio 1905, non pubblicata.

764

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

L. CONFIDENZIALE. Roma, 11 dicembre 1904.

Ritengo opportuno di darle comunicazione confidenziale di una lettera privata scrittami dal marchese Imperiali 1 , e della mia risposta2 , con la preghiera di volermi cortesemente restituire l'una e l'altra. Dalla mia risposta al marchese Imperiali ella rileverà tutto il mio pensiero, che ho ragione di credere che concordi col suo.

Per quanto, pertanto, io poco confidi in un'azione, sia diretta che indiretta, esercitata sull'Austria per gli scopi desiderati dal marchese Imperiali e dal R. Governo, ciò non ostante io credo che una leale e amichevole comunicazione al conte Goluchowski potrebbe ottenere che almeno le forme (e forse anche una piccola parte di sostanza), fossero meglio salvate nei reciproci rapporti fra i due Governi, e particolarmente nei rapporti personali fra il barone Calice e il marchese Imperiali per ciò che si riferisce alla Macedonia.

Ma sulla convenienza di tale comunicazione, e particolarmente poi sull'occasione, sul modo, sull'estensione da dare alla comunicazione stessa, io voglio e debbo rimettermi completamente al tatto e alla saggezza dell'E.V., e alla perfetta conoscenza che ella ormai ha potuto costì procurarsi delle persone e delle cose.

Gradirò che a suo tempo ella mi informi del suo modo di vedere e di ciò che eventualmente avrà creduto di dover fare; pregandola in ogni modo di agire in guisa che la persona del marchese Imperiali non sia per nulla compromessa e che non ne possa venire detrimento ai rapporti personali di lui col barone Calice; il che potrebbe avvenire qualora questi potesse supporre che il marchese Imperiali abbia fatto delle lagnanze contro di lui, mentre, in sostanza, si tratta invece di un apprezzamento sopra un indirizzo politico generale che ella a Vienna ha potuto constatare altrettanto quanto il marchese Imperiali a Costantinopoli.

765

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2449/235. Vienna, 12 dicembre 1904, ore 22,30 (perv. ore 7 del 13).

Ho profittato oggi occasione favorevole per parlare al conte Goluchowski nel senso del telegramma di V.E. n. 19801• Goluchowski ha ricordato dichiarazioni fattemi, aggiungendo che invio cinque battaglioni provincie Gorizia, Trento e Trieste, che non sarebbe avvenuto che in date separate, non faceva che ristabilire guarnigioni in

2 Cfr. n. 762. 765 1 Cfr. n. 756.

quelle provincie nelle quali trovavansi nel tempo ... 1• Queste truppe che, per ragioni speciali, erano state traslocate in altra parte della Monarchia, sarebbero state rinviate, per provvedimenti ordine puramente interno, località ove erano prima di stanza.

764 1 Cfr. n. 745.

766

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 1910/699. Berlino, 12 dicembre 1904 (perv. il15).

A me non è noto se codesto R. Ministero degli affari esteri sia abbonato al giornale, che vede la luce in questa capitale, Die Post. Questo foglio, ch'è organo autorevole del partito conservatore, ha nel suo numero di sabato un articolo molto interessante sulle manovre della stampa francese contro la Triplice Alleanza. Occasione a questa scesa in campo del giornale conservatore è stata data specialmente da due articoli, uno del Journal des Débats che, prendendo argomento dai recenti fatti di Innsbruck e dalla discussione della interpellanza Barzilai, ultimamente avvenuta nella nostra Camera dei deputati, assicura ai suoi lettori francesi che in Italia va sempre più aumentando il malanimo non solo contro i tedeschi austriaci, ma anche contro i tedeschi, sudditi dell'Impero germanico, perché, secondo il giornale francese, tanto i primi che i secondi per i fini e per l'interesse del pangermanesimo sono affetti in pari misura da italofobia. L'altro del Figaro nel quale, parlandosi della sospensione del negoziato commerciale tra la Germania e l'Austria, si accusa la prima di voler imporre la propria volontà a danno della seconda.

Lo scopo di questi articoli, secondo la Post, è evidente ed è conforme alle mene proseguite già da lungo tempo dalla stampa francese in generale, di seminare zizzania tra gli Stati componenti la Triplice, di cercare d'indebolire questa alleanza che tanto pesa alla Nazione vicina d'oltre Reno. «Tante parole e tante poche verità» risponde il giornale tedesco al Journal des Débats. Ogni conoscitore dello stato vero delle cose sa che il movimento pangermanico austriaco non può essere identificato in nessuna maniera col movimento degli Alldeutsche in Germania, e che nessuno dei due gruppi ha quella importanza, quella influenza che sulla Senna viene ad essi attribuita. Altrettanto ridicola è l'asserzione che il pangermanesimo viene favorito dal Governo imperiale. Basta leggere il resoconto delle sedute del Reichstag per avere un'idea delle accuse e degli attacchi che il deputato pangermanico Hasse ha diretto in passato a tal proposito al Governo imperiale. Come pure niente è più falso che di asserire che gli Alldeutsche dell'Impero lavorino per far saltare all'aria l'Austria. «Nessuno dei cancellieri dell'Impero, dacché questo esiste, ha lasciato sussistere il men che minimo dubbio sul grande interesse della Germania a che la Monarchia austro-ungarica non sparisca. L'Impero germanico pur facendo astrazione dai doveri d'onore e di fedeltà all'alleanza che gli incombono non desidera nessuna annessione dell'elemento tede

sco-austriaco. Una tale annessione non gli arrecherebbe che danni gravissimi e aumenterebbe le sue già grandi difficoltà interne. Il Governo tedesco è altresì contrario ad ogni ingerenza nella politica interna dell'Austria; come sarebbe desiderata da parte dei pangermanici austriaci. Esso combatte le mene di questi con altrettanta energia e risolutezza quanta ne usa il Governo italiano contro l'azione deii'Irredenta».

Passando poi a combattere l'accusa di italofobia lanciata dal Journal des Débats contro il popolo tedesco, la Post chiama questa accusa oltre che perfida, comica. «Non vi ha al mondo altro popolo che nutra un così intimo fraterno interesse per la vita politica e intellettuale degli italiani come il tedesco. L'Italia è a noi unita da secoli dalla tradizione, dalla storia, dalla scienza e dall'arte. Questo Paese è divenuto appunto per noi un oggetto di ammirazione e d'amore. Non vi è alcun tedesco istruito che non sia animato dall'ardente desiderio di toccare almeno una volta il suolo d'Italia». Questo a Roma è conosciuto, continua la Post, come pure là ben si sa che in Francia più specialmente cova il malanimo contro l'Italia per essersi questa liberata dalla dipendenza della sorella latina. Anche la campagna sostenuta dalla stampa francese per staccare l'Italia dalla Triplice Alleanza non da altro è dettata se non dal desiderio di tornare a far da padrone nella Penisola. Riguardo poi alle insinuazioni del Figaro, l'organo del partito conservatore, osserva che non val proprio la pena di rilevarle; ogni ben informato uomo politico sa che la Germania nel negoziato coll'Austria-Ungheria si è condotta in una maniera sotto ogni aspetto leale, e che niente altro ha cercato e cerca se non un'equa composizione degli interessi commerciali dei due Paesi. Senonché il punto morto in cui era venuto a trovarsi quel negoziato pare che già sia stato felicemente superato e così anche questo nuovo attacco della stampa francese contro la Triplice cadrà nel vuoto. Del resto questa Alleanza sarebbe rimasta quand mème in vita, e continuerà a mettere in opera tutte le sue forze per il mantenimento della pace come sempre ha fatto fin dal giorno della sua origine.

Ho creduto mio dovere di attirare l'attenzione dell'E.V. su quest'articolo e di riassumerlo, perché sebbene quel giornale non sia solito ricevere ispirazioni dalla Wilhelmstrasse, o a pubblicare articoli ufficiosi, esso è l'eco di ciò che si dice sull'argomento in questi circoli politici.

765 1 Gruppo indecifrato.

767

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 1636/632. Costantinopoli, 12 dicembre 1904 (perv. il 21).

Ringrazio vivamente l'E.V. per i dispacci 22 e 28 novembre, n. 4981 e n. 5162 , dai quali rilevo con soddisfazione come le considerazioni che ho avuto l'onore di sottometterle circa l'attuale fase della questione macedone e circa l'interesse sommo

2 Cfr. n. 742.

che presenta per noi il ricondurre la quistione alla competenza del concerto europeo, contro la tesi praticamente sostenuta dall'Austria-Ungheria e dalla Russia, abbiano avuto la ventura di attirare la benevola attenzione dell'E.V.

È indubitato che il miglior mezzo per uscire da questa, a mio avviso, pericolosissima situazione, sarebbe di concordare con l'Inghilterra un'azione comune sulla base di un programma ben definito, più pratico, più completo, meglio atto a rimediare ai mali che travagliano la Macedonia, tale infine da potersi vantaggiosamente coordinare con quello di Miirzsteg. A tradurre in atto le nuove riforme potrebbero eventualmente, quando si volessero escludere gli agenti delle Grandi Potenze, essere adibiti funzionari di Stati minori, sotto il controllo degli ambasciatori.

Dall'interessante rapporto di S.E. il cavalier Pansa ho purtroppo rilevato come il marchese di Lansdowne non sembri al momento disposto ad assumere un atteggiamento più energico ed a prendere maggiore e più diretta ingerenza nella questione macedone. Dal medesimo ho pure potuto, e non senza sorpresa, constatare come, dopo il suo ritorno in Inghilterra ed evidentemente in seguito ai colloqui avuti con i suoi capi, le vedute di sir Nicholas O'Conor siano venute di molto modificandosi. Ben diverso era il suo linguaggio a Terapia. Molteplici ed essenziali erano i piani di riforme da lui accennati e per l'introduzione dei quali, riteneva egli, avrebbe l'Inghilterra dovuto energicamente insistere.

Come ho già riferito, sir Nicholas trovandosi attualmente ancora in Inghilterra, non mi sarà possibile di avere con lui quello scambio preliminare di idee il quale, secondo che saggiamente osserva l'E.V., dovrebbe precedere una nostra eventuale pratica al Foreign Office.

Tale scambio di idee potrà del resto aver luogo lo stesso a Londra, ed anche più utilmente, tra il cavalier Pansa, sir Nicholas ed il marchese di Lansdowne.

Nella supposizione però che il Governo britannico non intenda per ora esplicare maggiore attività ed intervenire più direttamente nella quistione macedone, sorge naturalmente la domanda: che cosa farà il Governo del re per impedire una novella e più rigorosa accentuazione dell'egemonia austro-russa in quella regione? A tale domanda, uscirei dalla cerchia delle mie attribuzioni se volessi attentarmi a dare una mia risposta. Mio stretto dovere è però, signor ministro, di additarle il pericolo. Esso esiste e potrebbe non essere lontano. Avant'ieri ancora discorrendo con l'ambasciatore di Germania, S.E. mi comunicava amichevolmente la sua opinione personale che ad una novella e più completa edizione del programma di Miirzsteg conviene aspettarsi. Nel prossimo novembre scade il termine fissato dal programma medesimo per l'esecuzione delle riforme e non è certo da prevedere che a quell'epoca le due Potenze dichiarandosi soddisfatte dei primi risultati dell'opera loro si decidano a non proseguirla e a non perfezionarla.

Senonché, date le condizioni sempre peggiori dei vilayet di Macedonia, e considerato che l'insufficienza delle riforme introdotte salta ormai agli occhi di tutti, vi ha ogni motivo di temere che le due Potenze non aspettino nemmeno il novembre per concordare tra loro nuove riforme e più radicali, prendendo le debite precauzioni per affidarne l'esecuzione esclusivamente a funzionari austro-russi e ciò a totale vantaggio d eli' incremento della preponderanza dei due Imperi in Macedonia. Analoghe apprensioni mi sono state confidenzialmente manifestate da un alto funzionario della Porta col quale ebbi occasione di intrattenermi ieri.

Se tale deplorata eventualità dovesse presto o tardi verificarsi e se, dalla partecipazione diretta agli accordi e dalla esecuzione delle riforme, dovesse anche questa volta trovarsi esclusa l'Italia, non è mestieri che io dica quanto danno ne verrebbe al nostro prestigio e quale pernicioso nocumento allo sviluppo dell'influenza nostra in Oriente.

È pertanto contro tale pericolo che importa sommamente, a mio modesto avviso, che noi ci premuniamo con tutti i mezzi che sono a nostra disposizione, adoperandoci strenuamente e col massimo vigore per ottenere che, quale che sia il contegno delle altre Potenze, l'Italia, che ha in Oriente interessi di primo ordine, partecipi ad ogni costo alle riforme di Macedonia, in considerazione pari a quelle d eli' AustriaUngheria e della Russia. Se tale scopo sarà possibile di raggiungere mediante il tanto desiderato e desiderabile ristabilimento della competenza del concerto europeo, tanto meglio per noi e per gli altri. Altrimenti converrà sperimentare altra linea di condotta.

Su tale delicato argomento non insisto qui, perché mi sono già permesso di manifestare per altra via, e con rispettosa franchezza, il mio remissivo parere ali'E.V.

767 1 D. 55863/498, non pubblicato.

768

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

D. 59183/938. Roma 13 dicembre 1904.

Ho il pregio di segnare ricevuta all'E.V. della nota n. 45642 (divisione seconda) del 2 agosto u.s. 1 circa l'opportunità di patrocinare presso S.M. il re la domanda di accordare il suo patronato al congresso coloniale da tenersi ali' Asmara.

Ho atteso a rispondere per poter anzitutto sentire il parere di S.E. l'onorevole Martin i e quindi assumere le maggiori informazioni circa l'importanza ed utilità del futuro congresso e sulle probabilità che esso dia affidamento di buon esito.

Ora questo congresso, che, con la recente riunione in Napoli dei suoi promotori e la susseguente costituzione del comitato esecutivo con a capo l'ammiraglio Candiani d'Olivola in qualità di presidente, è entrato nel periodo effettivo di preparazione, ha dimostrato di aver incontrato così nel pubblico degli studiosi come in quello dei commercianti e degli industriali [sic], mentre la serietà delle persone che si sono accinte all'impresa dà affidamento di successo.

La nostra colonia non avrà quindi che ad avvantaggiarsene, epperò così il Governo coloniale come questo Ministero ritengono opportuno incoraggiare ed aiutare i promotori del congresso.

Io sono quindi del parere che sia opportuno patrocinare presso S.M. il re la concessione del chiesto sovrano patronato, concessione che per quanto mi consta non trova seco alcun onere finanziario.

768 1 Non pubblicata.

769

IL CONSOLE A INNSBRUCK, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2608/195. Innsbruck, 15 dicembre 1904.

Le speranze di un vicino rasserenamento della pubblica opinione e di una mitigazione della lotta contro l'elemento italiano non vennero, purtroppo, ancora confermate dalla realtà dei fatti. Giacché, se il parossismo, che invase questa città all'inizio dello scorso mese, non ebbe più in seguito clamorose manifestazioni, pure la persecuzione continua, intransigente e tenace. È una lotta con forma sovratutto economica, volendosi obbligare gli italiani a ritirarsi davanti alla prospettiva della rovina e della miseria, ma nulla è lasciato intentato di quanto possa in qualsiasi modo offendere la dignità e la suscettibilità nazionale. Così furono proibite dal municipio le funzioni e le istruzioni religiose, che da tempo immemorabile si tenevano in lingua italiana nella chiesa dell'ospedale; così vien proscritta nei pubblici spettacoli e nelle pubbliche mostre ogni manifestazione della nostra arte e la réclame nei giornali e negli avvisi trova facili argomenti a danno ed a dileggio degli italiani. Caratteristico è il fatto del principale editore della città che si ricusò in questi giorni di continuare la pubblicazione di un'opera scientifica del prof. Galante, giustificando il rifiuto coi propri sentimenti naziona

li: sarà interessante il giudizio, che di questo pretesto darà il tribunale a cui il danneggiato intende ricorrere. Sifatta agitazione è tenuta quotidianamente viva dai giornali Innsbrucker Nachrichten e Tiroler Tageblatt, ed è aumentata dopo che !'Alto Adige di Trento ha preso l'iniziativa di una campagna contro le scuole tedesche di quella città.

Tale campagna si esplica soprattutto colla pubblicazione dei nomi delle famiglie italiane del Trentina che inviano i loro figliuoli a quelle scuole e con commenti che convertono in vere liste di proscrizioni siffatti elenchi. Non è perciò una propria lotta contro i tedeschi, di cui si fa paladino l'organo irrendentista, ma bensì contro gli italiani che egli accusa di farsi complici e strumenti di un'opera di «imbastardimento» e più ancora «di demoralizzazione e di corruzione».

Dalla pubblicazione sono colpite non poche famiglie (fra cui anche di opinioni liberali) le quali, preoccupandosi dell'avvenire dei loro figli e della necessità per questi, se vogliono avere impieghi in Austria, di conoscere a fondo la lingua tedesca, desiderano che tale insegnamento sia impartito, come non può esser dato nei ginnasi, sin dai primi anni di scuola. Il metodo dell'Alto Adige, che lede evidenti interessi, ha trovato oppositori anche fra italiani, ma il giornale prosegue arditamente sostenendo esser fatale che l' educazione in lingua tedesca maturi i sentimenti italiani della crescente generazione.

Agli articoli dell'Alto Adige rispondono, come accennavo, i fogli locali coll'eccitare la popolazione a continuare nell'opera di boicottaggio contro esercenti, impiegati ed operai italiani. E disgraziatamente questa forma così poco civile di lotta ha un tale successo che le vittime di essa sempre più aumentano e sempre più peggiorano le loro condizioni.

Anche la nostra piccola colonia stabile soggiace alla sorte comune e non passa giorno che non mi vengano segnalate pietose circostanze. Sto compilando un elenco delle persone maggiormente danneggiate dalla presente situazione, cercando, per quanto è possibile, d'appurare la verità delle cifre e dei fatti esposti, e se la Dante Alighieri vorrà dar seguito ai propositi di cui trattava il mio rapporto n. 2548/190 dell'8 corrente1 , essa troverà qui non picco! campo d'azione benefica.

Contrariamente a quanto prevedevasi in principio, anche verso gli operai italiani si è manifestata una corrente di antipatia. Non già che si tratti di lincenziamenti odiosi

o di speciali vessazioni, ma sta il fatto che la più parte di coloro, che colla speranza di essere addetti ai pochi lavori che qui continuano anche d'inverno, si sono trattenuti, o giunsero dai paesi vicini, trovano oramai continue ripulse o scoraggiante indifferenza.

Egli è perciò che mentre, per ragioni di varia natura, la mano d'opera italiana continua inopportunamente a recarsi qui, cresce la disoccupazione dei nostri ed il bisogno in molti di stendere la mano. Ho già accennato ultimamente (rapporto n. 2549/191 dell'8 corrente) 1 alla difficile situazione in cui da qualche tempo trovasi questo ufficio, affollato da individui che invocano sussidi. Ho cercato, anche facendo appello a1la beneficenza privata e parzialmente disponendo d'un piccolo fondo al quale accennai in altra occasione, di lenire in qualche modo siffatte dolorose condizioni ed ho pure cercato, altrimenti che con soccorsi pecuniari, di esser utile a questi connazionali. Ma il momento è estremamente difficile e delicato, e sarebbe veramente provvido se le elargizioni provocate nel Regno dai fatti di Innsbruck andassero anche a sollievo di coloro, che, pur indirettamente, soffrono dello stato di cose creato da quei fatti.

Oggi ha avuto luogo colla solennità consueta, alla Università Leopoldina, l'investitura del nuovo rettore. Episodio significante è stata l'astensione di tutta la studentesca liberale per protestare contro la presenza alla cerimonia stessa di S.E. il luogotenente nonché del comandante di piazza. Con ciò essa si rese docile strumento de11a volontà dei deputati Erler e consorti, i quali pur avendo un seguito relativamente piccolo, hanno saputo imporsi con ogni sorta di coazioni morali e materiali a tutta una popolazione ed hanno inasprito e tenuto vivo un movimento che pareva destinato a cessar presto.

770

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2490/15. Tangeri, 17 dicembre 1904, ore 5,15.

Con nota identica alle legazioni di Francia, Inghilterra, Germania, Italia, Governo marocchino ha notificato aver deciso licenziamento di tutti gli ufficiali missioni militari entro un mese per ragioni economiche. Colleghi francese, inglese, che hanno meco conferito, telegrafano quanto precede rispettivi Governi.

Attendo istruzioni 1•

770 1 Cfr. n. 772.

769 1 Non rinvenuto.

771

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2499/220. Pera, 18 dicembre 1904, ore 8,40.

Mi riferisco telegramma 218 1•

Dell'invio Sublime Porta nota collettiva credo dobbiamo compiacerci: abbiamo, a mio avviso, ottenuto triplice vantaggio: l) stabilire un precedente; 2) affermare in forma solenne, e finora non mai usata nelle diverse fasi presente questione, perfetta eguaglianza posizione cinque Potenze; 3) rinvigorire prestigio autorità De Giorgis mediante affermazione decisione Governi provocata dalla deliberazione Commissione internazionale presieduta dal generale, ricordando tendenza Calice attenuare competenza De Giorgis nella questione aumento ufficiali, motivazione suaccennata mi è parsa specialmente indicata; ne ho quindi suggerito inserzione nella nota. Importa ora sommamente per fini nostra politica, che quanto avvenne oggi possa in futuro essere invocato qual precedente di fatto per giustificare eventualmente procedimenti simiglianti anche in altre questioni attinenti riforme Macedonia. Su tale ordine di idee mi parrebbe prudente nostra stampa si astenesse dall'attribuire soverchia importanza al fatto: un accenno a mutamento di indirizzo nel senso di una incipiente sostituzione del concerto europeo all'azione delle due Potenze, sarebbe, a mio avviso, intempestivo e pericoloso, perché potrebbe suscitare diffidenze a Vienna, Pietroburgo e ferire soprattutto suscettibilità personali due ambasciatori, i quali nella presente circostanza, per motivi che ignoro, hanno dimostrato affatto insolita arrendevolezza.

772

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

T. 2037. Roma, 18 dicembre 1904, ore 19.

Ella può rispondere al Governo marocchino 1 che qualora entro il termine prestabilito avvenga, con l'adesione delle Potenze rispettive, il licenziamento di tutte le altre missioni, noi non avremo difficoltà di richiamare anche la nostra che, unicamente nell'interesse di codesto Paese, avevamo finora costà mantenuto. Però ella dovrà nella nota fare la più ampia riserva per le competenze e gli indennizzi che a quei nostri ufficiali potranno spettare.

772 1 Risponde al n. 770.

771 1 T. 2496/218 del 18 dicembre, che non si pubblica.

773

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA

T. 2038. Roma, 18 dicembre 1904, ore 19.

Come V.E. probabilmente avrà rilevato dai giornali oggi dovevasi tenere Venezia grande comizio protesta fatti Innsbruck al quale avevano aderito rappresentanze amministrative, associazioni di ogni genere intera regione veneta. R. Governo, preoccupato dalle informazioni ricevute, ha proibito comizio. Ciò le comunico per semplice sua notizia.

774

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 2039. Roma, 18 dicembre 1904, ore 19,35.

Ricevuto rapporto 8 corrente n. 5561•

Accetto tenore nota da scambiarsi per riscatto Benadir con l'aggiunta suggerita dall'E.V. all'articolo primo dell'accordo. Raccomando però che dalla nota separata risulti ben chiaro che il trattamento della nazione più favorita è riservato solo ai bianchi, ed autorizzo firma inserendo nostra nota riserva approvazione parlamentare. È poi mio desiderio che anche la firma per la concessione di Kisimajo abbia luogo contemporaneamente, affinché a lei sia più agevole di ottenere i miglioramenti di cui al dispaccio 14 corrente 531 2 , specialmente per quanto riguarda la giurisdizione italiana nell'ambito della concessione, questione che mentre per noi è di primaria importanza, non ne ha alcuna per gli inglesi.

2 È il D. 59534/531, non pubblicato, che risponde al n. 759.

774 1 Cfr. n. 759.

775

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2504/244. Vienna, 19 dicembre 1904, ore 5,35.

Ringrazio l'E.V. telegramma n. 2038 1•

A quest'ora ella avrà ricevuto mia lettera personale2 , spedita corriere, circa passate dimostrazioni Italia fatti Innsbruck. Provvedimento preso R. Governo è tanto più opportuno che se dimostrazioni suddette non produssero su conte Gulochowski, a quanto mi fu dato arguire, risentimento, cui mi accennava Roma conte Lutzow, comizio Venezia, dell'organizzazione del quale ebbi soltanto notizia jerisera, non avrebbe potuto, per proporzioni che vi si voleva dare, che provocare qui spiacevole impressione. Se proteste generali avvenute nel Regno annunzio fatti in discorso furono naturali e legittime, il prolungare ora agitazione in tal senso oltre essere sterile e non confacente scopo, potrebbe finire per indisporre Governo austro-ungarico e nuocere nostri rapporti.

776

IL CAVALIER PESTALOZZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2501. Aden, 19 dicembre 1904, ore 8.

Causa mare pessimo mi fu impossibile sbarcare Illig. Però mio interprete ed Abdallah sbarcati a nuoto mi riportarono convenzione da me preparata in arabo e basata su prime proposte firmate dal Mad Mullah e da numerosi suoi capi, ma con restrizioni scritte di sua mano che ne attenuano utilità e modificano nostre intenzioni assicurare pace generale. Riguardo Italia, Mullah vuole buone condizioni: Governo del re gli costruisca sede, sia generoso verso lui, alludendo probabile mensile, e gli faccia restituire fucili sequestrati in Obbia, come pure suoi averi presso Migiurtini e la figlia di Osman Mohamed a lui promessa, la cui dote fu già pagata; egli non riconosce Mudug ad Alì Yusuf; riguardo Inghilterra, scrive Italia non si intrometta sino a che gli inglesi abbiano evacuato tutto suo Paese, alludendo Bootle.

Mie trattative a viva voce avrebbero senza dubbio calmato stato animo Mullah, incitato dai suoi capi e diffidente estremamente per recenti razzie Migiurtini e per buone nostre relazioni con inglesi; però mi pare, se Mullah manderà, come disse, deputazione a Bander Kassem per ulteriori negoziati, le cose proseguiranno pacifica soluzione, per quanto Mullah mi sembri assai bizzarro. Abdallah Sceri rimasto Illig allo scopo di persuaderlo, accompagnerà deputazione.

2 Non rinvenuta.

Mi fu impossibile proseguire Obbia, né comunicare Barga! Alula.

Mandai interprete informare Osman Mohamed e condurlo con Ahmed Tager a Bander Kassem, ove passando ora, raccomandai al tenente di vascello Spagna di trasportare Aden deputazione se essa vorrà, ovvero venire informarmi subito suo arrivo affinché io possa tornare Bander Kassem.

Jeri passai Berbera spiegare tutto Swayne, il quale telegrafa al Foreign Office e pensa come me che se deputazione verrà, converrà trattare per guadagnar tempo e non chiudere contatto. Segue rapporto 1•

775 1 Cfr. n. 773.

777

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE S.N. Costantinopoli, 19 dicembre 1904.

Ho l'onore di accusare ricevuta della lettera particolare direttami da V.E., in data dell' 11 corrente1 e recapitatami a mezzo di questo ufficio postale austro-ungarico.

Debbo anzitutto porgere a VE. i miei più vivi e più sentiti ringraziamenti per le parole benevolenti con cui ella si è compiaciuta di incoraggiare la modesta ma volonterosa ed indefessa opera mia.

Vengo ora alle quistioni che hanno formato oggetto di quella lettera riuscitami particolarmente grata.

Il colonnello Albera giunse qui venerdì. Ho ricevuto di lui la migliore impressione. Egli mi sembra uomo serio, intelligente, istruito, energico, riservato, pieno di tatto, di modi distinti e concilianti, degno infine di appartenere ali' esercito italiano e perfettamente qualificato per compiere la missione, tutt'altro che facile, affidatagli dai suoi superiori.

Col colonnello ho discorso a lungo e da quanto mi è venuto fatto di capire dalle risposte da lui date alle mie domande, ho dovuto purtroppo constatare come lo stato delle cose a Salonicco e a Monastir sia anche più grave di quello che io mi ero figurato, giudicandolo a distanza.

Il motivo precipuo dell'atteggiamento eccessivamente riservato fin qui mantenuto con tanta persistenza dal colonnello verso l'ambasciata è precisamente quello che io avevo intuito.

V.E. li [sic] conosce, è quindi inutile ritomarvi, tanto più che, dopo le istruzioni pervenutegli da Roma e le raccomandazioni da me rivoltegli, l'egregio colonnello, che da vicino ha meglio potuto rendersi conto della situazione, ha perfettamente riconosciuto che è indispensabile, nell'interesse di tutti, il mantenersi in più attiva, più minuta e più continua comunicazione con me.

777 1 Cfr. n. 762.

Di così fatta verità voglio augurarmi sarà pure per persuadersi il generale De Giorgis, quando gli saranno pervenute oltreché le istruzioni del ministro della guerra, le spiegazioni ampie, esaurienti, e rassicuranti che ho incaricato il colonnello di fornire a S.E. da parte mia. Quelle spiegazioni, giova sperare, varranno a generare nell 'animo di S.E. un sentimento, se non di maggior benevolenza, almeno di minor diffidenza a riguardo dell'ambasciata, dalla quale, dacché io ho l'onore di dirigerla, egli ~e deve in coscienza riconoscerlo ~non ha ricevuto che testimonianza di particolare deferenza, nonché appoggio valido ed illimitato in ogni circostanza.

In quanto all'opera della riorganizzazione in se stessa, ho dovuto con rincrescimento rilevare dalle risposte date dal colonnello alle mie stringenti ed insistenti questioni, come egli, pur essendo fermamente persuaso che al momento opportuno si riuscirà pienamente, grazie alla illuminata direzione del nostro generale, a costituire un corpo scelto di gendarmeria, tale da poter benissimo funzionare in qualsiasi Paese d'Europa, non manifesti altrettanta fiducia nei risultati pratici che si ha luogo di sperare nell'opera dei nuovi gendarmi, quando i medesimi, giunti sul teatro della loro azione, ricadranno fatalmente sotto l'influenza deleteria dei loro superiori ottomani.

Contro tale influenza poco o nulla potrà l'azione dei nostri ufficiali, ridotti a far la parte di semplici consiglieri e destituiti di ogni mezzo coercitivo diretto per imporre l'esecuzione dei loro ordini.

In vista poi delle condizioni affatto anormali dei vilayets macedoni, gli odi di razza, l'ingerenza indebita ma costante delle autorità civili che ricevono gli ordini da Costantinopoli per tramite di Hilmi, non sembra al colonnello che il numero dei gendarmi sia tale da poter assicurare il mantenimento d eli' ordine e garantire la pubblica sicurezza. Né minore è lo scetticismo prevalente nel nostro aggiunto militare circa l'importantissima funzione assegnata agli ufficiali dal programma di Mi.irzsteg, di controllare cioè la condotta delle autorità, impedire violenze e soprusi, invigilare a che giustizia sia fatta a tutti imparzialmente, infondere, in altri termini, nelle popolazioni fiducia nei risultati de li'opera loro.

Considerata sotto questo aspetto di controllo la riforma della gendarmeria deve considerarsi, fino ad oggi, come nulla o presso a poco, «lt is a total failure» mi diceva non più tardi di ieri il colonnello Fairholme, aggiunto militare inglese, le cui vedute, in ciò come nel resto, collimano ad un dipresso con quelle del nostro. Il breve promemoria qui unito redatto, a mia richiesta, dal colonnello Albera, che ha vivamente pregato me e prega pure V.E. di fame uso strettamente confidenziale, le indicherà, signor ministro, quale sia il contegno delle autorità turche verso i nostri bravi ufficiali e le spiegherà pure i motivi di quella apparente inazione per la quale sono state loro rivolte critiche dalla stampa inglese.

In simili condizioni ed in presenza di una ostilità sorda, permanente, efficace da parte delle autorità, impossibilitati ad esercitare un comando effettivo, poco rispettati dalle popolazioni per il fatto di rivestire essi l 'uniforme turca ed avere il capo coperto dali' odiato «fez», che cosa possono fare 4 od anche 8 ufficiali, sparsi in un disteso territorio, completamente isolati, constatando il male e non potendo apportarvi pronto e salutare rimedio? Solo il sentimento di un dovere da compiere verso la patria nostra li distoglie dal domandare il ritorno in Italia.

Né valgono a migliorare questa deplorevole situazione la buona volontà, lo zelo intelligente, l'opera indefessa del generale De Giorgis, il quale, sia a causa della inopportuna ed improvvida disposizione di quel malaugurato programma di Milrzsteg che ha posto il generale riorganizzatore al servizio della Turchia, sia per altri motivi sui quali è inutile insistere, è praticamente ridotto ad occupare a Salonicco, anziché il posto elevato di un mandatario rappresentante dell'Europa, quello assai più modesto di un semplice generale assoldato dal sultano per organizzargli una gendarmeria e sottoposto più o meno agli ordini dell'astutissimo e cinico Hilmi pascià, esecutore a sua volta dei voleri del Palazzo.

Ecco, signor ministro, la situazione vera, quale ho potuto desumerla dall'insieme dei colloqui confidenzialissimi avuti in questi giorni col colonnello Albera, al pari che con i suoi colleghi di Francia e d'Inghilterra.

Non voglio e non debbo dissimulare questo stato di cose al Governo del re.

Se si può provvedere si provveda e presto. lo però, lo confesso, non vedo troppo come si riuscirebbe a mutare in meglio la situazione, ammeno di non prendere presso gli altri Governi interessati l'iniziativa di una intesa destinata a modificare radicalmente e sostanzialmente il programma di Mlirzsteg, con l'assicurare al generale riorganizzatore ed agli ufficiali a lui sottoposti assoluta indipendenza nell'esplicare l'opera loro ed una autorità reale effettiva e non effimera ed illusoria sugli ufficiali ed i gendarmi turchi.

Purtroppo ogni giorno che passa viene a dimostrare sempre più l'inanità e l'inefficacia di quel programma con tanta leggerezza redatto dalle due Potenze, soltanto ut aliquid jecisse videatur.

Voglia, signor ministro, scusare la franchezza, forse eccessiva, del mio linguaggio, ma scrivendo diversamente crederei di venir meno al mio dovere.

ALLEGATO

PROMEMORIA DEL TENENTE COLONNELLO ALBERA

Costantinopoli, 20 dicembre 1904.

L'opera nostra non fu mai ostacolata, per parte delle autorità turche, fino verso i primi del settembre u.s.

Ciò dipese dal fatto che durante il periodo di studio relativo all'epurazione del personale, al riparto della forza, alla circoscrizione territoriale, all'attuazione del nuovo regolamento dell'arma, non si era ancora reso necessario di conoscere il modo con cui le pubbliche cose erano amministrate, né di indagare quale fosse l 'azione delle autorità stesse, nei riguardi specialmente del!' osservanza ed applicazione delle leggi varie.

In seguito però, essendosi reso ciò indispensabile, si delineò subito ed in modo progressivo un'azione diretta ad ostacolare l'opera nostra, inquantoché essa veniva a porre in evidenza le irregolarità amministrative, i soprusi, gli atti arbitrarii e disonesti dell'autorità stessa.

Ecco alcuni fatti che servono a dimostrare tale affermazione.

Dette autorità e gli ufficiali stessi della gendarmeria segnalano quasi mai ai nostri la formazione e l'apparizione di bande, i conflitti fra di essi e con la truppa, né partecipano loro immediatamente i crimini più gravi che avvengono nei rispettivi distretti.

Cercano inoltre di tenere occulti i movimenti di bande greche, dimostrando come il Governo le protegga, all'intento di indebolire quelle bulgare.

I nostri ufficiali hanno le notizie al riguardo, dalla voce pubblica o da qualche informatore; da ciò ritardo nelle loro verifiche sul luogo e, quello che è più grave ancora, l'impossibilità, per parte loro, di poter dare subito istruzioni e direttive alla gendarmeria per un immediato, accurato servizio investigativo e diretto alla scoperta ed arresto dei rei, servizio questo fra i più importanti di polizia giudiziaria, aflàtto trascurato nel vilayet.

In occasione del recente grave eccidio avvenuto nel villaggio di Zelenic (Florina) ad opera di greci contro bulgari, il capitano signor Luzi si recò immediatamente sul luogo. Mentre la sua azione, unicamente di verifiche e di direttiva alla gendarmeria, fu elogiata dai consoli di Russia e di Austria, che pure si portarono sul posto, il valì di Monastir scriveva all'ispettore generale rilevando che il predetto capitano si era permesso di compiere in luogo un'inchiesta giudiziaria, mentre per questa si trovavano le competenti autorità ottomane.

L'amministrazione delle carceri nei cazà essendo affidata alla gendarmeria, ai nostri ufficiali spetterebbe pertanto il compito di controllarla. Per ciò fare è indispensabile accedere nelle carceri ed interrogare i detenuti sul vitto e sul modo con cui sono trattati.

Ebbene il maggiore cavaliere Cicognani entrato nelle carceri di Pirlepe nell'ottobre u.s. per tale ispezione, fu subito fatto invitare da quel caimacam ad uscire, perché dissegli che l'ispettore generale aveva impartito ordini affinché gli ufficiali stranieri non dovessero entrare nei locali delle carceri, se non per interrogare i gendarmi che si trovassero rinchiusi per motivi disciplinari.

Il valì, i caimacam ed i mudir esercitano sulla gendarmeria una vera azione di comando, scendendo anche nei più minuti particolari e dettagli di servizio, per modo che quella dei nostri ufficiali rimane paralizzata.

Per esempio il maggiore cavalier Cicognani venuto a sapere, in modo indubbio, che un gendarme in Pirlepe aveva bastonato dei bulgari dispose col capitano comandante di quella compagnia che quel dipendente fosse tolto dal posto ed inviato a Monastir, in attesa di ulteriori disposizioni a suo carico. Il caimacam, che proteggeva quel gendarme chissà per quali loschi motivi, impedì che l'ordine del maggiore fosse eseguito. Dopo soltanto il mio intervento e quello del generale De Giorgis il gendarme fu mandato a Monastir e la pratica relativa è tuttora in pendenza.

Tali autorità dispongono ed ordinano servizi, impiantano posti e li sopprimono, muovono ufficiali e truppa, impiegano questa in mansioni non di sua spettanza, fanno eseguire inchieste ecc. senza darsi cura della nostra presenza. Veruna partecipazione viene data ai nostri ufficiali, verun consiglio viene loro chiesto.

Anche gli ufficiali ottomani della gendarmeria non sopportano l'intromissione dei nostri perfino nell'amministrazione importante della disciplina. Gendarmi fatti entrare in prigione dai nostri ufficiali, per gravi constatate mancanze, furono messi in libertà dal comandante il reggimento e puniti con lievissimi castighi.

L'ordine e le istruzioni per ostacolare in tal modo l'azione nostra debbono indubbiamente essere l'effetto di un piano concertato del Governo, affinché i risultati della riorganizzazione non abbiano a riuscire efficaci e quali le popolazioni attendono.

776 1 Si tratta del rapporto 61 del23 dicembre, non pubblicato.

778

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE S.N. Costantinopoli, 20 dicembre 1904.

Dalla mia recente corrispondenza ufficiale, V.E. avrà potuto rilevare il mutamento assunto improvvisamente in questi ultimi giorni nel contegno dei miei colleghi di Russia e specialmente di Austria-Ungheria. Entrambi, anziché sollevare difficoltà all'invio da me caldeggiato della nota collettiva per l'aumento degli ufficiali, l'hanno appoggiato, accettando pure i miei suggerimenti relativamente alla base ed alla motivazione della nota stessa.

Circa i motivi che hanno potuto determinare il contegno del signor Zinovieff, non potrei riferire che semplici indizi e congetture, nulla sapendo di concreto. Per quanto concerne invece il barone Calice, l'ambasciatore di Germania ritiene che l'atteggiamento più comunicativo di lui sia dovuto ad istruzioni ricevute da Vienna, provocate da amichevoli consigli partiti da Berlino, in seguito ai rapporti inviati da lui, Marschall, dopo colloqui avuti meco. Questa circostanza mi pare tanto più degna di nota in quanto collegata con altre cose dettemi ieri dal Marschall e delle quali riferirò più appresso.

Profittando delle buone disposizioni in cui trovai il barone Calice, nel corso di una visita fattagli la settimana scorsa, e prendendo argomento dai sentimenti di compiacenza che egli mi manifestava a riguardo del passo collettivo che si stava concertando, non volli perdere la propizia occasione per esprimere francamente al collega tutto il mio pensiero.

Premesso che il fatto del non essere io né ministro degli affari esteri di Italia né ambasciatore del re a Vienna mi conferiva maggior libertà di parola, gli dissi che, in vista dei nostri cordialissimi rapporti personali non dovevo celargli la mia penosa impressione per non essere quelli politici altrettanto intimi come avrei desiderato, in conformità delle istruzioni di massima datemi da V.E., prima della mia partenza per Costantinopoli. Ricordandogli la conversazione avuta insieme, durante l'estate scorsa 1 , aggiunsi che oggi io più che mai persistevo nelle vedute già manifestategli circa l'opportunità che tra i due nostri Governi si addivenisse ad accordi più concreti, più precisi, più tassativi, in vista di qualsiasi eventualità. La situazione in Macedonia si va aggravando di giorno in giorno, e i motivi per temere nuove e più gravi complicazioni diventano sempre più imperiosi. Nessuno essendo pertanto in grado di prevedere oggi quello che può avvenire fra qualche mese, importa sommamente, a mio avviso, che se le temute e prevedi bili complicazioni si abbiano a verificare, l 'Italia e l'Austria-Ungheria non sieno prese alla sprovvista e si trovino, grazie ad opportuni accordi, previamente stabiliti, in condizioni da poter marcher la main dans la main. La politica dell'Italia, osservai, è chiara e limpida, suo scopo precipuo è quello di mantenere nella penisola balcanica la pace e lo statu quo. Di questi suoi intendimenti il Governo del re non poteva dare migliore prova che cooperando, siccome ha lealmente, efficacemente e costantemente

fatto, all'opera delle riforme, concordata col programma di Miirzsteg, non ostante che a tale opera l'Austria-Ungheria, non certo in perfetta conformità con lo spirito e la lettera del patto d'alleanza, si sia accinta prendendo accordi con la Russia e lasciando in disparte la sua alleata. Tale atteggiamento leale e correttissimo del mio Governo non implica nullamente trascuraggine o disinteresse. L'Italia non dimentica certo di avere in Oriente interessi vitali e di primo ordine, i quali le impongono di vegliare a che lo statu quo, quando non potesse più oltre conservarsi, non sia modificato a suo detrimento.

In risposta, il barone Calice, dopo avermi dichiarato con insistenza che nessuno più di lui è convinto dell'utilità di una perfetta intesa tra l 'Italia e l'Austria, intesa di cui egli fu sempre l'apostolo (?), mi disse che il programma di Miirzsteg non era stato che la conseguenza degli accordi, puramente ed essenzialmente negativi, intervenuti nel 1897 a Pietroburgo, e che pertanto non si era creduto a Vienna che del medesimo avesse potuto prender ombra l'Italia. Aggiunse poi S.E., aver la politica del suo Governo scopi puramente difensivi a tendere anch'essa, come la nostra, al mantenimento, finché possibile, della pace e dello statu quo nella penisola balcanica.

In quanto agli accordi da me accennati, l'ambasciatore non ne disconosceva in massima i vantaggi, ma si dichiarava spaventato dalla vastità del programma e dalle difficoltà a concretarlo e definirlo. Replicai reputare io inutile ormai occuparsi del passato, preferibile e più proficuo invece pensare all'avvenire. Il programma, osservai, è indubbiamente vasto e complesso, ma le difficoltà a concretarlo non sarebbero punto insormontabili da parte di due Potenze amiche, alleate, miranti a scopi identici ed animate da spirito di equità e da desiderio fermo di fare opera proficua nell'interesse delle due Nazioni. Conchiusi che a tale risultato si dovrà presto o tardi arrivare se si vuole a Vienna, come fermamente si vuole a Roma, che l'alleanza italo-austriaca diventi sempre più salda e riscuota viemaggiormente il suffragio dell'opinione pubblica nei due Paesi.

A giudicare dall'apparenza, almeno, dovrei essere indotto a ritenere che il mio linguaggio, altrettanto cordiale quanto reciso, produsse una certa impressione sul collega, giacché il barone Calice, venuto il giorno stesso a vedermi, mi disse che egli aveva molto riflettuto sulle cose da me udite, e che ne avrebbe fatto oggetto di fedele ed accurata relazione al suo Governo. Credetti opportuno di ripetergli, ad ogni buon fine, che io avevo manifestato solo opinioni mie personali, le quali però erano naturalmente in piena concordanza con le linee generali della politica del Governo del re, oggi come ieri animato dal desiderio sincerissimo di rendere in questa, come in tutte le altre questioni, sempre più intimi e sempre più cordiali i rapporti con l'alleata Austria-Ungheria.

Di tale mia conversazione col barone Calice non ho mancato di rendere edotto il collega di Germania. S.E. se ne mostrò assai compiaciuto, dichiarandomi essere egli al pari di me convinto della necessità di un'intesa piena e concreta tra l 'Italia e l'Austria-Ungheria, atta a porre i due Governi in grado di far fronte efficacemente e con reciproco vantaggio ad ogni eventualità che possa sorgere nelle vicende ulteriori di questa ardua ed intricatissima questione balcanica, che anche a lui sembra vada prendendo sempre più cattiva piega, per modo da rendere impossibile la vigilia qualsiasi previsione per l'indomani. Il barone Marschall aggiunse che su questo argomento egli ha diffusamente scritto al suo sovrano e mi lasciò chiaramente intendere che, se da noi si volesse al riguardo oggi conversare con Berlino, vi sarebbero alla Wilhelmplatz orecchie pronte e disposte ad ascoltarci. Queste disposizioni favorevoli del Governo germanico mi era già parso di intuire dopo le precedenti conversazioni col barone Marschall, delle quali resi conto a V. E. nella mia lettera dell' 11 corrente2 .

Sotto tale impressione io mi permisi di sottoporre all'E.V. l'utilità di una qualche novella apertura con Berlino. Nel colloquio di ieri ho eccitato il barone Marschall a spiegarsi più chiaramente: per essere esatto, gli ho chiesto se, in base alle cose da lui dettemi, potevo credermi autorizzato a rappresentare a V.E., a guisa di remissivo parere, la convenienza di provocare, circa la suaccennata intesa con l'Austria, un amichevole e confidenziale scambio di idee col suo Governo. Al che si affrettò a rispondere S.E. testualmente: «oui, vous pouvez le faire et vous ferez biem>.

V.E. giudicherà, dopo quanto ho avuto l'onore di riferirle, se convenga o meno di fare a Berlino qualche nuovo passo che a me parrebbe, ora specialmente, indicato.

La Germania, è evidente, non vuole mischiarsi nell'opera delle riforme escogitate nel piano di Mlirzsteg, circa il quale l'ambasciatore imperiale si esprime in termini severissimi, qualificandolo di assurdo, poco pratico, mal concepito, mal redatto e pertanto destinato a quel sicuro insuccesso che già comincia a travedersi. Alla Germania però importa molto, ed il barone Marschall me lo ha dichiarato apertis verbis, che vengano possibilmente eliminate tutte quelle cause che sono di natura a generare attriti e frizioni fra noi e l'Austria. Il concorso della Germania potrebbe riuscire per noi particolarmente vantaggioso, in vista anche di un'altra circostanza non certo trascurabile, che cioè, al momento attuale, i consigli provenienti da Berlino hanno a Pietroburgo un peso, starei per dire, uguale a quelli venuti da Parigi, circostanza questa per noi favorevolissima e che sarebbe forse bene di tener presente.

Mi permetto inoltre di osservare che un'intesa perfetta con l'Austria, dato che, grazie ai buoni uffici della Germania, si potesse da noi stabilirla, non solo non nuocerebbe ma faciliterebbe invece quella azione comune con l'Inghilterra tanto giustamente desiderata da V.E. È noto difatti che nelle questioni relative al Vicino Oriente, le tendenze generali della politica inglese sono state e rimangono sempre in concordanza e non in antagonismo con quelle della duale Monarchia, ciò, sia a causa della tradizionale politica del partito conservatore, oggi al potere, sia per motivi d'altra indole, tra i quali precipuo quello delle relazioni personali tra l'imperatore Francesco Giuseppe ed il re Edoardo, divenuto oggimai la vera mente direttiva della politica estera inglese.

In conclusione, sarebbe temerario da parte mia l'affermare che la via che ho osato additare sia la vera e la buona. Un tentativo prudente, però, dopo lo scambio d'idee che ho avuto col barone Marschall non potrebbe, a mio modesto avviso, mai nuocerei.

Nella speranza che l'E.V. vorrà approvare il mio operato ed il mio linguaggio ...

778 1 Cfr. n. 588.

778 2 Non rinvenuta, ma cfr. n. 745.

779

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CAVALIER PESTALOZZA, AD ADEN

T. 2054. Roma, 21 dicembre 1904, ore 20.

Atteggiamento assunto inaspettatamente da Mullah desta meraviglia e preoccupazioni, rendendo non solo inutile ma pericoloso accordo il quale mettendo Mullah sotto nostra protezione, senza guarentigie pace generale, ci esporrebbe a gravi responsabilità verso Inghilterra1 . Ritengo io pure che trattative viva voce avrebbero molto giovato e perciò non comprendo perché ella non si sia trattenuto Illig finché fosse possibile sbarco. Reputo opportuno suo tentativo per riannodare al più presto con dovute cautele negoziato diretto nel senso primitive istruzioni. Voglia altresì considerare opportunità invio corriere Mullah per spiegare incidente El Dab.

780

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 761/163. Tangeri, 21 dicembre 1904 (perv. il 28).

Delle notizie che a V.E. pervennero dal Cairo 1 io non ho avuto sentore, ed, a primo aspetto, direi che quelle riflettono il pensiero ed i personali giudizi dei notabili marocchini che le raccolsero, piuttostoché il costrutto di attendibili, serie loro informazioni.

Per il modo con cui si svolge l'azione francese e per le difficoltà che incontra a Fez, non è a credere, invero, che il rappresentante della Repubblica abbia peranche pensato a muovere parola pur lontanamente accennante a protettorato: protettorato che poco mancò non instaurasse fin dal 1892 per opera del plenipotenziario Ordega, e che, dopo il concluso accordo di Londra, la Francia sente di potere, quando che sia (volente o no lente il sultano), imporre al Marocco.

Nel 1892 la Francia e l'Inghilterra più aspramente che mai si contendevano il predominio dell'Impero sceriffiano, ed il Governo della Repubblica, già forte dell'alleanza russa, fece balenare agli occhi di Muley Hassan il vantaggio di unirsi strettamente a lei ed alla Turchia; era quella una combinazione tutta di circostanze ed obbediente al concetto di fiaccare la supremazia britannica in Egitto e nel Mediterraneo.

Ma non è certo la politica che la Francia, mutata la situazione, e cessato l'antico suo antagonismo coli 'Inghilterra, possa adesso senza evidente pericolo esplicare come Potenza cristiana nei possedimenti suoi dell'Atfica maomettana.

780 1 Cfr n. 724.

«Rivalità di primato religioso, preoccupazioni di ciò che avverrebbe se il rappresentante del grande Stato ottomano assumesse nei dominì sceriffiani la protezione dei sudditi marocchini, il ricordo della sovranità effettuata dal califfo di Costantinopoli sulle relazioni barbaresche vicine ali 'Impero (così allora scriveva il mio predecessore commendator Cantagalli), sconsigliarono S. M. Muley Hassan dal far buon viso alla proposta».

Oggi che la Francia coltiva opposti disegni, né rifugge dallo scendere a promesse del genere di quelle che si indicano e secondo le quali si adoprerebbe a far riconoscere Muley Abdul Aziz califfo di un vasto Impero orientale in luogo del sultano di Turchia, dovrebbe a debole senso mio escludersi.

Perché, ritenendosi ormai padrona del Marocco, non ne abbisogna; perché, non può convenirle di sollevare una contesa di primato religioso, né le ire di setta fra hanafiti e malekiti, né un movimento panislamitico, del quale non la Francia soltanto, ma tutta Europa avrebbe a dolersi.

Che, d'altro canto, l'attuale sultano di Marocco, già istrutto per l'avvenire dai cattivi risultati che gli valse il troppo suo affidarsi alle lusinghe europee, si lasci eventualmente abbagliare da nuove promesse e ipotetiche compensazioni mi parrebbe altrettanto difficile.

779 1 Risponde al n. 776.

781

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 2052. Roma, 22 dicembre 1904, ore 19,30.

Rispondo telegramma 129 1•

Sta bene per accordo Benadir, ma è necessario che questione sia regolata insieme con quella Kisimajo, per la quale sono molto perplesso poiché, quando Benadir sarà territorio italiano, concessione senza estraterritorialità diventerebbe illusoria e fonte di continui conflitti. Prego far comprendere al marchese di Lansdowne che domandando la estraterritorialità noi non domandiamo una concessione, poiché Kisimajo trovasi in territorio di protettorato nel quale vigono le capitolazioni, ora noi rinunciamo alle capitolazioni per tutti gli altri territori zanzibaresi, e chiediamo che la giurisdizione ci sia conservata solamente nel territorio della concessione.

La E.V. potrà far valere il nostro atteggiamento a Zanzibar nel concedere la tassa di sanità, la vendita dell'acqua alle navi, la tassa di fari e di porto, la rinuncia alle capitolazioni senza condizione, ciò che la Germania non ha fatto quando riscattò la Macedonia, la nostra arrendevolezza nel concedere il passaggio per Obbia e il nostro interessamento per Inghilterra nella attuale missione Pestalozza.

781 1 T. 2508/129 del 20 dicembre, non pubblicato.

782

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2533/... Addis Abeba, 22 dicembre 1904 1.

Ho l'onore di informare V. E. che Harrington mi ha comunicato seguente progetto istituzione Banca anglo-italiana in Etiopia che egli ha presentato suo Governo: Menelik è disposto concedere sindacato anglo-italiano per istituzione Banca Etiopia seguenti privilegi esclusivi per cinquanta anni: l) diritto di emissione banconote e fabbrica azioni sindacato; 2) diritto di istituzione deposito mercanzia fuori dogana; 3) diritto di preferenza per emissione prestito dello Stato; 4) deposito nella Banca di tutti i valori dello Stato.

Menelik ha espresso desiderio che l'Italia entri nella combinazione e si è riserbato accogliere proposta sindacato sull'utile annuale da corrispondergli.

783

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 2047/1020. Vienna, 22 dicembre 1904 (perv. l'8 gennaio 1905).

Al mio ritorno in Vienna presi notizia dei vari dispacci pervenuti alla r. ambasciata durante la mia assenza e tra questi attirarono specialmente la mia attenzione quelli coi quali l'E.V., si compiacque comunicarle le copie dei rapporti della r. agenzia in Sofia e della r. legazione in Belgrado' relativi al viaggio fatto in Vienna dal signor Tatarcheffrappresentante dell'organizzazione interna macedone ed al suo colloquio col signor de Mtiller, secondo capo di sezione al Ministero i. r. degli affari esteri il secondo alle relazioni che le autorità austro-ungariche avrebbero coi comitati rivoluzionari macedoni ed all'intenzione attribuita al Governo imperiale e reale di assumere la direzione deli'agitazione bulgara in Macedonia (dispaccio n. 611 del 23 ottobre u.s.)1 .

Avendo avuto occasione d'intrattenermi in via riservata circa gli argomenti trattati in quei dispacci col mio collega di Francia egli mi fece conoscere che, da quanto gli era stato riferito da persona avente rapporti coll'organizzazione interna macedone, il signor Tatarcheff sarebbe realmente venuto nello scorso ottobre in Vienna e nei suoi colloqui col signor de Miiller aveva accennato all'agitazione che esisteva nei comitati macedoni ed alle disposizioni da cui sembravano essere animati che facevano prevedere prossima una loro entrata in campagna. Il signor de Miiller avrebbegli

783 1 Non pubblicato.

raccomandato d'adoperarsi colla maggior premura possibile di calmare tale agitazione e d'impedire la formazione di nuove bande che avrebbero potuto ostacolare lo scopo cui mirava il Governo imperiale e reale di procedere al pacifico svolgimento delle riforme ed al mantenimento dello statu quo nella penisola.

Ma il signor Tatarcheff avendogli fatto rilevare che ogni suo sforzo in tale intento sarebbe riuscito vano le misere condizioni in cui si trovavano le popolazioni macedoni potendole spingere ad atti inconsulti, il signor de Mi.iller avrebbe messo a sua disposizione la somma di 25 mila corone perché la distribuisse tra le medesime raccomandando loro di desistere dai loro propositi per non dar luogo a nuovi conflitti che avrebbero potuto turbare maggiormente la tranquillità nella penisola.

Il linguaggio che il signor de Mi.iller avrebbe tenuto al signor Tatarcheff sarebbe conforme a quello ch'egli tenne, a quanto riferì questo ministro di Serbia al r. incaricato d'affari marchese Carlotti (rapporto n. 833 del 23 novembre ult.) 1 , al signor Dencheff direttore della Vetcherna Posta che aveva insistito presso di lui per ottenere aiuti dal Governo imperiale e reale allo scopo di mantenere viva l'agitazione in Macedonia.

Quanto ai maneggi degli agenti e consoli austro-ungarici in Macedonia ed alle loro relazioni coi comitati rivoluzionari, il marchese di Reverseaux mi fece conoscere che di essi aveva trovato menzione nei rapporti dei rappresentanti francesi nella penisola comunicatigli dal signor Delcassé; ma che la supposizione che traevano da tali relazioni che il Governo imperiale e reale desiderasse mantenere viva l'agitazione bulgara non gli sembrava avesse fondamento.

L'esperienza che aveva acquistato durante la sua lunga dimora a Vienna della politica dell'Austria-Ungheria nei Balcani aveva radicato in lui la convinzione eh 'essa fosse aliena da qualsiasi avventura e non avesse intenzione di turbare in questo momento la tranquillità nella penisola ed in tal senso aveva creduto scrivere al signor Delcassé. A suo parere non era da supporre che il Governo imperiale e reale che aveva stipulato l'accordo di Mi.irzsteg inteso alla pacificazione di quelle popolazioni mediante le riforme in esso sancite, dal cui risultato se avesse corrisposto alle sue speranze si riprometteva un aumento del proprio prestigio su di esse, volesse ora adoperarsi sotto mano di intralciarne l'applicazione ed a minare ad un tempo l'ordine di cose esistente che le riforme miravano a convalidare esponendosi così a provocare nuovi attriti colla Russia che col detto accordo aveva cercato di eliminare per il momento. Egli supponeva piuttosto che il Governo imperiale e reale desiderasse mantenere rapporti coi comitati rivoluzionari non già per indurii a nuovi rivolgimenti, bensì per tenerli a bada ed impedire che agissero contrariamente all'intento che si prefiggeva.

Le considerazioni svolte dal marchese di Reverseaux per spiegare le ragioni che indurrebbero il Governo imperiale e reale ad intrattenere rapporti coi comitati suddetti corrispondono al senso delle ripetute dichiarazioni pubbliche tàtte in proposito dal conte Goluchowski che si riassumono nella nota formula del mantenimento dello status quo.

Ma quei rapporti e l'azione esercitata sulle popolazioni della penisola da taluni agenti e consoli austro-ungarici, per quanto si vogliano qualificare di semplici apparenze, sono fatti tali che non possono non lasciare il dubbio sulle vere tendenze della politica del Governo imperiale e reale nei Balcani, dubbio che sarebbe d'altra parte avvalorato in certa guisa dalla parte dirigente che va assumendo nell'esecuzione del programma di Mi.irzsteg, consenziente quasi la Russia distratta altrove dalle gravi difficoltà estere ed interne in cui si dibatte.

Certamente l'Austria-Ungheria è desiderosa ed ha il più grande interesse di mantenere in questi momenti lo status quo nella penisola. Oltre alle condizioni politiche sue interne a ciò la consigliano l'avversione dell'Ungheria a qualsiasi aumento territoriale della Monarchia e la situazione delle sue forze militari riconosciute dallo stesso Governo imperiale e reale non sufficienti per ora a fronteggiare le eventualità che fossero qui avvenute, come lo provano i crediti straordinari militari presentati ai due Parlamenti, ma anche ragioni d'indole internazionale risultanti dagl'impegni da esso presi nei trattati stipulati colle altre Potenze ed in ultimo colla Russia.

In tali condizioni sembrerebbe poco verosimile a prima vista che l'AustriaUngheria, coll'intrattenere relazioni coi comitati rivoluzionari, miri veramente allo scopo che gli si attribuisce, tanto più se si riflette alla poca fiducia che devonle inspirare per l'int1uenza che su di essi esercitano i comitati panslavisti e lo stesso Governo russo, che per mezzo loro non può non sorvergliarla, ed al quale sarebbero indubbiatamente comunicati gli accordi che fosse per prendere contrariamente agli impegni assunti a Miirzsteg.

Ma dacché l'Austria-Ungheria perse l'egemonia in Germania fu portata dalla politica da lei iniziata in seguito all'occupazione della Bosnia-Erzegovina, che la fece divenire uno Stato balcanico, a gravitare sopra gli altri Stati della penisola esercitando una marcata ingerenza sui loro affari interni ed a sviluppare sempre più la sua influenza su quelle popolazioni. Conseguentemente essa si studiò per garantire il tranquillo possesso delle provincie occupate, prendere e mantenere nelle sue mani la direzione delle cose nei Balcani per evitare che i territorii finitimi divenissero un focolare di disordini ed impedire lo stabilimento di un ordine di cose non conforme ai suoi interessi e tale sarebbe da essa considerata la costituzione della Macedonia a Stato autonomo come la formazione d'una confederazione dei varii Stati balcanici.

Siccome nel seguire tale politica incontrava ad ogni passo la Russia e non volendo impegnare una lotta con essa per stabilire sopra una solida base il suo predominio nella penisola, l'Austria-Ungheria preferì ricorrere a mezzi pacifici, che dettero luogo, nel 1897, allo scambio d'idee che, concretate nell'accordo di Miirzsteg, costituì le questioni balcaniche in un esclusivo monopolio delle due Potenze e questi mezzi ora adopera col lavorio che va svolgendo all'ombra stessa di quell'accordo mediante l 'azione dei proprì agenti e le relazioni che intrattiene coi comitati rivoluzionari e coi varì elementi cristiani della penisola per renderli istrumenti della propria politica.

Quantunque il Governo imperiale e reale sia deciso a mantenere saldo l'ordine di cose esistenti nei Balcani per evitare i gravi pericoli che potrebbero derivare alla Monarchia, quantunque nessun indizio sia pervenuto per ora a mia notizia o dei miei colleghi che valga a sconfessare le dichiarazioni pubbliche fatte in proposito dal conte Goluchowski, essa è portata dalla forza delle cose a prepararsi propizio il terreno in quelle regioni per fronteggiare le eventualità che potrebbero offrirgli l'occasione di conseguire i fini cui mira la sua politica.

Ma l'attuazione di una tale politica che potrebbe obbligarla forse a varcare in un dato momento i suoi contini non dipende da essa né dalle sue condizioni interne ma dagli eventi che fossero per sorgere nei Balcani, ed innanzi tutto dalle sue ulteriori intese colla Russia come dalle disposizioni delle altre grandi Potenze.

782 1 Il telegramma fu trasmesso da Asmara il 23 dicembre alle ore 9,30.

784

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2540/130. Londra, 23 dicembre 1904, ore 8.

In conclusione delle nuove discussioni avute col marchese Lansdowne sui nostri progetti di convenzione, Sua Signoria mi ha fatto pervenire stamane una sua nota ufficiale che accompagna due note contenenti i termini proposti per quegli accordi colle ultime modificazioni alle quali il Governo britannico crede di potere acconsentire.

La nota relativa al Benadir Zanzibar è identica al testo da me comunicato col mio rapporto n. 5561• La nota di accompagnamento dichiara però riconoscere, riguardo ali' art. l, la facoltà del Governo italiano di emanare i necessari regolamenti locali applicabili ugualmente a tutte le genti di colore, riservandosi il diritto di presentare eventuali reclami contro simili disposizioni che fossero giudicate oppressive ed insolite.

La nota relativa a Kisimajo riproduce il testo degli articoli annessi al rapporto 5732 salvo che per gli articoli 4 e 7.

Nell'articolo 4 il prolungo del termine per lavori previsti non fu ammesso per 33 anni come speravo di avere ottenuto, ma soltanto anni 10, invece di 5. Ciò è dovuto ad una opposizione da parte dell'Ufficio coloniale che non mi è riuscito di rimuovere.

Per l'articolo 7 è mantenuto il testo del primitivo progetto inglese, ma la nota ufficiale di accompagnamento dichiara che la condizione di un preventivo permesso per eventuale spedizione di truppe non si applica agli scambi ordinari di guarnigione per il quale basterà un preavviso al comandante inglese locale.

Quanto ali' articolo 8 mi fu impossibile di ottenere la sua modificazione. Solo risultato delle mie vive insistenze fu che Lansdowne si indusse ad aggiungere nella nota di accompagnamento essere disposto a prendere in considerazione una qualche proposta del Governo italiano a scopo di far risultare la dipendenza dei funzionari italiani di Kisimajo dalle proprie autorità; delimitazione potrebbe formare oggetto di un ulteriore scambio di note separate.

Mi duole di non avere potuto meglio soddisfare le domande di V.E., ma le opposizioni incontrate, specialmente su questo punto ultimo che qui si considera implicare una importante questione, mi convincono non essere, allo stato presente delle cose, possibile di ottenere di più.

Lansdowne essendo ora andato in Irlanda per circa due settimane, egli mi lasciò le due note da lui già firmate per guadagnare tempo, nel caso che V.E. decidesse autorizzarmi ad accettarle. Nel caso contrario potrei scrivere privatamente a Lansdowne che, dovendo io pure partire in congedo, riparleremo di questo affare al nostro ritorno.

2 R. 1510/573 del 19 dicembre, non pubblicato.

784 1 Cfr. n. 759.

785

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 61019/543. Roma, 23 dicembre 1904.

Col suo rapporto del 21 ottobre scorso n. 4901 l'E.V. mi riferiva sul colloquio avuto con sir Eldon Gorst relativamente al nostro accordo segreto con l'Inghilterra circa l'Etiopia e più specialmente sull'interesse che il Governo francese potrebbe avere nell'entrare terzo in tale accordo, e sulle possibili sue intenzioni circa la questione della ferrovia di Gibuti pel tratto che si svolgerà oltre Diredaua. Mi riservo impartirle definitive istruzioni circa l'articolo quarto dell'accordo segreto in risposta ai suoi rapporti del 12 ottobre scorso n. 483 2 e 18 novembre scorso n. 531 3 dopo che avrò nuovamente conferito col governatore di Eritrea e col maggiore Ciccodicola, i quali annettono giustamente grande importanza al testo nostro di quell'articolo e non sanno rendersi cagione delle difficoltà apposte da codesto Governo. La S. V. mi informò di uno scambio di idee avuto in proposito col marchese di Lansdowne il quale le dichiarò che si sarebbe riservato di chiedere all'ambasciatore della Repubblica di volergli esporre le intenzioni del suo Governo a tale riguardo. Ignoro se il Governo francese abbia presentato costà proposte concrete. Parrebbe di sì a giudicar dall'unito telegramma del capitano Colli in data dell'8 corrente4 dal quale risulterebbe che le trattative fra i due Governi francese e britannico sulla quistione ferroviaria etiopica sarebbero già state iniziate a Londra e formerebbero [ ...p oggetto di concrete proposte per parte del colonnello Harrington al signor Lagarde.

Quanto riferisce il conte Colli può darsi rispecchi solamente le idee del colonnello Harrington. Siccome, però, la questione della ferrovia è intimamente legata nei rapporti tra Italia e Inghilterra, a quella del negoziato segreto già in massima conchiuso tra il Governo del re e codesto Governo, prego la E.V. di voler intrattenere lord Lansdowne su quanto telegrafa il reggente la r. legazione in Etiopia, affinché nessuna decisione sia presa tra Francia e Inghilterra se prima non sia avvenuta una completa intesa tra noi e il Governo inglese.

785 1 Cfr. n. 672. 2 Cfr. n. 661. 3 Cfr. n. 718. 4 Cfr. n. 757. 5 Parola illeggibile.

786

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 61020/544. Roma, 23 dicembre 1904.

Rispondo al suo rapporto n. 483 delli 12 ottobre 1904 1 sulla modificazione proposta all'articolo 4 del progettato accordo relativo all'Etiopia e vi rispondo solamente ora avendo voluto prima sentire i pareri dell'onorevole Martini e del maggior Ciccodicola.

Ora l'uno e l'altro sono d'accordo con me nel ritenere non conforme ai nostri interessi la formola proposta dal Governo britannico.

Come alla enunciazione degli interessi britannici doveva corrispondere quella degli interessi nostri, così alle riserve espresse dall'Inghilterra devono per equità corrispondere le riserve nostre e ciò con tanta più ragione in quanto che, come è già stato scritto, è l'Italia che, in base alla situazione creata dai protocolli del 1891 riconosciuti solennemente dall'Inghilterra anche nell'accordo di cui si tratta, consente ad intendersi col Governo britannico perché nella eventualità di un disgregamento dell'Etiopia anche l'Inghilterra tuteli i suoi interessi in quell'Impero che trovansi per quei protocolli nella nostra sfera d'influenza.

L'assicurazione fattale dal marchese di Lansdowne che non sia da supporsi una interpretazione irragionevole ed eccessiva della formola inglese per parte del Governo britannico è in contrasto con l 'attitudine di codesto Governo che con tanta insistenza mantiene la enunciazione dei suoi interessi, senza volerne ammettere la più lieve limitazione. E ciò a prescindere dalla considerazione che in un atto di tal natura vi è assoluta necessità della più esatta concordanza fra la lettera e lo spirito, dappoiché, il mutar degli eventi può chiamare a darvi applicazione uomini diversi da quelli che quel medesimo atto conclusero, così come variate potranno essere in futuro le basi degli interessi reciproci, onde diverso potrà pur essere considerato lo spirito della convenzione e ove la lettera non sia di essa lo specchio lucido e fedele.

Converrà quindi l'E.V. come, di fronte a questa larga enunciazione di interessi britannici, le dichiarazioni esplicative del marchese di Lansdowne non possono rassicurarci, non perché noi non abbiamo fede in esse, ma per la cagione che su ho esposto.

Laonde, in vista della recisa risposta del marchese di Lansdowne di non voler accogliere la formo la delle nostre riserve, io son del parere che convenga per l 'articolo in questione ritornare alla primitiva formola redatta dai delegati dei due Governi nel convegno di Roma2 , ove la specificazione dei reciproci interessi italiani e britannici era stata tralasciata, appunto per la difficoltà che per tale specificazione si incontrò, mentre opportunamente si stabiliva che per la eventuale applicazione di quell'articolo le due parti avrebbero proceduto con particolare accordo.

Propongo pertanto per l'articolo 4 la seguente formola:

2 Allude al progetto di accordo del 19 dicembre 1903, cfr. n. 84.

«Nel caso della disintegrazione dell'Impero etiopico i due Governi coopereranno in vista di un eventuale riordinamento territoriale in base agli accordi enumerati nell'articolo l, ma con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per la tutela degli interessi della Gran Bretagna e dell'Egitto nel bacino del Nilo e per la tutela degli interessi italiani in Etiopia, in Eritrea ed in Somalia, cornptcsu ìi o..:1Mdit, e specialmente nella zona intercedente fra questi due possedimenti, onde ottenere che fra di essi non vi sia soluzione di continuità.

Alle opportune intese fra le due Potenze, per la pratica eventuale applicazione di questo articolo, si procederà con particolari accordi, al momento opportuno».

In tal modo si avrebbe un'esatta corrispondenza fra lo spirito e la lettera dell'accordo, ché si avrebbero a temere future contestazioni, restando a priori stabilito che l'applicazione dell'articolo darà luogo ad ulteriori intese fra due Governi.

Non saprei prevedere una opposizione per parte del marchese di Lansdowne a questa nuova proposta, fatta al fine di affrettare la conclusione dell'accordo, e però confido che la E.V. saprà attenerne l'accettazione.

Di ciò prego l'E.V. di volerrni dar pronta notizia, inviandomi il testo definitivo concordato per poter sollecitamente addivenire alla firma dell'accordo.

786 1 Cfr. n. 661.

787

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 2073. Roma, 24 dicembre 1904, ore 19,30.

Pestalozza reduce Illig ha telegrafato in data 19 corrente 1 non aver potuto abboccarsi Mullah causa mare pessimo ma averne ricevuto messaggio secondo il quale egli modificando sue proposte pone maggiori condizioni per ciò che riguarda accordo con noi e riguardo Inghilterra scrive Italia non si intrometta sino a che inglesi abbiano evacuato tutto suo Paese alludendo Bootle. Le trattative dovranno continuare a Bandar Kassem dove Mullah promise mandare sua delegazione. Comunico per posta a VE. il telegramma di Pestalozza il cui contenuto è stato del resto già portato a conoscenza Governo inglese da Swayne. Colgo occasione per avvertirla che il Giornale d'Italia di ieri sera pubblica in proposito un'intervista con Sylos Sersale che era stato da me aggregato a Pestalozza per la missione che ritorna in Italia per disaccordi col Pestalozza stesso. Essendo probabile che tale intervista venga telegrafata giornali inglesi, sarà opportuno che ella avverta codesto Governo che la vera situazione è quella già conosciuta dal Governo inglese e dall'E.V. e che ciò che di diverso si afferma nel!' intervista Sersale è falso.

787 1 Cfr. n. 776.

788

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 729/227. Belgrado, 24 dicembre 1904 (perv. il 3 gennaio 1905).

Fra le istruzioni impartitemi dalla E.V. quando fui destinato qui, signoreggiava quella di favorire gli accordi fra quegli Stati balcanici nei quali è maggiore la comunanza di razza e di tradizioni e ciò allo scopo di cooperare al mantenimento della pace e dello statu quo. Il Governo del re confidava che una tale politica avrebbe avuto l'appoggio efficace della Porta, più di ogni altra interessata ad evitare mutamenti che volgono poi sempre a suo danno.

Ho dovuto però con rammarico ben presto convincermi che quest'ultima speranza era vana e che l'accordo fra gli Stati balcanici trovava anzi a Costantinopoli il più sospettoso e pericoloso degli avversari. Le ragioni di ciò mi sembrano evidenti. Il Governo ottomano non ignora che il gruppo etnico bulgaro è certamente, fra tutti quelli che lottano per l'egemonia sulla penisola, il più violento il più audace e il più vigoroso e che a lui forse spetterà sugli altri la vittoria. Ma v'ha dippiù. Senza voler indagare la natura e l'origine delle passioni e degli interessi che tengono viva l'agitazione nella Macedonia, è fuor di dubbio che la responsabilità principale dei disordini deve attribuirsi ai Comitati bulgari, consenziente forse il Governo di Sofia. Come è fuor di dubbio che quei Comitati mirano da un lato a bulgarizzare la regione, dall'altro a tener viva la quistione macedone, per modo che, attraverso forse una prima fase di autonomia, gran porzione della Macedonia finisca per diventare parte integrante dello Stato bulgaro. Se in Macedonia vi sono oltre le bulgare anche bande greche o serbe è solo per necessità di difesa contro i pericoli della propaganda bulgara.

Quindi, in questo momento, l'azione della Bulgaria è quella che minaccia più direttamente l'integrità dell'Impero ottomano, ed è pertanto spiegabile come a Costantinopoli non solo non si ami il Governo di Sofia, ma si sarebbe contenti di una occasione favorevole per impartirgli una dura lezione. D'altra parte la Porta non ignora come nell'accordo fra Bulgaria e Serbia la prima si sia impegnata a difendere l'altra se aggredita dali' Austria, mentre, alla sua volta, la Serbi a abbia preso impegno di correre alla difesa della Bulgaria nel caso di un attacco turco. Tenuto conto quindi delle condizioni attuali e fatto il calcolo delle probabilità, si può ritenere che in questo momento l'alleanza serbo-bulgara abbia di mira non soltanto il pericolo austriaco, ma anche il turco. Onde è pure spiegabile come essa sia veduta di malocchio a Costantinopoli e si faccia colà ogni sforzo per discioglierla.

Se il Governo ottomano avesse una politica costante, equilibrata, a larghe vedute, ispirata all'interesse supremo dello Stato, non si avrebbe ragione di temere de' suoi propositi. Ma non si può dimenticare, e a me questo risulta anche da informazioni private, come ora a Yildiz Kiosk più che mai imperi senza freni la volontà di un solo, la quale, ispirandosi a sospetti e a terrori continui, si manifesta a scatti, con forme violente, capricciose, inattese, senza altra mira che la sicurezza personale del principe e de' suoi averi. Onde è che all'interno come all'estero la schiera infinita dei funzionari ottomani, dal più elevato al più umile, ad altro non pensa che ad evitare le collere del capo invisibile, a indovinarne le voglie, ad eccitarle a scopo di speculazione, a soddisfarle poi oltre il segno per acquistare ricchezze ed onori.

A Costantinopoli in questo momento si sospetta più che mai delle intenzioni delle grandi Potenze e il malumore si sfoga sugli Stati balcanici perché meno temibili.

Non so cosa accada a Sofia, ma qui certo vediamo questi malumori e questi sospetti rispecchiarsi nel ministro ottomano, Féthy pascià, infaticabile nelle delazioni e negli intrighi a danno della Serbia e del suo accordo con la Bulgaria. Egli fa credere a Costantinopoli di saper tutto, di aver fra le mani mille fila misteriose, di salvare ogni giorno la vita del sultano e l 'integrità dell'Impero. In tal guisa egli ha acquistato tanto favore e fiducia che il suo Governo non è avaro con lui di appoggio e di denaro per aiutarlo nella sua presunta opera di salvataggio quotidiano.

Il Governo serbo è al chiaro di tutto ciò e ne è irritato e allarmato perché sa bene come i turchi abbiano qui facilità maggiori di ogni altro per creare imbarazzi, e come sia facile in questo Paese, con denaro e promesse, raccogliere e spingere all'azione bande di facinorosi, comprar giornali, uomini politici, trovar delatori negli uffici pubblici e perfino nelle anticamere della Reggia. Ma come rimediare?

Certo Féthy pascià, sotto un certo punto di vista, è uno specialista di prim'ordine, però se anche fosse mutato, chi lo sostituirebbe dovrebbe seguire le sue stesse traccie per non perdere il favore del proprio Governo.

Per conchiudere. Serbia e Bulgaria temono in questo momento altrettanto Costantinopoli che Vienna. La Porta, alla sua volta, teme che la politica di Belgrado e Sofia possa volgersi a suo danno. Reciproci quindi gli odi, i sospetti e i timori. Da ciò a quella cooperazione armonica che si era sperata la distanza è grande e temo non superabile.

Leggendo fra le righe nei rapporti inviati alla E. V. dal nostro ambasciatore a Costantinopoli mi pare vedere come anche S.E. il marchese Imperiali vada perdendo fiducia nell'efficacia dei consigli savi e concilianti.

Vi è da temere che a Costantinopoli le buone parole valgano poco. Colà si crede soltanto nella forza delle armi e del denaro.

789

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 2085. Roma, 26 dicembre 1904, ore 20.

Rispondo telegramma 1301 .

V.E. può scrivere al marchese Lansdowne che ella è autorizzata a firmare accordi a condizione che contemporaneamente avvenga progettato scambio di note contenente assicurazione da parte codesto Governo che addetti alla missione italiana di

Kisimajo saranno soggetti alle leggi e alle autorità italiane. La E.V. può adottare questa o un'altra equivalente formula, purché non si parli di sola dipendenza che si presterebbe ovviamente ad un equivoco.

789 1 Cfr. n. 784.

790

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. PARTICOLARE S.N. Belgrado, 26 dicembre 1904.

Al pranzo che S.M. il re volle dare in mio onore ed al quale si riferisce il rapporto ufficiale del 22 corrente n. 727/2251, oltre ad alcuni ministri, personaggi politici importanti, ed alti funzionari di Corte, presero parte anche i noti colonnelli Popovich e Maschin. La E.V. rammenterà come il primo, che copriva la carica di primo ajutante di campo del re, sia stato una delle cause principali che determinarono l'abbandono temporaneo della loro residenza dei rappresentanti esteri qui accreditati, compreso quello del Governo italiano, che non volevano trovarsi a contatto con lui, e come il Maschin sia stato uno dei capi principali ed uno degli esecutori più sanguinari del complotto che condusse al regicidio.

Se il carattere ufficiale del pranzo poteva, fino ad un certo punto, offrir pretesto alla presenza di quei signori che rivestono attualmente le cariche l 'uno di comandante la divisione di Belgrado, l'altro di capo dello Stato Maggiore Generale, ciò non toglie che si sarebbe fatta opera savia evitando al ministro d'Italia contatti che lo ponevano in una posizione spiacevole e quasi eccezionale di fronte ai suoi colleghi, tanto più che il Governo serbo doveva aver capito come da noi non si fosse fatto buon viso alla progettata scelta del colonnello Solarevitch come latore del grande cordone del Karageorge, quantunque il detto colonnello abbia avuto una parte certo più indiretta degli altri nella congiura.

Il Pester Lloyd che, come la E. V. sa, è organo ufficioso del Governo ungherese, nel suo numero del 22 corrente pubblica un telegramma da Belgrado in cui si parla dell'invito, aggiungendo come esso abbia commosso questo corpo diplomatico il quale desidera la garanzia che simili tentativi di riabilitazione dei congiurati non abbiano a ripetersi.

A me non risulta se questa commozione realmente esista e se vi sia chi intenda provocare al riguardo qualche spiegazione a nome di tutti, ad ogni buon fine però ho creduto opportuno avere sull'argomento un amichevole scambio d'idee con questo signor ministro degli affari esteri.

Ho detto al signor Patchich essere stato sempre negli intendimenti del Governo del re che la sua legazione esercitasse un'azione benevola e moderatrice nei rapporti fra il Governo di Belgrado e i rappresentanti delle Potenze, così da eliminare gradata

mente anche il ricordo dei passati dissensi. Che però questa azione sarebbe resa più difficile e meno efficace, se, soprattutto nella delicata e dibattuta questione degli ufficiali complici del regicidio, si facesse all'Italia una posizione speciale, così da far credere che essa rinunciava completamente a quell'ordine di idee che l'avevano indotta ad associarsi alle altre Nazioni nel formulare riserve e condizioni circa ai futuri rapporti fra i rappresentanti esteri e i capi del colpo di Stato. Aggiunsi che pertanto, a tagliar corto a possibili nuovi reclami collettivi, stimavo opportuno avere qualche dichiarazione rassicurante per l'avvenire. Non tacqui essere mia convinzione che così facendo rendevo un servigio al Governo serbo e contribuivo a rafforzare la libertà d'azione del re Pietro di fronte a certe esigenze pericolose.

Il signor Patchich mi rispose che si rendeva perfettamente ragione dei sentimenti che determinavano il mio linguaggio. Che realmente il carattere piuttosto intimo e ristretto del pranzo a cui ero stato invitato non avrebbe resa indispensabile la presenza del Popovich e del Maschi n. Disse essere convinto che l 'inconveniente lamentato non si sarebbe rinnovato, ma che, in ogni modo, ne avrebbe subito parlato al re.

Ci lasciammo nei migliori termini, ed ebbi l 'impressione che il mio interlocutore non era rimasto punto malcontento del passo da me fatto, perché, a mio avviso, non è difficile spiegarsi come le cose sono andate.

Il partito dei congiurati, come ebbi già a scrivere alla E.V., si sente mal sicuro, trova chiuse le strade per una riabilitazione ufficiale ed accusa il re di non volere o non osare quanto è in lui per rimetterli all'onore del mondo, giacché essi non si contentano più di avere le posizioni militari più importanti, vogliono anche gli onori che le accompagnano. l loro lamenti assumono talvolta carattere minaccioso, ed è perciò che forse il re deve spesso cedere per evitare mali maggiori. Il senso di scoraggiamento che traspariva nei discorsi molto riservati che tenne meco l'altra sera la Maestà Sua, accennando alle difficoltà del suo compito, giustifica le mie supposizioni.

790 1 Non rinvenuto.

791

IL CONSOLE A GERUSALEMME, GAVOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 670/166. Gerusalemme, 2 7 dicembre 1904 (perv. il 7 gennaio 1905).

È noto a V.E. che, per antica consuetudine, il console di Francia a Gerusalemme suole recarsi ad assistere ogni anno, in forma ufficiale, alle feste che si celebrano a Betlemme in occasione del Natale.

Malgrado la rottura delle relazioni diplomatiche fra la Francia e la Santa Sede, nulla fino ad ora è stato mutato e questo anno, come negli anni scorsi, gli onori ecclesiastici furono resi al rappresentante francese.

Un tale stato di cose è qui ritenuto transitorio e so da una buona fonte che alla Propaganda si sta studiando se convenga continuare gli onori ecclesiastici ai rappresentanti della Repubblica.

Da un piccolo fatto qui occorso e che non ha altro valore che d'indizio e di tendenza, parrebbe doversi dedurre che non tutte le Potenze assistono neutrali al conflitto franco-vaticano.

Recentemente infatti il signor de Stepski Doliwa, reggente l'imperiale e reale consolato austro-ungarico, venne a trovarmi e dopo di essersi sfogato contro la condizione privilegiata di cui continua a godere la Francia, malgrado l'acuto conflitto religioso provocato col Vaticano, mi disse che il momento sarebbe stato propizio per fare uno strappo al protettorato francese e mi propose di assistere con lui e col console di Spagna, in forma ufficiale, alle cerimonie religiose a Betlemme, soggiungendo di averne già parlato col patriarca monsignor Pia vi.

Veramente non capii come l'intervento ufficiale dei consoli cattolici alle feste di Betlemme potesse apparire agli occhi del signor de Stepski come un primo passo per rompere il secolare privilegio attribuitosi dalla Francia e però, pur mantenendomi riservatissimo sulla questione di opportunità, feci chiaramente capire al mio collega che non poteva convenire a noi di accettare una posizione secondaria rispetto alla Francia e che la nostra presenza avrebbe maggiormente messo in luce le prerogative francesi, perché non avrebbe impedito che al reggente del consolato generale di Francia sarebbe stato dato il primo luogo e che a lui solo sarebbero stati tributati gli onori ecclesiastici. Il signor de Stepski non insistette e rinunziò, senz'altro, al suo disegno. So che il console di Spagna rispose circa nello stesso senso.

Considerato che il signor de Stepski non è che reggente il consolato e tenuto conto che fino a poco tempo indietro il consolato austro-ungarico è stato sempre il più arrendevole alle pretese della Francia nelle quistioni del protettorato, non sono alieno dal ritenere eh' egli non abbia agito per spontanea iniziativa, ma dietro istruzioni del suo Governo, istruzioni probabilmente generiche di valersi cioè delle circostanze per tentare di intaccare i privilegi della Francia.

Essendomi, giorni sono, recato dal patriarca col quale, nonostante il mio breve soggiorno qui, mi trovo già in eccellenti rapporti, fui da lui confidenzialmente informato dei passi fatti dal reggente il consolato austro-ungarico. Monsignor Piavi, udita la risposta da me data al mio collega, mi disse ch'egli mai aveva dubitato che non avrei accettato una tale proposta e convenne pienamente con me che l 'unica precedenza ammissibile nelle cerimonie ecclesiastiche è quella stabilita dal grado e dell'anzianità. Nella chiesa patriarcale tale principio è osservato e nessun posto è riservato al console francese. Monsignore non nascose che l'attuale situazione è una contraddizione che non può durare e che bisogna, per conseguenza, lasciare maturare gli eventi, senza sollevare in questo momento inopportune questioni.

Riferendosi alla quistione del protettorato lo stesso monsignor Piavi, in un precedente colloquio che ebbi con lui, mi fece spontaneamente la confidenza che altri, e suppongo sia il custode di Terra Santa, avevagli tempo indietro accennato all'opportunità di chiedere istruzioni alla Propaganda, circa la situazione che si andava creando, in seguito alla rottura dei rapporti franco-vaticani ed alle dichiarazioni del signor Combes. Io, continuò il patriarca, confesso che non ero favorevole a rivolgere tale domanda perché so per esperienza che domande di tale natura restano, il più delle volte, senza evasione; ma nonostante la domanda fu fatta, e per caso eccezionale non è rimasta senza risposta. E la risposta è di astenersi per ora dal chiedere checchessia ma di accettare tutte le offerte di buoni uffici che fossero spontaneamente fatte.

Essendo caduto nell'ultima mia visita al patriarca il discorso sulla delegazione apostolica a Costantinopoli, monsignor Piavi mi disse di aver letto in un giornale che il successore di monsignor Sonetti era stato nominato, ma che aveva ragioni di dubitare della notizia, perché recentemente gli si era scritto da Propaganda accennando alle preoccupazioni per la nomina del nuovo delegato apostolico a Costantinopoli, carica importantissima come osservò il patriarca, non essendo impossibile che, svolgendosi gli avvenimenti, il titolare possa trasformarsi in nunzio.

La nunziatura a Costantinopoli è la soluzione vagheggiata dal patriarca, liberando essa la Santa Sede dalla forzata tutela della Francia.

Sull'argomento del protettorato francese l'Oriente Serafico, di cui accludo copia1 , contiene un notevole articolo in confutazione di quanto fu scritto ultimamente dalla Civiltà Cattolica. L'autore conserva l'anonimo, ma i ricordi personali di fatti qui occorsi, ai quali accenna, lo svelano. Consultando l'archivio consolare ho potuto facilmente scoprire ch'egli è fra' Bernardino da Carasco attualmente in Italia. L'articolo della Civiltà Cattolica, a noi decisamente avverso, ebbe grande diffusione e largo commento in Francia. Non sarebbe per conseguenza, forse, inopportuno di dare qualche pubblicità alla risposta del bravo francescano.

Trasmetto copia del presente rapporto alla r. ambasciata in Costantinopoli.

792

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. Vienna, 27 dicembre 1904.

Ho letto attentamente la lettera che l'E.V. si compiacque dirigermi in data dell' 11 corrente1 , pervenutami il 19 a mezzo del corriere ausiliario, relativamente alla linea di condotta tenuta verso di noi dall'Austria-Ungheria nelle quistioni balcaniche, nonché quelle direttele nello stesso argomento dal marchese Imperiali e la risposta da lei datagli2 •

Convengo pienamente su quanto ella fa conoscere a questo riguardo al marchese Imperiali.

Il contegno chiuso e riservato che il barone Calice tiene verso di questo, per ciò che riflette le riforme, è tenuto altresì dal conte Goluchowski verso di me e verso i miei colleghi d'Inghilterra e di Francia. Il barone Calice, come feci conoscere a voce in Roma all'E.V. ed al sottosegretario di Stato, è quegli che, per l'autorità di cui gode presso questo Ministero degli affari esteri, regola, si può dire, le questioni suddette ed al parere da lui emesso si rimette quasi intieramente il conte Goluchowski.

La linea di condotta del Governo imperiale e reale verso l'Italia si spiega dalla politica che segue nella penisola, la quale mira a mantenere nelle sue mani la direzione delle cose e ad eliminare da essa l'ingerenza non solo nostra, ma anche delle altre Potenze, salvo della Russia. Ma verso di noi l'Austria-Ungheria nutre maggiore diffidenza per le aspirazioni cha a torto ci attribuisce e cerca e cercherà con ogni mezzo di attraversare e diminuire l'influenza che vogliamo a buon diritto esercitare negli affari balcanici a tutela dei nostri interessi e di ciò fa prova il contegno da essa tenuto a nostro riguardo fin da quando fu stipulato l'accordo di Miirzsteg e quello che tenne dipoi verso il generale De Giorgis.

Sarebbe certamente nell'interesse nostro d'intenderei coli'Austria-Ungheria per ottenere, in esecuzione degli impegni da essa presi nel Trattato di alleanza, che l'Italia sia associata, insieme alla Russia, all'opera delle riforme. Ma V.E. non ignora come i passi fatti in tal senso dall'Italia al momento in cui l'accordo di Miirzsteg stava per essere stipulato3 si urtarono ad un rifiuto da parte del conte Goluchowski, rifiuto al quale anderemmo incontro se tentassimo di fare ulteriori passi in proposito.

In quell'occasione il conte Goluchowski contestò che il Trattato d'alleanza obbligasse l'Austria-Ungheria a procedere ad uno scambio di idee a tre sugli affari di Macedonia, ma si dimostrò disposto ad addivenire al medesimo separatamente coll'Italia, indipendentemente però dell'accordo suddetto.

Noi non facemmo allora conoscere le nostre idee al conte Goluchowski, né le abbiamo fatte conoscere in seguito.

Ma se gli si avesse proposto o gli si proponesse in questo momento di scambiare le nostre idee, credo che noi non lo avremmo trovato allora, né lo troveremmo ora nelle medesime disposizioni.

Siccome questo scambio di idee non dovrebbe basarsi, per l'opposizione che incontra da parte del conte Goluchowski, sull'accordo di Miirzsteg per ottenere di essere associati, al pari dell'Austria-Ungheria e della Russia, ali' opera delle riforme, esso non potrebbe avere che uno dei seguenti scopi:

l) di avvisare e determinare i mezzi che meglio corrispondono agli impegni risultanti dal Trattato di Berlino, da quello d'alleanza e dell'intesa sull'Albania al fine di tutelare più efficacemente lo statu quo in previsione di possibili eventi.

2) di precisare maggiormente la reciproca azione negli affari balcanici ed eventualmente i rispettivi compensi contemplati nei reciproci impegni nel caso in cui lo statu quo non potesse essere mantenuto.

Ma se tale scambio di idee fosse da noi proposto il conte Goluchowski obbietterebbe-circa il primo punto-che non potrebbe del resto essere da noi considerato che come negativo-ch'esso non avrebbe veramente ragione d'essere gli impegni risultanti dai trattati essendo rimasti inalterati ed essendo, d'altra parte, l'AustriaUngheria, al pari dell'Italia, fermamente risoluta ad adoperarsi acché alcun cambiamento non avvenga n eli' ordine di cose esistente.

Quanto al secondo punto è da supporre che il conte Goluchowski si rifiuterebbe di entrare in discorso, perché, come già si espresse nel passato col mio predecessore, non crede conveniente, anzi pericoloso, per la tranquillità europea il contemplare, senza necessità impellenti, lo sfasciamento più o meno parziale dell'Impero ottomano. E questa necessità, a parer suo, ora non esisterebbe, ma se apparisse in seguito, sarebbe allora e non prima il momento di occuparsene.

Uno scambio di idee su questo ultimo punto è quello precisamente che a noi converrebbe di non tardare ad effettuare, perché avrebbe per risultato di chiarire la situazione mettendoci in grado di garantire i nostri interessi nel caso di un'eventuale espansione dell'Austria-Ungheria, ciò che ci darebbe agio di spiegare con maggior libertà e fiducia la nostra azione nei Balcani.

Il pericolo di una espansione non esiste, è vero, per il momento, né sembra sia intenzione del conte Goluchowski di sconfessare le reiterate dichiarazioni da esso fatte in proposito. Ma chi può dire che in un avvenire più o meno remoto ciò non avvenga e che eventi tali non si verifichino che offrano il destro o impongano la necessità ali' Austria-Ungheria di varcare i suoi confini?

D'altra parte i rapporti ch'essa intrattiene colla Russia e che non ha risparmiato né tempo, né fatica per renderli migliori, non possono non essere da noi osservati da vicino e seguiti colla maggior attenzione, giacché è nell'interesse dell'Austria-Ungheria di addivenire, ove le sia possibile, colla sua rivale nei Balcani, ad un'intesa che permetta alle due Potenze di procedere alla determinazione della rispettiva sfera d'azione, che possa condurle a conseguire i loro fini a danno dell'integrità dell'Impero ottomano. Non vi ha dubbio che le difficoltà che ostacolano di presente tale intesa sembrano ora insormontabili, ma solo colla stipulazione di essa l'Austria-Ungheria potrebbe sperare di realizzare le sue aspirazioni sulla penisola, essendo aliena di valersi della forza che la impegnerebbe in una lotta della quale non può prevedere le conseguenze. E non devesi dimenticare poi che uno dei partigiani più convinti di questa intesa è l'attuale ambasciatore d'Austria-Ungheria in Pietroburgo, che passa per il più esperto diplomatico della Monarchia ed è da supporre ch'egli non cessi di lavorare in tal senso.

Ma non volendo l'Austria-Ungheria intendersi con noi per farci partecipare direttamente all'opera delle riforme o per stipulare accordi positivi in vista di eventualità future, cosa resterebbe all' [talia per parare ai pericoli che minacciano i suoi interessi nei Balcani?

Convengo pienamente coii'E.V. sull'opinione da lei emessa nella lettera suddetta circa la poca efficacia dei nuovi passi che fossero per esser fatti presso la Germania al fine di ottenere la sua mediazione presso l'Austria-Ungheria. Quanto mi disse confidenzialmente il conte Monts nel mio recente passaggio da Roma, che la Germania non era più disposta di intromettersi nelle questioni che sorgono tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, avvalora tale opinione.

Rispetto poi alla Francia ed all'Inghilterra, se sulla prima noi non potremmo fare che un assegnamento molto limitato e nella misura indicata daii'E.V., vista la sua alleanza colla Russia, è nostro interesse di stringere vieppiù i rapporti nostri coll'Inghilterra, sebbene, di fronte alle istruzioni impartire da lord Landsdowne a quest'ambasciatore d'Inghilterra in ordine alla quistione di Monastir, non del tutto conformi ai nostri desideri, ed al recente suo contegno in quella dei nuovi ufficiali esteri per la gendarmeria, io mi domandi-nonostante le giuste osservazioni di lei circa il contegno di questa Potenza qualora l'attuale situazione politica potesse esser più radicalmente alterata dal punto di vista territoriale come da quello delle rispettive influenze -se e fino a qual punto noi potremmo contare su di essa nell'eventualità future che fossero per danneggiare i nostri interessi.

In tale stato di cose mi sembra evidente ed anzitutto necessario di non tralasciare, per quanto da noi dipende e nel limite del possibile, di camminare d'accordo coll'Austria-Ungheria per ciò che riguarda le questioni balcaniche. Se le circostanze presenti non ci offrono un terreno propizio per intenderei con essa circa gli eventi presenti e futuri nella penisola, a noi conviene, ciò nondimeno, di coltivare colla maggior cura i nostri rapporti coli' Austria-Ungheria adoperandoci acché questi siano ispirati alla massima fiducia per cogliere quelle occasioni che ci si presentassero nell'avvenire per entrare a parlare e regolare possibilmente, di comune accordo, le questioni che ci stanno più a cuore. Sarebbe, mi pare, un errore il seguire una linea di condotta differente ed io uniformandomi al senso delle istruzioni deli'E.V. ho avuto sempre cura di comportarmi in guisa tale che la mia azione fosse improntata alla più grande franchezza e lealtà e non mancherò di adoperarmi nello istesso modo.

Circa la comunicazione che l'E.V. mi incarica di fare nella sua lettera circa i rapporti reciproci tra i due Governi e particolarmente circa quelli personali politici tra il barone Calice ed il marchese Imperiali per ciò che si riferisce alla Macedonia, io profitterò di un'occasione opportuna per parlare al conte Goluchowski, in via amichevole, nel senso da lei desiderato, evitando, beninteso, qualsiasi cosa che possa compromettere il marchese Imperiali e nuocere alle sue relazioni col barone Calice.

Ma per quanto studio io porrò nel fare tale comunicazione per ottenere che le forme almeno e possibilmente anche in piccola parte la sostanza sia salvata in quei rapporti, non mi dissimulo l'esito che sarà per avere e che prevedo non conforme ai desideri dell'E.V.

Ma prima di effettuarla crederei conveniente di scandagliare anzitutto il terreno, ciò che non avrò agio di fare, ove ne avessi il destro, che verso la metà di gennaio dopo che il conte Goluchowski, che deve recarsi il 2 gennaio prossimo in Galizia per affari suoi privati, farà ritorno in Vienna.

PS.: Restituisco qui unite la lettera del marchese Imperiali e la risposta da lei datagli.

791 1 Manca. 792 1 Cfr. n. 764. 2 Cfr. nn. 692, 745 (ma Tittoni aveva annunziato ad A varna l'invio a questi della sola lettera di Imperiali del29 novembre) e 762.

792 3 I passi cui allude A varna erano stati fatti nel dicembre del l 902. Cfr. serie III, vol. VII, nn. 271 e 290.

793

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2560/222. Pera, 28 dicembre 1904, ore 0,25.

Rispondendo nota collettiva, Sublime Porta, nel rilevare insuccesso misure riformatrici dovuto agitazione organizzata fuori dell'Impero, si dichiara, in massima, disposta ad assumere in servizio 23 nuovi ufficiali. Consenso subordinato condizioni seguenti: l) missione nuovi ufficiali terminerà contemporaneamente a quella degli altri già assunti in servizio; 2) nessun ulteriore aumento ufficiali sarà chiesto per qualsiasi motivo o pretesto; 3) nuovi ufficiali saranno adibiti esclusivamente riorganizzazione gendarmeria, senza partecipare comandi; 4) Gabinetto imperiale prenderà impegno categorico esercitare su Paese, contro attività rivoluzionaria, efficace pressione di natura arrestare incoraggiamenti, appoggi quivi dati agitazione. Sublime Porta spera risposta ambasciatori, a nome loro Governi, conterrà, al riguardo, formale assicurazione. Trasmetto testo per la posta.

794

IL MINISTRO AD ATENE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 1122/590. Atene, 28 dicembre 1904.

Per rispondere adeguatamente ad una questione che mi fu rivolta tempo addietro dall'E.V., io m'ero proposto, come le riferivo col rapporto n. 580/332, del 7 luglio

u.s. 1 , di raccogliere tutti quei fatti e quegli indizi che potessero servire come elementi di giudizio per pronunciarsi circa il maggiore o minore fondamento delle voci corse sull'esistenza di un accordo segreto fra la Grecia e l'Austria-Ungheria. Ho fatto a tale proposito, in questi ultimi tempi, talune osservazioni che mi sembra interessante di qui raggruppare.

Una convenzione d'estradizione è stata recentemente conchiusa fra l'AustriaUngheria e la Grecia: ne ho inviato il testo a V.E. col mio rapporto n. 1108/583, del 24 corrente2 . Certo, era perfettamente naturale che il Gabinetto di Vienna volesse, a somiglianza di altri Stati, regolare esso pure colla Grecia questa importante materia che presentava anzi per esso, data la relativa vicinanza e le frequenti comunicazioni fra i due Paesi, un particolare interesse. Senonché, come facevo notare nel citato rapporto, mentre la Germania ed i Paesi-Bassi-che già da lungo tempo avevano, per mezzo delle loro legazioni rispettive, avviato negoziati per la stipulazione di un simile accordo, non sono riusciti finora a concluderlo, a causa delle difficoltà che qui incontra l'adozione delle numerose domande da essi messe innanzi -il trattato austro-greco è stato firmato dopo trattative che durarono poco più di un mese. E ciò perché questa legazione imperiale e reale si dichiarò subito disposta ad accettare tal quale, o con insignificanti differenze di redazione, il testo del trattato che la Grecia aveva conchiuso tre anni or sono col Belgio. Nello spirito conciliativo da cui si mostrò animato in questa occasione il Governo austro-ungarico sarebbe facile scorgere una prova di singolare benevolenza verso la Grecia, benevolenza che anche altri recenti fatti parrebbero manifestare.

2 Non rinvenuto.

conclusione del nostro accordo. Sarebbe però inutile dissimularsi che qualora le divergenze sull'art. 4 si trascinassero ancora per lungo tempo, diverrà difficile evitare che questi negoziati colla Francia vadano praticamente acquistando forma più concreta coll'eventualità forse anche di vederli giungere a compimento prima dei nostri.

794 1 Non pubblicato.

795

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 2087. Roma, 29 dicembre 1904, ore 12,30.

Rispondo al telegramma n. 2231 .

Autorizzo firmare nota secondo schema comunicatomi.

796

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 2586/133. Londra, 30 dicembre 1904.

Conformemente al dispaccio di V.E. n. 5441 ho rimesso al Foreign Office con ogni maggiore raccomandazione il nuovo progetto dell'articolo 4 dell'accordo per l'Etiopia. Esso verrà tosto spedito al marchese Lansdowne con riserva di farmi conoscere la sua risposta. Tutto però mi fa prevedere che questa non sarà favorevole. È da attendersi una contro-risposta nel senso di limitarsi nell'articolo ad una menzione generica degli interessi anglo-egiziani nel bacino del Nilo e degli interessi italiani in Etiopia sopprimendo riguardo ai primi la specificazione relativa alle acque ma sopprimendo riguardo ai secondi la specificazione relativa al congiungimento territoriale.

Ho verificato in via confidenziale che questo ambasciatore di Francia ha infatti cercato recentemente di entrare in negoziati sulla questione della ferrovia abissina chiedendo in proposito di conoscere opinione del Governo britannico. In seguito a ciò venne scritto giorni or sono a M. Cambon, attualmente a Parigi, accennando ad una soluzione nel senso che rimanga all'amministrazione francese la linea già attualmente costruita sotto condizione di generale parità di trattamento per le dogane ed i trasporti: la continuazione della linea Dire Daua sino ad Addis-Abeba sarebbe per contro da affidarsi a Menelik il quale sembra lusingarsi di poterla costruire in via economica2 . Non si ha qui conoscenza dell'altro progetto menzionato da Colli di assegnare cioè alla Francia la linea fino ad Awasch, il che si suppone possa essere un'opinione emessa a titolo personale da Harrington.

Mi fu assicurato non esservi finora in tutto questo che un semplice scambio di idee come preliminare ai negoziati da condursi in modo più formale dopo la

conclusione del nostro accordo. Sarebbe però inutile dissimularsi che qualora le divergenze sull'art. 4 si trascinassero ancora per lungo tempo, diverrà difficile evitare che questi negoziati colla Francia vadano praticamente acquistando forma più concreta coll'eventualità forse anche di vederli giungere a compimento prima dei nostri.

795 1 Con il T. 2569/223 pari data, non pubblicato, Imperiali comunicava lo schema di nota relativo all'aumento degli ufficiali nella gendarmeria macedone. 796 1 Cfr. n. 786. 2 DDF, II serie, t. V, n. 481.

797

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 731. Berlino, 30 dicembre 1904.

Anche dopo il discorso pronunciato dal conte Biilow nella seduta del Reichstag del 5 corrente sulle relazioni fra la Germania e l'Inghilterra, la stampa inglese ha continuato a tenere verso la Germania un linguaggio aggressivo, provocante, che il Governo imperiale vivamente deplora e che, a suo parere, il Governo britannico dovrebbe assolutamente impedire. Questo non essendo fino ad ora avvenuto, e d'altra parte essendo stato, nel frattempo, pubblicato il piano di riordinamento della flotta inglese -piano che con la creazione della squadra destinata a stazionare in Europa sembra diretto contro la Germania -il malcontento ha preso in questi circoli politici e di Corte, nella stampa germanica, delle proporzioni inquietanti.

Taluno considera i provvedimenti dell'ammiragliato inglese come una vera provocazione, e nei circoli di marina e purtroppo anche in S.M. l'imperatore si fa strada l'idea che l'Inghilterra si prepari, per un avvenire non lontano, a muover guerra alla Germania, e che per conseguenza converrebbe il prevenirla!

Il conte Biilow non divide queste idee, ma non è meno preoccupato dei pericoli della situazione e delle gravi conseguenze che potrebbero derivare se il linguaggio della stampa inglese non divenisse più moderato, se i pensieri che il suo sovrano non esita spesso a manifestare in privato venissero resi di pubblica ragione.

Su questo delicato argomento il conte Biilow ha appunto creduto di dover intrattenere confidenzialmente in questi giorni tanto il conte Metternich, appositamente fatto venire da Londra, quanto questo ambasciatore d'Inghilterra, sir Frank Lascelles.

Mi consta che il primo, impegnando tutta la responsabilità che la sua carica gli impone, ha solennemente dichiarato non esistere in Inghilterra che nella testa di qualche esaltato l'idea di un'aggressione inglese contro la Germania, idea che certamente non è divisa da alcun membro del Gabinetto di [San] Giacomo.

Sir Frank Lascelles è stato ancora più esplicito, e, naturalmente autorizzatovi dal suo Governo, non ha esitato a dichiarare che in tutto il Regno Unito non esiste una persona sensata che pensi seriamente ad assalire la Germania trascurando di riflettere alle conseguenze gravissime, ai danni incalcolabili che una simile aggressione seco arrecherebbe. L'Inghilterra potrebbe bloccare, bombardare, impadronirsi magari di porti tedeschi: ma poi? Essa non possiede un esercito per invadere il territorio germanico. È invece il progressivo ingrandimento della marina da guerra tedesca, è il fatto che la Germania ha tutte le sue più potenti navi raccolte nelle acque del Nord, mentre l'Inghilterra è costretta a tenere le sue sparse per tutti i mari del mondo che hanno suggerito all'Ammiragliato inglese di costruire squadre destinate a rimanere nelle acque europee. E ciò è stato fatto non già a scopo di offesa, ma sibbene di difesa. Questo è il senso delle dichiarazioni fatto da sir Frank Lascelles.

Egli però non negò che vi sia chi consiglia di distruggere la flotta tedesca prima che essa abbia raggiunto l'altezza cui aspira, una volta che mira a rivaleggiare con quella britannica. Ma questo non è l'avviso del Governo. Il quale invece ha unicamente in mira di parare i pericoli che possono derivargli dalla mancanza di una flotta pronta a difendere il littorale inglese. Il Governo britannico deplora il linguaggio di certi organi della stampa londinese, senza però concedere loro quella importanza che loro dà la Germania. In ogni modo declina la responsabilità degli articoli pubblicati a Londra e nega di avere sulla stampa quella influenza che il Governo imperiale gli attribuisce. Un'azione da parte del Governo inglese per reprimere le manifestazioni di taluni giornali inglesi avrebbe ora, secondo il parere di sir Frank Lascelles, un risultato opposto a quello desiderato.

È sperabile che queste conversazioni del conte Btilow col conte Metternich e sir Frank Lascelles, entrambi seriamente ed ugualmente desiderosi di evitare divergenze e conflitti tra la Germania e l'Inghilterra, fedelmente riportate a S.M. l 'imperatore possano distruggere l 'irritazione sua, spero momentanea, verso la Gran Bretagna. Sarebbe però desiderabile, a mio parere, che Sua Maestà non avesse tanti rapporti diretti con persone interessate a vedere nell'Inghilterra la rivale, che converrebbe annientare, del commercio e dell'espansione tedesca oltremare. Tutte le discordie anglo-tedesche infatti derivano dalla rivalità commerciale. Questa non avrà tregua fino a che le due Nazioni non si saranno persuase che al sole e nel mondo v'è posto per tutte e due, e che l'unica potenza effettivamente rivale per entrambe, in un avvenire abbastanza prossimo, saranno gli Stati Uniti de li'America del Nord 1•

797 1 Questo rapporto fu inviato a Londra con D. 1830/13 del 13 gennaio 1905.

798

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 2103. Roma, 31 dicembre 1904, ore 11,30 1.

Facendo seguito mio telegramma 24 corrente2 , le confermo che R. Governo vede con favore istituzione Banca anglo-italiana in Etiopia e si riserva di fare, appena possibile, ulteriori comunicazioni alla S.V. Prego farmi conoscere intendimenti Governo britannico al riguardo.

799

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI l

R. 1732/666. Costantinopoli, 31 dicembre 1904 (perv. il 5 gennaio 1905).

Riferendomi al telegramma n. 2242 ho l'onore di inviare qui unita a V.E. copia della novella nota collettiva che le cinque ambasciate hanno diretto oggi alla Sublime Porta, relativamente alla questione dell'aumento degli ufficiali addetti alla riorganizzazione della gendarmeria nei tre vilayets di Macedonia.

Giova ora sperare che, non sollevando la Sublime Porta ulteriori difficoltà, l'ammissione dei nuovi ufficiali al servizio ottomano e la loro entrata in funzioni possa divenire presto un fatto compiuto.

Ed ecco per tal modo risoluta, con un'affermazione solenne ed autorevole di solidarietà e di concordia europea, una questione durata già troppo a lungo e che ha traversato anche fasi abbastanza delicate.

ALLEGATO

Costantinopoli, 31 dicembre 1904.

Les ambassadeurs d'Autriche-Hongrie, de Russie, de France et d'ltalie et le chargé d'affaires de Grande Bretagne ont pris connaissance de la note en date du 26 décembre courant par laquelle la Sublime Porte a répondu à leur communication du 18 du meme mois.

Ils prennent acte du consentement donné par le Gouvernement impérial à l'entrée à son service des 23 nouveaux officiers affectés à la réorganisation de la gendannerie macédonienne par ]es cinq Puissances coopérantes.

Le nombre des officiers appartenant à ces cinq Puissances qui devaient ètre engagés par le Gouvernement ottoman pour la dite réorganisation a été en principe fixé à 60: en n'épuisant pas leur droit, !es Puissances donnent une preuve suffisante de leur résolution de ne s'en prévaloir qu'en cas d'absolue nécessité.

Le service dans !es cadres ottomans des 23 nouveaux ofiìciers prendra fin en mème temps que celui des autres ofiìciers étrangers précédemment engagés par le Gouvernement impérial.

La pression des cinq Puissances n'ajamais cessé de s'exercer avec activité pour empècher la fonnation de bandes au-delà des frontierès ottomanes. Cette pression n'est pas restée sans résultat et elle continuera à s'exercer partout où besoin sera.

Quant au rétablissement et au maintien de l'ordre à l'intérieur, c'est au Gouvernement impérial a y pouvoir, en recourant à des mesures impartiales et sagement combinées. Ayant perdu un temps précieux à élever des difficultés contre la venue des nouveaux officiers, il a le devoir urgent d'assurer sans plus de retard leur entrée à son servi ce, ces officiers étant un gage important d'ordre et de tranquillité en Macédonie.

798 1 Il telegramma tu trasmesso via Asmara. 2 T. 2072, non pubblicato. 799 1 Ed. con varianti in LV 104, pp. 257-258. 2 Con T. 2588/224 del 31 dicembre, non pubblicato, Imperiali comunicava l'invio alla Sublime Porta della nota collettiva circa l'aumento degli ufficiali nella gendarmeria macedone.

800

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. SEGRETO 5. Roma, 3 gennaio 1905, ore 14,50.

Circa considerazione da V.E. espressa nella prima parte del suo telegramma del 30 dicembre n. 133 1 , osservo che il testo della quinta proposizione formulata a Roma dai delegati inglesi ed italiano il 19 decembre 1903 è sostanzialmente identica all'articolo 4° da noi ora proposto, e conteneva la specificazione relativa al congiungimento territoriale. Non vedo quindi la ragione per cui, se si ritorna alla antica formola, si vorrebbe modificata unicamente a nostro danno. Ad ogni modo è bene venire su questo punto ad una pronta soluzione dividendo io pienamente sua opinione, che è nostro interesse di concludere al più presto e prima che la Francia insista nuovamente presso l'Inghilterra.

800 1 Cfr. n. 796.

801

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 6. Roma, 3 gennaio 1905, ore 16,30.

Mi riferisco al telegramma di V.E. n. 131 1•

In merito all'argomento in contestazione, desidero che V.E. riprenda la trattazione direttamente con lord Lansdowne, essendo naturale e preveduta la resistenza che V.E. ha trovato presso sotto segretario di Stato e gli uffici coloniali.

Quanto alle capitolazioni il sotto segretario di Stato, ha certo voluto opporre uno stato di fatto, non essendo da parte nostra mai intervenuto alcun atto a modificare stato di diritto preesistente. Tanto ciò vero che avendo l'anno scorso r. console generale a Zanzibar sollevata obiezione intorno ad un giudicato della autorità di Kisimajo relativamente ad un protetto italiano, autorità britanniche non opposero l'inesistenza delle capitolazioni, ma argomenti di altra natura, e la questione è ancora insoluta.

Quanto agli esempi di lease invocati contro la nostra tesi essi sono stati concessi su territori ed in circostanze assolutamente diversi dal caso nostro, sia perché il lease di Kisimajo concerne territorio sul quale l'Italia ha già in sostanza, per l'articolo 3° del protocollo del 24 maggio 1891, le agevolazioni che l'Inghilterra figura di concederci sia per le concessioni veramente notevoli da noi fatte al sultanato e che stiamo per fare nell'accordo pel riscatto, sia infine, per lo scopo che ci indusse a richiedere il lease e che verrebbe a mancare ove l'Inghilterra non si arrendesse alla nostra domanda ormai ristretta nei più angusti confini. Se si trattasse di questione di forma non ho difficoltà che quanto noi chiediamo risulti da uno scambio di note non destinato alla pubblicità.

Non insisterei con tanto calore sul punto controverso se non si trattasse di una questione fondamentale, che tocca non la maggiore o minore utilità ma l'essenza stessa della concessione.

Ho fiducia che I'E.V. saprà, usando di tutta la sua autorità, raggiungere lo scopo desiderato. Ad ogni modo la prego di sollecitare una risoluzione perché io terrei molto a presentare la convenzione alla Camera che si riapre il 24 gennajo.

801 1 T. 2581/131 del 29 dicembre, non pubblicato, con cui Pansa riferiva la contrarietà inglese a considerare in vigore il regime delle capitolazioni nel territorio di Kisimajo.

802

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 16. Tangeri, 4 gennaio 1905, ore 4,30.

La risposta di questo Governo alle proteste ministro di Francia è rimessiva, tale che si può ritenere revocato ordine partenza europei, e prossima l'andata ambasciata di Francia alla Corte1 .

803

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 17/1. Londra, 4 gennaio 1905, ore 7,56.

Etiopia. Ricevuto telegramma n. 51•

Ho avuto conferenza col marchese Lansdowne tornato oggi stesso a Londra, il quale mi fece, relativamente all'articolo 4°, la proposta di un testo modificato in termini generali, nel senso preveduto dal mio telegramma n. 1332 . Mi limito a rilevare quanto alle osservazioni in proposito contenute nel telegramma di V.E. che il Foreign Office non ha mai accettato integralmente testo della quinta proposizione preparata dai delegati a Roma.

Dopo di avere, a mia volta, respinto il nuovo articolo del marchese Lansdowne e constatato, d'altra parte, non essere possibile fargli accettare l'ultima nostra proposta, ho preso su di me di domandare al marchese Lansdowne il ritorno al testo comunicato a V.E. con mio rapporto del 5 agosto n. 3683 , ma aggiungendo dopo la parola «affluenti» le parole: «(tenuti in debita considerazione gli interessi locali)». Lansdowne si è riservato riprendere in esame questa mia proposta. Se questa volta essa fosse accettata mi pare che ne risulterebbe un articolo conforme a quello già anteriormente suggerito da V. E. col suo dispaccio 11 luglio n. 2884 .

2 Cfr. n. 796.

3 R. 1000/368, non pubblicato.

4 Cfr. n. 508.

802 1 Malmusi riferì più ampiamente con R. 48/8 del 14 gennaio del quale si pubblica il passo finale: «E il signor Taillandier, dal canto suo, pur ebbe in argomento a manifestarmi queste sue personali vedute: aver egli per utile e corrispondente agli attuali interessi francesi, la presenza della nostra missione, né credere che il suo Governo desideri l'allontanamento degli ufficiali italiani; ammettere bensì che in avvenire, e per le esigenze del riordinamento dell'esercito sceriffiano cui la Francia attende, abbiano tutt'insieme a sciogliersi le dette missioni straniere. Presentandosi questo caso, così pur ebbe a dirmi il signor Saint René Taillandier, so di interpretare le intenzioni del mio Governo assicurandovi che mi adoprerò perché il Maczen riconosca, con equi dovuti compensi, i servizi dai vostri ufficiali prestati».

803 1 Cfr. n. 800.

804

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 6/2. Belgrado, 4 gennaio 1905 (perv. il 12).

Sciolgo la riserva di cui nel mio rapporto del 2 corrente n. 2/1 1•

La sera del 29 ultimo è passato per Belgrado, diretto a Sofia, il principe di Bulgaria. S.M. il Re si recò alla stazione a salutarlo, accompagnato dal presidente del Consiglio, ministro degli affari esteri. L'incontro fu dei più cordiali e festosi, lungo ed intimo il colloquio che durò circa un'ora. La soddisfazione dipinta sul volto di tutti. L'indomani, il giornale del Governo, Samouprava, pubblicava un lungo articolo per dimostrare l'importanza dell'abboccamento che metteva il suggello alla alleanza serbo-bulgara.

Per quanto però a me risulta da fonte che merita la maggior fede, se vi fu scambio di parole amabili ed anche affettuose, dichiarazioni reciproche di estrema fiducia, a nulla però si venne di concludente. La situazione rimane quella che è, con tutti i suoi pericoli e le sue difficoltà.

Il nodo della questione sta sempre nell'azione continua, violenta e indomata dei comitati bulgaro-macedoni. Il principe Ferdinando ha fatto al riguardo le dichiarazioni più soddisfacenti, le assicurazioni più formali. Ma vi è da temere che anche questa volta alle buone parole e, diciamo pure, alle buone intenzioni del principe, non corrispondano i fatti.

Per ragioni intorno alle quali ho avuto più volte l'onore di scrivere alla E. V. il principe Ferdinando forse non può, certo non osa mettersi contro alla propaganda bulgaro-macedone. Egli si è troppo compromesso coi comitati per poter retrocedere senza mettersi a grave rischio. I comitati imperano a Sofia e ricevono denari ed istruzioni anche dall'estero. Da chi, è facile indovinarlo.

Tutto fa credere che a primavera le agitazioni in Macedonia raddoppieranno di intensità e quindi nuovi atti di violenza, nuovi massacri. Vorrà, potrà l'Europa assistervi a lungo con completa indifferenza? Non vi sarà nell'opinione pubblica uno di quei movimenti di indignazione, spontanea o artificiosamente provocata, da giustificare l'intervento di chi si arrogherà la missione di ristabilire l'ordine e la pace? Ed in tal caso, cosa farà la Bulgaria, cosa farà sopratutto la Serbia?

Quanto alla Bulgaria vi sarebbe da ritenere che continui a resistere alle lusinghe tentatrici di Vienna che vuoi separarla dalla Serbia e, mossa anche dal proprio interesse, faccia causa comune con quest'ultima nel giorno del pericolo.

Quanto alla Serbia poi ritengo che non potrà rimanere con le mani alla cintola. Il giorno in cui l'Austria occupasse definitivamente il sangiaccato di Novi Bazar la Serbia, come Stato veramente indipendente, avrebbe cessato di esistere. Forse vi hanno qui alcuni che al vassallaggio austriaco si rassegnerebbero, sperandone vantaggi materiali, ma il sentimento della maggioranza vi si ribellerebbe e più di ogni altro il re. Egli

infatti ha voluto dare alla Serbia una politica indipendente, nazionale, balcanica (diremo) opposta a quella degli Obrenovitch, che hanno sempre cercato un protettore a Vienna o a Pietroburgo. Questa è la bandiera che egli ha spiegato venendo al potere ed ormai è mestieri la tenga alta ad ogni costo. In ciò sta la sua ragione di essere.

Non bisogna dimenticare come e perché egli è salito al trono. Non bisogna dimenticare la natura di questo popolo nel quale la personalità del monarca è tutto, scarso il rispetto alla legge, nebuloso il senso della legittimità, mal compreso il regime parlamentare. Bisogna dunque che re Pietro trovi modo di affermarsi se vuole assodare il trono a sé e a' suoi, e che si mostri pronto a sostenere con le armi l 'indipendenza del suo popolo. Certo il momento attuale non è favorevole e l'attesa sarebbe un guadagno. Occorreranno almeno due anni perché Bulgaria e Serbia abbiano rinnovato i loro armamenti, la Russia in questo momento è impotente a controbilanciare la preponderanza austriaca, indifferente appare la Francia, ostile la Turchia.

In tale condizione di cose sarebbe nel desiderio del Governo serbo di migliorare almeno i suoi rapporti con alcuni degli altri Stati balcanici, Rumania e Grecia, e propiziarsi il più possibile la Porta. Ma le difficoltà di varia natura sono molte e forse insuperabili.

La Rumania stretta alla Triplice si muove nell'orbita della politica austriaca. Per rendersi amica la Grecia bisognerebbe assicurarla dalle violenze dei comitati bulgaro-macedoni. Ma poiché la Serbia è impotente a proteggere i suoi serbi di Macedonia, meno ancora riuscirebbe a proteggere i greci.

Quanto alla Turchia l'azione deleteria che esercita qui il ministro ottomano e di cui è in parte oggetto il mio rapporto del 24 dicembre ultimo scorso n. 2272 , e le condizioni anormali in mezzo a cui si svolge a Costantinopoli l'azione politica di quel Governo precludono la via alle speranze.

Il Governo serbo desidererebbe che almeno la Francia uscisse dalla sua attitudine passiva per prendere qualche interesse alle questioni balcaniche e credo sarebbe riconoscente al Governo italiano se volesse esercitare la sua influenza in questo senso. Ma è cosa pericolosa e delicata.

La E.V. soltanto, che ha sotto gli occhi tutto il complesso della politica generale, è in grado di giudicare se la nostra azione, nel senso indicato, sarebbe più o meno compatibile cogli interessi dell'Italia e cogli impegni e riguardi verso gli alleati suoi.

804 1 Non pubblicato, col quale Guiccioli riferiva di essere stato ricevuto dal sovrano serbo.

804 2 Cfr. n. 788.

805

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 23. Roma, 9 gennaio 1905, ore 12,15.

Reggente legazione Addis Abeba telegrafa 1 Governo britannico favorevole progetto Harrington circa istituzione Banca anglo-italiana in Etiopia e avere deciso invio agente in Addis Abeba per trattare affare. Nel senso del carattere anglo-italiano della Banca vi fu pieno accordo fra Harrington e Ciccodicola fino dall'inizio delle trattative presso Menelik. Io sto provvedendo costituzione serio gruppo capitalisti che, sotto auspici Banca d'Italia, sia eventualmente disposto entrare combinazione. È già in massima convenuto invio uno due agenti col medesimo mandato dell'agente britannico, e desidererei che agenti inglesi ed italiani procedessero in massima d'accordo. Desidererei poi conoscere: l) epoca approssimativa partenza agente inglese; 2) se Governo britannico intende costituire banca con capitali privati o governativi; 3) se pur preoccupandosi dei vantaggi politici codesto Governo peraltro subordina, come suppongo, la partecipazione inglese a serie guarentigie ed alla constatazione della esistenza di condizioni che diano affidamento buon successo finanziario intrapresa.

806

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 49/16. Berlino, 9 gennaio 1905 (perv. il14).

Col mio rapporto n. 731, del 30 dicembre u.s. 1 , io ebbi l'onore di segnalare a

V.E. le preoccupazioni sorte nei circoli della marina tedesca, e anche nell'animo di

S.M. l'imperatore, per il linguaggio aggressivo usato da certi organi della stampa inglese e la possibilità che l'Inghilterra nutrisse idea di muovere guerra alla Germania. Io soggiungevo che queste preoccupazioni avevano assunto proporzioni tali che il cancelliere dell'Impero aveva creduto di doverne intrattenere, confidenzialmente, tanto sir Frank Lascelles quanto il conte Metternich, appositamente fatto venire da Londra.

Oggi ho motivo di credere che le franche ed esplicite dichiarazioni di quei due diplomatici hanno portato il loro buon frutto. A rassicurare l'animo di S.M. l'imperatore e del suo cancelliere hanno contribuito anche i telegrammi da quello e da questi ricevuti, da parte del re d'Inghilterra, in occasione del capo d'anno. Io ignoro il teno

806 1 Cfr. n. 797.

re del telegramma del re a S.M. l'imperatore. So solo che esso non era concepito in termini che potessero rivelare, in chi lo scriveva, un prossimo avversario. In quello poi diretto dal re Edoardo al conte BOlow, in risposta alle felicitazioni da questo inviategli, è contenuto, insieme ad altre espressioni graziose e cordiali, l'augurio che la Germania continui anche nell'anno nuovo a godere pace e prosperità.

Se la stampa inglese non ricomincerà la campagna contro la Germania, tutto mi fa credere che le preoccupazioni, alle quali accennavo nel mio rapporto sopra accennato, anderanno dileguandosi.

Altre però ne rimangono; ma queste sono meno palesi; voglio alludere ai pericoli che qui si prevedono da un troppo intimo accordo tra l'Inghilterra e la Francia. Ché a quest'ultima l'occhio vigile della Germania sempre è rivolto e con attenta cura se ne seguono le interne vicende, le quali da un momento ali' altro possono assumere tale forma da costituire una minaccia, un pericolo per l'Impero al di qua dei Vosgi. E questo pericolo sarà eventualmente tanto più grave, quanto più intimi e stretti saranno i rapporti tra la Francia e l 'Inghilterra.

Sono queste preoccupazioni che stimo mio dovere segnalare all'attenzione dell'E.V., perché hanno radici profonde non solo nelle sfere ufficiali, ma anche nel Paese intero2•

805 1 Con T. 29 del 7 gennaio, non pubblicato.

807

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 80/28. Costantinopoli, 10 gennaio 1905 (perv. il 19).

Nel mio rapporto n. 71/241 , ho avuto l'onore di riferire a V.E. l'impressione qui predominante attualmente a riguardo della nuova situazione che si va delineando in seguito agli avvenimenti di Macedonia. Le informazioni da me date erano principalmente attinte al Palazzo imperiale dal primo interprete della r. ambasciata, nel corso di una conversazione confidenzialissima che egli ebbe ieri, per mio incarico, col primo segretario del sultano.

Quella conversazione ha avuto un seguito. Il commendatore Cangià, chiamato quest'oggi a Palazzo, si è novellamente intrattenuto con Tahsin Pacha, il quale, d'ordine di S.M., lo ha pregato di farmi la comunicazione seguente:

«Le disfatte toccate alle armi russe, i gravi imbarazzi interni in cui versa attualmente l'Impero hanno generato nell'animo del sultano alquanta preoccupazione. Stante la difficoltà momentanea della Russia di esplicare un'efficace azione direttiva negli

affari di Macedonia, è evidente che la posizione dell'Austria deve forzatamente divenire di giorno in giorno più preponderante. Sebbene, al momento presente, non vi siano motivi speciali di apprensione, non si può escludere assolutamente la possibilità di una qualche sorpresa, dato il carattere tutt'altro che franco ed aperto della politica austriaca.

In tale stato di cose, il sultano, cui sono noti i sentimenti di cordiale amicizia nutrita a riguardo suo dal nostro augusto sovrano e rendendosi conto dell'interesse che ha l'Italia al mantenimento dello statu quo, gradirebbe di conoscere in qual modo la situazione presente viene giudicata da S.M. il re e dal suo Governo. Inoltre il sultano si domanda, ed anche su questo punto gli sarebbe caro di conoscere in via strettamente confidenziale il pensiero di Sua Maestà e del Governo, se, nelle presenti circostanze, ad evitare complicazioni maggiori e a tutelare lo statu quo, non sarebbe indicato un accordo tra l'Italia, la Turchia e la Russia».

Ho riferito quasi testualmente la comunicazione imperiale. Alla medesima giudicherà l'E.V. se ed in quali termini sarà il caso di rispondere. A mio modesto avviso, converrebbe di fronte a queste aperture dimostrare la massima prudenza e la massima cautela e ciò per due motivi:

l) perché sulla discrezione e sulla lealtà della politica del sultano penso si debba fare un assegnamento più che relativo. In tutta questa sua politica, che per il resto è interamente saltuaria ed inspirata da impulsi momentanei, il solo criterio direttivo e mai modificato è stato ed è quello di seminar zizzanie tra le Potenze e trarne partito. Ciò stante, e non esito a dichiararlo, io non sarei nullamente sorpreso se, fallita, grazie ad un nostro rifiuto, questa combinazione da lui escogitata, ovvero dissipati per una ragione o per l'altra i suoi sospetti contro l'Austria, il sultano non credesse di cambiare ad un tratto fucile di spalla e, travisando i fatti, dare ad intendere a Vienna che da noi si sieno arditi intrighi a danno della duale Monarchia.

2) Perché, pur ammettendo i vantaggi che da un accordo italo-russo, sulla base del mantenimento dello statu quo, noi si potrebbe trarre, non mi pare probabile che a tale accordo consenta ad addivenire la Russia, già legata dai suoi impegni con l'Austria-Ungheria.

Ancora più problematica mi sembrerebbe poi l'adesione della Russia ad un accordo in cui dovesse intervenire in terzo la Turchia. È evidente difatti che il miglior modo di mantenere lo statu quo è quello di tradurre in atto, nei limiti del possibile, quelle riforme appunto che la Russia si è adoperata ad introdurre e che il sultano, con tanta cieca ostinazione, si è studiato e si studia tuttora di mandare a monte.

Per i motivi su esposti, e, tenuto conto anche del tàtto che il sultano assai sovente agisce sotto l'impulso di una ispirazione momentanea e sa rivolgere a questo

o a quell'ambasciatore comunicazioni che hanno l'aria di rivestire carattere di estrema urgenza e che egli poi dimentica completamente, reputerei prudente consiglio di lasciar cadere la cosa, astenendosi dal dare qualsiasi risposta.

Qualora poi, ritornando Sua Maestà alla carica, si fosse assolutamente costretti a rispondere, sarebbe forse opportuno di farlo in termini vaghi ed indeterminati.

Si potrebbe, ad esempio, dichiarare che l'Italia aspetta per pronunciarsi che il sultano abbia prima fatto tastare il terreno a Pietroburgo, ovvero che Sua Maestà imperiale si sia previamente accertata in modo positivo che il vagheggiato accordo

incontrerebbe la simpatia della Germania, altrettanto fida alleata del nostro Paese quanto amica sincera e disinteressata della Turchia.

Questa od altra risposta evasiva non monta, purché si eviti il pericolo di fornire a questo sovrano un'arma di cui, ad un momento dato, egli possa servirsi per crearci imbarazzi e difficoltà con l'Austria.

In attesa di quelle istruzioni che, nell'alta sua saggezza, VE. giudicherà conveniente impartirmi su questo delicato argomento, ...

806 2 Il rapporto fu trasmesso a Londra con D. 3113/23 del 20 gennaio.

807 1 Rapporto del l O gennaio. non pubblicato, col quale Imperiali riferiva sulle preoccupazioni ottomane per l'eventuale pericolo costituito dall'Austria-Ungheria, dato l'indebolimento della Russia impegnata contro il Giappone.

808

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'INTERNO, DI SANT'ONOFRIO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

L. Roma, 10 gennaio 1905.

Abbiamo avuto in via segretissima il qui unito questionario della Sacra Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari. Si tratta di un documento riservatissimo che ti comunico per tua esclusiva informazione, ...

ALLEGAT01

La rottura delle relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e il Governo della Repubblica francese suscita, naturalmente, difficoltà anche nell'Oriente e nell'Estremo Oriente. Dovendosi in breve recare al luogo della sua residenza il nuovo delegato apostolico di Costantinopoli, è necessario dargli istruzioni precise circa il protettorato cattolico della Francia nel Levante e circa i rapporti personali che il delegato apostolico deve avere coll'ambasciata di Francia.

L'avvenuta rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede e la minaccia di separazione tra lo Stato e la Chiesa in Francia hanno dato motivo alla stampa europea, in particolare alla francese, di occuparsi e preoccuparsi della sorte riservata al protettorato cattolico della Francia. Le EE.VV.RR. ricordano le dichiarazioni del signor Combes al redattore della Neue Freie Presse di Vienna, modificate, sotto l'impulso della pubblica opinione, non tanto nel discorso di Auxerre, quanto nell'ultimo discorso del medesimo signor Com bes alla Camera francese. Non solo dai tàutori del Gabinetto attuale, ma anche da molti dei suoi avversari è ammessa in proposito la tesi seguente: il protettorato cattolico della Francia riposa nell'Oriente sulle capitolazioni col Governo ottomano, nell'Estremo Oriente sul trattato di Tien-Tsin; quindi è indipendente dalla Santa Sede e non corre pericolo colla rottura e colla separazione. A questa tesi è stato risposto coll'opuscolo: Il protettorato cattolico della Francia nell'Oriente e nell'Estremo Oriente, che i giornali e le riviste hanno diffuso in Francia e che non ha mancato di produrre qualche buon risultato.

Quali siano le intenzioni dell'attuale Gabinetto francese è difficile precisare. Sembra certo che all'indomani della rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede il signor

Delcassé partecipasse ai suoi agenti nel Levante che nulla era cambiato relativamente al protettorato cattolico della Francia. Ciò viene confermato anche da molti fatti posteriori che saranno in seguito citati; basti ora ricordare che il signor Delcassé, interpellato se il console francese in Beyruth, negando protezione alle suore di Nòtre Dame des Douleurs, si era uniformato alle istruzioni del Governo, rispose che, se il fatto era vero, il console aveva agito contrariamente alle istruzioni ricevute. Il voler così conservato intatto il protettorato cattolico della Francia farebbe supporre che il signor Delcassé nutre qualche speranza di veder ristabiliti in un avvenire più o meno prossimo i buoni rapporti con la Santa Sede, senza i quali questo privilegio della Francia non può a lungo durare, almeno nei limiti e prerogative attuali.

Da altra parte non si deve dimenticare che il signor Delcassé è uno dei pochi rappresentanti la parte moderata nell'attuale Gabinetto francese. L'opinione prevalente della maggioranza parlamentare spinge il Governo a disinteressarsi della protezione delle persone ed istituzioni cattoliche francesi sotto l'aspetto nazionale soltanto, purché non siano di quelle che sono particolarmente invise al Governo; finalmente a moltiplicare e sostenere nel Levante le scuole francesi laiche2 , giudicate più atte che le scuole congreganiste alla propaganda francese!?! Il signor Delcassé ha dato tali e tante prove di debolezza che non dovrebbe recar meraviglia se cedesse anche sopra a questo punto.

Ritornando ora all'oggetto di questa ponenza, le Eminenze Vostre nella plenaria adunanza del l O settembre 1904 presero ad esame una lettera del P. Amadio Amato O.M., pro vicario d'Egitto, il quale s'era indirizzato alla Sacra Congregazione di Propaganda per avere istruzioni circa l'attitudine da tenere col console di Francia in Alessandria in occasione dell'ingresso del novello vicario e delegato apostolico di Egitto. L'EE.VV. avranno la compiacenza di rivedere la ponenza allora distribuita, nella quale si contengono alcuni cenni storico-giuridici intorno alla questione, oggi nuovamente sollevata. Il detto P. Amato nella sua lettera rilevava che in simili circostanze il console di Francia aveva la parte più importante, e riscuoteva i primi onori: sì che poteva dirsi che fra tutti era quegli che compariva e faceva preponderare la sua primazia a discapito di tutti gli altri. «Ora (concludeva lo stesso P. Amato) stante la rottura delle relazioni ufficiali fra la Santa Sede e il Governo francese dovremo conformarci a quanto si è praticato per il passato, oppure dovremo attenerci ad altra via?».

La risposta delle EE.VV., confermata nel giorno successivo dal Santo Padre, e poscia fatta pervenire al P. Amato per organo della Sacra Congregazione di Propaganda, fu la seguente, cioè:

«La questione del protettorato e degli annessi onori forma oggetto di accurato studio da parte della Santa Sede e perciò per il momento non è il caso di dare particolari istruzioni. Se il console francese si regolasse in questa occasione come per lo passato, il nuovo vicario e delegato apostolico mantenga un'attitudine passiva, nel senso cioè che lasci fare senza opporre diftìcoltà, ma senza neanche prendere iniziativa alcuna da parte sua per sollecitare i favori e la mediazione del console, e in specie per la presentazione al khedive e al governatore; in altre parole, accetti i buoni uffici del console se vengono proferiti, ma non prenda l 'iniziativa di domandarli; e finalmente con la dovuta prudenza faccia sapere al medesimo, possibilmente per iscritto, che, avendo consultato la Propaganda su !l'argomento in parola, ha avuto per risposta: «<'affare del protettorato e degli onori annessi formare oggetto di studio da parte della Santa Sede».

Nel frattempo, cioè dall'ottobre u.s. a tutt'oggi, il signor Constans, attuale ambasciatore di Francia presso la Sublime Porta, dopo aver fatto un prolungato soggiorno in Parigi, ove ebbe occasione di ricevere anche di viva voce le istruzioni del suo Governo, raggiunse il suo posto. Il vicario di quella delegazione apostolica, monsignor Borgomanero, in data del 14 novembre p.p. si recò a fargli visita; ed in questa circostanza l'ambasciatore francese gli fece dichiarazioni tali che meritano di esser poste sotto gli occhi delle EE.VV. La lettera, colla quale monsignor Borgomanero espone la conversazione avuta col Constans, scritta all'eminentissimo, signor cardinale prefetto di Propaganda, è del tenore seguente:

«Ii signor Constans ambasciatore di Francia, essendo qui ritornato da pochi giorni, ieri andai a fargli una visita. L'ambasciatore mi accolse con segni evidenti di speciale soddisfazione, facendomi introdurre pel primo, mentre molti altri personaggi attendevano prima di me.

La conversazione cadde naturalmente sulle questioni più palpitanti; cioè sulla politica francese riguardo la Santa Chiesa e sul protettorato.

Il signor Constans incominciò per dichiararmi senza ambagi che egli personalmente non è partigiano della «separazione», ma che in Francia si cammina fatalmente verso questa soluzione e che si finirà per arrivarci, se pur il Ministero non sarà prima rovesciato. Del resto, soggiunse, secondo il progetto di Combes questa separazione si farà gradualmente e nel modo il più liberale dalla parte del Governo, il quale continuerebbe a lasciare durante una diecina di anni gli edifici destinati al culto a titolo gratuito e continuerebbe a retribuire i vescovi ed il clero, sicché (come dice il signor Constans) il Governo non farebbe che ritenere gli oneri pur rinunziando ai privilegi del Concordato, fino a tanto che il Paese si sia abituato ed organizzato in maniera di poter far fronte al nuovo regime. Non so quanto ci sia di sincero in queste dichiarazioni che il signor Constans dice tenere dallo stesso signor Combes.

Riguardo la questione del protettorato questo ambasciatore sostiene: l) che essa è distinta da quella della separazione della Chiesa dallo Stato, essendo questa una questione di ordine interno, mentre quella dipende dal Ministero degli affari esteri, il quale, continuò il signor Constans, mi ha detto di continuare, come per il passato a proteggere le Missioni. E questo è così vero che il signor Delcassé sta preparandosi per far votare i fondi destinati alle Missioni; 2) che il diritto o privilegio della Francia di esercitare il protettorato non dipende affatto (?) dalla Santa Sede, e nella stessa materia che non fu la S. Sede che lo ha accordato, così non sarà essa che potrà toglierlo alla Francia.

Io non credo, soggiunsi io, che la Santa Sede abbia mai avuta finora questa intenzione, né fatto atto alcuno che permetta di attribuirgliela.

Non lo credo neppur io, continuò il signor Constans, e spero che Roma ci penserà bene prima di venire ad una tale decisione (elle y pensera à deux fois ). E quindi, prendendo un tono piuttosto duro, che mal celava una tetra idea di minaccia, continuò: et après tout, cela n'irait pas tout seui; car enfin, le six-dixième des propriétés religieuses en Orient sont au nom de l'ambassade de France3 .

L'ambasciatore ha subito cercato di temperare la durezza (sarei tentato di dire la viltà) di tali parole, passando a fame degli auguri personali, nell'interesse delle opere nostre con la continuazione delle tradizioni del venerato defunto.

Tale è il sunto della conversazione avuta ieri col signor Constans, e che credetti mio dovere far conoscere all'E. V., mentre baciandone la sacra porpora ho l'onore di raffermarmi».

Il tono arrogante e minaccioso del signor Constans conferma la necessità di dare al nuovo delegato apostolico in Costantinopoli dettagliate istruzioni, affinché la sua linea di condotta risponda all'intenzioni della Santa Sede. I punti principali da toccarsi in queste istruzioni sembrano essere i seguenti:

l) Quale deve essere il contegno personale del delegato coll'ambasciatore di Francia? Per esempio, se l'ambasciatore lo invita a pranzo, è chiaro che il delegato può accettare, ed alla sua volta può invitare l'ambasciatore; se l'ambasciatore gli rende visita, il delegato deve riceverlo e deve poi restituire la visita. Ma conviene che il delegato prenda l'iniziativa nell'invitare o nel visitare?

2) Quando il nuovo delegato giungerà in Costantinopoli, l'ambasciatore francese, probabilmente, reclamerà le solite prerogative onorifiche, descritte nel citato opuscolo: Il protettorato cattolico, ecc. pag. 23, e in gran parte anche a pagina 9 della ponenza del l O settembre, che va unita alla presente. E che tutto si avvii sulla stessa strada battuta fino ad ora è confermato da una lettera di Costantinopoli pubblicata nel Giornale di Roma del 30 dicembre u.p. in cui leggesi: «Costantinopoli 22 (Mario )-Mons. Borgomanero, pro vicario apostolico ha ufficialmente notificato all'ambasciata di Francia la nomina di mons. Giovanni Tacci a delegato apostolico in Costantinopoli per gli Orientali, e vicario patriarcale per i Latini. S.E. l'ambasciatore, signor Constans, si è affrettato a rispondere esprimendo i suoi ringraziamenti per questa comunicazione». Or bene, se ciò si verifica, debbono darsi le stesse istruzioni che furono date per l'Egitto?

3) È noto che nel passato il rappresentante della Francia pretese che il delegato apostolico solo per suo mezzo domandasse all'autorità civile le udienze, accompagnandolo egli o personalmente o nella persona di altri a Palazzo, e rimanendo presente alla conversazione; come pure è noto che mons. Sonetti aveva rotto con questo insopportabile abuso. Se l'attuale ambasciatore intendesse riprenderlo, il delegato deve tollerare, ovvero opporsi, reclamando la sua piena indipendenza vis-à-vis della autorità civile?

4) L'attuale ambasciatore di Francia pretende che il delegato eserciti la sua giurisprudenza subordinatamente alla ambasciata, di guisa che anche gli ordini del delegato debbano essere approvati dall'ambasciatore. A conferma di ciò vi è il fatto seguente. Per ordine del delegato apostolico un padre agostiniano del!' Assunzione, per mandato della delegazione apostolica, si recò a visitare una piccola città i cui abitanti avevano dimostrato desiderio di passare alla Chiesa cattolica. Lo riseppe il signor Constans, il quale fece rimprovero ai RR.PP. agostiniani perché non avevano prima consultato l'ambasciata francese ed aggiunse che in avvenire si ricordassero che il loro superiore, anche prima del delegato apostolico, era il rappresentante della Francia. Deve il delegato subire questa enorme pretenzione, ovvero deve nell'esercizio della missione essere e dichiararsi indipendente da qualunque autorità?

5) Egualmente l'ambasciatore pretende immischiarsi anche in affari religiosi che non hanno nulla che vedere col Governo turco, come lo prova il fatto testé citato. Il delegato deve tacere, ovvero deve consigliare la resistenza passiva, ossia la semplice non obbedienza alle pretenzioni del signor Constans?

6) I RR.PP. gesuiti francesi come pure i RR.PP. agostiniani dell'Assunzione, egualmente francesi, per esser pronti in possibili evenienze del futuro, hanno chiamato nelle loro case del Levante alcuni Padri tedeschi, i quali, ove la protezione francese venisse loro a mancare, potrebbero invocare la protezione dell'Impero tedesco. Il delegato deve consigliare e favorire queste o simili misure di prudenza?

7) il delegato deve insistere per l'osservanza delle note prescrizioni della Santa Sede intorno alla protezione esclusiva della Francia e agli onori riservati ai soli rappresentanti della medesima, ovvero deve lasciar correre, se queste prescrizioni venissero violate? In altri termini, se i missionari non solamente tedeschi, per i quali è ammesso, ma anche di altra nazionalità non francese domandassero protezione agli agenti della propria Nazione, in particolare se i missionari italiani domandassero protezione agli agenti del Governo italiano, il delegato apostolico deve richiamarli ali' ordine, anche senza previa protesta dell' ambasciatore francese, ovvero deve tacere, non o stante i reclami de li' ambasciatore? Item che cosa deve fare il delegato apostolico se qualche missionario nega al rappresentante della Francia gli onori dovutigli in forza del Regolamento del 1742, ovvero li attribuisce agli agenti di altra Nazione?

Sopra questi ed altri importanti punti le EE.VV. si degneranno manifestare il loro sapiente avviso, rispondendo al seguente dubbio: quali istruzioni debbono darsi al nuovo delegato Apostolico nel caso?

808 1 Istruzioni da darsi al nuovo delegato apostolico in Costantinopoli.

808 2 Lacune nel testo.

808 3 Nota del documento: «Con queste parole di colore oscuro il signor Constans probabilmente vuole alludere a questo, che le diverse congregazioni francesi nel Levante, dietro insistenza dell'ambasciata, rimisero, alcuni anni sono, a questa i titoli delle loro proprietà; e l'ambasciatore minaccia di far sue le proprietà medesime ove la Santa Sede togliesse alla Francia il protettorato della Chiesa nel Levante. Ciò in termini chiari si chiamerebbe rubare, e rubare a sudditi francesi in rappresaglia di un fatto della Santa Sede».

809

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'INTERNO, DI SANT'ONOFRIO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

L. RISERVATA. Roma, 11 gennaio 1905.

In continuazione della comunicazione riservata fatta ieri 1 ti partecipo che la Congregazione degli affari ecclesiastici ha deciso di non fare novità (nihil innovatur) circa il patronato dei cattolici in Oriente almeno finché altro evento politico debba suggerire una diversa linea di condotta. Saranno perciò date istruzioni al delegato apostolico di Costantinopoli che si attenga alle disposizioni in vigore, mantenendo il massimo riserbo.

809 1 Cfr. n. 808.

810

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 55/4. Londra, 12 gennaio 1905, ore 5,30.

In risposta al telegramma n. 23 1 , ho intrattenuto marchese Lansdowne del progetto di una banca in Etiopia, circa il quale egli aveva analoga informazione da Harrington. Sua Signoria mi disse sapere che un delegato doveva dal Cairo essere ora mandato ad Addis Abeba per incarico della Banca nazionale egiziana, allo scopo di esaminare sopra luogo, per conto della Banca stessa, se vi siano in Abissinia elementi sufficienti per giustificare la creazione colà di un istituto bancario con qualche speranza di successo. Su di ciò si nutrono serì dubbì. In ogni caso, marchese Lansdowne mi disse non trattarsi di un affare nel quale né il Governo egiziano, né, tanto meno, il Governo britannico sarebbero disposti a prendere alcuna ingerenza, ma considerare tutto ciò come un'impresa di ordine esclusivamente privato, all'infuori d'ogni responsabilità, sia materiale, che morale, di questo Governo.

811

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 83/31. Costantinopoli, 12 gennaio 1905 (perv. il 18).

Faccio seguito al rapporto n. 74/25 del l Ocorrente1•

Martedì scorso, il primo interprete della r. ambasciata fu chiamato telegraficamente al Palazzo per conferire col primo segretario del sultano. Tahsin pascià, riferendosi alla comunicazione fattagli la vigilia per mio incarico, dichiarò al commendatore Cangià che Sua Maestà imperiale, nell'intento di dare una novella prova dei suoi sentimenti di giustizia e del suo desiderio di rimuovere ogni causa di dissidio colla Bulgaria, tenendo pure il debito conto dei consigli amichevoli rivoltigli in questi ultimi tempi dall'Italia al pari che da altre Potenze, aveva emesso un iradé con cui viene autorizzato il rimpatrio nel vilayet di Adrianopoli di quelli tra i rifugiati in Bulgaria i quali non avevano ancora reintegrato i loro domicilì in seguito all'altro iradé emanato la primavera scorsa.

V.E. troverà qui unito un riassunto dell'iradé imperiale2 . Questo documento mi fu consegnato ieri stesso dall'agente diplomatico bulgaro, il quale, venuto a vedermi,

mi esprimeva il suo vivo compiacimento per il risultato conseguito e mi ringraziava caldamente in pari tempo per l'appoggio che la giusta causa da lui patrocinata ha, questa volta ancora, trovato presso l'ambasciata di Sua Maestà.

Il signor Natchovitch si dichiarava soddisfatto di quanto è riuscito ad ottenere, e riconosceva l'opportunità del consiglio da me datogli di astenersi, fino a nuovo ordine, dal presentare nuove lagnanze e nuovi reclami contro la Porta.

Vorrei sinceramente poter sperare che, eliminata ormai questa causa bruciante di conflitti, le relazioni turco-bulgare abbiano a prendere una piega se non assolutamente cordiale, almeno tollerabile. Credo però più prudente consiglio di non lasciarmi andare a tale piacevole illusione. Non passerà, temo, molto tempo, e sia per le esigenze a volta troppo spinte dei bulgari, sia per la buona volontà assai relativa di cui sogliono far mostra le autorità ottomane, saremo da capo con le doglianze del Principato e con il risentimento minaccioso del! 'Impero.

Ben quattro volte, nei due anni passati, dacché sono stato chiamato ad occuparmi degli affari balcanici, ho dovuto con rincrescimento constatare come le speranze che si erano potute avere su di un ravvicinamento sincero tra Turchia e Bulgaria siano state sempre deluse. Questa circostanza vale a spiegare il mio scetticismo, il quale, del resto, è comune anche ad altri miei colleghi.

L'ambasciatore di Russia, che ho veduto poc'anzi, mi metteva a parte delle sue vedute pessimistiche intorno agli avvenimenti che potranno verificarsi durante l'anno che comincia.

Al signor Zinovieffinspira seria apprensione l'azione sempre più intensa e più attiva esercitata, secondo viene concordemente riferito da tutti i consoli russi, dagli Stati balcanici senza eccezione, per tener desta la propaganda rivoluzionaria in Macedonia.

Altro e non meno grave motivo di allarme è fornito poi dall'atteggiamento della Turchia, la quale, sorda ai consigli ed agli ammonimenti delle Potenze, continua nel sistema adottato di ostacolare, con tutti i mezzi, l'opera delle riforme, e non si rende conto dei pericoli di ogni sorta cui, con tanto deplorevole cecità, essa si espone.

810 1 Cfr. n. 805. 811 1 R. 74/25 del IO gennaio, non pubblicato, col quale Imperiali riferiva di essere intervenuto presso il Governo ottomano, dietro preghiera dell'agente bulgaro, perché migliorasse le sue relazioni con Sofia. 2 Non si pubblica.

812

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI

T. 38. Roma, 13 gennaio 1905, ore 18.

Ci risulta per comunicazione ministro britannico Addis Abeba, confermata Londra1 , che Banca nazionale egiziana invierà Addis Abeba delegato per studiare convenienza istituzione Banca che, conformemente accordi già intervenuti, dovrebbe avere carattere anglo-italiano. lo mi occupo costituire sotto auspici Banca Italia gruppo capitalisti italiani eventualmente disposti entrare combinazione e che, sin da ora, sarebbero, in massima, disposti inviare delegato Addis Abeba con medesimo incarico

delegato inglese. Prego intrattenere della cosa lord Cromer, informarmi data approssimativa partenza delegato inglese, esprimendo mio desiderio che egli si trovi con delegato italiano per procedere possibilmente d'accordo2 .

812 1 Cfr. n. 810.

813

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 36/13. Londra, 13 gennaio 1905 (perv. il 18).

A complemento del mio telegramma di stasera 1 , mi affretto a spedire per guadagno di tempo a V.E. la copia delle due note che ho or ora scambiate col marchese di Lansdowne a conclusione dei nostri accordi pel riscatto del Benadir e per il lease di Kisimayo2 . Mi riferisco al contenuto di questi documenti, dal quale risultano di per sé le modificazioni in essi introdotte in confronto dei primitivi progetti, allo scopo di tener conto per quanto era possibile delle osservazioni e dei desideri del R. Ministero. Come ella lo rileverà, alcune aggiunte, che relativamente a certi articoli si era dapprima proposto di far risultare in apposita nota addizionale, vennero invece inserite nel testo stesso della convenzione, e ciò dietro mio suggerimento, a scopo anche di maggior chiarezza e semplicità di forma.

Avrò ancora a spedirle, come prima saranno scambiate, le note relative alla nostra riserva pel trattamento della gente di colore nel Benadir, non essendosi avuto tempo di prepararne oggi la copia prima della partenza del marchese Lansdowne andato stasera a Bowood. Riguardo a codeste note, delle quali pure è già convenuto il testo, avverto (in riferenza al suo telegramma n. 35 giuntomi iersera)3 che quella responsiva di lord Lansdowne conterrà la contro-riserva fatta dal Governo inglese di poter eventualmente presentare osservazioni circa misure reputate eccessive che si adottassero a pregiudizio dei suoi sudditi della indicata categoria. Quando ne trattai al Foreign Office, avevo fatto rilevare che quella contro-riserva mi pareva superflua, giacché ogni Governo conserva in ogni caso la facoltà di contestare in via diplomatica qualunque simile infrazione.

Avendo però compreso che qui si teneva a quell'aggiunta (che poteva ad ogni evenienza dimostrare che il Governo britannico non ha mancato di sollecitudine verso i suoi sudditi indiani), ho stimato che non mi giovasse insistere per la soppressione da me proposta. Bensì ho ottenuto che si modificassero i termini dell'inciso in questione, attenuandone la forma che non mi pareva felice, non ho in questo momen

2 Si pubblica solo la versione inglese perché la risposta italiana è analoga.

3 T. 35 del 12 gennaio, non pubblicato.

to sott'occhio la nuova formola adottata per poterla comunicare con questo rapporto a V.E., ma spero che ella la troverà migliorata, avendovi io, per altro, fatto sopprimere le parole protesta e oppressione.

È da considerarsi, del resto, che le due note di cui si tratta non sono destinate ad essere pubblicate.

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

Londra. 13 gennaio 1905.

In pursuance of previous communications on the subject of an accord between the Zanzibar Govemment and the Government of His Majesty the King of ltaly for the purchase by the ltalian Government of ali the Sovereign and other rights of His Highness the Sultan of Zanzibar over the towns, ports and territory of the Benadir coast, of which the administration is now vested in the Italian Government under the Agreement dated the 12th August, 1892, as amended by the Additional Article dated the pt September, 1896, I have now the honour to propose to Your Excellency, in the name of the Government of His Highness the Sultan of Zanzibar and o n behalf ofHis Majesty's Govemment, the following terms ofAgreement:

I) The l tali an Govemment w ili pay to the Govemment of Zanzibar the sum of 144.000 f. This su m, or its sterling equivalent, shall be lodged in the Bank of England to the credi t of the Zanzibar Govemment within three months ofthe exchange of notes recording the Agreement.

The rent now payable by the ltalian Govemment shall continue to be paid up to the day on which the purchase money is paid into the Bank.

On the payment of the above mentioned sum, ali rights specially reserved to His Highness the Sultan under the Agreements of 1892 and 1896 shall cease and determine. Ali subjects of His Britannic Majesty and other British protected persons, and ali subjects of His Highness the Sultan of Zanzibar, shall continue to enjoy in the towns, ports and territory in question ali the privileges and advantages with respect to commerce and shipping which are, or may be, accorded to the subjects ofthe most favoured nation.

II) On the same day on which the arrangement indicated in (I) comes into force, ali the rights of extra-territoriality now enjoyed by Italy under Treaty, Agreement, or usage, in the dominions of His Highness the Sultan of Zanzibar, shall absolutely cease and determine; an d on and after that date, the extra-territorial jurisdiction hitherto exercised by His Majesty the King of ltaly in His Highness' Dominions shall be transferred to His Britannic Majesty's Court in Zanzibar, as constituted under «The Zanzibar Order in Council, 1897».

III) The ltalian Govemment undertake that if at any ti me Italy should desire to give up the towns, ports an d territory in question, Great Britain shall ha ve the right ofpreemption.

I beg Your Excellency to do me the honour to inform me whether the Italian Govemment consent to these terms ofAgreement.

812 2 Con T. 70/2 del 15 gennaio Sal vago Raggi rispose: «Delegato inglese già partito con istruzioni intendersi con i ministri di Francia e d'Italia».

813 1 Non rinvenuto.

814

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO AD ATENE, BOLLATI

D. RISERVATISSIMO 1921. Roma, 14 gennaio 1905.

Con riferimento al rapporto della S.V. in data 28 dicembre p.p. n. 5901 la informo, per opportuna sua notizia, avermi il r. console in Janina riferito con rapporto del 31 dicembre u.s. 2 che il reggente del consolato austro-ungarico in quella città, parlando con lui accademicamente, si sarebbe lasciato sfuggire alcuni accenni al presunto accordo austro-greco per l'Albania.

Il maggiore de Meichsner, alludendo all'incidente del noto Lebandes (?)3 a Durazzo, del quale egli ebbe ad occuparsi, assieme al suo collega di Grecia quando era in quella città quale reggente di quel consolato austro-ungarico, avrebbe detto che il Lebaudes (?)3 era stato liberato per opera dei consoli di due Grandi Potenze e che tanto lui quanto il console di Grecia lo avevano accompagnato a bordo, sempre in vista di quella benedetta azione parallela tra l'Austria e la Grecia.

Le parole sfuggite al maggiore de Meichsner sembrerebbero avere un certo fondamento, avverte il commendatore Millelire, ai sospetti se non di uno accordo scritto, almeno di una positiva intesa austro-greca quanto ali' Albania, intesa che si esplicherebbe in un'azione parallela.

815

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BO ASSO

D. CONFIDENZIALE1 . Roma, 14 gennaio 1905.

Per opportuna notizia dell'E.V. (S. V.) trasmetto qui unita copia di un rapporto in data 24 dicembre u.s. n. 227 della r. legazione in Belgrado avente per oggetto: «Serbia e Turchia» 2 .

Aggiungo ad ogni buon fine che, non ostante le circostanze rilevate opportunamente dal r. ministro in Belgrado il R. Governo deve confermare le precedenti istruzioni. Abbiano o no i nostri buoni uffici la desiderata efficacia, noi dobbiamo insistere in cauti consigli rivolti a procacciare tra la Sublime Porta e gli Stati balcanici quella

2 R. 572/183, non pubblicato.

3 Il punto interrogativo è del decifratore.

sincerità di rapporti che, meglio di ogni altro coefficiente, sarebbe pegno e guarentigia per il mantenimento della quiete e dello statu quo nei Balcani.

Non posso pertanto se non mantenere le istruzioni già precedentemente impartite alla S.V., purché, in ogni occasione propizia, ella si renda interprete di questo mio pensiero presso codesto Governo.

814 1 Cfr. n. 794.

815 1 Questo dispaccio fu inviato a Costantinopoli con il n. 1901/31, a Belgrado con il n. 1924/5 e a Sofia con il n. 1925/6. 2 Cfr. n. 788.

816

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. RISERVATA. Roma, 14 gennaio 1905.

Il marchese Imperiali ben giustamente preoccupato della situazione in Macedonia, che va divenendo ogni giorno più grave, e incoraggiato anche da un'attitudine men chiusa e riservata riscontrata in questi ultimi tempi nel contegno del barone Calice a suo riguardo, ebbe recentemente col suo collega d'Austria-Ungheria un importante colloquio 1 . In tale colloquio il marchese Imperiali svolse con convenienti argomenti l'opportunità che tra i Governi d'Austria e d'Italia si addivenga a più intimi rapporti e a più concreti accordi per ciò che riguarda la Macedonia, con l'intento specialmente di poter procedere insieme nella eventualità di temute e, purtroppo, prevedibili complicazioni. Egli aggiunse che agiva di iniziativa sua, ma in piena concordanza con le linee generali della politica del Governo del re e con le istruzioni che al riguardo gli erano state impartite.

Il barone Calice accolse amichevolmente tali aperture, insistendo peraltro sul carattere puramente difensivo della politica austriaca nei Balcani, e non senza rilevare la difficoltà e la vastità del programma di un accordo come quello a cui il marchese Imperiali accennava.

Egli concluse assicurando che delle fattegli comunicazioni egli non avrebbe mancato di riferire fedelmente al suo Governo.

Il marchese Imperiali, che intrattiene col barone Marschall intimi e confidenziali rapporti, lo informò del passo da lui fatto; e questi se ne mostrò assai compiaciuto. Non soltanto; ma nel seguito della conversazione ebbe ad aggiungere che se da parte italiana si volesse oggi parlare in tale senso a Berlino, si troverebbero colà orecchie pronte a porgere ascolto; e in tale ordine di idee ebbe precisamente a incoraggiare il marchese Imperiali a rappresentare al suo Governo la convenienza di provocare, circa l'argomento di una più concreta intesa con l'Austria a proposito della Macedonia, un amichevole e confidenziale scambio di idee col Governo germanico.

Fino a quale punto l'ambasciatore tedesco esprimendosi in tale maniera rappresentasse idee e tendenze proprie o fosse veramente interprete del pensiero e delle disposizioni di Berlino non ho elementi sufficienti per dire. Ma, in ogni caso, l'eccitamento del barone Marschall troppo corrisponde al mio desiderio e agli interessi italiani perché io non debba raccoglierlo, qualunque possa esserne il pratico risultato.

Per vero io ho sempre pensato che in un accordo intimo e leale coli' Austria, noi dovremmo cercare e trovare le vere garanzie per la tutela dei nostri legittimi interessi nella penisola dei Balcani; accordo che dovrebbe essere d'altronde la diretta conseguenza del nostro patto d'alleanza, considerato nella sua lettera e nel suo spirito.

Sarebbe sterile indagine ormai il ricercare per quali cause a un accordo di tale natura non si poté mai addivenire, e quale influenza abbia potuto esercitare su ciò l'ambiente nel quale assai spesso si sono svolti i nostri rapporti politici generali coll'Impero austro-ungarico. Certo è che l'intesa dell'Austria colla Russia ha profondamente alterato l'indole dei nostri rapporti con l'Austria quali avrebbe dovuto risultare dalla nostra alleanza, in riguardo alla questione balcanica; e noi ci troviamo oggi in questa condizione: che è dalla politica dello Stato alleato che noi temiamo le maggiori sorprese, ed è contro di essa specialmente che noi sentiamo la necessità di premunirei.

Un accordo sincero con l'Austria rappresenterebbe adunque, evidentemente, la guarentigia diretta e la più sicura per i nostri interessi. Ma I'E.V. ben sa che i tentativi fatti dai miei predecessori, più o meno apertamente e largamente, per estendere l'accordo con l'Austria più in là di quanto fosse preveduto nella nota intesa relativa all'Albania, furono sempre accolti o con cortesi rifiuti o con evasive risposte.

Quand'anche fosse destinato a eguale sorte il tentativo che io pure sto per fare, non mi crederei per questo autorizzato ad ometterlo, dopo i fatti ai quali ho accennato nel principio di questa mia lettera.

Io la prego pertanto di volere scegliere l'occasione che a lei parrà più propizia per indagare, nei modi più opportuni, il pensiero del conte di Biilow sul delicato argomento.

Ogni specificazione sulla entità e sulla estensione di un nostro ulteriore accordo coll'Austria sarebbe in questo momento del tutto prematura. Ciò che è essenziale di sapere per il momento è fino a qual punto il barone Marschall sia stato interprete delle disposizioni del suo Governo, e se e fino a qual punto questo si presterebbe ad essere autorevole ed amichevole mediatore di una più precisa intesa fra l'Austria e l'Italia nella politica balcanica.

L'E.V. ha troppo consumata esperienza delle arti diplomatiche perché io le raccomandi che l'apertura che ella sarà per fare in proposito sia condotta in guisa che l'eventuale risposta negativa del Governo germanico non apparisca come un rifiuto a una nostra domanda.

Io non le nascondo le mie preoccupazioni vivissime per gli avvenimenti che si preparano in Macedonia. Le notizie che da ogni parte mi giungono giustificano fosche previsioni a non lunga scadenza. Il programma di Miirzsteg, mal concepito e debolmente attuato, è destinato a sicuro insuccesso. Le popolazioni, deluse ancora una volta nelle loro speranze, si agitano inquiete. Gli odi di nazionalità e di religione risorgono con nuova violenza e da ogni parte si rinnovano i conflitti e gli eccidi. E agli odi delle popolazioni si aggiungono gli odì e le ambizioni dei Governi. Tutto insomma induce a prevedere per la prossima primavera gravi avvenimenti, dei quali non è facile calcolare l'estensione e le ripercussioni.

In tali circostanze io non credo di poter trascurare alcun tentativo che sia diretto a prevenire fatali eventi e a difendere i nostri interessi contro gravi minacce. Io ho ragioni per credere che l'apprezzamento del Governo germanico sul programma di Miirzsteg e sul modo col quale esso viene attuato sia ancor più severo del mio. Non è possibile che la Germania si disinteressi dalle conseguenze che potrebbero derivare da una ripresa acuta della insurrezione macedone. Quand'anche codesto Governo non fosse disposto a prestarsi all'opera mediatrice col Governo austriaco, il colloquio che ella avrà col conte di Biilow le darà modo di conoscere le previsioni e gli intendimenti suoi veri al proposito.

816 1 Cfr.n.778.

817

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

L. RISERVATA. Roma, 14 gennaio 1905.

Le sono assai grato della sua lettera confidenziale in data 20 dicembre', che ho letto col maggiore interesse.

Mi compiaccio vivamente della maggiore cordialità nei rapporti di lei col barone Calice, augurandomi che tale cordialità si mantenga non solo nella forma ma altresì nella sostanza dell'azione politica.

Ho trovato meritevole della massima considerazione quanto ebbe a dirle e a suggerirle il barone Marschall. Fino a qual punto egli, parlandole così, sia stato interprete del vero pensiero di Berlino, mi è difficile dire. Ad ogni modo io non ho mancato di scrivere al generale Lanza2 , incaricandolo di indagare in forma cauta le disposizioni del conte di Billow. E non mancherò di tenerla informata dell'esito di questo tentativo.

Le rinnovo i più vivi ringraziamenti per l'interessante comunicazione pregandola di continuare a tenermi informato come finora ha fatto con tanta diligente cura.

818

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. RISERVATA. Roma, 14 gennaio 1905 1.

Le notizie che mi giungono da ogni parte della Macedonia destano in me assai viva preoccupazione, e giustificano fosche previsioni a non lunga scadenza. Nessuno oramai più seriamente confida nel programma di Miirzsteg che, mal concepito e ancor peggio attuato, è destinato ad un sicuro insuccesso. La stessa riorganizzazione della gendarmeria, che è la sola riforma iniziata e proseguita col vero proposito di condurla a buon fine, si dibatte fra gravi difficoltà. Gli ufficiali europei privi di ogni comando effettivo, senza la facoltà di azioni e di iniziative veramente efficaci, si tro

2 Cfr. n. 816.

vano circondati da una ostilità sorda e costante delle autorità locali, la quale tende ad ostacolare e a paralizzare ogni loro benefica influenza. Le popolazioni pertanto, deluse ancora una volta nelle loro speranze, nuovamente si agitano inquiete. Gli odì di nazionalità e di religione risorgono con nuova violenza e da ogni parte giungono notizie di conflitti e di eccidì. E agli odì delle popolazioni si aggiungono gli odì, le ambizioni e i coperti eccitamenti dei Governi. Tutto, malauguratamente, induce a prevedere per la prossima primavera gravi avvenimenti, dei quali non è facile calcolare l'estensione e le ripercussioni.

In tali circostanze, è stretto dovere dei Governi di non lasciarsi sorprendere dagli eventi, ma di prevederli e, per quanto è possibile, di regolarli.

Se è soprattutto coll'Inghilterra che io desidero di procedere d'accordo nella politica balcanica, ciò non avviene soltanto per la tradizionale cordialità dei rapporti fra i due Governi, al cui mantenimento io attribuisco singolarissima importanza, ma altresì perché esiste fra i due Paesi, in ordine a quella politica, identità di interessi e di intendimenti. Mentre infatti le altre Grandi Potenze, o per ambiziose aspirazioni, o per compromissioni politiche, hanno preoccupata o vincolata la loro azione, l'Italia e l'Inghilterra, libere da ogni intento egoistico ed interessato, non hanno veramente altro in mira fuorché il mantenimento della pace, il vantaggio delle popolazioni, e l'interesse della giustizia.

Io desidero pertanto che l'E.V. si procuri un colloquio amichevole col marchese di Lansdowne, e, per quanto è possibile, provochi da esso delle dichiarazioni larghe e precise. I punti sui quali particolarmente va richiamata tutta l'attenzione di codesto Governo, sono i seguenti.

Di fronte al fallimento, ormai, purtroppo, evidente del programma di Miirzsteg e alla grave situazione che si matura nella Macedonia, può e vuole l'Inghilterra rimanere indifferente? È certo che gli interessi britannici in quella parte dell'Impero ottomano non sono così importanti come altrove; ma non credo possibile una politica di disinteressamento o di semi-disinteressamento dell'Inghilterra da una questione la cui soluzione, in uno o in un altro senso, può esercitare un'influenza così notevole sulle sorti della Turchia e sulla politica generale europea.

L'indifferenza dell'Inghilterra e de li'Italia di fronte alla prova fallita del programma di Miirzsteg avrebbe per conseguenza la definitiva consacrazione del diritto esclusivo o preminente dell'Austria e della Russia a regolare e dirigere la politica balcanica; perché è certo che l'Austria e la Russia, esaurito il periodo di tempo dato all'attuazione del detto programma, si accorderanno per i provvedimenti ulteriori. Questa sottrazione della politica balcanica al controllo e alla competenza europea viola uno dei fondamentali principi della politica dell'Europa, e porta in sé conseguenze e complicazioni di essenzialissima importanza.

D'altra parte la natura stessa delle rispettive posizioni e degli interessi rispettivi dell'Austria e della Russia nella penisola balcanica conduce, per necessità intima di cose, a questo risultato pratico: che un accordo fra quei due Stati, se fatto con carattere positivo, implica la distribuzione di territori o di influenze con sacrifizio, non dico dell'Impero ottomano, ma delle popolazioni interessate e con esclusione delle altre Potenze; se fatto con carattere negativo, implica l'esclusione di qualunque serio e sincero tentativo di riforme, le quali, costituendo o avviando ad una soluzione inspirata veramente al vantaggio delle popolazioni locali, ostacolerebbero la realizzazione delle aspirazioni, più o meno prossime, dell'Austria e della Russia medesime.

Se codesto Governo conviene, come io non dubito, in queste considerazioni, non credo esso giunto adesso il momento, dopo trascorso il periodo fissato all'attuazione del programma di Miirzsteg con così sterili risultati, di richiamare la questione balcanica sul terreno della direzione europea, dal quale non avrebbe dovuto mai discostarsi?

Lo studio delle forme e dei mezzi più convenienti per raggiungere questo scopo dovrebbe essere l'oggetto di uno scambio ulteriore di idee. Quello che in questo momento a me urge veramente di sapere è se il Gabinetto di Londra sia disposto a tollerare che si consolidi e si perpetui la situazione attuale nei Balcani, e ad attendere che gli avvenimenti precipitino; o se piuttosto esso non pensi che sia giunto il momento per prendere un atteggiamento più risoluto, e diretto a un fine pratico e concreto.

È inutile che io le dica ancora quanto ci preoccupi e ci interessi questo argomento, e quanta importanza io attribuisca a questo tentativo di avvincere ancor di più la nostra politica e la nostra azione in Macedonia con quella dell'Inghilterra, ad uno scopo nella cui effettuazione noi troveremmo solide guarentigie per la difesa dei nostri interessi.

L'E.V. ha troppo consumata esperienza delle arti diplomatiche perché io le raccomandi che l'apertura che ella sarà per fare in proposito sia condotta in guisa che la risposta del Governo britannico non apparisca eventualmente come un rifiuto a una nostra domanda.

817 1 Cfr. n. 778.

818 1 L'originale pervenuto a Londra reca la data del 15 gennaio.

819

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

L. RISERVATA. Roma, 14 gennaio 1905 1.

Ho ricevuto la sua lettera in data del 27 dicembre2 e mi compiaccio dirle che concordo completamente sia nelle considerazioni che ella svolge come nelle conclusioni a cui giunge.

Nel frattempo ho ricevuto dal marchese Imperiali altre comunicazioni confidenziali3, in seguito alle quali ho diretto al conte Lanza, con data pari a questa lettera, una lettera riservata, della quale le mando copia qui unita4 . Da essa I'E.V. dedurrà facilmente il contenuto della lettera del marchese Imperiali, e le sarà grato di rilevare come in questi ultimi tempi i suoi rapporti col barone Calice abbiano assunto un carattere più cordiale.

Quanto alla efficacia di un'apertura a Berlino nel senso proposto dal marchese Imperiali, io ho già avuto occasione di esporle il mio pensiero, che concorda con quello che ella mi manifesta nella ultima sua lettera. Ma ciononostante, dopo le dichiarazioni del barone Marschall, ho creduto di non potere astenermi dal fare un tentativo in

2 Cfr. n. 792.

3 Cfr. n. 778.

4 Cfr. n. 816.

questo senso, qualunque ne possa essere il risultato; e di questo risultato sarà, naturalmente, mia cura tenerla avvertita, tosto che mi giunga risposta dal generale Lanza.

Il pericolo maggiore (come ella accenna nella sua lettera) per i nostri interessi nella penisola balcanica. consiste nella possibilità di nuovi accordi tra l'Austria e la Russia, i quali non abbiano più carattere puramente difensivo e negativo come tutto induce a credere che sieno quelli che han condotto al programma di Milrzsteg, ma con carattere positivo, che implicherebbe una distribuzione di zone e di influenze e, eventualmente, di territorì. Fortunatamente, come ella ben rileva, le difficoltà che si oppongono alla realizzazione di un accordo di tal genere, verso il quale è a credere che siano diretti gli sforzi diplomatici de li'Austria, non sono facilmente sormontabili.

Ad ogni modo e sovratutto io concordo nella convenienza di coltivare da parte nostra colla maggior cura i rapporti con la nostra alleata, e di nulla tralasciare per inspirare in essa piena fiducia nella sincerità e nella lealtà della nostra condotta e delle nostre aspirazioni. In questo senso furono sempre le istruzioni che io ho avuto l'onore di darle; e il modo con cui ella ha saputo eseguirle ha non poco contribuito a migliorare le nostre relazioni politiche con lo Stato vicino. lo pertanto debbo pregarla di voler continuare col medesimo tatto e colla medesima abilità in questa medesima via; augurandoci che i nostri sforzi siano coronati da un esito soddisfacente.

819 1 L'originale pervenuto a Vienna reca la data del 15 gennaio. Lo stesso con ogni probabilità deve dirsi delle altre lettere riservate scritte da Tittoni il giorno 14.

820

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOU

L. RISERVATA. Roma, 14 gennaio 1905.

Rispondo insieme alle tre lettere particolari che mi hai diretto in data 16, 18 e 26 dicembre 1 , per le quali ti porgo anzitutto vivi ringraziamenti.

Le notizie che mi giungono sullo stato degli animi nella Macedonia sono in verità poco confortanti. Tanto più occorre che i Governi esercitino con lealtà la loro opera moderatrice. Io ti prego di voler continuare sempre in tale senso le tue raccomandazioni presso codesto Governo.

Ti ringrazio altresì dell'interessante comunicazione concernente il tuo colloquio col conte Goluchowski, e mi compiaccio che egli abbia riconosciuto ancora una volta la sincerità e la lealtà del nostro indirizzo politico in tutto ciò che riguarda i nostri rapporti con 1 'Austria.

La notizia della presenza dei colonnelli Popovich e Maschin al pranzo dato da re Pietro in tuo onore venne raccolta dai giornali italiani e fu oggetto di commenti sfavorevoli. In verità sarebbe stato desiderabile che ti fosse stata risparmiata una posizione delicata e difficile. Approvo del resto pienamente il linguaggio da te tenuto al proposito col ministro degli affari esteri.

Le difficoltà create alla Serbia dalla nuova dinastia dagli ultimi avvenimenti son di quelle che non si superano completamente che con molta pazienza, con molta prudenza e con molto tatto.

820 1 Si pubblica solo la lettera del 26 dicembre 1904, cfr. n. 790.

821

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A PECHINO, BAROLI

D. 2216/3. Roma, 16 gennaio 1905.

La Signoria Vostra Illustrissima ben conosce quali sieno le linee generali dell'indirizzo politico che l'Italia intende seguire in Cina.

Pur volendo mantenere e migliorare quella posizione che ad essa, come Grande Potenza, compete, l'Italia peraltro non ha in Cina alcuna aspirazione territoriale. Ed io credo che questi nostri intendimenti in proposito e la sincerità loro, abilmente adoperati, possano, per altre vie, procurarci presso codesto Governo un'influenza adatta ad aiutare l 'incremento delle attività private, commerciali e industriali italiane in quelle regioni alle quali è riservato così grande avvenire.

Il Governo cinese va persuadendosi della assoluta necessità di gradualmente modificare le proprie abitudini e le proprie istituzioni. Gli avvenimenti che stanno maturandosi nell'Estremo Oriente sono destinati a spingerlo sempre più per quella via.

Riuscirebbe a noi di grande giovamento poter inspirare vera, completa fiducia sulle intenzioni nostre alla Cina che è in continuo sospetto verso tutte o quasi tutte le altre Grandi Potenze che hanno mire ambiziose o confessate o mal celate.

È certo che nel periodo di trasformazione nel quale la Cina necessariamente dovrà entrare, e nel quale dovrà largamente ricorrere ai Paesi più civili per l'opera d eli' intelletto e del braccio e per le iniziative de Il 'industria e del commercio, quella Nazione la quale abbia saputo conquistarsi il rispetto della Cina senza suscitarne i timori e i sospetti si troverà in una condizione assai favorevole.

A creare lentamente, a favore dell'Italia, una simile situazione, io vorrei appunto che fosse diretta la nostra azione politica, e in questo senso io domando l'intelligente cooperazione della Signoria Vostra Illustrissima.

Naturalmente è un risultato che non potrà essere raggiunto che come effetto di un'azione lenta, continuata, costante, affidata in gran parte ali' abilità e al tatto del nostro rappresentante diplomatico e dei nostri ufficiali consolari.

Debbo intanto comunicarle che il Consiglio dei ministri, per ragioni di vario ordine, ha deciso di ridurre il nostro contingente militare in Cina, richiamando le truppe di terra e !asciandovi solamente i marinai; col che del resto non verremo meno a nessun impegno internazionale imperocché nessun obbligo essendo stato assunto dai Governi, per quanto ci risulta, circa il quantitativo di quei presidi, non par dubbio che i Governi stessi possano addivenire ad una diminuzione dei rispettivi contingenti nella misura che ad essi sembri opportuna. Ella vorrà pertanto portare a conoscenza di codesto Governo questa nostra decisione, e vorrà farlo in modo che essa appaia come un atto di deferenza verso il Governo medesimo, e come indizio della politica che intendiamo di seguire a suo riguardo; mentre un richiamo completo dei nostri contingenti ci era e ci è vietato, come rilevavo, dagli impegni internazionali.

Nell'avvenire ella, come regola, dovrà astenersi da quegli atti che particolarmente offendono le suscettibilità, o destano le diffidenze cinesi. Non tralascerà occasione per far rilevare come l'Italia non sia seconda a nessuno Stato in ogni ramo delle industrie e dei commerci; come la nostra Nazione abbia nelle arti e nelle scienze le più gloriose tradizioni, e quanto sia dapertutto pregiato il lavoro intellettuale e materiale italiano. Giudicherà ella del resto dei modi più opportuni per inspirare in codesto Governo la fiducia e la simpatia per il nostro Paese; e provvederà ella altresì ai modi più efficaci perché l'azione dei rr. consoli cooperi con quella personale di lei.

822

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. S.N. CIFRATO. Costantinopoli, 16 gennaio 1905.

Riassumo qui presso una conversazione cordiale col barone Calice.

Dopo avermi espresso il suo compiacimento per la felice soluzione della questione aumento ufficiali e premesso che mi parlava esclusivamente di sua propria iniziativa, S.E., accennando alla piega inquietante che vanno prendendo le cose di Macedonia, ricordò le due conversazioni avute meco nell'agosto scorso 1 ed ultimamente2 sulle quali mi disse egli aveva molto meditato.

Le riforme di Miirzsteg S.E. riconobbe essere insufficienti, ma aggiunse che le medesime erano state elaborate in base al doppio concetto di conciliare i diritti di sovranità del sultano con le esigenze della situazione. In questo momento d'accordo con Zinovieff egli attende ad elaborare un progetto di riforma finanziaria del quale a suo tempo mi terrà parola. Per il caso non impossibile che le attuali riforme risultassero inadeguate e perdurasse l'attuale deplorevole stato di cose, Calice chiedeva il mio avviso sia circa nuove più radicali riforme da adottarsi, sia sul modo di tradurle eventualmente in atti. S.E. accennava in proposito alla opportunità da lui ravvisata di avere meco uno scambio d'idee amichevole e personale non solo sulla questione delle riforme stesse ma anche in vista di altre eventualità che potrebbero forse verificarsi da un momento all'altro nella penisola balcanica, una guerra per esempio. Questo scambio d'idee ci avrebbe poi permesso di informare i nostri Governi rispettivi sulla vera situazione della quale così da lontano possono rendersi un conto soltanto approssimativo. Calice riconobbe che negli affari ottomani le Potenze più direttamente interessate sono Austria-Ungheria, Russia e Italia. Sebbene l'Austria-Ungheria si trovi più esposta per

2 Cfr. n. 778.

avere le sue frontiere limitrofe alla Turchia non è men vero che anche l'Italia è separata sol da un breve tratto di mare da questo Impero. Quanto alla Russia, osservò che il pericolo, così temuto in passato, di vederla padrona del Bosforo può considerarsi, in oggi, se non del tutto eliminato, certamente rinviato ad epoca assai remota. Ciò premesso, l'ambasciatore suggeriva che da me, più giovane e con la mente più fresca di lui, venisse formulato una specie di programma generale che avrebbe potuto formare la base di un amichevole e confidenzialissimo esame fra noi due. Soggiungeva, poi, che il non essere egli, dopo la nostra conversazione dell'agosto, ritornato sull'argomento e aver invece tenuto m eco un contegno riservato andava attribuito a due motivi: l) perché allora era pendente la delicata e noiosa questione dell'aumento degli ufficiali e dei malintesi sorti tra gli agenti civili e il generale; 2) perché egli non conosceva a quell'epoca precisamente né le mie vedute, né i miei intendimenti, né il mio modo di agire.

Appianata ora la questione De Giorgis e in vista del mio contegno leale e conciliante in tutti questi incidenti, egli sente i nostri rapporti politici potranno diventare più intimi ed improntati a reciproca fiducia.

S.E. volle poi nuovamente alludere alla sua affinità con l'elemento italiano, nonché ai suoi sentimenti costantemente amichevoli verso il nostro Paese, i quali, nel corso della sua carriera, lo hanno sempre spinto a favorire e caldeggiare un'intesa cordiale ed intima italo-austriaca.

Ricordò al riguardo con compiacenza che fu lui a prendere in passato l'iniziativa dell'accordo a tre del 1887 fra Italia, Austria-Ungheria e Inghilterra, del quale mi chiese se aveva conoscenza. Ambasciatore mi pregò, da ultimo, di non informare per il momento V.E. di questa conversazione; mi rinnovò, con marcata insistenza, la dichiarazione fattami fin dal principio cioè che di tutto ciò egli mi aveva intrattenuto per suo conto a titolo esclusivamente personale senza avere ricevuto la benché minima istruzione dal suo Governo, al quale dopo matura riflessione nulla aveva scritto e nulla si proponeva per ora di scrivere.

In risposta dichiarai:

l) essere lieto nel vedere apprezzato il mio contegno leale e amichevole, conforme del resto in ogni particolare alle istruzioni di V.E. e del presidente del Consiglio, i quali, osservatori fedeli e scrupolosi dei patti della Alleanza, mi avevano dato al mio giungere a Costantinopoli ordine preciso di stabilire e sviluppare i più intimi rapporti con lui e con l'ambasciatore di Germania;

2) pur apprezzando altamente le sue simpatie italiane, conoscevo troppo, dissi, i suoi sentimenti patriottici per non dubitare un momento solo che col prendere iniziative di intrattenere cordialmente rappresentante italiano di questa delicata questione dei Balcani, egli si era reso pieno conto della grande importanza che nell'interesse dell'Austria presenta una intesa con l 'Italia;

3) per quanto concerne le future riforme, affermai recisamente ritenere indispensabile di stabilire a priori il concetto seguente: quali e di quale natura che potranno essere le nuove riforme occorre che Italia, Potenza direttamente interessata, ne sia resa pienamente edotta e venga chiamata a partecipare su di un piede di perfetta uguaglianza con la sua alleata Austria-Ungheria.

E qui osservai incidentalmente tra Italia e Russia non esiste al postutto alcuna causa sostanziale di divergenza di interessi.

Ricordai in proposito che se in passato ha potuto essere qualche passeggiera freddezza con quell'Impero, essa fu unicamente cagionata dalla lealtà e dall'efficacia con la quale da noi, in perfetta conformità con gli impegni presi, si presta appoggio alla politica austro-ungarica nei Balcani;

4) ringraziando per la benevolenza e fiducia dimostratami circa la redazione del programma generale destinato nel suo concetto a servire di base dei nostri comuni studi futuri, dissi dover inchinarmi dinanzi alla sua lunga esperienza ed alla sua speciale e superiore competenza e lasciare quindi a lui questo compito, riservandomi solo di presentargli con la massima e rispettosa franchezza quelle osservazioni e quei suggerimenti che mi sarebbero parsi indicati; del resto, aggiunsi, il miglior metodo per fare un lavoro proficuo, pratico sembrarmi quello di esaminare previamente le eventualità che possono prodursi ed adoperarsi ad escogitare e concordare per ciascuna eventualità la soluzione meglio indicata;

5) che conformemente ad un invariabile sistema, dal quale non mi sono mai dipartito e non intendo dipartirmi, avrei tenuto al corrente V.E. di questo al pari che degli altri eventuali colloqui, non senza, ben inteso, fare osservare il carattere strettamente, esclusivamente personale del! 'iniziativa da lui presa.

Avendo a questo punto interrotto per raccomandarmi di ben chiarire che si tratterebbe eventualmente fra noi due di un semplice scambio d'idee non avendo carattere alcuno di negoziati, replicai che di negoziati non potrebbe mai essere al momento questione, non avendo ricevuto, nemmeno io, incarico di discutere «ex-professo» di quest'affare, per conseguenza desideravo, al pari di lui, stabilire chiaramente che, dal canto mio, avrei, quando egli volesse riprendere il discorso, manifestato soltanto mie vedute personali.

Prima separarci Calice, con un giro tortuoso di frasi, accennò alle sue relazioni con l'ambasciatore di Germania !asciandomi intendere che, malgrado alleanza, gli interessi della politica germanica non sono identici a quelli austriaci e che quindi gli facevano difetto le occasioni di intrattenere col barone Marschall rapporti altrettanto intimi come quelli esistenti generalmente tra gli ambasciatori delle due Potenze in altre capitali. Dalle sue parole si intravvedeva facilmente il desiderio che di tutto ciò nulla avessi a ripetere al collega germanico. Su questo punto sarei assai grato all'E. V. di voler darmi provvide ed opportune direzioni, non sembrandomi, francamente, né corretto né leale, dopo i precedenti miei colloqui col barone Marschall, di tenerlo allo oscuro di quanto abbiamo detto o saremo per dire col Calice; ciò, tanto più in quanto, sono persuaso, la ditìidenza del Calice verso il barone Marschall è dovuta più a motivi personali che politici.

Spero di essere riuscito a riferirle con la massima accuratezza la conversazione. Mi permetto ora aggiungere alcuni brevi commenti.

In primo luogo, pur rendendo il dovuto omaggio alla sincerità del collega, stento in realtà a credere che egli, prudente e circospetto quanto mai, abbia preso su di sé di parlarmi senza avere ricevuto alcuna istruzione da Vienna di affare così delicato di invitarmi a procedere scambio d'idee e di alludere ad accordi possibili fra i nostri due Governi sia sulle riforme, sia in previsione di altre eventualità. Partendo da questo preconcetto, sorgono naturali varie domande: è il linguaggio di Calice conseguenza di consigli partiti da Berlino in seguito alle mie conversazioni col barone Marschall?

Le aperture fattemi hanno realmente per scopo di giungere ad un risultato pratico e sono indizio di resipiscenza nel Gabinetto austriaco e di sincero desiderio di intendersi coll'Italia? O si tratta solo di conversazione accademica col fine recondito di trastullarci cercando di guadagnar tempo e di appurare quali sono le nostre intenzioni e le nostre eventuali aspirazioni per potere meglio combattere mentre pendono forse negoziati segreti con la Russia per una edizione riveduta ed ampliata del programma di Mtirzsteg?

Dato che Austria voglia sul serio addivenire ad accordi con noi sarebbero tali accordi ristretti tra Vienna e Roma, o si vorrebbe comprendere anche la Russia e formare in certa guisa una nuova Triplice Alleanza per gli affari del Vicino Oriente?

Sono domande codeste a cui per il momento, e, da Costantinopoli, a me riesce assai malagevole di dare risposta esauriente. Questi dubbi però mi impongono la massima prudenza e la massima circospezione. Ho finora creduto di rettamente interpretare il pensiero di V.E., essendo riuscito mediante le mie leali ma recise dichiarazioni anteriori a provocare le recenti [ ... p del barone Calice. Condotte però le cose a questo punto, credo mi convenga ora non mostrare troppa impazienza e lasciar venire. Se il barone Calice riprenderà il discorso, starò a sentire nella speranza che mi sia dato di rendermi conto il più esattamente possibile delle sue intenzioni. Intanto se vi è qualche dichiarazione che V.E. desidera che io faccia, sia come principio fondamentale, sia sopra qualche punto determinato, le sarò grato di darmene l'ordine per telegrafo.

Sarebbe certamente prematuro di attribuire soverchia importanza alle dichiarazioni, per ora vaghe e generali, del barone Calice. È tuttavia innegabile che nelle medesime potrebbe trovarsi forse il germe di una equa soluzione delle difficoltà pendenti in piena conformità coi nostri interessi. Sui vantaggi che presenterebbe per noi, sotto ogni aspetto, un vero e proprio accordo con l'Austria non è il caso che si insista. Al riguardo ho già scritto abbastanza, e del resto non ignoro che le vedute mie hanno avuto la ventura di essere approvate da V.E.

In presenza delle molteplici ed accentuate riserve fatte dall'ambasciatore sul carattere dell'iniziativa da lui personalmente presa e data la ripetuta affermazione di non aver egli in proposito ancora informato il suo Governo, lascio all'alta saggezza di V.E. il giudicare se, come io mi pcnnctto rispettosamente di proporre, non convenga ch'attendere, a far menzione di tutto ciò nei colloqui tra V.E. ed il conte Ltitzow o in quelli tra il duca A varna e conte Goluchowski, che il Calice mi abbia annunziato di avere finalmente riferito a Vienna.

Non mi resta da ultimo che pregare I'E.V. di volermi cortesemente significare per telegrafo, al ricevere della presente, se il linguaggio da me fin qui tenuto nonché il contegno che mi propongo di tenere in seguito di fronte al barone Calice è conforme ali' intenzione ed ai desideri d eli' E.V.

822 1 Cfr. n. 588.

822 3 Gruppo indecifrato. Il documento reca a margine la seguente annotazione: «forse dichiarazioni».

823

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 60. Roma, 17 gennaio 1905, ore 20.

A complemento mia lettera privata spedita ieri 1 per corriere, comunico a V.E. che r. console generale a Salonicco mi riferisce colloquio avuto 8 corrente con suo collega di Inghilterra2 reduce da Londra, che gli disse avere lord Lansdowne spedito 20 decembre istruzioni ali' ambasciata inglese a Vienna3 di richiamare attenzione del Governo austriaco su peggiorata situazione Macedonia e sulla poca riuscita programma di Mi.irzsteg. Quel console inglese avrebbe aggiunto che il suo Governo, qualora le cose non migliorassero, non avrebbe mancato di porsi d'accordo con Italia e Francia per provocare più decisive determinazioni4 .

824

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 85/6. Londra, 18 gennaio 1905, ore 7,47.

In seguito alle mie insistenze, nel senso del mio telegramma n. l, del 4 corrente\ ho ottenuto oggi dal marchese Lansdowne accettazione dell'aggiunta da me proposta all'articolo 4° dell'accordo per l'Etiopia: «tenuti in debita considerazione gli interessi locali».

Il progetto di convenzione risultando così definitivamente stabilito, il marchese Lansdowne mi disse essere pronto a dare comunicazione di esso al Governo francese di concerto col R. Governo2 .

2 R. 68/13 dell' 8 gennaio, non pubblicato.

3 Il documento, inviato anche all'ambasciata inglese a Pietroburgo, è edito in Livres Jaunes, Affaires de Macédonie, n. 99. 4 Analogo telegramma venne inviato a Yienna con il numero 61. 824 1 Cfr. n. 803. 2 Con T. 86 del 21 gennaio Tittoni autorizzò Pansa a paratàre l'accordo e comunicarlo al Governo francese.

823 1 Sic, ma del 14 gennaio, cfr. n. 818.

825

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI

T. 63. Roma, 18 gennaio 1905, ore 17.

Pregola far sapere lord Cromer che promessa Banca Etiopia fu originariamente fatta da Menelik a Ciccodicola, che poi si mise d'accordo con Harrington per procedere possibilmente insieme con Inghilterra. Conviene quindi che per ora almeno delegato inglese non faccia comunicazioni ministro francese. Pregola ottenere che lord Cromer faccia trovare al detto delegato a Addis Abeba istruzioni in tale senso. Riservomi rispondere suo telegramma 1 possibilmente oggi stesso, appena conferito con direttore generale Banca d'Italia.

826

L'AMBASCIATOREA VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 89/8. Vienna, 19 gennaio 1905, ore 20.

Ho cercato informarmi cautamente presso mio collega inglese fondamento notizia riferita telegramma di V.E. n. 61 1 . Ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto che aveva già parlato propria iniziativa della situazione poco favorevole di cose in Macedonia al conte Goluchowski, che avevagli osservato dovere essa attribuirsi lotta impegnata tra vari elementi cristiani, non già poca riuscita riforme; ed aveva aggiunto, con l'abituale suo ottimismo, che queste non avrebbero mancato produrre desiderato effetto appena loro applicazione fosse stata ultimata. Ambasciatore d'Inghilterra mi ha tàtto però intendere che non crede che Governo britannico avesse intenzione, qualora situazione non migliorasse, di prendere determinazioni più decisive col mettere nuovamente innanzi sue anteriori proposte circa riforme, non essendo suo desiderio far cosa che potesse dispiacere Austria-Ungheria.

825 1 Cfr. n. 812, nota 2. 826 1 Cfr. n. 823, nota 4.

827

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 90/9. Vienna, 19 gennaio 1905, ore 20.

Fremdenb/att pubblicherà domani articolo fondo, redatto uftìcio stampa Ministero affari esteri, riveduto conte Goluchowski, in cui, prendendo occasione articoli comparsi nella Zeit da me segnalati Y.E. mai si smentisce categoricamente erronea interpretazione data da quel giornale, invio cinque battaglioni province Trento, Trieste, Gorizia e si dichiara che relazioni tra Austria-Ungheria e Italia sono le più amichevoli e più fiduciose.

828

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO .../81. Londra, 19 gennaio 1905, ore ... (perv. ore l del 20).

Ho ricevuto oggi la lettera riservata direttami da Y.E. per corriere di Gabinetto2. In sua attesa, mi era, negli scorsi giorni, intrattenuto col marchese Lansdowne delle cose di Macedonia nel senso delle idee deli'E.V. e Sua Signoria mi aveva fatto allusione ad un dispaccio indirizzato a sir Francis Bertie3 , ora arrivato a Parigi, contenente certe proposte da rimettere al signor Delcassé e delle quali sarebbe data a me pure confidenziale comunicazione. Essendomi ora stato consegnato il testo di quel dispaccio, lo invierò domani per corriere di Gabinetto per essere sottoposto all'esame di V.E., di cui marchese Lansdowne desidera sapere il parere. Esso consiste sostanzialmente nel suggerire che le Potenze firmatarie Trattato di Berlino esigano: l) una pronta riduzione delle forze ottomane in Macedonia e corrispondente riduzione degli armamenti bulgari per un termine determinato, nonché prevenzione delle bande, tutto ciò sotto la guarentigia collettiva delle Potenze; 2) creazione di una commissione per le riforme composta di delegati nominati da tutte le Potenze sotto la presidenza d eli 'attuale ispettore generale; 3) estensione delle riforme specialmente al vilayet di Adrianopoli. In vista delle pressioni da esercitarsi sulla Sublime Porta da tutte le Potenze per l'accettazione di codeste condizioni, il dispaccio suggerisce che venga lasciata alla Russia ed alla Austria-Ungheria l'iniziativa di presentare opportune proposte nel senso predetto. Il signor Cambon mi disse jeri

Il dispaccio a Bertie, datato Il gennaio, è edito in Livres Jaunes, cit.

avere Delcassé fatto sapere che egli si pronunzierebbe su codesta comunicazione dopo di avere presentito le disposizioni di Pietroburgo, come del resto era appunto nell'intento del marchese Lansdowne che si facesse per suo tramite.

828 1 Il telegramma non si trova nel registro dei telegrammi in arrivo ed è quindi privo del numero di protocollo generale. 2 Cfr.n.818.

829

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 55/21. Londra, 19 gennaio 1905.

Riferendomi al mio telegramma di oggi 1 , ho l'onore di rimettere qui unito a

V.E. il testo di un dispaccio diretto dal marchese di Lansdowne a sir F. Bertie, contenente proposte sugli affari di Macedonia che il nuovo ambasciatore britannico giunto in questi giorni a Parigi ha avuto istruzione di comunicare a monsieur Delcasse.

Non occorrono commenti sulla portata di codeste proposizioni ad apprezzare la quale basta la loro semplice lettura.

V.E. conosce la ripugnanza sempre dimostrata da lord Lansdowne a prendere una iniziativa in questi affari di Macedonia: essa era spiegata abbastanza dalla considerazione della presente situazione politica generale che impone al Governo britannico una estrema cautela. Nelle ultime settimane però le notizie più gravi provenienti dai Balcani, i commenti della stampa inglese, l'agitazione dei comitati e degli uomini politici che qui più si interessano alle cose d'Oriente e, non ultima, la prospettiva di vivaci interpellanze alla prossima riapertura del Parlamento, tutto ciò ha finito per smuovere questo Governo dalle sue esitazioni col risultato che ora ne vediamo.

Nei miei colloqui col marchese Lansdowne non avevo trascurato occasione di intrattenerlo di questi affari nel senso di quelle che sapevo essere le intenzioni di V.E. e da qualche tempo mi ero accorto di un certo mutamento della sua abituale riserva. E quando giorni sono in seguito al telegramma di V.E. 3 gli feci allusione al prossimo arrivò di una sua lettera4 (che congetturai doversi appunto riferire alla Macedonia) Sua Signoria mi disse che attendeva con interesse di conoscere se ella avrebbe alcuna proposta a comunicargli, aggiungendo che egli molto probabilmente si sarebbe trovato con lei d'accordo.

Ai concetti esposti in quella lettera (pervenutami oggi per corriere) mi sembrano infatti essere pienamente conformi le nuove proposizioni inglesi; sia nei riguardi dell'azione suggerita e relativa guarentigia per la riduzione delle forze militari bulgare ed ottomane, sia per rispetto alla proposta commissione delle riforme in Macedonia, il loro scopo essenziale e quello da noi sempre sostenuto, di ottenere cioè che dalla presente azione di due sole Potenze si ritorni al legittimo comune concorso di tutti gli Stati firmatari del Trattato di Berlino.

2 Cfr. n. 828, nota 3.

3 Cfr. n. 823.

4 Cfr. n. 8I8.

Se questo punto fondamentale potrà essere acquisito, diverrà in certo qual modo relativamente secondaria la questione della forma ed estensione delle misure da imporsi alla Turchia, ed il marchese Lansdowne è certamente disposto per conto suo a prendere in considerazione qualunque emendamento venisse da altri suggerito. La difficoltà maggiore consisterà nel menager quel passaggio per modo da non ferire le suscettibilità di Vienna e Pietroburgo, ed è a questo intento che Sua Signoria ha fra altro accennato nel suo dispaccio che a quei Gabinetti stessi dovrebbe lasciarsi l'iniziativa di proporre le nuove misure giudicate necessarie, respingendo egli ogni intenzione di cagionare loro imbarazzo con un 'azione che potesse sembrare antagonista alla loro.

Monsieur Cambon ritornato ieri da Parigi dove egli aveva conferito col suo ministro, mi disse aver fatto sapere a lord Lansdowne che monsieur Delcassé non poteva pronunciarsi sulle sue proposizioni prima di averne confidenzialmente parlato al Governo russo 5 .

Questa risposta era non solo preveduta da lord Lansdowne, ma la comunicazione da lui fatta al Gabinetto di Parigi aveva appunto per intento di farla così indirettamente pervenire a Pietroburgo pel tramite del Governo alleato ed amico: se ciò, come egli spera, potesse facilitare l'adesione della Russia, questa a sua volta eserciterebbe un 'influenza favorevole sulle disposizioni dell'Austria-Ungheria.

A proposito di quest'ultimo punto domandai al marchese di Lansdowne quale fosse la sua opinione circa l 'uso che VE. potrebbe utilmente fare della comunicazione a lei pervenuta delle proposizioni di cui si tratta, -ed accennai a ciò che poteva esservi di delicato nelle condizioni speciali della nostra posizione verso il Governo di Vienna riguardo in ispecie alla presente vertenza. Dopo di avere alquanto riflettuto, Sua Signoria mi rispose che egli riteneva poter lasciare su ciò il giudizio alla discrezione personale di VE., tenendo però presente che si tratta di una comunicazione a titolo strettamente confidenziale, fatta sinora soltanto alla Francia e all'Italia, su proposte preliminari senza carattere definitivo né ufficiale ed all'unico scopo di conoscere su di esse il parere dei due Governi amici. Non conoscendo io a questo riguardo le intenzioni di VE. non ho altrimenti insistito. Ho stimato però che potrebbe ad ogni buon fine riuscirle utile la facoltà così preventivamente concessa mercé la quale VE. potrà regolarsi a seconda delle circostanze verso il Gabinetto di Vienna, sia che le convenga fargli qualche confidenziale apertura su questo affare, sia che ella giudichi più opportuno lasciare di ciò la prima iniziativa al Governo russo.

Come VE. lo rileverà, è annessa alla nota del marchese Lansdowne la copia di un precedente dispaccio da lui diretto agli ambasciatori britannici a Vienna e Pietroburgo6, nel quale, a proposito del recente rapporto degli agenti civili, Sua Signoria chiamava l'attenzione di quei Governi sull'urgenza di attivare con maggiore efficacia le riforme in Macedonia come condizione indispensabile per scongiurare il pericolo di più seri disordini nella prossima primavera.

Lord Lansdowne mi aveva parlato tempo fa di questo suo passo e, giorni sono, egli mi disse che, forse per effetto di esso, gli era stata annunciata l'intenzione degli

6 Anche questo dispaccio del 20 dicembre è edito in Livres Jaunes, cit..

ambasciatori austro-ungarico e russo in Costantinopoli di comunicare colà al loro collega britannico certe nuove misure finanziarie da applicarsi alla Macedonia. Fino a oggi però Sua Signoria non sapeva ancora in che consistessero codeste misure, né era in grado di dirmi se ad esse si riferisse il progetto di un prestito austro-russo nel senso accennato nel telegramma di V.E. n. 687 dietro l'indicazione pervenutale dal r. ambasciatore in Vienna.

Questi incidenti anteriori rimangono del resto ormai assorbiti nella nuova proposta decisiva e radicale del Governo britannico che è destinata a concentrare su di sé tutta l'attenzione dei Gabinetti interessati e non rimane per adesso che da attendere le risposte preliminari che questi saranno per darvi 8 .

829 1 Cfr. n. 828.

829 5 Cfr. Delcassé a Bompard, 19 gennaio, DDF, II serie, t. VI, n. 39.

830

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE

L. PARTICOLARE. Londra, 19 gennaio 1905.

I have received this moment the expected letter (private) from M. Tittoni on Macedonian affairs 1• It calls my attention on the unsatisfactory state ofthings prevailing there and on the many circumstances which point out to the unsuccess of the measures adopted so far in those provinces with the probable danger of a serious autbreak next spring etc. I need not enlarge the details of a situation which is so well known to you. The question now is to consider whether it is necessary to wait for the legai expiration ofthe mandat entrusted to the two Powers by the Miirzsteg programme or if i t would not be wiser to take some measures before i t gets too late. M. Tittoni, with whose ideas I have been acquainted for some time, now confirms substantially in his letter what we have more than once been discussing together you and I as to the drawbacks of the present action à deux and, should a wider programme be advisable, on the expediency of a retum to a common action of all the Powers for its execution. Besides this being more in accordance with the existing intemational état de droit, it would probably have the advantage of inspiring more confidence to the

8 Conversando con Avarna, Goluchowski si mostrò ottimista circa l'esito delle riforme col programma di Miirzsteg: il rapporto 166/95 del 25 gennaio così conclude: «Le considerazioni che circa la situazione di cose in Macedonia e circa l'esito delle riforme mi vennero svolte dal conte Goluchowski sono improntate a quel senso di ottimismo dal quale non si diparte mai nel parlare della loro esecuzione con me e cogli altri miei colleghi. È naturale che egli non voglia pregiudicare l'opera riformatrice, di cui prese l'iniziativa d'accordo colla Russia, col riconoscere apertamente ch'essa non dette finora i frutti che si riprometteva. Ma non è da supporre che, di fronte all'evidenza dei fatti, egli possa illudersi sul miglioramento che potrebbe risultarne se le riforme fossero imposte più energicamente ed applicate con maggiore lealtà. Ed il linguaggio che in senso contrario mi tenne in più circostanze il signor de Mérey mi farebbe vedere che nell'intimo dell'animo suo il conte Goluchowski non porti sul risultato delle riforme un giudizio differente da quello che ad esse viene dato generalmente».

local populations and do away with suspicions, no doubt unfounded, but which are actually there and greatly contribute to the present unsuccess. lf, asI have understood it to be the case, you are disposed to admit ali this, a friendly exchange of views might be entertained as to the voies et moyens to be adopted.

l have been putting ali this on paper according to your request of last night when you told me that w e could not meet to day and in view of my imminent departure on leave. l should however ask you to take this as a personal communication of a strictly confidential nature, the more so as l am writing in great haste and l should not like to be taken too literally. Will you kindly let me know your ideas? l might cali any moment that might suit you.

829 7 T. 68 pari data, non pubblicato.

830 1 Cfr. n. 818.

831

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA INCISA

T. PERSONALE 88. Roma, 20 gennaio 1905, ore 23.

Ristabilito in salute ho occasione di esaminare oggi posizione relativa sostituzione lingua tedesca alla lingua italiana nella scuola rumena di Janina. Fatto ha destato in me sorpresa e sdegno, poiché mentre la Rumania era liberissima di non introdurre l'insegnamento della lingua italiana nelle sue scuole, il sopprimerlo dopo averlo istituito riveste il carattere di un pubblico affronto alla coltura ed alla nazionalità italiana. Per me la Rumania ha un solo modo di risolvere onorevolmente la questione ed è quello di ristabilire l'insegnamento dell'italiano pur mantenendo quello del tedesco ove lo creda.

Riferendomi alla nota del 9 gennaio n. Il 08/41 , io desidero che ella faccia capire chiaramente al Governo rumeno i miei severi apprezzamenti sulla questione che se non sarà convenientemente risoluta turberà gravemente i rapporti tra le due Nazioni, non essendo io disposto a dimenticare un atto ingiurioso ed ostile.

È questa un 'occasione nella quale io calcolo sull'energia e sul! 'influenza di V. S. Illustrissima attendendo sollecito riscontro telegrafico.

831 1 Non pubblicata.

832

IL MINISTRO A CETTIGNE, CUSANI CONFALONIERI, AL COLONNELLO PORRO

T. RISERVATISSIM0 1 . Cettigne, 20 gennaio 1905, ore ...

Se non cominciano ventotto febbraio lavori porto Antivari concessione irremissibilmente perduta. Sindacato ha mezzi sufficienti se gli fosse possibile ottenere subito promessa di un appoggio indiretto Ministero marina naturalmente combinando col Ministero affari esteri sarebbe unica salvezza.

Principe del Montenegro attende ansioso ulteriori notizie circa l'altro affare.

N.B. Il telegramma -cifrato -è diretto al colonnello Porro. L'allusione al Ministero della marina si fonda, evidentemente, sull'interesse per la marina nostra ad avere come cosa propria il porto d'Antivari. Certamente può essere cosa assai seria!

833

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E PIETROBURGO

T. 90. Roma, 21 gennaio 1905, ore 18.

È a mia notizia che costì si dia sovente soverchia importanza ad articoli di giornali italiani che si ritiene a torto esprimano il pensiero del Governo. II Governo austriaco per confermare i buoni rapporti coll'Italia si è valso dell'ufficioso Fremdenblatt1 mentre io per confermare ciò ho mandato un comunicato ufficiale ali'Agenzia Stefani, coerente al proposito da me manifestato di non ricorrere ad altro mezzo di pubblicità all'infuori dell'Agenzia Stefani o della tribuna parlamentare. Credo sarebbe bene che ella trovasse modo in via riservatissima2 di far rilevare ciò da qualche giornale autorevole di Londra, Madrid, Berlino, Pietroburgo deducendone che erra chi pretende dagli articoli dei giornali italiani rilevare il pensiero del Governo in fatto di politica estera, mentre tali articoli non esprimono che l'opinione personale dei redattori.

832 1 Si pubblica questo documento così come è conservato nelle Carte di Gabinetto. L'annotazione in calce è redatta da Fusinato. 833 1 Cfr. n. 827. 2 Cfr. nn. 846, 848, 858. La risposta da Londra non è stata rinvenuta nel registro dei telegrammi in arrivo.

834

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO PERSONALE 91. Roma, 21 gennaio 1905, ore 18.

Vedendo conte Goluchowski voglia esprimergli mio compiacimento per articolo Fremdenblatt1 che in Italia ha fatto eccellente impressione. A conferma di detto articolo ho inviato un comunicato ali'Agenzia Stefani. Per incidente V. E. farà rilevare al conte Goluchowski come io mi sia valso all'Agenzia Stefani non essendovi in Italia alcun giornale che interpreti il mio pensiero. Credo sarebbe bene che ella trovasse modo in via riservatissima di far rilevare ciò da qualche giornale autorevole di Vienna il quale potrebbe aggiungere che spesso ali 'estero si dà soverchia importanza ad articoli di giornali italiani, che a torto si ritiene esprimano le idee del Governo, mentre il ministro Tittoni si attiene strettamente al proposito manifestato di non valersi di altro mezzo di pubblicità ali 'infuori dell'Agenzia Stefani e della tribuna parlamentare.

835

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL MINISTRO A CETTIGNE, CUSANI CONFALONIERI

L. CIFRATA S.N. Roma, 21 gennaio 1905.

Ho veduto il colonnello Porro, reduce dalla sua delicata missione in Montenegro, e ne ho udite le interessanti comunicazioni. Per quanto riguarda il seguito, diremo così, militare della cosa, egli dovrà accordarsi col Ministero della guerra, e la informerà direttamente. A tale uopo sarà mia cura fargli pervenire una copia del cifrario Mengarini, secondo il desiderio da lei manifestatomi.

Ciò che a me particolarmente preme è di essere da lei rassicurato, per quanto è possibile, che su tutto quanto si riferisce alla detta missione del colonnello Porro fu e sarà mantenuto il più scrupoloso segreto. Io non ho bisogno di farle rilevare i gravissimi inconvenienti che potrebbero derivare se qualche cosa trasparisse di ciò.

Io non dubito certamente della segretezza del principe Nicola; ma neppure potrei escludere in modo assoluto che, in determinate circostanze, egli potesse credere di suo interesse di comprometterci. Specialmente poi mi preoccupo della possibilità che il principe Nicola parli della cosa coi suoi ministri e con i membri della sua famiglia; e mi preoccupo altresì degli ufficiali i quali hanno partecipato, a Rjeka, al colloquio, e della cui segretezza non so quale affidamento possa farsi.

Su tutto ciò richiamo l'attenzione di lei e la prego di una parola che mi rassicuri.

Resta ad ogni modo ben inteso che il colonnello Porro si recò costì come parente di lei, a farle una visita, non soltanto senza incarico di sorta da parte del R. Governo, ma senza che questo ne avesse neppure notizia.

834 1 Cfr. n. 827.

836

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 6l/23. Londra, 21 gennaio 1905 1.

Mi riferisco ai telegrammi scambiati in questi giorni con V.E. 1 per confermarle la definitiva redazione dell'accordo segreto relativo all'Etiopia, alla quale sono addivenuto col marchese di Lansdowne nei termini risultanti dall'ultimo mio di quei telegrammi (per l'articolo 4°)2 e dalla precedente nostra corrispondenza. Qui unito ho l'onore di rimetterne il testo italiano ed inglese3 .

Una copia conforme del medesimo documento ho trasmesso, per la buona regola, al marchese di Lansdowne, come una mia nota ufficiale che gliene chiede conferma. E questo terrà luogo di parafazione. Lord Lansdowne è ora nuovamente partito da Londra e, fin da quando ebbi a parlargli (mesi sono) di quest'ultima formalità, avendo egli fatto obbiezione alla sua utilità per le ragioni che ho allora riferite a V. E., l'insistervi d'adesso darebbe luogo a nuove discussioni e ritardi, senza corrispondente vantaggio.

Non occorre infatti ricordare che, per formali e ripetute dichiarazioni di Sua Signoria, non si tratta ora della conclusione definitiva di un accordo, ma della sua redazione in vista delle comunicazione di esso al Governo francese. Questa comunicazione avrà ora luogo, per modo da promuovere da quel Governo un'esposizione positiva delle condizioni alle quali esso sarà disposto a darvi la propria adesione. Quando queste condizioni ci saranno conosciute, ci concerteremo col Governo britannico circa il da farsi.

Sulle disposizioni del Governo francese circa l'adesione di cui si tratta, ho ottenuto da monsieur Cambon e dallo stesso lord Lansdowne alcune notizie preliminari4 che mi interessa di sottoporre in modo particolareggiato a V.E.; e ciò mi riservo di fare con maggiore ampiezza, recandomi ora direttamente a Roma a conferire con lei di questo e di altri affari.

Le condizioni della Francia concernendo specialmente, come è noto, la questione della ferrovia di Gibuti, stimo utile unire frattanto al presente rapporto un

2 Cfr. n. 824.

3 Si pubblica il testo italiano e il testo inglese, fra i quali fu notata una leggera discrepanza priva d'importanza.

~ Per il punto di vista francese cfr. Cambon a Dclcassé, 21 gennaio, D!JF, Il serie. t. VI, n. 42.

esemplare5 che mi sono procurato dell'ultimo rapporto dei Direttori agli azionisti di quell' impresa6 .

ALLEGATO [

Londra, 18 gennaio 1905.

Poiché è comune interesse dell'Italia e della Gran Bretagna di evitare ogni perturbazione della condizione politica dell'Impero etiopico, di giungere ad una reciproca intesa circa la loro condotta nell'eventualità di qualsiasi mutamento che possa avvenire nella situazione dell'Etiopia, quale sarebbe una vacanza nella successione al trono, e di ottenere che l 'azione dei due Stati per la tutela dei rispettivi interessi nei possedimenti italiani e britannici prossimi ali' Etiopia e nell'Etiopia stessa non risulti a nocumento degli interessi di alcuna delle due Potenze, l 'Italia e la Gran Bretagna convengono nel seguente accordo:

Art. l. L'Italia e la Gran Bretagna coopereranno pel mantenimento dello status quo politico e territoriale in Etiopia quale risulta determinato dai seguenti accordi e dallo stato di fatto attualmente esistente:

a) Protocolli itala-britannici del 24 marzo e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894 e accordi susseguenti che li hanno modificati;

b) Trattato italo-etiopico del l O luglio 1900;

c) Trattato anglo-etiopico del 15 maggio 1902;

d) Nota aggiunta al su citato trattato in data 15 maggio 1902;

e) Accordo anglo-francese per l'Harrar del 2-9 febbraio 1888;

f) Protocolli franco-italiani del 24 gennaio 1900 e l O luglio 1901 per la delimitazione dei possedimenti dell"Italia e della Francia nella regione costiera del Mar Rosso e del golfo di Aden.

Art. 2. Per quanto si riferisce alle domande di concessioni agricole, commerciali cd industriali in Etiopia le due Potenze daranno istruzione ai loro rappresentanti di agire per modo che le concessioni da farsi nell'interesse dell'uno dei due Stati non sieno di danno all'interesse dell'altro.

Art. 3. In caso di disputata successione al trono o di altri interni mutamenti in Etiopia, i rappresentanti de Il' Italia e della Gran Bretagna si manterranno in un contegno neutrale, astenendosi da qualsiasi intervento negli affari interni del Paese c limitandosi all'azione che sia concordemente ritenuta necessaria per la protezione delle legazioni, delle vite e proprietà degli stranieri e dei comuni interessi delle due Potenze.

Qualora uno dei due Governi ritenga preferibile un particolare candidato alla successione, esso non ne promuoverà la candidatura senza previo accordo con l 'altro Governo. Art. 4. Nel caso della disintegrazione dell'Impero etiopico, i due Governi coopereranno in vista di un eventuale riordinamento territoriale in base agli accordi enumerati nell'art. l, ma

R3CJ' Manca nel testo che si pubblica che è copia della minuta conservata nell'archivio della ambascwta a Londra.

c, Il testo definitivo dell'accordo, identico a quello qui allegato ma datato Londra IO gennaio 1905, fu trasmesso da Carignani con R.R7/31 del 23 gennaio; allegato a questo rapporto il seguente appunto: «Ricevuto. Comunicheremo al Governo francese l'accordo per mez7n dell'ambasciatore a Parigi. A Parigi, preparare le istnl7inni». Tittoni informò dell'accordo Barrère il 25 gennaio (DDF. II serie, t. VI, n. 62 e nota 3).

con quelle modificazioni che siano considerate necessarie per la tutela degli interessi della Gran Bretagna e dell'Egitto nel bacino del Nilo e più specialmente nel regime delle acque di quel fiume e dei suoi affluenti (tenuti in debita considerazione gli interessi locali), e per la tutela degli interessi italiani in Etiopia, in Eritrea e in Somalia (compreso il Benadir) e specialmente nella zona intercedente fra questi due possedimenti italiani onde ottenere che fra essi non vi sia soluzione di continuità.

Art. 5. Il presente accordo dovrà rimanere segreto. Le due Potenze non pertanto lo comunicheranno confidenzialmente alla Francia prima della sua definitiva conclusione, nell'intento di ottenere ad esso la sua adesione.

Art. 6. l rappresentanti delle due Potenze in Etiopia si terranno l'un l'altro pienamente informati e coopereranno per la protezione dei rispettivi interessi. Nel caso che i rappresentanti italiano e britannico non possano intendersi, essi dovranno riferirne al proprio Governo sospendendo ogni azione.

ALLEGATO Il

Londra, 18 gennaio 1905.

!t being the common interest of Italy and Great Britain to avoid any disturbance of the politica! condition of the Ethiopian Empire, to arrive at a mutuai understanding in regard to their conduci in the event of any alteration in the situation that may occur in Ethiopia, su c h as vacancy in the succession to the Throne, and to provide that the action of the two States in protecting their respective interests in the Italian and British possessions adjoining Ethiopia, and in Ethiopia itself, may not result in the interests of either of the two Powers sustaining injury, Italy and Great Britain agrec to the tòllowing arrangement:

l) ltaly an d Great Britain w ili cooperate for the maintenance of the politica! an d territori al status quo in Ethiopia, as determined by the following agreements, and by the state of aftàirs at prcsent cxisting:

a) Anglo-Italian Protocols of march 24 and aprii 15, l 891, and of may 5, 1894, and the subsequent agreements modifying them.

b) ltalo-Ethiopian Treaty ofjuly lO, 1900.

c) Anglo-Ethiopian Trcaty ofmay 15, 1902.

d) Note annexed to the a bo ve mentioned Treaty of may 15, 1902.

e) Anglo-French Agreement as to Harrar of february 2-9, 1888.

f) Franco-ltalian Protocols ofjanuary 24, 1900 an d july l O, 190 l, for tbc dctcrmination ofthe Italian and Frcnch possessions in the littoral ofthe Red Sea and Gulf ofAden.

2) As rcgards demands tòr agricultural, commerciai and industriai concessions in Ethiopia, the two Powers will instruct their representatives to act in such a way that concessions which are to be granted in the intercst of one of the two Statcs may no t be injurious to the interest of the othcr.

3) In thc event of a disputed succession to the Throne or of other internai changes in Ethiopia, the representatives of Italy and Great Britain shall observe a neutra! attitude, abstaining from any intervention whatever in the internai atfairs of the Country, and contìning themselves to such action as may be by common accord considered necessary for the protection of the Legations, ofthe livcs and property oftòreigners and ofthe common interests ofthe two Powers.

Should o ne of the two Govemments consider a particular candidate for the succession preferable, they will non promote his candidature without coming to a previous agreement with the other Govemment.

4) In the event ofthe disintegration ofthe Ethiopian Empire, the two Govemments will cooperate with a view to an eventual territorial rearrangement, based on the agreements enumerated in Article I, but modified in such a way as may be considered necessary in arder to safeguard the interests of Great Britain and Egypt in the basin of the N ile, and more especially in the regulation of the waters of that river and its affluents (the consideration being paid to !oca! interests), and to safeguard the interest of Italy in Ethiopia as regards Erythraea and Somaliland (including the Benadir), and especially in the intervening zone between those two Italian possessions, in order that there may be no interruption of continuity between them.

5) The present Agreement shall remain secret. The two Powers will, however, communicate it in confidence to France before it is finally settled with a view to obtaining her adherence.

6) The representatives of the two Powers in Ethiopia will keep each other fully informed, and will cooperate for the protection of their respective interests. Should the Italian and British representatives not be able to come to an agreement, they will refer to their respective Govemments suspending ali action meanwhile.

836 1 Ctr. n. 800.

837

IL CAVALIERE PESTALOZZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 115. Massaua, 22 gennaio 1905, ore 11,35.

Nave tornata per rifornirsi viveri. In Bender Cassim nessuna notizia del Mad Mullah o di Abdallah Sceri; tutti però credono ritardo conferma desiderio Mad Mullah condurre a termine trattative; però egli vorrebbe prima indurre suoi capi ad accettare. Credo Mad Mullah in sospetto per involontarie mosse inglesi, Abdallah lavora persuaderlo e sicuramente ritornerà Bender Cassim. Ho spedito telegramma al Mad Mullah giorno 8 e carovana migertina partita per suo campo 28 decembre. Passando ieri Berbera seppi che da tre lati diversi confermavasi desiderio Mad Mullah concludere pace. Disertore arrivato ieri l'altro in Elaab informava che verso 6 corrente al campo del Mad Mullah tra Adadero Illig discutevasi invio Abdallah e compagno Berbera. Credo utile non mostrare premure aspettare. Intanto spedirò mercoledì rapporti e relazione con proposte per principio organizzazione voluta, sultano Osman Mahmud mi ha scritto che accetta residente italiano con ascari in Bender Cassim disposizione migertini Yusuf; lascio dragomanno Bender Cassim; aspetterò qui V. E. abbia ricevuto miei rapporti 1 .

837 1 Sono stati trovati 2 rapporti datati Aden, 24 gennaio, numerati rispettivamente 75 c 76. Si pubblicano qui di seguito due passi del rapporto 75: «Che il Mullah, iniLiate le pratiche per mczLo nostro, pensi ora più vantaggioso per lui di avviarle direttamente con gli inglesi? Potrebbe anche essere. Egli. dopo constatato che lllig non è poi un paradiso c nel dubbio se noi vorremmo coadiuvarlo o migliorarlo, può avere sperato di riuscire meglio presso gli inglesi c vuoi torse tentarlo. [ ... 1Ad ogni modo questa notizia conferma sempre le tendenze del Mullah alla pace>>.

838

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE

T. 96. Roma, 22 gennaio 1905, ore 13,30.

Governo rumeno ha promesso ristabilimento insegnamento italiano 1• Voglia telegrafarmi appena ciò sia avvenuto2 .

839

L'AMBASCIATORE A VIENNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 125/7. Vienna, 23 gennaio 1905, ore 11,20.

Ho parlato oggi col conte Goluchowski nel senso del telegramma di V.E. n. 91 1• Nel ringraziarmi per comunicazione fattagli, egli mi ha detto che aveva creduto opportuno farmi pubblicare articolo Fremdenblatt per tagliar corto erronee interpretazioni di cui era oggetto da qualche tempo, noto provvedimento militare preso dal Governo austro-ungarico. Goluchowski si è rallegrato meco per completo ristabilimento di V.E.

Quanto al desiderio manifestatomi da V.E. nella seconda parte telegramma suddetto, non mancherò di adoperarmi, in via riservatissima, giusta le di lei istruzioni.

840

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 148/50. Costantinopoli, 23 gennaio 1905 (perv. il 31 gennaio).

Aderendo alle istanti sollecitazioni rivoltemi dal commendatore Volpi, oggetto di speciale e calda raccomandazione da parte di V.E. (vedi dispaccio n. 0614/7)1 ebbi l'onore di presentare, venerdì scorso, al sultano quel nostro distinto concittadino.

Prima di ammettere alla sua presenza il commendatore Volpi, Sua Maestà imperiale si degnò trattenersi meco in familiare colloquio; mi chiese anzitutto, con la soli

2 Millelire rispose con T. 373/1 del l o marzo dicendo che erano state ripristinate le lezioni di lingua italiana nelle scuole rumene.

ta premurosa insistenza, notizie dei nostri augusti sovrani e mi incaricò di far pervenire a Sua Maestà il re i più sentiti ringraziamenti per l 'invio fattogli, a mezzo di Rechid Bey, di un antico firmano conservato nel Real Biblioteca.

Sua Maestà imperiale imprese poscia a parl~rmi della Russi?., mostrandosi molto compreso per le cure e per le preoccupazioni non lievi, che debbono attualmente suscitare sull'animo dell'imperatore i rovesci delle sue armi nell'Estremo Oriente, nonché le difficoltà interne, in cui si dibatte ora l'Impero.

Il linguaggio del sultano, a differenza di quello tenuto al riguardo da molti personaggi politici ottomani, dimostrava non già compiacenza per le disgrazie russe, ma invece, sincera e cordiale simpatia per la persona dell'imperatore. Sua Maestà imperiale mi disse che, grazie ad informazioni previamente attinte, aveva preveduto i disastri di Manciuria «come se li avesse letti in un libro» e si era affrettato a rendere direttamente avvertito l'imperatore Nicola tre mesi prima dello scoppio delle ostilità. Aggiunse Sua Maestà che le guerre divengono sempre più disastrose e micidiali, e che delle medesime nessuno può mai prevedere i risultati. Per tali motivi egli fu e resta sempre decisamente avversario delle avventure bellicose.

Quando i greci vollero muovergli quell'insana guerra, terminata, grazie alla protezione divina, con un trionfale successo delle armi ottomane, egli, prima di dare alle sue truppe l'ordine di avanzare, ponderò lungamente e respinse ben quattro volte le deliberazioni unanimi in senso bellicoso, presentategli dai suoi ministri.

Risposi, abbondando, nel senso delle parole di Sua Maestà, accentuando i desideri ed i propositi eminentemente pacifici da cui sono animate, in oggi, le Grandi Potenze, ed esprimendo il mio vivissimo compiacimento per gli analoghi sentimenti autorevolmente manifestati da Sua Maestà imperiale.

Introdotto poscia il commendatore Volpi, che gli presentò i saluti cordiali del principe di Montenegro, il sultano si dichiarò molto lieto di vedersi d'intorno, allo stesso momento, il rappresentante di Sua Maestà il Re, nonché una persona onorata, come è il commendatore, dell'alta benevolenza di Sua Altezza Reale, per la quale egli professa sentita stima e cordiale amicizia.

Prima di accomiatarci, Sua Maestà imperiale, conferì al commendatore Volpi la seconda classe (grande uffiziale) del suo ordine del Medjidiè.

838 1 Cfr. n. 831.

839 1 Cfr. n. 834.

840 1 Non rinvenuto.

841

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 128/4. Il Cairo, 24 gennaio 1905, ore 4,35.

Lord Cromer dice ignorare che la proposta della Banca fosse fatta originariamente a Ciccodicola1 , ad ogni modo, assicura che Menelik ne abbia parlato ripetutamente con Harrington. Del resto dice istruzioni generali date da Londra ad Harring

ton sono procedute in tutto lealmente di intesa con i rappresentanti italiani e francesi e non vorrebbe ora, per la Banca, modificare istruzioni generali tanto più che esclusione, ancorché soltanto per ora, ministro di Francia, farebbe credere ad un tentativo di azione separata dell'Inghilterra, o dell'Italia ed Inghilterra, mentre è ferma intenzione del Governo britannico di procedere in Abissinia d'accordo con entrambe le Potenze senza preferenza. Agente inglese, del resto, arriva ad Addis Abeba soltanto fra qualche settimana. Lord Cromer consiglia invece agente italiano venga subito Egitto, giacché noto finanziere Casse! (?f molto interessato nella Banca Nazionale egiziana arriva tra l Ogiorni e sarà utile secondo il parere di lord Cromer delegato italiano parli subito con lui prima che delegato inglese arrivi Addis Abeba.

841 1 Cfr. n. 825.

842

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO .../8. Berlino, 25 gennaio 1905, ore 11 (perv. ore 12,30).

Credo dover prevenire V.E. che qui rinascono diffidenze verso noi per nostre relazioni con la Francia. Informazioni giunte questo Governo, non so ancora da qual parte, preciserebbero accordi o promesse scambiate con la Francia in occasione viaggio Loubet Roma. Fino ad ora mi tenne di ciò parola soltanto e in via privata e confidenziale sottosegretario di Stato per gli affari esteri Mlihlberg soggiungendo che cancelliere dell'Impero me ne parlerà ufficialmente. Non posso e l 'ho detto a Mlihlberg fare altro che relegare quelle informazioni nel regno delle favole; ma mi riservo chiedere ordini di V.E. per risposta da fare dopo il colloquio con Blilow se questo avrà effettivamente luogo 1•

841 2 Il punto interrogativo è del decifratore.

842 1 Il 18 dicembre 1904 Monts aveva comunicato a Biilow i suoi rinnovati sospetti sulla fedeltà dell'Italia alla Triplice Alleanza (GP, vol. XX/I, n. 8424).

843

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE 4399/36. Roma, 25 gennaio 1905.

Trasmetto all'E.V., in via confidenziale, copia di due rapporti 1 che, sul suo tentativo di convegno ad Illig col Mad Mullah, il cavalier Pestalozza ha diretto a questo Ministero.

Richiamo specialmente l'attenzione della E.V. su quanto il cavalier Pestalozza riferisce nel suo rapporto confidenziale circa l'atteggiamento di quelle autorità britanniche, in rapporto all'interesse da noi preso per la pacificazione della Somalia.

V. E. comprenderà come, in questo momento, il R. Governo, il quale si è messo in una ardua impresa nell'interesse sopratutto della Inghilterra, debba poter contare sulla efficace cooperazione di tutte le autorità coloniali che hanno ingerenza nelle cose della Somalia.

Se si presentasse opportuna occasione, ella potrebbe delicatamente tenerne parola col marchese di Lansdowne perché, se fosse necessario, l'atteggiamento di qualche autorità sia modificato.

844

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 97/23. Sofia, 25 gennaio 1905 (perv. il 2 febbraio).

L'agente diplomatico di Serbia è venuto ieri a farmi visita ed ho l'onore di riferire a V. E. quanto egli ha creduto di confidarmi.

Le relazioni tra la Bulgaria e la Serbia attraversano di nuovo un momento difficile, in seguito all'attitudine sempre più aggressiva dell'elemento bulgaro nel distretto di Uskub. Questa condizione di cose ha una ripercussione in Serbia, dove anche la situazione politica interna si fa assai difficile. Il signor Pasitch si trova a dover lottare

non solo con gli avversari, ma persino coi suoi partigiani, i quali sono impressionati dalla guerra continua mossa ai serbi d'oltre confine. L'opinione pubblica nel Regno fu dolorosamente colpita dall'uccisione avvenuta a Comanova del sacerdote Tasko, personaggio che godeva di gran popolarità fra i serbi di Macedonia, contro i quali, da qualche tempo, si scatenano anche le ire delle audaci tribù albanesi. E gli avversari della politica d'una intesa colla Bulgaria ingrossano le loro file.

Il signor Simitch non ha mancato di esporre i pericoli di tale situazione al generale Petroff, sabato scorso, e, conversando, espresse il desiderio che, almeno in qualche articolo inserito nei giornali ufficiosi, venga deplorata l'azione aggressiva dei bulgari di Macedonia. Ha, però, trovato questo ministro degli affari esteri assai freddo, e, malgrado le cortesi parole e le vaghe promesse di un'azione pacificatrice, nessuna manifestazione è avvenuta finora, da parte del Governo principesco, nel senso desiderato.

Per di più, la lotta contro l'elemento serbo nel distretto di Uskub è incoraggiata palesemente dalle autorità austro-ungariche e sono note a tutti le eccellenti relazioni che corrono tra l'agente commerciale bulgaro, signor Nedkoff, il console austro-ungarico, signor Para, ed i capi bulgaro-macedoni. La feroce propaganda esarchista è appoggiata in tal modo dalle autorità civili e militari della Monarchia da giustificare le voci di un'intesa segreta austro-bulgara per la Macedonia. Il signor Simitch non crede che tale intesa esista, ma ritiene per fermo che le autorità imperiali e reali, prestando un appoggio incondizionato all'elemento esarchista, molto abilmente approfittano di tutte le simpatie bulgare (anche di quelle del Governo), ed in tal guisa riescono a mantenere vive le animosità serbe contro la Bulgaria ed a rendere vana l'intesa fra i due Stati slavi. E, anche nell'ambiente politico di Belgrado, un altro nemico assai pericoloso si è ora schierato contro il signor Pasitch, è questi il signor Balutchic che si trovò, ad un tempo, ad esser capo dell'ufficio della stampa al Ministero degli affari esteri di Serbia, ff. di segretario del re Pietro e corrispondente della Neue Freie Presse. Egli fu obbligato, per indiscrezioni commesse, a rinunziare ai posti di fiducia che aveva conseguito ed ora, rimasto corrispondente del predetto giornale di Vienna, coll'aiuto della diplomazia austriaca, si è messo a suscitar difficoltà d'ogni genere al Governo serbo.

Nell'espormi tutto ciò, il signor Simitch aggiunse che il re Pietro, nell'animo del quale sono sorti molti dubbi sulle intenzioni del principe Ferdinando e del suo Governo, è assai inquieto per l'avvenire. Mi disse pure che allorquando fu a Belgrado, ai primi di gennaio, Sua Maestà ebbe a chiedergli francamente se riteneva si potesse continuare nella linea di condotta adottata, visto che essa in fondo conduceva la Serbia ad umiliazioni contro cui l'opinione nazionale avrebbe un giorno o l'altro protestato. Il signor Simitch, pur constatando dolorosamente questa condizione di fatto, trovava tuttavia necessario di persistere nel programma iniziato, cercando con abilità e pazienza di superare gli ostacoli, onde riuscire a far comprendere agli uomini di Stato bulgari, in previsione anche di future complicazioni, l'utilità di far qualche sacrifizio per conservare questa intesa faticosamente raggiunta a traverso tante difficoltà.

Mi disse poi di aver rivolto al suo sovrano le seguenti parole: «Vostra Maestà, seguendo la linea di condotta tracciatasi, che è eminentemente nazionale, può contare sull'appoggio morale delle Grandi Potenze occidentali e della Russia; se, invece, per sfuggire agli inconvenienti della situazione presente, si vuole assumere un'altra attitudine, inevitabilmente la Serbi a sarà portata ad appoggiarsi all'Austria-Ungheria. Ciò non ci darà nessun pratico vantaggio in Macedonia, e si ritornerebbe alla infausta politica del re Milano, il quale, come è noto per una lettera diretta alla regina Natalia, ebbe persino un tempo l'idea di proporre all'Austria la mediatizzazione [sic] della Serbia. Se vi sono dei serbi i quali consentirebbero a ciò, la vera maggioranza del popolo non si presterebbe ad abdicare ad ogni idea d'indipendenza».

LOSÌ si esprime l'agente diplomatico di Serbia. Aggiungerò essermi stato riferito come anche il console francese ad Uskub abbia scritto che tutto quanto egli vede giornalmente lasci supporre una intesa fra l'Austria e la Bulgaria nella questione della propaganda esarchista. Mi consta pure che quest'agente diplomatico d'Austria-Ungheria sia assai soddisfatto di come si mettano le cose e non è da escludere che lavori, però con molta prudenza, nel senso di acuire le diffidenze sorte fra la Serbia e la Bulgaria.

843 1 Dei due rapporti si è rinvenuto solo il rapporto confidenziale 59 del 26 novembre 1904 da Aden, del quale si pubblica il passo seguente: «Il generale Swayne, del quale ho già scritto le buone disposizioni per la pacificazione generale del Paese somala [sic], reputò necessario od almeno utile non fosse che provvisoriamente il tentativo di buon accordo col Mullah. Egli però mi diceva in confidenza aver motivo di credere che invece le autorità di marina e quelle stesse militari di Aden siano non poco proclivi ad una pace non imposta dagli stessi inglesi; esse temono che tale pacificazione faccia rialzare ancora più la testa al Mullah, il quale imponendosi ai Migiurtini a sud e a nord, diventerebbe il vero padrone della regione. A quelle considerazioni si aggiungano le pressioni che probabilmente faranno i generali Manning e Egerton per il trionfo della propria tattica».

845

IL MINISTRO A CETTIGNE, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Cettigne, 26 gennaio 1905, ore 5,50 (perv. ore 20,33).

Ricevetti stamane lettera particolare di V. E. 1 . Il segreto il più assoluto è mia cura costante.

Per potere meglio rassicurare V.E. fui ora dal principe segnalandogli nuovamente gravissimo pericolo di qualsiasi imprudenza ora o poi e ripetendo che se trapelasse minimo sentore non daremmo più nulla. Egli mi ha ripetuto formale promessa e mi darà lettera autografa per V.E. in questo senso. Per suo desiderio cercherò anticipare mio arrivo Roma ai primi febbraio.

846

L'AMBASCIATORE A MADRID, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 149/6. Madrid, 26 gennaio 1905, ore 11,55.

Ufficiosa Epoca, sotto forma corrispondenza da Roma, pubblica stasera articolo conforme desiderio di V. E. espresso telegramma n. 90 1 .

846 1 Cfr. n. 833.

845 1 Cfr. n. 835.

847

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 26 gennaio 1905, ore 14, 15.

Con vivissimo rincrescimento presi cognizione telegramma riservatissimo 1 col quale V.E. partecipami che costì rinascono diffidenze verso noi per notizie giunte che preciserebbero accordi o promesse scambiate con Francia in occasione viaggio Loubet Roma. Mentre rinnovo più assoluta categorica smentita autorizzandola a ripeterla costì nella forma più perentoria ed efficace, non posso né voglio tacerle che queste nuove diffidenze mi feriscono e mi offendono. Codesto Governo non può e non deve mettere in dubbio sincerità lealtà mia parola e quella presidente del Consiglio. Un'alleanza senza reciproca fiducia mancherebbe suo naturale fondamento morale e devo meravigliarmi come costì ciò non si comprenda abbastanza.

848

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 146/13. Berlino, 26 gennaio 1905, ore 17,20.

Risposta al dispaccio riservatissimo di V. E. del 2 I corrente 1•

In seguito a pratiche da me fatte la Norddeutsche Allgemeine Zeitung ha pubblicato jeri sera comunicato Agenzia Stefani, di cui nel predetto telegramma è mensione, facendolo precedere dalle seguenti parole: «L'impressione che le manifestazioni del Fremdenblatt ha [sic] fatto in Italia viene riprodotta comunicato seguenti parole dali' Agenzia Stefani, la quale nelle questioni politica estera è l 'unico organo ufficioso del Governo italiano». La Norddeutsche Allgemeine Zeitung chiude poi la comunicazione con queste altre parole:

«In Austria, Germania si prende con viva soddisfazione conoscenza di questa nuova conferma delle inalterate, amichevoli relazioni tra le due Nazioni strettamente unite all'Impero tedesco».

848 1 Cfr. n. 833.

847 1 Cfr. n. 842.

849

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 110. Roma, 26 gennaio 1905, ore 18,40.

Gli ambasciatori d'Austria e di Russia hanno presentato Sublime Porta un nuovo regolamento finanziario il quale secondo quanto ci comunica marchese Imperiali1 verrebbe a creare situazione nuova non prevista dal programma di Miirzsteg. Marchese Imperiali soggiunge che dovendo prevedere richiesta appoggio da parte Austria e Russia per esercitare solita pressione sarebbe indispensabile a suo avviso prima di prendere impegni ben chiarire quanto meno portata parole «Potenze interessate». Gli ho risposto che condivido pienamente in massima suo punto di vista riservandomi inviargli più precise istruzioni dopo ricevuto testo regolamento finanziario. Conte Lanza poi mi partecipa da Berlino che quel Governo ha già notificato all'ambasciatore d'Austria che Germania non può dare sua approvazione detto regolamento presentato senza preventivo assenso altre Potenze2 . Prego V.S. informarsi modo di vedere in proposito di codesto Governo certamente informato di tutto. Voglia dichiarargli che, quanto a me, ritengo inammissibile questa nuova e più grande accentuazione preponderanza austro-russa esorbitante lo stesso programma di Miirzsteg e ritengo che questa o mai più sia l'occasione per riaffermare ed imporre il principio del concerto europeo per tutte questioni interessanti Impero ottomano.

850

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO .../15. Berlino, 26 gennaio 1905, ore 19 (perv. ore 20,10).

Mi affretto a vivamente ringraziare V.E. del suo telegramma personale or ora ricevuto1. Di quanto ella mi telegrafa mi varrò in una prossima conversazione con il cancelliere. Intanto mi permetto di pregarla di voler astenersi dal fare anche minimo cenno con il conte de Monts, perché Miihlberg, come questi mi ha detto oggi, me ne intrattenne senza autorizzazione del cancelliere.

849 1 T. 127/9 del 24 gennaio, non pubblicato. 2 La notizia era stata comunicata da Lanza con T. 137/9 del 25 gennaio, non pubblicato. 850 1 Ctr. n. 847.

851

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 115. Roma, 27 gennaio 1905, ore 18,45.

Ricevuto rapporto 16 corrente n. 51 1•

Comunicazioni inglese e italiana a codesto Governo per traffico armi Gibuti non debbono, secondo pensiero R. Governo avere carattere intimazione; ma semplice informazione e osservazione amichevole. Circa il modo e la forma della comunicazione stessa la E. V. vorrà mettersi d'accordo col suo collega d'Inghilterra.

È necessario soltanto risulti che ciascuno dei due Governi sa della comunicazione dell'altro e tutti e due agiscono per uno scopo comune.

852

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO S.N. Berlino, 27 gennaio 1905 (perv. il 4 febbraio).

Ho letto attentamente la lettera riservata che l'E.V. mi ha fatto l'onore di dirigermi il 15 del mese corrente 1 sulle cose di Macedonia. Da questa lettura ho tratto la convinzione della opportunità, da lei pure riconosciuta, di non fare aperture dirette a questo Governo e di arrivare invece, possibilmente, per via indiretta, a scoprirne il pensiero circa quanto il marchese Imperiali ebbe a dire al barone Calice.

Dissi quindi al signor von Miihlberg -autorevole e fedele interprete del pensiero del conte Biilow il quale -sia per malattia sia per le molteplici occupazioni non ha potuto vedermi -dissi delle idee scambiate tra il marchese Imperiali ed il barone Calice e gli chiesi se di quella conversazione il barone Marschall avesse riferito qui e quale parere avesse espresso.

Il signor von Miihlberg mi rispose nettamente che quanto io gli esponevo era un «novum»: nulla era stato scritto in proposito da Costantinopoli ed il barone Marschall non aveva quindi avuto opportunità di manifestare qui in alcun modo il suo pensiero.

85 I 1 È il rapporto 114/51 del quale si pubblica il passo seguente: <<Intanto mi premerebbe conoscere se sia propriamente nelle intenzioni del Governo nostro che le rimostranze e la comunicazione di cui si tratta vengano concretate in una nota identica da essere presentata simultaneamente al signor Delcassé. Simile forma suole adottarsi quando è nell'intendimento dei Governi, cha associano la loro azione, di dare alla medesima un carattere quasi comunicativo. La nota inglese diretta all'ambasciatore di Sua Maestà a Londra parla di fare a joinl r<'presenlation la quale può essere eseguita conseguentemente in una forma che tale carattere non abbia».

È esatta questa affermazione ovvero il Governo imperiale, così parlando, ha voluto lasciare del tutto al suo ambasciatore presso il sultano la paternità d eli'opinione? Tanto nel primo quanto nel secondo caso e più anzi, come ella ben comprende, nel secondo che nel primo, il Governo imperiale declina manifestamente ogni intromissione mediatrice tra noi e l'Austria. Nelle faccende balcaniche, l 'E. V. ben sa, la Germania si tiene in seconda linea: da questo piano prestabilito da anni essa non ha mai deviato né, tìnché la situazione si mantiene, devierà. Che la Germania desideri la buona intesa tra noi e l'Austria è cosa da non potersi minimamente porre in dubbio: né è ugualmente da dubitare che essa favorirebbe l'opera che le due Potenze intraprendessero di comune accordo per dare alla buona intesa una forma possibilmente concreta. Ma il prendere un'iniziativa mediatrice tra le due Potenze costituirebbe un allontanamento da quel rettifilo che essa si è teso riguardo alle cose balcaniche. Ciò, del resto, è anche conforme -ella riconoscerà -ai patti conclusi tra le due Potenze: come talune questioni sono regolate tra noi e la Germania così altre lo sono -e tra queste quella appunto della Macedonia-tra noi e l'Austria. Nelle questioni che direttamente concernono le due Potenze la terza non ha che un interesse riflesso: questa condizione di cose la spinge a non invertire le parti ed esclude quindi una iniziativa mediatrice del genere di quella che ella vorrebbe.

Anche per quanto conceme l'Austria io penso che non è senza fondamento l'allegazione del barone Calice relativa alla «difficoltà ed alla vastità del programma di un accordo» verso quello cui il marchese Imperiali accennava a Costantinopoli. Di guisa che non è a disconoscere come le difficoltà per giungere ad una intesa diretta coli' Austria. nella situazione presente, siano di natura oggettiva: siano cioè da vedere nella forza delle cose anziché nel malvolere del Gabinetto di Vienna. Il Trattato della Triplice dispone chiaramente a questo riguardo: e poiché non fu possibile, malgrado i più intelligenti sforzi, giungere ad un accordo più concreto al momento della sua conclusione, così non è certo prevedibile che a ciò possa arrivarsi ora, in un momento in cui il complesso della situazione non è cambiato.

Come sta in fatto che il Governo imperiale non ha grande fiducia nel risultato dell'opera riformatrice precisata nel programma di Mlirzsteg, così sta in fatto che le notizie le quali giungono qui dalla Macedonia dipingono come incerte le condizioni politiche in quelle regioni. Greci, serbi. bulgari si accusano e si denunziano a vicenda e gli uni e gli altri non se ne stanno con le mani in mano: in questo cozzo di influenze attive sembra che il disopra sia da riconoscere al principe Ferdinando, il quale prevedibilmente potrebbe avvantaggiarsi dalla situazione nuova che fosse prodotta da una crisi. Ma malgrado tutto la crisi, che pur non è da escludere, non sembra a questo Govemo tanto vicina ed inevitabile quanto lo lasciano prevedere le parole colle quali ella si esprime nella lettera cui ho l'onore di rispondere. Posta però anche la peggiore delle ipotesi, conviene a noi, io credo, di prepararci per ogni eventualità in modo da non esser sorpresi il giorno in cui, sulla base di quanto dispone la clausola generica pattuita tra noi e l'Austria, si presenti l'occasione di addivenire con essa ad un accordo concreto: in modo, cioè, da poter entrare allora in diretto negoziato nelle migliori possibili condizioni pel nostro maggiore vantaggio.

Quel giorno, per riassumere quanto qui le ho scritto e che riproduce l 'impressione riportata nelle mie conversazioni alla Cancelleria e ali' Auswartiges Amt, quel giorno, secondo il mio parere, non è ancora venuto e le orecchie di questi uomini di Governo non sono pronte a porgere quell'ascolto del quale il marchese Imperiali avrebbe sentito parlare dal barone Marschall.

852 l crr. n. 816.

853

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 86/30. Londra, 27 gennaio 1905.

I gravi avvenimenti di Russia impressionano molto questo Paese e sono seguiti, benché ciò sia meno manifesto, con vivo interesse dal Governo. Nella stampa i fatti di domenica scorsa e la repressione che ne è derivata sono commentati a seconda delle opinioni più o meno liberali dei diversi giornali. Ma senza tener conto di quelli di secondaria importanza che usano un linguaggio aggressivo verso il Governo russo, si può affermare che tutti più o meno sono unanimi nel giudicare severamente la sua condotta nella presente occasione. Del resto qui, come in altri Paesi, la stampa, anche la maggiore, suole essere conservatrice per quanto si riferisce alle questioni di ordine pubblico nel l 'interno e diviene quasi giacobina nel trattare di tali questioni in un Paese estero.

Come pubblica manifestazione da parte del Governo riguardo la situazione in Russia non vi sono state che alcune frasi di simpatia pel popolo russo e di raccomandazioni di astenersi da giudizi severi pronunziate da Mr. Arnold Forster, ministro della guerra, nel suo discorso a Croydon il 24 corrente. Altra manifestazione non si è prodotta, benché l'occasione non sia mancata in questi giorni di udire la parola di altri membri del Gabinetto: lo stesso primo ministro nel parlare il 26 ai suoi elettori di East-Manchester non fece accenno alcuno agli avvenimenti russi.

Ma oltre ali' emozione naturalmente risentita dal popolo inglese per lo spargimento di sangue a Pietroburgo vi è altro che merita di essere osservato. Alcuni, cioè, sperano che l 'attuale situazione interna della Russia determini la fine della guerra la quale, oltre i pericoli di complicazioni, lede gli interessi commerciali e marittimi della Gran Bretagna. Già da qualche tempo si ripete che la Russia non può a lungo continuare la lotta per le tante difficoltà che intralciano l'invio di maggiori truppe sul teatro della guerra e il loro vettovagliamento. Ciò che quindi accade ora a Pietroburgo e in altri centri, massime gli scioperi, non può, secondo quell'opinione, che peggiorare le cose. Iersera trovandomi a discorrere con un importante personaggio politico, questi si esprimeva per l'appunto in tal senso con abbondanza di argomenti che appaiono fondati.

Le notizie dalla Russia sono divenute in questi ultimi giorni assai scarse a causa della stretta censura che sarebbe ivi stabilita; se non che n'è giunta una che ha prodotto qui una dolorosa impressione. Da qualche giorno si sapeva che a Pietroburgo correvano voci circa la parte che segreti agenti anglo-giapponesi avrebbero preso nell'eccitare alla rivolta gli operai russi. Ma stamane le agenzie telegrafiche hanno annunziato che nelle vie di Mosca si affiggevano manifesti recanti che grosse somme di denaro dall'Inghilterra erano state spedite nei principali centri operai russi per quello scopo, e che ad Odessa un proclama del prefetto accusava con abbastanza chiarezza gli inglesi di fomentare i disordini. Come mi è stato detto al Foreign Office, l'ambasciatore britannico a Pietroburgo ha protestato contro siffatto procedere e il Governo russo avrebbe assicurato che farebbe una inchiesta e eviterebbe la ripetizione di fatti simili.

Evidentemente questa notizia dell'oro inglese sparso fra gli operai russi è ancora più fantastica di quella sulla presenza di torpediniere giapponesi fra le barche peschereccie inglesi di Dogger-Bank, ma essa farà molto male, continuandosi con incidenti di tal genere ad accrescere l 'ostilità del popolo britannico per la Russia, e farà ritardare quell'intesa fra le due Nazioni che sta molto a cuore del presente Gabinetto unionista.

854

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 164. Pietroburgo, 29 gennaio 1905, ore 2,55.

Leggo nostri giornali parole ingiuriose pronunziate da un deputato socialista all'indirizzo dello Czar. Vivamente deploro questo incidente che, probabilmente, sarebbe passato inosservato, senza inopportuna pubblicità datagli dai nostri giornali più diffusi, e ciò, tanto più lo deploro in questi giorni, ove pendono colla Russia importanti trattative commerciali. Ormai è inutile illudersi; incidente sarà qui conosciuto e produrrà indubbiamente una impressione non buona.

Una qualche manifestazione del R. Governo che verrebbe a riafTermare i nostri sentimenti di amicizia verso la Russia e di deferenza verso il suo sovrano parrebbemi molto opportuna.

855

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI

T. 129. Roma, 31 gennaio 1905, ore 9,45.

Credo opportuno comunicarle che ieri sottosegretario di Stato per l'interno rispondendo interrogazione dieci deputati socialisti sul divieto opposto dimostrazione di domenica contro fatti Pietroburgo, disse divieto giustificato da ragioni di alta convenienza internazionale verso Governo amico. Interroganti risposero senza intemperanze.

856

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 132/66. Roma, 31 gennaio 1905, ore 19,05 1.

Seguendo consiglio lord Cromer domani parte per Cairo delegato Banca d'Italia per abboccarsi reggenti Banca nazionale egiziana relativamente Banca Etiopia. Voglia avvertire Harrington confermando nostra intenzione partecipare in massima istituzione Banca.

857

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CIFRATO PARTICOLARE S.N. Costantinopoli, ... gennaio 1905 1.

Faccio seguito alla mia lettera particolare del 15 corrente2 . In seguito ad iniziativa da lui presa, ebbi sabato col barone Calice un colloquio durato non meno di due ore e mezza.

Mi studierò di riferire a V.E. la parte sostanziale del medesimo, cercando di riassumere, con la massima possibile chiarezza, le dichiarazioni specialmente essenziali fattemi. Impresa questa non troppo agevole in vista di eccessiva circospezione delle molte reticenze delle infinite ed alla lunga veramente stancanti riserve con cui

S.E. suole circondare il suo linguaggio, ciò che rende più che difficile di comprendere ed apprezzarne la portata e la tendenza.

Ambasciatore premise che I' Impero non aspira in modo alcuno ad occupazioni in Macedonia. Tali aspirazioni sono contrarie alle vedute del Governo ungherese e non trovano nemmeno grande favore in Austria, dove si ritiene sufficiente attuale non indifferente numero di slavi sudditi dell'imperatore.

Per tali motivi le voci messe ripetutamente in giro circa la famosa marcia in avanti in direzione di Salonicco debbono essere qualificate di assurde e tendenziose invenzioni. Obbiettivo principale della politica austro-ungarica fu e resta il mantenimento ad ogni costo della pace europea e l'eliminazione di tutte le cause di conflitti e frizioni, sia con la Russia sia con l'Italia. Da tale concetto è partito il Governo imperiale e reale nello addivenire agli accordi con la Russia per la questione macedone. Da tali concetti è mosso egli n eli 'intrattenermi ora della possibilità di eventuale

accordo con noi relativo ali' Albania, questione, osservò con accentuata insistenza, concernente due Potenze soltanto, Italia e Austria-Ungheria.

Tale accordo, in contemplazione di futuri eventi, allorquando, cioè, la conservazione dello statn auo diveni~sté' impossibile, dovrebbe essere hasato sul principio dell'autonomia, escludendosi qualsiasi piano di acquisto territoriale od anche di delimitazione di sfera d'influenza.

Feci, a questo punto, osservare a S.E. che prima di procedere più oltre sarebbe consigliabile il definire che cosa si intende per Albania, visto che un territorio assai esteso, compreso nelle circoscrizioni dei vilayet di Kossovo [ ...p e Monastir, è attualmente abitato da popolazione incontestabilmente albanese.

Replicò il barone la questione, ardua ed intricata, esser certo degna di un accurato esame, il qual potrà aver luogo più tardi.

Soggiunse non ravvisa in tutti i casi e in linea generale troppa difficoltà alla stipulazione di cosifatto accordo tra Italia e Austria-Ungheria sulle basi indicate dianzi, importargli però conoscere previamente: «Se l'Italia, a causa dei legami di parentela tra la famiglia regnante e quella principesca, ha intenzione di appoggiare e favorire le aspirazioni future del Montenegro verso quella parte della regione albanese adiacente da un lato al sangiaccato di Novi Bazar, di cui non è il caso discorrere dati i diritti acquisiti all'Austria-Ungheria in forza del Trattato di Berlino e limitrofa dall'altro alla frontiera meridionale del Principato. Cotale aspirazione di un popolo slavo di religione ortodossa su di una regione esclusivamente albanese, dove predomina l'elemento cattolico, l'Austria-Ungheria non potrebbe certo vedere di buon occhio. I desideri del Montenegro sono del resto ben noti al Gabinetto di Vienna, cui ancora ultimamente prima di recarsi a Roma Sua Altezza Reale il principe Nicola fece fare pratiche.

Quali fossero, in che consistessero tali pratiche il barone Calice non disse, né io credetti conveniente di chiedergli al riguardo spiegazioni. S.E. menzionò poi senza però entrare in troppi particolari le aspirazioni elleniche verso la parte meridionale dell'Albania. Al riguardo mi parve di intravvedere attraverso il linguaggio sibillino [...p del collega che in quella direzione non incontreremmo eventualmente ostacoli ad esercitare una azione preponderante segnatamente nel campo economico. Tale l'essenza che sono riuscito a distillare dalle parole stentatamente uscite dalle labbra del prudentissimo interlocutore. Queste dichiarazioni io mi sono limitato semplicemente ad ascoltare, astenendomi scrupolosamente dall'esprimere alcuna opinione.

Spetta ora all'E.V. di giudicare nell'alta sua saggezza se ed in quali termini conviene che io risponda all'apertura fattami dal barone Calice, col quale non mi parrebbe possibile il riprendere ora la conversazione prima di essere messo in grado di fargli una dichiarazione qualsiasi su quanto egli evidentemente considera base e punto di partenza di ogni ulteriore scambio d'idee. Circa questione per motivi di varia indole particolarmente delicata e che si connette alle linee direttive della politica generale del Governo di Sua Maestà sarebbe temerario dal canto mio esprimere alcun avviso.

Quando pertanto l'E.V. persuasa della lealtà e sincerità del proposito dell' Austria di regolare sul serio d'accordo con noi la questione albanese con criteri di vera

equità, giudicherà opportuno il proseguimento di questo personale e contìdenziale scambio d'idee abbozzato fra il barone Calice e me le sarò particolarmente grato di volermi impartire provvide istruzioni circa il tenore del mio linguaggio.

Quali che possano essere le decisioni del Governo del re a me parrebbe indicato e mi pennetto di attirare su ciò l'attenzione benevola deli'E.V. di fare bene rilevare, n eli' occasione, che l'Italia, pur essendo disposta e pronta a stringere con l'AustriaUngheria accordo circa l'Albania, non intende, col consentire a tale accordo, rinunziare interamente al partecipare al regolamento ulteriore degli affari di Macedonia.

Nella questione medesima difatti essa, benché non altrettanto direttamente interessata quanto l'Austria, ha pur nondimeno piena facoltà d'interloquire, sia a causa dei diritti incontestabili acquisiti quale Potenza firmataria del Trattato di Berlino sia in conformità dello spirito e della lettera del Trattato di alleanza. Sono indotto a sottoporre tale remissivo suggerimento non riuscendo ancora a vincere l'apprensione, forse affatto ingiustiticata, che, cioè, l'Austria-Ungheria miri ad assicurarsi un nostro maggiore disinteressamento negli affari di Macedonia, trastullandoci intanto col miraggio di accordo per l'Albania, destinato, probabilmente, nel suo fine recondito, a non esser mai tradotto veramente in atto.

856 1 Trasmesso tramite Asmara. 857 1 Manca nel testo il giorno, ma il rapporto arrivò a Roma il 31 gennaio (T. 133 del 31, non pubblicato) data sotto la quale si colloca. 2 Cfr. n. 822.

857 3 Gruppo indecifrato.

858

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 194. Pietroburgo, 4 febbraio 1905, ore 6.

Duoimi dover informare che i tentativi ripetutamente fatti presso vari giornali da persona di fiducia avente stretta attinenza mondo giornalista per ottenere inserzione sotto forma articolo e corrispondenza di una notificazione nel senso telegramma di

V. E. I, rimasero senza effetto di fronte vivissima irritazione destata nella stampa russa dal linguaggio ostile nostro riguardo ultimi avvenimenti; alcuni giornali si rifiutarono recisamente pubblicarla, altri si offrirono farlo ma in forma così ostile Italia ed alla sua stampa che non conveniva accettare; tenterò altre vie, ma dubito molto che, a meno intervenzione r. ambasciata a parer mio assolutamente sconsigliabile, si possa riuscire.

858 1 Cfr. n. 833.

859

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI

T. CONFIDENZIALE 149. Roma, 4 febbraio 1905, ore 9,45.

Non sarà sfuggita alla E.V., dopo la risposta del sottosegretario di Stato per l'intemo, la recisa risposta mia alla interrogazione Bissolati ed il divieto posto alla pubblica colletta a Roma per vittime insurrezione. Io confido che in queste manifestazioni codesto Governo riconoscerà nostra ferma intenzione rispettare ogni convenienza internazionale e mantenere ed aumentare nostri amichevoli rapporti.

860

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

D. S.N. Roma, 4 febbraio 1905.

Come ebbi già a comunicarle per telegrafo\ mi sono regolarmente pervenute le due sue lettere particolari2 , che riferiscono i due lunghi e assai importanti colloqui da lei avuti col barone Calice.

Qualunque possa essere il vero intento che egli si propone con tali sue aperture, e qualunque di esse possa essere il pratico risultato, certo è ad ogni modo che esse sono un sicuro indizio di una maggiore confidenza e di una intimità maggiore nei rapporti politici e personali fra lei e il suo collega d'Austria-Ungheria. Questa maggiore cordialità risponde in tutto all'indirizzo generale della mia politica; ond'è ch'io me ne compiaccio grandemente, lieto di aver trovato in lei un cooperatore così intelligente, così abile e così fortunato.

Venendo alla sostanza delle comunicazioni e delle dichiarazioni fattele dal barone Calice, io sono propenso a credere che lo scopo essenziale e principale delle sue conversazioni sia quello di venire a conoscere i veri intendimenti dell'Italia in relazione alle presunte aspirazioni politiche del Montenegro.

Ma quand'anche ciò fosse, noi ad ogni modo dobbiamo, in quanto può giovarci, prendere le sue parole per quello che effettivamente sono, e cercare di trame la maggiore utilità che per noi si può.

Ciò premesso, i due colloqui, per quanto, probabilmente, nella intenzione del barone Calice il primo non sia che una preparazione al secondo, rimangono ben distinti l'uno dall'altro; e così è utile a noi di considerarli, anche perché, come ella

2 Cfr. nn. 822 e 857.

ottimamente osserva, quand'anche si potesse addivenire ad un accordo più preciso circa l'Albania, l'Italia non potrebbe e non vorrebbe per questo in nessun modo rinunziare o diminuire la sua partecipazione al regolamento ulteriore degli affari di Macedonia.

Or dunque, le dichiarazioni fatte dal barone Calice nel suo primo colloquio si riassumono sostanzialmente nella intenzione da lui manifestata di volere, d'ora innanzi, stabilire e mantenere coll'E.V. un continuato scambio di idee, sia in vista di più radicali riforme da introdurre nella Macedonia, qualora si mostrassero inadeguate quelle che sono attualmente in corso di esecuzione, sia in vista di altre più gravi eventualità che potessero verificarsi nella penisola balcanica.

Se questa dichiarazione risponda ad un sincero proponimento, è difficile giudicare. La circostanza che proprio in quei giorni l'ambasciatore d'Austria-Ungheria e quello di Russia concertavano il noto regolamento finanziario, dandone notizia a lei e agli altri colleghi solo a cose compiute e dopo la partecipazione alla Sublime Porta, non è adatta a !asciarci molto confidare in proposito.

Ella ad ogni modo dovrà continuare, come già ha fatto, ad accogliere col maggiore compiacimento quella dichiarazione, mostrando ogni fiducia nella sincera intenzione di effettuarla. Ella non mancherà di rilevare che tale dichiarazione risponde in tutto alla lettera e allo spirito del nostro patto d'alleanza, che all'uopo contiene una clausola speciale che mai potrebbe essere trascurata o posta in oblio, e a quella intimità che fortunatamente presiede oggi alla politica generale dei due Paesi nei loro rapporti reciproci.

Del resto ella perfettamente conosce quali siano le direttive della nostra azione politica nella penisola dei Balcani; e in esse potrà trovare tutti i sufficienti elementi per una utile e soddisfacente risposta alle comunicazioni del barone Calice.

In verità l'Italia non può considerare senza preoccupazioni la sostituzione dell'azione austro-russa a quella del concerto europeo negli affari di Macedonia; tanto più che se a noi giova il dichiarare che quella sostituzione fu l'effetto di una delegazione delle Potenze, in realtà è ben noto che essa fu la conseguenza di un accordo diretto fra i due interessati. Lo sforzo della mia politica fu quindi diretto finora a ricondurre, per quanto fosse possibile, la questione macedone nel terreno del diritto pubblico europeo quale risulta principalmente dal Trattato di Berlino. E non esito a dire che io ritengo preferibile questa soluzione anche a quella di una eventuale nostra associazione alla azione isolata d eli'Austria e della Russia. Questa seconda soluzione potrebbe forse soddisfare maggiormente il nostro amor proprio e prestarsi ali 'apparenza di un successo più appariscente. Ma anche a prescindere dalla posizione subordinata che inevitabilmente noi avremmo di fronte ali'Austria e alla Russia in una simile associazione, io ritengo che il titolo che deriva a noi dalla tutela dei nostri interessi congiunto con quello del mantenimento del diritto pubblico europeo è assai più solido e più facilmente tenibile che non il titolo dedotto esclusivamente dai nostri interessi speciali in confronto con quelli dell'Austria e della Russia.

Né d'altronde l'Austria avrebbe alcuna ragione di dolersi di questo indirizzo della nostra politica balcanica, imperocché nel concerto europeo noi non intendiamo di opporci alla politica austriaca, ma anzi di cooperare con essa a quegli scopi di pace e di mantenimento dello status quo, ai quali anche il barone Calice si riferiva nel suo primo colloquio.

Ad ogni modo, l'idea di un'associazione dell'Italia all'azione dell'Austria e della Russia dovrebbe venire dal barone Calice, il quale dovrebbe specificarne i termini. In tal caso ella potrebbe limitarsi ad ascoltarlo senza esprimere in proposito un'opinione decisa.

Più concreto e più conclusivo fu il barone Calice nel suo secondo colloquio; il quale si può sostanzialmente riassumere nelle disposizioni di addivenire ad un più preciso accordo con l'Italia per l'Albania, e nella domanda delle intenzioni nostre riguardo alle aspirazioni del Montenegro su quella regione.

Quanto al primo punto è necessario di ben ricordare lo stato attuale della nostra intesa coli' Austria.

Ella ben sa che lo scambio di note tra il marchese Visconti Venosta e il conte Goluchowski, del 20 dicembre 1900 e 9 febbraio 190 I\ ha potuto constatare lo accordo dei due Stati sui punti seguenti:

l) mantenimento dello status quo tìnché le circostanze lo consentano;

2) qualora lo status quo non potesse essere conservato, e dei cambiamenti si imponessero, un'azione concorde allo scopo che tali cambiamenti si realizzino nel senso della autonomia;

3) la disposizione reciproca di ricercare in comune, e ogni qualvolta ne sia il caso. le vie e i mezzi più adatti a conciliare e a salvaguardare gli interessi reciproci.

Ciò ricordato e premesso. il nuovo accordo a cui allude il barone Calice non sarebbe in sostanza che la conferma più precisa dell'accordo già esistente, e il quale del resto e il solo che. nella sua linea generale. oggi ancora possa essere utilmente convenuto fra l'Italia e l'Austria.

Bene ella ha osservato. nel suo colloquio, che converrebbe determinare i limiti geografici dell'Albania; tema questo assai diftìcile in se stesso, e per varii riguardi nssai ddicato. così per l'Italia come per l'Austria. Il barone Calice, pur riconoscendo l'importanza della quc:-;tionc da Ici suscitata, ha risposto che ciò avrebbe potuto essere argomento più tardi di esame.

Secondo il nostro punto di vi:-.ta l'Albania dovrebbe comprendere anche i distretti albanesi che ora hm parte dci vilayets di Monastir cd Uskub.

Ma quand'anche il nuo\o accordo per l'Albania non dovesse essere che la rinnov~uione c la con ferma dell'accordo attuale. sarebbe per noi egualmente assai utile di concluderlo; sia perché gli accordi di questo genere ingialliscono col tempo, c assai giova confermarli c rinfrescarli. ~ia perché al nuovo accordo si potrebbe dare una fòrma più concreta che quella di una semplice comunicazione di lettere dci due ministri. E ciò anche a prescindere dalla possibilitù che il nuovo accordo potesse condurre a intese ancora più precise. sia per la esplicazione del terzo punto dell'accordo attuak. sia per l'cvcntualitù che la ~olu;ione dell'autonomia si incunlra~se a diftìcollÙ non superabili.

L a proru~ito di questo ulteriore \Cambio di id~:c sulla base dell'accordo iwloau-;triaco per l'Albania. scambio di idee del quale, insomma, L~ l'Austria che prende ogl:!-i l'initiati\éL è nccc-.~ario che io ricordo il precedente di due anni fa.

~hO Cfr. -,cric: Ili. vol. IV. nn. 5')-1 c;-;:-;_

Ella avrà già rilevato, dalla lettura dei documenti diplomatici, che nel! 'aprile 1903, quando si annunziavano pericolosi moti albanesi, il conte Nigra, per incarico avutone dall'ammiraglio Morin, si rivolse al conte Goluchowski per chiedergli se in vista di possibili eventualità alle quali il crescere di quei moti avrebbe potuto dare occasione, non ritenesse conveniente di procedere appunto a quello scambio di idee, che i due Governi avevano preveduto4 . Il conte Goluchowski rispondeva negativamente a quella richiesta5 , ritenendo che la situazione politica non giustificasse così gravi preoccupazioni, e considerando come inopportuno e pericoloso di contemplare anzi tempo gravi ipotesi improbabili o lontane. Ella può ben dire al barone Calice la nostra preoccupazione che questo mutato punto di vista del Governo austriaco possa essere il sintomo di un apprezzamento più grave dell'attuale situazione balcanica di quello che nel 1903 non fosse; tanto più che della grave eventualità di una guerra nei Balcani, il barone Calice ebbe a tar cenno anche nel suo primo colloquio.

Più che questa ipotesi, del resto, è probabile l'altra, che cioè l'iniziativa di un ulteriore accordo per l'Albania non sia stata considerata dal barone Calice che come il mezzo oppmiuno per accertare le nostre disposizioni in ordine al Montenegro. Ma se anche ciò fosse, ripeto, sarà utile che noi diamo seguito alla proposta del barone Calice; impcrocché se essa potesse anche soltanto condurre a una nuova edizione migliorata dell'accordo di quattro anni tà, ciò costituirebbe già, dal nostro punto di vista, un apprezzabile risultato.

E quanto al Montenegro, giacché è certo che su ciò il suo collega. alla prima occasione prossima, le domanderà una risposta precisa, ella potrà dirgli che l'Italia intende di mantenere lealmente. nella lettera e nello spirito, i proprì impegni; e che quindi implicando l'accordo per l'Albania un'azione concorde dell'Italia c dell' Austria per il mantenimento dello status quo, e nel senso dell'autonomia qualora il mantenimento dello status quo non fosse possibile, ciò contiene già implicitamente l'obbligo da parte nostra di non t~worire né appoggiare aspirazioni territoriali sull' Albania, da qualunque parte esse provenissero. Del resto sembra che Jin ora da parte della Grecia e non del Montencgro siano state affacciate pretese inopportune.

lo debbo ancora risposta a due speciali domande che ella mi rivolge: se. cioè, le convenga attendere che il barone Calice riprenda per sua iniziativa la conversazione, senza mostrare impazienza dal canto suo; e. secondariamente. se le convenga o meno, data l'intimità dci suoi rapporti col barone Marschall. di portare a sua conoscenza conJidcnziale la sostanza dei colloqui coll'ambasciatore austriaco.

Quanto a questo secondo punto. io debbo lasciare a ki molta libertà di a..-:ione. trattandosi di una decisione sulla quale deve esercitare inilucn;:a la conoscenza delle persone c la fiducia che esse mcrit<mo. Non le nascondo peraltro la mia propensione a mantenere il segreto: anche per il timore che la notizia di tali confiden7c possa poi giungere al barone Calice per le\ IC di Berlino e di Vienna, e che egli pos~a poi dolersene. c trovare magari un prde~to a minori confidenze ncll'av\enirc, dati specialmente i rapporti di poca simpatia personale fra i due suoi colleghi. per quanto posso dedurre dalla sua lctkra.

X60 4 Cfr. serie III. voi. VII. 11 . .f2h. ' (ti·. serie Ili. vol. VIL 11.435.

Quanto all'opportunità di prendere ella stessa l'iniziativa per la continuazione dei colloqui, io sarei d'avviso che ella dovesse farlo; senza mostrare, ben inteso, impazienze o insistenze, ma anche senza assumere un 'attitudine negativa che potrebbe essere interpretata come indifferenza o come poco incoraggiamento a quelle disposizioni di espansiva confidenza del barone Calice, che, sincere o no, giova a noi di accogliere come vere, non dando pretesto alcuno per modificarle o interromperle.

860 1 Non rinvenuto nel registro dei telegrammi.

861

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 53/21. Pietroburgo, 4 febbraio 1905 (perv. il 16).

La caduta di Porto Arturo e le critiche condizioni interne della Russia non sembrano, apparentemente almeno, aver sensibilmente modificato le disposizioni dell'imperatore e del suo Governo riguardo alla continuazione della guerra, che ora come dianzi affettasi qui di ritenere indispensabile per il prestigio delle armi russe.

Ho constatato tuttavia tanto ne li'attitudine di questi circoli ufficiali e militari quanto nel linguaggio della stampa, che tratta della situazione con una franchezza ed indipendenza cui non si era prima abituati, un cambiamento notevole di apprezzamento sulla nazione avversaria che denota fino a qual punto un anno di guerra disastrosa abbia influito sul fiero animo russo. Ammettonsi qui apertamente e senza reticenze i continuati successi giapponesi tanto nelle operazioni di terra che di mare; riconosconsi le qualità militari dei sudditi del mikado, pur atlèttando (più che altro allo scopo di continuare nell'usata tattica di agitare dinanzi all'Europa lo spettro spaventoso di un pericolo giallo) di attribuire queste qualità più che a vero coraggio ad un fanatismo semi-barbaro e ad un inveterato odio di razza; ammettesi finalmente la difficoltà per le armi russe di uscire vittoriose dalla situazione attuale. Ciò è quanto apertamente vien detto e scritto: nell'intimo poi dell'animo russo, penetrato sempre da una buona dose di fàtalismo orientale, lo scetticismo e lo sconforto devono essere anche maggiori!

Di fronte a questa attitudine della Russia uf1ìciale sta tutta la grande maggioranza della popolazione dell'Impero che avversa apertamente la guerra, reclama altamente la sua cessazione e prorompe, con una violenza veramente sorprendente per una Nazione abituata da secoli ad una passiva rassegnazione, contro l'attuale regime in manifestazioni ed atti ostili, di cui i recenti moti di Pietroburgo non saranno probabilmente fra gli ultimi né men gravi fenomeni.

Più ancora forse che dal bisogno di proteggere dinnanzi al mondo il prestigio delle armi russe e del nome russo parmi che la necessità di continuare la guerra venga imposta dalle condizioni dello spirito pubblico. Una pace obbrobriosa o tutto almeno una ritirata definitiva delle armi russe dalla Manciuria dopo una serie non ininterrotta [sic] di sconfitte significherebbe, con tutte le sue paurose conseguenze, la condanna definitiva ed inappellabile davanti al tribunale della pubblica opinione del regime attuale, ritenuto solo responsabile degli immani disastri. La salvezza della presente oligarchia burocratica vuole che non si parli di pace prima che si sia in qualche modo debellato il nemico, che siasi ottenuto un risultato qualsiasi, magari anche solo parziale, ma un vero e reale successo sulle armi del Giappone. Ciò basterebbe forse a tranquillizzare lo spirito pubblico, a salvare almeno in apparenza il prestigio delle armi russe ed offrirebbe il destro al Governo di venire a patti a condizioni decorose. Ma se non interviene questa vittoria (e nelle presenti condizioni di difensiva in cui pare voglia mantenersi l'esercito giapponese la cosa pare tutt'altro che facile) non credo probabile, malgrado tutta l'immensa impopolarità della guerra, che il Governo russo possa rassegnarsi a sottoscrivere una pace obbrobriosa che comprometterebbe forse irremissibilmente le sorti del presente regime. Il maggior pericolo della situazione parmi consistere appunto nel fatto che le condizioni politiche interne vanno sempre esercitando sull'azione militare russa [sic]. Sotto l'impressione causata in lui dall'effervescenza e dall'irritazione popolare, l'imperatore appare sempre disposto a subordinare le operazioni delle sue truppe in Manciuria alle fluttuazioni dello spirito pubblico in Paese. Vedemmo già nel corso della guerra attuale lo tsar a due riprese, allo scopo di dar soddisfazione all'opinione pubblica che reclamava la liberazione di Porto Arturo, ordinare al generale Kuropatkine inopportuni movimenti di offensiva che ogni volta finirono con una sconfitta. Ed oggi ancora, a quanto mi fu assicurato da questo ambasciatore d'Inghilterra, sarebbe stato anzitutto allo scopo di produrre un qualche diversivo inteso a calmare l'effervescenza e l'indignazione causate dagli ultimi eccidii di Pietroburgo, che l'imperatore sarebbe stato spinto a reclamare al suo generalissimo in Manciuria un movimento in avanti che condusse al recente insuccesso sul Hunho. È ormai da supporsi che dopo tante e si dure lezioni gli errori commessi non si ripetano in avvenire, tanto più se è vero quanto sentii qui dire che il generale Kuropatkine si sarebbe ora categoricamente pronunciato sull'inopportunità di procedere, nelle presenti condizioni climateriche, a nuove operazioni offensive, ma è d'uopo pur sempre dover contare su nuove e più gravi complicazioni interne e sulla ripercussione che esse potranno avere sull'animo impressionabile dell'imperatore.

862

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO S.N. Berlino, 5 febbraio 1905, ore 17,30 (perv. ore 20).

Soltanto iersera, ed ho motivo di credere dopo qualche esitazione, il cancelliere dell'Impero mi [ha parlato] dei nostri rapporti con la Francia. Blilow mi ha detto che dopo le dichiarazioni che io ebbi a fargli già in seguito all'ordine da lei datomi con il telegramma del l O maggio1 dello scorso anno egli erasi tranquillizzato riguardo alle

relazioni tra noi e la Francia; tranquillità che erasi accresciuta dopo l'incontro con il presidente del Consiglio a Homburg. Informazioni di recente ricevute da Parigi da fonte seria provata lo aveva [sic] però impressionato, ed egli credeva, con quella franchezza che tra alleati è indispensabile, di rendercene edotti. Da Parigi, cioè, è stato ritèrito qui che noi avremmo contratto con la Francia un accordo inteso a regolare reciproca attitudine delle due Potenze nel caso in cui runa di esse sì trovasse in cont1itto con una terza. l particolari concreti di quest'accordo non gli erano noti. Sulle basi delle istruzioni da V.E. impartitemi ho cercato innanzi tutto di mostrare a Blilow come, per quanta fiducia fosse da accordarsi ali 'informatore sul quale egli non volle darmi indicazioni ma che io ritengo debbasi ricercare nell'alta finanza, la informazione mancasse di fondamento; aggiunsi al cancelliere dell'Impero che io delle cose da lui dettemi, avrei reso conto a V.E. soltanto al titolo al quale io le aveva intese da lui, a titolo cioè di comunicazione fatta con fraterna cordialità di alleati perché, gli dissi infine. se le sue locuzioni avevano scopo di esprimere un dubbio sulla nostra fede, io avrei declinato naturalmente incarico dell'ingiusto messaggio. Su questa base rimasi inteso con Blilow, il quale, nel resto della conversazione non si trattenne dal mettere in evidenza gli sforzi che la Francia fa per staccarci dalla Triplice Alleanza e che specialmente consistono in una azione arditamente condotta dagli ambasciatori in Roma e Vienna per metterei in termini sempre meno cordiali coll'Austria. L'accrescere le diffidenze provoca il malanimo tra noi c l'Austria, non possono [sic] che diminuire la solidità della Triplice Alleanza. Questo è lo scopo che la Francia si propone dopo non essere riuscita ad impedirne il rinnovamento. Spero avere interpretato qui lèdelmente scopo della comunicazione del cancelliere dell'Impero diretta cioè non a manifestare un dubbio sulla nostra attitudine alleati, bensì a fornirci occasione di dissipare con pari tì·anchc:na la impres~ione prodotta da ciò che fu qui riferito. Bi.ilmv. per quanto personalmente lo concerne. a mio avviso, non sospetta la nostra sincerità lealtà, ma il) non posso tacere la mia persuasione che, se non il sospetto. l'ombra di esso si agiti nell'~mlbientc che circonda il cancelliere dell'Impero in basso «in alto» [sic]; io quindi nell'opportunità di snwntìre le informazioni venute qui da Parigi. ·:'ho aggiunto*'. in tèrmi11i altr,·tt:tnto ìWltÌ c prc?ci-;i, tali cioè da mettere in cvidcn/a una volta p.:r luttl· che. ;mciJL' la :ii:ri:.:tCl c autoritù di in~'nnrutore non possono conferire il minimo r:rcd:to :_;noli/i,: cui manca base di i;nto'.

X(;..': : L(· due parok 1rd :bkri~c!Ji Si.'llh.'~ -.;L:k J j)C!llìa. ; Oltre a Ljliesto. L:liJ/a im iò an, hl' a ( :t...ÌCf.!ramm~l ~..:he noi' l·, ~tato rinvenuto. 750

862 1 Cfr. n. 398.

863

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 208/12. Londra, 6 febbraio 1905. ore 8,51.

A causa della prolungatasi sua indisposizione, il marchese Lansdowne ora soltanto ha potuto rispondere circa progetto finanziario presentato alla Sublime Porta dagli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia. Governo britannico con piacere rileva che le due Potenze sono dello stesso parere per quanto riguarda la assoluta necessità di introdurre riforme finanziarie in Macedonia. Siccome il progetto è molto intricato e richiede maggiori schiarimenti su vari punti, così il Governo britannico riserva sopra di esso un giudizio definitivo. Tuttavia Lansdowne osserva, sin d'ora, essere dubbio se progetto non oltrepassi in qualche parte alcuna delle proposte fin qui approvate dalle Potenze, come pure egli dubita se i provvedimenti escogitati, i quali sembrano distruggere del tutto autorità finanziaria del sultano, siano adeguati per rimediare alle radicali difficoltà che imbarazzano la situazione finanziaria nel Paese. Queste diftìcoltà sono anzitutto prodotte dal tàtto che le somme, le quali rimangono disponibili dopo pagate le spese dell'amministrazione civile, sono assolutamente insufficienti per la contribuzione, sia al Governo centrale, che al mantenimento del numeroso esercito che ora trovasi in Macedonia. Nessuna proposta è poi fàtta nel progetto stesso circa i mezzi per ridurre quell'esercito.

864

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELLIZZAN01

T. 158. Roma, 7 febbraio l905, ore 18.

Delegato Banca d'Italia giunto Cairo ebbe già primo abboccamento direttore Banca nazionale egiLiana. Questi comunicò suo delegato Addis Abeba avere istruzioni trattare con rappresentanti gruppo italiano e tì·ancese. Voglia comunicare essere dia autorizzata ricevere ogni eventuale comunicazione a nome gruppo italiano. Tali comunicazioni insieme con qualunque altra noti;ia ella potesse apprendere, vorrà tosto comunicare Ministero c Agenzia Cairo dove: rappresentante diretto gruppo italiano tratterà con Banca na1:ionalc egiziana.

S64 1 Tra!'.mcsso tramite Asmara.

865

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 72/30. Belgrado, 7 febbraio 1905 (perv. il 16).

Faccio seguito al mio rapporto di ieri n. 70/291•

Come la E .V. ben sa, quando il re Pietro ascese al trono, manifestò l 'intendimento di seguire una politica indipendente, essenzialmente nazionale e costituire cogli Stati balcanici una specie di lega che impedisca gli interventi stranieri nella Penisola. Base di questa lega doveva essere l'alleanza colla Bulgaria che il Pachitch sostenne strenuamente, combattendo gli intrighi stranieri ed indigeni e soprattutto le antipatie nazionali che dividevano i due popoli. L'accordo fu conchiuso e questo accordo non si limita ad un semplice scambio di assicurazioni platoniche, ma prevede anche il caso di una comune azione militare.

Il mutamento che si minaccia compromette gravemente l'alleanza serbo-bulgara in teoria e in pratica. Se la Serbia ad assicurare il suo avvenire di Stato libero e indipendente crede miglior partito la protezione austriaca che la lega balcanica, l'accordo colla Bulgaria non ha più ragione di essere, costituisce anzi un imbarazzo ed un pericolo. Se la Serbia rimanda ad altri tempi i provvedimenti che possono rendere il suo esercito forte e ben armato e si rassegna a !asciarlo nello stato attuale, anche con la migliore buona volontà non può adempiere materialmente agli impegni assunti.

D'altronde riesce poi anche molto difficile e pericoloso per essa sciogliersi completamente dai legami contratti. Vi è un patto scritto, firmato dai capi dei due Stati, che costituisce un solenne impegno reciproco. La Bulgaria è audace, potente d'armi, la Germania la sostiene, gode la fiducia dell'Inghilterra, signoreggia in Macedonia, appare ai partigiani della indipendenza balcanica come il solo Paese che abbia le doti necessarie per stabilire la sua egemonia sulla Penisola. Una politica apertamente austriaca poi ripugna troppo al sentimento generale per poter trovare in Paese una solida base. Essa tù fatale a re Milan, a re Alessandro e al padre del re attuale. In ogni caso poi non si potrebbe tentarla che con mezzi violenti e illegali come per lo passato, ma da ciò ritùgge il carattere mite e temperato del re Pietro.

Non rimane dunque a questo Paese che una politica inerte e pallida, di transazioni, priva di qualsiasi efficacia, che lo condurrà tàtalmente ali 'isolamento e in

caso di sconfitta lo esporrà al pericolo di servir di compenso al più forte. Sorte riserbata sempre ai deboli e agli incerti.

Se almeno qui vi fosse amore al lavoro, spirito di iniziativa, la Serbia potrebbe rassegnarsi ad una vita oscura, cercando un compenso nello sviluppo delle sue ricchezze naturali, nelle industrie, nei traffici. Ma anche questo è vano sperare.

Tornando quindi al punto donde avevo prese le mosse, se la unione fra gli Stati balcanici è resa impossibile e se la Serbia, invece che una barriera per difendere lo status quo nella Penisola, diventa un posto avanzato del!' Austria, bisognerà che ciascuno pensi ai casi propri e volga la prora verso nuovi lidi.

865 1 Con questo rapporto Guiccioli riferiva un colloquio avuto con «llll uomo politico serbo che va per la maggiore». Si pubblica del colloquio il passo seguente: «Egli asseriva che i cospiratori del!' Il giugno, quelli specialmente che stanno vicino al re e che della congiura furono i veri organizzatori, sono riusciti man mano ad isolarlo dagli amici suoi più tidi. da chiunque potesse dire la verità o dare un consiglio non partigiano. Essi lo hanno persuaso che il Paese gli è avverso, che deve contare soltanto sul loro appoggio, che se lo abbandonano la sua rovina è certa. Ogni mezzo si è adoperato a tal fine, persino lettere anonime di denunzia e di minaccia, insinuaLioni. calunnie, ricatti. Dopo essersi fatti credere sostegno indispensabile al trono altro in animo non ebbero costoro che di struttarlo a beneficio proprio e degli amici. Valendosi poi degli antichi legami che li univano a Vienna si misero a disposizione di quel Governo che diftìdava del re e del Pachitch, guardava con occhio di sospettosa minaccia l'attuale indirizm politico della Serhia c voleva ad ogni costo rompere o almeno rendere ineftìcace l'accordo serbo-bulgaro».

866

IL SEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL PREFETTO DI MILANO, ALFAZIO

T. PERSONALE 161. Roma, 8 febbraio 1905, ore 12.

Prego V.E. di comunicare commendatore Joel, direttore Banca Commerciale, seguente telegramma pervenuto ieri dal Cairo, rilasciandone anche copia se desiderata. «Il negoziato inglese con l'Etiopia è di già avviato sulla base di un monopolio bancario con molti privilegi e preferenze per la durata di 50 anni. Il capitale da sottoscrivere sarebbe di sterline 500.000, da versarsi intanto il 20 p.%. La metà del capitale sarebbe riservata agli inglesi, l'altra metà da ripartirsi tra Francia e Italia in parti uguali. Si creerebbero partecipazioni di favore pei fondatori, da distribuirsi in ragione della partecipazione presa dai vari partecipanti nella formazione del capitale della Banca istituenda. Secondo i delegati italiani la combinazione sarà forse vantaggiosa per l'avvenire: oggi è essenzialmente d'interesse politico. Il noto finanziere inglese Casse! è di questo avviso; invece il direttore della Banca nazionale egiziana mostrasi piuttosto persuaso anche di vantaggi economici immediati.

Se la convenzione proposta dagli inglesi fosse accettata da Menelik, essa diverrebbe definitiva anche senza partecipazione Italia».

867

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 152/36. Sofìa, 8 febbraio 1905 (perv. il 5 marzo).

Questo agente diplomatico di Serbia mi ha riferito confidenzialmente le testuali parole dettegli dal generale Petroff nell'ultimo colloquio avuto con lui. Dopo di aver accennato a preparativi militari che la Turchia farebbe in Macedonia (circa i quali non si hanno notizie sicure, sapendosi soltanto che furono inviati

quattro vagoni di fucili a ripetizione a Uskub ), questo ministro degli atlari esteri, parlando delle voci sparse dagli agenti austro-ungarici circa una guerra eventuale fra la Turchia e la Bulgaria, ha dichiarato che l'Austria-Ungheria si prepara ad una azione, onde approfittare delle circostanze in cui si trova la Russia impegnata nell'Estremo Oriente e perplessa in seguito ai disordini intemi.

Il generale Petroff aggiunse risultargli da notizie avute che l'Austria-Ungheria, in vista di ciò, abbia fatto dei passi a Roma per intendersi colla Italia sulla delimitazione delle sfere d'influenza nella penisola balcanica.

Mi affretto a riferire, ad ogni buon fine, quanto precede alla E.V., aggiungendo che il signor Simié mi ha detto ciò, traducendomi parola per parola gli appunti da lui consegnatimi dopo il colloquio avuto.

868

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI

T. PERSONALE 294 1 . Roma, 9 febbraio 1905, ore 13,30.

Principe Ouroussoff dovrebbe arrivare costì oggi o domani. Pregola fare il possibile per parlargli subito, prima che veda czar ministro affari esteri e ripetergli in nome personale del presidente del Consiglio e mio che Govemo italiano è risoluto fare quanto sta in lui per coltivare intimi rapporti con codesto Govemo. Noi calcoliamo in modo speciale sulla amicizia che principe Ouroussoff ci ha sempre dimostrato perché voglia convincere di ciò suo sovrano e suo Governo riducendo loro giusto valore manifestazioni deplorevoli di una opinione pubblica troppo facilmente eccitabile e d'una stampa irresponsabile che il Governo non ha i mezzi per contenere ma che disapprova vivamente e che non può esercitare la più lieve influenza sul suo indirizzo politico.

A questo proposito richiamo sua attenzione sulle dichiarazioni che faccio oggi al Senato2 .

869

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE

T. I69. Roma, 9febbraio 1905, ore 19,30.

S.M. il re ha preso esso stesso l'iniziativa per la creazione d'un Istituto internazionale d 'agricoltura con l 'intento e nei modi che risultano dalle istruzioni che oggi stesso invio a Y.E. Nell'attesa di tali istruzioni la prego di volere sin d'ora opportuna

mente preparare codesto Governo allo scopo di ottener poi l'adesione all'iniziativa sovrana, al cui successo è superfluo che io le dica quanta importanza annetta il R. Governo.

868 1 Nel registro dei telegrammi in arrivo il n. 294 corrisponde ad un altro telegramma. 2 Cfr. Atti parlamentari. Discussioni del Senato, tornate del 9 febbraio 1905, pp. 256-258.

870

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. S.N. Pietroburgo, 10 febbraio 1905, ore 11,30 (perv. ore 18).

Principe Ouroussotl è arrivato già da due giorni, ma trattenuto a casa dall'influenza, non ha potuto vedere imperatore né ministro esteri. Gli ho comunicato contenuto telegramma di V.E. 1 , ed egli mi promise che avrebbe parlato al conte Lamsdorff, di cui aspettava domani la visita, e poscia all'imperatore nel senso da V.E. desiderato. Il principe Ouroussoff aveva già conoscenza testo discorso di V.E. al Senato del Regno che metterà pure sotto gli occhi del conte Lamsdorfl

871

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE 298. Roma, 10 febbraio 1905, ore 11,45.

Prego V.E. volersi recare subito Roma lasciando detto costì che parte per brevissima assenza per ragioni private.

872

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI

T. 177. Roma, 10 febbraio 1905, ore 19,30.

Di concerto coi colleghi competenti ho attentamente esaminato il telegramma1 nel quale V.E. ha riassunto lo stato presente del negoziato. La nostra conclusione è che l'E.V. ed i delegati tecnici spingano ancora innanzi le trattative nella misura del possibile e, beninteso, senza fare concessioni e lasciando ogni cosa intatta col duplice

872 1 Non rinvenuto.

scopo di ridurre al minimo le reciproche differenze e di esplorare a fondo le intenzioni di codesto Governo. Dopo di che, occorre che, accertate esattamente le rispettive proposizioni, e dichiarata la necessità di nuove precise istruzioni per la più agevole continuazione del negoziato, i delegati tecnici qui vengano a riferire, una esposizione verbale essendo indispensabile per ben valutare gli effetti delle mutue concessioni connettendosi queste con questioni di ordine generale e segnatamente di indole fiscale, le quali debbonsi dai ministri considerare per fissare le nostre risoluzioni per l'ulteriore svolgimento delle trattative. Nei termini esposti l 'Italia farebbe un cattivo affare economico ed uno più cattivo ancora finanziario.

870 1 Cfr. n. 868.

873

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T..../33. Berlino, 10 febbraio 1905.

Partirò domani sera, mi permetto però farle presente che mia repentina partenza dopo la comunicazione fattami dal cancelliere dell'Impero' e in presenza riunione e solennità ufficiale cui dovrei intervenire ed occorrere scusarmi, non potrà a meno produrre non poca impressione. Nelle presenti congiunture la mia insolita improvvisa partenza in quest'epoca dell'anno non potrà non essere messa da questo Governo in relazione con quella comunicazione.

Ella vorrà quindi vedere se non sia migliore consiglio di differire esponendo a Billow che ella, di ritorno da Napoli, mi chiama a Roma a cagione della sua comunicazione e di )asciarmi qualche giorno di tempo per preparare mia partenza agli occhi del pubblico. Ho creduto mio stretto dovere rappresentare questo a V.E. ed ora la prego di confermarmi, se ella creda, ordine partenza che al più presto eseguirei domani sera bene inteso dopo che ella mi abbia nuovamente telegrafato.

874

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 10 febbraio 1905, ore 20.

Confermandole mio desiderio conferire con lei, mi rimetto completamente V.E. quanto al giorno della sua partenza, purché prossima, e al modo più opportuno per annunciarla1•

874 1 Risponde al n. 873.

873 1 Cfr. n. 862.

875

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 7407/62. Roma, 10 febbraio 1905.

Mi pregio di trasmetterle, qui unito, un esemplare del resoconto sommario della seduta del Senato del Regno di ieri 1 , nel quale sono riprodotte testualmente le dichiarazioni che io ebbi a fare.

Io richiamo in modo particolare l'attenzione deii'E.V. su quella parte del mio discorso nella quale, accennando all'azione delle varie Potenze nella penisola balcanica, io ho parlato prima d'ogni altro dell'Inghilterra come di quella Nazione con la quale «noi procediamo in perfetto accordo e con perfetta identità di vedute».

Nessuno sa meglio di lei come queste parole rispondano effettivamente alla realtà delle cose. Mi è parso opportuno di dirlo espressamente, e di dare all'accenno dei nostri rapporti coli 'Inghilterra nella questione balcanica un risalto speciale, che non sarà riuscito sgradito, io credo, a codesto Governo, del quale la prego di richiamare su ciò l'attenzione in quell'occasione e in quella forma che le parranno più opportune.

876

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATOREA VIENNA,AVARNA

L. RISERVATA. Roma, 10 febbraio 1905.

Le mie dichiarazioni al Senato, gli articoli della stampa austriaca, le felicitazioni che il conte Goluchowski mi ha fatto presentare in suo nome dall'ambasciatore Ltitzowl, hanno rassicurato l 'opinione pubblica in Italia.

Però vi è un punto che lascia ancora titubanti molti, ed è quello degli straordinari armamenti austriaci dei quali non si comprende lo scopo e la necessità.

Le parole da me dette al riguardo sembrarono abili ma non del tutto convincenti. Io stesso, pur sapendo ridurre alla sua [sic] giusta misura le notizie esagerate che facilmente vengono diffuse, e conservando la maggiore serenità di giudizio, non mi sento al riguardo completamente e sicuramente tranquillo.

Cominciando dal recente aumento delle guarnigioni al nostro confine, per quanto tale provvedimento ci sia stato prima amichevolmente comunicato, e per quanto io abbia creduto di dovere ufficialmente dichiarare che esso, e per la entità sua, e per il modo come è avvenuto, non era tale da giustificare alcuna apprensione, certamente meglio avrebbe fatto il Governo austriaco ad evitarlo; tanto più che la sua importanza

è apparsa poi maggiore di quanto le comunicazioni confidenziali facessero credere. Fra le notizie che dal punto di vista militare hanno maggiore importanza e non sono di natura a giustificare le apprensioni, v'ha la chiamata di parte della riserva dell'artiglieria, e l'invio a Franzensfeste di una sezione di parco d'artiglieria d'assedio la quale, se non dovesse essere impiegata contro l'Italia, sarebbe colà affatto inutile.

Ma altre informazioni mi sono giunte in questi ultimi giorni, le quali non possono a meno di mantenere in me una certa preoccupazione. Tralascio di parlare delle informazioni indeterminate, e di origine incerta. Ma non possono essere trascurati i fatti dei quali son per darle notizia.

Fu da me pochi giorni fa una persona che occupa posizione molto autorevole in Vaticano, e mi confidò confidenzialmente che le informazioni giunte dal nunzio (il quale si trova in condizione d'avvicinare le più influenti sfere governative e di Corte) accennano alla probabilità di qualche grave fatto a danno del nostro Paese.

Analoghe informazioni sarebbero pervenute a quest'ambasciata di Francia dall'ambasciata francese in Vienna. Pur tenendo calcolo del carattere interessato che può avere questa fonte di informazioni, essa assume maggior carattere di veridicità dalla concordanza colle informazioni provenienti dall'altra origine, contro la quale non può essere sollevato eguale sospetto.

Altre notizie assai allarmanti furono portate qui a Roma da un personaggio russo, sul quale ho voluto assumere personalmente informazioni, che me lo hanno descritto come persona seria ed onesta. Egli, reduce da un viaggio a Budapest e a Vienna, dove avrebbe avuto colloqui prima con Tisza, poi con molti personaggi appartenenti ai circoli più autorevoli di Vienna, ha riferito di aver trovato in Ungheria disposizioni assai poco amichevoli verso il nostro Paese; ma sovratutto si mostrò impressionato delle notizie raccolte nella capitale austriaca. A quanto egli dice, si parlerebbe costì, in alcuni circoli, della guerra contro l'Italia come di cosa inevitabile, e a breve scadenza. Dichiarazioni in questo senso egli avrebbe udito anche dalla bocca di persone che vivono nella continua intimità del conte Goluchowski.

lo so, ripeto, tutte le considerazioni che si possono fare per diminuire l'impressione che queste informazioni possono produrre: ma da ogni sfavorevole impressione, io stesso, come le ho detto, non so completamente liberarmi. A noi conviene far mostra verso il Governo austriaco della maggior fiducia, ma nello stesso tempo dobbiamo tener ben aperti gli occhi per evitare in tempo qualsiasi sorpresa.

E ciò io le ricordo per quanto io sappia che la sua vigilanza sopra un argomento di così grave importanza non ha bisogno di essere in nessuna maniera sollecitata. Le sarò grato se ella vorrà manifestarmi il suo pensiero in proposito ...2.

875 1 Cfr. n. 868. nota 2.

876 1 Le felicitazioni di Goluchowski furono comunicate anche da Avarna con T. 244/16 dell'Il febbraio. ore 7,55. non pubblicato.

876 2 Per la risposta cfr. n. 946.

877

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE S.N. Berlino, 11 febbraio 1905, ore 10,46 (perv. ore 12.10).

Per conformarmi al desiderio di lei potrei partire di qui (tenuto conto delle riunioni ufficiali già indette, volendo evitare commenti sfavorevoli della stampa) lunedì prossimo 13, per ritrovarmi però, in ogni caso, a Berlino nella giornata di sabato 18. Così, senza parlare della rapidità del viaggio, che si presta certo a dicerie, avrei pochissimo tempo per tenermi a disposizione di V.E. costà. Mi permetto quindi di chiederle se ella non preferisca che io parta lunedì 20. Avrei assoluto bisogno di essere qui per la domenica 19 perché per quel giorno ho un pranzo ufficiale in casa mia in onore del fratello del! 'imperatrice di Germania, duca di Schleswig Holstein, sua consorte; pranzo che, data posizione dell'ospite, sarebbe difficile, per non dire impossibile, rimandare 1•

878

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 240/6. Belgrado, 11 febbraio 1905, ore 12,05.

Essendomi procurato occasione per avvicinare il re, ebbi da lui assicurazione essere suo fermo intendimento di attenersi rigorosamente norme costituzionali e volere continuare a governare con gli uomini che godranno fiducia Camera deputati, che egli non vuole sciogliere prima della fine del suo mandato 1• Il re è pure deciso non mutare indirizzo politica estera. Anche se lo volessi, disse, non me lo permetterebbe opinione pubblica del Paese, decisamente avversa ali' Austria.

È tra i miei colleghi prevalente opinione trattarsi di un fatto tentativo austriaco per modificare indirizzo politica Serbia.

877 1 Con T. pari data, Tittoni comunicò: «Sta bene sua partenza per lunedì 20». La partenza di Lanza per Roma provocò il commento di Biilow, che ne scrisse a Monts il21 febbraio (GP, vol. XXII, n. 6426).

878 1 Allude a una minaccia di crisi ministeriale, poi scongiurata, sulla quale Guiccioli aveva riferito con R. 74/31 dell'8 febbraio c con T. 236/5 del l O, non pubblicati. Cfr. comunque il n. 865, nota l.

879

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, AVARNA

T. 187. Roma, 12 febbraio 1905, ore 16,45.

Le Potenze Protettrici di Creta hanno concordato la risposta da farsi all'alto commissario circa le osservazioni presentate da Sua Altezza Reale nel recente suo viaggio. Un paragrafo di tale risposta esclude la possibilità di modificare attualmente il regime politico dell'isola, dichiarando nel tempo stesso che le 4 Potenze né si annetteranno né permetteranno che una terza Potenza si annetti [sic] l'isola, contro la volontà degli abitanti. Mi riservo di inviare alla E.V. il testo della nota concordata. Intanto l'E.V. è autorizzata1 ad associarsi ai suoi colleghi di Francia, Russia ed Inghilterra costì, per ottenere la formale adesione di codesto Governo alla clausola di disinteressamento qui sopra enunciata.

(Per Vienna) Col presente rispondo anche al suo telegramma del l Ocorrente n. 142 .

880

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BOASSO

D. RISERVATO 7607/33. Roma, 12 febbraio l 905.

Ho ricevuto il rapporto di V.S. in data 25 gennaio, n. 97/23 1 , concernente le attuali relazioni serbo-bulgare. Per le notizie fornitemi in particolar modo la ringrazio.

Stimo opportuno di farle, al riguardo, conoscere che, secondo mi riferisce la legazione in Belgrado, in occasione dell'incontro che ebbe luogo il 29 dicembre in quella stazione ferroviaria fra il re di Serbia ed il principe di Bulgaria, la Neue Freie Presse di Vienna pubblicò un telegramma (speditole dal noto giornalista Balugdgich, persona di fiducia di re Pietro 1), nel quale si riferisce quanto in quel segreto colloquio si sarebbe detto e, fra le altre cose, si affermava avere il principe Ferdinando dichiarato al re Pietro essere ormai suo intendimento di allontanarsi dalla Russia ed avvicinarsi alla Germania dove aveva trovato le migliori accoglienze.

Aggiunse il r. ministro in Belgrado:> che questa pubblicazione, evidentemente grave e tendenziosa, spiacque molto ai ministri serbi e anche maggiormente al princi

2 Non pubblicato.

8XO 1 Cfr. n. 844.

2 Cfr. n. S65.

pe di Bulgaria; tanto più che, secondo risulterebbe al marchese Guiccioli, le notizie pubblicate dal suddetto sarebbero, in gran parte, conformi a verità.

Nel comunicarle quanto precede alla S.V., per sua notizia, le confermo le precedenti istruzioni e la interesso a nulla negligere, nel linguaggio di lei, acciocché si mantengano, e possibilmente, si rassodino vieppiù, le amichevoli relazioni fra i due Paesi.

879 1 L'autorizzazione era stata sollecitata all'ambasciata di francia a Roma.

881

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, SALETTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

NOTA 57 R. Roma, 12 febbraio 1905 (perv. il 14).

Notizie di varia fonte farebbero credere che la Francia abbia intenzione di effettuare, forse nella prossima primavera, una spedizione militare che partendo dal confine sud della Tunisia tenderebbe alla occupazione di regioni appartenenti al territorio di Tripoli.

Le notizie soggiungono che in occasione di prossime manovre primaverili nella reggenza di Tunisi, le truppe ivi raccolte col pretesto di esercitazioni periodiche, in realtà sarebbero avviate verso la regione di Ghedames, per occuparvi territori da lungo tempo agognati 1•

Certo si è che la Francia verso il confine tripolino dimostra una più intensa attività: furono spinte con alacrità le costruzioni di posti di confine (bordji) fortificati con mezzi speditivi e presidiati da piccoli riparti; frequenti missioni topografiche inviate negli ultimi mesi in questa zona e missioni scientifiche, che anche attualmente starebbero preparandosi, pare tendano a completare il periodo di preparazione tacita di una azione militare, cui si annetterebbe molta importanza poiché da molto tempo se ne sono apprestati con cura gli elementi.

Pretesti non mancherebbero al preveduto sconfinamento, fomiti dalle frequenti scorrerie Tuaregs e Chamba algerini che trovano rifugio, e a quanto pare anche aiuto, in Tripolitania, ove concorrono a rendere malsicuro il commercio col Sudan che la Francia vorrebbe sempre più attirare per la via di Ghat e di Ghedames verso la Tunisia e I' Algeria.

Sono del pari note le pretese più volte affacciate dalla Francia circa la linea di confine, tuttora da sistemarsi, fra Tripolitania e Tunisia, linea che i francesi vorrebbero spostata verso Est in modo da comprendere appunto le oasi di Ghat e di Ghedames.

Si aggiunge intìne che la Turchia dimostratasi, anche in questo suo possesso, incapace di mantenere l'ordine e la sicurezza, darebbe occasione alla Francia di sconfinare, col pretesto di punire i predoni che nella Tripolitania hanno stabilito loro sede, indisturbati.

Di queste complesse notizie, tuttora vaghe ma sintomatiche, si è creduto opportuno trasmettere a V. E. un riassunto, per opportuna conoscenza.

881 1 Notizie analoghe erano state comunicate dali 'agente consolare a Gabes con R. 5/2 del 26 gennaio per il console a Tunisi, e da questi trasmesse a Tittoni con R. 453/35 del l o febbraio. Le notizie provenienti da Gabes furono comunicate da Tittoni al console a Tripoli, che ne parlò con le locali autorità ottomane, attenendone parole rassicuranti: R. 174/55, del 18 febbraio, non pubblicato.

882

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 290/88. Berlino, 12 febbraio 1905.

Il giornale della cancelleria imperiale non aveva mancato di porre in rilievo, nella forma che gli è consueta in siffatte circostanze, il resoconto telegrafico del discorso da V.E. testé pronunziato nel Senato rispondendo ad una interrogazione dell'an. di Camporeale sui nostri rapporti coll'Austria. Oggi, nella rivista ebdomadaria della politica estera, come ne ho dato notizia telegrafica a lei (telegramma n. 36)1 lo stesso giornale pubblica un commento nel quale è indubbiamente riprodotto il pensiero di questo Governo. «Colla più viva soddisfazione», dice il redattore della prosa ufficiosa, «tutti i circoli politici veramente seri in Germania hanno preso conoscenza delle dichiarazioni dell'an Tittoni. In Italia e all'estero esistono bei talenti i quali vedono nell'arte di governare una specie di sport e si mettono quindi a discutere ora un problema ora l'altro per far dello spirito senza rendersi conto dell'effetto che siffatto modo di agire può produrre all'estero. Il signor Tittoni ha fatto fronte contro una tale attitudine d'una parte della stampa in quanto concerne le relazioni tra l'Italia e l'Austria ed ha messo in chiaro come tra i Governi dei due Paesi esistano accordo e fiducia, anche riguardo alle questioni della Macedonia e d eli'Albania. Le dichiarazioni del ministro, libere, franche e senza riserve avranno, è sperabile, per effetto di mettere, anche in Italia, gli elementi nervosi ed irrequieti ali 'unisono con i veri interessi del Paese».

882 1 T. 254/36 del 12 gennaio, non pubblicato.

883

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 204. Roma, 14febbraio 1905, ore 18,45.

Il progetto finanziario per la Macedonia è tuttavia oggetto di esame da parte nostra. Importa quindi che in ogni eventuale scambio di idee coi colleghi, V.E. riservi il nostro giudizio. Intanto però importa chiarire come cosa non dubbia che là ove il promemoria parla di «Potenze interessate» si deve intendere trattarsi di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino.

884

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 27311 2. Pera, 14 febbraio 1905, ore 21,10.

Benché non me ne sia stato fatto alcun cenno, né da gran vizir, né dal ministro degli affari esteri, sono in grado di affermare che passaggio recente discorso di V.E. relativo accordo scritto con l'Austria-Ungheria circa Macedonia ed Albania ha prodotto a Palazzo poco gradita impressione'.

885

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 274113. Pera, 14 febbraio 1905, ore 21,10.

V.E. avrà probabilmente ricevuto a quest'ora da Rescid bey comunicazione di un telegramma inviato ieri, in seguito iradé imperiale, rappresentanti ottomani, allo scopo di ottenere adesione Potenze alla domanda aumentare 3% diritti doganali, giustificata da necessità colmare deficit bilancio speciale vilayet Macedonia. Telegrammi diretti Vienna e Pietroburgo contengono in più allusione ingrandire riforme assunte due Potenze. Occasione mi parrebbe forse propizia per subordinare nostro consenso regolamento numerose questioni doganali pendenti, nonché annosi reclami regi sudditi

rimasti insoddisfatti. Quest'oggi trattandosi però, per il momento in cui essa viene sollevata, dopo, cioè, proposta regolamento finanziario austro-russo, di questione in apparenza economica, in sostanza politica, è conveniente accertare prima se altre Potenze intenzionate imporre condizioni, e quali. Incaricato d'affari britannico esprimeva tempo fa suo avviso personale favorevole previo regolamento reclami privati.

Sarò grato a V.E. di volere regolare, con opportuna telegrafica direzione, mio linguaggio verso Sublime Porta e colleghi.

884 1 Per la risposta cfr. n. 894.

886

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 246/92. Costantinopoli, 14 febbraio 1905 (perv. il 21).

Informazioni attinte a sicurissima sorgente mi mettono in grado di ragguagliare l'E.V. circa un fatto avvenuto a Scutari, il quale mi sembra degno della attenzione di lei.

Quelle autorità hanno quivi arrestato, ultimamente, un certo Tzoku Mirdita, influente e ricco, appartenente alla tribù dei clementi cristiani. Questo individuo andava facendo propaganda e, si vuole anche, spargendo manifesti caldeggianti l'invio di una petizione ali' Austria-Ungheria in favore de li'autonomia albanese.

I sospetti sorti nell'animo del valì sull'intimità delle relazioni esistenti tra l'arrestato ed il console austro-ungarico si sono venuti sempre più radicando dopo che il console, prima per mezzo del dragomanno, e poi in persona, insistette vivacemente per l'immediata scarcerazione.

Di tutto ciò informata la Sublime Porta, per tagliar corto ad ogni ulteriore discussione fra il consolato ed il valì, ha dato ordini perché l'individuo venga senz'altro tradotto a Costantinopoli.

Mi risulta, inoltre, in modo positivo, che la troppo grande attività del rappresentante austro-ungarico a Scutari, il quale il Governo ottomano spera agisca di sua propria iniziativa e non in conformità delle istruzioni del suo Governo, ha formato oggetto di lagnanze che l'ambasciatore ottomano a Vienna è stato incaricato di rivolgere al ministro imperiale e reale degli affari esteri. Il conte Goluchowski avrebbe risposto promettendo l'allontanamento da Scutari del troppo zelante funzionario non appena sarà possibile di trovargli altra destinazione.

L'autorevole e benissimo informato personaggio albanese, dal quale provengono queste informazioni, osservava in linea generale come l'influenza austro-ungarica, non solo nel vilayet di Scutari, ma anche più in giù, a Valona per esempio, vada di giorno in giorno aumentando ed acquistando inquietante preponderanza.

Tale risultato va attribuito, a parere del mio interlocutore, non soltanto alla ingente quantità di denaro, liberamente profuso, ma anche al contegno abilissimo dei consoli austro-ungarici, i quali sanno conciliare l'opera loro di propaganda con l'arte di conservare i migliori e più intimi rapporti con tutti i funzionari ottomani, dai più elevati ai più infimi. Tale contegno è scrupolosamente prescritto da questa ambasciata imperiale e reale, la quale, mentre ingiunge ai suoi consoli di nulla tralasciare per evitare, ad ogni costo, incidenti, li assicura dall'altra del più valido ed energico appoggio, perché agli incidenti medesimi, quando per circostanze affatto indipendenti dalle loro volontà vengono fatalmente a prodursi, sia infallibilmente data dalla Porta la più soddisfacente soluzione.

Il sistema austro-ungarico, sempre secondo il personaggio citato dianzi, mentre non urta le autorità locali, vale a conciliare alla duale Monarchia non tanto le simpatie, quanto il rispetto che ogni albanese nutre pel più forte, ed il più tangibilmente influente.

Circa l'arresto del Tzoku chiesi, immediatamente, spiegazioni, per telegrafo, al

r. console generale a Scutari, il quale ha confermato, in massima, le informazioni a me pervenute.

887

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 275/37. Berlino, 15 febbraio 1905, ore 8.

Soltanto oggi pervennero istruzioni di cui tratta il telegramma n .... 1• Del dispaccio di V. E. n. 73/982 , ho dato comunicazione a questo Governo, ho rimesso, cioè, a Milhlberg, in mancanza conte Richthofen, copia del dispaccio con una traduzione francese, aggiungendo invito formale inviare delegati germanici riunione Roma. Milhlberg accolse comunicazione col più vivo interessamento, comunicazione che egli aveva desiderato poiché, mi ha detto, Governo imperiale non aveva potuto ancora formarsi su semplice resoconto giornali o altre notizie concetto esatto iniziativa reale. Governo imperiale avrebbe con il massimo buon volere esaminato progetto plaudendo da ora opera dovuta alto intelletto nostro augusto sovrano malgrado difficoltà che attuazione potrà incontrare. Sono certo Governo imperiale esaminerà nel miglior intento farci cosa gradita proposta reale, ritengo però che per concretare parte pratica sostanziale sua attitudine esso, se non addirittura, intende per lo meno prendere contatto con quella maggioranza parlamentare agraria nelle cui mani presentemente si trova [ ...p di questo partito non si è ancora pronunciato e partito stesso sembra sorpreso tanto da non giungere ancora ad un giudizio; non è però mancata qualche voce a mettere in rilievo che, nella iniziativa reale ha trovato corpo una idea americana diretta a vedere istituito in Europa, a spese dell'Europa, un ente per il cui mezzo America potrebbe spiare, a suo profitto, i mercati esteri.

2 Non rinvenuto.

3 Gruppo mancante.

887 1 Cfr. n. 869.

888

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T.211. Roma, 15 febbraio 1905, ore 23,45.

Banca etiopica. Delegato speciale Banca d'Italia inviato Cairo manda notizie abbastanza soddisfacenti, mentre qui si manifestano favorevoli disposizioni cordiale eventuale concorso capitale italiano. Mentre prego V.E. comunicarmi notizie che costì potesse raccogliere circa negoziati Addis Abeba-Cairo, pregola caldeggiare principio che partecipazione capitale italiano francese con inglese implicherà anche partecipazione amministrazione futuro istituto 1•

889

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

L. RISERVATA. Roma, 15 febbraio 1905.

Appena ricevuta la sua lettera particolare del 20 dicembre 1 , io mi son tàtto premura di scrivere in forma confidenziale al generale Lanza2 incaricandolo di indagare in modo cauto e opportuno se ed in quanto le dichiarazioni fatte a lei dal barone Marschall relativamente alle favorevoli disposizioni del Governo germanico per aiutare una intesa più intima fra l 'Italia e l'Austria nelle cose di Macedonia rispondessero alla realtà delle cose.

I passi fatti in proposito non han condotto a nessun risultato pratico3 .

Sia che effettivamente nulla sia stato scritto in proposito da Berlino al barone Marschall, sia che il Governo imperiale abbia voluto lasciare del tutto al suo ambasciatore presso il sultano la paternità dell'opinione espressa, certo è che esso ha cortesemente declinato ogni intromissione mediatrice tra noi e l'Austria.

Che la Germania (così scrive il conte Lanza) desideri la buona intesa fra i due suoi alleati, è cosa da non potersi minimamente porre in dubbio, né è ugualmente da dubitare che essa favorirebbe l'opera che le due Potenze intraprendessero di comune accordo per dare alla buona intesa una forma possibilmente concreta. Ma il prendere un'iniziativa mediatrice tra le due Potenze costituirebbe per la Germania un allontanamento da quella linea di condotta che essa si è prefissa relativamente alle cose balcaniche.

Tanto credo utile di comunicarle, anche per norma del suo linguaggio col barone Marschall, al quale di tutto ciò ella comunicherà quella parte che le parrà opportuno di comunicargli, e nelle forme che le sembreranno più adatte.

2 Cfr. n. 816.

3 Cfr. n. 852.

888 1 Con T. 212, pari data, fu fatta analoga comunicazione al Cairo e ali'Asmara.

889 1 Cfr. n. 778.

890

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 282115. Pera, 16 febbraio 1905, ore 2,50.

Telegramma di VE. n. 2041•

Ad ogni buon fine mi importa di assicurare che nei miei colloqui con collega ho sempre dichiarato, conformemente alla verità, non avere io alcuna istruzione di VE. Ho però manifestato genericamente nota opinione mia personale giusta autorizzazione datami con telegramma n. 1092 .

È bene che VE. non ignori che *qui nessuno ha mai messo in dubbio locuzione «Potenze interessate» alluda esclusivamente Austria-Ungheria e Russia. Se diverso fosse stato pensiero due Governi, essi non avrebbero certo impegnato azione altri Governi prima di consultarli*3 .

891

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA 1

T. 214. Roma, 16 febbraio 1905, ore 15,55.

Governo ottomano chiede consenso R. Governo per aumentare da 8 a 11 per cento dazi doganali, giustificando domanda con necessità colmare deficit cagionato riforme Macedonia. R. Governo sarebbe, in massima, disposto accordare consenso quando questo venisse ugualmente accordato altre Potenze interessate. Prego VE. farmi conoscere pensiero codesto Governo e dirmi se, eventualmente, esso abbia intenzione di subordinare suo consenso a condizioni e quali 2 .

2 T. l 09 del 26 gennaio, non pubblicato.

3 !l brano tra asterischi è ed. in LV l 04, p. 272.

2 Pansa rispose in modo interlocutorio con R. 172/61 del 19 febbraio, non pubblicato. Per le risposte di Goluchowski e di Lamsdorff cfr. nn. 893 e 898. La risposta da Parigi non è stata rinvenuta nel registro telegrammi. Sostanzialmente interlocutoria anche la risposta data da Lanza con T. 305/44 del 18 gennaio, non pubblicato.

890 1 Cfr. n. 883.

891 1 Ed. con alcune varianti in LV 104, p. 372.

892

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO .../15. Londra, 16 febbraio 1905.

Marchese di Lansdowne comunica stasera all'ambasciata di Francia il testo del nostro accordo segreto concernente Etiopia.

893

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

T. 291/19. Vienna, 17 febbraio 1905, ore 7,10.

Conte Goluchowski, a cui ho comunicato telegramma di VE. n. 2142 , mi ha detto che Governo ottomano aveva rivolto al Governo imperiale e reale domanda identica a quella accennata detto telegramma con preghiera di appoggiarla presso le altre Potenze3 . Siccome a tale domanda, alla quale Potenze avevano aderito, in massima, or fa due anni, la Russia soltanto faceva tuttora opposizione perché riservavasi valersene a titolo di compenso nei negoziati commerciali colla Turchia, egli si era adoperato presso conte Lamsdorff per ottenere che vi consentisse, e, dopo lunga corrispondenza, lo aveva indotto ad accettarla. Il conte LamsdortT aveva posto come condizione suo consenso che Governo ottomano accettasse regolamento finanziario elaborato agenti civili, che si impegnasse ad utilizzare per i bisogni vilayet macedoni una parte aumento risultante dazi doganali ed a fare cessare vessazioni cui erano esposte alcune merci estere loro introduzione Impero. Conte Goluchowski avendo consentito a tali condizioni, aveva pregato Lamsdorff di formularle in una proposta e, appena questa gli sarebbe stata comunicata, Governi austro-ungarico e russo l 'avrebbero fatta conoscere altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino perché l'appoggiassero presso la Sublime Porta. In tale occasione conte Goluchowski contestò riforme avessero cagionato deficit, questo essere stato motivato dali 'avere Govemo ottomano fatto sopportare dall'amministrazione vilayet spese straordinarie per mantenimento truppe colà inviate.

893 1 Ed. con varianti in LV 104, p. 273. 2 Cfr. n. 891. 3 Per la risposta cfr. n. 904.

894

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. CONFIDENZIALE 223. Roma, 17 febbraio 1905, ore 14,25.

Rispondo suo telegramma n. 121•

Ella quando lo creda e nelle forme più opportune potrà far sapere a Palazzo quanto sia ingiustificata poco gradita impressione passaggio mio recente discorso relativo Macedonia. Autorizzo V.E. confermare che accordo itala-austriaco è essenzialmente diretto mantenimento statu quo.

895

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. SEGRETO 227/66. Roma, 17 febbraio 1905, ore 18,30.

Marchese Lansdowne comunica questa sera all'ambasciatore di Francia a Londra accordo segreto anglo-italiano per Etiopia1• Desiderando noi fare identica comunicazione codesto Governo per mezzo E.V., le invio istruzioni con dispaccio2 che porterà con sé maggiore Ciccodicola che parte per Parigi domani 18.

896

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 286/17. Pietroburgo, 17 febbraio 1905, ore 20.

Ho tenuto a consegnare personalmente a questo ministro degli affari esteri, che non mi fu possibile vedere prima di oggi, una nota di questa ambasciata sull'erigendo Istituto internazionale agricolo, redatta nei termini della circolare d eli 'E. V. 1 esprimendo in pari tempo il vivo desiderio del Governo del re che alla generosa iniziativa

R94 1 Cfr. n. 884. 895 1 Cfr. n. 892. 2 Cfr. n. 900. 896 1 Allude a quanto detto nel n. 869.

del nostro augusto sovrano non mancasse il concorso del Governo imperiale. Come idea mia personale cercai di fare capire al conte Lamsdorff quanto sarebbe riuscito gradito a S.M. il re ricevere dallo czar qualche personale manifestazione di plauso ed adesione. Conte Lamsdorff mi promise che avrebbe oggi stesso riferito sul nostro colloquio a Sua Maestà2 .

897

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 231. Roma, 17febbraio 1905, ore 21,30 1.

Le trasmetto seguente telegramma di Ciccodicola, raccomandandole di agire in conformità: «Ella sa quanto io sia moralmente impegnato alla buona riuscita delle trattative Banca etiopica che ora si svolgono costà con cordiale intesa fra Italia e Inghilterra. Amerei pertanto che la cosa riuscisse anche di vero vantaggio agli interessi di Menelik e sarei perciò lieto di poter prendere parte io stesso alla conclusione delle trattative. Desidererei perciò che ella in via privata e confidenziale esprimesse questo mio vivo desiderio a Menelik, che non ignora in quale misura io pure, tutelando interessi nostro Paese, abbia sempre avuta somma cura dei suoi. Voglia quindi caldamente interessare Menelik ad attendermi prima d'impegnarsi definitivamente. Ciccodicola».

898

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 286 bis/18. Pietroburgo, 17 febbraio 1905, ore ...

Conte Lamsdorff mi ha detto che non aveva ancora risposto in modo definitivo alla proposta Turchia relativa all'aumento dazio doganale!, desiderando prima conoscere in proposito modo di vedere ambasciatore di Russia a Costantinopoli. Egli crede tuttavia che il Governo imperiale darà la sua adesione, ma a condizione che il Governo ottomano si impegni a servirsi dei maggiori redditi doganali a pro della opera di riforma della Macedonia.

897 1 Il telegramma tù trasmesso via Asmara. 898 1 Risponde al n. 891.

896 2 Non si pubblicano le risposte di generica adesione dei Governi di Londra e di Madrid.

899

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 302/65. Addis Abeba, 17 febbraio 1905 1.

In seguito conversazione avuta con delegato Banca egiziana, questi mi ha ieri comunicato per lettera che, in conformità istruzioni Banca egiziana, questa, nella qualità di concessionaria per la Banca di Stato Etiopia è disposta a concedere gruppo italiano 25 per cento del premio sulle azioni emesse Massaua, partecipazione di un quarto nell'affare. Capitale bancario mezzo milione lire sterline. Offerta è stata fatta identica per gruppo francese. Delegato Banca egiziana chiede urgenza nome recapito gruppo annesso. Rispondo delegato Banca egiziana che io ho partecipato, per mezzo di VE., sua comunicazione gruppo annesso. Jersera ho parlato Harrington, facendo osservare che la proposta della Banca egiziana non risponde concetto primitivo istituzione Banca Etiopia con concorso anglo-italiano, secondo le proposte fattemi, per le quali concessione dovrebbe esser fatta sindacato anglo-italiano e non al gruppo inglese rappresentato dalla Banca egiziana, limitando nostra azione alla sola partecipazione di capitale. Harrington personalmente sarebbe disposto accogliere mia obiezione, ma ho motivo di credere che Banca egiziana non sia favorevole, essendo essa disposta assumere affari per conto proprio. Non so se la mia obiezione abbia alcuna importanza finanziaria, ma certamente ha grandissima importanza politica.

Prego VE. mandare sollecite istruzioni2 se debbo insistere su di essa e quale risposta debbo dare delegato Banca egiziana per parte gruppo italiano, dovendo egli partire fra qualche giorno. Non posso comunicare ministro Cairo per mancanza cifrario.

900

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. SEGRETO 8854/189. Roma, 17 febbraio 1905.

Dalla r. ambasciata in Londra mi è stato trasmesso il testo inglese ed italiano della convenzione segreta per l'Etiopia 1• (Annessi).

All'E.V. sono note nelle linee generali le trattative che hanno avuto luogo e conosce pure il pensiero del nostro ambasciatore a Londra, conforme a quello di V.E. ed a quello di lord Lansdowne, sulla convenienza di comunicare confidenzialmente quest'accordo al Governo francese prima della sua definitiva conclusione nell'intento di ottenere ad esso la sua adesione.

2 Ctr. n. 916.

Io convengo su ciò e mentre lord Lansdowne si propone di fare la comunicazione al Governo francese per mezzo de li'ambasciata di Francia in Londra, io mi propongo di fare siffatta comunicazione per mezzo della Eccellenza Vostra.

Come la E.V. rileverà dal testo dell'accordo, in esso alla guarentigia stabilita a favore dell'Inghilterra per il bacino del Nilo corrisponde una guarentigia territoriale stabilita per l'Italia sui territori intercedenti tra Eritrea e Somalia. Siccome questi territori che sono verso est si trovano esposti ai pericoli di una espansione francese, è necessario che l'adesione della Francia all'accordo non turbi questa nostra guarentigia sia per l'hinterland del protettorato francese della Costa dei Somali sia per il prolungamento della ferrovia oltre Harrar, o almeno la turbi il meno possibile.

È prevedi bile infatti che la Francia, per aderire ali 'accordo, faccia riserve relative alla tutela dei suoi interessi in Etiopia e nella sua colonia di Gibuti, essenzialmente per assicurarsi il proseguimento, senza contrasti, della sua ferrovia fino ad Addis Abeba ed il riconoscimento, da parte nostra ed inglese, di una zona d'influenza e sfera d'azione oltre i confini di quella sua colonia.

Ciò darà evidentemente luogo a dichiarazioni francesi, e ciò spiega la ragione per la quale affido a V. E. l 'incarico di comunicare la convenzione al signor Delcassé.

Il Governo britannico, da parte sua, ha chiaramente lasciato intravedere il desiderio di accogliere favorevolmente le ragionevoli domande della Francia per la tutela dei suoi interessi in Etiopia, per quanto non siano in contrasto con quelli inglesi; e il Governo del re, per parte sua, si mantiene anch'esso in tale linea di condotta, desideroso com'è di procedere d'accordo e con la Francia e con l'Inghilterra.

Questa convenzione dunque, anziché costituire un accordo a due, come era stato prima ideato e formulato, si trasformerebbe in un accordo a tre che, se poteva in precedenza ritenersi di più difficile attuazione, ora, dopo le trattative corse, dopo l'intesa con l'Inghilterra e dopo qualche conoscenza degli intendimenti francesi, affidando alla E.V. le definitive trattative col signor Delcassé, p armi che non debba essere difficile.

Ho accennato a quelli che io credo siano i desiderati francesi, ma non posso precisarli maggiormente.

Sulla questione della ferrovia per Addis Abeba c sull'hinterland della colonia di Gibuti, la Francia sosterrà i diritti acquisiti e vorrà salvaguardare Io sviluppo dei suoi interessi e della sua influenza in Etiopia.

Contrastare alla Francia il proseguimento della sua ferrovia di Gibuti credo non sia ragionevolmente possibile; bisogna, però, conoscere quali precisamente sieno gli intendimenti della Francia aftìnché d'accordo con l'Inghilterra si consideri quali maggiori guarentigie ci convenga di chiedere in forma di agevolazioni: libertà di transito, porto franco a Gibuti, eguaglianza di tariffe ecc., ecc.

E così, per quanto riguarda la questione della sfera d'azione francese oltre i limiti territoriali della sua colonia, si dovrà chiedere, da parte nostra, garanzia sul l 'integrità territoriale delle regioni adiacenti ad Assab dell' Aussa, del medio bacino dell' Auasc e della provincia di Harrar; cercare cioè di ridurre. per quanto è possibile, le richieste francesi relative ad un'espansione territoriale oltre i contini di fatto della sua colonia, cioè oltre i novanta chilometri dalla costa.

Se si deve cedere in qualche punto, si potrà tàrlo per conseguire sicuri e più eflìcaci vantaggi, se non immediati ed effettivi, per lo meno morali ed eventuali per l'avvenire.

I testi, italiano ed inglese, dell'accordo saranno rimessi personalmente a V.E. dal maggiore Ciccodicola, nostro ministro in Etiopia, che invio costà a disposizione di V.E.

Egli, per la conoscenza che ha delle cose etiopiche, delle trattative ultime e dei precedenti di esse, delle località e dei nostri interessi in Abissinia, non solo potrà con maggiori particolari esporre a V. E. l'attuale situazione politica in quell'Impero, ma significarle con maggior ampiezza gli intendimenti e i propositi del R. Governo.

899 1 Trasmesso tramite Asmara il 18 febbraio, ore l O, lO.

900 1 Cfr. n. 836 e note 2 e 5.

901

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'INTERNO, DI SANT'ONOFRIO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

L. RISERVATA. Roma, 17 febbraio 1905.

Ti comunico una notizia riservata che ci viene da un buon informatore. Inutile raccomandarti il maggior riserbo.

ALLEGATO

Fra la Francia e la Santa Sede le relazioni sono molto tese come annunziava la Reuter, di alcuni giorni fa. La Santa Sede, non avendo altri mezzi, adoprerà quello delle rappresaglie pel suo protettorato d'Oriente. Le frequenti visite fatte in questi ultimi giorni dal commendator Pacelli al pontefice si collegano con la scissura fra la Santa Sede e la Francia, alle cui conseguenze finanziarie il Pacelli dovrebbe provvedere con fondi del Banco di Roma. Il nuovo delegato apostolico di Costantinopoli, monsignor Tacci, sta per raggiungere la sua residenza, ed ha ricevuto ordine dalla Santa Sede di mantenere lo statu quo fino a nuove istruzioni, ciò che riferii sui primi del gennaio u.s. 1• L'ambasciatore francese è stato ufficiosamente avvertito dell'arrivo a Costantinopoli del delegato apostolico. Se l'ambasciatore si recherà a ricevere il delegato apostolico al suo arrivo, questi lo pregherà di volerlo accompagnare nella visita di presentazione al sultano, diversamente no. In seguito eviterà che nei colloqui colla Sublime Porta, l'ambasciatore francese, come per il passato, vi assista. Però negli affari politici invocherà (sempre fino a nuovo ordine) la sua assistenza. Eviterà invece l'intervento in affari puramente religiosi. Egualmente è stato ordinato al delegato apostolico di avvertire i capi delle missioni cattoliche di non fare alcun passo sia verso i rappresentanti delle loro Potenze d'origine, sia verso l'ambasciatore francese senza prima avergliene passato parola.

La Santa Sede è in conflitto con l'imperatore di Germania nuovamente per gli affari di Polonia e per la quistione della confessionalità dei cimiteri in Alsazia e Lorena in seguito alla sconsacrazione di alcuni cimiteri fatta da mons. Renzler arcivescovo di Metz. Il conflitto, specialmente per la Polonia, è nel periodo acuto, non volendo l'imperatore ricevere reclami per cose politiche, nelle quali la Santa Sede non deve entrare. Per rappresaglia la Santa Sede

tenta un compromesso fra i polacchi e il centro. La questione fu da me riferita due mesi or sono, ed accennai anzi ad un probabile componimento quando a tale proposito giunse in Roma il cardinale Kopp: ma il componimento non è stato raggiunto. Il Governo italiano è bene non trascuri i comunicati della Reuter circa la politica vaticana, perché sono trasmessi dalla Segreteria di Stato.

901 1 Cfr. n. 809.

902

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE 296/16. Pera, 18 febbraio 1905, ore 11,35 (perv. ore 13).

Già due settimane or sono ebbi, in via strettamente confidenziale, visione dispaccio marchese Lansdowne relativo nuovo progetto riforme Macedonia; discorrendo ieri con l'agente diplomatico bulgaro, mi accorsi che egli deve aver avuto sentore della cosa: naturalmente mi dichiarai affatto ignaro. Prevedendo, però, ulteriori domande da parte altri diplomatici interessati, mi parrebbe utile, per regola mio linguaggio, sapere se e quale seguito abbia avuto progetto inglese.

Qualora V.E. non vi ravvisi inconvenienti, le sarei assai grato telegrafarmi qualche opportuna informazione al riguardo 1 .

903

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 238. Roma, 18febbraio 1905, ore 22,40.

Conte Goluchowski ha comunicato duca Avarna 1 che Governo inglese sarebbe piuttosto disposto ad appoggiare presso Sublime Porta regolamento finanziario austro-russo Macedonia. Riferendomi mio telegramma n. Il 02 , gradirei conoscere veri intendimenti di codesto Governo in proposito, confermando che da parte nostra non potremmo mai dare appoggio consenso regolamento il quale, indicando Austria e Russia come sole «Potenze interessate» Macedonia, accentuerebbe ancora di più e con nostra espressa approvazione monopolio austro-russo. Su questo punto specialmente voglia comunicarmi preciso pensiero codesto Governo.

903 1 T. 292/20 del 17 febbraio, non pubblicato. 2 Cfr. n. 849.

902 1 Cfr. n. 910.

904

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 239. Roma, 18 febbraio 1905, ore 22,50.

In risposta suo telegramma n. 191 le comunico per sua informazione che, secondo quanto mi telegrafa l'ambasciatore Pietroburgo2 , fra le condizioni che conte Lamsdorff porrebbe suo consenso aumento dazio doganale Turchia non figurerebbe accettazione regolamento finanziario austro-russo Macedonia.

905

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 307/66. Addis Abeba, 18 febbraio 1905 1.

Missione tedesca, giunta da qualche giorno, ha incominciato trattative con Menelik. Ho motivo di credere che Governo germanico ignorasse condizione e grado civiltà etiopica e suoi commerci. Credo che impressione ricevuta dalla missione non sia molto favorevole e d'accordo con istruzioni ricevute. Credo sia intenzione Governo germanico stabilire suo rappresentante2•

906

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 270/100. Pera, 18 febbraio 1905 (perv. il 28).

Riferendomi al dispaccio che l'E.V. si compiacque indirizzarmi il l O ottobre

u.s. (n. 404 riservato) 1 ho l'onore di qui acclusa trasmettere copia di una lettera, con un annesso, inviatami dal reverendo Giuseppe Caneva, in data 18 corrente, relativamente al progetto di istituire una chiesa nazionale italiana in Costantinopoli.

Fino dal ritorno del reverendo Caneva dall'Italia, io ebbi cura di dichiarargli esplicitamente che, prima di prendere in considerazione il progetto, occorreva assicurarsi in primo luogo che l'ambasciata di Francia non avrebbe fatto alcuna opposizione al passaggio della parrocchia dal protettorato francese a quello italiano, e in secondo luogo che la Propaganda Fide avrebbe dato il suo consenso a che la nuova chiesa, ufficialmente protetta dal R. Governo, assumesse tutti i caratteri della nazionalità italiana a somiglianza delle altre chiese che si trovano sotto protettorato di Potenze estere in Oriente.

L'una e l'altra di coteste condizioni possono ormai ritenersi conseguite, come risulta dagli acclusi documenti. Per quanto concerne il signor Constans, col quale discorsi incidentalmente di questo argomento, come risulta dal mio rapporto del 3 l gennaio u.s. n. 192/752 , egli stesso ebbe a dichiararmi che non teneva in alcun modo alla protezione di religiosi italiani, preferendo assegnare le somme, di cui a tal uopo dispone, agli istituti prettamente francesi, ed aggiunse che anzi gli tornerebbe gradito di esserne sbarazzato. Ed al reverendo Caneva il quale, dietro mio suggerimento, gli pose una domanda esplicita al riguardo, il signor Constans fece la dichiarazione riportata nell'acclusa lettera, la quale non lascia dubbio in proposito.

E anche da parte di Propaganda Fide è rimosso ogni ostacolo in seguito alla dichiarazione del cardinale Gotti riportata nella lettera qui pure acclusa del procuratore generale delle missioni estere.

Resta ora a vedere in qual modo possa esplicarsi l'interessamento del R. Governo.

La somma mancante, com'ebbi l'onore di riferire col mio rapporto delli 27 settembre u.s. n. 4563 , è di circa 300 mila franchi, e per procurarla il reverendo Caneva mi ha dichiarato che si contenterebbe di contrarre un prestito con l'Associazione nazionale per la protezione dei missionari. Non si tratterebbe più pertanto di un versamento a fondo perduto, ma semplicemente di un prestito, ed è questa una così rilevante facilitazione che, a dire vero, dovrebbe essere di peso decisivo nelle determinazioni dell'Associazione nazionale, vista l'importanza grandissima e l'utilità indiscutibile del progetto.

Nel citato mio rapporto io ebbi ad accennare come la circostanza della espropriazione forzata della chiesa di S. Antonio costituiva un'occasione unica, che mai più si ripresenterà, per ottenere un beneficio capitale in favore della nostra influenza politica; e nel prendere in considerazione il progetto di cui si tratta, io ho fatto naturalmente astrazione completa del lato religioso della questione, !imitandomi ad accertare il vantaggio pratico che ne deriverebbe al nostro prestigio ed alla nostra posizione di Grande Potenza in questa capitale. Ali' E.V. è ben noto come la Francia e l'Austria-Ungheria, per non parlare di altri Stati, appoggiano in gran parte la speciale e favorevole situazione di cui godono in Levante sulla protezione di istituti religiosi i quali, in questo Paese, costituiscono un vero e reale strumento di influenza politica e di propaganda nazionale. Ed a parte quelle due Potenze, sta in fatto che tutti gli altri Stati più importanti, e molti di quelli minori, possiedono in Costantinopoli chiese e cappelle nazionali, benché le rispettive loro colonie ed i loro interessi in questo Paese sieno anche inferiori ai nostri.

3 Cfr. n. 647.

L'impressione poi che produrrebbe nelle nostre colonie l'attuazione del progetto di cui si tratta sarebbe ottima sotto ogni rapporto. È noto infatti che la numerosa colonia italiana di Costantinopoli, patriottica e credente al tempo stesso, vedrebbe con massima compiacenza la istituzione di una chiesa nazionale italiana che la potesse rendere, anche sotto questo rapporto, indipendente da istituzioni religiose straniere, le quali non si fanno scrupolo di adoperare la notevole loro influenza a scopo di propaganda religiosa e politica.

Specialmente poi bisogna tener conto che ove la proposta del reverendo Caneva non fosse accettata, egli sarebbe costretto, suo malgrado certamente, di rivolgersi al Governo austro-ungarico, il quale non si lascerebbe sfuggire l'occasione di avocare a sé la più importante, la più frequentata e la più ricca parrocchia cattolica di Costantinopoli.

Per queste ragioni io mi permetto di vivamente raccomandare all'E.V. di voler adoperare l'alta sua influenza presso l'Associazione nazionale allo scopo di ottenere l 'adesione di essa alla proposta del reverendo Caneva. E mi permetto far presente ali 'E.V. l 'utilità di addivenire ad una soluzione il più presto che sia possibile, non potendosi fare assegnamento che le disposizioni attuali dell'ambasciata di Francia siano per durare a lungo. Mille ostacoli possono sorgere ove si tardasse e non si profittasse delle attuali circostanze le quali si presentano per tanti aspetti favorevolissime.

Per quanto riguarda il consentimento della Francia, non bisogna omettere che il fatto del contributo dell'Associazione nazionale e della colonia italiana di Costantinopoli, nonché di un eventuale concorso del R. Governo, costituiscono una situazione per cui il Governo della Repubblica non potrebbe mai ragionevolmente farci opposizione, visto il rifiuto da esso medesimo opposto a contribuire alla edificazione della nuova chiesa.

Beninteso, la r. ambasciata avrà pur sempre talune difficoltà da superare in occasione delle trattative da intraprendere colla Sublime Porta per passaggio di protezione, nonché per ottenere alla parrocchia la chiesta indennità per l'espropriazione forzata della chiesa attuale.

ALLEGATO I

IL REVERENDO CANEVA ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

L. Costantinopoli, 18 febbraio 1905.

In seguito alla risposta che I'E.V. illustrissima diede a voce alla lettera che io mi prendeva la libertà di dirigerle in data 27 dicembre p.p., mi sono affrettato a fare quei passi che ella mi ha chiesti come necessari, perché l'E. V. illustrissima potesse intervenire in mio favore nella questione della riedificazione della nuova chiesa di Sant'Antonio.

Prima di tutto mi sono recato da S.E. il signor Constans, ambasciatore di Francia, per domandargli se egli intendeva di aiutarci efficacemente per realizzare il nostro antico progetto di ricostruire una nuova chiesa, più grande, meglio corrispondente agli attuali bisogni della parrocchia.

Dopo una lunga conversazione, nella quale più volte egli mi fece capire le gravi ditìicoltà in cui si trovava di dar seguito alla nostra domanda, finì col dirmi, per ben tre volte «che, non potendo egli prestarsi secondo il desiderio mio e del comitato costituito per la riediticazione della chiesa, egli non solo non sarebbe stato dispiacente che noi avessimo fatto ricorso ad altri-specialmente all'ambasciatore d'Italia-per ottenere quello che gli si domandava; ma che anche egli stesso, nel caso di bisogno, non avrebbe mancato di aiutarlo alla buona riuscita dell'affare». Avuta questa risposta, che non ammetteva equivoci, mi rivolsi alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide col mezzo dei nostri superiori di Roma e ne ebbi la risposta che qui le accludo.

Così stando le cose vengo di nuovo a pregare l'E.V. illustrissima di non lasciar passare la bella occasione di realizzare il disegno che ella ed i suoi predecessori da lungo tempo stanno meditando, di avere una chiesa nazionale. Come io ho avuto l'onore di dirle, le ripeto oggi, che quantunque per la realizzazione di questo progetto si richieda circa un milione di lire italiane, a causa specialmente del valore grande del terreno in Pera, pure parte col nostro terreno attuale, parte colle economie da noi fatte e parte coll'indennizzo che ci riviene per l'espropriazione decretata di una parte della chiesa attuale, noi possiamo contribuire per circa due terzi della somma necessaria allo scopo. L'altra parte spero che non sarà diflicile all'E. V. illustrissima di mettere insieme, sia coll'interessare il Governo di S.M. il re d'Italia; sia col valersi di quella influenza che qui ed altrove ella ha.

Ben persuaso che l 'E.V. illustrissima non mancherà di appoggiare un progetto che tanto onore farà di certo alla patria nostra, che ella così bene rappresenta in Costantinopoli, coi sensi della stima e sincera riconoscenza mi profèsso, ecc.

ALLEGATO II

IL PROCURATORE GENERALE DELLE MISSIONI ALL'ESTERO, FORMENTI, AL REVERENDO CANEVA A COSTANTINOPOLI

L. Roma, 12febhraio 1905.

Questo reverendissimo p. procuratore generale ricevette la di lei pregiatissima sul noto affare di cotesta chiesa, cioè se, concorrendo il R. Governo italiano per fabbricare detta chiesa e si dovesse dichiarare chiesa nazionale italiana, si potesse accettare il protettorato del Governo italiano.

Ieri mi recai dall'eminentissimo cardinale Gotti prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda, e gli esposi il fatto. Egli mi rispose con queste precise parole: <<Se il Governo italiano concorre per fabbricare una chiesa nazionale, ne viene di conseguenza che si possa accettare il protettorato del Governo italiano». Ella comunichi dunque al signor ambasciatore d'Italia quanto le ho scritto.

904 1 Cfr. n. 893. 2 Cfr. n. 898. 905 1 Trasmesso tramite Asmara il 19 febbraio, ore 8. 2 Sui sospetti di Lansdowne di una eventuale partecipazione tedesca alla ferrovia Gibuti-Addis Abeba cfr. DDF, II serie, t. VI, n. 254. 906 1 Cfr. n. 659.

906 2 Non rinvenuto.

907

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. PERSONALE S.N. Parigi, 19 febbraio 1905, ore 14,25 (perv. ore 16,35).

Per quanto possano sembrare inattendibili le informazioni trasmesse dai rr. agenti in Tunisia1 a V.E., stimo che, di fronte al reale interesse che, per la riuscita della dominazione pacifica del Sahara, avrebbe per la Francia l'occupazione di Gadames, ed alle tendenze predominanti nell'attuale Gabinetto, converrebbe che, senza ritardo, VE. si spiegasse, sopra questi rumori, con il signor Barrère, mentre, dal canto mio, ne parlerò, molto seriamente, con il signor Delcassé.

Bisognerebbe anche accertarsi che la Turchia mantiene il suo presidio a Gadames.

908

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 171/60. Londra, 19 febbraio 1905 (perv. il 25).

Coll'ultimo rapporto1 che, alla vigilia della mia partenza in congedo (il 19 gennaio), ebbi l'onore di dirigere a VE. circa gli affari di Macedonia, io le comunicavo il testo di certe proposizioni trasmesse da lord Lansdowne all'ambasciata britannica in Parigi per essere confidenzialmente sottoposte al Governo francese. Erano proposizioni tendenti a dare un nuovo impulso alle riforme in quelle provincie e formulate in modo da restituire la direzione delle riforme stesse al concerto di tutte le Potenze tìrmatarie del Trattato di Berlino. Nello stesso rapporto io riferivo la risposta preliminare data dal signor Delcassé alla comunicazione del marchese di Lansdowne, nel senso che il suo Governo non potrebbe su di esse pronunciarsi prima di aver interpellato il Gabinetto di Pietroburgo.

Al mio ritorno in Londra, il 13 di questo mese, presi visione delle notizie a VE. trasmesse dal r. incaricato d'aftàri per informarla che successive comunicazioni del Governo francese rivelavano la sua esitazione di fronte alle proposte di cui si tratta, essendogli risultato che esse non erano considerate con molto fàvore a Pietroburgo ed a Vienna2 .

Di queste incertezze si vide già un effetto nel discorso della Corona pronunciato, l'indomani, all'apertura del Parlamento britannico; giacché le frasi di esso riferentisi alla Macedonia non fàcevano alcuna allusione ad una nuova attitudine del Gover

2 T. 180/11 del 1° febbraio, non pubblicato.

no britannico, limitandosi a constatare qualche progresso già ottenuto ed a menzionare le ultime proposte austro-russe in materia di finanza, «circa le quali il Governo britannico si era posto in comunicazione colle altre Potenze più interessate».

Nella prima visita da me fatta mercoledì scorso al marchese di Lansdowne, questi mi confermò infatti che la risposta pervenutagli da Parigi non era incoraggiante, anzi, mi disse Sua Signoria, questo ambasciatore austro-ungarico era venuto da lui ad esprimergli a nome del proprio Governo la speranza che il Gabinetto britannico vorrebbe per ora astenersi dal rendere pubbliche le sue recenti aperture, che produrrebbero l'impressione di un antagonismo ai progetti austro-russi, creando poi imbarazzi all'azione iniziata verso la Turchia, la quale non mancherebbe di approfittare di quello che sembrerebbe un aperto dissidio fra le Potenze. Il passo da lui fatto a Parigi, mi ricordò il marchese di Lansdowne, non era stato da lui inteso come una proposta formale, ma soltanto come un mezzo preliminare per scandagliare indirettamente le disposizioni degli altri Gabinetti: senza rinunciare per l 'avvenire alla facoltà di sostenere le proprie idee, il Governo britannico, di fronte al contegno dei Gabinetti di Parigi, Vienna e Pietroburgo, non riteneva opportuno di precipitare le cose; esso quindi era disposto, per ora, a soprassedere, riservandosi di considerare le nuove misure che la Russia e l'Austria-Ungheria avevano annunciato di raccomandare a Costantinopoli per l'esecuzione delle riforme, specie in materia finanziaria. A quanto pare, la Sublime Porta ha però avuto già qualche sentore della mossa fatta da questo Governo; né è forse fuor di luogo il congetturare che qualche accenno ne sia stato fatto a Costantinopoli dai rappresentanti interessati e ciò come mezzo di pressione sul sultano, facendogli comprendere che la sua resistenza alle domande limitate delle due Potenze potrebbe esporlo ad esigenze ben più radicali provenienti dall'Inghilterra.

Su questo argomento ho avuto anche una conversazione con sir Nicholas O'Conor, il quale, stando ora per far ritorno a Costantinopoli, è venuto oggi a visitarmi. Egli non crede che, allo stato delle cose, sarebbe prudente lo spingersi ad una azione immediata che tutto indica doversi urtare a gravi ostacoli ed opposizioni contro le quali non si è preparati a lottare efficacemente. Un 'attitudine risoluta dell'Inghilterra e dell 'Italia, egli, mi osservò, potrebbe tentarsi se la Francia vi si associasse con uguale fermezza; ma finché la Francia rimane, com'è, paralizzata dalla sua sommissione alla Russia, un simile atto dei soli Governi inglese ed italiano, non potrebbe che condurre a pericolose complicazioni e finalmente ad un impasse senza uscita: se infatti, come sarebbe a temersi, ciò provocasse un rifiuto od anche soltanto un manifesto abbandono delle riforme, in senso ostile, per parte della Russia e dell'Austria-Ungheria, ci si esporrebbe all'alternativa o di un conflitto, che l'inghilterra non è disposta, almeno per conto suo, a sollevare, oppure di una ritirata non compatibile colla sua dignità. Sir N. O'Conor non credeva quindi di poter consigliare al proprio Governo una simile avventura per riguardo alle cose di Turchia, mentre gli stanno innanzi tante altre cause di grave preoccupazione. Avendo io fatto allusione alla eventualità di prossime interpellanze in Parlamento da parte dei promotori di comizi pro-Macedonia che da qualche tempo si agitano in Inghilterra, sir Nicholas mi disse confidare che questi non cagionerebbero troppo gravi imbarazzi al Governo. Egli anzi aggiunse che si proponeva, prima di partire, di procurarsi un colloquio con «Mr. Bryce (il presidente del principale fra quei comitati) per persuaderlo a desistere da attacchi troppo vivi, rappresentandogli lo stato delle cose e l'interesse superiore che consigliava cautela».

La conversazione col mio collega ci portò naturalmente a parlare anche dei nuovi progetti finanziarì presentati dalle due Potenze a Costantinopoli; al quale proposito gli accennai il pericolo che un contegno troppo remissivo da parte nostra avesse per effetto di incoraggiare una ulteriore azione tendente sempre più a rassodare quella specie di monopolio che gli agenti austro-russi sembrano volersi arrogare nella questione delle riforme: se il marchese di Lansdowne, dissi, credeva dover desistere per ora dall'inalberare il proprio progetto, il meno che egli poteva domandare era che le due Potenze usassero nella condotta di quell'affare una maggiore discrezione riguardo ai diritti ed alle legittime suscettibilità altrui. In questo sir Nicholas O'Conor pienamente consentì. I nuovi progetti, egli disse, si stavano ora qui esaminando e vi sarebbe modo di cogliere l'occasione per far sentire alle due Potenze che esse agivano per mandato temporaneo dell'Europa e che anche gli altri Gabinetti avevano diritto d'interloquire e proporre gli emendamenti da essi eventualmente reputati opportuni.

Su tutte queste cose mi riservo di procurarmi ulteriori informazioni, sia presso il marchese di Lansdowne, sia dal mio collega di Francia, che non ho ancora potuto vedere essendo egli ora ammalato. Approfitto intanto del corriere oggi in partenza per fornire a V.E. questi ragguagli sulla situazione quale adesso si presenta. È evidente, in conclusione, che il Governo britannico è disposto per ora a concedere un nuovo temporario prolungo al mandato assunto dalla Russia e dali' Austria-Ungheria sulle cose di Turchia. Alle ragioni esposte da sir Nicholas O'Conor si aggiunge la tendenza, che ora qui prevale in modo manifesto, a riconciliarsi il più possibile la Russia, in vista delle difficoltà prevedute pel momento della soluzione degli affari dell'Estremo Oriente, causa di costante inquietudine per questo Governo, il quale vi subordina le altre questioni d'interesse non tanto immediato o suscettibili almeno di rinvio.

Da quanto precede mi sembra dover risultare un mutamento nella situazione accennata dal mio precedente rapporto del 19 gennaio, in quanto esso alludeva al valore relativo offerto in quel momento dalla questione delle riforme finanziarie.

Se le recenti proposte di lord Lansdowne fossero fin d'ora venute formalmente in discussione, queste avrebbero infatti coperto l'intera questione dell'azione europea verso la Turchia, della quale gli articoli finanziarii non avrebbero formato che una parte, in certo qual modo secondaria dal punto di vista politico generale. Che, malgrado i presenti indizi, tale discussione debba presto o tardi imporsi, mi pare inevitabile: ciò dipenderà dagli eventi locali di Macedonia e, se non prima, la questione risorgerà quando, alla scadenza del biennio preveduto dal programma di Mtirzsteg, si tratterà nel prossimo autunno della eventuale rinnovazione dei poteri degli agenti civili austro-russi. Fin d'ora però quella questione sta per affacciarsi indirettamente, a proposito appunto delle misure finanziarie, le quali vengono quindi a prender posto in prima linea. Il telegramma del marchese Carignani del 6 corrente3 ha già fatto conoscere a V.E. come il Foreign Office stia preparando diverse osservazioni sulle relative proposizioni delle due Potenze «interessate». Ma ciò che più importa, le proposizioni stesse si trovano ora combinate colla domanda della Sublime Porta per un aumento dei dazi doganali, domanda sulla quale non può decidersi se non coll'assenso di tutte le Potenze che hanno trattati colla Turchia.

Alludendo a quel passo del Governo imperiale, sir Nicholas O'Conor mi diceva stamani che giacché esso stesso lo giustificava colla necessità delle spese occorrenti per le riforme in Macedonia, ciò offriva alle Potenze un favorevole terreno per subordinare (fra altro) il loro eventuale assenso a debita guarentigia affinché il prodotto del richiesto 3 per cento addizionale venga almeno in parte adibito effettivamente all'applicazione di quelle riforme. Questo punto, che tocca al vivo dell'intera questione, potrà opportunamente servire di base per entrarvi in via indiretta, nell'interesse di tutte le Potenze.

Nell'accusare ricevuta del telegramma di Y.E., n. 2384 , giuntomi stamane, al quale il presente rapporto in parte risponde, e riservandomi di tornare tra breve sull'argomento, ...

P.S. Noto che fra i documenti diplomatici portatimi oggi dal corriere di Gabinetto manca il telegramma della r.ambasciata in Costantinopoli riferentesi al progetto finanziario presentato dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e Russia alla Sublime Porta. A tale telegramma allude il telegramma di Y.E. a pagina 97 (serie CVll n. 1977)5 che rimanda al documento n. 19766; ma questo, invece di essere quel telegramma di Costantinopoli, è un telegramma riservato proveniente da Berlino.

907 1 Cfr. n. 881, nota l.

908 1 Cfr. n. 829.

908 3 Cfr. n. 863.

909

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 313. Pera, 20 febbraio 1905, ore 6,45.

Istituto salesiani. Incaricato d'affari di Francia, col quale avevo già preso accordi circa modalità per notificare alla Sublime Porta passaggio istituto salesiani Gerusalemme protezione italiana, mi ha fatto sapere ieri avere egli ricevuto ordini telegrafici attendere dispaccio istruzioni, telegramma in materia da codesto ambasciatore di Francia incaricato conferire al riguardo con V. E. Salesiani di Gerusalemme avendo inalberato bandiera nazionale e considerandosi quindi come già protetti da noi, occorrerebbe, a mio avviso, insistere perché la Francia non indugi più oltre confermare Costantinopoli notificazione fatta dal suo console a Gerusalemme. Come giustamente osserva Gavotti, più lungo differimento soluzione definitiva pregiudica interessi salesiani, soprattutto nostro prestigio, inspirando loro preoccupazioni circa efficacia protezione Italia. Per parte mia ho fatto possibile per effettuare soluzione; ora, però, non posso più proseguire pratiche presso Sublime Porta senza intervento etììcace Francia. Opportuni accordi circa questione mi sembrano tanto più urgenti, in quanto trattasi stabilire precedente per caso analogo che. molto probabilmente, si presenterà in avvenire.

908 ~ Cfr. n. 903.

5 T. l 09 del 26 gennaio, non pubblicato.

6 T. 137/9 del25 gennaio, non pubblicato.

910

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 20 febbraio 1905, ore 14,55.

Il dispaccio Lansdowne all'ambasciatore britannico in Vienna 1 per nuovo progetto di riforme in Macedonia mi fu a suo tempo comunicato a titolo strettamente confidenziale e personale. Fin d'allora, però, lord Lansdowne mi fece conoscere che desiderando assicurarsi l'assenso della Francia al suo progetto, aveva comunicato il dispaccio al Governo francese essendo convinto che questo nella qualità sua di Governo alleato avrebbe scandagliato, in proposito, il pensiero del Governo russo. Dipoi ho saputo confidenzialmente dall'ambasciatore di Francia2 che il Governo russo aveva espresso il desiderio che a quel progetto non si desse seguito aggiungendo che se il programma di Mlirzsteg si chiarisse definitivamente insufficiente, sarebbe allora il caso di escogitare altri provvedimenti da concertarsi in comune tra tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Quanto precede è per informazione personale di VE.

911

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 500/208. Parigi, 20 febbraio 1905.

La persistenza della stampa periodica francese a mantenere l'opinione pubblica di questo Paese nella credenza che fra l'Italia e l'Austria-Ungheria esista una latente ostilità che potrebbe prorompere quandochessia nelle questioni che dividono gli interessi dei due Paesi mi persuase della opportunità di valermi delle importanti dichiarazioni fatte da VE. in Senato, in risposta all'onorevole di Camporeale, per indagare il pensiero del signor Delcassé a questo riguardo e richiamare la di lui attenzione, se ne fosse stato il caso, sovra le dichiarazioni stesse.

Ciò feci nel corso di un colloquio che ebbi con questo ministro degli affari esteri il 15 corrente. Il signor Delcassé aveva avuto conoscenza del discorso pronunziato dali 'E.V. nella tornata del 9 febbraio davanti al Senato; ma la sola osservazione che egli mi fece in proposito fu che dal fatto stesso che nella nostra alta Camera si era trovato necessario d'interpellare il Governo sovra le relazioni dell'Italia con l'Austria-Ungheria risultava che nell'opinione pubblica italiana si considerava che quelle relazioni non erano completamente normali e soddisfacenti. Naturalmente il signor Delcassé mi lasciò dire tutto ciò che, nel senso delle dichiarazioni di VE., occorreva che io gli esprimessi e, dopo che la conversazione era passata successivamente ad

91 O 1 Risponde al n. 902. 2 Cfr. DDF, Il serie, t. VI, n. 88.

altri soggetti, egli trovò modo di farmi intendere che l'opinione in Francia è sempre disposta a credere che il linguaggio dei ministri degli affari esteri sia inspirato da un ottimismo professionale e che egli stesso è dal Parlamento e dalla stampa imputato di peccare sempre di ottimismo.

Che nell'intenzione del mio interlocutore vi fosse il proposito di riferire quest'ultima sua osservazione a ciò che nel colloquio nostro era stato detto prima circa l'interpellanza dell'onorevole di Camporeale, non potrei affermare. Rimasi però dalla conversazione avuta sotto l'impressione che questo ministro degli affari esteri divide almeno in parte l'opinione prevalente in Francia circa lo stato non soddisfacente delle relazioni nostre con l'Austria-Ungheria.

Se il caso se ne presenterà ulteriormente, non mancherò di prendere di nuovo norma dalle dichiarazioni della E.V. per il linguaggio da tenere in conformità delle istruzioni impartitemi con il dispaccio l Ocorrente n. 7411 1•

912

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE PER CORRIERE 389/225. Vienna, 20 febbraio 1905 (perv. il 10 marzo).

Mi pregio accusarle ricevuta del dispaccio confidenziale n. 45 in data del 22 gennaio scorso 1 pervenutomi per corriere i14 febbraio col quale I'E.V. si compiacque comunicarmi copia di un rapporto del r. ambasciatore in Costantinopoli relativo alla politica de li'Austria-Ungheria e della Russia in Macedonia. Circa tale argomento ebbi l 'onore d'intrattenere a più riprese l'E.V. coll'ulteriore mia corrispondenza, facendole conoscere come fosse opinione dei miei colleghi e mia non essere intenzione de li'Austria-Ungheria di profittare in questo momento delle condizioni interne ed esterne in cui si dibatte la Russia per dare seguito ai piani d'espansione che le si attribuiscono in Macedonia. Non si ha dubbio che le due Potenze, quantunque legate dall'accordo di Miirzsteg, abbiano nei Balcani mire loro speciali del tutto divergenti che trapelano dai maneggi dei loro agenti presso quelle popolazioni e dalla vigilanza che esercitano a vicenda nell'azione rispettiva cercando di sostituire l'influenza propria a quella dell'altra.

A questa politica loro tradizionale fu posto bensì una tregua mediante l'accordo suddetto, ma non è possibile supporre che questo ne abbia completamente troncate le trame, che di quando in quando si rendono note dalla propaganda fatta dagli agenti suddetti la quale se non è conforme alle loro istruzioni corrisponde però alle aspirazioni di entrambi i Governi.

912 1 Non rinvenuto.

Per ciò che riguarda l'Austria-Ungheria tale propaganda fa nascere naturalmente quei sospetti cui allude il marchese Imperiali nel predetto rapporto e suscita apprensioni anche in coloro che avendo fondati motivi di non dubitare della ferma sua intenzione di seguire nei Balcani una politica conservatrice, non possono non attribuire gl'indizi che appaiono che a circostanze estranee alla volontà del Governo imperiale reale alla cui lealtà credono prestar fede fino a prova contraria.

Ma da tali indizi i che farebbero supporre come l'Austria-Ungheria vada preparandosi propizio il terreno in quelle regioni per fronteggiare gli eventi che potessero offrirle occasione di conseguire i suoi fini, non sembra si possa arguire almeno per ora ch'essa voglia accingersi ad una azione che i suoi interessi non le consiglierebbero d'intraprendere almeno in questo momento.

Certamente, se si considera la situazione presente della Russia che ha permesso all'Austria-Ungheria di prendere quasi in mano la direzione delle riforme, si dovrebbe giudicare a prima vista ch'essa non potrebbe cogliere occasione più propizia per realizzare le sue mire in Macedonia.

Ma se si esamina attentamente da un lato le conseguenze che da quella situazione potrebbero forse risultare per la politica estera della Russia e dall'altra la linea di condotta seguita dali' Austria-Ungheria nei Balcani nonché la nuova condizione di cose creata nella Monarchia dalle recenti elezioni politiche in Ungheria, si dovrà riconoscere che il momento attuale non sarebbe il più favorevole per il Governo imperiale reale per intraprendere nella penisola un'azione isolata ed indipendente del tutto dalla Russia.

I recenti moti rivoluzionarii avvenuti in Pietroburgo ed in altre città dell'Impero sono stati qui considerati come un infiltramento delle idee democratiche sociali infiltratesi man mano in quelle popolazioni collo svilupparsi dei rapporti che si sono andati stringendo tra la Russia e la Francia in seguito all'alleanza. Si riconosce d'altra parte che non esiste per ora alcun indizio da cui si possa arguire che questa sia stata scossa, giacché oltre a ragioni d'ordine politico gli ingenti interessi finanziarii che ad essa si collegano consigliano entrambi i Governi a mantenerla salda. Tuttavia si constata che quell'alleanza, come mi osservava non ha guarì il signor de Mérey in un colloquio privato da me avuto con lui, non suscita ora da un lato come dall'altro l'entusiasmo col quale era accolta per l'innanzi. E quantunque si abbia la coscienza che le alleanze non si stringono più per il mantenimento del principio monarchico, si esprime però da taluni l'opinione che se i moti rivoluzionari si rinnovassero e col divenir più minacciosi ancora fossero per esporre a serii pericoli la stabilità del trono, essi potrebbero forse avere col tempo una certa influenza sull'indirizzo politico della Russia.

A queste considerazioni che suggerisce la situazione interna e che credo riferire all'E.V. non è da attribuire che una importanza relativa non riposando esse che su semplici congetture. Ma lo svolgimento di tale situazione non può non esser seguito con attenzione dal Governo imperiale reale che ha avuto sempre in mira di stringere vieppiù i suoi rapporti con quella Potenza al fine di facilitare il compito reciproco nella penisola balcanica, campo delle loro mire rivali.

Prescindendo però da tali considerazioni sembra poco verosimile che l'AustriaUngheria, che non ha tralasciato né tempo né fatica per sormontare le difficoltà non lievi che si frappongono al suo riavvicinamento alla Russia, voglia inimicarsi questa Potenza colla quale i suoi interessi la spingono ad intendersi amichevolmente per regolare la rispettiva situazione nella penisola dei Balcani.

Se si pone mente alla politica seguita dall'Austria-Ungheria dopo effettuata l'occupazione della Bosnia-Erzegovina si constata come essa abbia sempre evitato con cura di valersi della forza per stabilire il suo predominio nei Balcani ed abbia per contro cercato di valersi di mezzi pacifici per raggiungere i suoi fini coli 'addivenire ad un accordo colla Russia. Ed a tale intento furono sempre rivolti gli sforzi del conte Andrassy, che può considerarsi come il vero iniziatore della politica orientale dell'Austria-Ungheria, e si fu sotto il suo Governo che venne ventilato dopo il Congresso di Berlino un progetto di spartimento della sfera d'azione della due Potenze nei Balcani.

L'Austria-Ungheria non ignora del resto che ove seguisse un'altra linea di condotta oltre al perdere i vantaggi che si ripromette dagli accordi presi, che tiene a mantenere per poterli sviluppare all'evenienza in seguito, essa s'esporrebbe ad una lotta interminabile colla Russia e dalla quale potrebbe forse risultare la rovina della Monarchia.

Non sarebbe quindi savia politica da parte sua di profittare delle difficoltà presenti della Russia per intraprendere senza concertarsi previamente con essa una azione nei Balcani. Se essa prendesse una decisione siffatta verrebbe a sconfessare la sua tradizionale prudenza a cui si è sempre informata la sua politica estera e dalla quale non sembra volersi dipartire per ora.

A questo proposito giova ricordare che l'Austria-Ungheria, quantunque i suoi rapporti con la Russia non fossero ispirati a sentimenti così amichevoli come i presenti, non cercò di profittare della guerra del 1878 per crearle impicci nonostante i pericoli da cui erano minacciati i suoi interessi e l'integrità dell'Impero ottomano ed in prezzo del contegno benevolo da essa osservato in tale circostanza ebbe quale compenso concessole dal!' imperatore Alessandro III nel congresso di Reichstadt l'occupazione della Bosnia Erzegovina.

Ma se fosse realmente n eli 'intenzione del!' Austria-Ungheria di realizzare da sola in questo momento, senza tener conto di queste varie circostanze e delle conseguenze che potrebbero risultarne per i suoi rapporti colla Russia, le sue aspirazioni in Oriente, non sarebbe troppo azzardato il supporre che la Germania, con cui intrattiene i più stretti rapporti e che contribuì al suo ravvicinamento a quella Potenza, non tralascerebbe di sconsigliarla da tal passo che le creerebbe una situazione oltre modo complicata mettendola nella necessità di pronunziarsi in pro della sua alleata e contro la Russia, di cui sollecita l'alleanza e che interessi vitali le impongono di non alienarsi ed alla quale per antica tradizione di cose la casa Hohenzollern non lascia passare occasione per dimostrarle il suo vivo desiderio di esserle calda amica.

Ciò nonostante hanvi in questi circoli politici persone che non nascondono le loro vive preoccupazioni per le conseguenze che potrebbero risultare per l'AustriaUngheria dalla situazione presente della Russia per ciò che riguarda l 'opera riformatrice da loro iniziata nei Balcani. Essi osservano che qualora la situazione fosse per aggravarsi, l'Austria-Ungheria sarebbe forse costretta di addossarsi del tutto, più di quello che non lo tàccia attualmente, il peso delle riforme venendo così ad assumere una maggiore e più diretta responsabilità per l'esito delle medesime. E manifestano ad un tempo il timore che nel caso in cui eventi gravi fossero per prodursi nei Balcani il Governo imperiale e reale sarebbe forse indotto, contrariamente alla sua volontà per tutelare i suoi interessi e la tranquillità nella penisola, ad un'azione che potrebbe avere serie conseguenze per la politica estera ed interna della Monarchia.

Tali preoccupazioni, però, che si manifestavano prima che fossero noti i risultati dell'elezioni politiche in Ungheria, hanno ceduto ora il passo ad altre preoccupazioni maggiori che assorbono del tutto l'opinione pubblica delle due parti della Monarchia e che sono suscitate dalla nuova situazione politica creata da quelle elezioni. Quantunque queste non abbiano avuto per risultato che di mettere vieppiù in evidenza l'evoluzione che andavasi operando in Ungheria e che si concreta nella sua separazione doganale e militare dalla Cisleitania, esse hanno fatto però constatare che i principi sui quali quella evoluzione si basava e che erano finora considerati come il patrimonio di un solo partito politico sono stati accettati da una gran parte del corpo elettorale e potrebbero forse essere abbracciati dall'intero Paese personificandosi in essi l'idea nazionale magiara. Sarebbe prematuro di pronunciarsi sulla soluzione che sarà data alla crisi attuale, ma si prevede in generale che l 'attuazione delle domande messe innanzi dal partito dell'indipendenza che sollevano problemi ardui e delicati e contro le quali si pronunziò recisamente l'imperatore, se fosse ora eliminata, s'imporrà in avvenire all'esame della corona e non potrà non intralciare nel frattempo, indebolendola, l'azione interna ed estera del Governo imperiale e reale.

Non è certo quindi in questo momento e può dirsi anche in un periodo di tempo posteriore, finché quei problemi non saranno risolti almeno in parte in modo più o meno favorevole alle domande suddette, che l'Austria-Ungheria potrebbe pensare a dar seguito ai suoi pretesi piani di estensione nei Balcani, contro la esecuzione dei quali, qualora intendesse effettuarli per dare un diversivo alla questione interna, potrebbe forse opporsi l'Ungheria coi mezzi legali di cui dispone come fa presentire il signor Kossuth in un recente suo articolo pubblicato nel Magyar Orsyag imponendo quale condizione al suo consenso l'esecuzione più o meno parziale delle sue domande.

Ed è questo un altro motivo che aggiunto a quelli sopra riferiti farebbe supporre come le circostanze presenti non sieno le più favorevoli all'Austria-Ungheria per profittare delle difficoltà della Russia al fine di realizzare le sue mire in Macedonia, salvo beninteso che necessità impellenti non la costringessero ad intraprendere un'azione in tale direzione2 .

911 1 D. 7411/151 del IO febbraio, non pubblicato.

912 2 Con successivo R. 401/228 del2 marzo A varna smentiva la notizia, comunicata dal console a Sarajevo, di progetti austriaci di occupare militarmente il sangiaccato di Novi Bazar.

913

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 322/21. Pietroburgo, 21 febbraio 1905, ore 8,20.

In un articolo odierno della Novoie Vremia 1 , che spedisco per posta, parlando della tensione fra Italia e Austria, che attribuisce alla questione Balcani, si riconosce che gli interessi della Russia nei Balcani sono molto più analoghi a quelli dell'Italia che non a quelli dell'Austria, e si accenna alla opportunità di un ravvicinamento coll'Italia. Atteso che l'accordo austro-ungarico non ha dato i frutti desiderati ed in considerazione dei grandi interessi che ha l'Italia nelle rive dell'Adriatico e che le assegnano una parte importante nella soluzione della questione balcanica, il giornale si domanda se non converrebbe dare all'Italia, nelle riforme, una compartecipazione più attiva di quanto ebbe finora.

914

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 246. Roma, 21 febbraio 1905, ore 18.

Pregola comunicare Ciccodicola seguente telegramma Colli a lui diretto 1: «Ho comunicato Menelik telegramma di VS. insistendo sul desiderio espresso che conclusione trattative banca siano ritardate sino all'arrivo di VS. nell'interesse dell'imperatore. Menelik mi disse che non crede trattative possano essere condotte a termine ora e mi autorizza telegrafare assicurando Governo che prima di impegnarsi definitivamente mi comunicherà decisione che intende prendere in proposito». Ciccodicola informerà dettagliatamente VE. stato questione. Io la prego di informarsi cautamente se Delcassé è informato questione e se ne interessa. In caso affermativo voglia fargli rilevare convenienza che partecipazione italiana francese inglese avvenga mediante costituzione sindacato misto, al quale dovrebbe esser fatta concessione e non colla cessione di una quota del capitale da parte Banca nazionale egiziana che figurerebbe come unica concessionaria. Di questa nostra maniera di vedere do comunicazione a Londra. Sulle pratiche di Ciccodicola dovrà mantenersi anche con codesto Governo segreto assoluto.

913 1 Il presente telegramma riproduce con esattezza la sostanza dell'articolo, che non si pubblica. 914 1 È il T. 309/67 del 19 febbraio, trasmesso tramite Asmara il20 febbraio, ore 3,40.

915

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 247. Roma, 21 febbraio 1905, ore 18,15.

Dal progetto di convenzione per costituzione Banca Etiopia formulato Banca nazionale egiziana rilevo che concessione verrebbe fatta esclusivamente detta Banca, la quale cederebbe un quarto azioni gruppo italiano e un quarto gruppo francese. Pregola comunicare codesto Governo che secondo nostro punto di vista, invece, dovrebbe costituirsi prima sindacato misto al quale dovrebbe essere fatta concessione. In questo senso erano in massima d'accordo Ciccodicola e Harrington e credo che anche codesto Governo converrà in questa convenienza, tanto più che promessa Banca era stata fatta da Menelik originariamente a Ciccodicola. Da parte nostra naturalmente nulla si oppone a che capitale francese partecipi costituzione sindacato.

916

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 248. Roma, 21 febbraio 1905, ore 18,30 1.

Comunicazioni interessanti gruppo capitalisti italiani possono essere fatte direttamente Banca Italia Roma. Il punto di vista della S.V. che concessione debba essere fatta sindacato misto e non esclusivamente Banca nazionale egiziana è anche il nostro. In questo senso ella è autorizzata a esprimersi costì. Ella vorrà altresì cautamente richiamare attenzione Menelik sopra pericolo politico di una così importante concessione di monopolio.

916 1 Trasmesso via Asmara.

917

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO SEGRETO 513/213. Parigi, 21 febbraio 1905 (perv. il 10 marzo).

Ieri mattina ho ricevuto per mezzo del maggiore Ciccodicola, ministro di S.M. in Etiopia, il dispaccio di V.E., in data 17 corrente 1 , relativo alla convenzione segreta negoziata fra l'Italia e l'Inghilterra con la condizione che, prima della sua definitiva conclusione, ne sarà data confidenzialmente comunicazione alla Francia. Di questa comunicazione l'E.V., con il precitato dispaccio, mi da l'incarico per quanto riguarda l'Italia. Nell'intendimento del Governo di S.M. è che la convenzione, concordata fin qui a due, potrebbe eventualmente trasformarsi in un accordo a tre comprendendovi anche la Francia.

Premetto che, sebbene io abbia qualche seria ragione di credere che il signor Delcassé non abbia ignorato per lo meno l'esistenza delle nostre trattative con Londra2, egli nulla me ne disse mai fino ad oggi.

Per avere con lui una conversazione sovra questo soggetto, gli chiesi apposita udienza e, recatomi oggi da lui, gli esposi anzi tutto che la posizione geografica dei due possedimenti dell'Italia in Africa e l'interposizione fra essi dell'Etiopia mettevano il Governo nostro nella condizione di preoccuparsi fin d'ora dei mutamenti, non tutti evidentemente prevedibili nei loro particolari, che si potrebbero produrre in quel Paese sovra tutto al momento della morte del negus Menelik. Da parte dell'Inghilterra era parimenti evidente l'interesse di vegliare sulle sorti di una contrada sulla quale decorrono acque che alimentano il corso del Nilo. In certe prevedibili eventualità, quando, malgrado l'interesse e le intenzioni dei due Governi di conservare lo statu qua territoriale, tale intento correrebbe serio pericolo di non poter essere raggiunto, l'uno e l'altro dei Governi stessi sarebbero necessariamente condotti a prendere delle misure atte a preservare i prevalenti loro interessi. Allo scopo di evitare le difficoltà che potrebbero nascere se un'intesa si dovesse pigliare sotto la pressione di circostanze che non ammettessero gli indugi, i Gabinetti di Roma e di Londra hanno esaminato insieme alcuni punti destinati sia a prevenire competizioni non desiderabili, sia a mantenere lo statu qua presente, sia a provvedere per il caso in cui questo non potesse essere conservato.

Ma siccome i due Governi, nell'esame dei detti punti, riconobbero che la Francia, a causa della ferrovia in costruzione che ha capo a Gibuti, avea essa pure interessi da preservare nella contemplata ipotesi e che era conseguentemente desiderabile che il Gabinetto di Parigi, messo a parte confidenzialmente delle clausole sulle quali l'Italia e l'Inghilterra si sono accordate, o desse alle clausole stesse la sua accessione, od entrasse a far parte della convenzione che così sarebbe stipulata fra tre invece che

fra due Potenze, il mio Governo mi avea incaricato di eseguire qui la comunicazione dell'accordo stabilitosi fra lui e quello di S.M. britannica. A tal fine, io ero autorizzato a rimettere al mio interlocutore, se egli lo desiderava, la versione in lingua francese dell'accordo stesso, facendo però ben osservare che la comunicazione rivestiva per ora il carattere puramente informativo e confidenziale.

Il signor Delcassé mi disse che una analoga comunicazione gli era pervenuta ieri da Londra e ch'egli non avea potuto ancora esaminarla. Gli era grato di ricevere a titolo informativo e segreto il documento che io gli offriva e che egli esaminerebbe.

Il maggiore Cioccodicola mi ha detto aver egli istruzione di rimanere qui a mia disposizione per fornirmi tutte le indicazioni che mi potessero occorrere. Ebbi con lui ieri un lungo colloquio; ma alla mia domanda per sapere quale sia il desideratum nostro nell'ipotesi della disintegrazione dell'Impero etiopico, egli non sembrò preparato a rispondere. Ancorché non sia venuto ancora il momento di far conoscere ad altri Governi le nostre viste a tal riguardo, sarebbe cosa assai vantaggiosa, per chi è chiamato ad agire diplomaticamente in questo affare, di avere in proposito una cognizione sicura.

917 1 Cfr. n. 900. 2 Cfr. infatti Cambon a De1cassé, 29 ottobre 1904 in DDF, II serie. t. V, n. 408 e poi vari documenti successivi in argomento.

918

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 517/215. Parigi, 21 febbraio 1905 (perv. il 25).

Appena ebbi preso cognizione dei due dispacci, 12 e 14 febbraio di V. E. 1 , relativi alle notizie pervenutele dalla Tunisia circa la concentrazione, per la metà di marzo prossimo, di un corpo di 2000 uomini destinati ad operare verso Gadames2 , io mi permisi di esporre ali 'E.V. il parere che, mentre io avrei parlato di questa cosa con il signor Delcassé, convenisse ch'ella avesse in proposito una chiara spiegazione con l'ambasciatore francese a Roma. Mi indussero a telegrafare in questo senso a lei, la sera del 19 corrente3 , le seguenti considerazioni.

L'opinione prevalente, fra coloro che spinsero la Francia a fare l'attuale sua politica africana, è che al trionfo di essa occorra assolutamente di stabilire la dominazione francese sovra le tribù del Sahara e che, per rendere tale dominazione effettiva, sia necessaria l'occupazione delle grandi oasi poste nell'hinterland della Tunisia od in territorio tripolitano, se la Porta non è in istato di fare in quei territori una polizia efficace e sufficiente. Si è veduto più di una volta segnalare Gadames come situato nell'hinterland della Tunisia ed affermare che geograficamente quella oasi non appartiene alla zona soggetta alla sovranità della Turchia. Io non oserei dire che fra i ministri attualmente in carica vi sia chi pensa appunto così a questo riguardo; ma mi riferirò a cose recentemente scritte per mettere il R. Governo in avvertenza che, princi

2 Cfr. in proposito n. 881.

3 Cfr. n. 907.

palmente per ciò che concerne la politica coloniale ed africana, il signor Delcassé non può essere considerato attualmente libero delle sue decisioni come lo era stato durante il precedente Ministero.

Premesse queste cose, debbo riferire a VE. che io non ho esitato a dire oggi stesso al signor Delcassé che da informazioni pervenute al R. Governo risultava che una concentrazione di truppe si preparava per un'azione verso Gadames. Sulle prime il signor Delcassé mi rispose, interrompendomi, che erano tutte baje; che i nostri informatori guadagnavano male i loro salari. Interruppi a mia volta dicendo che le informazioni ci pervenivano dai nostri agenti ufficiali ed indicai partitamente quali erano le truppe chiamate ad operare in Tunisia e quali doveano queste raggiungere venendo dall'Algeria. Mi sembrò che quando il ministro sentì parlare di truppe provenienti dali' Algeria, tendesse l'orecchio. Egli replicò: «di ciò che si fa in Tunisia rispondo perché la Tunisia dipende dagli affari esteri». Senza dimostrare di prendere nota di questa dichiarazione piuttosto ristrettiva, io insistetti nel dire che, dappoiché egli il ministro smentiva recisamente le voci corse circa la concentrazione di truppe e lo scopo della medesima, io avrei trasmesso a VE. tale smentita. A questo punto il signor Delcassé approvò col gesto dando il suo assenso a quanto io diceva. Ma, continuando io a dire che se le anzidette voci venissero raccolte in Italia e portate davanti il Parlamento, V. E. si troverebbe nel caso di rendere pubblica la smentita, il mio interlocutore tacque e cessò di gestire.

Dalle quali cose che, per mio dovere, narro nei minuti particolari, non crederei convenga esagerare l'importanza; ma, a parer mio, non gioverebbe neppure dimenticarle e perderle di vista.

918 1 D. 7616/161 e D. 80371171, non pubblicati.

919

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI

T. 261. Roma, 22 febbraio 1905, ore 19,30.

Istituto salesiani. Dal momento che, come risulta anche dal rapporto di V.E. n. 361, è accertato il fatto del ritiro della protezione francese, non vedo perché la Sublime Porta debba subordinare ad una notificazione della ambasciata di Francia la sua adesione alla nostra richiesta, la quale trae il suo fondamento giuridico dal fatto che si tratta di istituti italiani che hanno formalmente invocato la protezione del R. Governo. Aggiungo confidenzialmente che a noi non conviene lo ammettere che il nostro diritto in certa guisa dipenda dal beneplacito del Governo francese, tanto più che non è esclusa la eventualità, da parte della Francia, di riserva che potrebbero [si c] metterei reciprocamente in imbarazzo. Prego quindi VE. di insistere fermamente presso la Porta acciocché la nostra domanda sia senz'altro accolta.

919 1 Non rinvenuto. Ma sulla questione cfr. n. 909.

920

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 334115. Londra, 22 febbraio 1905, ore 21,25.

Circa oggetto del telegramma di V.E. n. 247 1 mi venne dichiarato da questo Ministero degli affari esteri non aversi qui notizia veruna sui negoziati della Banca nazionale egiziana con Addis Abeba, aggiungendo non essere in grado di dare alcuna speciale istruzione che implicherebbe responsabilità del Governo in un affare qui considerato come di ordine finanziario privato.

921

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 347/69. Addis Abeba, 23 febbraio 1905 1.

Avendomi ministro germanico accennato ad allusioni fatte a Menelik, nel primo colloquio avuto con lui, alle questioni etiopiche in Palestina ed alla influenza dell'imperatore di Germania sul sultano, nella previsione che Menelik voglia sollecitare appoggio imperatore di Germania presso il sultano, ho creduto a proposito avere oggi una conversazione col capo della missione germanica su questo soggetto e metterlo al corrente della situazione politica ad esso attinente. Ministro germanico mi ha assicurato che, qualora Menelik lo intrattenga su questo soggetto, egli, pur accogliendo le di lui richieste per essere trasmesse suo Governo, gli farà osservare che, in conformità incarico Menelik stesso conferito al console d'Italia a Gerusalemme, questi ha fatto e fa quanto è possibile per tutelare interessi etiopici, pur essendo questi in grave conflitto con altri interessi. Per non urtare la suscettibilità Menelik ho pregato ministro germanico limitarsi dimostrare Menelik vantaggi che egli può avere dali' opera nostra disinteressata, senza insistere sul diritto di protezione che egli ci ha riconosciuto e sui doveri che si è assunto.

921 1 Il telegramma fu trasmesso via Asmara il 24 febbraio, ore Il.

920 1 Cfr. n. 915.

922

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 536/223. Parigi, 23 febbraio 1905 (perv. il 4 marzo).

li generale De Négrier che uscì dal servizio attivo, l'anno passato, facendo, secondo l'espressione francese, claquer !es portes, sarebbe a quest'ora già entrato nel quadro di riserva per limite di età. Egli acquistò qualche rinomanza nel comando di spedizioni coloniali e si atteggiava, durante gli ultimi anni, a supremo duce degli eserciti di Francia. Nazionalista violento, più per istinto che per interesse, s'impose al Governo che pure lo teneva in diffidenza, conservandogli però alti comandi.

Verso la fine di gennaio ultimo, il generale De Négrier partì da Marsiglia per l'Egitto, daddove pare si proponesse di recarsi in Abissinia. In un'intervista con un estensore di gazzette, il generale avrebbe detto ch'egli sarebbe accompagnato nel suo viaggio da due amici suoi, al pari di lui ufficiali in ritiro, che il viaggio durerà una quindicina di mesi, ch'egli viaggerà per conto proprio; ma sperare egli di poter essere una volta dippiù utile al suo Paese.

Appena è mestieri aggiungere che il generale De Négrier si palesò in ogni circostanza ritroso ad accettare personalmente gli effetti del ravvicinamento del suo con il nostro Paese ed io stimo che se egli si recherà in Abissinia, i servizi ch'egli stima di poter rendere alla Francia consisteranno principalmente nello osteggiare i nostri interessi.

Per questo motivo trovo opportuno di segnalare a V. E. il viaggio di questo generale francese sul quale l'azione o l'influenza del Governo si riducono ormai ad assai piccola cosa 1•

923

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, ALL'IMPERATORE DI GERMANIA, GUGLIELMO II

L. [Roma], 24 febbraio 1905.

Mon ambassadeur, le général Lanza, appelé à Rome par mon Gouvernement, rentre maintenant à Berlin. Je le charge de t'apporter cette lettre, où je tiens à t'exprimer tout le plaisir que j'éprouve d'avoir bientòt l'occasion de te voir et de présenter mes hommages à l'impératrice. J'espère que la reine, que ses devoirs de jeune mère

ne laissent pas entièrement libre, pourra cependant se joindre à moi et avoir ainsi l 'heureuse chance de faire la connaissance personnelle d'une souveraine dont elle sait et apprécie les hautes qualités. Ce sera un nouveau lien qui s'ajoute à ceux qui unissent déjà nos familles.

*Le général Lanza est également chargé par mon Gouvernement d'ètre, auprès du tien, l'interprète autorisé de déclarations et assurances que je connais et j'approuve entièrement et qui contribueront, j 'en ai la certitude, à raffermir de plus e n plus l es relations d'intime et confiante amitié que j'ai à coeur de voir maintenues entre nos Pays et nos Couronnes* 1•

C'est avec c es sentiments que tu partages, je le sais, entièrement avec moi ...

922 1 Allegato il seguente appunto: «Ringraziare. Avvertiremo Ciccodicola per mettere in guardia il negus. A Addis Abeba in copia. Metta in guardia Menelik, ben chiarendo che il Governo francese è estraneo». Così infatti fu scritto a Tomielli con D. 14077/398 del 18 marzo, che non si pubblica. E cfr. n. 968.

924

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 356/22. Vienna, 25 febbraio 1905, ore 5,45.

Signor de Mérey mi ha riferito avere conte Goluchowski diretta agli ambasciatori d'Austria-Ungheria all'estero circolare relativa proposte concordate con Russia circa dazi doganali Turchia, in cui due Governi dichiarano aderire loro aumento, purché Governo ottomano consenta a tre condizioni già indicate nel mio telegramma del 191 , compresa accettazione regolamento finanziario elaborato dagli agenti civili. Ambasciatori d'Austria-Ungheria sono stati incaricati di comunicare proposte ai Governi presso i quali sono accreditati, perché vengano da essi appoggiate presso la Sublime Porta.

925

IL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. URGENTE 358/ ... Addis Abeba, 25 febbraio 1905 1.

Delegato Banca nazionale Egitto dichiara essere costretto fissare lunedì sera limite massimo attesa risposta gruppo italiano per accettare offerta compartecipazione un quarto affare, senza fallo, dovendo rispondere domanda compartecipazione presentata da tedesco ed austriaco. Azioni saranno emesse Londra, Parigi, Roma,

Berlino, Vienna, New York, Addis Abeba. Egli non reputa accettabile proposizione che la concessione sia data sindacato misto anglo-italiano. Malgrado le assicurazioni Menelik, credo che egli sia già impegnato e disposto dare concessione Banca nazionale Egitto. Nostro mantenimento partecipazione in questo affare ha, nondimeno, grande importanza politica e finanziaria. Non credo che gruppo francese partecipi affare. Delegato è di parere che gran parte azioni saranno sottoscritte Addis Abeba. Egli ha visitato riserve tesoro Stato e private Menelik. Attendo risposta urgente2 .

923 1 Il passo fra asterischi è ed. in ToMMASINl, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. l, cit. p. 470 e in GP, vol. XX/l, n. 6429, nota.

924 1 In realtà del 17 febbraio. Cfr. n. 893.

925 1 Trasmesso tramite Asmara il 25 febbraio, ore 5.

926

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIOLITTI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

U. Roma, 25 febbraio 1905.

I sospetti del Governo imperiale, dei quali ella si è fatta eco fedele presso il R. Governo, circa l'esistenza di accordi nostri con la Francia i quali possano in qualunque maniera modificare e attenuare gli impegni che ci legano alla Germania, hanno destato in noi viva preoccupazione; né poteva essere a meno, data la sincerità e la lealtà con le quali siamo entrati nella Triplice Alleanza e vogliamo continuare a formarne parte.

E il persistere di tali sospetti, dopo le prime dichiarazioni che ella ebbe a fare, aumentò quelle nostre preoccupazioni, e ci persuase della convenienza di pregarla di venire ella stessa qui in Roma, per poterei formare così un concetto più diretto e più preciso delle disposizioni del Governo germanico. E fu molto opportuna questa nostra decisione, imperocché da quanto VE. ebbe a dirci, ci siamo formati la persuasione che il Governo germanico non è mosso che da un solo sentimento, e cioè dal vivo desiderio di poter essere convinto di avere in noi un'alleata fedele, sulla quale poter fare sicuro assegnamento per l'adempimento degli obblighi assunti. Noi dal canto nostro siamo lieti di essere in grado di poterle fare, a tale proposito, delle dichiarazioni le quali varranno a rassicurare del tutto il Governo imperiale, e a garantire alla nostra alleanza quell'ambiente di sicurezza e di mutua confidenza assoluta, del quale essa ha bisogno per poter manifestare i suoi utili effetti.

Per rispondere pertanto in modo preciso alla domanda che le venne rivolta dal cancelliere dell'Impero, noi la autorizziamo a dichiarare che non esiste tra l'Italia e la Francia alcun accordo, né politico né militare, che contraddica alla Triplice Alleanza

o diminuisca il valore degli impegni da noi assunti colle Potenze alleate.

Però, benché durante il presente Ministero nulla sia avvenuto che nemmeno in apparenza possa spiegare l'informazione pervenuta al cancelliere, poiché avemmo già occasione di smentire nel modo più reciso ed assoluto che il viaggio del presidente Loubet abbia dato luogo a qualsiasi accordo fra Italia e Francia, abbiamo pensato che probabilmente l'origine dell'informazione dovesse trovarsi in atti di precedenti Ministeri.

Ed a tale riguardo noi la autorizziamo a dar notizia al cancelliere che il ministro Prinetti ebbe a fare al Governo francese, prima e dopo l 'ultimo rinnovamento della Triplice Alleanza, delle dichiarazioni per dargli la sicurezza che l'Alleanza ha carattere difensivo, e che nulla vi è nell'Alleanza stessa che obblighi l'Italia ad uscire dalla neutralità nel caso di aggressione o di provocazione diretta verso la Francia.

In ciò nulla vi è che in qualunque modo contrasti alla Triplice Alleanza o possa in qualunque misura alterarne, modificarne o attenuarne la portata o gli obblighi che a noi ne derivano, non essendo altro che la conferma del contenuto de li'Alleanza stessa quale fu anche più volte da vari ministri degli esteri dichiarato in Parlamento.

Noi autorizziamo in pari tempo l'E.V. ad affermare nel modo il più categorico che all'infuori delle citate dichiarazioni del ministro Prinetti non esiste tra noi e la Francia accordo alcuno.

925 2 Per il seguito cfr. n. 928.

926 1 Ed. in TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, vol. I, cit., pp. 468-469 e, in traduzione francese, in GP, vol. XXII, D. 6428, Allegato. La notizia del ritorno a Berlino di Lanza, latore della lettera del re e di quella di Giolitti c Tittoni, fu trasmessa da Monts il 25 febbraio, ibid., D. 5427.

927

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 96/39. Pietroburgo, 25 febbraio 1905 (perv. 1'8 marzo).

L'articolo della Novoe Vremia che ho avuto l'onore di comunicare all'E.V. col mio rapporto del 21 corrente n. 83/35\ e con cui l'autorevole giornale di Pietroburgo invoca la compartecipazione dell'Italia, accanto alla Russia ed all'Austria-Ungheria, all'opera di riforme in Macedonia, puossi considerare come una naturale logica conseguenza dei sospetti e delle diffidenze con cui comincia ad essere seguita da questa opinione pubblica la politica austriaca nei Balcani. È, in pari tempo, la constatazione dei pericoli assai gravi che, nelle mutate condizioni politiche di questo Impero, potranno derivare per gli interessi russi da una continuazione della nota intesa a due, quale viene presentemente praticata, da cui soltanto l'Austria-Ungheria tende ad avantaggiarsi.

Quest'intesa sorse, difatti, in un momento in cui la Russia, libera ancora di altre cure, era in atto di accingersi all'opera con tutta la libertà di movimento ed in condizioni tali da prevenire che nulla venisse a compromettere la sua posizione privilegiata nei Balcani. Ma sopravvenne la guerra, colla nota sequela di calamità e disastri, che richiamò altrove tutte le sue preoccupazioni e tutte le sue energie, di modo che la sua

azione nella penisola balcanica è, ed è probabilmente destinata a rimanere per molto tempo ancora, assai limitata. Da ciò è derivata una situazione nuova, tutta a vantaggio della politica de li'Austria, e di cui havvi pericolo che questa Potenza sia tentata di valersi per accrescere e consolidare a dismisura la sua influenza in Oriente, eventualità che la Russia, più di qualsiasi altro Stato, è interessata ad impedire. L'intuizione di un siffatto pericolo pare oramai farsi qui strada e con essa il desiderio di porvi riparo. Il suggerimento della Novoe Vremia di una compartecipazione dell'Italia mira evidentemente a questo scopo, mentre altri forse inclinerebbero, ed è questa la soluzione che offrirebbe indubbiamente maggiore probabilità di riuscita, a che la continuazione dell'opera di riforme in Macedonia venisse affidata a tutte quante le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino.

La situazione apparisce anzi così chiara e lampante, così evidenti appariscono i pericoli che ne potranno derivare agli interessi russi, che non è guari ammissibile ch'essa non si sia già da tempo imposta all'attenzione degli uomini cui è affidata la direzione della politica estera russa. Né è, del pari, improbabile che sia da loro già stata contemplata l'opportunità di cercarvi un rimedio in un ripristinamento del concerto europeo, come lascerebbero del resto supporre le dichiarazioni fatte dall'agente civile in Macedonia e riferite aii'E.V. dal r. console in Salonicco2 .

Devo tuttavia confessare che, a parte il vago accenno ad una eventuale amplificazione del programma di Mtirzsteg coll'adesione di tutte le Potenze, da me riferito nel rapporto n. 58/25 del l O corrente3 , il conte Lamsdorff non si è mai pronunziato categoricamente con me a tale riguardo e neppure, a quanto almeno mi consta finora, con altri miei colleghi. Non credo, poi, che il conte Lamsdorff sia uomo da affrancarsi del tutto da quella specie di dipendenza in cui pare essersi volontariamente posto rimpetto all'Austria-Ungheria nella questione macedone, specialmente in questo momento in cui sembra essere base della sua politica, conforme del resto alle sue personali inclinazioni, il mantenersi intatte le buone grazie dei due Imperi centrali4 . Tanto meno, poi, lo ritengo capace di farsi a Vienna molto caldo patrocinatore di una più diretta compartecipazione dell'Italia nelle riforme in Macedonia; proposta che, temo, non incontrerebbe colà che un assai scarso favore.

3 Non pubblicato.

4 Si pubblica qui il seguente passo del R. 95/38 del 26 febbraio, col quale Melegari riferiva su un colloquio avuto con Hartwig, «braccio destro del conte Lamsdortl' e, come alcuni pretendono, più di un semplice esecutore, talvolta ispiratore della sua politica»: «Parlandomi delle difficoltà che si ebbero a sormontare nello svolgimento dell'opera riformatrice, spesso suscitate, come egli riconosceva, dalle nervosità ed intransigenze della diplomazia austriaca, il signor Hartwig mi dimostrava come il Gabinetto di Pietroburgo si fosse sempre studiato, e continuerebbe a farlo in avvenire, di assumere la parte di conciliatore, affine di scartare tutti gli intoppi che potessero ostacolare il raggiungi mento della meta desiderata».

927 1 Non pubblicato, ma sull'argomento cfr. n. 913.

927 2 R. 147/31 del 18 gennaio, non pubblicato.

928

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 283. Roma, 26 febbraio 1905, ore 16 1.

Banca Italia possiede già adesione di massima capitalisti italiani. Manca peraltro tempo materiale per ottenere dagli istituti partecipanti impegno formale. Non potendo Banca d'Italia per espresso divieto suoi statuti assumere essa affare, benché sia sicura sottoscrizione, conviene che ella faccia riservare per gruppo italiano convenuta partecipazione del quarto salvo inviare entro settimana prossima ratifica definitiva. Intanto continui agire segretamente su Menelik, affinché mantenendo sua promessa protragga suo definitivo impegno.

929

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA 1

T. 285. Roma, 26 febbraio 1905, ore 20.

Duca Avarna mi telegrafa2 avere conte Goluchowski diretta agli ambasciatori d'Austria-Ungheria circolare relativa proposte concordate con Russia circa dazi doganali Turchia in cui i due Governi dichiarano aderire domandato aumento da otto a undici per cento purché Sublime Porta consenta alcune condizioni fra cui accettazione regolamento finanziario Macedonia elaborato agenti civili.

(Per Londra) Ora mentre convengo con codesto Governo sulla convenienza di pretendere che in parte almeno nuovi redditi siano destinati riforme in Macedonia, parmi che proposta austro-russa fatta prima che regolamento finanziario abbia ottenuto adesione altre Potenze sia poco corretta e che non avendo aumento dazi doganali che rapporto del tutto indiretto con programma Milrzsteg, iniziativa austro-russa a tale riguardo tende a costituire quei due Stati come le vere Potenze protettrici della Turchia in Europa. Parmi per ciò che anche solo discutere senza riserve nuova proposta creerebbe grave precedente. Desidero che V.E. chieda esplicitamente parere marchese Lansdowne in proposito3 .

2 Cfr. n. 924.

3 Pansa rispose con T. riservato 374/19 del l o marzo, di cui si pubblica il passo seguente: «Marchese Lansdowne mi ha confidenzialmente comunicato testo della risposta consegnata ieri all'ambasciatore di Turchia circa proposta aumenti dazì doganali. La nota dichiara non potere Governo britannico assentire, nemmeno in principio, a quella richiesta se non dietro ulteriori spiegazioni e guarentigie,[... ]».

(Per Berlino) Desidero sapere se codesto Governo persista opposizione regolamento finanziario comunicatomi V. E. ed in tale caso quale accoglienza si proponga di fare alla nuova proposta austro-russa.

928 1 Trasmesso via Asmara.

929 1 Ed. in LV 104 con molte varianti ed omissioni, p. 277.

930

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO

T. 289/66. Roma, 27 febbraio 1905, ore Il, 15 1.

Autorizzala comunicare in modo definitivo accettazione gruppo italiano convenuta partecipazione del l /4.

931

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, SALETTA

NOTA RISERVATA 10585/376. Roma, 27 febbraio 1905.

Segno ricevuta e ringrazio V.E. della nota in data 12 corrente n. 57 1 con cui si richiama l'attenzione di questo Ministero sulle voci concernenti una prossima spedizione militare francese in Tripolitania.

Le informazioni contenute in detta nota confermano in certa misura quanto dal

r. agente consolare a Gabes è stato testé riferito ai rr. consoli in Tunisi e Tripoli e da questi comunicatomi circa alcuni indizi che starebbero a dimostrare un aumento di attività francese al confine tripolo-tunisino2 .

Le supposizioni che i movimenti di truppe additatici possano rappresentare una minaccia di inclusione dei distretti di Ghadames e Gher nei domini della Repubblica è, per quanto mi consta, da ritenersi priva di ogni fondamento. Ho tuttavia interessato la r. ambasciata in Parigi3 a fare riservate indagini e a riferirmi sulle circostanze che possano aver dato origine al rinnovarsi nel momento attuale delle voci di cui si tratta.

2 R. 453/35 del l o febbraio e R. 174/55 del 18 febbraio, non pubblicati.

3 Con due dispacci 7616/161 bis, del 14 gennaio, e 8037/171, del 12 febbraio, non pubblicati.

930 1 Trasmesso via Asmara.

931 1 Cfr. n. 881.

932

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BO ASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 239/61. Sofìa, 28 febbraio 1905 (perv. il 13 marzo).

Nel suo rapporto del 24 dicembre n. 2271 , il r. ministro a Belgrado, accennando agli intrighi orditi da Fethy pascià si domanda cosa accada a Sofia.

Approfitto della partenza del corriere per riferire a V.E. che, secondo tutte le informazioni attinte a fonti sicure e diverse, non si potrebbe dire che l'opera del commissario imperiale qui residente sia così sospetta come quella del ministro ottomano presso la Corte serba. Sadik pascià, per l'origine araba e per aver servito sempre nell'esercito, agirebbe, a quanto si dice, con franchezza: mi consta si presti mal volentieri ai tortuosi maneggi tradizionali nella diplomazia ottomana, e non nasconde di trovarsi a disagio in questo posto. Così, affievolito forse il ricordo delle istruzioni concilianti che pare abbia avuto, non sa celar sempre i sentimenti dell'animo suo verso questo Principato «vassallo» che si permette di minacciar di continuo la tranquillità dell'Impero.

Come ho avuto già l'onore di riferirlo all'E.V., una quotidiana, reciproca, invincibile diffidenza aleggia sulle relazioni tra i due Governi. Ma vi è un fatto che potrebbe determinare un diverso atteggiamento nella politica della Turchia verso la Bulgaria e questo sarebbe il «pericolo austriaco», che, per le condizioni in cui si trova la Russia, si considera minaccioso tanto a Costantinopoli quanto a Sofia.

Mi risulta in modo positivo che Sadik pascià ha avuto l'incarico di richiamar su di esso l'attenzione del principe Ferdinando e di comunicargli, d'ordine del sultano, che ove l'Austria-Ungheria avanzasse in Macedonia le truppe imperiali sarebbero pronte ad unirsi a quelle bulgare (e quindi alle serbe) per arrestare la marcia del comune nemico. Non ho potuto sapere se il principe Ferdinando abbia assunto degli impegni in questo senso, né quali assicurazioni abbia fàtto giungere al suo «Alto Sovrano». Mi venne anche riferita la frase di cui si sarebbe servito il commissario imperiale nella sua intervista con Sua Altezza Reale. Essa è la seguente: «Malgrado tutto la Turchia considera sempre la Bulgaria come una figlia e, data la temuta evenienza, madre e figlia dovrebbero far causa comune, ed i loro soldati combattere spalla contro spalla».

Credo bene di aggiungere che questo ministro della guerra, in un colloquio confidenziale avuto col nostro addetto militare, si è pure espresso nello stesso senso, affermando che, nella eventualità di una azione d eli'Austria-Ungheria, la Bulgaria e la Serbia dovrebbero unirsi alla Turchia per respingerla.

932 1 Cfr. n. 788.

933

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. SEGRETO S.N. Roma, 1° marzo 1905.

AI dispaccio ufficiale circa una supposta azione francese nel sud-tripolino, che le è recato dal corriere di Gabinetto 1 , stimo utile aggiungere, per norma di lei, una osservazione particolarmente importante.

L'accordo intervenuto tra l'Italia e la Francia circa la Tripolitania-Cirenaica, accordo di cui ritengo sia stata a suo tempo data notizia a VE., stabilisce il disinteresse della Francia e la mano libera dell'Italia per l'intera regione amministrativamente compresa sotto le rispettive appellazioni di vilayet di Tripoli e mutasseriflik di Bengasi, e ad escludere ogni dubbiezza vi si è fatto espresso riferimento alla carta ufficiale annessa all'accordo anglo-francese del 21 marzo 1899. In questa carta, che figura in apposito Libro Giallo francese (Documents diplomatiques -Déclaration additionnelle du 21 mars 1895 à la Convention franco-anglaise du 14 juin 1898, Paris, Imprimerie nationale MDCCCXCIX), come annessa all'accordo e ne fa parte integrante, le due località Gadames e Ghat sono chiaramente incluse entro i confini del vilayet di Tripoli.

934

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .. ./52. Berlino, 3 marzo 1905, ore 11,36 (perv. ore 13,15).

Jersera ebbi primo colloquio con Billow. Cominciai, da parte mia, col dargli lettura della lettera che Giolitti e VE. diressero a me il 25 dello scorso febbraio 1• Gli espressi il mio rammarico per le dichiarazioni fatte da Prinetti a Barrère, le quali, sebbene non direttamente contrarie allo spirito de li 'alleanza, costituivano tuttavia una situazione che i rapporti di alleati, a mio avviso, non comportano. A questo proposito credetti, però, non omettere un accenno di analogia col noto trattato di riassicurazione, che fu opera di Bismarck: dissi poi a Bi.ilow essere mia opinione che l 'ulteriore svolgimento delle relazioni tra l'Italia e la Germania sarebbe dipeso dal modo col quale verrebbero accolte le nostre franche e spontanee dichiarazioni, avvenute soltanto per il nostro grande desiderio di dileguare completamente le nubi sorte nel comune orizzonte politico. Bi.ilow parve favorevolmente impressionato dalle cose da me det

934 1 Cfr. n. 926.

tegli, ed espresse la sua riconoscenza per Giolitti e V.E. Non si fermò a discutere, né a chiedere altri particolari sulle dichiarazioni di Prinetti; mi ripeté soltanto le solite lagnanze sulla politica di lui; mi disse avere bisogno di riflettere sulle comunicazioni da me fattegli, delle quali apprezzava alta importanza; mi pregò intanto di non riferire a V.E. su questo primo colloquio, invitandomi a proseguirlo questa sera dopo un pranzo di famiglia a casa sua. Ritarderò fino a dopo la conversazione di questa sera la consegna a S.M. imperatore della lettera del nostro augusto sovrano2 .

933 1 D. 7616/161 bis. del 12 febbraio, non pubblicato.

935

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 382/30. Washington, 3 marzo 1905, ore ... 1.

Intervento Stati Uniti Conferenza Roma sarà discusso domani in Consiglio Gabinetto. Purtroppo si ritiene iniziativa diretta contro questo Paese, al quale, se non le intenzioni, saranno ostili i risultati. Combatto naturalmente siffatto giudizio con argomenti fornitimi che dimostrano carattere umanitario sociale sovrana iniziativa.

936

IL MINISTRO A BELGRADO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 132/49. Belgrado, 3 marzo 1905 (perv. il 13).

Il linguaggio tenuto alla Camera dei Comuni il 27 ultimo dal primo ministro signor Balfour e dal sottosegretario per gli affari esteri conte Percy intorno alla quistione macedone ha prodotto una certa impressione su questi circoli politici, perché è sembrato in qualche contraddizione cogli intendimenti manifestati pochi giorni prima alla Camera alta dal ministro degli affari esteri marchese di Lansdowne.

Più esplicito, più reciso, più in opposizione a quello che aveva detto il suo ministro fu il discorso del conte Percy, più temperato, più prudente, come le sue alte funzioni lo richiedevano, quello del signor Balfour.

Ambedue però vennero, su per giù, alle stesse conclusioni, cioè che la resistenza passiva della Turchia, la resistenza attiva del partito rivoluzionario, i feroci secola

935 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.

ri dissensi fra le razze balcaniche, la freddezza dell'Italia, della Germania e della Francia, la difficoltà di mettere in moto quella macchina pesante e massiccia che chiamasi concerto europeo, non permettevano all'Inghilterra di tentare, con probabilità di riuscita, un'azione isolata, contro la volontà dell'Austria e della Russia; convenire pertanto lasciare a queste due Potenze il compito di attuare le riforme. Ciò che significa, viste le condizioni attuali della Russia, lasciare ali' Austria piena balì a. Con quale risultato pratico, sarà poi da vedersi.

Osservando quel che accade ora in Oriente la mente corre ai ricordi della storia d'Italia durante quasi un mezzo secolo. Dal 1815 al 1870 incessanti furono gli sforzi dell'Europa per riformare i vari Governi italiani, sopratutto quello del papa, riguardo al quale poteva dirsi quel che oggi dicesi del Governo del sultano, avere cioè un carattere tutto speciale, metà religioso metà laico, formato sopra un assieme di regole, di tradizioni, di pregiudizi, di abusi cristallizzati dal tempo, così da non essere più suscettibile, nonché di una vera evoluzione, nemmeno di una modificazione qualsiasi. Certe istituzioni, si diceva, sono quelle che sono finché durano, il trasformarle è dannarle a morte. Così certi vecchi edifici che cadono in rovina se si tenta rimodernarli, abbattendo muri, aprendo nuove porte e finestre.

Anche a Roma, come a Costantinopoli, coloro che erano al Governo opponevano una resistenza passiva irremovibile ad ogni tentativo di riforma, chiudevano l'orecchio a qualsiasi consiglio, e consigli ne venivano da ogni lato, dall'Austria del principe di Metternich, dalla Russia di Alessandro l, dalla Francia di Luigi Filippo e di Napoleone III, dall'Inghilterra dei whigs e dei tories. A rendere difficili le riforme, a Roma come a Costantinopoli, oltre il carattere del Governo, i ciechi ed ostinati pregiudizì dei governanti, vi erano le agitazioni del partito rivoluzionario. Si diceva delle genti italiane quel che ora delle balcaniche, essere irrequiete e divise da lotte secolari. Si aggiungeva che le plebi, sopratutto quelle del contado, non domandavano che a vivere tranquille e che istigatori dei disordini erano solo pochi esaltati appartenenti alle classi più colte ed agiate. Tutto questo era vero in gran parte in Italia come nei Balcani. Insegnino i Lazzaroni e il brigantaggio borbonico, i Centurioni, i Barbacani, i Zampitti di Gregorio XVI e di Pio IX.

Persone di grande valore, come un Consalvi, un Pasolini, un Farini credettero da noi alla possibilità delle riforme, come vi crede in Turchia il partito dei Giovani Turchi. Anche allora, l 'esistenza del potere temporale dei papi, come adesso quello del sultano, sembravano condizioni essenziali di ordine, di equilibrio, di pace in Europa.

Però da noi le riforme non poterono mai essere attuate, non fu possibile vincere né la caparbietà dei Governi, né le rivolte dei governati e finalmente accadde quel che tutti sanno.

Vi è pertanto da ritenere che l'Austria, anche con la migliore buona volontà del mondo, non riescirà ad attuare un programma serio e duraturo di riforme nella Macedonia e che i moti rivoluzionari non potranno essere frenati a meno forse di un'azione militare delle più energiche contro la Bulgaria e forse la Serbia.

Vorrà l'Europa dare all'Austria questo còmpito? Potrà e vorrà !asciarlo alla Turchia? Ritengo che la opinione pubblica di tutto il mondo protesterebbe contro una soluzione che ci ricondurrebbe al 1876. Pertanto tutti coloro che si interessano all'avvenire degli Stati balcanici sono peri tosi per questo stato di cose e timorosi d eli' avvenire. Sopratutto perché, dopo matura riflessione, debbono rassegnarsi a conclusioni negative, e cioè:

Non si può seguitare innanzi così pascendosi di illusioni senza grave pericolo.

Non si può dare ali' Austria piena balìa.

Non si può avere fiducia nel programma di riforme di Miirzsteg.

Non si può sperare un miglioramento nelle condizioni della Macedonia finché essa rimane sotto la amministrazione della Porta.

La Porta non si piegherà ad una autonomia macedone che costretta dalla forza. Il rischio dunque di una guerra. Chi reggerà la somma delle cose in Macedonia? I macedoni? Ma se non esiste né razza, né lingua, né chiesa macedone. I greci? Ma non sono né i più numerosi, né i più forti, e poi né serbi, né bulgari, né rumeni sono disposti a tollerarli.

I serbi? Ma essi, meno che nel vilayet di Kossovo, sono in minoranza dappertutto.

I bulgari? Parrebbe la soluzione più verosimile, ma i serbi non ne vogliono sapere, perché ritengono che l'autonomia condurrebbe all'annessione e in tempo non lontano alla egemonia bulgara sulla penisola Balcanica. Svanirebbe per sempre il sogno accarezzato da cinque secoli del rinnovato impero del gran Duscian.

Dicono taluni che forse si potrebbe tentare un quid medium, costituire parte della Macedonia in una specie di Stato autonomo sotto l'alta sovranità della Porta, ma con il controllo diretto di tutte le Grandi Potenze, che nominerebbero gli alti funzionari, amministrativi e giudiziari, amministrerebbero le entrate, organizzerebbero una forte gendarmeria pel mantenimento dell'ordine senza neanche il bisogno, come in Creta, di una occupazione militare mista, perché se si riescisse seriamente ad imporre alla Bulgaria un contegno corretto e smettere gli eccitamenti alla rivolta e agli eccidi, né greci né serbi si muoverebbero, ed una pace relativa subentrerebbe in Macedonia ai disordini e alle stragi.

Un programma di tal fatta è certo più facile ad enunciare che a tradurre in atto, e, se ne parlo, egli è perché credo mio debito riferire alla E. V. le voci che corrono e le opinioni che da varie parti si manifestano.

934 2 Cfr. n. 923.

937

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. CONFIDENZIALE 251/64. Sofìa, 3 marzo 1905 (perv. il 13).

Facendo seguito al rapporto del26 febbraio ultimo scorso, n. 58 1 , ho l'onore di segnalar all'E.V. un nuovo articolo comparso iersera sulla Vetcherna Posta, dovuto, come il precedente, alla penna del signor Daskaloff, di cui son noti i rapporti con questo Ministero degli affari esteri.

Il pubblicista, dopo aver riprodotte varie frasi tolte da diversi giornali serbi, i quali discutono delle aspirazioni dei due Paesi sulla Macedonia, constata che i fogli

predetti usano un linguaggio decisamente ostile alla Bulgaria e finisce con le seguenti parole: «Con simili articoli, ispirati a deplorevole chauvinisme e ricolmi d'invenzioni, i giornali serbi, accendendo l'odio del popolo verso la Bulgaria, rendono un cattivo servizio alla propria patria; noi non vogliamo far lo stesso, ma se i giornali serbi, abituati a prendersela con tutti, vogliono mordere anche noi altri, non se l'abbiano a male se li morderemo pure noi».

Quest'agente diplomatico di Serbia, che si trova da circa venti giorni a Belgrado per prender parte ai lavori parlamentari, ha fatto ieri una corsa a Sofia dove voleva conferire col generale Petroff. Venuto a vedermi mi ha confidato, con dolore, che la sua patria attraversava un periodo difficilissimo. I nemici della politica d'intesa, spinti da tutti coloro che lavorano per conto dell'Austria e della Turchia, non cessano di esplicar la loro attività onde raggiungere il fine desiderato. Tanto più che, secondo il signor Simitch, il Governo bulgaro, pel contegno dei suoi funzionarii, nulla fa per pacificar gli animi in Macedonia2•

Egli mi disse che l'elemento serio in Serbia ha tuttavia la soddisfazione di constatare che il re Pietro si attiene strettamente al suo programma costituzionale rendendosi conto che se non può fidarsi della Bulgaria deve temere ben più dalla potente Monarchia vicina. Il signor Simitch aggiunse essergli di gran conforto notizie pervenute a Belgrado circa aperture fatte dall'Italia a Pietroburgo, pel tramite e col concorso della Francia, allo scopo di giungere ad una intesa colla Russia nelle questioni balcaniche. Ciò sarebbe, a suo avviso, un utile contrappeso all'azione dell'Austria ed agli appoggi che a questa Potenza potessero eventualmente venire dalla Germania. Anche le relazioni stabilitesi ultimamente fra l'imperatore Guglielmo ed il principe Ferdinando lascerebbero supporre che l 'Impero tedesco voglia iniziar in Oriente una politica più complessa e che potrebbe racchiudere in sé parecchie incognite per gli Stati balcanici.

937 1 R. 233/58, non pubblicato.

938

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE .../54. Berlino, 4 marzo 1905, ore 17,47 (perv. ore 22).

Jersera ebbi un'altra lunga conversazione con Bulow, durante la quale potei convincermi che l'impressione favorevole qui prodotta dalle nostre franche e spontanee dichiarazioni perdura e aumenta. Biilow è profondamente grato a Giolitti e a VE. per

l'opera di lealtà compiuta. Egli non dubitava della nostra fede, tante però erano le notizie qui fatte arrivare, tanto esse erano insistenti e gravi che il Governo imperiale credette darcene parte. Ora però le schiette nostre dichiarazioni verranno a rimettere le relazioni colla Germania su quel piede di reciproca fiducia che l'alleanza comporta. Di questo ristabilimento di rapporti normali profitteranno anche le nostre relazioni colla Austria-Ungheria, perché Germania, nei limiti del suo possibile, si adopererà certamente con intenti di conciliazione. Delle dichiarazioni fatte da Prinetti a Barrère, Bulow non restò particolarmente impressionato; egli vide in esse soltanto un atto poco cortese e non consono ai rapporti di alleanza. Dalle cose dettemi da Btilow traggo impressione che qui non si conosce testo delle dichiarazioni stesse, sulle quali io, naturalmente, non mi sono dilungato, né ho aggiunto altro a quanto era detto nella lettera a me diretta da Giolitti e dalla E.V. Circa provenienza delle informazioni giunte qui, nulla di particolare e preciso ho potuto togliere dalla bocca del cancelliere dell'Impero; questi mi ha ripetuto che la sua fonte è nei circoli finanziari di Parigi. Dal complesso delle circostanze mi sembra però non impossibile che la prima origine sia da trovarsi nello stesso Governo francese, il quale ha fatto di tutto indirettamente qui per impedire rinnovamento della Triplice Alleanza e lavora anche presentemente, come meglio gli riesce, per separarci dagli alleati, mettendo male, con ogni arte, noi ed essi.

937 2 Si pubblica qui il seguente passo del R. 347/85, Sofia 18 marzo: «Il signor Simitch, tornato a Sofia quattro giorni or sono, mi ha confidato che, secondo notizie pervenute a Belgrado, il principe Ferdinando, nei discorsi tenuti a Berlino, avrebbe parlato in termini simpatici del re Pietro e delle relazioni fra la Bulgaria e la Serbia, che sono una garanzia del mantenimento dello status quo nella penisola. Il predetto mio collega si mostrava assai soddisfatto di tale manifestazione; aggiunse tuttavia che a Londra il principe si sarebbe astenuto dal parlare del re Pietro».

939

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA

T. 313. Roma, 4 marzo 1905, ore ... 1.

Ministero della marina desidera V.E. sia informato aver incaricato capitano corvetta Ernesto Simion di una breve missione riservata costà.

940

L'AMBASCIATORE A MADRID, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 241/88. Madrid, 4 marzo 1905 (perv. il 9).

Al ricevimento diplomatico d'oggi il signor de Villa Urrutia mi ha detto che la data precisa del viaggio del re Alfonso a Parigi non è ancora fissata, ma che esso avrà luogo quasi certamente alla fine di maggio.

Sembra deciso che S.M. da Parigi andrà a Londra, mentre il viaggio a Berlino ed a Vienna si farà nel prossimo autunno.

Alcuni giornali hanno anche parlato d'un viaggio di S.M. a Roma, che in seguito a concerti presi col Vaticano si farebbe durante una prossima breve assenza da Roma del sommo pontefice. Non ho creduto naturalmente opportuno d'accennare con chicchessia, anche in via accademica, ad un argomento così delicato: ma il fatto che in questo Paese la voce sparsa dai giornali non è stata né smentita né commentata è segno evidente dell'evoluzione che va compiendo la così detta «questione romana».

939 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

941

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 101/18. Tangeri, 5 marzo 1905 (perv. il 14).

La stampa spagnuola dà credito e particolare importanza ad un articolo del Daily Telegraph, la cui paternità risale, a noti, ma non molto autorevoli giornalisti e corrispondenti di Tangeri.

Secondo quell'articolo, l'ambasciatore di Francia alla Corte sceriffiana avrebbe, fin dai primi suoi colloqui con Sua Maestà il sultano, avanzate queste esigenze: impianto di una rete stradale e telegrafica fra Tangeri e Fez; stabile insediamento della rappresentanza della Repubblica alla capitale; il diritto di possedere immobili, senza restrizioni, assicurato agli stranieri; creazione di una banca di Stato e d'emissione, come base fondamentale delle riforme finanziarie e militari che la Francia vuole introdurre nell'Impero.

E in proposito, l'Jmparcial, di Madrid, ha severe, amare riflessioni:

«La penetrazione francese al Marocco (così scrive in sostanza) alla quale la Spagna, in virtù degli interceduti segreti accordi, pur dovrebbe concorrere, si svolge direttamente e contro i superiori interessi del nostro Paese. Una banca franco-marocchina, con facoltà d'emissione, significa il predominio della specie metallica francese nell'Impero dove la sola moneta spagnuola ebbe fin qui corso legale; è la preparazione di una crisi sovrapposta alla già grave crisi dei nostri cambi coll'estero; è un vero disastro. I francesi non penetrano con noi al Marocco; ce ne sloggiano».

Ora, quello che di positivo soltanto si sa della missione straordinaria e de li'opera del signor Saint-René Taillandier è poco.

Le relazioni ufficiali fra l'ambasciatore della Repubblica e il sultano non si sono affatto distinte, né per eccesso di cerimoniali, né per cordialità di accoglienze; e sino al 22 febbraio scorso, cioè dieci giorni fa, il signor Saint-René Taillandier non ebbe modo d'impegnare alcun serio negoziato col Makhzen. La ricorrenza di una solenne festa musulmana prima, poi la pretestata necessità per il Governo sceriffiano di subordinare le proprie decisioni al parere di un consiglio di notabili, all'uopo convocati in assemblea, e rappresentanti i maggiori centri dell'Impero, furono, tra le altre abituali scuse d'indugi, le circostanze abilmente sfruttate dalla Corte per allontanare il momento di non gradite trattative diplomatiche.

Tutto ciò, se non esclude, fa dubitare che il signor Saint-René Taillandier abbia potuto essere così chiaro ed esplicito nel porre le accennate condizioni; e il Daily Telegraph certo esagera la portata delle dichiarazioni fatte al Makhzen, quando giunge a vedervi una minaccia di occupazione militare francese oltre il confine, e sino a Ougeda.

Vero è, per contro, che, mentre così forzosamente procedono i negoziati dell'ambasciata della Repubblica a Fez, il rappresentante germanico a Tangeri, per varie manifestazioni, è venuto man mano spiegando un'azione in evidente, non dissimulato, contrasto con gli intenti politici della Francia al Marocco.

Se ne è avuto, più che l'indizio, la dimostrazione in un ufficiale documento: la nota che il cancelliere dell'Impero, or non ha molto, indirizzò a questo incaricato d'affari signor Kiihlmann, in risposta ad una petizione dei residenti tedeschi che invocavano l'intervento del patrio Governo a difesa delle loro persone e dei loro averi, grandemente compromessi dagli eccessi degli arabi e dall'impotenza del Makhzen a reprimer

li. Dichiarava il signor Biilow che la Germania saprebbe in ogni tempo, al Marocco, come dovunque, tutelare, all'infuori di qualsiasi pur offerto straniero concorso, i propri sudditi, sì da garantirne la personale salvezza e gli interessi. Una nave dello Stato, la Stein muoverebbe per Tangeri, ed altre navi la seguirebbero, dove il bisogno se ne manifestasse.

Significativo è altresì il linguaggio del signor Kiihlmann. Egli non lascia sfuggire occasione per esprimere il proprio pensiero circa l'attuale situazione politica, affermando che per la Germania le convenzioni di Londra e di Parigi sono come insussistenti, perché a lei non notificate, e che in realtà al Marocco nulla è in diritto mutato. A questo proposito soggiungerò avermi il signor Kiihlmann narrato in particolare: «Io non tacqui, così mi disse, al signor conte di Chérisey (l'incaricato degli affari della legazione francese) ciò che, riguardo agli accordi franco-inglesi e spagnuoli, più volte mi occorse di dire agli altri rappresentanti esteri; ed ora apprendo che egli si è preoccupato delle mie dichiarazioni e ne ha per telegramma riferito a Parigi. So pure che il signor Delcassé, mossone a sua volta discorso al nostro ambasciatore, si sentì da lui tutti sostanzialmente confermare i miei criteri ed apprezzamenti».

942

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T . .. .19. Parigi, 6 marzo 1905, ore 1,45 (perv. ore 5,15).

Il corriere di Gabinetto mi ha portato i quattro dispacci relativi pretesa azione militare francese verso la Tripolitania1 . Ne parlerò mercoledì, in termini fermi, a Delcassé, ma, intanto, riferendomi al mio telegramma del 10 febbraio2 , mi premerebbe

sapere se V.E. si sia spiegata in proposito con codesto ambasciatore di Francia. Non è soltanto sopra a questo punto che gli interessi nostri sono minacciati dalla presenza nel Gabinetto del capo del partito coloniale francese. Col ritorno del corriere di Gabinetto manderò in proposito informazioni. Avverto che Barrère tiene più per Étienne che per Delcassé, astro che tramonta.

942 1 Il primo dei dispacci è il n. 933. Gli altri sono il D. 80371171 del14 gennaio e il D. 11277/248 del 2 marzo che non si pubblicano. Il quarto non è stato identificato. 2 Si tratta presumibilmente del telegramma del 19 febbraio. Cfr. n. 907.

943

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. PERSONALE S.N. Roma, 6 marzo 1905, ore 19,45.

Dati i termini espliciti dell'accordo con la Francia quali io comunicai a V.E. colla mia lettera privata1 spedita per corriere, ho creduto meglio finora non parlarne con Barrère2 per non dare alla cosa troppa importanza lasciando supporre che si possa da parte nostra creder possibile la cosa. In questo senso desidero che ella ne parli a Delcassé come di argomento sul quale il Governo italiano di fronte al preciso impegno della Francia non ha né può avere preoccupazioni.

944

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI 1

D. 12565/452 Roma, 6 marzo 1905.

L'incaricato d'affari di Russia mi ha comunicato di avere trasmesso testualmente a Pietroburgo la nostra risposta alla comunicazione austro-russa relativa all'aumento dei dazi doganali chiesto dalla Turchia, e di aver ricevuto dal suo Governo una risposta telegrafica. In tale risposta il Governo russo dichiara di avere appreso con piacere le favorevoli disposizioni del Governo italiano; non dubita che il parere dei consoli italiani sul regolamento finanziario sarà favorevole, essendo stato il regolamento stesso elaborato con profonda conoscenza dei bisogni locali; e quanto, infine, alla espressione di Potenze interessate, il Governo imperiale dichiara che effettivamente si allu

2 Risponde al n. 942.

2 Non rinvenuto l'originale, si pubblica una copia dei Documenti Diplomatici a stampa inviati per conoscenza alle rappresentanze diplomatiche all'estero (Confidenziale, serie CVII, Macedonia 1905, primo semestre). Con ogni probabilità il dispaccio fu inviato anche a Berlino, Londra, Parigi e Vienna.

de, con essa, alla Russia e ali' Austria, ma che, con ciò, non si intende affatto di negare che anche le altre Potenze abbiano interesse alla risoluzione delle questioni riguardanti la Macedonia, ma si intende soltanto di riferirsi alla situazione speciale fatta alla Russia e all'Austria dal programma di Miirzsteg col consenso degli altri Stati.

Ho risposto al signor Kroupensky che tale comunicazione non mi sembrava molto soddisfacente, né adatta a determinare il desiderato accordo fra le Potenze. Non si tratta, infatti, di riconoscere, in principio, che vi sono altre Potenze, oltre l'Austria e la Russia, interessate alla questione macedone, bensì si tratta di dare l'adesione a una nuova situazione privilegiata che la Russia e l'Austria si attribuirebbero in una materia così essenziale come quella dell'amministrazione delle finanze nei tre vilayet; *il che sembra tanto più grave, quando si pensi che non è lontana la scadenza dei due anni fissati dal programma di Miirzsteg*. È vero che il programma di Miirzsteg è stato approvato da tutte le Potenze, e che in esso si parla anche dell'amministrazione finanziaria; ma ciò non implica necessariamente che le Potenze abbiano preventivamente accettato, con ciò, qualunque provvedimento che in ordine ali' amministrazione finanziaria stessa venisse escogitato dalla Russia e dali' Austria, specialmente quando, per esso, si costituisca alle due Potenze una così speciale e privilegiata situazione. Non ho mancato di aggiungere che, a mio avviso, meglio sarebbe stato che le due Potenze, prima di comunicare alla Sublime Porta il noto regolamento, avessero presentito le altre, per evitare discordia di opinioni, della quale approfitterebbe soltanto la Turchia, con danno dello scopo comune, che è quello delle riforme; e tale osservazione sembra tanto più giustificata, inquantoché, per quanto ci si risulta, il regolamento finanziario incontra anche altrove delle opposizioni.

943 1 Cfr. n. 933.

944 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV 104, p. 284.

945

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 652/273. Parigi, 6 marzo 1905 (perv. l' 11).

Una delle singolarità della struttura del bilancio dello Stato in Francia è la così detta legge di finanza che ne fa parte e nella quale si affastellano disposizioni relative alle più disparate materie.

Quest'anno l'articolo 42 di detta legge avrebbe dovuto contenere, secondo il progetto della Commissione del bilancio della Camera dei deputati, due distinte disposizioni. L'una di esse era così concepita: «À dater du l janvier 1905, le protectorat de la Tunisie sera placé sous l'autorité du ministre des Colonies»; l'altra diceva: «Les comptes du budget tunisien seront soumis à la juridiction de la Cour des Comptes». Relatore del bilancio per il protettorato tunisino era il signor Emilio Chautemps, deputato de li'Alta Savoia, personaggio di qualche seguito anche per aver occupato, durante nove mesi, il Ministero delle colonie in un Gabinetto presieduto dali' onorevole Ribot.

Allorché, in ottobre ultimo, poco dopo la ripresa dei lavori parlamentari in Francia, si seppe che la proposta di attribuire al Ministero delle colonie gli affari del protettorato tunisino era stata accolta dalla Commissione della Camera dei deputati, io ne parlai con il signor Delcassé e ne intrattenni V.E. con il mio rapporto del 21 di quel mese (n. 2956/1269) 1• Due grandi giornali, il Temps ed il Débats avevano scritto contro la proposta. Il signor Haustaux si era pronunciato in senso assolutamente contrario nel Journal. Dalla conversazione mia con l'attuale ministro degli affari esteri era risultato eh' egli pure era di opinione sfavorevole al provvedimento escogitato dall'onorevole Chautemps e da un gruppo parlamentare che vagheggiava la formazione di un vasto Ministero nel quale sarebbero riuniti gli affari coloniali di tutta l'Africa francese, Algeria, Africa Occidentale, Sudan, Sahara, Tunisia, Marocco, ecc.

La situazione parlamentare creata da queste progettate innovazioni suggeriva però di nulla tentare in quel momento per dare agli interessi italiani nella reggenza, regolati finora dalle Convenzioni del 1896, la stabilità che loro era venuta a mancare dopo che le Convenzioni stesse erano pervenute al termine utile per la denunzia. L'E.V., in risposta a quel mio rapporto, mi scriveva il 31 ottobre ultimo2 ch'ella conveniva con me che per la proroga delle Convenzioni gioverebbe differire le pratiche a momento più propizio.

Il linguaggio del signor Delcassé, il quale riteneva che gli effetti conseguiti in Tunisia dalla amministrazione del protettorato basterebbero a dissuadere la grande maggioranza della Camera dall'introdurre radicali mutamenti, poteva lasciare sperare che l'indugio non sarebbe lungo. La Commissione del bilancio si era pronunciata in massima sovra il rapporto verbale fattole dal suo relatore. Il ministro doveva ancora essere sentito e la relazione definitiva non era ancora deposta. Giovava conseguentemente attendere.

Ora la maggiore parte di queste ragioni di sospendere il nostro giudizio sovra la situazione nuova è scomparsa.

Unisco a questo rapporto la relazione dell'onorevole Chautemps. È un documento di valore, scritto con moderazione, sebbene inspirato da criteri strettamente francesi. In esso si raccomandano alla nostra attenzione le informazioni statistiche relative alla colonizzazione francese ed italiana e le considerazioni riunite specialmente nel paragrafo intitolato le péril italien.

La Camera dei deputati ha consacrato parte delle sue due sedute del dì 4 corrente al dibattimento dell'articolo 42 della legge di finanza di cui ho riferito più sopra il testo. A questa discussione era stato inteso che verrebbe unito, nell'ordine del giorno, lo svolgimento della mozione presentata dall'onorevole Flandin per riunire gli affari di Algeria, Tunisia ecc., in un solo Ministero. Ma dopo un dibattimento, nel quale trovarono un diffuso sviluppo le cose in gran parte già contenute nella relazione Chautemps, si venne a conchiudere per la accettazione immediata di una disposizione che mette sotto il riscontro della Corte dei Conti l'amministrazione finanziaria del protettorato della Tunisia e per il rinvio invece della risoluzione relativa al passaggio

2 Cfr. n. 688.

al Ministero delle colonie degli affari del protettorato stesso al momento in cui potrà essere esaminata e discussa la mozione Flandin concernente la creazione del grande Ministero comprendente l'Algeria ecc., e destinato a dare unità d'indirizzo all'azione della Francia nei Paesi musulmani soggetti al suo dominio.

Il signor Delcassé espose, con mediocre efficacia, di fronte ai suoi contraddittori, i buoni effetti conseguiti dal protettorato sotto l'amministrazione del Ministero degli affari esteri. Sebbene il bilancio della Tunisia non comporti oneri diretti per la finanza francese, egli non cercò neppure di opporsi alla disposizione legislativa che in sostanza veniva a collocare l'amministrazione indigena, conservata per la percezione e distribuzione delle imposte nella reggenza, alla dipendenza diretta della Corte dei Conti. Domandò soltanto ed ottenne che la disposizione stessa venisse precisata nei seguenti termini: «Art. 42. Les comptes des recettes et des dépenses du budget tunisien seront, à partir de l'exercice financier 1905, soumis à la Cour des Comptes. Les résultats des opérations de la comptabilité indigène, tenue en langue arabe, seront obligatoirement et préalablement repris dans !es écritures des comptables français».

Quanto alla mozione relativa al trasferimento degli affari tunisini ad altro Ministero, il signor Delcassé si accontentò che la medesima venisse rinviata ad una discussione per la quale sarebbe stata indicata la data dal primo venerdì dopo la vacanza di Pasqua.

Siamo in verità assai !ungi da ciò che il linguaggio, tenuto da questo ministro degli affari esteri nell'ottobre dell'anno passato, avrebbe potuto ragionevolmente farci aspettare.

Chiunque voglia leggere, insieme al rapporto dell'onorevole Chautemps, il resoconto del dibattimento parlamentare nelle due tornate del 4 marzo (annesso al

n. 63 de!journal officiel pagina 755 e seguenti) riporterà, io credo, l'impressione che lo stato di cose creato dalle Convenzioni nostre del 1896 non è accettato dai parlamentari di questo Paese come avente carattere permanente e definitivo e se, per ragioni d'interesse e di opportunità derivanti dalla trasformazione che subisce la Tunisia, più che per riguardi internazionali, non si domanda ancora un mutamento decisivo, a questo forse non si tarderebbe ad arrivare se con insistenti premure si mettesse da parte nostra il Governo nella necessità di pronunciarsi per la proroga delle Convenzioni anzidette.

Tutto ciò costituisce una condizione di cose che non è affatto favorevole né agli interessi speciali degli 80 mila italiani che si trasferirono negli ultimi anni in Tunisia, né agli interessi più importanti e generali connessi con le relazioni nostre con la Francia, poiché non vi ha alcun dubbio che l'annunzio della denuncia delle Convenzioni del 1896 da parte della Francia produrrebbe ancora, nell'opinione pubblica italiana, un'impressione sfavorevolissima.

Mi preme però, in occasione del recente dibattimento avvenuto in questa Camera dei deputati, che la questione dei nostri rapporti relativi alla Tunisia sia posta senza reticenze sotto gli occhi del R. Governo acciocché egli sia in grado di formarsi un sicuro giudizio dello stato presente della medesima.

945 1 Cfr. n. 673.

946

L'AMBASCIATORE A VIENNA,AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. PERSONALE. Vienna, 6 marzo 1905.

Colla lettera riservata dell' 11 febbraio scorso1 pervenutami per corriere il 19 successivo, l'E. V. mi fece conoscere le preoccupazioni che producono in lei e ne li' opinione pubblica italiana gli straordinari armamenti fatti dali' Austria-Ungheria, dei quali non si comprende lo scopo e la necessità, l'aumento effettuato nelle guarnigioni del nostro confine, maggiore di quanto le comunicazioni ufficiali facevano credere, come la chiamata della riserva dell'artiglieria e l'invio a Franzenfeste di una sezione di un parco d'artiglieria d'assedio, che se non dovesse essere impiegato contro l'Italia sarebbe colà affatto inutile.

E tali preoccupazioni sono mantenute in V.E. anche dalle informazioni che da varie fonti le pervennero in questi ultimi giorni, che accennano alla probabilità di qualche grave fatto da parte dell'Austria-Ungheria a danno del nostro Paese ed alle voci che circolano in alcuni centri di Vienna, in cui si parlerebbe della guerra con l'Italia come di cosa inevitabile ed a breve scadenza.

In conseguenza l'E.V., nell'ingiungermi di continuare a vigilare colla massima attenzione, si compiacque chiedermi di farle conoscere il mio pensiero in proposito.

Al fine di fornire all'E.V. le maggiori possibili informazioni rispetto agli armamenti attuali dell'Austria-Ungheria, per ciò che riguarda specialmente la nostra frontiera, ho creduto procedere ad un'inchiesta ed ho pregato l'addetto militare della r. ambasciata di farmi pervenire un rapporto particolareggiato su tale argomento, ed ho invitato i rr. consoli, da me dipendenti, di assumere, in via riservatissima, e fornirmi dati precisi al riguardo.

Trasmetto qui unito all'E.V. copia del rapporto2 rimessomi dal colonnello Del Mastro, nonché due quadri da esso stesi, a mia richiesta, relativi, l'uno alle circoscrizioni amministrative in cui furono inviati i 6 battaglioni, l'altro alle condizioni delle guarnigioni austro-ungariche alla nostra frontiera negli anni 1887 e 1905. Credo superfluo trasmettere ad un tempo copia dei rapporti dei rr. consoli, non contenendo essi che informazioni già note, che non meritano di essere rilevate.

Dal rapporto del colonnello Del Mastro risulta che l'attuale situazione militare della Monarchia, quantunque non si manifesti in apparenza dissimile da quella esistente da una serie di anni, pure l'aumento avvenuto nel bilancio militare come l'incremento notevole dato all'assetto generale dell'esercito dimostrano nella amministrazione militare la preoccupazione di tenersi pronta ad ogni eventualità nella misura più alta possibile.

Nel corpo d'occupazione in Bosnia-Erzegovina non avvenne finora alcun cambiamento; esso è rimasto nello stato normale nel quale si trovava nel 1904. Ma, come si verificò pure l'anno scorso, esso sarà rinforzato in primavera col richiamo dei riservisti; tale rinforzo cesserà però in autunno col loro ritorno alle proprie case.

2 Non si pubblica in quanto riassunto nel testo.

Rispetto alla nostra frontiera il colonnello Del Mastro riconosce che l'invio dei 6 battaglioni non è certo gran cosa e che le truppe ivi di stanza non saranno perciò aumentate in confronto a quelle che vi si trovavano nel 1887. Ma suppone che tale invio potrebbe rappresentare l'inizio di aumenti probabili successivi, come lo farebbe credere l'intenzione di avanzare da Klagenfurt a Gorizia il reggimento di cavalleria, che colà si trova, per far posto ad altro reggimento. Inoltre, secondo una informazione confidenziale da esso avuta, parte del materiale di un parco d'assedio sarebbe trasferita prima dell'aprile da Vienna a Franzenfeste. A ciò si aggiungono poi i preparativi navali che si stanno facendo in seguito ai crediti votati l'anno scorso e che sono diretti ad aumentare la potenzialità marittima della Monarchia in generale ed in particolare verso l'Italia, e tra questi è pure da citarsi il progetto d'una piazzaforte navale fra Pola e Cattaro, che sembra debba essere effettuata a Sebenico.

Per ciò che riguarda la chiamata della riserva dell'artiglieria essa avvenne del pari l'anno scorso, ma quest'anno si formerebbero col richiamo dei riservisti due batterie di montagna presso il reggimento d'artiglieria da campo a Laibach, una presso quello di Klagenfurt e due presso la divisione di artiglieria di montagna del Tirolo. Si ignora tuttora se tali batterie saranno disciolte nell'autunno, epoca del ritorno dei riservisti alle loro case.

Dai provvedimenti sopra accennati il colonnello Del M astro deduce che l' Austria-Ungheria sembra aver rivolto da qualche tempo la sua attenzione speciale alla frontiera italiana e che tenda a prepararsi, più che per il passato, alla eventualità di un impiego di forze in quella direzione. Ed a questo proposito constata che nell'ufficialità dell'esercito si crederebbe più probabile una guerra coll'Italia che verso altra frontiera. Ma dichiara ad un tempo che nei provvedimenti finora conosciuti non si può ravvisare alcun indizio che possa autorizzare di attribuire all'Austria-Ungheria il proposito deliberato d'intraprendere nella prossima primavera un'operazione di guerra sia in Italia, sia nei Balcani.

Tra i provvedimenti militari indicati dal colonnello Del Mastro quello che avrebbe una reale importanza sarebbe indubbiamente l'invio d'un parco d'assedio a Franzenfeste, perché caratterizzerebbe l'indole di quei provvedimenti stessi.

Per accertare quale fondamento aveva l'informazione confidenziale fornita a tale riguardo al r. addetto militare, ho creduto intrattenermi su ciò coll'ambasciatore di Germania, in via riservatissima e come di cosa che mi era stata riferita personalmente, ma alla quale non credevo, essendomi note le disposizioni amichevoli del Governo i. e r. a nostro riguardo, e gli chiesi se egli fosse del pari del mio avviso nel non doversi prestare alla medesima fede alcuna.

Il conte di Wedel mi disse che ignorava tale notizia e che la credeva del tutto infondata. Riconobbe però, senza che io gliene avessi fatto cenno, che, se fosse stata esatta, non avrebbe potuto non far supporre nell'amministrazione militare una disposizione aggressiva, perché quel parco d'assedio non poteva certo servire ad espugnare i forti italiani che si trovavano alla frontiera austriaca, bensì per far l'assedio di una piazzaforte nel Regno. Ma, siccome conosceva le intime intenzioni del Governo

i. e r., poteva assicurarmi ch'esso non meditava alcun colpo di mano contro l'Italia e che coi provvedimenti militari ora presi, come lo dimostrava del resto la loro entità, non mirava che alla difesa della propria frontiera. Supponeva quindi che quella notizia fosse più tosto il risultato d'un equivoco e che si trattava invece dell'invio a Franzenfeste di cannoni per sostituire quelli colà esistenti o per completare l'armamento di quel forte. Ma mi promise spontaneamente che avrebbe assunto informazioni al riguardo e non avrebbe mancato di riferirmele.

Il conte di Wedel venne infatti pochi giorni dopo a vedermi e mi informò che aveva saputo «dalla fonte più autorevole» non essere intenzione di quest'amministrazione militare d'inviare a Franzenfeste un parco d'artiglieria di assedio, di cui non si riconosceva colà la necessità, ma che vi avrebbe per contro inviati cannoni per sostituire quelli esistenti e completare l'armamento del forte. Osservò che se il Governo i. e r. avesse avuto in animo di servirsi di quel parco d'assedio contro l'Italia non avrebbe avuto bisogno di spedirlo da ora di nascosto a Franzenfeste, poiché, essendo esso in deposito nell'arsenale di Vienna, avrebbe potuto spedirlo colà in pochi giorni, ove ciò fosse stato richiesto dalle circostanze. Ed aggiunse che teneva a dichiararmi, nel modo più formale, che quanto avevami fatto conoscere, in via riservata, era la pretta verità.

È da domandarsi ora quale sia la ragione che spinge il Governo i. e r. ad accingersi a preparativi militari verso la nostra frontiera che nel passato non aveva fatto nella misura attuale e se sia esatto che esista nella opinione pubblica di questo Paese e nei circoli dirigenti una corrente contraria alla Italia da cui si debba arguire, come probabile, che qualche gran fatto possa accadere a danno del nostro Paese.

Com'ebbi occasione di far conoscere ali'E.V. a più riprese nell'anteriore mia corrispondenza, S.M. l'imperatore come il conte Goluchowski non solo, ma anche i circoli politici austriaci ed ungheresi hanno acquistato la convinzione che il R. Governo, verso il quale nutrono la maggiore fiducia, è animato dalle migliori intenzioni verso l'Austria-Ungheria e fermamente risoluto a mantenere con essa i più stretti ed amichevoli rapporti. Si riconosce che questi non potrebbero essere nel momento attuale migliori, né più fiduciosi, come ne fan fede le ripetute dichiarazioni scambiatesi a vicenda tra i due Governi e manifestano la loro sincera intenzione, per quanto da loro dipende, di consolidarli e renderli sempre più intimi.

Tuttavia si constata che una gran parte della popolazione italiana non sembra dividere l'opinione del R. Governo, a cui si associano però le persone sensate d'Italia, e che sussistono in quelle popolazioni sentimenti poco favorevoli verso l'AustriaUngheria, originati, da un lato, dalle aspirazioni irredentiste, dall'altro, dalla sfiducia che si nutrirebbe contro la politica seguita dal Governo i. e r. nella penisola balcanica, a cui si attribuisce scopi contrari agli interessi italiani.

Si lamenta poi che tali sentimenti e tale sfiducia siano alimentati da certa stampa del Regno, il cui linguaggio, talvolta poco temperato, mentre intralcia l'azione conciliante dei due Governi, mira a mantenere ne Il' opinione pubblica un senso di dubbio sulla stabilità delle loro relazioni reciproche.

Ne nasce quindi il timore che ad un dato momento possa avvenire in Italia, contrariamente alla volontà del R. Governo, un movimento irredentista e che bande armate tentino anche varcare il confine del Tirolo, ed, in appoggio di tale timore, si citano i manifesti pubblicati nel tempo dal generale Ricciotti Garibaldi, al quale si attribuirebbe un'importanza maggiore di quella che abbia in realtà.

D'altro Iato, siccome si constata che esistono certi contrasti tra la politica seguita dai due Governi nella penisola balcanica, si manifesta la preoccupazione che questi possano in data eventualità -come, per esempio, se il Governo i. e r. fosse costretto dalla necessità per tutelare i propri interessi d'intraprendere un'azione in quella regione -provocare attriti spiacevoli e dar luogo in Italia a dimostrazioni tali contro l'Austria-Ungheria da rendere impossibile ogni buona relazione con essa.

In previsione di ciò si giudica necessario, per far fronte ad ogni sorpresa che fosse per avvenire alla frontiera sud-ovest della Monarchia, di prendere le precauzioni militari suddette al fine di mettere il Governo i. e r. in grado di difenderla contro un movimento che contro di essa fosse per esser fatto da parte nostra, ma si esclude dalle medesime nel modo più assoluto qualsiasi idea preconcetta di aggressione contro l 'Italia.

È bensì vero che in certi circoli della capitale, che fanno capo a quelli militari e di alcuni giornali, tra cui la Zeit, si parla volontieri da più tempo con insistenza di una guerra contro l'Italia come di cosa inevitabile ed a breve scadenza. Voci siffatte circolarono del pari l'anno scorso prima e dopo la votazione per parte delle Delegazioni dei crediti straordinari militari e divennero così insistenti nell'agosto di quell'anno ch'io credetti opportuno di adoperarmi a far redigere, col consenso del conte Goluchowski, quella nota ufficiosa, che, dopo essere stata da me emendata, venne pubblicata dalla Politische Correspondenz e che ebbe per scopo di dissipare momentaneamente ogni inquietudine nell'opinione pubblica dei due Paesi (rapporti: senza numero del 27 agosto 19042 e n. 599 del 31 agosto u.s. 3).

E tali voci, essendosi ripetute, nel dicembre scorso dopo il mio ritorno dal congedo, appena furono noti i provvedimenti militari presi alla nostra frontiera, motivarono, in seguito alle mie pratiche, l'inserzione nel Fremdenblatt d'una nuova nota ufficiosa constatante l'esistenza dei migliori rapporti tra i due Paesi, confermata altresì dall'altra nota comparsa nell'agenzia Stefani4 .

Nonostante però le ripetute dichiarazioni semi-ufficiali dei due Governi, quelle voci perdurano qui tuttora allo stato latente, ma se esse rivelano le preoccupazioni sopra riferite non possono però far supporre in questi circoli politici e nel Governo i. e r. l'intenzione d'intraprendere una azione contro l'Italia. Tale è pure l'opinione espressami dal mio collega di Germania, secondo il quale una simile supposizione non sarebbe giustificata né dalle disposizioni da cui il Governo i. e r. è animato a nostro riguardo, né dalla grave situazione nella quale trovasi di presente la Monarchia in seguito al risultato delle recenti elezioni politiche in Ungheria.

Quantunque non si possa dire che vi sia attualmente in Austria-Ungheria un vero partito militare, che cessò di esistere dopo la morte dell'arciduca Alberto che ne era il capo riconosciuto, non v'ha dubbio che in una parte dell'ufficialità dell'esercito si vedrebbe con piacere una guerra contro l 'Italia, come anche nei Balcani. Ma a tali sentimenti bellicosi, che si possono dire più o meno comuni all 'ufficialità di ogni esercito, non è da attribuirsi importanza soverchia, come mi faceva osservare il conte di Wedel, giacché i sentimenti da essa nutriti non hanno, né avrebbero sulle decisioni dell'amministrazione militare peso alcuno, non essendo divisi da S.M. l'imperatore, di cui sono noti i sentimenti pacifici e sulla lealtà del quale non è dato di dubitare.

3 R. 1305/599, non pubblicato.

4 Cfr. nn. 827 e 834.

Rispetto poi alle disposizioni poco amichevoli che, secondo quanto venne riferito ali'E.V., sussisterebbero in Ungheria e ch'ebbi cura di far rilevare nella mia anteriore corrispondenza e dei quali si ebbe sentore nelle varie questioni che il R. Governo ebbe a trattare direttamente a Budapest, esse sono originate, a quanto mi risulta, in parte dalle preoccupazioni stesse sopra riferite esistenti in Austria verso l'Italia ed in parte anche dall'atteggiamento assunto due anni fa dalla nostra stampa favorevole alla Croazia nella lotta da questa impegnata allora contro l'Ungheria. Si fu in vista di tali disposizioni che credetti opportuno di raccomandare al r. console generale in Budapest, al momento della sua assunzione d'ufficio, di adoperarsi con tatto a dissipare ogni malinteso che sussistesse nell'opinione pubblica ungherese a nostro riguardo comportandosi colla maggior franchezza e lealtà, non senza però vegliare attentamente a quanto colà avvenisse, e manifestando il fermo proposito del R. Governo di rendere sempre più intimi i nostri rapporti con quel Governo.

Se devesi poi tener conto di quanto in più occasioni mi fece conoscere il signor de Mérey, in colloqui privati da me avuti con lui, e dei quali non mancai di riferire alla E.V., l'opinione, che ho sopra esposta circa le disposizioni che si attribuiscono in questi circoli politici ad una gran parte della popolazione italiana poco favorevoli ali' Austria-Ungheria e le preoccupazioni che fanno nascere, sarebbe del pari divisa dallo stesso conte Goluchowski.

Non ho bisogno di aggiungere ch'io non tralasciai mai come non tralascerò in seguito di adoperarmi a confutare i falsi apprezzamenti che qui si fanno a nostro riguardo, ma è mio debito di dichiarare all'E.V. che, per quanta premura io posi e ponga per conseguire l'intento, essi sussistono tuttora e sono avvalorati in certa guisa dalle pubblicazioni fatte talvolta da alcuni nostri giornali che vengono così ad attraversare la mia azione in tale direzione.

Per conoscere se il pensiero che ho avuto l'onore di manifestare all'E.V. e che le manifestai già in altre circostanze corrisponda esattamente alle disposizioni presenti dell'opinione pubblica di questo Paese ed a quelle del Governo i. e r., conferii, in via riservata, coi miei colleghi di Germania e di Francia ed essi si espressero meco nel senso stesso sopra riferito.

Anzi il marchese di Reverseaux, nel farmi conoscere che era più che convinto che l'Austria-Ungheria non meditava ora alcun grave fatto a danno dell'Italia, mi disse che il conte Goluchowski, in un recente colloquio privato avuto con esso, avevagli manifestata la sua sorpresa come vi fossero all'estero persone che persistessero a credere che il Governo i. e r., nella situazione politica estera presente e nelle condizioni interne in cui trovavasi, potesse pensare ad un'azione che era del tutto alieno dall'intraprendere, se non vi fosse provocato.

Da quanto ho fin qui esposto risulta:

per ciò che riguarda i provvedimenti militari che l'Austria-Ungheria va prendendo alla nostra frontiera, che questi non potrebbero essere qualificati di straordinari e che alcuni di essi furono già presi l'anno scorso;

che quei provvedimenti non avrebbero che uno scopo puramente difensivo;

e che da essi non si potrebbe trarre finora nessun indizio che autorizzi di attribuire al Governo i. e r. il proposito d'intraprendere prossimamente un'operazione di guerra sia in Italia, sia nei Balcani;

rispetto poi ai sentimenti da cui questi circoli politici ed il Governo i. e r. sarebbero animati verso il nostro Paese; che esiste in essi il sincero desiderio di mantenere e rendere più amichevoli ancora i reciproci rapporti;

che le apprensioni che suscitano le aspirazioni irredentiste ed i contrasti che si rilevano tra la politica seguita dai due Governi nei Balcani fanno temere che quei rapporti possano essere turbati per parte nostra e condurre ad un conflitto con l'Austria-Ungheria;

infine che si esclude affatto nel Governo i. e r. l'intenzione di meditare in questo momento qualche grave fatto a danno nostro.

Le diffidenze continue e reciproche che esistono sia in Italia contro l'AustriaUngheria, sia in Austria-Ungheria verso l'Italia e che, assopite per qualche tempo, ritornano a galla periodicamente in certe stagioni dell'anno sono originate:

da parte dell'Austria-Ungheria, non tanto dalle aspirazioni irredentiste di cui si parla qui volentieri anche troppo gonfiandole oltre misura, quanto dal sospetto che la politica dell'Italia nei Balcani sia diretta ad attraversare in un dato momento l'azione che vi esercita il Governo i. e r. ed a cui gli eventi potrebbero costringerlo di dare un maggiore e più effettivo svolgimento;

e per parte dell'Italia dalla linea di condotta, non abbastanza chiara, seguita dali'Austria-Ungheria nei Balcani, intesa ad escludere ogni sua azione in quella regione, per cui ne nasce naturalmente il dubbio ch'essa abbia mire ben differenti da quelle che manifesta e tenda, nonostante le sue ripetute dichiarazioni di disinteressamento, a realizzare colà i piani di espansione che le si attribuiscono e che non potrebbero da noi essere considerati che come nocivi agli interessi italiani.

Queste diffidenze sono destinate a perdurare e ad andare forse crescendo nel progresso di tempo, collo svolgersi degli eventi, sebbene entrambi i Governi colgano ogni occasione per fare le più esplicite dichiarazioni al fine di rassicurare l'opinione pubblica rispettiva.

Esse potrebbero bensì essere frenate alquanto se la stampa italiana ed austroungarica si adoperassero a vicenda a temperare il proprio linguaggio e ad essere più guardinghe nelle loro pubblicazioni come nei giudizi che portano sulla politica dei due Governi, evitando con tatto, del quale non si può dire abbian dato prova finora, di far nascere ed alimentare sospetti sulle loro mire.

Ma tali diffidenze non potrebbero essere eliminate, almeno in gran parte, che se i due Governi non si decidessero, o piuttosto se si avesse qui il desiderio sincero di addivenire con noi ad un vero e positivo accordo che, mettendo da banda gli equivoci ora esistenti, avesse per scopo di tutelare i rispettivi interessi nei Balcani.

È questo un problema la cui soluzione, per quanto ardua sia, non può non preoccuparci ed al quale sono rivolti da più tempo i miei studi per ricercare una base tale che possa rendere un simile accordo possibile ed accetto ad un tempo ai due Governi.

Ma questi miei studi non potrebbero avere un indirizzo certo e pratico se la E.V. non si compiacesse di manifestarmi il suo pensiero al riguardo, che mi permetto chiederle, perché possa servirmi di guida nei medesimi.

Secondo il mio subordinato parere tale accordo non potrebbe avere, siccome ebbi l'onore di farlo conoscere all'E.V. colla mia lettera del 29 ottobre ultimo4 , che il duplice scopo di precisare maggiormente l'azione dell'Italia e dell'Austria-Ungheria negli affari balcanici, di stabilire eventualmente i compensi contemplati nei reciproci impegni nel caso in cui lo status quo non potesse essere mantenuto.

Quanto al primo punto non conviene farsi illusione: l'Austria-Ungheria non consentirà mai ad addivenire con noi ad uno scambio di idee e tale riguardo. È bensì vero che il conte Goluchowski non contestò, nel tempo, al mio predecessore l'obbligo che, in forza del Trattato di alleanza, incombe ali' Austria-Ungheria di effettuarlo, ma chiese che fosse del tutto indipendente da quello al quale egli era già addivenuto colla Russia e che venne concretato nell'accordo di Miirzsteg5 .

Ora siccome questo accordo ebbe per intento di determinare l'azione delle due Potenze in ordine all'assetto della Macedonia, scopo cui dovrebbe mirare il nostro scambio di idee con l'Austria-Ungheria, e siccome a tale assetto il Governo i. e r. ha rifiutato sempre di farci partecipare adducendo di non poter ammettere la nostra introduzione nelle questioni formanti oggetto dell'accordo suddetto, è evidente che quello scambio di idee, dovendo aggirarsi sulle questioni stesse dalle quali si cerca di eliminarci, non potrebbe avere un risultato pratico, tanto più poi che, sebbene fosse basato sopra il mantenimento dello statu quo, non sarebbe per concordare nei suoi particolari colle ben note disposizioni della Austria-Ungheria rispetto alle soluzioni da darsi alle questioni in discorso.

Del resto, come l'esperienza ci insegna, l'Austria-Ungheria non mira che ad eliminare l'azione della Italia non solo, ma anche quella delle altre Potenze dalle questioni balcaniche, perché considera queste come riservate alla esclusiva competenza sua e della Russia. Per cui tutto ciò che riflette la riorganizzazione presente e futura della Macedonia, come, per esempio, l'istituzione di una autonomia dei tre vilayets, che sarebbe la soluzione a noi più accetta, non potrebbe formare oggetto dell'accordo da stipularsi con l'Austria-Ungheria.

Rispetto al secondo punto, siccome nel Trattato d'alleanza si contempla, nel caso in cui lo statu quo nei Balcani fosse per essere modificato, l'eventualità di una previa intesa fra l 'Italia e l'Austria-Ungheria, basata su compensi reciproci per ogni vantaggio territoriale od altro che ciascuna di esse ottenesse in seguito a quell'occupazione, è lecito supporre che un'apertura da noi fatta in tempo opportuno al Governo i. e r. per procedere ad uno scambio di idee in proposito non dovrebbe incontrare opposizione da parte sua.

Ma per le ragioni esposte nella mia lettera suddetta, anche tale scambio di idee, circa il quale il conte Goluchowski, come lo dichiarò al mio predecessore, non sarebbe contrario in massima di addivenire, qualora fosse richiesto dalle circostanze, non potrebbe essere da noi proposto nel momento presente.

Ciò nonostante a noi conviene nel frattempo di preparare, da un lato, il terreno col continuare a seguire quella condotta savia e corretta nella quale I'E.V., per nostra buona ventura, ha saputo ricondurre la politica estera dell'Italia, e studiare, dall'altro,

5 Cfr. serie III, vol. VII, n. 271.

su quali basi tale scambio di idee dovrebbe essere effettuato ed in quale momento vi sarebbe maggior probabilità che fosse accolto dall'Austria-Ungheria.

Ammesso ciò è da domandarsi in quali casi e fino a qual punto un'occupazione parziale o totale della Macedonia, che non è ora da prevedersi, potrebbe essere da noi consentita contro adeguati compensi e guarentigie e quali sarebbero tali compensi e tali guarentigie.

È questo il punto più scabroso dell'accordo sul quale l'E.V. è sola competente per pronunciarsi.

Ma è da stabilire anzi tutto che noi non potremmo interloquire nell'eventualità di un'occupazione, dell'Austria-Ungheria, del sangiaccato di Novi-Bazar fino a Mitrowitza, perché, per le dichiarazioni ripetutamente fatte dal conte Goluchowski al mio predecessore ed a me stesso, il Governo i. e r. considera tale occupazione come un diritto attribuitole dal Trattato di Berlino, del quale, ove la necessità glielo imponesse, potrebbe valersi a sua volta col concertarsi da sola con la Turchia.

Per quanto una simile occupazione sia contraria alle nostre vedute, noi non saremmo in grado di farvi opposizione non potendo fare assegnamento sull'appoggio della Francia e dell'Inghilterra; per contro potremmo pretendere, al pari di quelle Potenze, che tale occupazione non avvenga che colle debite cautele ed in tempo opportuno per non turbare la tranquillità della penisola.

In tale stato di cose siccome quella occupazione, alla quale il Governo i. e r. si prepara, quantunque non sia destinata, come si prevede generalmente, ad effettuarsi nel momento attuale, è da ritenersi come possibile e per evitare che possa suscitare da noi apprensioni e provocare alla evenienza dimostrazioni ostili all'Austria-Ungheria, rendendone responsabile il R. Governo per non averla impedita o ottenuto contro di essa guarentigie e compensi in seguito ad essa, sarebbe opportuno che l'opinione pubblica italiana fosse messa in grado di conoscere il vero stato della questione al fine di rendersi conto del diritto riservato all'Austria-Ungheria dal Trattato di Berlino, del previo compenso dato al medesimo da tutte le Potenze e della conseguente impossibilità per l'Italia di opporsi a quell'occupazione.

Se è evidente che a noi non converrebbe procedere all'occupazione di territori in Macedonia, noi però abbiamo il diritto e l'interesse di ottenere che una espansione dell'Austria-Ungheria in quella regione non venga a distruggere l'equilibrio che deve esistere tra le rispettive forze e compromettere le sorti d eli'Albania, menomandone l'intesa relativa.

Egli è perciò che l'accordo, che avrebbe specialmente per scopo di mantenere intatto questo equilibrio col determinare i compensi da attribuirci nell'eventualità di quella espansione, dovrebbe essere ad un tempo una specie di corollario dell'intesa suddetta per impedire che fossero occupati dall'Austria-Ungheria territori facenti parte dell'Albania e che la occupazione per parte sua di quelli a questa finitimi non venga a comprometterne per l'avvenire la situazione politica e commerciale.

Ma ciò che sarebbe anzi tutto necessario di stabilire si è di determinare quali siano a giudizio dei due Governi i confini dell'Albania al fine di precisare meglio gli impegni da essi presi nell'intesa.

Circa lo scambio d'idee a cui non dovrebbesi tardare di procedere in proposito col Governo i. e r. mi riservo d'intrattenere prossimamente l'E.V.

Prego l'E.V. di voler scusare se mi sono presa la libertà di sottometterle le mie modeste idee sopra una questione per noi così capitale, che forma oggetto delle mie costanti preoccupazioni, ed in attesa di conoscere il pensiero di lei a riguardo ... ecc.

PS. È mio debito d'informare l'E.V., per mio discarico, ch'io non ho creduto d'intrattenere ancora il conte Goluchowski dell'argomento della sua lettera particolare dell'Il dicembre scorso6 avendomi ella, con lettera del 15 gennaio7 , in risposta a quella da me direttale il 27 dicembre8 , riferito di aver fatto nuove aperture a Berlino nel senso proposto dal marchese Imperiali. In seguito a ciò mi è sembrato più opportuno, prima di fare il passo suddetto, di attendere che l'E.V. si compiacesse di farmi conoscere il risultato di quelle aperture, di cui si riservava avvertirmi.

946 1 Cfr. n. 876.

946 2 Cfr. n. 595.

946 4 Non rinvenuta.

947

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 644/268. Parigi, 7 marzo 1905 (perv. l' 11).

I dispacci di V. E. del 28 febbraio e 2 marzo 1 , relativi ai preparativi di una azione militare francese verso la Tripolitania, mi pervennero con l'ultimo corriere di Gabinetto. Insieme ai medesimi trovai la nota segreta per la quale particolarmente le sono gratissimo.

Sebbene le notizie dei rr. agenti consolari circa il concentramento delle truppe e lo scopo del medesimo, invece di precisarsi, sembrino sempre più incerte, tuttavia ciò che costituisce il carattere grave e serio della situazione da quelle notizie indicata è perfettamente riassunto, a parer mio, nella nota del Comando del R. Corpo di Stato Maggiore2 , allegata al primo dei precisati dispacci ministeriali. E dal canto mio, debbo insistere sovra la considerazione esposta diggià nel mio rapporto del21 febbraio (n. 517/215)3 , essere cioè invalsa in Francia l'opinione che, per il pieno successo della politica africana che ora si svolge verso il Marocco, sia necessaria la dominazione sovra le tribù del Sahara la quale non potrà diventare effettiva finché queste troveranno rifugio nelle grandi oasi situate nel territorio tripolitano. Sotto la spinta di questo interesse, dai fautori di tale politica ritenuto come essenziale alla riuscita di essa, quali potrebbero essere le risoluzioni improvvise di questo Governo quando un immediato pretesto gli si fornisse, io non oserei dire con asseveranza. Temerei di essere ancora sotto l 'impressione

7 Cfr. n. 819.

s Cfr. n. 792.

2 Cfr. n. 881.

3 Cfr. n. 918.

delle rassicuranti, esplicite dichiarazioni che, sebbene date in Parigi ad un mio predecessore e ripetute in Roma dall'ambasciatore della Repubblica, svanirono al primo comparire dei leggendari krumiri.

Vero è che, rispetto ai territori ottomani inchiusi nella Tripolitania, la Francia, oltre agli impegni generali delle Potenze garanti, ha pure gli speciali presi verso l'Italia. Ma appunto perciò, e non potendosi neppure escludere la possibilità di un'azione personale e divergente di qualche personalità appartenente all'attuale Gabinetto, a me parve che non bastasse ch'io andassi qui ad incontrare le facili smentite che alle informazioni nostre avrebbe opposte il ministro degli affari esteri, ma che era invece venuto il momento, per il Governo di Sua Maestà, di ricordare a quello della Repubblica, sia pure nei termini i più amichevoli, l'esistenza dei particolari suoi impegni a nostro riguardo. Perciò, riferendomi io al telegramma che spedii a V.E. il 19 febbraio4 , mi permisi di chiederle, con altro dispaccio telegrafico di ieri5 , se in proposito fosse già avvenuta fra lei e l'ambasciatore della Repubblica una spiegazione. Questa io non avea voluto provocare nel colloquio che ebbi il 21 febbraio con il signor Delcassé. Né sarebbe stato opportuno che ora gli avessi tenuto un linguaggio che fosse sembrato la ripetizione di cose che generalmente basta siano dette una sola volta. Ringrazio pertanto I'E.V. di avermi, con il suo telegramma d'ieri sera6 , illuminato sovra questo punto ed, in una conversazione che avrò con questo ministro degli affari esteri probabilmente domani, mi atterrò alle indicazioni di V.E. Attenuerò in nulla l'importanza e la serietà delle informazioni relative ai preparativi militari segnalatici; ma insisterò sul motivo che noi abbiamo di non preoccuparcene. Se, come sarebbe naturale, il signor Delcassé accennerà dal canto suo che il Governo francese conosce i suoi impegni, con un ringraziamento cortese piglierò atto della sua dichiarazione.

946 6 Cfr. n. 764.

947 1 Il D. 10893 del28 febbraio non si pubblica. Per quello del2 marzo cfr. n. 942, nota l.

948

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 658/278. Parigi, 7 marzo l905 (perv. il 13).

Mi accingo a renderle conto particolareggiatamente di un episodio nelle trattative concernenti l'Etiopia che, a causa delle speciali condizioni del Gabinetto francese in carica, merita a parer mio tutta l'attenzione del R. Governo.

In seguito ad appuntamento chiestomi, venne il dì 5 corrente da me il signor Hugues Le Roux il ben noto pubblicista che fu a più riprese in Abissinia con missioni

5 Cfr. n. 942.

6 Cfr. n. 943.

più o meno segrete per favorire interessi che il rappresentante ufficiale della Francia ad Addis Abeba sembrava, momentaneamente almeno, non avere molto a cuore.

Dopo le più esplicite ed insistenti proteste di simpatia per l'Italia e di volermi far conoscere con tutta franchezza la verità sovra le cose di Etiopia, il signor Le Roux spiegò sotto i miei occhi la carta geografica che qui unisco 1• Essa rappresenta i confini dell'Etiopia, meno la parte verso la Somalia, ed in tre tinte dà grosso modo un'idea chiara delle diverse altitudini di quel Paese. La linea ferroviaria Gibuti-Nilo e quella di congiunzione Cairo-Cap vi sono tracciate secondo l'andamento preveduto nella concessione ed accordi seguiti con il negus.

Di questa carta il signor Le Roux mi offrì due esemplari indicando così il desiderio suo che io ne destinassi uno a V.E.

Poi il mio interlocutore prese così a parlare.

Nei primi mesi del 1904 il partito coloniale del Parlamento, inquieto della condotta del signor Delcassé, avea deliberato di rovesciarlo ed il signor Étienne avrebbe dovuto surrogarlo dopo le vacanze di Pasqua. Ma il viaggio del presidente della Repubblica in Italia fece aggiornare la combinazione perché il signor Loubet manifestò il desiderio di essere accompagnato a Roma dal ministro degli affari esteri che avea il più contribuito al ravvicinamento con l'Italia.

Il signor Étienne avea però diggià incominciata la preparazione per ciò che riguardava l'Etiopia che Delcassé persisteva a mantenere in fuori delle sue trattive [sic] con l'Inghilterra. Le Roux, che avea stretto amicizia con Harrington in un precedente soggiorno in Etiopia, fu mandato da Étienne ad abboccarsi con questo agente britannico che era venuto in Europa. Harrington ebbe in Parigi un convegno con Étienne e con Deloncle al quale Le Roux assistette. In questi incontri Harrington espose con tutta schiettezza che l'ostruzione che insieme al rappresentante italiano egli faceva presso il negus per impedire la concessione alla compagnia francese del tronco Harrar Addis Abeba era unicamente motivata dal fatto che quella linea ferroviaria avea cessato di essere puramente commerciale dal giorno in cui lo Stato francese avea preteso di sostituirsi alla privata compagnia concessionaria in una eventualità probabilmente prossima a verificarsi.

L'Inghilterra non poteva ammettere che sotto il colore di una concessione ferroviaria la Francia acquistasse la proprietà della valle nella quale la ferrovia dovea essere costrutta. Dalla parte dei due principali capi del partito coloniale francese fu esposto: Gibuti essere necessario alla Francia per la sua politica coloniale in Asia ed al Madagascar. Ma Gibuti era e dovea restare un punto d'appoggio per la marina francese. Una politica di espansione nell'hinterland di Gibuti avrebbe incontrato le stesse difficoltà che gli inglesi prima e gli italiani poi aveano conosciute ed, in ogni ipotesi, lo stato dei partiti politici in Francia escludeva che vi fosse chi potesse pensare a simile follia. Perciò gli interessi territoriali della Francia in Etiopia non andavano oltre i suoi possedimenti attuali. Vi erano invece altri interessi che la Francia dovea proteggere e sviluppare in quel Paese e questi erano d'indole economica e commerciale. Primieramente era naturale il desiderio della Francia di chiamare a Gibuti il movimento commerciale dei Paesi che gli stanno dietro. In secondo luogo l'Etiopia

era il solo Paese dove i francesi erano andati a portare la loro attività ed i loro capitali (una trentina di milioni) prima che il loro Governo vi portasse la sua sovranità. Il partito coloniale considerava come un debito d'onore di non lasciar periclitare l'opera di quei coraggiosi, epperò, pur non aspirando a conquista, non poteva assistere all'assorbimento di quel Paese dall'Inghilterra senza comuoversi e cercare d'impedirlo. Per altra parte bisognava tener conto che tre soli Stati europei -i limitrofi dell' Abissinia-aveano interessi propri in quel Paese. Conveniva perciò anzitutto che i confini del medesimo verso quei tre Stati venissero accertati e determinati. Poscia gli stessi tre Stati avrebbero potuto concertarsi per il riconoscimento della neutralità dell'Etiopia e della sua integrità.

Una uniformità di trattamento commerciale verso tutte le frontiere ed in tutti i punti di sbocco dovrebbe essere stabilito e mantenuto ed infine i tre Stati europei limitrofi si sarebbero accordati per dotare l'Etiopia delle necessarie ferrovie sotto una direzione internazionale alla quale tutti e tre parteciperebbero.

Harrington portò a Londra un progetto di cui questi erano i capisaldi. Hugues Le Roux fu mandato in Abissinia per preparare il negus alla accettazione del progetto.

Il mutamento di Ministero non avvenne allora in Francia. Delcassé fece l'accordo con l 'Inghilterra e lasciò fuori la questione etiopica. Il partito coloniale, allora come al presente, rimane fermo nel divisamento di non transigere sovra due punti: l) rifiutare che sia abbandonata all'Inghilterra la concessione del tronco ferroviario Addis Abeba al Nilo perché questa linea per l'Inghilterra è puramente di penetrazione politica; 2) opporsi a qualunque combinazione che abbia per base la spartizione dell 'Etiopia in sfere d'influenza politica.

Hugues Le Roux arrivando in Etiopia trovò Harrington e Ciccodicola legati a mantenere l'ostruzione contro gli interessi francesi appunto come se fra i loro rispettivi Paesi e la Francia nessun ravvicinamento si fosse prodotto.

Qui si pone l'incidente della concessione fatta e ritirata dopo poche ore da Menelik, per la costruzione della linea Harrar-Addis Abeba, incidente che il signor Le Roux mi narrò appunto come già mi risultava dalle corrispondenze d'ufficio. Del resto il mio interlocutore, che io mi guardai bene di interrompere con intempestive osservazioni, proseguì lodando Ciccodicola per il suo operato perché egli avea agito conformemente all'interesse del suo Paese. Egli riconosce infatti che, dal momento in cui, con il contratto di guarentigia per la sovvenzione delli 500 mila franchi annui, lo Stato francese avea preteso sostituire se stesso alla compagnia concessionaria nella proprietà della ferrovia anche se costrutta sul territorio etiopico, né l'Italia né l'Inghilterra possono gratuitamente acconsentire a che Menelik mantenga la concessione e permetta l'effettiva costruzione del secondo tronco della ferrovia.

Mentre però i rapporti politici fra la Francia e l'Inghilterra da una parte e l'Italia dall'altra, si sono modificati negli ultimi tempi in modo tanto desiderabile per gli interessi dei tre Paesi, il signor Le Roux e gli amici suoi non potevano essere altrimenti che sorpresi della continuazione in Etiopia di una tensione di rapporti che formava evidentemente una inconcepibile eccezione. Tale stato di cose perdurando potrebbe riuscire nocivo a quegli interessi politici ben più considerevoli che i tre Paesi ebbero in vista nel loro ravvicinamento. Il signor Étienne, che ha contribuito con le sue pubblicazioni al miglioramento delle relazioni franco-britanniche, giudica assai severamente l'operato o meglio l 'inerzia di cui il signor Delcassé ha dato prova in riguardo alle cose di Etiopia2 . Ora si è saputo che nell'intendimento dell'attuale ministro degli affari esteri francese vi sarebbe di negoziare con l'Inghilterra (dell'Italia il Le Roux qui non fece cenno) appunto sovra le due basi che il partito coloniale è deciso di non ammettere; cioè sovra la base dell'abbandono all'Inghilterra della concessione ferroviaria Addis Abeba-Nilo, e della ripartizione dell'Etiopia in sfere d'influenza politica. Per rendere impossibile tale accordo il partito coloniale ha provocato un plebiscito delle Camere di commercio francesi. Le principali si sono già pronunciate e messe in grado di scegliere fra l'accomodamento internazionale vagheggiato dal partito stesso (combinazione a tre) e quello che Delcassé sta trattando, tutte le Camere si sono recisamente pronunciate in favore del primo e contro il secondo dei due progetti. Si stanno, così continuò il signor Le Roux, riunendo le deliberazioni in un fascicolo che un membro autorevolissimo della Camera porterà davanti l'Assemblea sicuro di provocare dalla medesima una deliberazione che sarà decisiva.

Lasciai che il mio interlocutore svolgesse a sazietà le cose sovra narrate intercalandole con le sue proteste di simpatia e fiducia verso l'Italia e le sue riserve ed espressioni di diffidenza verso l'Inghilterra, per modo che non dubito di averne afferrato perfettamente il senso. Ma quando il lungo suo discorso accennava a finire (durò più di un'ora e mezzo) mi parve opportuno esprimere a mia volta in termini generici le tre seguenti osservazioni: l) essere opinione generalmente invalsa in Europa che alla morte di Menelik l 'unità etiopica potrebbe sfasciarsi per le competizioni dei ras; 2) che l'interesse dell'Italia in quel Paese pareva determinato dai suoi possessi dell'Eritrea e della Somalia; 3) che quello dell'Inghilterra, possessore dell'Egitto, si concentrava naturalmente sul corso degli affluenti del Nilo.

Da queste semplici osservazioni il Le Roux prese motivo per farne egli pure e queste mi sembrano meritare anch'esse di essere qui riferite.

Egli ritiene che l'unità etiopica sia assai più salda che non lo si crede generalmente. Il sentimento della patria è stato sviluppato tra gli etiopi nel loro contatto con gli stranieri. Poi Menelik può vivere ancora un buon numero d'anni e non conviene ai tre Governi limitrofi dell'Etiopia di continuare a lungo nella politica di rivalità e sospetto che essi hanno praticato finora ad Addis Abeba. Se poi, egli soggiunse, non si avesse fede nella durata dell'Impero etiopico, nulla impedirebbe ai tre Governi europei di contemplare l'ipotesi dello sfasciamento in accordi che Menelik naturalmente non avrebbe da conoscere.

Circa gli interessi inglesi Le Roux disse che essi riguardano non una, ma due cose ben distinte. L'Inghilterra annette giustamente la più grande importanza alla esecuzione di certi lavori già studiati per la derivazione delle acque del lago Tana ed ad impedire invece che si faccia un'opera idraulica, ugualmente stata studiata in massi

ma, e che potrebbe derivare le acque del Nilo Bleu nel Gonder che si versa nell' Aouache. Gli inglesi hanno inoltre un principalissimo interesse a cambiare il tracciato della loro ferrovia Cairo-Capo ed a farla passare nei bacini della Didessa e dell 'Orno. Ma Menelik nulla concederà agli inglesi se questi non riconosceranno prima la sua neutralità e l'integrità del suo Impero, e se non si formerà la compagnia ferroviaria sotto la direzione di un'amministrazione internazionale costituita non dagli azionisti, ma dai Governi.

A questo punto avendo io notato che in Italia non si troverebbero capitali per le ferrovie etiopiche, Le Roux replicò che l'amministrazione dovea essere internazionale, come quella del Canale di Suez, ma che i capitali potevano venire da qualunque parte.

Non posso dire se il signor Hugues Le Roux era mandato o veniva spontaneamente da me. Naturalmente egli manifestò il pensiero che sarebbe cosa assai spiacevole che l'Italia, accettando di entrare essa stessa nelle attuali viste del signor Delcassé e dell'Inghilterra, si esponesse ad incontrare l'opposizione del partito coloniale e della grande maggioranza del Parlamento francese.

947 4 Cfr. n. 907.

948 1 Manca.

948 2 Si pubblica qui il seguente passo del rapporto 655/276 del 7 marzo col quale Tomielli riferiva di un colloquio interlocutorio con Delcassé circa l'Etiopia: «Entro pochi giorni, egli mi disse, avremmo potuto riprendere il colloquio su questo affare, nel quale del resto a lui premeva una cosa soltanto e questa era che della concessione fatta da Menelik di tutta la linea ferroviaria che da Gibuti mette capo al Nilo sia mantenuta alla compagnia francese quella del secondo tronco, ossia del tronco che congiunge l'Harrar ad Addis Abeba. Per tutto il resto l'accordo anglo-italiano non gli sembrava offrire per lui particolare interesse». In altro rapporto 651/272, pari data, Tornielli osservava: «si trova tenuto in iscacco da Menelik fin qui sorretto nella sua resistenza dai rappresentanti d'Italia e d'Inghilterra ad Addis Abeba».

949

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 412/34. Washington, 8 marzo 1905, ore ... 1.

Apprendo ufficiosamente che, per riguardo speciale verso S.M. il re, il presidente degli Stati Uniti nominerà due delegati alla Conferenza di Roma. L'uno sarà il signor Appleton, grande proprietario dello Stato di New York come specialista agricoltura, l'altro, il segretario di codesta ambasciata americana Idding, per parte economtca.

950

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. RISERVATO 421/27. Vienna, 10 marzo 1905, ore 5.

Sono stato informato da buona fonte in via riservata che il nuovo ambasciatore di Russia fu incaricato da S.M. czar rappresentare S.M. l'imperatore che Russia, quantunque sua attenzione fosse ora assorbita da gravi difficoltà interne e estere in

827 cui si dibatte, era fermamente risoluta continuare mantenersi fedele intesa Mi.irzsteg e camminare d'accordo con Austria-Ungheria per ciò che riguarda riforme. S.M. l'imperatore, presso il quale principe Urussov sarebbesi reso interprete messaggio suo sovrano, avrebbe pregato far conoscere czar che egli, come suo Governo, erano del pari intenzionati adempiere fedelmente impegni presi e seguire, Balcani, identica linea di condotta adottata fino ad ora d'accordo con Russia.

949 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.

951

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 690/293. Parigi, 10 marzo 1905 (perv. il 18).

Conformemente a quanto ebbi l'onore di scrivere a V.E. il 7 corrente (n. 644/268)1 , m 'intrattenni il dì seguente con il signor Delcassé circa le conferme che erano pervenute a Roma delle notizie relative ad una concentrazione di truppe in vista di un'azione militare verso Gadamés. Soggiunsi però subito che V.E, alla quale io avea accuratamente fatto pervenire le smentite che qui mi erano state date con tanta osservanza, mi avea fatto sapere che, di fronte agli impegni precisi esistenti fra l 'Italia e la Francia, il Governo italiano né avea, né poteva avere preoccupazioni in proposito.

Anche questa volta il signor Delcassé si limitò a smentire i fatti segnalatici. Le informazioni che ne avevamo erano, al dire di lui, assolutamente fantastiche. Chi mai avea potuto pensare che si concentrerebbero 12 mila uomini per operare attraverso il deserto? Non era serio il soffermarsi a simili supposizioni praticamente irrealizzabili. Se il ministro degli affari esteri non avea in Italia altri soggetti di preoccupazione, egli, il signor Delcassé, sinceramente lo felicitava perché nessuno pensava in Francia a dare corpo a simili fiabe. Tutto ciò fu detto con accento scherzoso ed io lo lasciai dire )imitandomi in ultimo ad osservare che, sebbene l'insistenza con la quale le voci di concentrazione di forze correvano fra i militari stanziati in Tunisia, fosse un fatto acquisito, io era ben lieto di poter ripetere, in questa occasione, che il R. Governo attingeva le ragioni della sua sicurezza nella esistenza di patti precisi ai quali certamente nessuno in Francia avrebbe mai pensato a mancare.

Il signor Delcassé non replicò a questa mia osservazione ed egli riprese a battere la campagna con le sue generiche denegazioni.

951 1 Cfr. n. 947.

952

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 133/52. Pietroburgo, 11 marzo 1905 (perv. il 22).

Ringrazio l'E.V. per il suo dispaccio in data 6 corrente n. 11755/41 1 con cui si è compiaciuto comunicarmi il testo degl'identici promemoria consegnatigli simultaneamente da codesta ambasciata d'Austria-Ungheria e di Russia contenente le proposte dei rispettivi Governi riguardo alla domanda turca di aumento dei dazi doganali, nonché della risposta da lei data in proposito alle due precisate rappresentanze.

Giova anzitutto osservare come il conte Lamsdorff ed il signor Hartwig, nel parlarmi, anche in recenti occasioni, dell'accoglienza che il Governo russo si proponeva di fare alle proposte della Sublime Porta rispetto all'aumento dei dazi doganali, si limitarono ad accennare soltanto al proposito di subordinarle all'impegno che i nuovi proventi doganali avessero a servire ai bilanci dei tre vilayet macedoni, ma sempre omisero di fare allusione ali' altra principalissima condizione d eli' accettazione per parte del Governo ottomano del piano di sistemazione finanziaria presentato dall'Austria-Ungheria e dalla Russia. Il Gabinetto di Vienna, colla connivenza della Russia, sembra ora aver destramente introdotto nel promemoria rimesso alle Potenze quest'ultima condizione, forse più che altro allo scopo di tentare di carpire, un po' tardivamente, l'adesione ed il concorso delle altre Potenze a favore di quel progetto finanziario, che, sebbene presentato sotto l 'etichetta austro-russa pare, più che altro, esser prodotto esclusivo della sua fabbrica e che le riluttanze della Sublime Porta e l'accoglienza poco favorevole avuta altrove minacciano di far seriamente pericolare. Se quindi i Gabinetti accoglieranno con molte riserve le proposte suddette, ciò potrà contribuire a turbare non poco il giuoco de li'Austria-Ungheria, cui deve star particolarmente a cuore l'attuazione del suo piano finanziario come quello che meglio le può offrire il destro di assicurarsi una situazione sempre più preponderante nella soluzione della questione macedone. Da quel lato la risposta data dall'E.V. non poteva essere più opportuna e previdente.

952 1 Non pubblicato, ma cfr. n. 944.

953

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

D. 13009/105. Roma, 13 marzo 1905.

Mi riferisco al precedente carteggio sull'argomento 1 e per ultimo al mio dispaccio 8 settembre 1904 n. 44056/39522 .

Questo Ministero, considerata l'opportunità di dare comunicazione al Governo francese dell'accordo itala-britannico 12 aprile-25 maggio 1904 per la repressione del contrabbando delle armi in Somalia, venne alla conclusione che la comunicazione, sebbene non assolutamente necessaria, potesse essere utile e costituire, in ogni modo, un atto riguardoso verso lo Stato amico.

Essendosi data partecipazione di siffatto modo di vedere all'ambasciata inglese a Roma, questa aderì a nome del suo Governo.

Successivamente si venne all'intesa che la comunicazione dell'accordo dovesse farsi mediante comunicazione di note dei rispettivi ambasciatori a Parigi, da presentarsi simultaneamente al Governo della Repubblica.

In seguito a ciò, le due note, concordate fra il conte Tornielli e sir Francis Bertie, furono il 15 febbraio ultimo scorso dirette al signor Delcassé. Di quanto precede informo V.E. per sua opportuna notizia, riservandomi di farle ulteriori comunicazioni, ...

954

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 492/163. Berlino, 13 marzo 1905.

In questi circoli governativi si è presa con vivo rincrescimento notizia delle dimissioni offerte dall'on. Giolitti e si segue con non poco interessamento il corso della crisi.

La stampa registra le informazioni che vengono telegrafate da Roma e commenta con simpatia la designazione del successore nella persona dell'onorevole Fortis. Le manifestazioni dei giornali che prendono la loro ispirazione presso la Cancelleria si trovano riassunte nella rivista settimanale Norddeutsche Allgemeine Zeitung la quale così si esprime:

«< circoli politici della Germania hanno preso con sincero rincrescimento notizia del ritiro del presidente del Consiglio Giolitti sebbene essi fossero già informati del

suo non buono stato di salute e contassero in certo modo su una decisione conseguente. È fuori di dubbio che Giolitti non si ritira di fronte a difficoltà politiche: sono soltanto le sue condizioni fisiche che Io hanno spinto ad abbandonare un posto nel quale ha reso così segnalati servizi. Insieme con i suoi amici noi formiamo sinceri voti per una pronta guarigione che gli permetta di ricominciare il lavoro per la sua patria. li successore Fortis ci è noto come uno dei più insignì coilaboratori di Crispi: egli ha un programma di Governo il quale ci permette di salutare con soddisfazione il suo avvento al potere».

Queste parole rappresentano il pensiero del Governo imperiale: S.E. il conte Biilow si espresse con me, in una breve conversazione, in termini analoghi.

953 1 «L'argomento» sono i provvedimenti per impedire il commercio delle armi in Somalia. 2 Non pubblicato.

955

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA INCISA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 636/52. Bucarest, 14 marzo 1905.

Parecchie volte ebbi già a accennare nel mio carteggio con cotesto Ministero come per essere ben orientati circa l'opinione e gli intendimenti del Governo rumeno nelle quistioni di politica estera giovi più una parola del re Carlo che non tutti i colloquii coi suoi ministri. Motivo per cui io ed i miei coiieghi d'Austria e di Germania non manchiamo mai d'approfittare d'ogni occasione per sollecitare daiia Maestà Sua il favore d'una udienza particolare, che ci viene sempre concessa colla più gentile premura. Finché però era al potere il signor Sturdza ed il portafoglio degli affari esteri trovavasi nelle mani del signor Bratianu, che sapevamo essere interprete fedele del pensiero del sovrano e del suo Governo -pensiero che aveva inoltre il pregio di saper esprimere in forma chiara e precisa -il vedere il re era di minore utilità e se ne poteva anche fare a meno. Col Gabinetto Cantacuzino, invece, la cosa è diversa. Infatti, se l'attuale ministro degli affari esteri si diffonde molto volentieri a parlare con me ed i predetti miei colleghi delle questioni di politica internazionale, non solo gli apprezzamenti ed i concetti da lui emessi sono quasi sempre troppo vaghi ed indeterminati per poterei servire d'indicazione sicura, ma abbiamo già dovuto accorgerci che sono talvolta puramente l'espressione d'un suo punto di vista personale che non concorda con quello del presidente del Consiglio e non rappresenta quindi il modo di vedere del Governo. Ci è anzi persino accaduto di constatare in qualche occasione che il generale Lahovary si contraddiceva da un giorno all'altro.

Se quanto precede può attribuirsi in parte allo spirito fantastico e leggiero del generale, alla di lui imperfetta conoscenza della ponderazione e riserva che s'impongono a chi è alla direzione della politica estera, non solo nel trattare le quistioni ad essa attinenti, ma anche nel discorrerne, indicherebbe pure la mancanza per parte del Governo di viste e propositi ben determinati in certe questioni di politica estera. In tali condizioni l'E.V. comprenderà come, non sapendo qual valore attribuire alle parole del signor Lahovary, ci riesca difficile trarre argomento dalle nostre conversazioni con lui per riferire ai rispettivi Governi. Da tempo era quindi vivo il mio desiderio d'avere un colloquio col re, che non avevo più visto dopo la morte di suo fratello e dal quale, rispettando il profondo dolore in cui era immerso per la perdita di quel congiunto teneramente amato, non mi parve conveniente di sollecitare una udienza senza motivo speciale. Terminato però il lutto ufficiale, ed essendo io stato incaricato dal Ministero della nostra Casa Reale di far pervenire un volume alla Maestà Sua, le feci sapere per mezzo del suo maresciallo di Corte che sarei stato felice ed onorato di poterglielo consegnare personalmente. Poco dopo fui chiamato al palazzo, dove questo sovrano ebbe la bontà di trattenermi durante oltre tre ore a conversare.

Quantunque le cose da lui dettemi non siano in gran parte che la ripetizione del linguaggio tenutomi altre volte e riferito nel mio carteggio con cotesto Ministero, credo tuttavia mio dovere di riassumere qui appresso le impressioni riportate da questo colloquio con un monarca che è fra i migliori conoscitori degli affari d'Oriente e merita certamente la fama di grande saviezza e prudenza di cui gode.

Anzitutto re Carlo non mi nascose d'essere seriamente inquieto della piega disastrosa per i russi assunta dalla campagna in Estremo Oriente e della situazione interna dell'Impero moscovita. Se un indebolimento della potenza di esso poteva essere considerato come vantaggioso e visto con segreta soddisfazione in questi circoli politici (vedi mio rapporto ai numeri 272/35 del 14 febbraio 1904) 1 , re Carlo scorgerebbe tuttavia un grave pericolo per l'Europa in una disfatta finale completa, oramai molto probabile, della Russia sui campi di battaglia ed in sovvertimenti interni che ne paralizzerebbero per parecchi anni l'azione all'estero, turbando così profondamente l'equilibrio europeo attuale.

Altra sorgente di preoccupazione per il re sono gli armamenti considerevoli ed affrettati della Bulgaria. La Maestà Sua spera che i consigli di saviezza dati dall'imperatore germanico al principe Ferdinando non saranno senza portare qualche frutto e non crede in ogni caso che a Sofia si pensi a lanciarsi in avventure prima d'aver completati quelli armamenti, fra 2 112 e 3 anni cioè.

Ma cosa succederà allora se la quistione delle riforme nella Turchia europea non è interamente regolata? È infatti chiaro che se la Bulgaria, al fine di rafforzare il proprio esercito, si sottopone a sacrifizi pecuniari tanto grandi e sproporzionati alle sue risorse, lo fa certamente in vista d'ingrandimenti territoriali a detrimento dell'Impero ottomano. Un altro indizio dei piani reconditi nutriti colà sarebbe la diffidenza che, nonostante le buone relazioni ufficiali esistenti tra i due Stati, si manifesta da qualche tempo verso la Rumania da parte del Governo bulgaro e specialmente del principe Ferdinando, i quali danno segno di essere preoccupati di sapere quale contegno assumerebbe il Gabinetto di Bucarest se scoppiasse un conflitto armato bulgaroturco. A tal proposito questo sovrano mi narrò che, ricambiando un telegramma d'augurii del principe pel capo d'anno ortodosso, avendo egli espresso la speranza che le relazioni tra i due Paesi continueranno ad essere buone, S.A.R. disse al signor Mishu, agente diplomatico rumeno a Sofia: «Votre roi est un homme qui pèse chacun de ses mots. Qu'a-t-il donc voulu dire? Il a donc des doutes relativement au maintien de nos bons rapports?». Il signor Mishu avendo risposto che l'intenzione di re Carlo poteva essere stata soltanto di esprimere i suoi sentimenti amichevoli verso la Bulga

ria, il principe replicò: «Non, non, il pèse toujours chacun de ses mots et il a voulu dire autre chose». Durante poi la sua visita a Berlino il principe -senza aspettare che il ministro di Rumania gli chiedesse udienza, come il suo sovrano gliene aveva fatto impartire istruzione-lo fece invitare a venirlo a vedere e gli parlò pure di quel telegramma in termini analoghi.

Per quanto concerne relazioni bulgaro-serbe, il raffreddamento evidente delle medesime verificatosi negli ultimi tempi conferma questo monarca nella opinione più volte espressami che tra quelli Stati sia impossibile lo stabilimento di accordi politici sinceri e duraturi. La sola intesa possibile, quella cioè per opporsi ad un'eventuale avanzata dell'Austria, non avrebbe scopo pratico, poiché -mi ripeté il re -egli può portarsi garante che il Gabinetto di Vienna non vi pensa affatto attualmente. La Maestà Sua crede che l'Austria può e deve intendersi coll'Italia e che, se mai diventasse necessaria un'occupazione militare di qualche parte della Turchia europea, essa potrebbe procedervi soltanto come mandataria delle altre Grandi Potenze: nel qual caso una opposizione bulgaro-serba sarebbe vana. Re Carlo colse l'occasione per esternarmi il suo compiacimento delle ultime nette ed esplicite dichiarazioni dell'E.V. in Parlamento circa le relazioni dell'Italia col vicino Impero e fece voti perché sparisca ogni sentimento di diffidenza tra i due alleati.

La Maestà Sua toccò pure della situazione interna nella Monarchia degli Absburgo e della forte corrente esistente in Ungheria in favore d'una unione puramente personale. Se i partigiani della medesima avessero il sopravvento, sarebbe impossibile valutarne tutte le conseguenze. Il re stima però che per l'Austria ne sortirebbe per lo meno un buon effetto, quello cioè di fortificarne la compagine interna facendo sentire alle nazionalità diverse che la compongono la necessità di sopire le attuali lotte di rivalità tra di esse.

Tanto nel colloquio di cui ebbi l'onore di render conto qui sopra all'E.V. quanto nelle sue conversazioni precedenti con me, questo sovrano diede sempre a vedere esplicitamente o implicitamente come egli desideri la buona riuscita dell'opera di riforme intrapresa in Macedonia dalle Grandi Potenze e che non venga turbata la pace e modificato lo statu quo territoriale nella penisola balcanica. Si mantenne tuttavia sulla riserva relativamente ad un punto che rimane allo scuro: vale a dire ciò che farebbe la Rumania se, malgrado gli sforzi delle Grandi Potenze, la Bulgaria s'impegnasse in una guerra colla Turchia. A cominciare dalla Maestà Sua, tutti sono qui concordi nel dire che, in caso d'ingrandimenti territoriali del principato, la Rumania dovrebbe esigere assolutamente un compenso adeguato al sud della Dobrudja. Circa l'entità del medesimo ed il modo d'attenerlo variano per contro molto le opinioni. Discorrendo meco pochi giorni sono dell'argomento, il generale Lahovary, senza precisare le sue pretese, non mi dissimulò che sarebbero grandi e mi lasciò in pari tempo comprendere di essere eventualmente disposto ad intendersi coi bulgari. Avendolo pregato di chiarire il suo pensiero, egli mi disse di non credere alla riuscita dell'opera di riforme e che la situazione attuale in Turchia possa durare ancora a lungo. Per cui, terminati gli armamenti che sta preparando la Bulgaria, scoppierà probabilmente la guerra fra i due Stati e la Rumania potrà farsi pagare dal secondo di essi il proprio concorso. Alla mia abbiezione che, se intendeva significare che la Rumania presterebbe il suo appoggio armato alla Bulgaria, essa verrebbe meno alla politica prudente sin qui seguita e consistente nel non contrariare in nulla l'azione delle Grandi Potenze e nell'affermarsi come un fattore di pace in Oriente procedendo sempre d'accordo con quelle Potenze, il generale replicò d'aver voluto parlare ben inteso soltanto d'assicurare contro conveniente compenso dalla Bulgaria la neutralità della Rumania, che avrebbe per essa non poco valore, e che in ogni caso il Gabinetto di Bucarest non prenderebbe risoluzione alcuna senza intendersi con le Grandi Potenze, alle quali solo spetta di giudicare del momento di modificare lo statu quo attuale e di decidere in proposito. S.E. aggiunse tuttavia che vedrebbe arrivare con piacere quel momento durante il Ministero di cui fa parte. Avendo egli, però, tenuto su per giù un linguaggio analogo al mio collega d'Austria, questi, incontrando poco dopo il presidente del Consiglio, pose la conversazione sullo stesso tema e gli chiese nettamente cosa farebbe la Rumania in caso di guerra bulgaro-turca. Al che il signor Cantacuzino rispose senza esitazione che essa sarebbe dal lato dei turchi!

Siffatta discrepanza di linguaggio viene dunque a comprovare che, come dico in principio del presente rapporto, in certe quistioni di politica estera, e segnatamente in vista dell'eventualità sovra accennata, l'attuale Gabinetto non ha ancora un piano determinato e che il generale Lahovary spinto dal suo carattere alquanto avventuroso

o dal prurito di procurare a se stesso qualche successo diplomatico, si lascia andare ad esprimere concetti semplicemente personali. A tenerlo in briglia provvederà senza dubbio il re, il quale deve certamente avere la sua idea che si riserva probabilmente di far conoscere ai suoi ministri soltanto all'istante opportuno. Entrando nel campo delle pure ipotesi il mio collega di Germania si domanda se la Maestà Sua, pur usando, come sempre fece, di tutta l 'influenza di cui può disporre sul principe Ferdinando e sul Gabinetto di Sofia per distoglierli dal venire all'incontro della volontà delle Grandi Potenze col turbare la pace, non pensi forse, qualora i ripetuti consigli di saviezza dati alla Bulgaria non valessero a trattenerla da un colpo di testa, non pensi forse, ripeto, d'aspettare di vederla bene impegnata colla Turchia in una lotta sicuramente molto pericolosa, per porle le proprie condizioni onde assicurarle il mantenimento della neutralità rumena? Se tale è veramente il suo pensiero, re Carlo è tuttavia troppo prudente per rivelarlo anzi tempo anche ai consiglieri della Corona, poiché, se per una indiscrezione possibile ne trapelasse qualche cosa, ne verrebbero turbate le relazioni d'amicizia esistenti tra la Turchia e la Rumania e la prospettiva di potersi intendere con quell'ultima sarebbe di natura ad incoraggiare i bulgari nelle loro velleità bellicose contro la prima.

955 1 Non pubblicato.

956

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. SEGRETA. Berlino, 14 marzo 1905.

Ora che la crisi ministeriale si è risoluta e la permanenza di lei alla Consulta è assicurata, riprendo le mie comunicazioni sul noto incidente per i nostri rapporti colla Francia.

Dopo l'ultimo mio telegramma del 4 corrente 1 io ho avuto occasione di riavvicinare l'imperatore e di rivedere più d'una volta il cancelliere. Questi si mantiene nell'ordine di idee che le ho già indicato: egli vede, cioè, le cose da un punto di vista esclusivamente pratico e quindi, per quanto scorga nelle note dichiarazioni dell'an. Prinetti un atto poco cortese nel senso che non era conforme a rapporti di fiduciosi alleati, non attribuisce ad esse seria importanza. In modo rispondente a questa sua opinione il conte Biilow, che è lieto di essere ormai in chiaro sulle intenzioni nostre, si è espresso col suo sovrano2 . Oggettivamente Sua Maestà è entrata nell'ordine di idee svolto dal cancelliere e di questo non possiamo noi non soddisfarei. Ma io non manifesterei del tutto la mia impressione se non aggiungessi che, per quanto deferente all'autorevole consiglio del suo ministro responsabile, l'imperatore, soggettivamente, mantiene in qualche misura la prevenzione sua. Sua Maestà, che ha buona memoria, specialmente per quel che vuole, non dimenticherà così presto l'accoglienza ufficiale che l'Italia fece lo scorso anno al presidente e ricorda soprattutto che per far posto al capo della Nazione francese dovette interrompere il suo viaggio nel nostro Paese dove si preparava un ricevimento in forma che egli, il nostro alleato, non aveva mai visto nelle sue visite alla Rea) Corte.

L'incidente tra i due Governi è dunque da considerarsi come esaurito e, dopo le spiegazioni che noi spontaneamente e lealmente abbiamo date, non conviene parlarne più; l'argomento, per i due Gabinetti, è tolto dall'ordine del giorno. C'è anzi da contare che il Gabinetto di Berlino non tralascerà occasione per dissipare anche il ricordo delle diffidenze passate. Non sarebbe però all'infuori di ogni probabilità che l'imperatore, nelle disposizioni d'animo che mi sono studiato di tracciare, riprendesse il discorso nella prossima intervista con il nostro augusto sovrano. Io sono convinto che in questo caso S.M. il re, col suo alto intelletto, con quel fine tatto e con quella prudente abilità che sono sue doti speciali, colla coscienza dei vitali interessi nostri in giuoco, saprà certo trovare l'armonico accordo che varrà a ricondurre del tutto le nostre relazioni politiche colla Germania a quel tono di cordialità e di sicura fiducia che l'alleanza comporta. L'imperatore Guglielmo è importantissimo fattore di politica internazionale: egli è capo di uno Stato politicamente, economicamente, militarmente forte; ha una coscienza illuminata e profonda della sua missione e questa adempie con tutte quelle alte qualità e quei difetti che gli son propri. Con S.M. l'imperatore, quali che siano le maggiori o minori simpatie che la sua persona può inspirare, non si può non contare. L'alleanza or non è molto rinnovata ci è, a mio parere, necessaria anche dopo che noi abbiamo regolato direttamente con la Francia le questioni del Mediterraneo in vista delle quali noi entrammo già, nel passato, a farne parte.

Durante la mia ultima permanenza in Italia io sentii persona, la cui posizione in prima linea è grave di alte responsabilità, esprimere il parere che l'Austria per assicurarsi libertà di avanzata nei Balcani voglia tenerci a posto, per non dire aggredirci, col premerei sulla frontiera. Io non credo che l'Austria colle sue ingenti ed intricate difficoltà interne voglia avventurarsi in diversioni all'estero, che di per sé sarebbero molto azzardate. E, poiché per il mio ufficio debbo rimanere sul terreno della politica

2 Cfr. Biilow a Guglielmo li, 5 marzo, in GP, vol. XX/l, n. 6428.

positiva, non entro nel campo congetturale. Ma restando appunto su quel terreno vedo chiaramente come le relazioni di ampia cordiale fiducia colla Germania ~di pieno intimo accordo tra i due sovrani oltre che tra i loro Governi ~siano di natura da facilitare i nostri rapporti col Gabinetto di Vienna e possano eventualmente servire a rimuovere le difficoltà che sorgessero tra noi e l'Austria verso la quale la nostra frontiera è scoperta. L'alleanza così rinvigorita sarà indubbiamente presidio di pace e baluardo di sicurezza nazionale.

P.S. Mi consta che S.M. l 'imperatore ha risposto in termini molto premurosi e cortesi alla lettera di S.M. il re che io gli rimisi3 .

956 1 Cfr. n. 938.

957

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 452/23. Pera, 16 marzo 1905, ore 11,45.

Lieto partecipare soddisfacente soluzione passaggio definitivo istituto Salesiani Betlemme protezione italiana1• Trasmetto prossimo corriere copia nota scambiata con Sublime Porta.

958

IL CAVALIER PESTALOZZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 470. Massaua, 18 marzo 1905, ore 4,30.

Sono Berbera da jeri sedici. Il cinque in Illig dopo concludenti spiegazioni Mad Mullah ha pienamente accettato e firmato senza restrizioni testo arabo dell'accordo già presentatogli in dicembre cui traduzione allegata mio rapporto n. 60 1•

Abdallah Sheri stato ammalato due mesi. Mad Mullah aspettavami, poiché nessuna sicurezza strade impediva comunicazioni. Deputazione Mad Mullah composta di Abdallah e tre notabili si imbarcava meco e con sultano Yusuf Ali per Obbia, ove, nonostante recenti scontri tra quella

gente unitasi agli Ornar Mahmud ed i dervisci stati provocati, fu pienamente accettata e proclamata la pace, presenti capi Ornar Mahmud, YusufAli, deputazione Mad Mullah e me. Sultano YusufAli reintegrato con soddisfazione di tutti.

Ritornando, lasciammo in Illig notizia dell'accaduto, proseguendo per Hafun Bargal, ove deputazione conferì con capi, e sultano proclamato pare come pure in Alula e Bender Cassim Bosaso.

Swayne, già partito Hergheisa, mi ha telegrafato, rallegrandosi successo, dando ordini contentare pienamente deputazione che causa peste resterà qui. Spero ormai stabilita seria base pace generale. Abdallah assicura sincerità Mad Mullah anche verso gli inglesi. Tempo, pazienza, sorveglianza, regali consolideranno opera. Sarò Aden domani diciotto. Prego V.E. di volermi autorizzare a pagare Abdallah quattro mesi indennità arretrati, come pure gratificazione seicento rupie, e, secondo uso, minori regali ai tre altri della deputazione. Ciò sembrami indispensabile.

956 3 Per la lettera cfr. n. 923. Un accenno alla risposta di Guglielmo II in GP, vol. XXII, n. 6429, nota. L'ambasciatore di Germania a Vienna, Wedel, disse a Mérey di non capire perché il Governo austriaco volesse escludere l'Italia dall'opera di riforma nei Balcani (Wedel a BUlow, 23 marzo, GP, vol. XXII, n. 7507).

957 1 Sulla questione cfr. n. 919.

958 1 Non pubblicato. Il testo dell'accordo che non si pubblica è in LV 103, pp. 86-88.

959

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 471123. Londra, 18 marzo 1905, ore 7,19.

Marchese Lansdowne mi comunica telegramma ora pervenutogli dal generale Swayne che annunzia essersi jeri sottoscritta pace coi delegati del Mad Mullah in Berbera. Generale esprime viva soddisfazione per operato di Pestalozza, la cui personale cooperazione ha contribuito a rimuovere tutte le difficoltà.

960

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 468/3. Tangeri, 18 marzo 1905, ore 14.

Questo incaricato d'affari tedesco mi ha informato, come decano del corpo diplomatico, che S.M. imperatore di Germania giungerà Tangeri addì 31, la quale visita so che obbedisce manifestamente ai disegni politici, di cui è cenno nel mio rapporto n. 181•

960 l clr. n. 94 l .

961

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, CAETANI

T. S.N. Roma, 18 marzo 1905, ore 17,15 1.

Mentre con fiducia di sollecita favorevole conclusione si svolge tra Italia, Inghilterra e Francia un negoziato confidenziale inteso a regolare i rispettivi interessi in Etiopia desidero che non solo verso il rappresentante britannico ma anche verso il rappresentante francese ella tenga un atteggiamento amichevole ed ispirato alla stessa cordialità che a quel negoziato presiede.

962

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE

L. PARTICOLARE 1. Roma, 18 marzo 1905.

J'apprends avec plaisir par votre lettre du 14 de ce mois2 que la négociation à trois pour les affaires d'Abyssinie va prochainement aboutir. Le désir que VE. exprime, à savoir qu'en attendant le représentant du roi à Addis Abeba maintienne envers la légation de France une attitude franchement amicale, est tout nature] et conforme à l'esprit de cordialité qui préside à notre négociation. J'ai télégraphié des instructions en ce sens à don Livio Caetani3 qui vient de prendre, à Addis Abeba, la direction de la légation royale.

963

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CAVALIER PESTALOZZA

T. 362. Roma, 19 marzo 1905, ore 15,50 1.

Ricevo i due telegrammi relativi accordo con Mullah2• In nome del Governo mi congratulo vivamente con lei del successo dovuto all'intelligente perseverante opera sua. Autorizzo le spese indicate nel suo telegramma da Berbera.

2 Non rinvenuta.

3 Cfr. n. 961.

2 Cfr. n. 958. L'altro telegramma è il T. 462 pari data che annunzia l'avvenuta firma.

961 1 Il telegramma fu trasmesso via Asmara.

962 1 La minuta è di Malvano.

963 1 Il telegramma fu trasmesso via Aden.

964

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 480/24. Londra, 20 marzo 1905, ore 6,20.

Governo francese ha fatto qui comunicare al marchese Lansdowne le sue proposte di modificazioni al nostro progetto di accordo per l'Etiopia allo scopo di trasformarlo in un accordo a tre, comprendente Francia'. In seguito al mio telegramma 152 , non risultandomi se e quale scambio di comunicazioni abbiano luogo in proposito fra V.E. e Governo francese, prego di dirmi se ella ha già conoscenza di codesto progetto, oppure se debbo spedirlene copia3 .

965

L'INCARICATO D'AFFARI A CARACAS, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 477/4. Caracas, 20 marzo 1905, ore ... 1.

Governo degli Stati Uniti ha domandato ripetutamente arbitrato per tutte le questioni pendenti, minacciando in caso rifiuto di far giustizia senza arbitrato, facendo pagare Venezuela costo misure necessarie; insiste pure per firma protocollo revisione di un importante lodo arbitrale della Commissione americana. Prego V.E. considerare se sia momento opportuno chiedere arbitrato delle nostre questioni pendenti inclusa revisione lodo arbitrale per i danni rivoluzionari2 . Francia ha assunto atteggiamento energico mettendo due navi da guerra a disposizione ministro di Francia. Legazione d'Olanda consiglia pure al suo Governo mezzi risoluti.

2 Cfr. n. 892.

3 Cfr. n. 967.

964 1 Cfr. Delcassé a P. Cambon, 8 marzo, in DDF, Il serie, t. VI, doc. 135.

965 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo. 2 Analogo il suggerimento che da Washington faceva Mayor con R. 668/212 dell'Il marzo, non pubblicato.

966

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 787/338. Parigi, 20 marzo 1905 (perv. il 25).

Ho reso conto a V.E. di una conversazione che il signor Hugues Le Roux volle avere con me circa le cose di Etiopia nei primi giorni di questo mese (rapporto 7 marzo n. 658/278)1• Mi premeva approfittare del primo occasionale incontro che avrei avuto con il ministro dell'interno, signor Étienne, per accertarmi, almeno sommariamente, che il Le Roux mi avea riportato le idee dal medesimo professate. La desiderata occasione mi si presentò la sera de li'11 corrente ed avendo io allacciato il discorso accennando alla discussione che era stata appena adombrata alla Camera circa la sovvenzione governativa francese per la costruzione della ferrovia etiopica, il signor Étienne tosto m'interruppe dicendo che coloro che volevano portare questo affare davanti il Parlamento non conoscevano affatto la questione che conveniva non fosse pregiudicata poiché un solo modo vi era di risolvere le questioni relative all'Etiopia e questo consisteva nell'accordo delle Potenze europee aventi particolari interessi in quel Paese. Conveniva intendersi per consolidare con tale accordo lo stato politico attuale, salvo ben inteso ad intendersi ulteriormente se tale consolidamento non dovesse durare. Poi il signor Étienne soggiunse che ciò che non bisogna ricercare è un accordo sovra la base di spartizione di zone d'influenza. Sulla questione delle ferrovie egli non ebbe il tempo di entrare poiché fummo interrotti nel colloquio nostro. Ma notai che, contrariamente alla consuetudine sua, il signor Étienne si esprimeva in termini poco recisi e non sembrava inclinato a manifestare tutto il suo pensiero relativamente a questo affare.

L'agenzia Havas pubblicò nelle sue informazioni dell5 corrente la nota qui unita2 che contiene una deliberazione presa dal Comitato dell'Africa francese relativamente alla questione di Etiopia e principalmente della ferrovia che mette capo a Gibuti.

I punti di tale deliberazione sono notevolmente diversi di quelli che sarebbero risultati se le idee manifestatemi dal signor Le Roux avessero prevalso.

M'interessava dunque conoscere quale influenza avesse determinato il Comitato stesso a dipartirsi da tali idee. Il Le Roux mi ha fatto sapere oggi che le idee che egli mi avea riportate erano quelle dell'onorevole Étienne il quale persisteva nelle medesime malgrado la dichiarazione pubblicata sotto un'influenza che poteva forse essere quella del signor Delcassé.

Riferisco questi particolari perché sono necessario complemento di ciò che ebbi già l'onore di esporre al R. Governo nel mio rapporto precitato del 7 marzo n. 658/2783 .

è Non allegata.

1 Allegato il seguente appunto: «Ringra/iare. Notare la frase sulla necessità dcii" accordo delle tre Potenze».

966 1 Cfr. n. 94R.

967

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 377. Roma, 21 marzo 1905, ore 18.

Conte Tornielli 1 ha già fatto al Governo francese comunicazione accordo per l'Etiopia, ma non ha ancora da lui avuto modificazioni proposte da Governo francese. VE. può spedirmene copia.

968

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, CAETANI

D. 14459/22. Roma, 21 marzo 1905.

Col rapporto 23 febbraio ultimo scorso 1 , qui unito in copia, il r. ambasciatore in Parigi riferisce sul viaggio in Etiopia del generale francese De Négrier e sull'azione che presumibilmente egli vorrà tentare presso il sovrano etiopico.

Sarà necessario che V.E. metta in guardia Menelik contro i tentativi che il generale fosse per fare e che sarebbero rivolti a danno dei nostri interessi e del nostro prestigio. Ella vorrà specialmente mettere in evidenza a Menelik la circostanza che il Governo francese rimane estraneo ali' azione del generale De N égrier e che questo non è investito di veruna missione ufficiale.

Gradirò ch'ella mi riferisca al riguardo2•

969

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 422/158. Costantinopoli, 21 marzo 1905 (perv. il 25).

Domenica scorsa col postale italiano è giunto qui il nuovo delegato apostolico.

Circa il cerimoniale seguito all'arrivo, nonché alla presa di possesso, V.E. troverà ampi ed esatti ragguagli nel resoconto qui unito 1 , pubblicato dal giornale The Levant-Herald.

2 Non rinvenuta la risposta.

Il provicario avendomi ufficialmente notificato l'arrivo di monsignor Tacci, ho creduto di compiere atto di cortesia, facendomi rappresentare anch'io alla cerimonia in chiesa siccome hanno fatto il decano, ambasciatore austro-ungarico, nonché i ministri delle Potenze cattoliche. Il secondo ed il terzo dragomanno essendo indisposti, l'ambasciata di Sua Maestà è stata rappresentata dall'addetto signor Gattoni.

Ieri stesso il delegato apostolico venne a farmi la prima visita; non avendomi trovato in casa, lasciò la sua carta ufficiale.

Dalle notizie pubblicate nel giornale che ho l'onore d'inviare V.E. potrà rilevare come lo statu quo, per quanto concerne i privilegi della Francia quale nazione protettrice, è stato mantenuto nella sua piena integrità.

Al riguardo, un eminente prelato qui di passaggio mi diceva che, tutto compreso, la Santa Sede, dopo maturo consiglio, ha stimato conveniente di lasciare le cose come si trovano in sino a tanto che il Parlamento francese non si sarà definitivamente pronunciato circa la separazione della Chiesa e dello Stato. Allorquando quella legge sarà stata votata, e la conseguente denunzia del Concordato diverrà un fatto compiuto, la Santa Sede, sciolta da ogni vincolo verso la Francia, provvederà a regolare in modo stabile e permanente la quistione della protezione e del protettorato.

A parere del mio interlocutore le disposizioni della Curia Romana tenderebbero a riconoscere definitivamente a ciascuna Potenza il diritto di proteggere i suoi istituti nazionali.

Quanto al protettorato generale sui cattolici, sudditi ottomani, esso potrebbe venir affidato ad un rappresentante diretto del sommo pontefice, accreditato con carattere diplomatico presso il sultano. Qualora però tale soluzione, per un motivo o per l'altro, fosse riconosciuta inattuabile, il prelato non nascondeva la possibilità che dal Vaticano si avesse a fare eventualmente appello ad un'altra Grande Potenza cattolica,

S.E. alludeva evidentemente alla Austria-Ungheria. Su tutto ciò sembra tuttavolta che, per il momento, nessuna decisione definitiva sia stata presa dalla Santa Sede.

967 1 Risponde al n. 964.

968 1 Cfr. n. 922.

969 1 Non allegato.

970

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 14659/314. Roma, 22 marzo 1905.

Qui è regolarmente pervenuto il rapporto n. 273 dall'E.V. direttomi il 6 corrente1 ed avente per oggetto la Tunisia. Per le importanti notizie in esso contenute e per le considerazioni svoltevi, in special modo la ringrazio. Convengo con l'E.V. che, finché dura la presente incertezza di situazione, non è il caso di sollevare la questione di una proroga a tempo determinato della Convenzio

ne del 1896. Una iniziativa a tal fine non può essere evidentemente consigliabile se non quando si abbia la sicurezza anticipata di un favorevole accoglimento.

Intanto, la nostra direttiva, in questo delicato argomento, consiste nell'evitare, come fu ripetutamente raccomandato al r. console generale in Tunisi, con la massima cura, tutto ciò che possa suscitare incidenti in seguito ai quali lo statu quo risultante dal regime convenzionale vigente in Tunisia, possa, come che sia, essere turbato.

970 1 Cfr. n. 945.

971

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. 555/187. Berlino, 22 marzo 1905 (perv. il 25).

Informazioni di autorevoli giornali, discussioni di circoli politici e dichiarazioni di personaggi di Governo hanno rimesso la questione del Marocco all'ordine del giorno della politica internazionale. In queste sfere politico-parlamentari, nelle quali trovano espressione le esigenze degli interessi privati germanici nel Marocco, si sorveglia attentamente l'azione del Governo imperiale in quelle regioni. Non pare a molti che siffatta azione corrisponda del tutto alla ingente massa di interessi economici germanici in giuoco: nel commercio del Marocco la Germania prende posto subito dopo l 'Inghilterra -la prima, questa-separando a questo riguardo l'Algeria dalla Francia. Nelle scorse sedute qualche rimprovero non mancò, nel Reichstag, al Governo imperiale il quale cercò di scagionarsene per bocca dello stesso cancelliere. Il conte Btilow, come ho riferito, dichiarò che gli interessi economici della Germania sarebbero in ogni caso stati a dovere salvaguardati: di più, aggiunse egli, non poteva dire, riservandosi una ulteriore comunicazione in tempo opportuno. Una conferma delle assicurazioni date dal cancelliere hanno visto questi giornali nell'annunziata visita di S.M. l'imperatore a Tangeri: annunzio, che è stato salutato con vive espressioni di compiacimento da parte di questi circoli interessati.

Nella pentola bollente ha ora messo il dito la stampa inglese. V.E. conosce per certo una corrispondenza telegrafica da Tangeri pubblicata testé dal Times. Il giornale londinese afferma che l'insuccesso della missione francese a Fez ha avuto per conseguenza un aumento dell'influenza germanica. Siccome il ministro di Francia allegava di agire in nome dell'Europa così il sultano si rivolse per schiarimenti al rappresentante germanico. Il Governo imperiale ebbe perciò occasione di interloquire e di dichiarare non soltanto di non aver preso parte ad alcun accordo internazionale concernente il Marocco ma anche di non avere alcuna nota ufficiale di intese del genere; infine di considerare come fuor d'ogni dubbio che la integrità del Marocco rimanga assicurata. La visita dell'imperatore verrà accolta colle più grandi manifestazioni di simpatia ufficiali e popolari.

Il Governo imperiale, che naturalmente tiene a dirigere l'opinione pubblica tedesca, ha fatto pubblicare dalla Norddeutsche Allgemeine Zeitung, circa la corrispondenza riferita, il seguente articoletto: «Ricordiamo in questa circostanza che già lo scorso anno l'imperatore dichiarò al re di Spagna, a Vigo, che la Germania non mira a conseguire alcun vantaggio territoriale nel Marocco ma che deve adoperarsi per assicurare la continuazione della parità di trattamento sul terreno economico. Fino ad oggi non abbiamo motivo per credere che il sultano intenda di contrarre obblighi i quali possano limitare la sua indipendenza ed impedirgli in avvenire di trattare sullo stesso piede tutte le Potenze esercenti il commercio nei suoi Stati. D'altra parte la situazione del Marocco porta seco che, in siffatta questione, vengano presi in considerazione gli interessi del movimento mondiale».

Al ricevimento ebdomadario di ieri chiesi al barone Richthofen quale fosse il fondo vero delle varie discussioni di questi ultimi giorni e gli chiesi se corressero trattative colla Francia per regolare la posizione della Germania. Il barone Richthofen mi ha risposto che le pressioni d'ogni genere fatte da commercianti germanici avevano spinto il Governo imperiale a prendere in più attento esame la situazione, che trattative non erano in corso ma che il Governo imperiale vi si preparava. Al che naturalmente io replicai ricordando la nostra conversazione del 24 giugno ultimo scorso, della quale io resi conto a V. E. col telegramma n. 1101 . Espressi quindi la fiducia che noi saremmo informati a tempo opportuno degli eventuali negoziati.

Ella porrà certo queste mie notizie in confronto colle ulteriori che riceverà da altra parte e potrà così prender norma per determinare la sua attitudine in siffatta questione. Per mia parte io non renderei conto esatto della situazione se non aggiungessi che certo il movente principale dell'attitudine della Germania è da riscontrare nell'intendimento del Governo imperiale di tutelare gli interessi economici. I vantaggi territoriali che la Germania non desidera v'entrano però in senso negativo: la tutela di quegli interessi richiede che la Germania aspiri a veder conservata al sultanato del Marocco la sua indipendenza.

972

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R.319/110. Londra, 22 marzo 1905 (perv. il 27).

In seguito al telegramma n. 3771 , pervenutomi ieri sera da V. E., mi pregio rimettere qui unita la copia, che ottenni in via confidenziale, del contro-progetto di convenzione per l'Etiopia, consegnato da questo ambasciatore di Francia al marchese di Lansdowne. Esso è preceduto da un pro-memoria dello stesso ambasciatore che espone i criteri ai quali si è inspirato il Governo francese nella preparazione di queste proposte «sperando che possano servire di base ad un accordo fra le Potenze interessate».

972 1 Cfr. n. 967.

Il marchese di Lansdowne si è limitato a prender atto di questa comunicazione riservandosi di esaminarla e di far conoscere i suoi intendimenti al riguardo, dopo di essersi concertato col Governo italiano.

Sua Signoria mi disse oggi non avere ancora avuto il tempo di studiame il contenuto. Egli mi disse soltanto che nella sua conversazione col ministro di Francia (il signor Cambon trovandosi tuttora ammalato) si era accennato, in quanto riguarda specialmente la ferrovia, all'intenzione nella quale persisterebbe Menelick, di far costruire per conto proprio in economia la parte della progettata linea che toccherebbe più immediatamente alla sua capitale. H signor Geoffray aveva notato che se tutte tre le Potenze appoggiassero le proposte francesi, Menelick probabilmente si ridurrebbe ad accettarle. Se codesto appoggio, osservò lord Lansdowne, fosse così prestato dall'Inghilterra e dall'Italia, ciò implicava in compenso il diritto di queste due Potenze di considerare le condizioni di quelle proposte per modo da conciliarle con i comuni interessi. Sua Signoria, a quanto ho potuto comprenderlo, ha accennato alla costituzione della impresa per mezzo di una società commerciale, nella quale i capitali dei tre Paesi fossero in qualche modo rappresentati. Ma questo concetto generico non credo abbia ancora preso forma concreta, nemmeno nella mente del Gabinetto britannico2 .

ALLEGATO I

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A LONDRA, CAMBON, AL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, LANSDOWNE

RISERVATISSIMO PARTICOLARE. ... , 15 marzo 1905.

Monsieur Cambon n'a pas manqué de transmettre en son temps au Ministre des Affaires Étrangères de France le texte du pro jet d' Arrangement entre la Grande-Bretagne et l'Italie concemant l 'Éthiopie, que le Marquis de Lansdowne lui avait fait tenir le 16 février demier.

Monsieur Delcassé a soumis ce projet à l'examen approfondi qu'il comporte, en s'inspirant des idées générales qui guident la politique de la France dans ces régions, et qui ont été exposées à Sa Seigneurie par Monsieur Cambon à diverses reprises, dans ces demiers temps, notamment dans !es entretiens qu 'ils ont eus ensemble au mois de janvier. Un des facteurs principaux de cette politique est que la France ne saurait admettre l'établissement en faveur de l'Italie de communications terrestres entre l'Érythrée et le Benadir, soit par le Somali français, soit en traversant l'hinterland des possessions françaises, ce qui aurait, entre autres, pour inconvénient d'empècher l'achèvement de la ligne ferrée jusqu'à Addis Abeba. Il semble que le Cabinet de Londres, de mème que le Cabinet de Rome, ont compris le bien-fondé d es

revendications françaises; Monsieur Tittoni, dans un récent entretien, en a encore renouvelé l'assurance à Monsieur Barrère.

Toutefois, en lisant le projet d'Arrangement Anglo-Italien, Monsieur Delcassé a été amené à penser que la manifestation de cette entente ne se rencontrait pas dans la rédaction qui lui a été soumise: il lui paraìtrait dès lors indispensable de compléter l'Article 4, en donnant à ses terrnes une précision qui excluerait toute possibilité de malentendu dans l'avenir.

Le Ministre des Affaires Étrangères de France a recherché les modifications qui pourraient y ètre apportées, ainsi du reste qu'à certa i n es autres stipulations de l' Arrangement don t il s'agit. Il a pensé notamment qu'il y aurait avantage à transforrner l'entente à intervenir entre la Grande-Bretagne et l'ltalie en entente à trois, et qu'il serait bon de mentionner dans le texte du Traité l es ditférents textes de Conventions et d' Accords intervenus entre l'Éthiopie, la France, la Grande-Bretagne et l'Italie.

En conséquence, Monsieur Cambon a l'honneur de soumettre ci-joint, d'ordre de son Gouvemement, à Sa Seigneurie le Marquis de Lansdowne le texte d'un contre-projet de Traité à signer entre les Cabinets de Paris, de Londres, et de Rome, en méme temps que la liste des Arrangements conclus à diverses reprises entre le Gouvernement de la République et le Négus. En effet, si le contre-projet en question doit étre transformé en Accord, Sa Seigneurie estimera sans doute qu'il serait indispensable que les trois Puissances participantes garantissent chacune l'exactitude du texte des Conventions qui y sont mentionnées, et dont un exemplaire authentique devrait étre annexé à l'Arrangement à intervenir. Le fait que l es trois Gouvemements donneraient leur adhésion à l'Arrangement, entraìnerait, en effet, de leur part, la reconnaissance des Accords annexés, et il importerait qu'elles agissent à cet égard en toute connaissance de cause.

Monsieur Cambon, en soumettant les textes dont il s'agita Sa Seigneurie le Marquis de Lansdowne, se plaìt à espérer qu 'ils pourront servir de base à un Accord entre l es Puissances intéressées, et lui serait reconnaissant de vouloir bien le mettre en mesure d'informer aussi promptcment que possible Monsieur Delcassé de l'accueil dont ces ouverturcs lui paraìtront susceptibles.

ALLEGAlO II

RISERvATISSIMO.

L'intérét commun de la France, de la Grande-Bretagne et de l'Italie étant de prévenir toute espèce de troubles dans ]es conditions politiques de l'Empire Éthiopien, d'arriverà une entente commune en ce qui concerne leur conduite en cas d'un changement de situation qui pourrait se produire en Éthiopie, comme par exemple une vacance dans la succession au trone, et de pourvoir à ce que, de l'action des trois États, en protégeant Jeurs intérèts respectifs dans les possessions françaises, italiennes et britanniques avoisinant l'Éthiopie et en Éthiopie mème, il ne résulte pas de dommages préjudiciables aux intérèts de l'une quelconque des trois Puissances, la France, la Grande-Bretagne et l'Italie donnent leur agrément a l'Arrangement suivant:

Art. J<r) La France, la Grande-Bretagne et l'ltalie coopéreront pour maintenir le statu quo politique et territorial en Éthiopie, tel qu'il est déterminé par les arrangements suivants et par l'état des affaires actuellement existant:

a) Les Protocoles Anglo-Italiens des 24 Mars et 15 Avril 1891, et du 5 Mai 1894, et !es arrangements subséquents qui !es ont modifiés, y compris !es réserves formulées par le Gouvernement Français à ce sujet en 1894 et 1895;

b) Le Traité l taio-Éthiopien du IO Juillet 1890;

c) Le Traité Italo-Éthiopien du 15 Mai 1902;

d) La note annexée au Traité précité du 15 Mai 1902;

e) L'Arrangement Franco-Anglais concernant Harrar des 2-9 Février 1888;

f) Les Protocoles Franco-Italiens du 24 Janvier 1900, et du l O Juillet 1901, pour la délimitation des possessions italiennes et françaises dans le litoral de la Mer Rouge et le Golfe d'Aden;

g) L' Acte de concession du chemin de fer Franco-Éthiopien du 9 Mars 1894, la Convention entre la Colonie de la Cote Française des Somalis et la Compagnie du chemin de fer du 6 Février 1902, et une déclaration de Menelik en date du 8 Aoùt 1904, dont la traduction est annexée au présent Accord, ces trois textes précisant l'étendue et le caractère des intérèts français dans le sud-est de l'Abyssinie;

h) La Convention Franco-Éthiopienne pour !es frontières du 20 Mars 1897.

Art. 2) Pour !es demandes de concessions agricoles, commerciales et industrielles en Éthiopie !es trois Puissances donneront pour instructions à leurs Représentants d'agir de telle sorte que !es concessions qui seront accordées dans l'intérèt d'un des trois États ne nuisent pas aux intérèts des deux autres.

Art. 3) En cas d'une succession au tròne contestée ou d'autres changements intérieurs en Éthiopie, !es Représentants de la France, de la Grande-Bretagne et de l'Italie observeront une attitude de neutralité, s'abstenant de toute intervention dans ]es affaires intérieures du pays et se bornant à exercer telle action qui serait, d'un commun accord, considérée comme nécessaire pour la protection des Légations, des vies et des propriétés des étrangers et des intérèts communs des trois Puissances.

Si l'un des trois Gouvernements considérait un candidat particulier comme préférable pour la succession, il n'appuierait passa candidature sans avoir conclu un arrangement préalable avec !es deux autres Gouvernements.

Art. 4) En cas de démembrement de l'Empire Éthiopien, les trois Gouvemements coopéreront, en ayant en vue un remaniement territorial eventuel, basé sur les accords énumérés à l'art. ]0 ', mais modifié de la manière qui seraitjugée nécessaire pour sauvegarder:

a) !es intérèts de la Grande-Bretagne et de l'Égypte dans le bassin du Nil et plus spécialement en ce qui concerne la réglementation des eaux de ce tleuve et de ses affluents (la considération qui Jeur est due étant donnée aux intérèts locaux).

b) Les intérèts de l'Italie en Éthiopie par rapport à I'Érythrée et au Somaliland (y compris le Benadir), de telle sorte notamment qu'on puisse établir une communication entre ces deux possessions, sous réserve des intérèts français indiqués ci-après au paragraphe c).

c) Et !es intérèts français en Éthiopie par rapport au territoire du protectorat français de la Cote d es Somalis, notamment dans le bassi n de l'Aouache, que do i t traverser le second tronçon du chemin de fer de Djibuti à Addis Abeba en vertue de la Convention du 9 Mars 1894 et de la déclaration de Menelik en date du 8 Aoùt 1904.

Art. 5) Le présent arrangement demeurera secret.

Art. 6) Les Représentants des trois Puissances se tiendront réciproquement complètement informés et coopéreront pour la protection de leurs intérèts respectifs. Dans le cas où !es Représentants Français, Anglais et Italien ne pourraient pas se mettre d'accord, ils en reféreront à leurs Gouvernements respectifs, suspendant en attendant toute action.

Art. 7) Si, en dehors des arrangements énumérés à l'art. le', paragraphes a) b) c) d) e) f) g) h), de la présente Convention, l'une quelconque des Puissances Contractantes avait conclu quelque Accord secret concemant la région éthiopienne, ces accords secrets ne seraient pas opposables aux trois Puissances signataires du présent Arrangement. De meme, elles ne sauraient invoquer aucun arrangement antérieur qui serait en opposition avec !es terrnes du présent Accord.

971 1 Cfr. n. 487.

972 2 Allegato il seguente appunto: «Ricevuto. Esamineremo dopo che avremo avuto la comunicazione da Parigi. Non si può ammettere che nella guarentigia dello statu quo sia compreso: a) lo stato degli affari attualmente esistenti, b) le concessioni fatte a [parola illeggibile] come quelle della ferrovia, c) se si mettono le riserve francesi al protocollo del 1874 bisogna mettere le nostre riserve, d) la ferrovia francese non deve andare oltre l'Auasc». Per le obbiezioni di Lansdowne al progetto francese cfr. DDF, Il serie, t. VI, doc. 165, nota 2.

973

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI 1

R. 324/111. Londra, 22 marzo 1905.

Ho ricevuto col dispaccio dell' 11 corrente (n. l 03)2 , comunicazione del dispaccio diretto al r. ambasciatore a Pietroburgo contenente la risposta data da S.E. il sottosegretario di Stato a codesto incaricato d'affari di Russia3 sulla questione del richiesto aumento dei dazi doganali in connessione con quella del progetto austro-russo di regolamento finanziario per la Macedonia.

In una conversazione da me avuta oggi sull'argomento stesso col marchese Lansdowne, stimai opportuno informarlo del tenore di quella nostra risposta, il che mi fornì occasione di nuovamente interrogarlo sulle sue disposizioni. Sua Signoria non esitò a confermarmi ch'egli divideva il nostro modo di vedere e che in quel senso doveva a parer suo esplicarsi la nostra comune azione pur cercando di risparmiare ogni ferita alle suscettibilità delle due Potenze colle quali si aveva a trattare.

Lord Lansdowne aggiunse che parlando di ciò, oggi stesso, col ministro di Francia, il quale era venuto per incarico dell'ambasciatore a intrattenerlo delle proposte turche, egli aveva osservato che queste potevano prendersi come base accettabile di discussione, ma che trattandosi di una concessione che toccava a importanti interessi di tutte le Potenze, esse avevano diritto di esigere una positiva guarentigia circa l'amministrazione e la destinazione dei nuovi proventi domandati dalla Sublime Porta: ora, il nuovo regolamento finanziario da questa comunicato, se conteneva buone disposizioni, non offriva alcuna sicurezza per la loro corretta applicazione. Essendo apparso dal linguaggio del signor Geoffray che codesto modo di vedere era pure diviso dal suo Governo, lord Lansdowne riteneva che all'attitudine assunta dalla Gran Bretagna e dall'Italia in tale questione si associerebbe anche la Francia.

*Nelle conversazioni che di quando in quando mi occorre avere con questo signor ministro sulle cose di Macedonia, non trascuro mai di porgli sott'occhio, nella forma suggerita da ciascun caso, quello che dev'essere per ora il nostro principale intento, di incoraggiare cioè, nei limiti della discrezione, il suo concorso al richiamo

2 D. 12774/103 a firma Fusinato, non pubblicato.

3 Cfr. n. 944.

di quelle questioni nella sfera del concerto europeo. Ponendomi quindi anche oggi al punto di vista a lui ormai ben noto, gli feci rilevare che la forma nella quale attualmente si presenta la situazione offriva condizioni assai favorevoli per un passo altrettanto sicuro quanto prudente nella direzione desiderata. Ci troviamo in presenza di due progetti di regolamento finanziario, l'uno dei quali messo innanzi dalle due Potenze, proponente una specie di controllo a due a noi non gradito, e l'altro presentato dalla Turchia, che non contiene controllo veruno. Basterebbe -senza entrare in discussione sul primo progetto -limitarsi a rispondere alla Turchia sul secondo, chiedendole (fra le altre condizioni per l'adesione all'aumento dei dazi) di introdurre in esso una qualche clausola tendente a conferire un certo qual diritto di vigilanza per esempio ad uno o più funzionari responsabili verso le Potenze. Sulle modalità di tale vigilanza vi sarebbe luogo a intendersi e forse converrebbe !imitarla in una forma atta a facilitare l'adesione della Sublime Porta, ansiosa com'essa è di procurarsi l'invocato incremento de' suoi redditi. Se una qualche proposta simile potesse venir presentata nello stesso senso a Costantinopoli per conto dei Gabinetti di Londra Roma e Parigi come risposta alle sollecitazioni del Governo ottomano, è probabile che anche la Germania prenderebbe parte alla discussione così portata sopra un terreno comune, in una materia alla quale essa non può mancare d'interessarsi.

Il marchese di Lansdowne mi parve accogliere con favore le idee da me espostegli, riservandosi di considerare che cosa potesse farsi: si tratterebbe, egli osservò, di stralciare dal programma di Mtirzsteg le misure attinenti alla riforma finanziaria, come già fu fatto praticamente per la gendarmeria, in modo da farvi partecipare tutte le Potenze che vi sono ugualmente interessate*.

973 1 Ed. con l'omissione del brano fra asterischi in LV /04, pp. 294-295.

974

L'AMBASCIATORE A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 599/337. Vienna, 23 marzo 1905.

Mi pervenne a suo tempo per corriere il dispaccio segnato a margine 1 col quale l'E.V. si compiacque transmettermi in originale un rapporto del r. ministro in Atene relativo alle relazioni tra la Grecia e l'Austria-Ungheria2 .

Durante la mia missione in Atene ebbi occasione di notare prima del convegno d'Abbazia avvenuto tra il re Giorgio ed il re Carlo sotto gli auspicì dell'AustriaUngheria una certa intimità di rapporti tra i due Governi che andò crescendo dopo quel convegno e venne altresì confermata dalle speciali attenzioni di cui veniva fatta segno per parte di S.M. il re la legazione imperiale e reale nella persona del suo titolare barone Buri{m attualmente ministro delle finanze dell'Impero. Di tali circostanze

'Cfr. n. 794.

che vennero notate del pari dagli altri miei colleghi ebbi cura di far cenno al R. Ministero degli affari esteri nella mia corrispondenza ufficiale. Ma avendo dovuto lasciare poco dopo Atene essendo stato traslocato alla r. legazione in Bema non ebbi agio di continuare le mie osservazioni in quella direzione.

Siccome riferisce il cavaliere Bollati nel suo rapporto suddetto l'intimità di rapporti tra l'Austria-Ungheria e la Grecia si sarebbe resa in questi ultimi tempi vieppiù manifesta e dai fatti da esso rilevati egli deduce essere oramai difficile escludere assolutamente che sia venuta un'intesa fra quelle due Potenze rispetto al bacino dell'Adriatico in previsione ai futuri possibili eventi, ma che questa siasi limitata ad assicurazioni più o meno parziali di protezione ed appoggio morale in casi critici.

D'altra parte la stipulazione di tale intesa sarebbe affermata dal r. console generale in ]annina nel rapporto annesso al dispaccio ministeriale n. 570 in data del 5 ottobre3 scorso pervenuto alla r. ambasciata durante la mia assenza in congedo. Le ragioni che il cavaliere Millelire adduce per avvalorarne l'esistenza sarebbero basate sulla linea di condotta che l'Austria-Ungheria e la Grecia seguono l 'una nell'alta l'altra nella bassa Albania, la quale condotta a suo parere non potrebbe che indurle a mettersi d'accordo per ottenere che all'epoca della soluzione della questione d'Oriente questa si svolga in pro dei loro interessi ed a danno di quelli italiani ed aggiunge che nell'intesa intervenuta a tale riguardo sarebbe stata garantita alla Grecia, a quanto da taluni si suppone, l'annessione dell'Epiro fino a Beras esclusa Vallona.

Certamente l'Austria-Ungheria ha interesse per ciò che riguarda la Macedonia ad assicurarsi il concorso della Grecia affinché cooperi insieme alla Rumenia alla pacificazione di quelle popolazioni ed al mantenimento dello statu quo nella penisola. Del pari è indubitato che la politica che l'Austria-Ungheria segue nell'alta Albania tende ad accrescere in quella regione la propria influenza che non è riuscita ad estendere nella bassa Albania o ve è innegabile l'influenza esercitata dalla Grecia che intrattiene i più stretti rapporti con quelle popolazioni che considera come facenti parte quasi del Regno ed a cui pretende debbano essere riunite in avvenire. Ed è incontestabile infine, siccome risulta dalle informazioni fomite all'E.V. dai rr. agenti nei Balcani circa l'azione esercitatavi da quelli austro-ungarici, che il Governo imperiale e reale si adopera a prepararsi propizio il terreno in quelle regioni che gli eventi futuri potrebbero forse offrirgli il destro ad imporgli la necessità di occupare.

Date tali premesse siccome a queste due Potenze preme di mantenere e convalidare la propria posizione acquistata in quella parte dali' Albania che forma oggetto delle loro mire e ad impedire che venga menomata per opera di altra Potenza, potrebbero [sic] darsi secondo suppongono il cavaliere Bollati ed il cavaliere Mille lire che uno scambio di idee per addivenire all'intesa di cui si tratta abbia avuto luogo o sia per intervenire tra la Grecia e l'Austria-Ungheria negli scopi da loro indicati tanto più se si considerano i sospetti che entrambi nutriscono contro l 'Italia per le aspirazioni che le attribuiscono verso quelle regioni.

Ma per quanto siffatta supposizione possa sembrare plausibile i dati che sono finora a mia disposizione non mi mettono in grado di affermare che essa abbia in realtà fondamento.

Dai colloqui da me avuti coi miei colleghi di Francia ed Inghilterra coi quali ho creduto di conferire di nuovo sull'argomento risulta che alcun indizio non venne finora da loro qui rilevato che possa far credere ali' esistenza di un'intesa tra l'Austria-Ungheria e la Grecia nel senso sopra riferito.

Il marchese di Reverseaux però mi fece conoscere ch'eragli stato comunicato in questo giorno dal signor Delcassé un rapporto del ministro di Francia in Atene in cui si accenna ai fatti rilevati dal cavalier Bollati prima e dopo l'accoglienze fatte colà alla flotta austro-ungarica, al contegno tenuto da quel rappresentante imperiale e reale ed alle voci che circolavano nei circoli diplomatici d'una pretesa intesa intervenuta tra l'Austria-Ungheria e la Grecia in previsione di futuri eventi in Macedonia ed in E piro.

Nell'osservare che era la prima volta che di tale notizia aveva trovato traccia nella corrispondenza ufficiale comunicatagli dal suo Governo, aggiunse che non scorgeva quale interesse potesse avere l'Austria-Ungheria a stipulare tale intesa che non gli sembrava corrispondere ai principi cui si informava la politica del Governo imperiale e reale la quale non lo consigliava di legare la sua libertà di azione con uno degli Stati balcanici ad una scadenza così remota. Riconosceva bensì la convenienza dell'AustriaUngheria di cattivarsi la Grecia e di intrattenere con essa amichevoli rapporti per associarla insieme alla Rumenia alla sua politica nei Balcani in contrapposto con quella della Serbia e della Bulgaria. Ma dubitava che essa si fosse indotta o avesse intenzione di assumere impegni positivi con la Grecia garantendole vantaggi in Macedonia ed in Epiro nelle eventualità di uno sfasciamento più o meno parziale dell'Impero ottomano.

Ed a tale proposito mi riferì come un indizio che militava contro gli impegni suddetti che questo ministro di Grecia erasi !agnato con esso dell'accoglienza poco favorevole che avevano trovato presso il conte Goluchowski le domande da lui rivoltegli intente ad ottenere l'appoggio del Governo imperiale e reale contro le pretese della Rumenia nella questione cutzovalacca e contro i misfatti commessi dalle bande bulgare sulle popolazioni elleniche in Macedonia e che erasi dimostrato inoltre alquanto risentito delle sue rimostranze che in seguito alla presenza di bande elleniche avevagli fatte come se essa si dovesse attribuire al suo Governo e che in tal occasione il ministro imperiale e reale l 'aveva prevenuto che se questo continuasse a favorire direttamente o indirettamente la formazione si sarebbe esposto ad alienarsi le simpatie di cui era fatto segno da parte delle Potenze.

Egli quindi era concorde fino a prova contraria nell'opinione da me emessa nel rapporto n. 473 in data del 24 luglio 19044 che se aperture nel senso suddetto fossero state fatte dalla Grecia il Governo imperiale e reale l'avrebbe assicurato della sua benevolenza e forse anche del suo appoggio per l'avvenire pur raccomandandogli di non sollevare in questi momenti questioni che potrebbero complicare la sua situazione nei Balcani.

In vista dell'importanza dell'argomento sarà mia cura di continuare a raccogliere e riferire ali'E.V. qualsiasi ulteriore fatto od indizio che sia per corroborare in seguito le notizie pervenutele in proposito dal r. ministro in Atene e dal r. console generale in Jannina.

Nel restituirle qui unito il rapporto del cavaliere Bollati che andava annesso al dispaccio ministeriale suddetto ...

974 1 Si tratta del D. S7 d.:l 4 g.:nnaio, 11011 pubblicato.

974 3 Il dispaccio non si pubblica, per il rapporto cfr. n. 648.

974 4 R. l 080/473, non pubblicato.

975

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATO 637/126. Salonicco, 23 marzo 1905 (perv. il 27).

Come VE. avrà rilevato dai rapporti di questo consolato e da quelli direttile dai miei colleghi in Uskub e Monastir, l'attiva propaganda che l'Austria non cessa di fare continuamente in Macedonia per affermarvi la sua influenza, non solo aumenta ogni giorno sempre più, ma si va applicando con una crescente marcata tendenza di voler eccellere sola di fronte alle altre Potenze, tendenza, che è divenuta ora più sensibile dopo i recenti rovesci militari della Russia, la cui azione, impegnata ormai tutta nella guerra col Giappone, è qui diventata invece debolissima, a tutto vantaggio dell' Austria. Questa pertanto, profittando largamente di tale situazione e della, purtroppo, privilegiata posizione di Mtirzsteg, di cui usa ed abusa, fa di tutto per affermare il suo assoluto predominio in questo Paese, non esitando a dichiarare per mezzo dei suoi rappresentanti consolari e soprattutto dei componenti l'Agenzia civile, a cui capo sta il signor von Mtiller, che la Macedonia è un Paese dove l'Austria è la sola maggiormente interessata, e che quindi le altre Potenze non hanno alcun diritto d'intervenire nelle sue questioni, le cui soluzioni non possono quindi esser riservate che all' Austria, «seule Puissance interessée».

Questo linguaggio, che, prima, appena si notava in qualche singolo rappresentante consolare austro-ungarico, ora viene tenuto spessissimo, ed apertamente, da quasi tutti i consoli austriaci di Uskub, Monastir, Prizrend, nonché dagli stessi segretari del signor de Mtiller, agente civile d'Austria-Ungheria in Macedonia.

Del resto tutto ciò è pienamente confermato dalla straordinaria propaganda che l'Austria fa qui in tutti i tre vilayet, a mezzo d'una politica la più diversa e la più tendenziosa, che si esplica però con l 'unico e costante fine di preparare un non lontano protettorato su gran parte di questo Paese, e soprattutto nel vilayet di Kossovo e possibilmente nel vilayet di Monastir.

A raggiungere tale intento, essa comprende che anzitutto, le occorre annientare completamente l'elemento serbo in Uskub, onde la sua grande simpatia e gli appoggi che perciò offre in quel vilayet apertamente, quasi, a !l'elemento bulgaro; mentre eguale appoggio dà poi, per contro, nel vilayet di Monastir ai greci-patriarchisti contro i rumeno-valacchi, dei quali teme la crescente simpatia verso l'Italia e l'influenza maggiore che a noi ne potrebbe derivare nei distretti albanesi finitimi di quel vilayet.

A Salonicco poi, nel fine di non far troppo aumentare un possibile risveglio nell'elemento ortodosso simpatizzante coi russi, e d'altro canto tenere dalla sua tutte le autorità centrali ottomane, l'Austria, e per essa il Muller, non cessa di far la corte a

S.E. Hilmi pascià, il quale per quanto abile a sua volta, per l'innata inveterata antipatia che ogni turco ha per la Russia, fra le due correnti, finisce spesso col cedere e secondare la corrente austriaca. sebbene comprenda an c h 'egli di dover ditlìdare e molto.

A tale sistematica politica da lunga mano preparata, l'Austria comincia oggi ad aggiungervi un numo meno di propaganda. che. se le riuscirà. certo n:ndenì assai più facile e più completo il suo tanto agognato desiderio di attirare a sé sotto il suo dominio, sia pure come ho detto con un protettorato, tutti i distretti non solo del vilayet di Kossovo e della vecchia Serbia ma bensì quelli di Monastir; intendo parlare della nuova propaganda religiosa, che da qualche tempo ha iniziato con grandissima attività presso le popolazioni ortodosse bulgare dei detti vilayet, onde farle passare al cattolicismo, e così preparare dipoi il suo primo protettorato religioso, che dovrebbe essere l'avanguardia di quello politico a cui, come è noto, mira qui tutta la politica dell'Austria, malgrado le smentite ufficiali ed ufficiose della Ballplatz.

Un primo e significante indizio già si è avuto nel villaggio di Annanie (Uskub), dove è ormai accertato, secondo notizie attendibili pervenute al console di Francia ed al nostro viceconsole reggente in Uskub, che, dietro maneggi abilmente esercitati verso le popolazioni bulgare di quel villaggio, l'Austria sarebbe riuscita ad ottenere da parte di molti abitanti del villaggio stesso delle domande per il loro passaggio al cattolicismo accompagnate da petizioni chiedenti protezione e tutela al Governo austriaco.

Nel comunicare quanto precede, mi reco a premura di aggiungere, che di tale attivissima propaganda, il mio collega console generale di Francia mi ha dichiarato confidenzialmente di voleme seriamente intrattenere personalmente il ministro degli esteri signor Delcassé, nel prossimo viaggio che farà a Parigi nei primi del mese entrante, temendo anch'egli, al pari di me, che l'Austria così facendo, prepari in un non lontano avvenire una specie di protettorato e forse anche un'occupazione uso Bosnia-Erzegovina di tutto il vilayet di Kossovo e dei distretti della vecchia Serbia nonché dei distretti albanesi del vilayet di Monastir, onde chiudere così la via per sempre a possibili espansioni da parte della Serbia in Uskub, e togliere, d'altro canto, ogni forza e prestigio ad una eventuale più attiva penetrazione d'influenza italiana in Albania.

PS.: Faccio osservare, che da qualche tempo, il personale dei segretari addetti a questo agente civile d'Austria signor de Miiller viene reclutato fra i funzionari che si trovano in servizio in Bosnia e precisamente nei luoghi più vicini al Sangiaccato di Novi-Bazar. Notevole è poi il fatto che tutti i consoli e viceconsoli d'Austria in Macedonia, che prima dipendevano dal console generale d'Austria in Salonicco ora invece dipendono dal signor Miiller.

976

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 384. Roma, 24 marzo 1905, ore 12.

Mi riferisco rapporto 21 febbraio'. Governo francese ha già presentato a Londra proposte di modificazioni al nostro progetto di accordo per l'Etiopia allo scopo di trasformarlo in un accordo a

tre. È nostro intendimento di esaminare le comunicazioni del Governo francese al riguardo; quanto al desideratum dell'Italia in caso di disintegrazione dell'Impero etiopico esso risulta dall'articolo 4 dell'accordo.

976 1 Cfr. n. 917.

977

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, CAETANI

T. 387. Roma, 24 marzo 1905, ore 15,55 1.

5 corrente firmato accordo con Mullah in base pacificazione generale, stabilimento del Mullah sotto protettorato italiano su punto costa tra ras Garad e ras Gabee con territorio retrostante, libertà commercio, proibizione traffico armi e schiavi. Nel dame notizia a Menelik, voglia opportunamente mettere in evidenza servizio reso dall'Italia anche all'Etiopia con tale accordo che ha presentato tante difficoltà.

978

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 15233/125. Roma, 24 marzo 1905.

Il 5 corrente fu firmato ad Illig, secondo risulta dall'unito telegramma del cavalier Pestalozzal, l'accordo col Mad Mullah sulle basi che hanno formato oggetto di intesa tra il cavalier Pestalozza ed il generale Swayne, consenzienti il R. Governo ed il Governo di S.M. britannica.

Sebbene non sia ancora in possesso di questo Ministero il testo originale dell'accordo le comunico, ad ogni modo, la traduzione del testo2 che già ci fu comunicato fin dal dicembre scorso dal cavalier Pestalozza e che è identico a quello testé firmato.

Dovendo l'Italia, a termini dell'accordo, guarentire direttamente al Mullah l'osservanza delle condizioni che questi richiede all'Inghilterra e che risultano dall'accordo stesso, ed essendo, d'altra parte, rimasto inteso tra lord Lansdowne e V.E. che, quando fosse firmato l'accordo, se ne sarebbe fatto oggetto di scambio di note nel senso appunto di guarentire da parte dell'Inghilterra l'osservanza delle condizioni suddette, prego V.E. di voler dar comunicazione dell'accordo al marchese di Lans

2 Non si pubblica ma cfr. n. 958, nota l.

downe, e di volere in base ad esso procedere al convenuto scambio di note, dopo di che il R. Governo ratificherà l'accordo.

Nella nota che la E.V. dirigerà al marchese di Lansdowne ella unirà copia dell'accordo firmato ad Illig il 5 corrente dal Mad Mullah e dal cavalier Pestalozza, chiedendo che, secondo le intese precedentemente corse, ci si dia l'assicurazione che da parte dell'Inghilterra ci sia guarentita l'osservanza delle condizioni per le quali noi, a nostra volta, ci siamo nell'accordo impegnati verso il Mullah.

Il Governo inglese dovrebbe rispondere nei termini stessi, dandoci questa assicurazione.

Sono lieto che i nostri sforzi per la pacificazione della Somalia, siano stati, dopo perseverante lavoro, coronati da successo e sono convinto che il comune intento di pacificazione della Somalia sarà raggiunto con la cordiale cooperazione dei due Paesi amici.

977 1 Il telegramma fu trasmesso tramite Asmara.

978 1 Cfr. n. 958.

979

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

Roma, 24 marzo 1905.

Ieri avendo avuto occasione di vedere l'ambasciatore di Russia, e avendo saputo dal signor Kroupensky che egli, a Vienna, aveva avuto un lungo colloquio col conte Goluchowski sulla questione macedone, portai la conversazione su quell'argomento. Il principe Ouroussoff ebbe a dirmi confidenzialmente a tale proposito che il punto di vista del Governo austriaco relativamente alla scadenza del periodo biennale fissato al programma di Miirsteg sembrava essere questo: che cioè i due anni prefissi dovessero considerarsi piuttosto come un limite di tempo indicato per non urtare eccessivamente le suscettibilità del sultano piuttostoché come un termine di decadenza all'attuazione delle riforme.

Mi fu facile rilevargli il lato debole del ragionamento e la evidente necessità di un accordo con le altre Potenze per una ulteriore proroga della delegazione austrorussa, pur avendo io dichiarato che non avevo nessun incarico di esprimere in proposito l'opinione del R. Governo. L'ambasciatore osservò che il concerto europeo, macchina lenta e pesante, era poco adatto a una funzione come quella che si richiede per presiedere all'opera delle riforme. Gli risposi che questa era un'altra questione, indipendente dalla questione generica della scadenza formale della delegazione austro-russa.

Passando a discorrere del regolamento finanziario, e dell'aumento dei diritti doganali chiesto dalla Turchia, l'ambasciatore, pur dichiarando che parlava a titolo confidenziale e personale, non mi nascose che non approvava quanto era stato fatto, e che riconosceva il buon fondamento delle osservazioni e delle riserve del Governo.

980

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI

T. 397. Roma, 25 marzo 1905, ore 17,35.

D'accordo col collega ministro della guerra, autorizzo intervento nostre truppe subordinatamente intervento delle altre.

981

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 520/14. Canea, 25 marzo 1905, ore 18.

Principe Giorgio mi ha incaricato telegrafare quanto segue: «Tutte le mie previsioni che ebbi il piacere di esporre a V.E. verbalmente, come pure nei miei memorandum, si realizzano oggi. La gendarmeria cretese non essendo sufficiente per mantenere ordine pubblico e contemporaneamente reprimere torbidi e, d'altra parte, non potendo io, a cagione mia situazione personale, per ragioni esposte nel mio memorandum, fare uso delle truppe internazionali ed avendo atteso più di quattro mesi risposta Potenze dopo le mie pratiche presso i Governi durante il mio ultimo viaggio, prego i quattro Governi di volermi indicare ciò che io devo e posso fare».

982

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 15822/339. Roma, 28 marzo 1905.

Ho ricevuto i suoi rapporti de121 febbraio e 7 marzo nn. 213,276 e 278 1 .

Ho letto la relazione che la E.V., con quei rapporti, mi fa dei suoi colloqui col signor Delcassé sulla questione etiopica e sul negoziato fra l'Italia e l'Inghilterra per l'Etiopia, e della conversazione da lei avuta col signor Le Roux sovra le cose d'Etiopia.

La E.V. chiede di esser messo in grado di avere una cognizione sicura degli intendimenti del R. Governo nel caso di disintegrazione dell'Impero etiopico.

Questi intendimenti che nelle loro linee generali sono esposti nell'articolo quarto dell'accordo segreto, e spiegati nel dispaccio alla E.V. del 17 febbraio n. 1892 , non possono naturalmente esser meglio precisati sin d'ora, non essendo prevedibili né le circostanze né il modo in cui tale disintegrazione avverrà.

Ciò premesso, la posizione nostra deve essere quella di vigile aspettativa, per poter trarre, a momento opportuno, il massimo beneficio dalle circostanze, ed in base alle stipulazioni dell'accordo fra le Potenze interessate le quali dovranno naturalmente regolare di comune intesa il modo pratico di tutelare gli interessi reciproci.

Dal colloquio del signor Le Roux, e dalle considerazioni esposte dalla E.V. nel rapporto con cui dava relazione di quel colloquio risulta che il movimento coloniale che si è ridestato in Francia specialmente dopo la recente assunzione al potere del signor Étienne, non è favorevole ai principi che hanno presieduto alle stipulazioni dell'accordo anglo-italiano, tanto che ne potrebbe avere il suo contraccolpo nelle decisioni del Governo francese.

Voglio pertanto sperare che le comunicazioni che di già eran state fatte da codesto Governo a Londra sull'accordo stesso non abbiano a risentire la influenza di questi movimenti cui sopra accennai.

Le confermo il mio telegramma sull'argomento3 .

982 1 Cfr. nn. 917,948 e 948 nota 2.

983

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. RISERVATISSIMO 378/138. Costantinopoli, ... marzo 1905 1.

A seguito del mio rapporto delli 14 febbraio u.s. n. 922 , ho l'onore di inviare qui unito a V.E. con due allegatP un promemoria confidenziale nel quale sono riassunte alcune dichiarazioni fatte al primo interprete della r. ambasciata dalla persona medesima la quale ebbe a dargli anteriormente ragguagli circa la propaganda attiva esercitata dai consoli austro-ungarici in Albania.

Credo opportuno aggiungere che la persona è, mercé le alte sue relazioni famigliari, bene in grado di sapere quello che si pensa realmente alla Sublime Porta circa le tendenze e le aspirazioni della Duale Monarchia sia in Macedonia che in Albania.

(,jl :likc,:dllllUllldliO.

ALLEGATO

PROMEMORIA CONFIDENZIALE. 8 marzo 1905.

S.B. alto funzionario albanese musulmano ha espresso in una conversazione confidenziale col primo interprete della r. ambasciata i seguenti apprezzamenti:

Sulla situazione in Macedonia. Le riforme non hanno dato fino ad ora risultati apprezzabili. Se alcuni lievi miglioramenti sono stati introdotti nella amministrazione delle province macedoni, tali miglioramenti non valsero a rassicurare le popolazioni ed a pacificare gli animi. L'insuccesso delle riforme è da attribuirsi non solo alla insufficienza delle misure adottate dal Governo imperiale per la loro esecuzione, ma, e specialmente, al carattere che dal punto di vista politico assume la questione macedone.

È d'uopo riconoscere che l'opera delle riforme è costantemente intralciata dalle popolazioni medesime a favore delle quali esse furono esercitate; che gli Stati balcanici fomentano apertamente la reazione contro le autorità ottomane ed i conflitti fra le popolazioni di nazionalità diverse, e che sotto l'apparenza di interessarsi per le riforme, l'AustriaUngheria e la Russia nutrono altre mire. Non vi è dubbio che il presente stato di cose avrà per conseguenza inevitabile una graduale diminuzione dell'autorità sovrana della Turchia fino all'autonomia.

L'indebolimento della Russia, conseguenza della guerra nell'Estremo Oriente o delle difficoltà interne, permette all'Austria-Ungheria di affermare nella penisola Balcanica un'influenza preponderante. Dopo ed a seguito dell'autonomia, i bulgari vorranno conseguire l'annessione della Macedonia alla Bulgaria, ma l'Austria-Ungheria si varrà degli elementi che rappresentano la forte maggioranza della popolazione (albanesi cristiani e musulmani, turchi, greci e valacchi) che sono avversi a quell'annessione, per controbilanciare le aspirazioni bulgare e creare in quegli elementi la base della sua egemonia.

Intanto l'Austria-Ungheria insiste per il controllo finanziario-prima mossa verso l'autonomia -se questo suo tentativo non riuscisse ora, tornerà ad insistervi alla prima occasione. Alla riforma finanziaria seguirà evidentemente la riforma giudiziaria, la quale costituirà una nuova menomazione dei diritti sovrani del sultano sulla Macedonia. Data la politica seguita dali' Austria-Ungheria è evidente che, se gli avvenimenti in Macedonia assumessero carattere allarmante, la prima mossa che essa farà sarà di occupare il sangiaccato di Novi-Bazar.

Sulla situazione in Albania. Le condizioni dell'Albania sono deplorevoli, ma il sultano non lascia che si facciano riforme per tema che quelle conducano gli albanesi a volere la propria indipendenza.

L'Austria-Ungheria non si dissimula che dovrà finire per avere un'autonomia, né essa mira ad occupazioni territoriali in quella regione.

Di fronte però alla riluttanza del sultano a migliorare le condizioni dell'Albania, l'Austria-Ungheria, vedendosi nella impossibilità di agire efficacemente da sola, si limita ora a far credere, per mezzo dei suoi numerosi agenti e del clero cattolico, agli albanesi che l'autonomia l'avranno un giorno mercé essa; e con questo, e grazie ai suoi consoli espertissimi ed intelligenti ed al denaro, mantiene la sua influenza, mantenendo negli albanesi la speranza che saranno autonomi esclusivamente con l'aiuto suo.

Naturalmente siffatta autonomia dell'Albania sarebbe quale converrebbe agli interessi austro-ungarici che forse sarebbe la base di una preponderanza assoluta in quella regione.

Con questo intento appunto l'Austria-Ungheria volle esclusi dalle riforme i distretti albanesi della Macedonia e si è adoperata con successo a far credere agli albanesi che le misure di repressione adottate dalla Turchia contro di loro nel 1903 furono consigliate da altri e non da essa.

Come è detto, il sultano non vuoi far riforme in Albania; lo stato di abbandono attuale va aggravandosi, ogni tentativo di migliorare le condizioni di quelle popolazioni riesce vano. A prova di ciò S.B., il personaggio in questione, ha rimesso al sottoscritto i due documenti qui allegati relativi ad un progetto di ferrovia da aprirsi in Albania ed Epiro e la cui concessione venne sollecitata da una società franco-belga.

Il gran vizir, pur riconoscendo l'utilità grande di quella concessione, non osa appoggiarla presso il sultano perché albanese e timoroso perciò di destare diffidenze.

A parere di S.B. occorrerebbe che qualche Potenza intervenisse a persuadere il sultano della somma utilità della concessione, ma S.B. ritiene però che se tale intervento fosse tentato da Potenze interessate nella Albania a nulla approderebbe, ed opina che, non potendosi fare assegnamento sulla Germania la quale non vorrà mai intralciare la politica austro-ungarica nei Balcani, solo l 'Inghilterra sarebbe in condizione di consigliare con successo al sultano quella concessione, vantaggiosa per il Governo ottomano, e che potrebbe anche, occorrendo, essere modificata e ridotta.

S.B. -insiste sulla necessità di promuovere in Albania l'apertura di scuole albanesi ed opere di utilità pubblica, se si vuole preparare quella regione ad un avvenire politico soddisfacente e ad una effettiva indipendenza. S.B. -non esclude che l'Austria-Ungheria possa avere promesso alla Grecia, se non con atti ufficiali, ma in modo da potervisi fare assegnamento, dei compensi territoriali dal lato dell'Epiro in caso di complicazioni nella penisola balcanica. La propaganda austriaca in Albania non oltrepassa Valona.

982 2 Cfr. n. 900. 'Cii·. n. 976. ·-)~ ~' ~LlP:_·,t d ~iiìrll'.l. '-~i 1.:o!!:), <l :-,,!llll l'td1Ì!lH· c'l{ìi!H1 di !ll,lL'tl ~L..· l pr~.·',('!1k' \ ol!!!lk' · l tr !1 S~h.

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APPENDICI

APPENDICE!

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione dal3 novembre 1903 a/28 marzo 1905)

MINISTRO

TITTONI Tommaso, senatore del Regno, presidente del Consiglio ad interim dal 16 marzo 1905.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO FusiNATO Guido, deputato.

SEGRETARIO GENERALE MALVANO Giacomo, senatore del Regno, consigliere di Stato.

SEGRETARI PARTICOLARI DEL MINISTRO

MoRI UBALDINI ALBERTI conte Alberto; BACCHETTI Tito, sottoprefetto; D'URSO Pasquale, ispettore al Ministero di agricoltura, industria e commercio.

SEGRETARI PARTICOLARI DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO Ricci BUSATTI Arturo, dal 15 novembre 1903; ToRLONIA Carlo, addetto di legazione.

UFFICIO DIPLOMATICO

Segretario: MAESTRI MOLINARI marchese Francesco.

Addetti all'ufficio: BRUNO Luigi, consigliere di legazione; CELESIA DI VIGLIASCO barone Alessandro, segretario di legazione; SACERDOTI DI CARROBBIO conte Vittorio, segretario di legazione; TORLONIA Carlo, addetto di legazione.

Per la stampa: ARTOM Ernesto, segretario di legazione, fino al 5 novembre 1904; TKALAC Emerico, interprete.

Direttore della tipografia: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

UFFICIO DELLA CIFRA E DEL TELEGRAFO

Capo sezione: VoLTATTORNI Gabriele.

Archivisti: NEGRI Rodolfo; GALLINGANI Augusto; FERRERO Camillo.

UFFICIO COLONIALE

Direttore: AGNESA Giacomo.

Capo sezione: DECIANI Vittorio Tiberio.

Segretari: CoNTARINI Salvatore.

Addetti all'ufficio: PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione; MARCHETTI FERRANTE Giulio, addetto di legazione, fino al 9 maggio 1904; CARACCIOLO DI CASTAGNETA duca Gaetano, addetto di legazione; BRAMBILLA Giuseppe, addetto di legazione, fino al 5 febbraio 1904; LAGO Mario, applicato volontario nella carriera consolare (dal I 6 giugno 1904 vice console); BooRERO Alessandro, capitano dei bersaglieri; MANTIA Giuseppe, ufficiale coloniale; MARCHISIO Ernesto, ufficiale coloniale.

COMMISSARIATO DELL'EMIGRAZIONE

Commissario generale: BoDio Luigi, consigliere di Stato, senatore del Regno (incaricato delle funzioni), fino al 3 I luglio 1904.

Commissari: Bosco Augusto, professore di statistica nella Regia Università di Roma (incaricato delle funzioni); Rossi Egisto; CAZZULINI Cesare, capitano di porto (incaricato delle fwvioni}, fino al 31 ottobre 1904 .

. l.

Ragioniere: MARCONI Alfredo.

Archivista: Russo Giovanni.

ISPETTORATO GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO Ispettore generale: SCALABRINI Angelo. Segretario: BoccoNI Luigi. Segretari di ragioneria: FIORETTI Vittorio; SUGLIANI Augusto; FRANZETTI Attilio, dal

25 luglio 1904. Vice segretario di ragioneria: FRANZETTI Attilio, fino al 24 luglio 1904. Archivista: BARBERI Francesco, dal 25 luglio 1904.

DIVISIONE I

Affari commerciali

Direttore capo divisione: PASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

SEZIONE I Capo sezione: KocH Ernesto. Segretario: ANIELLI Lorenzo. Vice segretario: RINELLA Sabino. Addetti all'ufficio: RANUZZI SEGNI conte Cesare, consigliere di legazione, dal 14

aprile 1904; DEPRETIS Agostino, addetto di legazione, fino al 14 maggio 1904; GrANNUZZI SAVELLI Fabrizio, addetto di legazione, fino al29 agosto 1904; VANNUTELLI Luigi, addetto di legazione, dal 16 agosto 1904.

SEZIONE II Capo sezione: PELUCCHI Carlo. Segretario: SARTORI Francesco.

DIVISIONE Il

Affari privati e contenziosi

Direttore capo divisione: VACCAJ Giulio.

SEZIONE I

Capo sezione: CHICCO Enrico.

Segretari: RICCI BusATTI Arturo, fino al 14 novembre 1903; LEVI Giorgio.

Addetti ali 'ufficio: SAINT MARTIN Giuseppe, console, dal lO dicembre 1904; Rossi Lorenzo, console; FALIER conte Onorio, vice console, dal l o gennaio 1905; GALLI Carlo, applicato volontario, dal 22 agosto 1904.

SEZIONE Il

Capo sezione: BARILARI Pompeo.

Segretario: DURANO DE LA PENNE marchese Enrico.

SEZIONE JII

Capo sezione: SERRA Carlo.

Segretario: CANONICO Edoardo.

Addetti ali 'ufficio: NIGRA conte Guido, addetto di legazione, fino al 28 agosto 1904; TOSCANI Angelo, applicato volontario (dal 16 giugno 1904 vice console), dal 7 febbraio 1904; ANFosso Luigi, applicato volontario (dal 23 febbraio 1905 vice console), dal l 0 dicembre 1904; PASCALE Giovanni, applicato volontario, dal 29 luglio 1904; SALERNO MELE Giovanni, applicato volontario, dal 17 febbraio 1904.

Archivisti: SILVANI LORENI Demetrio; SANDRUCCI Lorenzo; BENFENATI Enrico, dal 20 ottobre I 904.

DIVISIONE Ili

Personale

Direttore capo divisione: BARILARI Federico, ispettore generale.

SEZIONE l

Personale

Capo sezione: LANDI VITTORJ Vittorio. Segretari: RANDACCIO Ignazio; SANDICCHI Pasquale. Archivista capo: ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio. Archivista: PEROTTI Felice.

SEZIONE II

Cerimoniale

Capi sezione: BROFFERIO Tullio; VALENTINI Claudio. Addetto all'ufficio: GATTONI Luigi, addetto di legazione, fino al 7 gennaio 1905.

DIVISIONE IV

Biblioteca, Registrazione e spedizione, Legalizzazione, Economato

Direttore capo divisione: BERTOLLA Cesare.

BIBLIOTECA Capo sezione: PASQUALUCCI Loreto. Archivista: SoRMANI Gilberto, dal 25 luglio 1904.

REGISTRAZIONE E SPEDIZIONE

Archivisti: BENETTI Carlo; MARCONE Gabriele Antonio (corriere di Gabinetto); PASANISI Francesco; CIACI Romolo.

LEGALIZZAZIONI Archivisti: DE GREGORIO Francesco; MoRONE Vittorio.

ECONOMATO

Economo: DE ANGIOLI Eugenio.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo divisione: CALVARI Ludovico.

SEZIONE I Capo sezione: BONAMICO Cesare. Segretario: D'AVANZO Carlo; CRIVELLAR! Quirino, dal 25 luglio 1904; CASONI Enri

co, dal 25 luglio 1904; DE SANTIS Paolo, dal 25 luglio 1904. Vice segretari: CRIVELLAR! Quirino, fino al 24 luglio 1904; CASONI Enrico, fino al 24 luglio 1904; DE SANTIS Paolo, fino al 24 luglio 1904; BONAVINO Arturo.

SEZIONE II Capo sezione: CASA DIO Carlo. Segretari: FANO Alberto; VINARDI Giuseppe, cassiere. Vice segretari: RINVERSI Romolo; VERDESI Ettore; CARDELLINI Lorenzo.

ARCHIVIO STORICO Direttore: GORRINI Giacomo (con grado fisso di capo divisione).

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE TITTONI Tommaso, ministro degli affari esteri.

VICE PRESIDENTE

BIANCHERI Giuseppe, presidente della Camera dei deputati, dal 19 ottobre 1904 deputato al Parlamento.

CONSIGLIERI

BoCCARDO Girolamo, senatore del Regno, consigliere di Stato, fino al 20 marzo 1904.

CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento.

DAMIANI Abele, senatore del Regno, fino al20 marzo 1905.

FÈ o'OsTIANI conte Alessandro, senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario a riposo. FINALI Gaspare, senatore del Regno, presidente della Corte dei Conti. GABBA Carlo Francesco, professore di diritto civile nella Regia Università di Pisa. lNGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato. PAGANO GuARNASCHELLI Giambattista, senatore del Regno, primo presidente della Corte di Cassazione di Roma. PIERANTONI Augusto, professore di diritto internazionale nella Regia Università di Roma, senatore del Regno. PoMPILJ Guido, deputato al Parlamento. SANMINIATELLI conte Fabio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario. GREPPI conte Giuseppe, senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario, con credenziali di ambasciatore a riposo. FIORE Pasquale, professore ordinario di diritto internazionale nella Regia Università di Napoli. SciALOJA Vittorio, senatore del Regno, professore ordinario di diritto romano e ordinamento giudiziario nella Regia Università di Roma.

SEGRETARIO GENERALE PUCCIONI Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario.

APPENDICE Il

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

(Situazione dal 3 novembre 1903 al 28 marzo 1905)

ARGENTINA

Buenos Aires -BoTTARO COSTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoBIANCHI Vittore, segretario, fino al 6 gennaio 1905; MEDICI Giuseppe, addetto.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA conte Costantino, ambasciatore, fino al 20 gennaio 1904; AVARNA DI GUALTIERI duca Giuseppe, ambasciatore, dal 24 febbraio 1904; FERRARA DENTICE Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 2 marzo 1904; FASCIOTTI barone Carlo, segretario, fino al 16 marzo 1904; SERRA Attilio, segretario, fino al 24 giugno 1904; CARLOTTI marchese Andrea, segretario, dal 6 marzo 1904; NEGROTTO CAMBIASIO Lazzaro, segretario, dal 25 aprile 1904; D'AYALA Francesco Saverio, addetto; ALLIATA DI VILLAFRANCA Giovanni, addetto, dal l O giugno 1904; CERRUTI Vittorio, addetto, dal 19 settembre 1904; DE GRESTI DI SAN LEONARDO Guido, addetto onorario, fino al 20 agosto 1904; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FORESTA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al l Oaprile 1904; BERTI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dali' Il aprile 1904; TOMMASINI Francesco, segretario, fino al 25 marzo 1904.

BELGIO

Bruxelles -GERBAIX DE SONNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 20 gennaio 1904; BONIN LONGARE conte Lelio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 13 aprile 1904; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, duca di Calvello, segretario, fino al 3 gennaio 1905; Rusrou Mario, principe di Poggio Suasa, segretario, dal 24 febbraio 1905; ALLIATA DI VILLAFRANCA Giovanni, addetto fino al 9 giugno 1904; DE RISEIS Mario, addetto, dall' 8 settembre 1904; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 21 agosto 1904; CARLETTI Tommaso inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 24 febbraio 1905 (residenti a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -FRIOZZI marchese Lorenzo, principe di Cariati, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MANZONI conte Gaetano, segretario, fino al l Odicembre 1904; SERRA Attilio, segretario, dal 25 giugno 1904.

CILE

Santiago -CuccHI BOASSO Fausto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 17 aprile 1904; ORFINI conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 aprile 1904.

CINA

Pechino -GALLINA conte Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 29 novembre 1904; BAROLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 novembre 1904; SFORZA Carlo, segretario; VITALE Guido, interprete, col titolo onorario di segretario-interprete.

COLOMBIA

Bogotà-N.N., ministro residente.

COREA

Seui-MONACO Attilio, ministro residente.

COSTARICA

NAGAR Carlo, ministro residente (residente a Guatemala).

CUBA

Avana-SAVINA Oreste, ministro residente.

DANIMARCA

Copenaghen -CALVI DI BERGOLO conte Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RANUZZI SEGNI conte Cesare, segretario (dal 21 gennaio 1904, consigliere), fino al13 aprile 1904.

EQUATORE

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro p1enipotenziario, fino al 21 agosto 1904; CARLETTI Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal24 febbraio 1905 (residenti a Lima).

ETIOPIA

Addis Abeba -CICCODICOLA Federico, maggiore di artiglieria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAETANI Livio, segretario, dal 15 marzo 1905.

FRANCIA

Parigi -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore; PAULUCCI DE' CALBOLI conte Raniero, segretario; TOMMASINI Francesco, segretario, dal 26 marzo 1904; CAPRARA conte Enrico, addetto col titolo di segretario, fino al 5 marzo 1904; MARTIN-FRANKLIN Alberto, addetto, fino al 23 marzo 1904; GARBASSO Carlo, addetto, fino al 28 agosto 1904; CAMBIAGIO Silvio, addetto, dal 6 marzo 1904; NIGRA conte Guido, addetto, dal 29 agosto 1904; GIANNUZZI SAVELLI Fabrizio, addetto, dal 30 agosto 1904; ALOISI Pompeo, addetto, incaricato delle funzioni di addetto navale; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -LANZA conte Carlo, tenente generale, ambasciatore; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, consigliere; 0RSINI BARONI Luca, segretario; DEPRETIS Agostino, addetto, dal 15 maggio 1904; FRESCHI DI CUCANEA conte Carlo Giovanni, addetto; GASTALDELLO Annibale, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -MELEGARI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 22 ottobre 1904; VINCI GIGLIUZZI conte Giulio Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 23 ottobre 1904; Rossi ToESCA Vincenzo, segretario; MINISCALCHI ERIZZO conte Francesco, addetto; CASATI Luigi, interprete; GASCO Alfonso, interprete; CAVIGLIA Enrico, maggiore, addetto militare; BuzzAGLI Emesto, tenente di vascello, addetto navale.

GRAN BRETAGNA

Londra -PANSA Alberto, ambasciatore; CARIGNANI DI Novou Francesco, segretario; CAETANI Livio, segretario, fino al 14 marzo 1905; MARTIN-FRANKLIN Alberto, addetto, con funzioni di segretario, dal 24 marzo 1904; CoRINALDI Leopoldo, addetto, dal 16 marzo 1905; GoDio Cesare Alberto, addetto; BRAMBILLA Giuseppe, addetto, dal 6 febbraio 1904; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

GRECIA

Atene -SILVESTRELLI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 15 aprile 1904; BoLLATI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dall6 giugno 1904; NOBILI Aldo, consigliere, fino al2 marzo 1904; FASCIOTTI barone Carlo, segretario, dal 17 marzo 1904; DE GRESTI DI SAN LEONARDO Guido, addetto, dal 21 ottobre 1904; PATERNÒ duca Antonio Alvaro Maria, addetto onorario, fino al 5 marzo 1904; ZAMPOLLI Isidoro, capitano di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da ELIA Vittorio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residenti a Costantinopoli); DIMADI Costantino, interprete.

GUATEMALA

NAGAR Carlo, ministro residente.

HAITI SAVINA Oreste, ministro residente (residente a L'Avana).

HONDURAS NAGAR Carlo, ministro residente (residente a Guatemala).

LUSSEMBURGO TuGIN I Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a L' Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GrANATELLI GENTILE Agesilao, interprete col titolo onorario di segretario-interprete.

MESSICO

Messico-VINCI GIGLIUZZI conte Giulio Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 16 ottobre 1904; NoBILI Aldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 17 ottobre 1904.

MONTENEGRO

Cettigne -BOLLATI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 3 aprile 1904; CuSANI CONFALONIERI marchese Luigi Girolamo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 4 aprile 1904; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Vienna).

NICARAGUA NAGAR Carlo, ministro residente (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -TUGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BosDARI conte Alessandro, segretario, fino all' 8 maggio 1904; DELLA TORRE DI LAVAGNA conte Giulio, segretario, dal20 maggio 1904.

PARAGUAY

BOTTARO COSTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

PERSIA

Teheran-MAISSA Felice, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 18 marzo 1904; RivA Giovanni Paolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 3 aprile 1904.

PERÙ

Lima -PrRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 21 agosto 1904; CARLETTI Tommaso, inviato straordinario e ministro p1enipotenziario, dal 24 febbraio 1905.

PORTOGALLO

Lisbona -GuAsco DI BISIO Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI Carlo, consigliere, fino al 28 novembre 1904; ANCILOTTO conte Giuseppe, segretario, dal 25 luglio 1904.

ROMANIA

Bucarest -BECCARIA INCISA Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rusrou Mario, principe di Poggio Suasa, segretario, fino al 23 febbraio 1905; CATALANI Giuseppe, addetto; RUB!N DE CERVIN Gustavo, maggiore di cavalleria, addetto militare, sostituito da ZAMPOLLI Isidoro, capitano di Stato Maggiore, addetto militare (residenti a Sofia); GRONDA Giuseppe, interprete.

RUSSIA

Pietroburgo-MORRA DI LAVRIANO E DELLA MONTÀ Roberto, tenente generale, ambasciatore, fino al dicembre 1904; MELEGARI Giulio, ambasciatore, dal 23 gennaio 1905; QuARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, segretario, fino al 15 giugno 1904; COBIANCHI Vittore, segretario, dal 7 gennaio 1905; TOMASI DELLA TORRETTA Pietro, addetto; DuRINI DI MoNZA, conte Ercole, addetto dall'8 maggio 1904; RuGGERI LADERCHI conte Paolo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; GHERSI Alessandro Arturo, archivista interprete.

SALVADOR

NAGAR Carlo, ministro residente (residente a Guatemala).

SANTO DOMINGO

SAVINA Oreste, ministro residente (residente a L'Avana).

SERBIA

Belgrado -MAGLIANO DI VILLAR SAN MARCO conte Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al l O aprile 1904; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dall' ll aprile al 23 luglio 1904; GuiCCIOLI marchese Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 agosto 1904; RoMANO AvEZZANA barone Camillo, segretario; DELLA ToRRE DI LAVAGNA conte Giulio, segretario, fino al 19 maggio 1904; CoMPANS DI BRICHANTEAU marchese Alessandro, addetto; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Vienna); DE SARNO SAN GIORGIO Dionisio, interprete.

SIAM

Bangkok-RAYBAUDI MASSIGLIA conte Annibale, ministro residente, fino al 9 ottobre 1904;

SPAGNA

Madrid-AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO Luigi, ambasciatore, fino al 20 gennaio 1904; SILVESTRELLI Giulio, ambasciatore, dal 17 aprile 1904; CELESIA DI VEGLIASCO barone Alessandro, segretario, fino al 2 marzo 1904; DE BosDARI conte Alessandra, segretario, dal 9 maggio 1904; DI MONTAGLIARI marchese Paolo, segretario, fino al 26 marzo 1904; CAPRARA conte Enrico, addetto, col titolo di segretario, dal 6 marzo 1904 fino ali' 8 marzo 1905.

STATI UNITI

Washington -MAYOR DES PLANCHES barone Edmondo, ambasciatore; MACCHI DI CELLERE Vincenzo, segretario, fino al 1Odicembre 1904; MoNTAGNA Giulio Cesare, segretario; BORGHETTI Riccardo, addetto; NANI MocENIGO conte Giovanni Battista, addetto, dal 23 marzo 1905; CENTARO Roberto, addetto, dal 21 aprile 1904; DELLA GHERARDESCA conte Giuseppe, addetto onorario; RAVAJOLI Antonio, delegato commerciale.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -BERTI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 1 O aprile 1904; DE FORESTA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 15 maggio 1904; CAPRARA conte Enrico, addetto, col titolo di segretario, dal 9 marzo 1905; NANI MocENIGO conte Giovanni Battista, addetto, fino al 22 marzo 1905.

SVIZZERA

Berna-AVARNA DI GUALTIERI duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 23 fèbbraio 1904; MAGLIANO DI VILLAR SAN MARCO conte Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 aprile 1904; DE MARTINO Giacomo, segretario, fino al 9 aprile 1904; DI MoNTAGLIARI marchese Paolo, segretario, dal 27 marzo 1904; MARCHETTI FERRANTE Giulio, addetto, dal l 0 maggio 1904; CAMBIAGIO Silvio, addetto, fino al 5 marzo 1904; VIGANOTTI GIUSTI Gianfranco, addetto; PIGNATTI MORANO conte Bonifacio, addetto, dal 31 maggio 1904; ROPOLO Edoardo, capitano di Stato Maggiore, addetto militare.

TURCHIA

Costantinopoli -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, ambasciatore, fino al 14 luglio 1904; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, ambasciatore dal 24 luglio 1904; CARLOTTI marchese Andrea, consigliere, fino al 5 marzo 1904; DE MARTINO Giacomo, segretario, dal i 0 aprile 1904; ARRIVABENE VALENTI GONZAGA conte Carlo, addetto, col titolo di segretario, fino al 1O luglio 1904; GARBASSO Carlo, addetto, col titolo di segretario, dal 29 agosto 1904; CoRINALDI Leopoldo, addetto, fino al 15 marzo 1905; GATTONI Giulio, addetto, dali' 8 gennaio

1905; PATERNÒ duca Antonio Alvaro Maria, addetto onorario, dal 6 marzo 1904; ZAMPOLLI lsidoro, capitano di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da ELIA Vittorio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; MELIA Carmelo, addetto commerciale; CANGIÀ Alfredo, interprete; CHABERT Alberto, interprete.

EGITTO

Il Cairo -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, agente diplomatico e console generale; ANCILOTTO conte Giuseppe, segretario, fino a] 24 luglio 1904; ARRIVABENE VALENTI GONZAGA conte Carlo, addetto, col titolo di segretario, dall' 11 luglio 1904.

BULGARIA

Sofia -IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, agente diplomatico e console generale, fino al 20 gennaio 1904; BoRGHESE Livio, viceconsole, reggente dal 21 gennaio ali' 11 maggio 1904; CucCHI BoAsso Fausto, agente diplomatico e console generale, dal 12 maggio 1904; RuBIN DE CERVIN Gustavo, maggiore di cavalleria, addetto militare,

URUGUAY

Montevideo -BoTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas-ALIOTTI Carlo, incaricato d'affari.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione dal 3 novembre I903 al 28 marzo I905)

Argentina -MoRENO Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVALIA Carlos, primo segretario, fino al dicembre 1903; FoNSECA Baldomero M., primo segretario, dal gennaio 1904; RUIZ DE LOS LLANOS Mario, secondo segretario, sostituito dal gennaio 1905 da REYES Jorge, secondo segretario; DE Rossi Eduardo, addetto; ZILERI Ferruccio, addetto commerciale; O' DoNELL Teofilo R., colonnello, addetto militare, dal dicembre 1904; BESSON Beltrando, luogotenente di vascello, addetto navale; MORENO Alberto, luogotenente di fregata, addetto navale, fino all'agosto 1904; MoRA Alejandro, addetto onorario, dal giugno 1904; DE ALVEAR Diego, addetto onorario, dal dicembre 1904.

Austria-Ungheria-PASETTI VON FRIEDENBURG barone Marius, ambasciatore, fino al 17 aprile 1904; VON LOTZOW Heinrich, ambasciatore, dal 18 aprile 1904; VON ScH6NBURG-HARTENSTEIN principe Johann, consigliere, fino al luglio 1904; FoRGÀCH DE GHYMES ÉS GAcs conte Janos, consigliere, dal novembre 1904; SoMSSICH DE SAARD conte J6zsef, segretario, fino al gennaio 1905; WAGNER H. L., segretario, fino al gennaio 1905; DEYM VON STRITEZ Konstantin, segretario, dal gennaio 1905; DE SZENT-JVÀNY Moritz, addetto; VON HOHENLOHE-WALDENBURG principe Nikolaus, addetto, dal 26 dicembre 1903; ZuccuuN Heinrich, luogotenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; CosuucH DE PÈCINE Heinrich, capitano di fregata, addetto navale, fino ali'agosto 1904; MICHTELI DE VITTURI Nikolaus, luogotenente di vascello, addetto navale, dall'agosto 1904.

Baviera-VON TANN-RATHSAMHAUSEN barone Rudolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VON GRUNELIUS barone Ernst segretario, dal dicembre 1903; VON RECHBERG-ROTHENLOWEN conte Bernhard, addetto, fino al maggio 1904; VON LOTZBECK Karl, addetto, dal novembre 1904.

Belgio-VERHAEGHE DE NAEYER Léon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 3 dicembre 1903; DE GRELLE-ROGIER Édouard, consigliere; NOTHOMB Raymond, barone, primo segretario; VAN YPERSELE DE STRIIJOU Max. primo segretario.

Brasile -DE MELLO E ALVIM Julio H., inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 novembre 1904; DE BARROS MoREIRA Alfredo, primo segretario, incaricato d'affari, fino al 26 novembre 1904; DE SouzA DANTAS Luiz Martin, secondo segretario.

Bulgaria -MINCOVIé Dimitri, agente diplomatico; KoLUCEV Nedelko, primo segretario; BuRMov, maggiore, addetto militare, dal 13 aprile 1904.

Cile -SANCHEZ FONTECILLA Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); GREZ Victor, primo segretario, incaricato d'affari ad interim; BEZANILLA Eduardo, comandante, addetto militare, fino al gennaio 1905; LYON Arturo, addetto.

Cina -Hsu KroH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TCHAI TcHINGSouNG, segretario interprete; TcHAO Hr-TcHou, addetto; Hsu MuH-JUNG, addetto; TzAo JUEN-SHEN, addetto; TAEN Tzo-JEN, addetto; SHANG Hsr-TzEN, addetto; Hsu TON-FENG, addetto, dal luglio 1904.

Corea-MrN YuNG-TON, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); Aw DAL-YUNG, terzo segretario (assente); Yr HAN-EUNG, terzo segretario, incaricato d'affari ad interim; YEE KEY-HYUN, addetto (assente); MrN Yu-SrK, addetto (assente); KANG Kru-SrUNG, addetto (la legazione aveva sede a Londra).

Costarica-MONTEALEGRE Rafael, incaricato d'affari, dall5 giugno 1904.

Danimarca-MoLTKE Karl, incaricato d'affari.

Francia -BARRÈRE Camille, ambasciatore; LEGRAND Albert, consigliere; DE FONTARCE René, secondo segretario; LAROCHE Jules, secondo segretario; GATINE Lucien, terzo segretario; DE LA CROIX DE RAVIGNAN barone Marie-André-Jean, addetto; DE SAINT-JAMES Edgard, comandante, addetto militare; DAVIN, barone, capitano di vascello, addetto navale, fino al settembre 1904; LACAZE, capitano di vascello, addetto navale, dal settembre 1904.

Germania -MoNTS VON MAZIN conte Anton, ambasciatore; VON JAGOW Gottlieb, consigliere; VON DER LANCKEN-WAKENJTZ barone Oskar, secondo segretario; VON HINDENBURG Herbert, terzo segretario, fino al marzo 1904; VON LUXBURG, conte, terzo segretario, dal giugno 1904; VON HocHBERG, conte, tenente, addetto; MICHEL, addetto, fino al maggio 1904; VON JOHNSTON, tenente, addetto; VON PUECKLER, conte, tenente, addetto, fino al gennaio 1905; voN BoNIN, tenente, addetto, dal gennaio 1905; VON CHELIUS Oskar, comandante, addetto militare; KocH R., capitano di fregata, addetto navale.

Giappone -0HYAMA Tsunaské, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; lCHIKU Massakata, primo segretario, fino al novembre 1904; IIJIMA Kamétaro, secondo segretario, dal novembre 1904; IMAI Shinooh, addetto, dal 24 marzo 1904; KURADA Torasuké, colonnello, addetto militare, fino al dicembre 1903.

Gran Bretagna-BERTIE sir Francis Leveson, ambasciatore, fino al gennaio 1905; EGERTON sir Edwin Henry, ambasciatore, dal 2 febbraio 1905; LISTER Reginald, consigliere, dal novembre 1904; DES GRAZ C., consigliere dal 2 febbraio 1905; RoDD sir James Rennell, primo segretario; LEECH Stephen, secondo segretario; CHEETHAM, M., secondo segretario; HAMILTON Ronald, secondo segretario; TYRRELL George Wiiliam, secondo segretario, dali 'aprile 1904; HowARD Esme, secondo segretario; KENNARD H. William, terzo segretario; CuvE R. Harry, addetto; LAMB Charles Anthony, tenente colonnello, addetto militare; KERR M. E. V., capitano, addetto navale; BENNETT A. Percy, addetto commerciale.

Grecia-MIZZOPOULOS Christos, incaricato d'affari.

Guatemala-TIBLE y Machado José, segretario, dal 26 novembre 1903.

Messico -EsTEVA Gonzalo A., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PACHECO Ramon, primo segretario, fino al luglio 1904; EsTEVA YCUEVAS Eduardo A., secondo segretario; NAJERA Y DE PINDTER Domingo, addetto ad interim; PEREZ José Maria, generale, addetto militare.

Monaco -DUGUÉ DE MAc CARTHY Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi -GEVERS barone Wilhelm A. F., inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal21 aprile 1904; VAN DER GoEs Aert, segretario, incaricato d'affari fino al 20 aprile 1904.

Paraguay -lRALA José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 21 aprile 1904.

Persia -MALCOM khan, principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MIRZA Hussein, segretario; FREYDUN khan, principe, addetto militare.

Portogallo -DE CARVALHO E VASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MONTEVERDE Alfredo Achille, primo segretario; LAMBERTINI PINTO José Maria, secondo segretario; NoGUEIRA PINTO José Leite, addetto.

Romania -FLEVA Nicolae, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIRESCU Duilius, consigliere; GHIKA Dimitru, secondo segretario, fino all'aprile 1904; ARGETOYANU Konstantin, terzo segretario; LAHOVARY lon A., terzo segretario, dal novembre 1904.

Russia -NELIDOV Aleksandr Ivanovié, ambasciatore, fino al dicembre 1903; URussov principe Lev Pavlovic, dal 29 dicembre 1903; KRUPENSKIJ Anatolij, consigliere; KORFF-SCHMISING barone Modesto, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario; PILAR DE PILHAU, barone, addetto, fino al 6 dicembre 1903; RUKAVICHNIKOV Vassilij, addetto; NARISCHKIN Aleksandr, addetto;

BERNOV Boris, capitano di cavalleria, addetto; LIKASCHEV Sergej, capitano, addetto; BARIATINSKJJ principe Aleksandr, capitano dei dragoni, addetto, fino all'aprile 1904; KRESTIANOV, tenente di artiglieria, addetto; DE MULLER, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; KAPNIST, conte, luogotenente dell'equipaggio della Guardia, addetto navale, dal dicembre 1903.

Serbia-MILOVANOVIé Milovan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

S. Domingo-FASZOWICH Giustino, incaricato d'affari, dal3 febbraio 1905.

Siam -PHYA SURIYA NuvATR, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CORRAGIONI o'0RELLI Carlo, consigliere; LUANG CHAMNONG DITHAKAR, segretario; LUANG MoNTRI NIKARA KosA, addetto; DE RYCKMAN Femand, addetto; NAI CHAI, addetto (la legazione aveva sede a Parigi).

Spagna -DUPUY DE LòME Enrique, ambasciatore, dal 3 dicembre 1903 fino al 26 novembre 1904; POLO DE BERNABÉ Y PILON Luis, dal 27 novembre 1904; SOLER Y GUARDIOLA Pablo, primo segretario (dal febbraio 1905 consigliere); SoRIANO Y NoouERA José, secondo segretario, fino al 30 giugno 1904; QUARTIN Pedro, secondo segretario, dall'ottobre 1904; ALCALÀ Galiano Fernando, addetto; DE LA GANDARA Y PLAZAOLA José, marchese de la Gandara, addetto; FERNANDEZ DE VELASCO Guillermo, conte de Oropesa, capitano di cavalleria, addetto militare, fino al febbraio 1904; CAVALCANTI DE ALBURQUERQUE José, comandante di cavalleria, addetto militare, dal 26 marzo 1904.

Stati Uniti -VON LENGERKE MEYER George, ambasciatore; lDDINGS Lewis Morris, primo segretario; THOMAS Leonard Moorhead, secondo segretario, WARREN Joseph, addetto; EDWARDS Frank A., maggiore, addetto militare; Pons Templin M., comandante, addetto navale, sostituito da HOWARD William, comandante, addetto navale, dal settembre 1904.

Svezia e Norvegia -VON DITTEN Thor, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE WIRSEN Karel, addetto, fino all'aprile 1904; AKERHIELM Karl Evert, addetto, dal dicembre 1904 fino al febbraio 1905; SPENS conte Harald, capitano addetto militare.

Svizzera -PIODA Jean Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LARDY Charles L. E., segretario; PARAVICINI Charles Rodolph, addetto, dal maggio 1904.

Turchia -RESHID Mustafà bey, ambasciatore; PANGIRIS Costaki bey, consigliere, fino al gennaio 1905; CuYUMGIAN Ohannes bey, primo segretario; RESHAD bey, secondo segretario, fino al dicembre 1904; BLACQUE R. bey, secondo segretario; ZIA Ibrahim bey, terzo segretario; ARIF Ismail bey, addetto; BASRY Hassan Bey, addetto; FAIK bey, maggiore di cavalleria, addetto militare.

Uruguay -CuESTAS Juan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROVIRA Enrique, primo segretario, dal dicembre 1904; CASALIA José Agostino, addetto, fino al novembre 1904; DE LUCCHI Roberto, ufficiale onorario, fino al novembre 1904; GARCIA DE ZUNIGA Eduardo, segretario onorario, fino al novembre 1904.